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Nutrizione nell'arrampicata sportiva: studio delle abitudini e dei comportamenti alimentari

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Academic year: 2021

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(1)

D

IPARTIMENTO DI

F

ARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Nutrizione Umana

TESI DI LAUREA

NUTRIZIONE NELL'ARRAMPICATA SPORTIVA:

STUDIO DELLE ABITUDINI E DEI COMPORTAMENTI ALIMENTARI

Relatore:

Prof. Giovanni Gravina

Correlatore:

Dott. Massimo Magrini

Candidata:

Micaela De Vita

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RIASSUNTO Introduzione

L’arrampicata sportiva, una volta praticata come disciplina alpinistica o come attività ri-creativa all’aperto, è diventata uno sport a metà degli anni ’80. Dal 1989 è stata ricono-sciuta ufficialmente come forma di competizione sportiva a livello mondiale, e recente-mente l’arrampicata sportiva è stata inclusa tra le discipline previste ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020.

Come in altri sport gravitazionali, il peso corporeo è sempre stato oggetto di forti atten-zioni da parte degli scalatori, ed è diventato oggetto di regolamentazione nelle gare di arrampicata. Nel 2009, la Federazione Austriaca di Arrampicata ha introdotto per i par-tecipanti un livello minimo di indice di massa corporea (IMC), con un valore di 17 kg / m2

per le femmine e 18 kg / m2per i maschi. Anche L’IFSC (International Federation of Sport

Climbing) ha espresso preoccupazione per la perdita di peso negli atleti scalatori, imple-mentando lo screening dell’IMC e imponendo la squalifica agli atleti che rifiutano di sot-toporsi alle misurazioni [1].

Pochi sono gli studi relativi alla nutrizione in questa disciplina e mostrano come la pratica alimentare più comune consista nella restrizione cronica delle calorie, nell’intento di mi-gliorare le prestazioni e ridurre il carico sulle estremità del corpo. Questa condotta, se protratta a lungo, può portare a conseguenze negative, fino a configurare un disordine del comportamento alimentare [28]. Recentemente, il CIO ha formulato una nuova di-chiarazione di consenso riguardante la sindrome RED-S (Relative Energy Deficiency in Sport), estendendo ai maschi il termine “Triad ” (fino a quel momento riferito alle atlete di genere femminile) che comporta un’alterazione delle funzioni fisiologiche relative al metabolismo, al ricambio osseo, al sistema immunitario e alla produzione di ormoni ses-suali, causate dalla carenza di energia disponibile a svolgere appieno queste funzioni [5]. Quando la disponibilità di energia (EA) scende al di sotto di 30 kcal / kg di massa magra al giorno, il grasso e la massa magra saranno utilizzati dall'organismo per pro-durre energia, con conseguente perdita di forza e resistenza, compromettendo così le prestazioni e annullando i benefici dell’allenamento [5].

Obbiettivo

Lo scopo di questo studio è di raccogliere informazioni sulle abitudini e comportamenti alimentari e di indagare le correlazioni tra le misure antropometriche e il grado di arram-picata, in un campione maschile italiano di arrampicatori sportivi. Lo studio mira anche a valutare le possibili correlazioni tra la disponibilità di energia (EA = introito energetico (EI) - Energia spesa per l’Esercizio (EEE) / massa magra (FFM)), l’apporto di macronu-trienti, l'assunzione di acqua e lo stato di salute generale degli ultimi 12 mesi.

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Materiali e metodi

Sono state raccolte le misure antropometriche in un campione di 60 uomini, con diversi livelli prestazionali di arrampicata su roccia, con età compresa tra 20 e 58 anni. Insieme alla rilevazione del peso, dell’altezza e dello spessore di 3 pliche cutanee, è stata con-dotta un'intervista sulle abitudini alimentari con metodo retrospettivo (recall).

Successivamente 2 questionari sono stati inviati on-line. Il primo questionario raccoglie informazioni sulle attività di arrampicata e sugli altri sport praticati. Il secondo è composto da: una indagine su abitudini e comportamenti alimentari, un questionario semi quanti-tativo sulla frequenza degli alimenti (FFQ) e una raccolta di informazioni sullo stato di salute e sugli infortuni verificatisi negli ultimi 12 mesi.

