• Non ci sono risultati.

2.Meccanica Orbitale

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "2.Meccanica Orbitale"

Copied!
17
0
0

Testo completo

(1)

2.Meccanica Orbitale

2.1 Classificazione delle orbite e missioni spaziali

Uno dei compiti dell’analista di missione, sin dalle prime fasi della progettazione di una missione spaziale, consiste nel pianificare la traiettoria che il satellite dovrà seguire in modo da ottimizzare una serie di parametri, come il consumo di propellente o lo stato di carica delle batterie, in funzione del tipo di missione da compiere.

E’ possibile infatti distinguere diversi tipi di missione per scopi scientifici o commerciali ed ognuna di queste porterà l’analista ad effettuare scelte sul tipo di orbita, sulla sua quota e sulle manovre da compiere per passare dalla fase di lancio fino alla fase di abbandono dell’orbita o rientro a terra.

Nel dettaglio è possibile suddividere le orbite in base alla loro quota (h) rispetto alla Terra in:

• Orbite LEO (Low Earth Orbit)  h < 800 km

• Orbite MEO (Mid Earth Orbit  800 km < h < 30000 km

(2)

Una ulteriore distinzione tra le orbite può essere effettuata in base all’eccentricità della traiettoria percorsa rispetto al corpo attrattore principale in:

• Circonferenza  e = 0

• Ellisse  0 < e < 1

• Parabola  e = 1

• Iperbole  e > 1

La scelta però che influenza maggiormente la progettazione della missione riguarda la tecnologia propulsiva scelta avendo questa ricadute forti sui tempi di trasferimento tra le orbite e su peso ed ingombro del satellite.

Il vantaggio principale della propulsione elettrica consiste nell'elevata velocità a cui viene espulso il propellente, generalmente molto superiore a quanto possibile con propulsori chimici. In questo modo la portata in massa è ridotta a parità di spinta, con un notevole risparmio sulla massa totale del propellente imbarcato per una data missione spaziale ma con un aumento significativo dei tempi di missione.

(3)

2.2 Sistemi di riferimento e unità di misura

Sistemi di riferimento e trasformazioni di coordinate

Un sistema di riferimento è costituito da un insieme di tre vettori ortogonali nello spazio usati per identificare univocamente una posizione in base ad un gruppo di coordinate. Per definire un sistema deve essere specificato arbitrariamente uno dei vettori, quindi scelta una direzione per il secondo vettore ed infine determinato il terzo vettore secondo la regola della mano destra. Esistono numerosi sistemi di riferimento utilizzati per lo studio della dinamica orbitale in base al tipo di missione da affrontare ed a volte è necessario il passaggio tra due o più sistemi di riferimento per permettere lo studio della missione nella sua interezza.

Nel seguito verranno definiti alcuni sistemi di riferimento utili nella discussione [2].

Il sistema di riferimento Geocentrico – Equatoriale

Il sistema di riferimento Geocentrico – Equatoriale ha origine nel centro della Terra O. L’asse x giace sul piano equatoriale e punta nella direzione del punto di Ariete () e l’asse z è diretto nella direzione del polo Nord terrestre. L’asse y, infine, è tale da formare una terna levogira.

Figura 2.1 Il sistema di riferimento Geocentrico Equatoriale

I versori vengono indicati con i j kˆ ˆ, , ˆ e per questo motivo il sistema di riferimento Geocentrico – Equatoriale viene spesso indicato con la sigla IJK.

(4)

Le coordinate di un oggetto in questo sistema di riferimento possono essere indicate fornendo:

1. Le tre coordinate cartesiane dell’oggetto ( x, y, z )

2. Ascensione retta, declinazione e distanza dell’oggetto dal centro della terra come indicato in figura 2.1 (α δ, , r)

3. Longitudine, latitudine e altezza geodetica dell’oggetto ( , ,hα φ )

Il sistema di riferimento Perifocale

Il sistema di riferimento Perifocale è uno dei sistemi di riferimento più convenienti per descrivere il moto di un satellite ed è spesso indicato con le lettere PQW. L’origine O del sistema di riferimento è il centro della Terra e coincide con uno dei fuochi dell’ellisse orbitale. L’asse x si trova sul piano orbitale e punta verso il perigeo, l’asse z è perpendicolare al piano orbitale e concorde con il vettore quantità di moto del satellite

h; l’asse y si trova sul piano orbitale ed è diretto in modo da formare una terna levogira.

