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Pianificazione e controllo dei costi commerciali. Il caso Costa Crociere S.p.A.

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Academic year: 2021

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D I P A R T I M E N T O D I E C O N O M I A E

M A N A G E M E N T

C o r s o d i L a u r e a i n S t r a t e g i a ,

M a n a g e m e n t e C o n t r o l l o

Tesi di Laurea Magistrale

PIANIFICAZIONE E CONTROLLO DEI COSTI

COMMERCIALI

IL CASO COSTA CROCIERE SPA

Relatore:

Candidato:

Prof.ssa Giuseppina Iacoviello

Alessandro Garosi

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“Quei gabbiani che non hanno una meta ideale

e che viaggiano solo per viaggiare,

non arrivano da nessuna parte, e vanno piano.

Quelli invece che aspirano alla perfezione,

anche senza intraprendere alcun viaggio,

arrivano dovunque, e in un baleno.”

Il gabbiano Jonathan Livingstone

(Richard Bach)

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Indice

PREFAZIONE……….. 1. SISTEMI DI CONTROLLO DI GESTIONE………... 1.1. Il controllo di gestione: cosa è……….... 1.2. Il budget……….

1.2.1. Introduzione………. 1.2.2. Caratteristiche e funzioni………. 1.2.3. Iter di redazione………... 1.2.4. Tecniche di budgeting per le spese discrezionali……… 1.2.4.1. Incremental Budgeting……….. 1.2.4.2. Zero Base Budgeting: aspetti introduttivi………. 1.2.4.3. Il processo di redazione………. 1.2.4.4. Soglie ed intervalli di decisione……… 1.2.4.5. Tecniche di classificazione dei pacchetti decisionali……… 1.2.4.6. Approvazione delle alternative di decisione………. 1.2.4.7. Modalità di definizione dell’entità delle spese discrezionali 1.2.4.8. Controllo dei risultati……… 1.2.4.9. Zero Base Budget 2.0……… 1.3. Il reporting……….. 1.4. Considerazioni conclusive……….. 2. IL MERCATO DELLE CROCIERE……….... 2.1. Inquadramento generale………. 2.2. Caratteristiche di mercato………... 2.3. Target di riferimento……….. 2.4. Dati di settore………. 2.4.1. Cruise Line International Association (CLIA)……….... 2.4.2. Il settore crocieristico nel mondo………

5 7 7 10 10 11 12 14 15 16 17 22 24 27 27 29 30 35 38 40 40 44 48 49 49 50

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2.4.3. Il settore crocieristico in Europa……….. 2.4.4. Il settore crocieristico in Italia………. 2.5. Profili strategici………... 2.5.1. Le strategie delle cruise company……… 2.5.2. Le modalità di crescita………... 3. COSTA CROCIERE SPA……… 3.1. Evoluzione storica della compagnia………... 3.2. Costa Crociere oggi……….... 3.3. Valori aziendali……….. 3.4. Struttura organizzativa di terra……….. 3.5. Struttura organizzativa di bordo………. 4. IL CONTROLLO DEI COSTI COMMERCIALI……….... 4.1. Introduzione………... 4.2. Pianificazione e controllo in Costa Crociere……...………... 4.3. Il processo di budgeting e forecasting applicato ai costi sales & marketing………...

4.3.1. La classificazione dei costi sales & marketing……….... 4.3.2 La struttura organizzativa: i “source market”……….….. 4.3.3. Il processo di budgeting relativo ai costi sales & marketing…... 4.3.4. Il controllo di budget………...……….... 4.3.5. Reporting a supporto dell’alta direzione………...…………... 5. CONCLUSIONI………... BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA.………. 52 57 59 59 60 64 64 72 73 76 78 80 80 82 85 85 87 88 91 95 97 100

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Prefazione

Il seguente elaborato si basa sull’esperienza di stage da me compiuta presso la società Costa Crociere S.p.A. e si pone l’obiettivo di fornire un quadro conoscitivo dell’industria crocieristica, dell’azienda in questione e delle metodologie utilizzate per la pianificazione ed il controllo dei costi commerciali.

La trattazione inizia con un capitolo teorico volto a descrivere in linea generale cosa si intende per controllo di gestione e quali sono i principali strumenti utilizzati dalle aziende per la gestione dei processi di pianificazione e controllo. Particolare attenzione viene posta alla descrizione di un importante strumento di pianificazione operativa, il budget, analizzando nel dettaglio le tecniche utilizzate dalle aziende per la pianificazione ed il controllo delle spese discrezionali. Attualmente, infatti, è aumentato il peso a bilancio di quella parte di costi non direttamente legati al livello di produzione e di vendita, quanto più ai servizi di supporto all’attività primaria. Il crescente ammontare di tali spese ha reso necessario l’individuazione di adeguati sistemi di controllo volti a garantire che le risorse destinate a tali attività siano impiegate in modo efficace ed efficiente.

Successivamente vengono descritte le principali caratteristiche che contraddistinguono il mercato delle crociere, un settore altamente attrattivo ma non facilmente contendibile.

Nel terzo capitolo viene introdotta l’azienda oggetto di analisi, Costa Crociere S.p.A., con particolare riferimento all’evoluzione storica della compagnia fino ai giorni nostri ed alla struttura organizzativa aziendale.

Il quarto capitolo, infine, è frutto dell’esperienza di stage maturata all’interno del dipartimento Commercial Finance facente capo al più ampio dipartimento di Amministrazione, Finanza e Controllo dell’headquarter aziendale. Dopo una breve introduzione sul sistema di pianificazione e controllo aziendale, l’attenzione viene posta sulle tecniche utilizzate per il controllo dei costi commerciali, con particolare riferimento ai costi sales & marketing. Negli ultimi

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6

anni, infatti, una parte consistente del budget annuale di Costa Crociere viene destinato ad iniziative di marketing volte a promuovere il prodotto Costa e migliorare l’immagine del brand aziendale, facendo nascere l’esigenza di una supervisione diretta di tali costi.

La trattazione si conclude con una serie di considerazioni finali volte a riassumere i punti salienti dell’elaborato e fornire spunti per successive riflessioni.

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7

1.

SISTEMI DI CONTROLLO DI GESTIONE

1.1. Il controllo di gestione: cosa è

Lo scenario competitivo in cui oggi le aziende si trovano ad operare è radicalmente cambiato rispetto al passato. Fino a poco tempo fa, infatti, la competizione era basata quasi esclusivamente su aspetti legati alla qualità del prodotto e al marketing, mentre la variabile prezzo assumeva un ruolo quasi secondario. Lo scenario competitivo attuale è caratterizzato, invece, da un’elevata instabilità e turbolenza, da un elevato grado di saturazione dei mercati, dall’affermarsi di una visione customer-oriented, dal continuo incedere dell’innovazione tecnologica e, più in generale, dall’aumento del numero di variabili competitive su cui si gioca il successo aziendale.

In un contesto come quello appena descritto, il focus sul tema del controllo di gestione è sempre più attuale: l’adozione di adeguati strumenti di controllo che consentano di governare al meglio le dinamiche interne ed esterne rappresenta la soluzione per raggiungere e mantenere nel tempo determinati risultati economici e finanziari. Infatti, in un contesto caratterizzato da un’evoluzione così dinamica e discontinua, riescono a competere solo quegli attori capaci di dotarsi di strumenti informativi e decisionali in grado di favorire la tempestiva formulazione di adeguate risposte ai mutamenti e agli stimoli provenienti dall’ambiente esterno. Il controllo di gestione tende quindi ad assumere un’elevata importanza non solo per la gestione operativa dell’impresa, ma anche per le scelte di natura strategica di lungo periodo.