Risultati

I partecipanti allo studio risultano per la quasi totalità onnivori (90%) e con un profilo nutrizionale di tipo mediterraneo, composto dal 51,4% EN da carboidrati, 17% EN da proteine, 28,3% EN da grassi, 3,3% EN da alcol. L'apporto calorico medio è di 1627 ± 596 kcal / giorno. Il 96,7% dei partecipanti non raggiunge il Dispendio calorico (TDEE = RMR * LAF) stimato e l'86,7% ha una disponibilità di energia inferiore a 30 kcal / kg FFM con una restrizione che riguarda tutti i macronutrienti. Molti atleti (40%) evitano o con-trollano l’assunzione di carboidrati, prevalentemente riducendo gli zuccheri semplici. L'assunzione d'acqua è ≤ 1 litro per il 50% del campione, durante i giorni di arrampicata. Emerge una correlazione negativa tra il livello di arrampicata e la percentuale di massa grassa, nonostante vi sia una correlazione positiva tra livello di arrampicata e assunzione di carboidrati (> di 3 g/kg p.c.). Il 50% del campione ha subito infortuni negli ultimi 12 mesi, e sono emerse correlazioni positive con il consumo di alcol e le infezioni riportate. L'affaticamento degli avambracci risulta correlato positivamente con la disidratazione. Conclusioni

Nonostante non si sia riscontata alcuna correlazione tra peso corporeo, indice di massa corporea e livello di arrampicata, gli scalatori adottano un regime calorico fortemente restrittivo autoimposto. Per le restrizioni adottate, anche se principalmente a carico di zuccheri, grassi saturi e cibi fritti, l’introito energetico risulta complessivamente inade-guato per la copertura del fabbisogno giornaliero. Sarebbe appropriato effettuare ulteriori indagini per accertare la presenza di disordini dell’alimentazione e della nutrizione, di disturbi del comportamento alimentare e di sindrome da bassa disponibilità energetica RED-S, specialmente tra gli arrampicatori che provano senso di colpa nell’assunzione di determinati alimenti e tra coloro che sono maggiormente soggetti a infezioni o altri di-sturbi fisici.

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NUTRITION IN ROCK CLIMBING:

AN EATING HABITS AND BEHAVIOURS STUDY

SUMMARY

Introduction

Rock climbing was once an alpine discipline or an outdoor recreational activity which became a sport in the mid ‘80s. Since just 1989 an official worldwide competition was recognized and filnally, climbing has been selected to feature at the Tokyo 2020 Olympic Games.

Climbers have always paid a strong attention to body weight, as others gravitational sports, but the issue of excessively low body weight in climbing has become a selective parameter in competitions. In 2009, the Austrian Climbing Federation introduced - for participants to compete - a minimum required body mass index (BMI), with a value of a BMI >17 kg/m2 for females and >18 kg/m2 for males. The IFSC (International Federation

of Sport Climbing) have also expressed concern towards weight loss in climbing athletes, implementing BMI screening and imposing disqualification to athletes who refuse to submit to measurements [1].

Few studies show that the most common dietary practice consist of chronic calorie restriction, in order to improve performance and to lower the load on body extremities. This habit may lead to negative consequences when used for prolonged periods and could be considered a disordered eating behaviour [28]. More recently, the term ‘Relative Energy Deficiency in Sport’ (RED-S) replaced the term Triad (referred to female athletes) and the IOC has updated a consensus statement regarding RED-S syndrome in male, which brings to impaired physiological function in metabolic rate, bone health, immunity, sex hormone caused by relative energy deficiency [5]. When energy availability (EA) falls below 30 kcal/kg of fat free mass per day, fat and lean tissue will be metabolised by the body to create fuel, resulting in the loss of strength and endurance, subsequently compromising performance and negating the benefits of training [5].

Objective

The aim of this study is to collect information about food habits and behaviours and to investigate correlations between anthropometric measures and the climbing degree, in a male Italian sample of rock climbers. The study aims also to evaluate the possible correlations among Energy Availability (EA=Energy intake (EI) - Exercise Energy Expenditure (EEE) / Fat Free Mass (FFM)), the macronutrient, the water intake and the general health status in the last 12 months.