(5)

Trasformazione di coordinate IJKPQW

Il passaggio da coordinate Geocentrico – Equatoriali (IJK) a Perifocali (PQW) avviene attraverso tre rotazioni che portano il prima sistema di riferimento a coincidere con il secondo.

Utilizzando una notazione che sarà più chiara una volta descritti gli elementi orbitali classici si ha:

[ ]

[ ]

c c s s c s c c s c s s c s s c c s s c c c c s s s c s c PQW IJK i i i a i i i a i i i ω ω ω ω ω ω ω ω ω ω Ω − Ω Ω + Ω     = − Ω − Ω − Ω + Ω − Ω   

con s=sin, c=cos

Tempo e conversioni temporali

La data Giuliana

La data Giuliana (J.D.) rappresenta una misurazione del tempo che sintetizza in una rappresentazione molto efficace data e ora. Essa consiste infatti nella quantità di tempo, espresso in giorni, a partire dal Mezzogiorno del giorno 1 Gennaio 4713 a.C.

Il tempo siderale

Il tempo siderale viene definito come l’angolo orario compreso tra il meridiano passante per  ed il meridiano locale. Il giorno siderale è definito di conseguenza come il tempo che intercorre tra due passaggi successivi dell’equinozio di primavera attraverso il meridiano dell’osservatore.

Il tempo siderale associato al meridiano di Greenwich viene chiamato “tempo siderale di Greenwich” e viene indicato con θGST. Il tempo siderale di un dato osservatore si ottiene quindi sommando la longitudine ovest dell’osservatore con il tempo siderale di Greenwich.

Trascurando l’effetto della nutazione dell’asse terrestre è possibile definire il tempo siderale medio di Greenwich che è legato alla data Giuliana dalle seguenti relazioni:

2 3 ( 2451545) 36525 24110.54841 8640184.812866 0.093104 0.0000062 JD T GMST T T T − = = + ⋅ + ⋅ − ⋅

(6)

Unità canoniche

L'uso di unità di misura normalizzate (Unità Canoniche) consente di applicare in maniera più agevole gli algoritmi di integrazione numerica a qualsiasi moto gravitazione centrale. Nel nostro caso, riferendoci esclusivamente ad orbite aventi come attrattore principale la Terra, possiamo definire le seguenti unità per massa, distanza e tempo: 3 3 3 2 4 2 1 6 3 7 8 .1 3 7 8 0 6 .8 1 1 5 .9 7 1 0 1 D U D U R km T U s D U m U m kg T U µ µ ⊕ ⊕ ⊕ ⊕ = = = = = = ⋅ = =

(7)

Elementi orbitali classici

Una volta definito il sistema di riferimento cui fare riferimento, per definire in maniera univoca il moto di un corpo sono necessarie sei quantità scalari, ad esempio le tre componenti del vettore velocità e del vettore posizione del satellite. Nel nostro caso, fissato come sistema di riferimento il sistema IJK, possiamo alternativamente fare uso di un diverso insieme di 6 elementi che identificano ugualmente forma e orientamento dell’orbita, nonché la posizione del satellite.

Definiremo questi elementi come “elementi orbitali classici” cioè:

a = semiasse maggiore dell’orbita

e = eccentricità dell’orbita

• i = inclinazione

• Ω = ascensione retta del nodo ascendente

• ω = argomento del perigeo

• ν = anomalia vera

(8)

Nota la posizione e la velocità del satellite ad un dato istante di tempo le relazioni necessarie per calcolare gli elementi orbitali sono:

2.3 Equazioni del moto

Il problema degli N corpi

Per studiare il moto di un satellite nella sua orbita intorno alla Terra possiamo partire dal caso più generale di interazione gravitazionale di N punti materiali. Avremo in questo caso che la risultante delle forze agenti sul corpo i-esimo da parte degli altri N-1 corpi è data da:

* 1 n gj j j i F F F = ≠ = +

dove F*è la risultante delle forze di natura non gravitazionale, mentre Fgjrappresenta la forza gravitazionale dovuta al corpo j-esimo. Andando a sostituire quest’ultima con la legge di gravitazione universale valutata per gli N corpi, ipotizzando nulle le forze di natura non gravitazionale e trascurando le eventuali variazioni di massa del corpo generico si ottiene per i corpi 1 e 2 ad esempio:

1 3 1 2 1 N j j j j N j m r G r r m r G r = = − = −



(

)

(

)

2 2 2 2 ˆ arccos arccos 2 1 1 arccos arccos 2 2 2 h r v n k h k h i i n h h e e v r r v v r n e e r e r v a r a ξ µ µ µ ω ν µ µ µ ξ ξ = × = ×   =  Ω = ⋅      = + = − ⋅     ⋅ ⋅     =   =       = − = − → = −

(9)

Ipotizzando poi che la Terra rappresenti il corpo 1 ed il satellite rappresenti il corpo 2 è possibile riscrivere le relazioni precedenti andando a valutare l’accelerazione relativa dei due corpi:

2 1 1 2 12 3 12 3 3 3 12 2 1 N j j j j j j r r m m r G r Gm r = r r   + = − −  −   



dove il primo termine a secondo membro rappresenta l’accelerazione dovuta alla Terra mentre il secondo termine rappresenta l’accelerazione dovuta ai restanti N-2 corpi.

Figura 2.4

Questo risultato permette di effettuare nella maggior parte dei casi ulteriori semplificazioni che portano a definire un modelle semplificato, detto dei 2 corpi, in cui si considera il moto del satellite soggetto alla sola attrazione gravitazionale terrestre. E’ evidente come tanto questa approssimazione quanto quelle precedentemente effettuate mal conciliano con lo studio del moto di un satellite soggetto ad accelerazioni variabili nel tempo dovute al motore e alle perturbazioni esterne e si ricorre quindi ad una diversa formulazione che permetta di tener di conto di questi effetti.

Il metodo di Cowell

Il metodo più semplice per trattare numericamente il problema dell’integrazione dell’equazioni del moto di un satellite in presenza di accelerazioni esterne è il metodo di Cowell.

Questa formulazione prevede di scrivere l’equazione del moto del satellite come:

3 p r r a r

µ

+ = 

(10)

Nel nostro caso possiamo specificare l’equazione e scrivere: 3 perturbation thrust r r a a r µ = − + + 

E’ in questo modo possibile includere a propria scelta diversi termini di perturbazione anche variabili lungo l’orbita del satellite.

Perturbazioni orbitali

Come già detto lo studio del moto di un satellite dotato di propulsione di tipo elettrica deve fare a meno di molte semplificazioni ricorrendo quindi ad una integrazione numerica delle equazioni di moto. In questa integrazione effettuata con il metodo di Cowell è indispensabile tenere di conto dell’accelerazione dovuta al propulsore ma non meno importanti sono gli effetti di perturbazione dovuti ad un terzo corpo (Sole e Luna nel nostro caso), alla non perfetta sfericità della Terra, alla resistenza atmosferica e alla pressione di radiazione solare.

Presenza di un terzo corpo

Un veicolo spaziale in orbita intorno alla Terra non risente solo del campo gravitazione Terrestre ma anche dell’attrazione dovuta al Sole e alla Luna. A seconda della posizione reciproca del satellite e di questi corpi è possibile che l’effetto dovuto ad uno dei due prevalga sull’altro. L’accelerazione gravitazionale dovuta a questi corpi può essere scritta come:

3 3 3 3 3 3 3 3 Sat Sat Sat r r a r r

µ

⊕ ⊕   =  −   

dove rSat3 e r3 rappresentano rispettivamente il vettore posizione del terzo corpo rispetto al satellite e alla Terra.