Esso viene spesso definito come un sistema di strumenti, processi, ruoli e soluzioni informali volto ad indurre comportamenti individuali ed organizzativi in linea con il raggiungimento degli obiettivi aziendali1. È parte integrante del più

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8

generale sistema di pianificazione e controllo aziendale il quale è generalmente scindibile in tre componenti: la pianificazione strategica, la pianificazione operativa ed il controllo. La prima fase riguarda la definizione di obiettivi di medio-lungo termine ed ha ad oggetto un arco temporale variabile tra i tre ed i cinque anni. La mission dell’azienda (intesa come la direzione di marcia che l’azienda intende perseguire) e la sua vision (espressione del modo di essere di un’azienda) vengono generalmente tradotte all’interno di piani strategici redatti dall’alta direzione e diffusi in tutta l’organizzazione. Nella seconda fase, definita anche programmazione, gli obiettivi strategici di medio-lungo periodo vengono tradotti all’interno di piani in obiettivi operativi annuali o infrannuali aventi ad oggetto singole business unit in cui il sistema azienda si articola. Il documento principale della pianificazione operativa è rappresentato dal budget, il quale attribuisce la responsabilità del raggiungimento di determinati obiettivi operativi a specifici centri di responsabilità precedentemente definiti. Infine, l’ultima fase del processo è costituita dal controllo: attraverso l’utilizzo di tecniche svariate, come ad esempio l’analisi degli scostamenti o il più generico sistema di reporting, l’azienda intende monitorare e valutare le performance ottenute con le strategie poste in essere ai livelli precedenti.

In particolare, il processo di controllo si realizza mediante meccanismi operativi riconducibili a due tipologie principali: un controllo di retroazione (o

feed-back) ed un controllo sulla direzione di marcia (o feed-forward). Il controllo

feed-back si basa sulla misurazione dei risultati alla fine di determinati intervalli temporali, il confronto con gli obiettivi e la successiva analisi ed interpretazione degli eventuali scostamenti emersi. Tale meccanismo non fornisce, però, indicazioni tempestive in grado di attivare interventi correttivi prima della fine del periodo oggetto di analisi. A questo scopo rispondono, invece, i sistemi feed-forward i quali, attraverso modelli di tipo probabilistico-predittivo, cercano di proiettare i risultati intermedi alla fine del periodo. Così facendo è possibile evidenziare gli scostamenti prima della loro effettiva realizzazione, consentendo così di intraprendere adeguate azioni correttive. Il processo, nella sua interezza, assume quindi un aspetto ciclico che, partendo con una pianificazione a

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preventivo, si conclude con un controllo a consuntivo delle performance realizzate.

Il controllo di gestione costituisce una preziosa guida per il comportamento del management ed un valido supporto nell’esecuzione dei processi decisionali; permette inoltre di coordinare e monitorare costantemente l’insieme delle attività aziendali, rappresentando un supporto per la valutazione delle performance realizzate. Ad esso viene anche attribuita una “funzione sociale”, in quanto funge da garante della correttezza dei comportamenti manageriali nei confronti dei vari stakeholder. Un sistema di controllo ben strutturato ed efficacemente applicato, permette ad un’organizzazione di motivare il personale al raggiungimento degli obiettivi previsti, diffondendo così una cultura meritocratica nella quale vengono premiati i risultati ed il merito individuale. Ha inoltre una forte valenza comunicativa: permette infatti di comunicare all’interno dell’organizzazione le priorità e le strategie aziendali, attivando un processo di apprendimento indotto anche ai livelli più bassi della gerarchia aziendale.

L’implementazione di processi di controllo di gestione richiede l’utilizzo di una strumentazione di supporto in grado di rilevare, confrontare, analizzare e valutare le performance individuali ed organizzative. Tra gli strumenti tipicamente utilizzati dalle aziende è possibile citare la contabilità analitica2, l’analisi economico-finanziaria per indici, il budget, i sistemi di reporting e l’analisi degli scostamenti.

2 Strumento operativo attraverso cui si riesce a dare una misurazione continua ed analitica al processo di formazione dei costi aziendali per il controllo dell’efficienza nell’impiego delle risorse produttive e per una più attenta definizione delle responsabilità di coloro ai quali tali risorse sono affidate (BRUNI G., Contabilità per l'alta direzione.

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1.2. Il budget

1.2.1. Introduzione

Con il termine budget si intende il documento ed il processo con cui vengono esplicitate le politiche aziendali da attuare nell’ambito delle scelte strategiche effettuate3. In esso vengono stabilite le iniziative da intraprendere, le modalità mediante le quali saranno realizzate, le risorse necessarie, il timing delle azioni ed i responsabili. Molte sono le definizioni fornite dalla dottrina per descrivere questo strumento; la più espressiva è forse quella che lo definisce come un “programma d’azione espresso in termini quantitativi, tipicamente monetari, che copre un arco temporale predefinito, tipicamente un anno4”. Da questa definizione emerge come si possa parlare di budget solo se a monte è presente un disegno relativo alle iniziative da intraprendere e alle risorse necessarie per la loro realizzazione. Secondo un’accezione più materiale, invece, può essere descritto come un’entità di risorse finanziarie da spendere a disposizione di un responsabile posto a capo di un’unità organizzativa. Da quest’ultima definizione emerge il concetto di centro di responsabilità, inteso come ciascuna area organizzativa con a capo un responsabile, al quale vengono assegnate determinate risorse di input impiegabili per lo svolgimento di specifiche attività, dalle quali è possibile ottenere degli output quantificabili in termini economico-finanziari (o in altri modi) rispetto ai quali il centro stesso verrà valutato. Elemento critico per un efficace sistema di budgeting è rappresentato dalla definizione della mappa dei centri di responsabilità: essa viene definita a partire dalla struttura organizzativa di base aziendale anche se, in alcuni casi, può anche differenziarvisi. Nell’individuazione di ciascun centro è importante rispettare alcuni criteri di base facenti riferimento a:

- omogeneità della dotazione di fattori produttivi a disposizione; - omogeneità delle attività in esso svolte;

3

SAITA M., Programmazione e controllo, Milano, Giuffrè, 1996. 4

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11

- svolgimento di attività ritenute rilevanti e significative nel contesto generale dell’azienda;

- possibilità di individuare un unico soggetto responsabile delle performance realizzate all’interno del centro.

Durante la definizione del budget è quindi indispensabile definire le variabili su cui ciascun responsabile può esser chiamato a rispondere, limitando l’attenzione alle sole variabili misurabili su cui il soggetto può esercitare un controllo diretto ed escludendo quelle che risentono dell’influenza di altri soggetti interni o esterni. Possono essere individuati centri di ricavo (in cui il manager preposto è valutato sui ricavi conseguiti), centri di costo (in cui è possibile determinare con precisione l’ammontare di input necessari per produrre le singole unità di prodotti o servizi ed il relativo volume di produzione), centri di spesa o di costo discrezionali (nei quali non è possibile rilevare la relazione fra input ed output sopra delineata cosicché il controllo si limita ad un confronto tra le spese sostenute dal centro e quelle preventivate), centri di profitto (in cui i manager sono responsabili del margine derivante dalla differenza tra ricavi e costi dell’attività in essi svolta) e centri di investimento (all’interno dei quali si aggiunge la responsabilità del rendimento conseguito rispetto agli investimenti effettuati).

1.2.2. Caratteristiche e funzioni

Le principali caratteristiche che contraddistinguono lo strumento budgettario sono la globalità (in quanto abbraccia tutta l’azienda), l’articolazione per centri di responsabilità (cioè la scomposizione del budget globale in budget settoriali contenenti gli obiettivi delle singole unità organizzative), il riferimento all’esercizio annuale futuro, l’articolazione per intervalli di tempo infrannuali (attraverso la scomposizione degli obiettivi annuali in obiettivi a più breve termine) e la traduzione degli obiettivi in termini economico-finanziari.