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Materials and methods

Anthropometrical data have been collected in a sample of 60 rock climbing men , aged 20-58 years, of different climbing abilities. A retrospective interview about food consumption (recall) has been conducted while collecting age, weight, height and 3 skinfold measures.

2 questionnaires have been sent on-line. The first questionnaire concerns climbing and exercise activities. The second is composed by a a part to evaluate eating habits and behaviours , a Semi-quantitative Food frequency questionnaire (FFQs), and a third part collecting information about health status and injuries occured in the last 12 months.

Results

An omnivorous, mediterranean nutritional profile appears to be the main pattern used (90% of the participants), with an overall caloric composition of 51,4% carbohydrates, 17% proteins, 28,3% fats, 3,3% alcohol. The mean caloric intake is 1627±596 kcal/day. A percentage of 96,7% does not reach the Total Daily Energy Expenditure (TDEE=RMR*PAL) and 86,7% has an Energy Availability below 30 kcal/kg FFM. Restriction data concerns all the macronutrients. A large number of athletes (40%) is avoidant/restrictive towards carbohydrates, mainly controlling sugars. Water intake is ≤1liter for 50% of the sample, during climbing days. A negative correlation between climbing level and Fat Mass emerged, despite of a positive correlation between climbing level and carbohydrates intake (

over 3g/kg b.w.)

. Injuries occurred at 50% of the sample, in the last 12 months, and positive correlations are shown with alcohol consumption and infections encountered. Forearms fatigue results to be correlated positively with dehydration.

Conclusions

Despite of finding no correlation between body weight, BMI, and climbing level, rock climbers adopt an autoimposed very severely restrictive caloric intake. For a large number of subjects restrictions are mainly on sugars, saturated fats and fryed food. Further investigations about the presence of disordered eating behaviours or eating disorders and RED-S syndrome would be appropriate, especially among rock climbers which are affected from a sense of guilt , suffers from infections and dizzines.

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Prefazione

L’arrampicata sportiva ha avuto un incremento di popolarità negli ultimi anni raggiungendo una cifra stimata di 25 milioni di praticanti nel mondo (International Federation of Sport Climbing IFSC) [1]. Per la prima volta è stata introdotta tra gli sport che figureranno ai giochi olimpici di Tokyo del 2020, fatto che richiamerà ulteriore attenzione verso questo sport.

In questa disciplina un elevato rapporto tra la forza degli arti superiori e il peso corporeo è un fattore determinante per acquisire un alto livello. Riguardo a questo le ricerche scientifiche sono state prevalentemente rivolte ad aspetti di fisiologia, di ortopedia e di tecniche di allenamento, mentre sono ancora poco studiati gli aspetti nutrizionali specifici per questa attività sportiva [2, 3,4 ]. Nella sua pratica giocano un ruolo importante i fattori fisici di forza, resistenza e tecnica, ma sono essenziali anche fattori mentali come la determinazione, il controllo della paura e la pianificazione, intesa ad esempio come capacità di lettura e scelta delle direzioni da seguire.

L’arrampicata sportiva su roccia, svolta all’aperto, e quindi non nella dimensione agonistica,è di particolare interesse perché ha un numero elevato di praticanti; inoltre, per le sue caratteristiche, comporta un focus sul peso corporeo, rispetto al controllo del quale gli arrampicatori appaiono essere molto sensibili. Infatti, essendo l’arrampicata uno sport gravitazionale, come la ginnastica artistica, la letteratura scientifica tende a porre la pratica di questi sport come fattore predisponente allo sviluppo di disordini dell’alimentazione o disturbi alimentari [5].

L’obiettivo di questo studio, pertanto, è stato quello di raccogliere informazioni riguardo ai comportamenti e alle abitudini alimentari di chi pratica l’arrampicata sportiva all’aperto in Italia a differenti livelli di capacità e anni di esperienza.