Non perfetta sfericità della Terra

Il fatto che la Terra non sia una sfera perfetta comporta la presenza di perturbazioni al moto del satellite rispetto al campo gravitazionale di un sistema ideale a due corpi. In particolare per le orbite basse questi effetti sono significativi e da non trascurare nell’analisi del moto.

(11)

1 Q V U G dm ρ =

dove U rappresenta il potenziale gravitazionale, G la costante gravitazionale e Q rappresenta il numero degli elementi considerati. L’accelerazione è quindi data da ∇U.

Nel caso generale di un corpo che non ha alcun tipo di simmetria ed andando a suddividere la Terra in regioni diverse da considerare (armoniche zonali, settoriali e tesserali) il potenziale gravitazione può essere scritto utilizzando i Polinomi di Legendre come:

(

)

{

(

)

(

)

}

, , ,

2 0

1 sin cos sin

l l

l m sat l m sat l m sat l m R U P C m S m r r µ φ λ λ ∞ ⊕ = =   =  + +      

∑∑

Andando a valutare il gradiente della funzione potenziale si determina l’accelerazione che può essere introdotta nella integrazione dell’equazione di moto.

Resistenza atmosferica

Il vettore accelerazione dovuto alla resistenza atmosferica è dato da:

2 1 2 rel D drag rel rel v c A a v m

ρ

v = −

dove cD rappresenta il coefficiente di resistenza aerodinamica del satellite, A la sezione del satellite normale al vettore velocità relativa. Questo valore varia nel tempo a causa del moto del satellite intorno al suo baricentro ed è pertanto compito della simulazione della dinamica d’assetto fornire per la sezione A un valore esatto istante per istante. I restanti valori di massa m, densità atmosferica

ρ e velocità relativa sono variabili nel tempo e funzione del moto del satellite. In particolare la velocità relativa è definita come:

(12)

rel sat sat

v =v

ω

×r

con

ω

velocità rotazionale della Terra.

Per quanto riguarda la densità atmosferica esistono diversi modelli analitici che forniscono un valore per la densità statica in funzione della quota rispetto alla superficie terrestre tenendo di conto a volte anche del flusso solare e delle interazioni geomagnetiche. Si affronterà successivamente nel dettaglio una descrizione dei modelli di atmosfera utilizzati per la propagazione orbitale e per la dinamica d’assetto.

Pressione di radiazione solare

La forza di pressione dovuta alla radiazione solare produce una accelerazione perturbativa pari a: sat SR SR sat r p A a m r α = −   con pSR 4.5 10 6 N2 m

= ⋅ valore della pressione solare. Il coefficiente

α rappresenta la reflettività della superficie del satellite ed è compreso tra 0 e 2 mentre la sezione A, come nel caso precedente della resistenza aerodinamica, dipende dalla sezione del satellite in vista rispetto al sole ed è quindi funzione dell’assetto del satellite. L’accelerazione dovuta alla pressione di radiazione solare è diretta ovviamente come la congiungente satellite – sole ed è non nulla solo se il satellite non si trova in condizioni di eclisse.

Per la determinazione delle condizioni di eclisse è possibile semplificare il problema non facendo distinzione tra le condizioni di ombra e penombra ed è sufficiente seguire la seguente procedura:

(13)

per valori di τ minori di 0 o maggiori di 1 il satellite è in vista, altrimenti è necessario effettuare un ulteriore controllo sulla seguente disuguaglianza:

(

)

2

(

)

1 1 sat sat r r r R

τ

τ

⊕ − + ⋅ ≥  .

(14)

2.4 Il simulatore D-Orbit

Il software D-Orbit fornisce uno strumento di analisi e propagazione numerica per trasferimenti orbitali a bassa spinta e permette all’utente di specificare in maniera dettagliata diverse strategie di spinta definendo le caratteristiche del motore e del vettore spinta selezionando una tra diverse strategie predefinite o definendone una personalizzata [3].

All’interno di D-Orbit è inoltre presente un’interfaccia grafica per il trattamento dei dati che permette all’utente di visualizzare in modo chiaro e rapido la variazione dei più importanti parametri utili per lo studio della missione.