Il budget svolge un ruolo di guida all’azione dei manager, in modo che i loro comportamenti siano allineati al raggiungimento degli obiettivi aziendali di

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medio-lungo termine; risulta infatti indispensabile comprendere e controllare le spinte motivazionali dei responsabili delle unità operative, le quali molto spesso sono legate ad interessi individuali non sempre allineati alle finalità strategiche e generali dell’azienda. Rappresenta anche uno strumento di coordinamento ex-ante delle azioni dei vari responsabili, così da superare eventuali dissonanze sia nella determinazione degli obiettivi sia nell’allocazione delle risorse; così facendo, il sistema degli obiettivi espresso dal budget risulta integrato in quanto il raggiungimento dei traguardi intermedi costituisce la base per il raggiungimento degli obiettivi di ordine superiore. Il budget è anche uno strumento che stimola il confronto e favorisce il processo di apprendimento all’interno dell’organizzazione: durante la sua definizione, infatti, i dirigenti responsabili vengono stimolati ad assumere un atteggiamento manageriale basato sulla capacità di prevedere tutti i possibili rischi ed opportunità relativi all’unità organizzativa rappresentata, mettendo a fuoco le interdipendenze della propria area rispetto alle altre. Infine, è utile per responsabilizzare e valutare i manager in merito all’impiego delle risorse e al raggiungimento degli obiettivi loro assegnati, aumentando la loro motivazione e l’impegno profuso nell’attività svolta.

1.2.3. Iter di redazione

Il processo con cui il budget viene definito ha un aspetto circolare ed iterativo in quanto è il frutto di aggiustamenti continui tra proposte di budget e ricerca di equilibri complessivi. Il punto di partenza è costituito dalla definizione delle guidelines costituenti il raccordo tra la pianificazione strategica e la programmazione di breve periodo: attraverso la redazione di un documento di direttiva, l’alta direzione esplicita gli obiettivi prioritari che l’azienda intende perseguire nell’anno di budget, raggiungibili attraverso le attività poste in essere da ciascun centro di responsabilità. Segue poi l’elaborazione di una proposta di budget da parte di ciascun centro e la successiva aggregazione di tali proposte per aree e livelli di responsabilità, al fine di verificarne la congruenza e la fattibilità.

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La fase di negoziazione, attraverso cui si ricercano soluzioni ottimali di allocazione delle risorse disponibili, è sicuramente quella più critica di tutto il processo; durante questo step è importante andare alla ricerca di una congruenza interna ed esterna tra gli obiettivi, intesa come la capacità di evitare duplicazioni nelle attività svolte dai vari centri ed assicurare una coerenza tra gli obiettivi di budget proposti e quelli generali e strategici definiti a monte del processo di pianificazione e controllo. Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione è riferito all’adeguatezza del rapporto tra obiettivi da realizzare e risorse assegnate a ciascun centro, così da accertare che il livello di efficienza programmato nell’utilizzo delle risorse sia ritenuto accettabile5

. La negoziazione dà vita ad un approccio partecipativo durante il quale si instaura un rapporto dialettico tra i diversi attori coinvolti volto a ricercare un equilibrio sia relativo agli obiettivi sia alle risorse. Qualora tale fase venga vissuta come un momento puramente formale, questo inciderà negativamente sulla motivazione dei responsabili ad impegnarsi nell’elaborazione delle proposte di budget, riportando quindi lo strumento ad un puro documento contabile. Un altro rischio a cui si va incontro è quello connesso alla creazione di riserve da parte dei responsabili in merito agli obiettivi da raggiungere (proposta di obiettivi poco sfidanti o facili da raggiungere) o alle risorse necessarie (sovrastima delle risorse ritenute necessarie alla realizzazione dei piani d’azione).

I principali budget operativi tipicamente redatti sono relativi al budget delle vendite, a quello dei costi commerciali, della produzione, delle scorte, degli approvvigionamenti, del personale, delle altre aree erogatrici servizi di supporto rispetto alle unità operative e quello degli investimenti. Quest’ultimo presenta delle caratteristiche diverse rispetto agli altri: esso, infatti, riguarda risorse pluriennali e non è classificabile in relazione ad una singola area aziendale; all’interno di tale budget confluiscono proposte d’investimento provenienti dalle altre aree funzionali (come ad esempio proposte di acquisto di nuove immobilizzazioni ad uso commerciale, investimenti pubblicitari o spese

5

“Accettabile” in quanto non esiste un livello di efficienza valido in assoluto per tutte le organizzazioni; esso dipende, invece, dalle condizioni interne ed esterne che caratterizzano ogni realtà aziendale.

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pluriennali di marketing, proposte di acquisto di macchinari ed attrezzature da impiegare nel processo produttivo, investimenti in ricerca e sviluppo), le quali saranno attentamente valutate al fine di determinare quali iniziative porre in essere e quali rimandare al futuro, stante le risorse limitate a disposizione.

Una volta che tutti i budget operativi sono stati negoziati, è necessario avviare un processo di consolidamento che conduce alla redazione di un documento contabile-amministrativo simile ad un bilancio preventivo. Così facendo è possibile valutare la fattibilità economica, finanziaria e tecnica dei programmi definiti e la loro rispondenza rispetto agli obiettivi annuali da perseguire. Il bilancio preventivo consolidato, anche definito master budget, sarà quindi composto da un budget economico (avente la forma di un conto economico preventivo), un budget patrimoniale (rappresentante una situazione patrimoniale preventiva) ed uno finanziario (ovvero un rendiconto finanziario preventivo). Approvato il master budget, a ciascun responsabile di centro viene affidata la somma lui stanziata, la quale potrà essere utilizzata secondo le regole predefinite in sede di implementazione del sistema.

1.2.4. Tecniche di budgeting per le spese discrezionali

Negli ultimi anni si è assistito ad un incremento del peso a bilancio di quella parte di costi non direttamente legati al livello di produzione e di vendita, quanto più ai servizi. Si fa riferimento, quindi, a costi che normalmente non sono di diretta competenza dell’area commerciale o produttiva, ma delle restanti aree di cui si compone la gestione aziendale dove la previsione è caratterizzata da un certo livello di discrezionalità. La difficoltà nella loro quantificazione è legata sia alla fase di pianificazione sia a quella del controllo: oltre a non poter definire in modo semplice e diretto la quantità di servizi da acquistare o produrre, risulta difficile formulare valutazioni in merito all’efficienza d’impiego. Quindi, se da un lato si presenta la difficoltà di programmare in quanto si tratta di elementi economici legati a scelte discrezionali, dall’altro si evidenzia la difficoltà nel

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valutare se effettivamente quanto programmato è risultato idoneo alle reali esigenze o se, invece, le risorse potevano essere impiegate in modo diverso.

1.2.4.1. Incremental Budgeting

Non essendo possibile individuare specifici driver di riferimento rispetto ai quali parametrizzare tali costi, la logica tipicamente utilizzata dalle aziende per la definizione dell’entità di risorse da stanziare è quella di tipo incrementale: il punto di partenza è rappresentato dalle spese sostenute durante l’anno in corso, le quali vengono proiettate nel futuro mediante un approccio incrementale che tenga conto sia dell’inflazione prevista sia delle risorse aggiuntive necessarie per lo sviluppo di nuove attività o per l’espansione di quelle già esistenti (Figura 1).

Figura 1 – Esempio di sviluppo dei costi discrezionali secondo la logica dell’Incremental Budgeting

Fonte: MARASCA S.,MARCHI L.,RICCABONI A., Controllo di gestione. Metodologie e strumenti, Arezzo, Knowita,

2013

Considerare il livello di spesa esistente come base di partenza da incrementare significa, però, prendere per corretto e non riducibile il livello di spesa attuale, evitando così qualsiasi valutazione critica circa il livello attuale dei costi, il quale potrebbe riflettere attività inutili, sprechi ed altre disfunzioni che in tal caso verrebbero perpetuati. Tale approccio produce, inoltre, una crescita costante e indiscriminata delle spese e l’unica strategia attuabile dall’alta direzione è quella consistente nel taglio del budget di determinate percentuali; la soluzione descritta, però, porta a penalizzare le funzioni più efficienti premiando invece chi ha speso in modo non propriamente coscienzioso.