Attraverso la rilevazione delle misure antropometriche, un’intervista sulle abitudini alimentari e la somministrazione di due questionari, lo studio ha indagato, in un campione di 60 soggetti adulti di sesso maschile, le correlazioni tra diversi livelli di arrampicata e allenamento, stato di salute e introito totale di calorie e macronutrienti. Nel campione sono stati inoltre rilevati la possibile presenza di comportamenti alimentari disturbati, il ricorso all’utilizzo di integratori alimentari, le eventuali variazioni rispetto alla corretta alimentazione o la presenza di comportamenti restrittivi, per una o più classi di alimenti, potenzialmente controproducenti per la performance o anche, a medio-lungo termine, dannosi per la salute fisica e mentale.

La finalità dello studio è stata quella di raccogliere informazioni sulla nutrizione nell’arrampicata sportiva anche al fine di poter fornire a chi pratica questo sport indicazioni utili a migliorare la performance e a mantenere un buono stato di salute fisica e mentale.

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INDICE

INTRODUZIONE ... 9

1 L’ARRAMPICATA SPORTIVA, CLASSIFICAZIONE E STORIA ... 12

1.1 L’ARRAMPICATA NEI VARI STILI: ARRAMPICATA LIBERA E ARRAMPICATA ARTIFICIALE ... 12

1.2 STORIA DELL’ARRAMPICATA SPORTIVA ... 13

1.3 LE SPECIALITÀ DELL’ARRAMPICATA SPORTIVA AGONISTICA ... 13

1.4 IGRADI DELL’ARRAMPICATA LIBERA ... 14

1.5 GRADI FLASH/ONSIGHT E REDPOINT ... 15

2 FISIOLOGIA DELL’ARRAMPICATA ... 16

2.1 ANTROPOMETRIA DEL CLIMBER ... 16

2.2 METABOLISMO ENERGETICO NELL’ARRAMPICATA ... 17

2.3 GLI INFORTUNI NELL’ARRAMPICATA SPORTIVA ... 19

3 ALIMENTAZIONE E FABBISOGNO ENERGETICO NELL’ATTIVITÀ SPORTIVA ... 19

3.1 INTAKE CALORICO E CARBOIDRATI ... 20

3.2 PROTEINE ... 21

3.3 LIPIDI ... 22

3.4 FRUTTA E VERDURA COME ANTIOSSIDANTI ... 23

3.5 NUTRIZIONE NELL’ARRAMPICATA ... 23

3.6 IDRATAZIONE ... 25

3.7 CONSUMO DI ALCOL E SPORT ... 26

4 DEFICIT ENERGETICO E ARRAMPICATA SPORTIVA ... 27

4.1 SINDROME DA DEFICIT ENERGETICO NEGLI SPORTIVI (RED-S) ... 27

4.2 DEFICIT ENERGETICO E DISORDINI ALIMENTARI NELL’ARRAMPICATA SPORTIVA ... 29

4.3 ORTORESSIA,VIGORESSIA,ANORESSIA ... 31

5 MATERIALI E METODI ... 32

5.1 MISURE ANTROPOMETRICHE ... 33

5.2 QUESTIONARIO N.1:ARRAMPICATA SPORTIVA ... 33

5.3 QUESTIONARIO N.2:STILE DI VITA E ABITUDINI ALIMENTARI ... 34

5.4 CALCOLO DELL’INTROITO CALORICO... 35

5.5 CALCOLO DEL METABOLISMO A RIPOSO E DISPENDIO ENERGETICO ... 36

5.6 ANALISI STATISTICA ... 38

6 RISULTATI ... 40

6.1 MISURE ANTROPOMETRICHE E GRADO DI ARRAMPICATA ... 40

6.2 ABITUDINI ALIMENTARI ... 42

6.3 INTROITO CALORICO ... 47

6.4 CONSUMO DI ACQUA E IDRATAZIONE ... 53

6.5 CONSUMO DI ALCOLICI ... 54

6.6 INFEZIONI ... 54

6.7 INFORTUNI ... 55

6.8 COMPORTAMENTO ALIMENTARE ... 55

7 DISCUSSIONE DEI RISULTATI... 58

8 CONCLUSIONI ... 60

BIBLIOGRAFIA ... 61 APPENDICE ... I RINGRAZIAMENTI ... I

(9)
(10)

9

Introduzione

“Che la scalata sia quasi una droga, non lo dico solo io, che ho amato

questa disciplina per tutta la vita: secondo i numeri del IFSC (la

federazione internazionale dello Sport Climbing), in soli trent’anni si è

passati da poche migliaia di praticanti all’incredibile cifra di 25 milioni”.

