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L'aumento dei tessuti molli peri-implantari: studio clinico a un anno.

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica,
Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria

Presidente: Chiarissimo Professor Mario Gabriele

L’AUMENTO DEI TESSUTI MOLLI PERI-IMPLANTARI:

STUDIO CLINICO A UN ANNO.


RELATORE

CANDIDATO

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Indice

Introduzione ... 5

Capitolo 1 – Anatomia dei tessuti peri-implantari ... 7

1.1 Definizione di mucosa perimplantare sana ... 9

1.1a Differenze e analogie tra attacco parodontale e tessuti molli peri-implantari ... 9

1.2 Ampiezza biologica ... 12

1.3 Papilla interdentale ... 14

1.3a Dimensioni della papilla tra denti e impianti ... 14

1.3b Dimensioni della papilla tra due o più impianti ... 15

1.4 Configurazioni implantari rispetto alla cresta ossea ... 16

1.4a Impianto subcrestale ... 16

1.4b Impianto a livello iuxtaosseo ... 16

1.4c Impianto transmucoso ... 17

Capitolo 2 - Geometria implantare e protesica ... 18

2.1 Morfologie implantari ... 18

Capitolo 3 – Gestione dei tessuti molli ... 22

3.1 Innesto di tessuto connettivo ... 23

3.2 Il provvisorio ... 25

3.3 Parametri di valutazione estetica ... 26

3.3a Pink Esthetic Score (PES) ... 26

3.3b Pink Esthetic Score semplificato ... 28

3.3c Papilla Index Score (PI) ... 28

3.3d Indice Gengivale (GI) ... 28

3.3e Tessuto cheratinizzato (KT) ... 29

3.3f Mid-buccal Mucosa Level (MBML) ... 29

3.4 Rigenerazione Ossea Guidata ... 29

Capitolo 4 – Materiali e Metodi ... 31

4.1 Scopo della tesi ... 31

4.2 Disegno sperimentale ... 32

4.3 Esami strumentali ... 34

4.3a Tomografia Computerizzata a Fascio Conico ... 34

4.3b Impronta ottica ... 35

4.3c La Macrofotografia ... 36

4.4 Intervento chirurgico ... 36

4.4a Tecnica chirurgica di inserimento implantare ... 37

4.4b Kit chirurgico ... 39

4.4d L’innesto di tessuto connettivo... 40

4.4e Step post-chirurgici ... 42

4.5 Raccolta e elaborazione dei dati ... 43

Capitolo 5 – Risultati ... 45

5.1 Tabelle dei risultati ... 45

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Capitolo 7 – Conclusioni ... 52

Bibliografia ... 53

INDICE DELLE FIGURE ... 60

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Introduzione

Oggigiorno l’estetica ha assunto un peso considerevole all’interno della pratica

odontoiatrica, per questo, sempre più spesso, viene richiesto un intervento che ripristini tanto la funzione masticatoria quanto l’estetica del sorriso, in special modo quando la riabilitazione coinvolge il settore frontale.

In quest’ottica il gold standard della riabilitazione implanto-protesica nei casi di edentulia intercalare è rappresentato dall’impianto singolo che sostituisce l’elemento dentale perduto senza dover protesizzare gli elementi adiacenti (D. e. Tarnow 1995).

Il presupposto necessario per poter parlare di successo implantare è rappresentato dall’

osteointegrazione che si definisce come interconnessione strutturale e funzionale tra osso

vitale e superficie di un impianto sottoposto a carico (Brånemark 1983, T. Albrektsson 1983). La connessione funzionale che avviene tra osso e impianto è fondamentale perché vi sia una guarigione ottimale anche dei tessuti molli circostanti.

Le tecniche chirurgiche proposte in letteratura per ottenere il miglior risultato estetico possibile a livello dei tessuti molli sono molteplici, dall’estrusione ortodontica lenta, al lembo di riposizionamento vestibolare, fino al posizionamento di innesto connettivale, che rappresenta ad oggi la tecnica più utilizzata nella pratica clinica (Thoma 2014).

L’utilizzo di appropriate manovre chirurgiche e di adeguate scelte protesiche, insieme ad un precoce utilizzo del provvisorio, riescono a guidare i tessuti molli ad un miglior trofismo e ad un’adeguata architettura della mucosa peri-implantare, la più armonica possibile rispetto all’anatomia fisiologica del paziente.

Il crescente interesse per la massimizzazione dell’estetica gengivale nell’intervento implantare ha portato alla pubblicazione di molte ricerche in questo ambito, in particolar modo negli ultimi anni. La maggiore difficoltà riscontrata in questo campo di studi rimane la

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necessità di rendere oggettiva la valutazione estetica, tema su cui gli Autori non sono ancora riusciti a trovare una risposta uniformemente concorde.

Il presente lavoro di tesi si è posto come obiettivo la valutazione quantitativa comparata dei tessuti peri-implantari attorno a impianti gestiti con due diverse procedure di plastica dei tessuti molli nel settore estetico. Il primo gruppo è stato trattato con innesto di origine autologa ed il secondo gruppo con innesto di origine animale.

Per massimizzare l’oggettività della valutazione estetica, in linea con la letteratura

esistente, sono stati utilizzati gli indici di Pink Esthetic Score semplificato secondo Belser, Mid-Buccal Mucosa Level, indice di sanguinamento al sondaggio, indice gengivale,

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Capitolo 1 – Anatomia dei tessuti peri-implantari

In seguito all’inserimento chirurgico della fixture implantare si iniziano a definire quelli che sono i rapporti tra il tessuto molle che circonda la ferita chirurgica e la superficie

dell’impianto stesso. Si parla, in questo caso, di mucosa perimplantare e la sua stabilizzazione avviene durante i processi di guarigione della ferita chirurgica.

Da un punto di vista istomorfometrico parodontale si individuano due diversi biotipi definiti spesso e sottile. Nel primo caso i tessuti sono costituiti da spessori tissutali maggiori e garantiscono la stabilizzazione dei margini gengivali intorno agli elementi dentali e agli impianti. Il secondo tipo viceversa, caratterizzato da spessori esili, si presta maggiormente a deiscenze e perdita di attacco con formazione di recessioni che possono incidere molto negativamente sul risultato estetico.

I siti caratterizzati dalla presenza di tessuti molto sottili subiscono un rimodellamento maggiore rispetto a quelli con tessuti spessi (Kao 2008). Idealmente uno spessore di 2 mm della parete vestibolare sembra rappresentare il minimo necessario per poter ottenere un risultato estetico predicibile, anche nei confronti di una guarigione più armonica

possibile dei tessuti molli peri-implantari (U. e. Belser 2007).

I tessuti molli perimplantari sono saldamente sigillanti e meccanicamente adesi alla

superficie implantare (T. e. Gould 1981, Albrektsson 1981) grazie all’attacco transmucoso, dato dai tessuti molli, che funge da sigillo impedendo ai cataboliti e batteri della cavità orale di raggiungere il tessuto osseo. È proprio questa struttura anatomica a preservare la fissazione rigida dell’impianto determinata dall’osteointegrazione.

La disposizione spaziale delle strutture della gengiva perimplantare ricorda quella della gengiva parodontale: nella gengiva libera si osservano un epitelio sulculare, formato da

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cellule epiteliali squamose, stratificate e cheratinizzanti, ed un epitelio giunzionale, l’uno in continuità con l’altro.

La profondità di sondaggio attorno ad una fixture implantare è leggermente superiore a quella di un solco naturale. In condizioni di salute, la punta della sonda parodontale identifica, durante il sondaggio, il termine apicale dell’attacco epiteliale.

La profondità di sondaggio peri-implantare risente delle caratteristiche dei tessuti molli peri-implantari anche in relazione alla posizione dell’impianto all’interno della compagine ossea (Schou 2002).

L’epitelio giunzionale è costituito da cellule basali aderenti alla superficie del titanio tramite una connessione di tipo emidesmosomiale simile a quella dei denti naturali (T. e. Gould 1981) e la proliferazione apicale delle cellule basali è limitata, specialmente in assenza di infiammazione. Nei tessuti sani il limite apicale dell’epitelio giunzionale può trovarsi indifferentemente coronalmente, in corrispondenza o apicalmente alla connessione tra abutment e impianto.

Negli studi di Chang si evidenzia come le dimensioni dei tessuti molli parodontali e perimplantari differiscano in spessore poiché la mucosa buccale, al di sotto della corona protesica a supporto implantare, risulta più ispessita rispetto a quella del dente naturale controlaterale (2 mm contro 1,1 mm) (Chang 1999).

Allo stesso modo anche il margine di tessuto molle in sede implantare si localizza circa 1 mm più apicalmente rispetto al margine gengivale del dente controlaterale, dove sembra influire anche l’inserimento dell’impianto in aree di osso maturo o di procedure post estrattive immediate (Sculean 2014).