0 5 10 15 20 25 2014 2015 2016

Sviluppo costi discrezionali

Delta attività Delta inflazione Spese anno n

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16

1.2.4.2. Zero base budgeting: aspetti introduttivi

In risposta ai limiti dell’Incremental Budgeting, si è diffuso nel tempo l’utilizzo di un nuovo strumento di gestione basato sul rapporto costi-benefici: lo

Zero Base Budgeting. Esso è una tecnica di pianificazione per la quale ogni

responsabile deve giustificare integralmente e analiticamente il proprio budget, scomponendolo in alternative di decisione classificate, valutate, accolte o respinte in relazione a criteri prestabiliti e alle risorse disponibili. Descritto per la prima volta nel 1970 da Peter A. Pyhrr (controller della Texas Instruments) in un articolo apparso sulla Harvard Business Review, lo strumento si è diffuso principalmente nel settore pubblico dove la ristrettezza di risorse ha richiesto un contenimento della spesa e limitato la possibilità di nuove iniziative, imponendo di anno in anno una significativa riconsiderazione delle attività svolte ed una riallocazione delle risorse disponibili6.

Lo Zero Base Budget prende il nome dalla tecnica di fondo che lo contraddistingue: mettere in discussione il livello di attività da svolgere in futuro formulando previsioni come se di anno in anno si “partisse da zero”. Nella sua formulazione entra in gioco la responsabilità effettiva dei singoli manager, i quali sono chiamati a giustificare le richieste economiche presentate all’alta direzione valutandole in termini di costi da sostenere e benefici ottenibili mediante il sostenimento delle stesse. È applicabile a tutte quelle attività a supporto della produzione per le quali possono essere definite più alternative circa le modalità di realizzazione delle stesse. In particolare si tratta di quelle attività tipiche dell’area amministrativa (contabilità, finanza, controllo di gestione), dell’area tecnica (ricerca e sviluppo, controllo qualità, manutenzione) e di quella commerciale (marketing, acquisti, comunicazione, logistica). E poiché ogni servizio svolto da tali aree può essere reso ad un diverso livello di qualità, a costi via via crescenti all’aumentare della stessa, esso dovrebbe essere scomposto in pacchetti decisionali i quali, una volta all’anno, dovrebbero essere messi in

6

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, Relazione sulla sperimentazione di un bilancio dello Stato a base

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discussione così da stanziare un ammontare di risorse pari al punto in cui i costi, via via crescenti, si incontrano con il valore generato, via via decrescente7.

1.2.4.3. Il processo di redazione

Il processo di redazione, che si fonda sul legame esistente tra la pianificazione e la programmazione e quindi tra gli obiettivi da raggiungere e le azioni da intraprendere per il conseguimento degli stessi, si articola nelle seguenti fasi:

1. Definizione e comunicazione da parte dell’alta direzione degli obiettivi strategici ed operativi e scelta delle aree aziendali da sottoporre ad analisi; 2. Definizione da parte dei responsabili degli obiettivi funzionali (in accordo

con gli obiettivi aziendali) e loro suddivisione in unità decisionali; 3. Traduzione delle unità decisionali in alternative di decisione;

4. Definizione da parte dei responsabili funzionali delle priorità delle singole alternative;

5. Approvazione da parte della direzione delle alternative di decisione da realizzare e dei corrispondenti fondi da procurare;

6. Preparazione del budget attraverso il consolidamento delle risultanze delle aree sottoposte a zero base analysis con quelle del budget tradizionale utilizzato per le altre unità aziendali;

7. Controllo dei risultati conseguiti.

In merito al processo sopra esposto occorre precisare il significato di due termini molto importanti all’intero del budget a base zero: unità decisionali e

alternative di decisione (o pacchetti decisionali). Le prime corrispondono ad

attività tangibili per le quali il responsabile può prendere significative decisioni circa l’entità della spesa, la natura, la quantità e la qualità del lavoro da svolgere; comportano l’utilizzo di risorse e vengono poste in essere al fine di raggiungere gli obiettivi assegnati a ciascuna funzione aziendale. Ogni unità decisionale viene

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analizzata in termini di alternative di decisione o pacchetti decisionali, i quali possono essere classificati in:

- Pacchetti alternativi, se identificano modi diversi di svolgere la stessa attività che si escludono a vicenda;

- Pacchetti incrementali, se corrispondono a diversi gradi di impegno e di spesa per la medesima modalità.

Per ogni unità decisionale occorre quindi procedere in due fasi: tra le alternative che si escludono a vicenda scegliere la migliore e, per questa, indicare i diversi livelli di prestazione o gradi di impegno (Figura 2). All’aumentare del livello aumenta la spesa, ma dovrebbe migliorare anche la qualità della prestazione. Quindi è possibile affermare che i vari gradi sono additivi o incrementali rispetto a quello minimo o a quello immediatamente precedente, perciò l’approvazione di un pacchetto superiore al primo presuppone l’approvazione anche di quest’ultimo.

Figura 2 – Rappresentazione dei pacchetti alternativi ed incrementali

Fonte: FURLAN S., Il budget a base zero, Milano, Franco Angeli, 1988

Modalità di esecuzione 1 Modalità di esecuzione 2 Modalità di esecuzione 3 Grado di impegno 1 (alternativa di decisione 1 di 3) Grado di impegno 2 (alternativa di decisione 2 di 3) Grado di impegno 3 (alternativa di decisione 3 di 3) A lt er n a ti ve c h e si i n te g ra n o Unità decisionale A lt er n a ti ve c h e si es c lu d o n o a v ic en d a

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Normalmente vengono indicati tre o più gradi d’impegno corrispondenti a:

- Livello base, al di sotto del quale non è opportuno svolgere l’attività perché non si conseguirebbe alcun risultato significativo;

- Livello attuale, corrispondente alla situazione corrente;

- Livelli migliorativi, quelli desiderabili dal responsabile dell’unità decisionale.

Ogni responsabile analizza la situazione corrente ponendo attenzione ai costi e alle attività (o unità decisionali) che li hanno causati. Tale analisi rappresenta la base da cui partire per fare una prima approssimazione dei costi dell’anno seguente in funzione delle direttive formulate dall’alta direzione. La novità rispetto alla procedura di budgeting tradizionale avviene con la fase successiva, la quale prevede lo studio dei miglioramenti apportabili alla situazione corrente, l’individuazione di nuove possibili attività e la formulazione dei rispettivi pacchetti alternativi ed incrementali. Al termine di questa fase, tutte le attività che possono essere svolte nell’anno seguente sono scomposte in pacchetti minimi e pacchetti incrementali.

Al fine di comunicare i dati relativi alle unità decisionali analizzate, ciascuna alternativa viene descritta all’interno di apposite schede contenenti alcune informazioni generali (nome del pacchetto, funzione aziendale di riferimento, livello di prestazione corrispondente), gli obiettivi dell’attività e come essa si collega agli scopi della funzione in cui è inserita, la descrizione dell’attività, i benefici attesi dal suo svolgimento, le conseguenze della mancata approvazione del pacchetto, i costi differenziali dell’alternativa (ovvero quelli che sorgerebbero se l’alternativa venisse approvata e che si risparmierebbero se venisse respinta8

) ed infine una sintesi delle alternative disponibili. Al fine di poter confrontare tra loro le diverse alternative di svolgere una medesima attività è importante che venga utilizzata da tutti la stessa scheda così da facilitarne la comparazione (Tabella 1).