Lamberti, La Scalata come esercizio fisico e spirituale www.jollypower.com

L’arrampicata sportiva all’aperto, pur essendo considerata un’attività amatoriale, regala ai suoi praticanti una grande fascinazione. I veri “giganti” di questa disciplina, infatti godono di fama e considerazione per le vittorie nell’attività agonistica, ma al pari, se non di più, per le vie tracciate e concluse nell’attività all’aperto. Infatti, anche se praticata in terreni di bassa montagna, l’arrampicata su roccia presenta le caratteristiche di uno sport estremo, paragonabili, seppur distinte, alle sfide personali e all’attrazione che riserva l’ascensione in alta montagna. Il costante sviluppo del materiale tecnico e dei sistemi di protezione, assieme all’accurato studio delle tecniche di ascensione e di allenamento, hanno consentito negli ultimi 30 anni un’evoluzione dei gradi di difficoltà da affrontare e la significativa diffusione di questa disciplina. L’assiduità con la quale gli scalatori la praticano è dovuta a più aspetti: il contesto naturale, il mettersi in gioco fisicamente e mentalmente, la volontà di vincere le proprie paure e affrontare i propri limiti, in una continua sfida con sé stessi e in una reciproca relazione di fiducia con il compagno. La gratificazione che ne deriva si rinforza alla realizzazione di una via, accrescendo il desiderio di conquistare un grado di difficoltà ulteriore. Non di rado, infatti, la scalata è vissuta dagli appassionati come un aiuto nella gestione di pensieri depressivi e ansiogeni e come un esercizio di allenamento nella gestione della paura. Negli ultimi anni il bouldering è stato proposto e studiato come metodo di trattamento per gli stati depressivi, con buoni risultati [6, 7, 8]. Inoltre, come per altri sport estremi, in alcuni studi sull’arrampicata sportiva è stata valutata la “dipendenza da adrenalina” ed è stato rilevato che già a livelli di arrampicata intermedi, possono instaurarsi in alcuni soggetti astinenza, anedonia, brama di scalare, sintomi comparabili agli effetti da astinenza dalle droghe [9].

Il “peso” dell’arrampicata.

La nascita dell’arrampicata sportiva e della classificazione in gradi delle vie ha subito portato con sé l’osservazione di quelle caratteristiche antropometriche e fisiologiche che determinavano chi fosse portato per questo sport, ponendo un’enfasi elevata sul peso

(11)

10

corporeo [2]. Negli anni ’80 e ’90 era auspicabile avere un rapporto maggiore di 1 fra l’estensione degli arti superiori e l’altezza (APE-Index). Era inoltre considerato necessario avere dita forti, quindi da sottoporre a continuo allenamento, ma contava soprattutto un fisico longilineo, privo di massa grassa, costituito solo dal peso dei muscoli necessari. La ricerca del minor peso possibile ha portato il popolo dei climber a adottare tecniche di nutrizione assai particolari: dall’assumere solo coca-cola e caramelle, al bere solo alcolici e poco altro…, soluzioni certo non molto ortodosse per una corretta alimentazione. E per alcuni resistere alla fame era diventato un tutt’uno con lo stile di vita anticonformista che il free climbing incarnava, al punto che la sofferenza del digiuno era vissuta come uno dei sacrifici che questo sport richiedeva. L’estrema attenzione per il peso corporeo nell’arrampicata sportiva si è mantenuta anche negli anni successivi quando il numero dei praticanti è cresciuto esponenzialmente.

Nel 2009 l’Austrian Climbing Federation ha preso la decisione di porre dei limiti inferiori all’Indice di massa corporea (IMC) per le competizioni a livello agonistico [10]. Tuttavia, va osservato che in un fisico atletico l’IMC può rimanere a valori superiori al limite minimo imposto, anche in presenza di disordini della nutrizione e dell’alimentazione o di sindrome da restrizione calorica.

Per quanto riguarda il genere mentre nei maschi è raro riconoscere o addebitare alla nutrizione i momenti di debolezza fisica, nelle arrampicatrici di genere femminili sono riferiti cali nella carriera sportiva a causa di un disturbo del comportamento alimentare [11].