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1.1 Definizione di mucosa perimplantare sana

La mucosa perimplantare si definisce sana quando non presenta segni di alterazioni patologiche quali mucosite o perimplantite e nella quale si mantengono invariate le condizioni di salute implantare definite da Schnitman e Shulman (Schnitman 1979), modificate negli anni successivi da Albrektsson, Zarb, Worthington ed Eriksson (Albrektsson 1981) che stabilirono criteri basati su dati scientifici.

La salute perimplantare ed il mantenimento dell’igiene orale domiciliare sono argomenti ampiamente riconosciuti in letteratura come condizioni fondamentali ai fini del successo a medio e lungo termine della riabilitazione protesica a supporto implantare.

L’aspetto che la mucosa perimplantare assume tipicamente in condizioni di salute è dato dalla formazione dell’attacco transmucoso all’impianto che assume la funzione di sigillo. La gengiva cheratinizzata si presenta di colorito roseo ed uniforme, consistenza dura e talvolta aspetto a buccia di arancia, caratteristico del 60% delle mucose sane.

1.1a Differenze e analogie tra attacco parodontale e tessuti molli peri-implantari

La mucosa peri-implantare e la gengiva che circonda i denti limitrofi hanno molte caratteristiche in comune (T. e. Berglundh 1991). Sia la mucosa peri-implantare che la gengiva sono rivestite da epitelio orale cheratinizzato che nei siti clinicamente sani è contiguo ad una sottile porzione non cheratinizzata detta epitelio giunzionale.

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Figura 1 Schema di Osteointegrazione.

Differenze tra attacco parodontale fisiologico e aspetto dei tessuti molli peri-implantari. Ref. https://www.ccdental.com.au/osseointegration

Attorno al rivestimento epiteliale il tessuto connettivo presenta frequenti infiltrazioni di cellule infiammatorie, seppur di piccola entità: principalmente si riscontra la presenza di neutrofili, macrofagi, cellule T e cellule B (Liljenberg 1997) che costituiscono un’importante componente del sigillo biologico che separa tanto i tessuti d’attacco peri-implantari quanto quelli parodontali dal cavo orale.

La gengiva peri-implantare risulta costituita, nella sua porzione più apicale, da 2 mm di tessuto connettivale della lamina propria mucosae. Mentre nel legamento parodontale naturale esistono fibre collagene disposte ordinatamente in fasci con direzioni funzionali specifiche (fibre dento-gengivali, alveolo-gengivali, dento-periostali) che prendono inserzione sul cemento radicolare, nella gengiva perimplantare non esiste una struttura

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paragonabile al cemento dentale; questa mancanza comporta l’impossibilità di costituire inserzioni dirette delle fibre collagene sulla superficie della fixture implantare.

Studi istologici hanno dimostrato l’esistenza di un’analogia tra l’organizzazione dei fasci di fibre collagene perimplantari e quelli delle fibre gengivali parodontali (James 1980,

Ruggeri 1992) pur esistendo una differenza fondamentale: nella gengiva perimplantare non esiste un attacco connettivale diretto. L’orientamento delle fibre collagene non è perpendicolare ma tangente alla superficie dell’impianto. Questa disposizione rende possibile l’aderenza tra gengiva e impianto e costituisce una struttura circolare simile a quella del legamento parodontale circolare nella quale si osservano, a volte, fibroblasti che aderiscono alla superficie implantare.

Mentre per l’epitelio gengivale si può parlare di un attacco epiteliale perimplantare garantito dalla presenza di strutture emidesmosomiali, per il tessuto connettivo non possiamo parlare di un attacco ma di stretta contiguità delle fibre con la superficie implantare, non essendovi alcun inserimento diretto delle stesse nel metallo. Tuttavia alcuni Autori hanno evidenziato che in talune condizioni, come quelle di carico immediato, intorno agli impianti si costituiscono un certo numero di fibre collagene trasversali non dissimili da quelle parodontali (Traini 2005).

La differenza principale tra tessuto mesenchimale (nel dente) e sito implantare è data dalla presenza di cemento sulla superficie della radice del dente, da cui si dipartono fasci di fibre collagene che si proiettano in direzione coronale, apicale e laterale. Al contrario, nel caso dell’impianto si vengono a creare fasci orientati in maniera del tutto differente, che si impegnano nel periostio a livello della cresta ossea e si proiettano in direzione parallela alla superficie dell’impianto (D. e. Buser 1992), inoltre il tessuto connettivo nell’area sovrastante la cresta ossea contiene un maggior numero di fibre collagene ma meno fibroblasti e strutture vascolari, rispetto all’analogo tessuto localizzato attorno al

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Da questo si può concludere che l’interfaccia tra la superficie in titanio ed il tessuto connettivo è stabilito e mantenuto dai fibroblasti (Moon 1999).

Per concludere si può affermare che la gengiva e la mucosa perimplantare hanno alcune caratteristiche comuni ma differiscono per composizione e struttura del tessuto connettivo, disposizione dei fasci di fibre collagene e distribuzione delle strutture vascolari in zona apicale all’epitelio di rivestimento.

1.2 Ampiezza biologica

Figura 2 Gengiva (a) e mucosa perimplantare (b) clinicamente sane. Ref. Clinical Periodontology and Implant Dentistry, 2008, 5th Edition, by Jan Lindhe.

Gli studi sulla struttura della mucosa che circonda gli impianti in titanio sono stati svolti su diversi modelli animali che hanno permesso un confronto tra mucosa perimplantare e gengiva attorno ai denti sani. Sia la gengiva sana che la mucosa perimplantare presentano colorito roseo e consistenza compatta a quattro mesi dalla connessione fixture-abutment (T. e. Berglundh 1991).

All’indagine radiografica i siti dentali presentano un livello di cresta ossea localizzato circa 1 mm apicalmente rispetto alla giunzione amelo-cementizia mentre nei siti implantari la cresta ossea appare contigua alla giunzione tra pilastro e impianto.

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Istologicamente si evidenziano diverse caratteristiche comuni: l’epitelio orale della gengiva è ben cheratinizzato ed in continuità con l’epitelio giunzionale sottile; il tessuto connettivo sopralveolare è alto circa 1 mm e l’ampiezza del legamento parodontale è di circa 0,2 - 0,3 mm. Allo stesso modo la superficie esterna della mucosa perimplantare è rivestita da un epitelio orale cheratinizzato con bordo marginale unito ad una sottile barriera di epitelio posto a rivestimento della fixture implantare.

Negli studi animali condotti da Berglundh l’epitelio di rivestimento aveva uno spessore di pochi strati cellulari e terminava a circa 2 mm dal margine di tessuto molle, in direzione apicale, e a 1 - 1,5 mm dalla cresta ossea.

Il tessuto connettivo era in connessione con la superficie in titanio al di sopra dell’osso, con le fibre collagene che sembravano originare dal periostio della cresta ossea ed estendersi verso il margine del tessuto molle con direzione parallela alla superficie della parte di appoggio.

A partire da questi studi, e sulla base di successive ricerche, è stato verificato che

localizzazione e dimensioni dell’attacco transmucoso, così come la guarigione dell’osso, si fissano durante la guarigione della ferita successiva all’intervento implantare e richiedono diverse settimane di rimodellamento del tessuto: dopo 1 - 2 settimane di guarigione

avvengono i primi segni di proliferazione dell’epitelio che matura in 6 - 8 settimane, mentre le fibre collagene si riorganizzano dopo 4 - 6 settimane (Berglundh 2007).

Le considerazioni conclusive indicano che gli epiteli di rivestimento e giunzionale sono lunghi circa 2 mm e le zone di tessuto connettivo sopralveolare sono alte 1 - 1,5 mm. Questi si connettono alla superficie del dente o dell’impianto attraverso un sistema

emidesmosomiale in cui le fibre di attacco principali s’impegnano nel cemento radicolare, nel caso in cui si stia osservando un dente, mentre decorrono in direzione parallela all’asse lungo dell’impianto senza riuscire a fissarsi in modo diretto al corpo in titanio.

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1.3 Papilla interdentale

Affrontando il tema dei tessuti molli non è possibile prescindere da una trattazione sulle dimensioni delle papille interdentali in quanto responsabili, in buona parte, di un’efficacie resa estetica e soddisfazione personale del paziente.

1.3a Dimensioni della papilla tra denti e impianti

Dopo l’estrazione di un elemento dentario singolo con successiva istallazione dell’impianto, l’altezza della papilla dipende dal livello di attacco del dente.