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Tabella 1 – Esempio di scheda di descrizione di un’alternativa di decisione Alternativa di decisione N.15 Nome Campagna pubblicitaria 2017 (durata 3 mesi) Divisione: Marketing Livello di prestazione 2 di 3

Rispetto a quello attuale questo livello è:

o Minore o Uguale  Maggiore

Obiettivi - Incrementare il fatturato annuo del 3% - Migliorare la brand image aziendale

Azioni - Organizzare una ricerca di mercato preventiva

- Stipulare con una agenzia esterna un contratto di fornitura di spot televisivi

- Definire il messaggio da veicolare

Costi - Ricerca di mercato preliminare (costi stimati:

€ 20.000)

- Contratto con agenzia esterna (costi stimati: € 120.000 al mese)

- Totale = € 380.000

Benefici - Miglioramento della brand awareness

- Incremento potenziale delle vendite

Conseguenze della mancata approvazione

- Perdita di quota di mercato a favore dei competitor che decidono di attuare iniziative di marketing similari

Alternative per diversi livelli di prestazione

- Livello 1 di 3: limitare la durata della campagna a

soli due mesi (risparmio di costo: € 120.000) - Livello 3 di 3: estendere la durata della campagna

a sei mesi (incremento di costo: € 360.000)

Alternative per diversi modi di svolgere l’attività

- Utilizzare il canale radio in sostituzione di quello televisivo estendendo la durata della campagna - Veicolare il messaggio pubblicitario via web

migliorando la presenza sui social e sui siti di settore

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Le alternative di decisione sviluppate per tutte le unità decisionali facenti capo ad un responsabile sono da questi classificate secondo un ordine decrescente di importanza (Figura 3)9.

Figura 3 – Classificazione delle alternative di decisione

Fonte: FURLAN S., Il budget a base zero, Milano, Franco Angeli, 1988

Il processo si ripete in modo ascendente fino al vertice aziendale: i pacchetti appena ordinati dal responsabile di una unità funzionale vengono trasmessi al diretto superiore, il quale consolida e definisce una classifica di tutti i pacchetti provenienti dagli uffici rientranti sotto la propria “giurisdizione”. Le sue valutazioni sono poi comunicate al successivo livello di consolidamento per

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Per ciascuna alternativa decisionale vengono riportati i diversi gradi di prestazione ed i rispettivi livelli di spesa (facciata di destra dei cubi).

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un’altra revisione e riclassificazione; il processo si conclude nel momento in cui essi giungono al vertice aziendale, al quale spetta il compito finale di decidere quali pacchetti approvare e quali accantonare. In base alla classifica risultante, l’alta direzione è in grado decidere più razionalmente “dove” e “quanto” spendere.

1.2.4.4. Soglie ed intervalli di decisione

Dal processo appena descritto emerge come, mano a mano che si sale lungo la scala gerarchica aziendale, il numero di pacchetti da riclassificare aumenta con un carico di lavoro elevato per i manager dei livelli più alti; al fine di consentire ai direttori di livello superiore di concentrare tempo ed energie sulle alternative a priorità marginale (ovvero quelle di incerta approvazione) può essere definita, per ogni grado di responsabilità, una soglia di decisione. Si tratta di un limite di spesa che suddivide i pacchetti in due gruppi: quelli approvati e quelli esclusi. L’esclusione, però, non è definitiva in quanto i rimandati hanno la possibilità di essere promossi al turno successivo e così via fino all’ultima e definitiva prova d’appello. In termini generali e semplificati, il processo potrebbe essere rappresentato così come esposto in Figura 4.

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Figura 4 – Rappresentazione delle soglie e degli intervalli di decisione

Fonte: FURLAN S., Il budget a base zero, Milano, Franco Angeli, 1988

La prima soglia di decisione è stata fissata al 65% delle spese dell’anno in corso; i pacchetti esclusi alla prima selezione, i quali ammontano al 35% delle spese correnti, concorrono al primo recupero che si disputa a livello di direttori di funzione. I concorrenti provengono da più unità decisionali e si disputano il 15% delle spese totali della funzione, pari cioè alla differenza tra la seconda soglia di decisione (posta all’80% delle spese correnti) e quella del livello precedente. I rimandati al recupero successivo concorreranno con i pacchetti delle altre funzioni (anch’essi esclusi per due volte dai concorsi ai quali hanno partecipato) per contendersi i fondi residui messi a disposizione a livello di direzione generale. La differenza tra una data soglia di decisione e quella di livello inferiore viene definita intervallo di decisione, in quanto è proprio in quel range che si manifesta l’autonomia decisionale del responsabile. Così, nell’esempio della Figura 4, l’intervallo di decisione per gli uffici è pari al 65%, mentre per i direttori di funzioni è pari al 15%. Questo significa che questi ultimi limiteranno le loro analisi ai pacchetti non approvati dai capi ufficio e promuoveranno alternative che ammonteranno al 15% dei costi dell’anno in corso. Spetterà infine all’alta direzione definire come allocare il rimanente 20% del budget totale

Intervallo di decisione 80% 20% 20% Intervallo di decisione 15% Soglia di decisione 80% 15% Soglia di decisione 100% DI R E Z ION E GE N E R A L E DI R E Z ION I DI F UN Z ION E UF F IC I 35% Intervallo di decisione 35% Intervallo di decisione Soglia di decisione 65% 65% 20% Intervallo di decisione 65%

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disponibile. In merito alle modalità di definizione degli intervalli di decisione, occorre precisare che tanto più decentrata e partecipativa è la gestione, tanto più ampi sono gli intervalli di decisione assegnati ai livelli operativi. Viceversa, tanto più elevato è l’interesse della direzione a conoscere ed approfondire i problemi organizzativi e gestionali, tanto più ridotte sono le fasce decisionali concesse ai collaboratori dei livelli inferiori.

La definizione delle soglie di decisione è una prerogativa dell’alta direzione la quale definisce, inizialmente, l’obiettivo totale di spesa per l’anno a venire; successivamente stabilirà le soglie per il livello di consolidamento immediatamente inferiore (divisione o direzione di funzione) in modo da lasciare un sufficiente margine d’intervento alla propria discrezionalità (normalmente dal 10 al 20 per cento). Ciò consentirà al top management di confrontare i pacchetti marginali e di spostare l’assegnazione delle risorse da un settore all’altro in funzione degli obiettivi generali. Analogamente provvederà alla definizione delle soglie decisionali dei livelli inferiori: l’ultima dovrebbe essere tale da includere tutti i pacchetti base per i quali non dovrebbero sussistere dubbi di approvazione. La conoscenza delle soglie e dei limiti totali di spesa non dovrebbe influire né sul numero né sul contenuto dei pacchetti da sviluppare; le soglie, infatti, non esprimono decisioni finanziarie, ma sono uno strumento di controllo e di ripartizione del lavoro di revisione e riclassificazione dei pacchetti.

1.2.4.5. Tecniche di classificazione dei pacchetti decisionali

Prima di analizzare le tecniche poste in essere per classificare i pacchetti decisionali, è opportuno domandarsi chi siano i soggetti a cui tale compito è affidato. Il primo livello di classificazione viene fatto al livello organizzativo più basso, quello in cui i pacchetti vengono preparati; dovrebbe esserci una chiara propensione al lavoro in team, sia pure con un apporto del responsabile dell’unità decisionale da analizzare. Ai livelli superiori di consolidamento, la riclassificazione viene generalmente fatta da un comitato composto da tutti i responsabili le cui attività sono oggetto di riesame e dal loro superiore gerarchico. Ai vari comitati è consigliabile la partecipazione di un componente

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dell’ufficio controllo di gestione, il quale dovrebbe svolgere la funzione di garante del rispetto delle procedure e delle metodologie proprie dello Zero Base Budget.