Resta il fatto che il contenimento del peso è essenziale per uno sport antigravitazionale come l’arrampicata sportiva. Si impone dunque la necessità di limitare, o se necessario ridurre, il peso in maniera accurata e intelligente, facendo comprendere i rischi che si nascondono dietro regimi alimentari troppo restrittivi o incompleti.

La nutrizione specifica per lo sport è oggi considerata a tutti i livelli un fattore essenziale per mantenere un buono stato di salute, massimizzare le prestazioni, lo stato dell’umore e la lucidità mentale [12]. E lo è quindi anche nell’arrampicata sportiva. Oggi si trovano in rete una serie di siti web e e di video che dispensano consigli, proponendo regimi diversi alimentari, come ad esempio il digiuno prolungato oppure la dieta low-carb o chetogenica. Numerosi sono gli studi di fisiologia dell’arrampicata, eseguiti fin dagli anni ’90, che descrivono gli aspetti metabolici e il dispendio energetico che questa attività comporta, in varie condizioni di ascensione [2, 3, 4, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27]. Di contro sono ancora poche le pubblicazioni scientifiche sulle necessità alimentari specifiche per questo sport ma tutte sottolineano la tendenza degli arrampicatori a adottare restrizioni caloriche che non coprono il dispendio energetico [28, 29, 30].

(12)

11

Negli ultimi anni sono stati presentati i primi studi internazionali volti a valutare la presenza di disordini della nutrizione e dell’alimentazione tra gli arrampicatori sportivi [30, 31, 32].

Lo scopo di questo studio è stato quello di indagare le abitudini e i comportamenti alimentari nell’arrampicata sportiva all’aperto. È stato reclutato un campione di genere maschile, di 60 arrampicatori sportivi di vari livelli, nell’ambito amatoriale, per poter studiare le correlazioni tra il grado di arrampicata, le misure antropometriche rilevate e le abitudini e i comportamenti alimentari. I partecipanti, reclutati in varie palestre di allenamento, previo consenso informato scritto, sono stati intervistati rispetto alle abitudini alimentari e hanno compilato in formato elettronico due questionari: il primo relativo all’arrampicata sportiva e all’esercizio fisico e il secondo relativo alle abitudini alimentari, ai comportamenti alimentari e allo stato di salute degli ultimi 12 mesi.

La finalità dello studio è stata quella di raccogliere informazioni sulla nutrizione nell’arrampicata sportiva anche al fine di poter fornire a chi pratica questo sport indicazioni utili a migliorare la performance e a mantenere un buono stato di salute fisica e mentale.

(13)

12

1

L’arrampicata Sportiva, Classificazione e Storia

1.1

L’arrampicata nei vari stili: arrampicata libera e

arrampicata artificiale

L’arrampicata intesa come la propensione a salire in cima ad una vetta o una parete rocciosa si è distinta nel XX secolo in arrampicata artificiale e arrampicata libera (o free climbing) a seconda che l’ascensione avvenisse con l’ausilio di materiale tecnico (dalle prime scale e chiodi fino a cordini, staffe e cliffhangers) o con il solo utilizzo del corpo per la progressione. Nell’arrampicata libera vi è comunque l’impiego di materiale tecnico, quali chiodi, corde, spit e altro, ma unicamente per minimizzare il rischio e non come ausilio alla progressione.

L’arrampicata libera a sua volta è stata divisa in varie specialità:

• Arrampicata tradizionale: stile di arrampicata libera in cui gli ancoraggi di sicurezza (oggi nut e friend principalmente) sono amovibili.

• Arrampicata sportiva: stile di arrampicata libera su ancoraggi permanenti fissi alla roccia per la protezione.

• Arrampicata senza assicurazione: riunisce le forme di arrampicata libera in cui non si utilizzano alcune forme di protezione sulla roccia. Forme di arrampicata senza assicurazione sono:

o Il Bouldering, denominato anche sassismo: effettuato su piccoli massi

fino a 5-6 metri di altezza con l’utilizzo unicamente di materassi come protezione

o Il Free solo : è uno sport estremo, compiuto da chi arrampica senza

alcuna sicurezza ed è quindi sempre a rischio della propria vita.

o Il Deep water soloing (DWS): tipo di bouldering effettuato su scogli o

pareti rocciose a picco sul mare e quindi prevede l’acqua come sistema di sicurezza.