Generalmente l’altezza della papilla è di circa 4 mm ed il suo riempimento può essere completo o incompleto a seconda della localizzazione del punto di contatto tra le corone; quanto più il punto di contatto si colloca apicalmente, tanto più completa risulta la papilla interdentale (Choquet 2001). Tuttavia, l’altezza della papilla, in corrispondenza della corona con supporto implantare, occupa in misura minore lo spazio interprossimale rispetto alle papille dei denti naturali, in special modo la papilla distale delle riabilitazioni con supporto implantare nella posizione dell’incisivo centrale rispetto alla papilla distale del dente controlaterale e alla papilla in corrispondenza della superficie mesiale della corona protesica. Da questo si può dedurre che diametro della radice, curvatura/contorno prossimale della giunzione amelo-cementizia e livello di attacco del tessuto connettivo possono influenzare profondamente le dimensioni della papilla laterale ad un impianto; favorire il mantenimento dell’altezza della papilla mesiale nella ricostruzione di un dente singolo a supporto implantare diventa possibile quando il diametro della radice facciale-linguale e la curvatura prossimale è più alta nell’incisivo centrale rispetto all’incisivo laterale ad esso adiacente.

Lo spessore della mucosa sulle superfici mesiale e distale dei siti implantari è mediamente di 6 mm contro i 4 mm dei siti dentali adiacenti, inoltre lo spessore della mucosa

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perimplantare nei soggetti con biotipo parodontale spesso sono significativamente maggiori rispetto a quelle nei soggetti con biotipo parodontale sottile (J. e. Kan 2003). Il riempimento della papilla interdentale nelle ricostruzioni di un singolo elemento a supporto implantare non è correlato al fatto che gli impianti siano inseriti secondo un protocollo one stage o two stage né al fatto che la ricostruzione protesica della corona sia realizzata subito dopo l’intervento o ritardata fino alla guarigione dei tessuti ma è regolato da limiti biologici di crescita e dal corretto posizionamento dell’area di contatto tra la corona protesica e quella del dente naturale adiacente (Ryser 2005).

1.3b Dimensioni della papilla tra due o più impianti

Durante l’estrazione di due elementi adiacenti la papilla interdentale tra essi compresa viene perduta, di conseguenza i fattori che guidano e determinano la posizione del

margine di tessuto molle nell’area inter-implantare sono la topografia della cresta ossea e lo spessore della parte di tessuto molle che la sovrasta.

L’altezza media delle papille inter-implantari, secondi gli studi condotti da Tarnow, risulta essere di 3,4 mm con un range di 2 - 4 mm nel 90% dei siti misurati (Tarnow 2003). Lo spazio tra gli impianti viene completamente riempito solo quando la distanza tra la cresta ossea e la base del punto di contatto tra due corone protesiche è inferiore a 4 mm che è il limite biologico di crescita del tessuto molle inter-implantare.

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1.4 Configurazioni implantari rispetto alla cresta ossea

Le possibilità di inserimento della fixture rispetto al livello della cresta ossea residua configurano tre scelte di posizione: impianto totalmente al di sotto della cresta ossea, impianto a livello della cresta ossea e impianto transmucoso.

Analizzeremo di seguito le tre tipologie di inserimento implantare, tenendo presente che, ad oggi, non esistono evidenze sperimentali definitive che attestino la superiorità di un sistema rispetto all’altro per quanto riguarda la gestione e stabilizzazione dei tessuti molli.

1.4a Impianto subcrestale

Un impianto si definisce subcrestale quando le sue spire sono completamente inserite al di sotto del livello della cresta ossea.

Alcuni autori suggeriscono che il posizionamento subcrestale della fixture implantare, indipendentemente dal disegno implantare, contribuisca a stabilizzare il livello della cresta ossea e dei tessuti peri-implantari pur prendendo in considerazione l’ipotesi che altri parametri possano influire, come un approccio mini-invasivo nel sollevamento del lembo muco-periostale o come il trattamento di superficie implantare (Calvo-Guirado 2013).

1.4b Impianto a livello iuxtaosseo

Si definisce impianto a livello iuxtaosseo quell’impianto che presenta un’emergenza del collo posta allo stesso livello della cresta ossea.

Gli impianti che vengono posizionati precisamente a livello del margine della cresta ossea residua vengono anche detti impianti bone level e sono considerati dagli Autori lo standard per gli impianti singoli in zona estetica (Buser 2016). Per massimizzare la stabilizzazione dei tessuti ossei e molli perimplantari si è dimostrata vincente la scelta della connessione protesica platform switching, ossia quella tecnica di riabilitazione protesica che prevede

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l’utilizzo di abutment di diametro inferiore alla piattaforma implantare al fine di migliorare la distribuzione biomeccanica del carico protesico e per distanziare la connessione protesica dall’osso cervicale allontanando il punto critico di infiltrato batterico (Aslam 2018). Grazie a questo concetto l’utilizzo di impianti posizionati a livello della cresta ossea mostra un efficace mantenimento dell’osso nelle aree della spalla degli impianti singoli, se comparati agli impianti a posizionamento transmucoso (tissue level) (Chappuis 2016).

1.4c Impianto transmucoso

Un impianto è definito transmucoso quando la porzione del collo viene posizionata al di sopra della cresta ossea e l’emergenza della fixture si posiziona leggermente sotto, allo stesso livello o sopra rispetto ai tessuti molli. L’inserimento della fixture implantare a livello transmucoso prevede l’utilizzo di una tipologia implantare con un collo molto più alto rispetto agli impianti posizionati bone level all’interno del compartimento del tessuto perimplantare, come nel caso delle fixture utilizzate in questo studio di tesi (Fig 3).

Figura 3 Schema d'inserimento impianto Prama a livello transmucoso. Ref. https://prama.sweden-martina.com/it_it/detail_01

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Capitolo 2 - Geometria implantare e protesica

Il materiale usato per il pilastro implantare è d’importanza cruciale per la localizzazione della porzione di tessuto connettivo dell’attacco transmucoso (Abrahamsson 1989).

Pilastri in ceramica sinterizzata su base di alluminio (Al2O3) e biossido di zirconio (ZnO2)

consentono la formazione di un attacco mucoso paragonabile a quello che si viene a

creare sulle fixture in titanio (TiO2), mentre leghe in oro o pilastri in porcellana generano

condizioni meno favorevoli per la guarigione causando un certo riassorbimento dell’osso perimplantare marginale (Welander 2008).

2.1 Morfologie implantari

Il presupposto imprescindibile perché si generi un sigillo mucoso perimplantare, e per far si che esso si mantenga nel tempo, è che vi sia contatto tra i tessuti molli e la superficie della fixture implantare che deve essere composta da metallo bio-inerte. Il gold standard dei materiali bio-inerti, e di conseguenza il più utilizzato nella pratica clinica, è il titanio ed in special modo i suoi ossidi poiché non interagiscono in maniera significativa, tramite reazioni allergiche e/o scambi molecolari, con i tessuti biologici, consentendo l’adesione delle cellule epiteliali e connettivali tramite emidesmosomi (T. Gould 1984).

Il trattamento delle superfici degli impianti, che si pone come obiettivo quello di incrementare quanto più possibile il contatto tra fixture e osso e favorire quindi

l’osteointegrazione nel sito e la bio-attività implantare, è costituito oggi da un vasto panorama di possibilità. Un impianto può essere sottoposto a trattamenti fisici, e quindi essere lavorato meccanicamente o sabbiato, oppure sottoposto alla moderna tecnica di sandblasted and acid-etched (SLA) che unisce le due tipologie di trattamento di sabbiatura e lavorazione meccanica. Un impianto può essere sottoposto a trattamenti chimici, ad

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esempio con acido lattico e attacco alcalino, oppure può essere trattato

elettrochimicamente, tramite anodizzazione elettrochimica o anodizzazione delle superfici

nano-porose. Esistono poi trattamenti di superficie tramite deposizione superficiale o

rivestimento con titanium-plasma-spray o con fosfati di calcio. Alcuni autori hanno

recentemente proposto superfici implantari definite macchinate, ovvero prive di rugosità superficiali (Simion 2018).

Le diverse tipologie di forma implantare trovano giustificazione anche nella ricerca di raggiungere l’ottimale stabilità della fixture in funzione delle diverse situazioni di densità ossea e atrofie del sito candidato alla chirurgia. Nelle condizioni di osso molto denso e compatto, come spesso può capitare in siti maturi nella regione mandibolare, dove la componente midollare dell’osso è scarsa mentre la componente corticale è ben

rappresentata, è indicato l’utilizzo di una geometria implantare di tipo cilindrico. Nei siti dove la componente midollare risulta ipodensa, situazione tipica del compartimento mascellare, è invece indicata una morfologia implantare a geometria cilindro-conica o conica. Un altro disegno implantare è quello degli impianti a lama, attualmente oggetto di numerosi studi e recentemente riclassificati alla luce delle attuali acquisizioni (Food and Drug Administration 2014) (Proussaefs 2002) (Menchini-Fabris 2019). Gli impianti a lama basano il principio del loro utilizzo sul fatto di poter essere inseriti in siti anatomici

caratterizzati da grave atrofia orizzontale e talvolta richiedono l’impiego di chirurgia piezoelettrica ed inserimento a percussione, ad esempio con il Magnetic Mallet.