In merito alle tecniche utilizzate per la classificazione delle alternative di decisione, gli elementi da considerare dovrebbero riguardare:

1. L’obbligatorietà: se un’attività occorre svolgerla perché è imposta per legge, viene a mancare il requisito fondamentale della discrezionalità alla base del sistema zero base. Possono però esistere modalità diverse per soddisfare la legge o possibilità di procrastinare l’osservanza.

2. I benefici economici: devono essere identificabili e quantificabili e spesso vengono espressi in termini di numero di anni necessari per recuperare i costi sostenuti o attraverso il confronto tra la redditività media realizzabile ed il costo del denaro; per i “pacchetti innovativi” occorre sottrarre al costo dell’attività svolta con il metodo attuale il costo previsto qualora la stessa venisse svolta con il metodo proposto.

3. I benefici intangibili: consistono per lo più in miglioramenti del morale dei dipendenti, nell’effetto positivo sull’immagine aziendale o sugli aspetti motivazionali in genere.

4. La fattibilità: in termini di analisi delle capacità e delle conoscenze necessarie e confronto con quelle attualmente disponibili in azienda; tanto più difficile e complessa si presenta la realizzazione di un pacchetto, tanto più se ne riduce l’appetibilità.

5. L’accettabilità: intesa come il grado di condivisione all’interno dell’azienda delle nuove attività.

6. Il rischio economico connesso alla mancata realizzazione del pacchetto: si tratta di valutare il “rischio di non fare”; le informazioni necessarie per questa valutazione dovrebbero desumersi dalla sezione della scheda di descrizione del pacchetto riservata alle “conseguenze della mancata approvazione”.

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Individuati i fattori, occorre attribuire loro un valore in modo da poterli confrontare; per tale scopo è possibile usare una scala dall’uno al sei come quella rappresentata nella figura sottostante (Figura 5). Essa ha il pregio di essere formata da un numero pari di punti e quindi di non avere un valore centrale sul quale si concentrerebbero la gran parte dei giudizi.

Figura 5 – Esempio di scala di valutazione della fattibilità

A ciascun criterio deve poi essere assegnato un peso così da valutare in maniera diversa i voti attribuiti ai differenti aspetti; così, ad esempio, per le alternative riguardanti le spese di pubblicità e promozione delle vendite si può attribuire un’importanza superiore ai benefici economici ed a quelli intangibili ed un peso minore all’obbligatorietà. Dal prodotto di ciascun punteggio per il relativo coefficiente si ottiene il merito; la valutazione finale di un pacchetto deriva dalla sommatoria dei meriti parziali così come riportato nell’esempio sottostante (Tabella 2).

Tabella 2 – Esempio di valutazione finale di un pacchetto decisionale

Elemento Voto x Peso = Merito

Obbligatorietà 1 2 2 Benefici economici 4 15 60 Benefici intangibili 4 15 60 Fattibilità 5 10 50 Accettabilità 5 10 50 Rischio 3 8 24 Totali 22 60 246 1 2 3 4 5 6 Bassa: difficile la realizzazione anche al di fuori dell’azienda, nessuno ha esperienza Elevata: l’azienda dispone delle conoscenze e del personale adeguato L’azienda non ha conoscenze

né personale addestrato, ma sono disponibili sul mercato

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1.2.4.6. Approvazione delle alternative di decisione

L’approvazione è l’atto formale attraverso cui, successivamente ad una riesamina finale, la direzione assegna i fondi disponibili ai pacchetti a più elevato merito. L’estensione e la profondità di tale attività variano in funzione dello stile di direzione assunto dall’azienda: qualora la valutazione fosse ristretta alle sole alternative escluse, la direzione limiterebbe il proprio carico di lavoro e convaliderebbe tutte le approvazioni precedenti; se invece estendesse la revisione anche alle alternative incluse nella soglia di decisione inferiore, oltre che produrre conseguenze opposte a quelle sopra indicate, la stessa si riserverebbe la possibilità di attuare una più forte redistribuzione dei fondi rispetto agli intervalli di decisione precedentemente definiti.

Nella definizione della classifica finale che consolida quelle parziali redatte ai livelli organizzativi inferiori, i criteri di valutazione dovrebbero essere gli stessi applicati ai livelli precedenti; ciò che cambia è l’orizzonte di valutazione e quindi il peso da attribuire ai singoli elementi. In quest’ottica, per esempio, potrebbe essere assegnato un coefficiente maggiore ai punteggi riguardanti i benefici intangibili ed i rischi di mancata attuazione delle alternative, in quanto rappresentano aspetti rilevanti in una visione di medio-lungo periodo.

Successivamente dovranno essere comunicate all’azienda le iniziative che verranno realizzate nel periodo di budget e soprattutto le ragioni che hanno portato alla mancata approvazione delle alternative escluse.

1.2.4.7. Modalità di definizione dell’entità delle spese discrezionali

All’inizio del processo spetta all’alta direzione definire uno stanziamento assoluto da destinare ad iniziative varie aventi ad oggetto le aree aziendali sottoposte a Zero Base Budget; sulla base di tale ammontare vengono poi definite le soglie di decisione parziali, così da distribuire il potere decisionale ai vari livelli organizzativi. Nonostante ciò, tale valore può essere messo in discussione: infatti, qualora le alternative escluse presentassero un’utilità marginale e quindi un merito comunque elevati, il top management potrebbe tornare sui suoi passi ed integrare il budget iniziale con stanziamenti aggiuntivi così da disporre delle

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risorse necessarie anche per i pacchetti inizialmente esclusi; viceversa, qualora le alternative marginali non fossero particolarmente appetibili oppure i risultati economici previsti fossero modesti ed i mezzi finanziari reperibili insufficienti a far fronte ai bisogni, la direzione potrebbe ridimensionare lo stanziamento iniziale. Si tratta perciò di un processo iterativo che si conclude solo nel momento in cui viene trovato un giusto equilibrio tra pacchetti approvati e respinti da una parte, e risultati economici e fondi procurabili dall’altra. Il volume di attività ottimale è dato dal punto in cui l’utilità marginale delle alternative (esprimibile attraverso il merito di ciascun pacchetto) eguaglia il costo marginale del denaro (espresso dagli oneri finanziari sostenuti per l’ottenimento delle risorse finanziarie). Una maggior onerosità del capitale comporta, infatti, un effetto negativo sull’utile netto e quindi, in via indiretta, sull’ammontare dei mezzi finanziari da assegnare alle spese discrezionali (Figura 6).

Figura 6 – Punto di equilibrio

Fonte: FURLAN S., Il budget a base zero, Milano, Franco Angeli, 1988

È necessario sottolineare, però, che nella realtà aziendale la gestione finanziaria è unica e non è possibile contrapporre ad uno specifico fabbisogno la corrispondente fonte di copertura; è opportuno, invece, andare alla ricerca di adeguati equilibri tra classi d’impiego e classi di finanziamento così da rispettare il principio della correlazione temporale tra fonti ed impieghi. Tale premessa è valida anche per lo Zero Base Budget: non è possibile identificare le fonti da

V al ori m arg ina li

Volume di attività (pacchetti)

V0

V1

All’aumentare del costo del denaro il punto di equilibrio

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impiegare in via esclusiva per le spese discrezionali, ma piuttosto l’entità di tali risorse può essere definita solamente attraverso un’analisi del budget finanziario10. Secondo Furlan, infatti, i fondi da assegnare alle spese discrezionali hanno carattere differenziale, in quanto risultano dalla differenza tra il totale delle entrate ed il totale delle uscite escluse quelle per le spese in questione. Se si contrapponessero le entrate alle uscite previste dell’anno (se cioè si redigesse il budget finanziario), si potrebbe ottenere un eccedenza positiva (avanzo di cassa) o una differenza negativa (disavanzo di cassa) ed in quest’ultima circostanza occorrerebbe trovare una copertura idonea; qualora però questo non fosse possibile o fosse troppo oneroso, l’azienda potrebbe optare per una riduzione delle uscite andando a diminuire per prime quelle destinate a finanziare le spese discrezionali. Tale ragionamento attribuisce a tali spese una priorità inferiore rispetto alle uscite dovute ai costi standard ed a quelli vincolati, i quali dipendono rispettivamente dai volumi di attività e dalle scelte d’investimento effettuate in periodi precedenti.