• Arrampicata su ghiaccio: può essere libera o artificiale e si svolge tipicamente su cascate di ghiaccio in inverno o su pareti completamente ghiacciate a differenza dell'arrampicata tipica su roccia.

(14)

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1.2

Storia dell’Arrampicata Sportiva

Nel 1985 si tenne a Bardonecchia la prima gara di Arrampicata Sportiva, con le sue regole, i suoi sistemi di valutazione, le gare e i confronti. L’anno successivo ad Arco prendeva vita il Rock Master, manifestazione che in breve sarebbe diventata di grandissimo richiamo tra gli appassionati. L’Arrampicata Sportiva è dunque un prodotto made in Italy. Nel 2007, nasce la Federazione Internazionale (IFSC), che lo stesso anno viene riconosciuta in via provvisoria dal CIO e nel 2013 ottiene il riconoscimento definitivo per entrare nel programma olimpico delle Olimpiadi 2020 a Tokyo.

Attualmente fanno parte dell’IFSC 74 federazioni nazionali, in rappresentanza dei 5 continenti. L’Arrampicata è in crescita, nel mondo ed in Italia. La F.A.S.I. (Federazione Arrampicata Sportiva Italiana) nel 2010 ha raggiunto i 15.000 tesserati e circa 200 società sportive. Da alcuni anni, in base ad un protocollo d’intesa CONI e Ministero della pubblica Istruzione, l’arrampicata è entrata a far parte del programma di “alfabetizzazione motoria” delle scuole primarie [33].

1.3

Le Specialità dell’Arrampicata Sportiva Agonistica

La dimensione agonistica dell’Arrampicata Sportiva si concentra in tre diverse discipline: Difficoltà (Lead), Velocità (Speed) e Boulder.

• Lead: è la classica salita con la corda dal basso, su pareti lunghe tra 15 e 25 metri; l'obiettivo è raggiungere il punto più alto possibile del tracciato. Nelle gare, la classifica viene determinata dall'ultima “presa” raggiunta.

• Speed: è la specialità dove conta il tempo di salita su una parete di 10 o 15 metri, seguendo un tracciato convalidato dalla Federazione Internazionale e dunque identico in tutte le gare del mondo.

• Boulder: è la specialità più 'esplosiva' dell'arrampicata. Prevede la salita su strutture alte massimo 4 metri, senza corda, ma con l'ausilio di materassi di protezione (crash pad). L’obiettivo dei 'boulderisti' è raggiungere il top, ovvero l'ultima presa della struttura nel minor numero di tentativi [33].

(15)

14

1.4

I Gradi dell’Arrampicata Libera

L'operazione di assegnare un grado a un determinato percorso, tecnicamente definito via, viene effettuata dagli arrampicatori che aprono la via (cioè i primi a salire la via senza fermarsi) e confermata dai primi ripetitori della via.

In tutto il mondo esistono diversi sistemi utilizzati per classificare i gradi di difficoltà in arrampicata su roccia:

• Francese: sistema riconosciuto a livello internazionale per la classificazione di vie sportive, cioè attrezzate con spit e va da 3 a 9 con gradi intermedi espressi da una lettera a, b o c e un + per ulteriormente distinguere il grado intermedio. • UIAA: sistema utilizzato in Germania, in altre aree dell’Europa dell’Est e in Italia

per le vie classiche e tradizionali.

• YDS – Yosemite Decimal System: sistema di classificazione comunemente usato negli Stati Uniti, inizia con un 5. seguito da un altro numero (sub-grade). I gradi da 1 a 4 si riferiscono alle passeggiate di difficoltà crescente, fino a raggiungere il 5, dove si iniziano ad usare anche le mani (scrambling) sulla roccia.