Un’altra caratteristica peculiare di un impianto è il disegno del collo che può essere concavo, a cono divergente, oppure a conicità inversa, come nel caso degli impianti impiegati in questo studio di tesi e di cui si parlerà ampiamente nel prossimo paragrafo.

La geometria implantare si differenzia anche per la morfologia delle spire che, a seconda dell’industria costruttrice, hanno assunto varie caratteristiche di passo della spira

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possono essere ravvicinate al corpo implantare e avere passo corto oppure estendersi ben oltre il suo profilo. Le due tipologie favoriscono l’inserimento in osso molto denso, le prime, e in osso scarsamente denso, le seconde, che hanno spire allargate per ottimizzare il torque.

Il corpo della fixture implantare presenta generalmente una superficie in ZirTi, sabbiata con ossido di zirconio e mordenzata con acidi minerali, per aumentare il contatto tra impianto e osso, promuovendo l’osteointegrazione; la superficie macchinata del collo è studiata per rendere al meglio l’estetica e la ricrescita dei tessuti molli peri-implantari. Il collo transmucoso è caratterizzato da un tratto cilindrico alto circa un centimetro e da una porzione a tronco di cono iperbolico alta 2,00 mm che consente una continuità di profilo tra il collo dell’impianto e il pilastro.

L’assenza di discontinuità permette ai tessuti molli di aderire al titanio senza incontrare ostacoli e di ottenere il profilo di adattamento stabilito dal protesista con maggiore predicibilità.

Figura 4 Riproduzione grafica e fotografia al SEM della superficie implantare.

Ref. https://www.sweden-martina.com/articms/admin/reserved_area_file/174/D-IMP-PRAMA%20rev.03-16%20LR.pdf

Collo implantare macchinato

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La morfologia convergente del collo permette di recuperare la porzione di tessuto molle che con un impianto transmucoso tradizionale verrebbe occupata dal titanio del collo implantare e la convergenza fa sì che i volumi intorno alla porzione coronale dell’impianto vengano invece riempiti dal coagulo e da fattori di crescita per favorire la rigenerazione dei tessuti molli. La morfologia convergente del collo nell’impianto si pone come obiettivo quello di favorire una ricrescita in senso coronale dei tessuti molli, che stabilizzano e supportano la guarigione e la conseguente ricrescita dei tessuti duri, concetto ad oggi supportato in letteratura da alcuni studi preliminari (Canullo 2017).

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Capitolo 3 – Gestione dei tessuti molli

L’approccio alla chirurgia implantare e le scelte del clinico sono condizionati dalle variabili che riguardano il paziente, il device implantare e le tecniche rigenerative quando

necessarie. In questa tesi vengono approfondite nello specifico le condizioni dei tessuti molli peri-implantari.

Il corretto posizionamento della fixture implantare, così come la sua corretta inclinazione, sono elementi fondamentali per un’ottimale resa estetica (De Lange 1995).

Le scelte terapeutiche devono rispettare l’anatomia e la biologia dell’elemento ricostruito garantendo la funzione masticatoria complessiva e massimizzando il risultato estetico attraverso la migliore gestione possibile dei tessuti molli peri-implantari. Questo assicurerà una prognosi favorevole ed il mantenimento del successo implantare nel tempo (T.

Albrektsson 1986).

Il condizionamento dei tessuti molli è un tema molto importante in implantologia, in special modo quando sono coinvolti elementi del settore estetico.

Esistono diverse metodiche di gestione dei tessuti, sia duri che molli, finalizzate ad

ottimizzare il risultato estetico delle manovre chirurgiche, come evidenziato nella revisione della letteratura operata nel 2018 da Yadav e Coll. (Yadav 2018).

Uno degli esempi più efficaci nel mantenere l’integrità dei tessuti è rappresentato dalla tecnica chirurgica cosiddetta flapless, ossia quella tecnica di posizionamento della fixture implantare praticata senza eseguire lembi di accesso, per non interferire sulle strutture vascolari che garantiscono la vitalità dell’osso. Si tratta di una procedura che oltre a ridurre in maniera significativa le tempistiche operatorie, diminuisce il dolore post-operatorio e il gonfiore, rendendo l’intervento più confortevole anche per il paziente.

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Esistono alternative meno immediate, in termini di velocità di trattamento, per conservare i tessuti parodontali nel miglior modo possibile. Una tra queste è l’estrusione ortodontica

lenta dell’elemento dentale così da migliorare la qualità del sito prima del posizionamento

dell’impianto in area estetica, tecnica che si è rivelata efficace in caso di atrofia dei volumi ossei per cui una procedura immediata era esclusa dalle possibilità terapeutiche

(Maiorana 2012). Tra gli effetti di questa procedura è annoverata anche la possibilità di migliorare l’outcome dei tessuti molli a fini estetici (Brindis MA 2009).

La tecnica del lembo palatino a riposizionamento vestibolare, impiegata nei casi in cui si ritenga necessario dover ricreare una banda di tessuto cheratinizzato peri-implantare ed aumentare lo spessore dei tessuti molli in senso vestibolare, prevede due fasi. Si tratta di una tecnica definita “roll technique”, perfezionata nel corso degli anni da diversi Autori, che prevede lo scollamento di un lembo peduncolato dal palato, nella prima fase, mentre nella seconda fase il lembo viene disepitelizzato e ripiegato al di sotto della mucosa vestibolare. In questo modo si viene ad avere un unico sito chirurgico per l’inserimento della fixture implantare e per l’ispessimento dei volumi mucosi. (Abrams 1971) (Veisman 1998).

3.1 Innesto di tessuto connettivo

La presenza di una banda di tessuto cheratinizzato troppo sottile in passato era

considerata insufficiente per proteggere il parodonto dagli insulti delle forze frizionali che si sviluppano durante la masticazione e per dissipare la trazione dei muscoli esercitata sul margine gengivale. Una gengiva troppo sottile, inoltre, si presupponeva favorire

l’accumulo di placca sotto-gengivale a causa dell’insufficiente sigillo del solco implantare. Per questo motivo è opportuno che il clinico tenga presente durante la progettazione dell’intervento implantare lo spessore che dovrà assumere la gengiva cheratinizzata su

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di correzione degli spessori dei tessuti peri-implantari, ossia la tecnica dell’innesto di

connettivo sub-epiteliale libero.

Questa tecnica consiste nel prelievo di tessuto connettivo da un’area donatrice, che generalmente è il palato nella regione compresa tra il primo molare e il canino, ed il suo posizionamento sul versante interno del lembo vestibolare che ricopre l’impianto. Questa manovra chirurgica può essere eseguita o contestualmente all’inserimento della fixture implantare oppure durante la seconda fase chirurgica (nelle procedure two stage) (Langer 1982). L’efficacia dell’innesto libero per l’aumento dello spessore gengivale è stata dimostrata dagli Autori (Dorfman 1980) che hanno riscontrato un aumento significativo dell’ampiezza del tessuto cheratinizzato di circa 4 mm di spessore, che si manteneva durante i follow up per un periodo di tempo di due anni.

Studi più recenti, tuttavia, hanno concluso che non esistono indicazioni che un aumento di tessuto connettivo comporti un effetto diretto sulla salute parodontale (Freedman 1999). L’innesto di connettivo sub-epiteliale libero rimane tuttavia un ausilio necessario ed indispensabile per migliorare l’estetica del sorriso ed è per questo che ad oggi risulta essere l’intervento più eseguito nella pratica clinica (Edel 1974).

Il timing di intervento per il posizionamento di un innesto di tessuto connettivo non influenza la stabilità della mucosa cheratinizzata peri-implantare (P. e. Poli 2019) che rimane tale sia che l’innesto venga posizionato contestualmente all’inserimento implantare che a distanza di tre mesi.