1.2.4.8. Controllo dei risultati

Come qualsiasi strumento di controllo, una volta definito il budget ad esso segue un’attività di confronto tra i risultati realmente ottenuti e gli obiettivi prefissati. Nello Zero Base Budget l’oggetto del controllo è rappresentato dall’insieme di pacchetti di una unità decisionale: il loro insieme definisce infatti “che cosa” fare, “come” farlo, quali obiettivi devono essere conseguiti e quali spese sopportare. Per le spese discrezionali tipicamente viene svolto un controllo

finanziario che prevede il confronto delle spese sostenute a consuntivo rispetto

allo stanziamento definito in sede di budget; tale confronto serve al responsabile per conoscere quanto ha speso fino a qual momento e per assicurarsi che il budget residuo venga erogato nei tempi stabiliti. Un ulteriore controllo che viene

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Il collegamento con il budget finanziario è necessario in quanto lo zero base budget è una tecnica prettamente finanziaria: considera cioè gli esborsi annuali relativi alle spese discrezionali e non i costi. Nell’accezione qui considerata, per spese si intendono tutti quei costi che danno origine ad una corrispondente uscita monetaria nel periodo di budget. Sono perciò costi e non spese gli ammortamenti o gli accantonamenti; esempi di spese che non costituiscono costi sono invece i risconti attivi, cioè la quota di costi di competenza di futuri esercizi che saranno liquidati nell’anno di budget.

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fatto è quello che prevede il confronto tra la previsione aggiornata delle spese totali rispetto al budget approvato, come riportato in Tabella 3.

Tabella 3 – Esempio di controllo finanziario (dati in migliaia di euro)

Voce di spesa Budget iniziale Uscite sostenute Residuo da spendere Preventivo a finire Budget aggiornato Variazione prevista Costi di marketing 100 45 55 70 115 15

Fonte: FURLAN S., Il budget a base zero, Milano, Franco Angeli, 1988

Quest’ultimo serve per valutare se debbano essere apportati dei cambiamenti ai pacchetti approvati al fine di contenere gli esborsi finanziari nei limiti degli stanziamenti iniziali oppure se occorra procurare altre risorse così da realizzare le alternative decise. Entrambi i controlli appena visti, però, non forniscono informazioni in merito al lavoro svolto, il quale è apprezzabile solo in un arco temporale superiore all’anno; trattandosi di spese discrezionali, infatti, gli effetti delle iniziative non sono immediati ed inoltre non è facile trovare adeguati parametri di efficacia ed efficienza idonei a valutare le alternative poste in essere. Per assolvere a tali problemi è opportuno organizzare delle attività di auditing

operativo, attraverso cui si cerca di valutare l’efficacia e l’efficienza della

gestione attraverso l’individuazione, dove possibile, di indicatori qualitativi o quantitativi di efficienza ed efficacia. Così, al normale esame delle variazioni di budget, si affiancano momenti di audit volti a verificare i risultati che ciascun pacchetto ha portato, le problematiche riscontrate, le azioni correttive proposte o intraprese, i cambiamenti ambientali e le nuove esigenze organizzative non comprese nel budget.

1.2.4.9. Zero Base Budget 2.0

Lo Zero Base Budget è un sistema di pianificazione e controllo delle spese discrezionali fondato su principi e tecniche di diversa astrazione; in particolare è una sintesi del principio economico dell’utilità marginale (applicato ogni qualvolta si disponga di risorse limitate per soddisfare bisogni illimitati) e dell’analisi organizzativa del valore (che comporta l’analisi del valore creato da ogni attività al fine di domandarsi se continuare o meno a svolgerla). È una

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tecnica che pone l’accento sull’aspetto finanziario e si pone l’obiettivo di stimolare continuamente l’innovazione e la creatività attraverso l’individuazione di nuove alternative decisionali. Lo Zero Base Budget impone ad ogni responsabile l’esame della propria attività, dei propri obiettivi e del modo migliore per realizzarli; ogni soggetto è chiamato a fare valutazioni e prendere decisioni sulle attività da porre in essere, giustificandone l’utilità e la necessità. Questa forte responsabilità riconosciuta ai singoli soggetti coinvolti, insieme alla spinta motivazionale che genera, rappresentano alcuni dei principali punti di forza dello strumento. Inoltre, supera i limiti dell’Incremental Budgeting in quanto il passato viene continuamente messo in discussione e le scelte future vengono fatte mediante valutazioni razionali circa la ricerca della massima efficienza nell’utilizzo delle risorse disponibili.

Nonostante i suoi molteplici pregi appena descritti, dopo poco tempo dalla sua ideazione si smise di parlare di Zero Base Budget in quanto risultava troppo macchinoso: pensare che i servizi possano essere articolati in pacchetti decisionali incrementali e che il management possa decidere razionalmente quale sia il migliore risulta essere molto irrealistico11. Inoltre risultava essere una tecnica dispendiosa sia dal punto di vista monetario che temporale: soprattutto nell’anno di implementazione, veniva chiesto ai responsabili operativi di dedicare parte del loro tempo all’analisi delle attività svolte e alla formulazione dei pacchetti decisionali, sottraendolo così alle normali routine quotidiane. Un’altra critica mossa allo strumento è che non risultava di conveniente applicazione qualora il personale delle alternative respinte non fosse trasferibile: se infatti non vi fosse stata la possibilità di reimpiegare in altre aree aziendali tali risorse, non ci sarebbe stato il relativo risparmio di costi sperato. Infine, per essere efficace, era necessario che all’interno dell’organizzazione fosse diffusa una cultura economica che non tutti possedevano: i partecipanti dovevano avere una conoscenza generale del sistema aziendale, capacità manageriali ed uno spirito collaborativo. Attualmente, quindi, la diffusione dello strumento all’interno delle organizzazioni è limitata ad un numero ridotto di realtà a causa,

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da un lato, della resilienza al cambiamento presente in molte aziende e, dall’altro, dei limiti sopra citati che contraddistinguono lo strumento.

Attraverso alcuni studi, però, la società di consulenza McKinsey ha voluto sfatare alcuni miti diffusi circa lo strumento. In particolare, la stragrande maggioranza delle persone pensano che sia semplicemente un modo di costruire il budget a partire da zero; in realtà si tratta di un processo ripetibile in grado di diffondere all’interno dell’organizzazione una cultura sostenibile di cost

management. La tecnica permette di dare maggiore visibilità al costo,

incrementando la responsabilità delle persone sul loro sostenimento e prevendendo incentivi allineati in grado di stimolare i manager ad aumentare sempre di più l’efficienza nelle attività svolte. Spesso l’applicazione dello strumento viene collegata ad un taglio dei costi “all’osso”; in realtà, invece, il grado di aggressività del taglio dei costi attuato da ciascuna impresa riflette la dimensione dell’obiettivo di risparmio che si intende conseguire. Secondo l’esperienza di McKinsey, infatti, le realtà in cui si è optato per un taglio drastico dei costi sono limitate rispetto a quelle in cui il top management ha deciso per un taglio dei costi contenuto con l’accordo di reinvestire parte dei risparmi conseguiti in aree più produttive. In merito al tempo necessario per la sua implementazione, invece, secondo la società di consulenza sopra citata, il lancio di un nuovo programma di budget a base zero dovrebbe essere guidato da una squadra centrale la quale dovrebbe sviluppare una profonda visibilità dei costi ed impostare obiettivi di risparmio dettagliati per il successivo ciclo di budget. Questo periodo potrebbe richiedere dai 4 ai 10 mesi ed dovrebbe essere guidato principalmente da un supporto a tempo pieno della funzione Finance e di quella IT, con un coinvolgimento solo parziale delle altre aree aziendali proprietarie delle categorie di costi interessate al cambiamento. In molti affermano, poi, che lo strumento sia applicabile solo a quella categoria di costi rientranti nelle cosiddette SG&A (Selling, General & Administrative expenses); in realtà, nonostante esprima i suoi principali benefici proprio in quella categoria, può essere applicato a qualsiasi tipologia di costo. Infine, è diffusa l’idea che non sia adatto alle aziende orientate alla crescita, ma anche in questo caso McKinsey fa