Figura 2.5 Un’immagine della finestra principale del programma D-Orbit

Il propagatore, come detto in precedenza, si occupa di trasferimenti orbitali e traiettorie di fuga geocentriche utilizzando per l’integrazione il metodo di Cowell e permettendo all’utente di tenere di conto di diversi effetti perturbativi quali la perturbazione dovuta

(15)

Figura 2.6 Schermata per l’inserimento dei parametri di simulazione

I parametri di integrazione possono inoltre essere opportunamente scelti dall’utente in base al grado di precisione richiesto per la simulazione.

L’integrazione è effettuata sostituendo all’equazione differenziale del secondo ordine proveniente dal metodo di Cowell una coppia di equazioni differenziali del primo ordine che unitamente all’equazione

sp T m I g = 

permettono di ottenere la variazione della posizione, velocità e massa del satellite nel tempo.

L’integrazione è basata su tre possibili metodi numerici: Runge – Kutta (4,5) Dormand Price, Runge – Kutta (2,3) Bogacki and Shampine o il metodo Adams – Bashford – Moulton. Tutti e tre questi metodi di integrazione sono schemi a passo temporale variabile che regolano la lunghezza del passo temporale di integrazione fino ad ottenere

(16)

la tolleranza richiesta dall’utente. I risolutori a passo variabile sono a maggior ragione desiderabili quando si propaga su orbite ellittiche a causa della possibile grande differenza delle velocità tra apogeo e perigeo. Lo schema di integrazione standard, Runge – Kutta, soddisfa nella maggior parte dei casi i requisiti imposti dall’utente. I metodi di integrazione fin ora citati verranno comunque analizzati più nel dettaglio nei capitoli seguenti.

Figura 2.7 Interfaccia per l’inserimento dei parametri di integrazione

Le simulazioni posso essere effettuate partendo da zero o dai dati provenienti da una simulazione precedente. E’ inoltre possibile per l’utente esportare i dati provenienti dall’integrazione in modo da poterli analizzare utilizzando il software Matlab©.

Sebbene D-Orbit sia dotato di una comoda e completa interfaccia grafica, che permette di definire ogni parametro utile per la simulazione, si è deciso di utilizzare la versione sorgente del programma che è scritto utilizzando il codice Matlab.

(17)

Figura 2.8 Interfaccia per l’inserimento dei parametri relativi alla spinta

In Appendice A è riportata la struttura degli input richiesti da D-Orbit. Da notare la possibilità di effettuare simulazioni per intervalli di tempo non inferiori al minuto.

Figura

Figura 2.1 Il sistema di riferimento Geocentrico Equatoriale
Figura 2.2 Il sistema di riferimento Perifocale
Figura 2.3 I sei elementi orbitali classici
Figura 2.5 Un’immagine della finestra principale del programma D-Orbit
+4

Riferimenti

Documenti correlati

Il CISIS è intervenuto con una azione di coordinamento e di finanziamento a favorire la collaborazione tra IGM e varie Università italiane che ha portato alla accettazione da parte

[r]

Ne consegue che possiamo enunciare la terza legge della dinamica anche dicendo:&lt;&lt; In un sistema isolato è nullo il risultante di tutte le forze interne &gt;&gt;... Il

Moto armonico semplice: particolare tipo di moto periodico lungo un asse rettilineo, che ha notevole importanza anche perché alla sua descrizione si rifanno numerosi altri

La somma di due vettori si fa quindi mettendo la coda del secondo vettore sullapunta del primo, e tracciando il vettore dalla coda del primo alla punta del

Due corpi di massa M=4kg e m=1kg, sono legati per mezzo di una fune e tirati verso destra con una forza pari a 22N.. Calcolare l’accelerazione del sistema e la tensione

Queste relazioni permettono di applicare la conservazione della quantità di moto separatamente per le singole componenti ovvero anche ad una singola componente. Le masse sono

Sia fissato nello spazio un sistema di riferimento cartesiano, e tramite di esso siano identificati i vettori dello spazio con terne ordinate di scalari.. Sia fissato nel piano