Oltre all’innesto autologo di connettivo con prelievo dal palato, possono essere eseguiti omotrapianti di matrice dermica acellulare liofilizzata (ADM) come quelli utilizzati nel presente studio di tesi per il gruppo di studio collagen matrix (CM). L’utilizzo di nuove matrici di derivazione suina è ampiamente analizzato in letteratura (Papi 2018) (Puišys 2017). Si tratta di un sostituto di tessuto connettivo stabile, tridimensionale, a base di

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collagene di tipo I e II, derivato da derma porcino, spesso 1,2 – 1,7 mm, che favorisce la rivascolarizzazione rapida e l’integrazione del tessuto molle anche per colore e

consistenza. Le tempistiche di guarigione sono dai 6 ai 9 mesi e devono essere posizionati al di sotto di un lembo mucoso, non possono essere lasciati esposti all’ambiente orale. I sostituti porcini possono essere impiegati per il trattamento di

ricopertura delle recessioni, nell’ampliamento della gengiva aderente e più in generale per incrementare o ispessire i tessuti molli.

Studi recenti propongono una tecnica mista che combina innesto di connettivo con tessuto epiteliale e sub epiteliale ed innesto di osso corticale autogeno, nei casi in cui manchi la corticale ossea vestibolare. Questa tecnica, definita tecnica di innesto a quattro strati, sembra avere ottime possibilità di successo nei casi di posizionamento implantare post estrattivo in quanto riduce l’intervento ad un unico step chirurgico e minimizza recessione dei tessuti molli e riassorbimento osseo (Zufìa 2019).

Ulteriori studi saranno necessari per stabilire l’affidabilità di questa tecnica innovativa.

3.2 Il provvisorio

La protesi provvisoria ricopre un ruolo fondamentale durante le varie fasi della

riabilitazione protesica, in special modo quando sono coinvolti più elementi dentari, ma questo concetto è valido anche nei casi di monoedentulia.

La componentistica protesica deve essere costruita in modo da non comprimere assolutamente i tessuti molli e guidarli invece verso una guarigione armonica.

Il condizionamento dei tessuti molli peri-implantari viene gestito dal clinico attraverso una fase intermedia di manufatto protesico provvisorio, la cui forma e morfologia della porzione apicale guidano i tessuti molli per un risultato più estetico per il paziente.

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Questa fase di protesi provvisoria può durare un tempo variabile, necessario per ottenere una risposta clinica della parabola gengivale.

A seconda delle necessità cliniche e dell’aspetto gengivale che il protesista vuole

conferire, il provvisorio può anche necessitare di modifiche successive e il paziente può utilizzare il provvisorio per periodi più lunghi, fino ad un risultato estetico ottimale. Soltanto dopo aver guidato i tessuti molli, mediante la tecnica della BOPT verrà svolto il manufatto protesico definitivo.

3.3 Parametri di valutazione estetica

3.3a Pink Esthetic Score (PES)

L’aspetto estetico delle riabilitazioni monocomponente a supporto implantare ha assunto un ruolo centrale nelle zone ad elevato impatto estetico (settore frontale) e lo scopo ultimo dell’operatore deve essere quello di raggiungere un perfetto biomimetismo imitando le fattezze del dente naturale.

Il tessuto molle peri-implantare che influenza la lunghezza della corona clinica, il colore della gengiva ed il suo aspetto morfologico superficiale (texture) condizionano in modo decisivo l’apparenza “naturale” dell’elemento coinvolto. Tuttavia, solo nel 2004 Belser e colleghi proposero di introdurre un sistema di misurazioni per la valutazione del risultato estetico in campo implantologico (Belser 2004) che nel 2005 fu meglio definito da

Fürhauser e Coll. come il nuovo Pink Esthetic Score (PES) (Fürhauser 2005).

Lo studio di Fürhauser e Coll. comprendeva 30 casi di impianti singoli posizionati nella mascella, valutati singolarmente da 20 operatori differenti che si avvalevano del PES e ne conseguì che questo metodo di valutazione dei tessuti molli è a tutti gli effetti uno

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Figura 5

Variabili del Pink Esthetic Score. Ref. (Fürhauser 2005)

Il Pink Esthetic Score si valuta prendendo in considerazione sette diverse variabili, per le quali prevede l’assegnazione di un valore compreso tra 0 e 2 dove a 0 si attribuisce il valore peggiore e a 2 quello migliore. I valori presi in esame sono: papilla mesiale, papilla distale, contorno dei tessuti molli sul versante vestibolare, livello del margine vestibolare, processo alveolare, colore dei tessuti molli ed aspetto degli stessi.

Tabella 1 Pink Esthetic Score secondo Fürhauser e Coll. Ref. (Bavetta 2014) Modificato

Parametri del Pink Esthetic Score descritto da Fürhauser e Coll. nel 2005

Variabili 0 1 2

Papilla mesiale Assente Incompleta Completa

Papilla distale Assente Incompleta Completa

Contorno dei tessuti

molli vestibolari Non naturale Abbastanza naturale Naturale

Livello del margine vestibolare Discrepanza > 2 mm rispetto al dente di riferimento Discrepanza compresa tra 1-2 mm Nessuna discrepanza < 1 mm

Processo alveolare Evidente deficit del processo

alveolare Leggero deficit Nessuno

Colore dei tessuti molli Evidente differenza rispetto al

dente di riferimento Leggera differenza

Nessuna differenza

Aspetto dei tessuti molli Evidente differenza rispetto al

dente di riferimento Leggera differenza

Nessuna differenza

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3.3b Pink Esthetic Score semplificato

In questo studio di tesi è stato utilizzato un Pink Esthetic Score semplificato, a 5 elementi, valutazione introdotta da Belser nel 2009. Esso attribuisce un valore compreso tra 0 e 2 Papille mesiali e distali, curvatura della mucosa vestibolare, livello della mucosa

vestibolare, aspetto, colore e convessità dei tessuti molli a livello dell’impianto.

3.3c Papilla Index Score (PI)

L’indice di misurazione della papilla gengivale è stato introdotto ed inserito in uno studio preliminare, nel 1997, da Jemt. Esso prevede l’analisi delle dimensioni delle papille interprossimali adiacenti agli elementi dentali sostituiti da un impianto. I risultati dei primi studi indicarono che esiste una rigenerazione spontanea della papilla dopo un periodo medio della durata di 18 mesi e che l’indice PI consente di eseguire rilevazioni scientifiche del contorno dei tessuti molli adiacenti a impianti singoli (Jemt 1997).

3.3d Indice Gengivale (GI)

L’indice gengivale (Löe 1967) è rappresentato da un numero che viene attribuito sulla base delle condizioni qualitative della gengiva. Comprende una valutazione complessiva della gengiva vestibolare, mesiale, palatale/linguale e distale di cui viene calcolata la media per stabilire il GI dell’elemento preso in analisi.

Una variazione nel tempo di questo indice rivela cambiamenti nella qualità del tessuto gengivale. Si attribuiscono i seguenti valori:

0 – assenza di segni di infiammazione.

1 – presenza di una leggera infiammazione, leggero cambiamento di colore e comparsa di un iniziale edema. Assenza di sanguinamento al sondaggio.

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2 – presenza di infiammazione moderata, gengive arrossate con edema e aspetto lucido. Sanguinamento al sondaggio.

3 – infiammazione severa con marcato arrossamento delle gengive, edema diffuso e talvolta ulcerazione delle gengive. Tendenza al sanguinamento spontaneo.

3.3e Tessuto cheratinizzato (KT)

Il KT è un parametro lineare che esamina il tessuto cheratinizzato ed è misurato come la distanza in millimetri tra il margine della gengiva libera e la giunzione muco-gengivale (Orban 1948).

3.3f Mid-buccal Mucosa Level (MBML)

Il mid-buccal mucosa level è un parametro lineare che misura la differenza in millimetri tra l’altezza del margine della mucosa gengivale peri-implantare, misurata al centro del versante vestibolare, rispetto a quella dell’elemento controlaterale (Zuiderveld 2014). In condizioni ideali deve essere uguale a 0 mm, più ci si allontana da questo valore e minore è la valenza estetica dell’elemento.

3.4 Rigenerazione Ossea Guidata

A seguito di un’estrazione dentaria avvengono cambiamenti dimensionali del processo alveolare inevitabili dal momento che la sua morfologia è condizionata dalla presenza degli elementi dentari stessi (A. e. Barone 2008). La preservazione della cresta alveolare è indicata per salvaguardare i tessuti duri e molli preesistenti, per conservare un volume osseo stabile e per semplificare la successiva riabilitazione, sia che si tratti di una protesi fissa a supporto implantare, che dentale (Vignoletti 2012).

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essere più marcato in direzione orizzontale che in verticale, con una concomitante perdita ossea della parete vestibolare molto meno stabile della palatale a causa della perdita del bundle bone o osso fascicolato (Covani 2011). Un’adeguata architettura ossea e una corretta morfologia dei tessuti molli sono indispensabili per ottenere una riabilitazione protesica che soddisfi criteri estetici oltre che funzionali (J. Kan 2011).

La definizione di preservazione di cresta include tutte le procedure volte a mantenere integro il volume osseo all’interno della teca presente al momento dell’estrazione (A. Barone 2011).