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notare come esso rappresenti uno strumento adatto a qualsiasi azienda, indipendentemente dal suo orientamento. Infatti, anche se gli obiettivi primari di un’organizzazione sono la crescita, il profitto o il mantenimento dei talenti, la gestione dei costi resta cruciale per il suo successo; l’eliminazione dei costi non produttivi consente all’azienda di reindirizzare tali risorse in aree più produttive

così da creare maggior valore e condurre ad una crescita futura12.

Attualmente, quindi, lo Zero Base Budgeting va oltre il concetto degli anni ’70 secondo cui ogni attività aziendale doveva essere vista in termini di unità decisionali e pacchetti alternativi, valutando e classificando questi pacchetti in funzione dei costi e dei benefici derivanti. Nel contesto attuale la vera innovazione che porta è un cambiamento di mentalità che conduce ad una cultura di cost management diffusa all’interno dell’organizzazione: anziché confrontare il budget di questo anno con quello dell’anno precedente, l’attenzione è rivolta verso la ricerca del rendimento più efficiente delle risorse disponibili.

Secondo l’esperienza di McKinsey, al fine di costruire e diffondere all’interno delle organizzazioni questo tipo di cultura sono necessari cinque fattori:

1. Maggiore visibilità dei driver di costo: le aziende hanno bisogno di

comprendere quali siano i principali driver dei costi così da permettere ai manager di prendere decisioni migliori e più rapide su come controllarli. Questo può essere ottenuto raggruppando i costi in una matrice con due dimensioni: il tipo di spesa oggetto di analisi da un lato e l’owner di tale costo dall’altro.

2. Modello di governance “dual ownership”: la riduzione delle spese in un determinato pacchetto dovrebbe essere il frutto di un dialogo sano e costruttivo tra il responsabile del P&L (come ad esempio il dipartimento Finance) ed il leader del centro di costo funzionale interessato. Tale modello aiuta a diffondere le best practice tra le varie business unit e

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garantisce che i risparmi generati da un’area non vengano riallocati irrazionalmente in altre aree aziendali.

3. Rigorosi processi per la pianificazione ed il controllo: lo Zero Base Budget deve essere solo una parte del processo di pianificazione aziendale e deve necessariamente essere integrato con obiettivi definiti secondo la logica top-down, con un insieme strutturato di negoziazioni inter-organizzative e con un continuo confronto tra i costi delle diverse business unit. Inoltre, verifiche mensili sui piani assicurano che i risparmi non svaniscano nel tempo e che eventuali varianze negative vengano tempestivamente individuate e corrette da entrambi gli owner del costo in questione.

4. Incentivi allineati: la previsione di un sistema di incentivi allineati al raggiungimento degli obiettivi di gestione dei costi stimola i dipendenti ad impegnarsi in questa attività; è importante, però, che ciascun soggetto venga valutato solamente prendendo in considerazione variabili da lui controllabili al fine di evitare penalizzazioni derivanti da allocazioni di costo provenienti da centri di spesa di livello corporate.

5. Mentalità: il cambiamento più critico risiede nella mentalità dei manager;

essi dovrebbero chiedersi continuamente se esistono percorsi migliori rispetto a quello attuale per svolgere un’attività, convincendosi che nessuna spesa è troppo piccola per essere esaminata.

Le imprese stanno iniziando a considerare lo Zero Base Budget come lo strumento ideale per rimodellare la gestione aziendale contribuendo all’efficienza dei costi nel medio lungo periodo; non sorprende quindi che, a circa 50 anni dalla sua comparsa, lo strumento stia “vivendo una seconda vita” e questa volta sembra essere destinato a divenire una prassi diffusa nella gestione aziendale.13

A conferma di quanto detto, è possibile analizzare il caso Unilever: l’azienda, a partire dal 2016, ha lanciato un programma di zero-based budgeting per la gestione dei costi di marketing che richiede ai manager di giustificare ogni spesa

13

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per tutte le nuove attività di marketing; il budget a disposizione non sarà più basato sulla spesa dell’anno precedente, ma prevede l’analisi costi-benefici per ogni singola operazione così da stimolare impegno e dinamismo nell’attività svolta14.

1.3. Il reporting

Il sistema di reporting può essere definito come l’insieme delle informazioni rappresentate su supporti cartacei o informatici, prodotte con periodicità e contenuto variabile, destinate al soddisfacimento di esigenze conoscitive sia esterne che interne. Come rappresentato nel “Ciclo di Anthony” (Figura 7), il reporting rappresenta il cuore pulsante del più generale sistema di pianificazione e controllo aziendale in quanto fornisce informazioni utili per un suo continuo aggiornamento.

Figura 7 – Il sistema di reporting all’interno del processo di pianificazione e controllo

Fonte: ANTHONY R.N.&YOUNG D.W., Controllo di gestione per il settore non profit, Milano, McGraw-Hill, 1992

Secondo la rappresentazione fornita dall’autore, il processo in analisi assume una forma circolare: partendo dalla pianificazione strategica o di medio-lungo

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periodo, essa viene tradotta attraverso la programmazione in obiettivi a più corto raggio raggiungibili attraverso piani d’azione definiti all’interno del budget. Una volta poste in essere le azioni previste, i risultati ottenuti vengono rilevati e confrontati con gli obiettivi prefissati. È proprio in questo momento che entra in gioco il sistema di reporting: esso svolge un ruolo chiave all’interno del processo in quanto è in grado di attivare un meccanismo feed-back che porta all’individuazione di azioni correttive o, quando necessario, alla revisione degli obiettivi e delle strategie deliberate a monte.

In ambito di pianificazione e controllo, la definizione inizialmente riportata può essere ulteriormente circoscritta all’attività di raccolta, selezione, elaborazione e formalizzazione delle sole informazioni destinate alla comunicazione interna, le quali devono:

- riguardare variabili chiave di controllo, ovvero indicatori di performance legati a specifiche responsabilità organizzative;

- essere esposte su base comparativa, riportando cioè il confronto tra dati a consuntivo e dati di budget o fra dati a consuntivo relativi a periodi di tempo equivalenti (mese, trimestre, anno);

- riportare i dati per eccezione, ovvero solo quei valori eccedenti soglie di significatività predeterminate.

Per essere efficace un sistema di reporting deve presentare alcune caratteristiche che gli permettano di fornire informazioni utili al processo decisionale, tra le quali vale la pena citare:

- l’articolazione del rapporto, cioè la scomposizione in documenti elementari tra loro collegati e la classificazione dei dati al loro interno; - la rilevanza e la selettività, intese come la capacità di selezionare tra le

tante informazioni disponibili solamente quelle realmente rilevanti per i diversi destinatari;

- la tempestività del rapporto, con particolare riferimento al tempo intercorrente tra il verificarsi dell’evento ed il momento in cui il report sarà disponibile per la fruizione;

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