Il concetto di rigenerazione guidata dell’osso (GBR) nasce intorno agli anni ’90 quando fu introdotta una membrana bio-inerte sulla base di alcuni studi preclinici su animali (Dahlin 1988) con lo scopo di sviluppare una nuova tecnica chirurgica in grado di consentire una guarigione migliore dei difetti ossei peri-implantari in molteplici situazioni cliniche.

Intorno agli anni 2000 la membrana bio-inerte di politetrafluoroetilene espanso fu sostituita da una membrana di tipo riassorbibile fatta principalmente di collagene (N. e. Zitzmann

1997). La GBR è una delle tecniche attualmente più utilizzate per incrementare la

formazione di osso (Zitzmann 2001) ed i risultati del trattamento basati sull’evidenza indicano che la rigenerazione guidata per i difetti localizzati della cresta alveolare può rigenerare nuovo osso in una quantità compresa fra 1,5 e 5,5 mm (Melloing 1995).

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Capitolo 4 – Materiali e Metodi

Nel presente studio di tesi sono stati coinvolti dieci pazienti, riferiti all’Istituto Stomatologico Toscano (IST) tra Dicembre 2017 e Luglio 2018, per il posizionamento di un impianto nel settore estetico (compreso tra i primi premolari) che sono stati considerati idonei ai criteri di inclusione.

4.1 Scopo della tesi

Il presente lavoro di tesi si è posto come obiettivo l’analisi retrospettiva dei risultati estetici raggiunti a 12 mesi in due distinti gruppi di pazienti sottoposti ad intervento implantare singolo in zona estetica (compreso tra i primi premolari mascellari) ed inserimento di innesto di tessuto connettivo. I pazienti sono stati suddivisi, in egual numero, tra interventi con innesto di tessuto autologo (SCTG) ed interventi con inserimento di matrice di

collagene di origine animale (CM).

Per massimizzare l’oggettività della valutazione estetica, in linea con la letteratura esistente, sono stati utilizzati gli indici di Pink Esthetic Score introdotto da Furhauser nel 2005, modificato da Belser nel 2009, ed altri parametri che ne definissero la salute

parodontale quali gli indici di mid-buccal mucosa level (MBML), indice di sanguinamento al sondaggio (BOP), indice gengivale (GI), tessuto cheratinizzato (KT) e Papilla Index di Jemt (PI).

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4.2 Disegno sperimentale

Il suddetto lavoro di tesi è stato svolto basandosi su uno studio retrospettivo condotto su pazienti sottoposti a chirurgia implanto-protesica per riabilitare singoli elementi dentari nel settore estetico. Gli interventi sono stati eseguiti da un singolo operatore presso la sede dell’Istituto Stomatologico Toscano, fondazione per la ricerca in odontoiatria, tra Dicembre 2017 e Luglio 2018.

I dati anamnestici e clinici dei pazienti sono stati trattati secondo le linee guida di Helsinki per gli studi clinici sperimentali del 2009. La popolazione di studio è stata definita in base ai seguenti criteri di inclusione ed esclusione.

I criteri di inclusione al momento dell’intervento erano:

 consenso informato e autorizzazione all’intervento chirurgico e alla partecipazione allo studio,

 necessità di estrarre un elemento dentario o monoedentulia intercalata nella zona compresa tra i premolari,

 nessuna compromissione delle condizioni di salute sistemiche del paziente, che controindicano alla chirurgia implantare,

 età compresa per ambo i sessi tra i 25 e 90 anni,

 assenza di placca batterica e storia di corretta igiene e profilassi, indice di placca ed indice di sanguinamento modificati ≤ 1 (Mombelli 1987),

 assenza di malattia parodontale incontrollata, profondità di sondaggio ≥ 4 mm e indice di sanguinamento > 1,

 non fumatori, sigarette/die ≤ 5,

 non avere ricevuto radiazioni nel settore testa-collo nell’ultimo anno,  non essere in gravidanza.

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Sono stati trattati indistintamente siti post estrattivi e preesistenti creste edentule. Per ogni sito implantare studiato è stata eseguita una valutazione tramite Pink Esthetic

Score in due tempi: al momento di inizio della terapia (T0), e a distanza di 12 mesi (T1) con

il posizionamento della corona definitiva.

I criteri di inclusione al momento dell’analisi al T1 erano:

 possesso di documentazione fotografica e radiografica complete,  disponibilità a tornare per delle visite di controllo,

 presenza di buona stabilità primaria a seguito del posizionamento implantare,  rispetto dei criteri di successo implantare definiti nella Pisa Consensus Conference

del 2008 (Misch 2008): assenza di dolore, assenza di mobilità, perdita ossea all’analisi radiografica <4 mm, nessuna storia di essudato.

I criteri di esclusione adottati per questo studio di tesi erano:

 pregressi trattamenti rigenerativi nella zona di intervento inferiori a 6 mesi,  presenza di patologie incontrollate in cavità orale,

 pazienti con malattie sistemiche note o sospette,

 pazienti sottoposti a chemioterapia o altri trattamenti controindicanti la chirurgia,

 assunzione di farmaci che interferiscono sulla guarigione e/o sull’osteointegrazione,

 fumatori forti (>20 sigarette/die),

 pazienti che assumono abitualmente alcol o droghe,  pazienti con diabete mellito non controllato.

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4.3 Esami strumentali

Per un’adeguata preparazione all’intervento implantare oggigiorno sussistono numerosi software dedicati che insieme allo studio delle immagini radiografiche eseguite con la TC permettono di simulare quale sarà la riabilitazione protesica finale completa, prima di effettuare la chirurgia.

4.3a Tomografia Computerizzata a Fascio Conico

Ogni paziente è stato sottoposto a tomografia computerizzata a fascio conico (CBCT) con

apparecchio Carestream Dental CS 9300 prima dell’intervento (CBCT T0).

L’operatore si è limitato allo studio selettivo delle aree anatomiche di competenza odontoiatrica, come indicato nelle linee guida della European Academy of Dental and Maxillofacial Radiology (Horner 2009) lasciando la diagnosi delle altre aree anatomiche agli esperti di settore: il field of view (FOV) è stato di 10 cm x 10 cm.

a) b)

Figura 6 Carestream 9300 CBCT.

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Dalla prima descrizione di tomografia computerizzata (Mozzo 1998) ad oggi la CBCT ha subito notevoli miglioramenti ed è entrata a far parte, a tutti gli effetti, della pratica clinica quotidiana in odontoiatria e sempre più spesso in implantologia si ricorre al suo utilizzo per la capacità di favorire la diagnosi e guidare la scelta della terapia più idonea per il caso specifico, conferendo al paziente una bassa dose di radiazioni (Bornstein 2017).

Per questo motivo i pazienti coinvolti in questo studio di tesi sono stati sottoposti ad

irraggiamento a bassa dose, anche grazie alle caratteristiche della macchina utilizzata che acquisisce immagini con una dose dal 73% al 93% minore rispetto al modo standard di acquisizione (Ludlow 2011). L’esatta riduzione della dose varia in base al campo visivo ed è nell’intervallo tra 0% e 85%.

Pur tenendo presente che un esame radiologico tridimensionale comporta un’esposizione maggiore a raggi ionizzanti rispetto alle consuete procedure bidimensionali utilizzate in odontoiatria, in questa ricerca sono stati rispettati i criteri di ottimizzazione della dose radiate guidati del principio ALARA (As Low As Reasonably Achievable) (Farman 2005). La dose effettiva, definita dalla International Commision on Radiological Protection come la somma delle dosi assorbite da organi a differente radio-sensibilità (Protection 2007), è stata di circa 650 millisieverts (mSv) per acquisizione.

4.3b Impronta ottica

Per ogni paziente coinvolto in questo studio di tesi sono state prese impronte di entrambe le arcate dentarie a mezzo di impronta ottica.

È stato impiegato il macchinario CS 3600 Carestream che, tra gli altri vantaggi, ha

consentito di realizzare un abutment personalizzato con lo scopo di preservare l’anatomia dei tessuti molli che l’operatore ha ottenuto tramite la gestione dei provvisori.

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4.3c La Macrofotografia

Durante la registrazione dei dati, i pazienti sono stati sottoposti ad una serie di fotografie. La strumentazione utilizzata durante lo studio sperimentale di questa tesi ha previsto l’uso di una fotocamera digitale reflex (Canon EOS 650D), allestita con obiettivo macro e flash circolare (ring flash), e di una serie di accessori quali divaricatori, apribocca e

contrastatori. Sono state eseguite fotografie extraorali ed intraorali scattate al momento

della visita pre-chirurgica (T0), e dopo un anno dall’intervento (T1).

Sono state eseguite riprese extraorali di: - volto frontale con e senza sorriso - volto laterale con e senza sorriso

- volto a ¾ con e senza sorriso

E riprese intraorali di: - sorriso

- bocca chiusa frontale - bocca chiusa laterale - occlusale inferiore

- occlusale superiore - linguale destra e sinistra - palatina destra e sinistra

4.4 Intervento chirurgico

Agli albori dell’implantologia il requisito fondamentale per l’inserimento di un impianto era la presenza di osso disponibile; con il tempo, tuttavia, sono state sviluppate numerose tecniche di innesto osseo e sono state studiate valide alternative, come l’utilizzo di impianti corti, inclinati o ad inserimento in sedi extramascellari. La ceratura diagnostica e la

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l’inserimento implantare in funzione della riabilitazione protesica, sfruttando al massimo la quantità di osso residuo del paziente. Per questo si parla oggi di implantologia

protesicamente guidata.

I casi post-estrattivi sono stati sottoposti ad una chirurgia mini-invasiva e atraumatica nell’ottica di mantenere intatti l’alveolo post-estrattivo e la parete corticale vestibolare, condizioni indispensabili per garantire la ritenzione primaria della fixture e l’estetica del

profilo vestibolare dell’elemento sostituito. In un alveolo post-estrattivo con una parete

vestibolare intatta e spessa, il fisiologico riassorbimento osseo verticale e orizzontale avviene in misura minore rispetto ad un alveolo in cui non sia conservata la parete vestibolare (Botticelli 2004).

4.4a Tecnica chirurgica di inserimento implantare

Avendo eseguito le opportune indagini radiografiche di primo e di secondo livello per conoscere più nel dettaglio l’anatomia dei profili ossei del paziente. Per alcuni pazienti è stata confezionata una dima chirurgica che è stata utilizzata come guida per la fase di marcatura iniziale della corticale con la fresa lanceolata e nella fase di fresatura con la fresa pilota da 2 mm.

Nel posizionamento implantare è stata mantenuta una distanza minima di 2 mm tra impianto e denti naturali adiacenti. Il concetto di distanza minima tra elementi è stato messo recentemente in dubbio dallo studio di Cecchinato e Coll. (Cecchinato 2018) nel quale viene dimostrato che la distanza orizzontale tra impianto e dente non influenza la perdita di osso ma che questa dipende dalle caratteristiche specifiche del sito scelto. Si auspicano nuove ricerche in questo campo che in futuro potrebbero confermare gli studi attuali e giustificare una modifica dell’approccio chirurgico dell’inserimento implantare. In questo modo sarà possibile intervenire anche in quei siti dove non sono disponibili i 2 mm

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In questo studio la preparazione del sito implantare è stata realizzata più

palatalmente/lingualmente per preservare la parete corticale vestibolare ed evitare un’esposizione buccale delle spire, sempre nell’ottica di ottimizzare il risultato estetico.

Al fine di limitare gli effetti del rimodellamento della mucosa centrale, è stato proposto di inserire gli impianti almeno a 2 mm dal versante interno della parete ossea vestibolare e quindi di riempire il gap con un innesto di osso (Cardaropoli 2015) (Wang 2014). È stato inoltre suggerito di usare un innesto di tessuto connettivo durante il posizionamento dell’impianto per rendere più spessi i tessuti molli.

Pertanto, lo spessore di osso sul lato vestibolare, all’altezza della piattaforma

dell’impianto, è stato di almeno 2 mm in modo da compensare gli effetti del riassorbimento osseo ed il conseguente rischio di recessione del tessuto molle (Grunder 2005).

Gran parte degli studi relativi all’uso di innesti di connettivo in combinazione con il posizionamento di un impianto immediato sono soprattutto case-series. In generale, la letteratura mostra come l’uso di questi innesti - combinato ad un corretto posizionamento tridimensionale dell’impianto - possa minimizzare la recessione della mucosa mediana vestibolare (Chung 2011) (Rungcharassaeng 2012).

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4.4b Kit chirurgico

Figura 7 Kit chirurgico esemplificativo.

Ref. https://www.sweden-martina.com/articms/admin/reserved_area_file/174/C-IMP-PRAMA_rev.11-18_LR.pdf

Il kit per la chirurgia implantare ha compreso tutti gli strumenti necessari alla preparazione del sito implantare e per l’inserimento della fixture. La sequenza di utilizzo era segnalata nel kit da percorsi colorati in base al diametro finale del sito. Tutte le frese, realizzate in acciaio chirurgico inossidabile, altamente resistente alla corrosione e all’usura, hanno consentito di lavorare in assenza di vibrazioni e oscillazioni.

La preparazione del sito edentulo è iniziata con la somministrazione di anestesia locoregionale con mepivacaina al 2% addizionata di adrenalina 1/100.000, e

successivamente il disegno del lembo chirurgico è stato eseguito con lama di bisturi 15c. In seguito allo scollamento dei tessuti a spessore totale, che ha garantito una buona visibilità dei profili ossei all’operatore, è stata posta in arcata la mascherina chirurgica per indirizzare il chirurgo al corretto asse di inserimento della fixture. Il primo drill utilizzato è stato la fresa pilota per creare il foro d’invito alle frese successive, di diametro maggiore sempre sotto abbondante irrigazione con soluzione fisiologica sterile e raffreddata. Grazie alle marcature laser presenti a diverse altezze sulle frese è stato possibile riconoscere i diversi livelli di profondità di lavoro durante la preparazione del sito.

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Nella preparazione dei siti post-estrattivi, invece, non è stato necessario l’impiego della fresa pilota, poiché era già presente un iniziale invito per le frese successive.

A questo punto, sia nella preparazione dei siti edentuli, sia in quelli post-estrattivi, è stata stabilita la corretta inclinazione di inserimento della fixture ed il sito è stato preparato attraverso l’impiego di frese di lavoro intermedie a diametro crescente, fino al

raggiungimento delle dimensioni prescelte dal chirurgo in fase pre-chirurgica.

Sulle frese chirurgiche sono stati inseriti gli stop, indicatori della profondità implantare da raggiungere.

Il kit utilizzato conteneva anche un cricchetto con funzione di chiave dinamometrica che è stato impiegato per verificare il torque di serraggio della fixture implantare, per conoscere la forza di ritenzione primaria raggiunta in fase chirurgica.

La forza di avvitamento di tutte le fixture utilizzate è stata compresa tra i 20 e i 45 Newton.

4.4d L’innesto di tessuto connettivo

L’inserimento dell’innesto è iniziato con la preparazione del sito ricevente tramite la preparazione di una tasca con lembo a spessore parziale piuttosto ampio, più o meno delle dimensioni attese per l’innesto. Sono stati individuati due gruppi di pazienti che non prevedevano differenze significative tra di loro; un gruppo si sottoponeva ad innesto di tessuto connettivo autogeno e l’altro ricorreva ad innesto di tessuto connettivo di derivazione animale porcina (Mucoderm, Straumann).

Nel gruppo SCTG (subepithelial connective tissue graft) il più delle volte la tasca del sito ricevente è stata preparata senza incisioni di rilascio e senza sollevare le papille. Quindi il chirurgo eseguiva un lembo a mezzo spessore lasciando il periostio in sede.

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Il SCTG è stato prelevato dal palato per mezzo di una singola incisione e successivamente veniva posizionato nella tasca vestibolare.

Questo tipo di intervento può essere eseguito sia contestualmente al posizionamento implantare che in seguito. Il più delle volte viene eseguito dopo il posizionamento della corona definitiva, quando si può apprezzare un minus dei tessuti molli peri-implantari. Il prelievo dell’innesto è stato eseguito dalla mucosa del palato a livello dei denti premolari (zona donatrice) con dimensioni e forma adeguate. È stato prelevato l’innesto avendo cura di mantenere circa 1,5 - 2 mm di spessore ed è stato trasferito immediatamente nel letto ricevente. Per immobilizzarlo l’innesto si è suturato al periostio e alla gengiva aderente adiacente al sito. Dopo averlo suturato è stata esercitata una pressione di 5 minuti

sull’innesto per eliminare sangue ed essudato presenti tra l’innesto ed il letto ricevente. Il sito donatore è stato protetto con un impacco parodontale.

Le suture sono state rimosse dopo 2 settimane.

Nel gruppo CM (collagen matrix) il più delle volte la tasca è stata preparata senza incisioni di rilascio, senza sollevare le papille. Quindi il chirurgo eseguiva un lembo a mezzo

spessore, lasciando il periostio in sede e usava la matrice di collagene di derivazione bovina (Mucoderm, Straumann) evitando così un prelievo autogeno.

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4.4e Step post-chirurgici

Il dolore post-operatorio è stato controllato con ketoprofene 80 mg a intervento concluso e al bisogno, ripetibile al massimo dopo ogni 8 ore, avendo cura che nessun paziente

avesse controindicazioni all’utilizzo di questa molecola.

Per evitare un eccessivo gonfiore post-operatorio è stato consigliato ad ogni paziente di applicare, in modo intermittente con intervalli di 10 minuti, un impacco di ghiaccio per l’intera giornata dopo l’intervento.

Ad ogni paziente è stato prescritto uno sciacquo di un minuto con collutorio alla clorexidina 0,12% due volte al giorno e di utilizzare uno spazzolino con setole ultra-morbide sulla zona sottoposta a intervento per almeno una settimana; inoltre è stata prescritta dieta semisolida per un paio di settimane, fino alla rimozione dei punti di sutura e fredda per la giornata dell’intervento.

Durante le visite di controllo nelle prime due settimane sono state verificate la tenuta dei punti di sutura, la presenza di placca, la stabilità primaria dell’impianto e l’assenza di contatti sul provvisorio sia in occlusione centrica sia in lateralità.

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4.5 Raccolta e elaborazione dei dati

Ogni elemento singolo sostituito da impianto è stato fotografato con fotocamera digitale e l’immagine è stata ingrandita del doppio per agevolare la comparazione con gli omologhi dell’emiarcata opposta o con i denti adiacenti.

Il PES e la recessione della mucosa vestibolare sono stati calcolati su fotografie ortogonali

in due momenti, al baseline (T0) e a un anno dal posizionamento della corona definitiva

(T1) e comparati ai livelli iniziali del dente da estrarre (Meijndert 2004).

Al baseline, una linea orizzontale è stata tracciata lungo l’estremità incisale dei denti adiacenti come riferimento.

L’analisi delle variabili è stata sottoposta al giudizio di un operatore esperto.

Il Pink Esthetic Score semplificato (U. Belser 2009) utilizzato è stato valutato secondo i seguenti parametri (a cui è stato conferito un valore compreso tra 0 e 2):

- Papilla mesiale (mPapilla) - Papilla distale (dPapilla)

- Curvatura della mucosa vestibolare (Curvature_FM) - Livello della mucosa vestibolare (Level_ST)

- Aspetto, colore e convessità dei tessuti (Convexity_color_texture)

Il papilla index score (Jemt 1997) è stato valutato al baseline e a 1 anno sia sulla papilla mesiale che su quella distale come segue:

0 = papilla assente,

(44)

3 = la papilla riempie tutto lo spazio interprossimale, 4 = papilla iper-plastica.

Figura 9 Classificazione del Papilla Index Score di Jemt.

La salute peri-implantare è stata valutata misurando la profondità di sondaggio (PPD), il sanguinamento al sondaggio (BOP, positivo o negativo, %) e l’indice gengivale (0-2). I tessuti in salute erano quelli che non presentavano sanguinamento al sondaggio e una PPD < 6 mm, salvo la presenza di tragitti transmucosi particolarmente lunghi.

(45)

Capitolo 5 – Risultati

Sono stati inclusi nella ricerca 10 pazienti (4 femmine e 6 maschi) con età media di 60 anni per gli uomini e di 48 per le donne, per un totale di 10 elementi analizzati.

Tabella 2 Distribuzione demografica del campione

Patients demographics CM (5) SCTG (5) P-value Mann–Whitney test Gender ratio (M/F) 3/2 3/2 1.00 Age 60 48 1.00

Cigarettes per day 1.20 1.10 1.00

5.1 Tabelle dei risultati

Sono stati indicati sulle tabelle dei risultati dei valori medi calcolati sul campione di pazienti per gli indici di mid-buccal mucosa level (MBML), indice di sanguinamento al sondaggio (BOP), indice gengivale (GI), tessuto cheratinizzato (KT), Pink Esthetic Score a 5 elementi proposto da Belser nel 2009 e Papilla Index di Jemt (PI).

(46)

Tabella 3 Valutazioni al baseline (T0) e dopo un anno, 1-year (T1) CM (5) SCTG (5) MBML Baseline 1-year +0.13±0.140 -0.125±0.25 BOP Baseline 1-year 0 0 0 0 GI Baseline 1-year 0 0 0 0 KT Baseline 1-year 2.20±0.447 2.25±0.50 mPapilla(PES) Baseline 1-year 1 1 1 1.5 dPapilla(PES) Baseline 1-year 1 1 1 1.5 Level_ST(PES) Baseline 1-year 1 2 1 2 Curvature_FM(PES) Baseline 1-year 1 1 1 2 Convexity_color_texture(PES) Baseline 1-year 1 2 1 1 ∑ PES Baseline 1-year 4.60±0.894 8±1.41 5±0 7.75±1.22 PI Baseline 1-year 1.6±0.894 2±0

(47)

Tabella 4 Grafico del tessuto cheratinizzato nei gruppi CM e SCTG. Tabella 5 Grafico a violino del Pink Esthetic Score nei due gruppi CM e SCTG

(48)
(49)

5.2 Risultati

La valutazione estetica ha mostrato, ad un anno dal posizionamento dell’innesto, che il

parametro mid-buccal mucosa level (MBML) è risultato positivo nel gruppo CM (0,13 

0,14 mm) e negativo nel gruppo SCTG (-0,13  0,25 mm). Comparando i due gruppi con il

T-test non sono state notate differenze statisticamente significative (p value > 0,05).

L’indice di sanguinamento al sondaggio (BOP) è risultato uguale a 0 in tutti i

pazienti, sia a T0 che a T1. Comparando i due gruppi con il T-test non sono state notate

differenze statisticamente significative (p value > 0,05), rivelando una complessiva salute parodontale dei siti trattati.

L’indice gengivale (GI) è risultato anch’esso uguale a 0 in tutti i pazienti, sia a T0

che a T1. Comparando i due gruppi con il T-test non sono state notate differenze

statisticamente significative (p value > 0,05).

Il tessuto cheratinizzato (KT), ad un anno, è aumentato sia nel gruppo CM (2,20 

0,45 mm) sia nel gruppo SCTG (2,25  0,50 mm). Comparando i due gruppi con il T-test

tuttavia non sono state notate differenze statisticamente significative (p value > 0,05).

Il Papilla Index di Jemt (PI) a T1 è risultato positivo sia nel gruppo CM (1,60  0,89)

sia nel gruppo SCTG (2,0  0,0). Comparando i due gruppi con il T-test tuttavia non sono

state notate differenze statisticamente significative (p value > 0,05), rivelando un buon compromesso estetico, seppur non sia mai stato raggiunto il valore ideale di 3.

(50)

Per quanto riguarda il Pink Esthetic Score (PES) a 5 elementi, proposto da Belser, è stato

osservato a T0 un valore di 4,60  0,89 per il gruppo CM e un valore di 5,00  0,00 per il

gruppo SCTG. A T1, dopo un anno dall’inserimento di innesto, il gruppo CM ha raggiunto

un valore di 8,00  1,41 mentre il gruppo SCTG ha raggiunto 7,75  1,22. Comparando

questi valori con il T-test l’aumento del PES è risultato statisticamente significativo in entrambi i gruppi rivelando un successo estetico complessivo degli interventi eseguiti (p value CM = 0,002, p value SCTG = 0,001). Tuttavia, non sussistono differenze

statisticamente significative tra i gruppi CM e SCTG (p value > 0,05).

Analizzando gli elementi che compongono il PES, il valore della papilla mesiale

(mPapilla PES) a T0 è risultato di 1 per entrambi i gruppi mentre a T1 ha assunto valori di 1

per il gruppo CM e 1,5 per il gruppo SCTG;

il valore della papilla distale (dPapilla PES) a T0 è risultato di 1 per entrambi i gruppi

mentre a T1 ha assunto valori di 1 per il gruppo CM e 1,5 per il gruppo SCTG;

il valore del livello della mucosa vestibolare (Level_ST) a T0 è risultato di 1 per

entrambi i gruppi e a T1 ha assunto valori di 2 per entrambi i gruppi;

il valore a T0 della curvatura della mucosa vestibolare (Curvature_FM) è risultato 1

per entrambi i gruppi mentre a T1 aveva valore 1 per il gruppo CM e 2 per il gruppo SCTG;

il valore di aspetto, colore e convessità dei tessuti molli peri-implantari

(Convexity_color_texture) a T0 è risultato di 1 per entrambi i gruppi mentre a T1 ha assunto

valori di 2 per il gruppo CM e 1 per il gruppo SCTG;

In conclusione, è risultato che non sussistono differenze statisticamente significative per quanto riguarda il risultato estetico finale raggiunto nei pazienti trattati con innesto di tessuto connettivo autologo (SCTG) e in quelli sottoposti ad innesto eterologo (CM).

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