• GB – Gran Bretagna: sistema britannico composto da due sottoclassi, un grado di aggettivo e un grado tecnico. Il grado aggettivo descrive la difficoltà complessiva della salita, tenendo conto di quanto sia faticoso il percorso, dell’esposizione e delle protezioni a disposizione. I gradi aggettivi sono i seguenti: Moderate (M), Very Difficult (VD), Hard Very Difficult (HVD), Mild Severe (MS), Severe (S), Hard Severe (HS), Mild Very Severe (MVS), Very Severe (VS), Hard Very Severe (HVS) and Extremely Severe. Il grado Extremely Severe è poi suddiviso in 10 ulteriori sotto-gradi da E1 a E10. La classificazione tecnica numerica descrive il passaggio più duro (crux) che si incontra nella salita. • AUS – Australia: sistema utilizzato in Australia e Nuova Zelanda. Non ci sono

lettere o gradi secondari, solo un singolo numero crescente al crescere della difficoltà delle salite.

Nella Tab.1 viene riportato il livello (indicativo) delle capacità dello scalatore in base al grado di difficoltà della via. Le difficoltà sono elencate in ordine di difficoltà crescente.

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15

Francia UIAA YDS GB AUS Livello

1 I 5 3a Novizio ↓ 2 II 5.1/5.2 3b 11 3 III 5.3/5.4 3c 12 4a IV 5.5 4a VD 13 Principiante ↓ 4b IV+ 5.6 4b S 14 4c V 5.7 4c HS 15 5a V+ 5.8 HVS 16 5b VI- 5.9 5a 17 Intermedio ↓ 5c VI 5.10a E1 18 6a VI+ 5.10b 5b 19 6a+ VII- 5.10c E2 20 6b VII 5.10d 5c 21

6b+ VII+ 5.11a E3 22 Avanzato ↓

6c VIII- 5.11b 23

6c+ VIII 5.11c 6a E4 24

7a VIII+ 5.11d 25

7a+ IX- 5.12a E5 26

7b IX-/ IX 5.12b 6b Esperto ↓

7b+ IX 5.12c E6 27

7c IX/ IX+ 5.12d 6c 28

7c+ IX+ 5.13a E7 29

8a IX+/ X- 5.13b Super Esperto ↓

8a+ X- 5.13c 7a 30 8b X 5.13d E8 31 8b+ X+ 5.14a 32 Élite ↓ 8c X+/XI- 5.14b 7b 33 8c+ XI- 5.14c E9 34 9a XI 5.14d 7c 33 Super Élite ↓

9a+ XI+ 5.15a 36

9b XII- 5.15b 37

9b+ XII 5.15c 38

9c XII+ 5.15d 39 Adam Ondra!

Tabella 1: dal sito www.guidedolomiti.com. Correlazione del livello dello scalatore e gradi di arrampicata

1.5

Gradi Flash/Onsight e Redpoint

Una via su roccia viene definita “chiusa” quando viene salita portando la corda al punto finale dove si trova l’ancoraggio, senza fermarsi in sospensione sulla corda o senza cadute.

Il grado della via di arrampicata può essere distinto in base a come si è chiusa una via:

• Onsight/ a vista: quando la via viene chiusa senza mai aver né salito prima la via né visto qualcuno salirla e senza avere informazioni riguardo alle difficoltà che si presentano

• Flash: quando la via viene chiusa senza averla mai scalata ma avendo visto qualcuno salirla o avendo istruzioni sui passi difficili

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16

2

Fisiologia dell’Arrampicata

Da sempre gli arrampicatori hanno focalizzato l’attenzione sul proprio peso corporeo per migliorare il grado di arrampicata e i primi studi sull’arrampicata sono stati sulla morfologia dell’arrampicatore [2, 3] e sulla fisiologia dell’arrampicata [4, 13, 16, 18, 20, 26]. Questi studi hanno misurato la composizione corporea, l’APE index (rapporto tra la lunghezza degli arti superiori e l’altezza), test cardio polmonari, analisi chimiche del sangue, densità ossea.

2.1

Antropometria del climber

Gli studi di Watts et al. hanno evidenziato che un elevato fattore di predizione della performance nell’arrampicata sportiva è un elevato rapporto tra la forza degli arti superiori (handgrip) e il peso. Di conseguenza un basso IMC (a discapito della massa grassa e non della massa magra) è correlato con un elevato grado di arrampicata a parità di allenamento e di capacità tecnica [3]. Gli studi che comportano prestazioni a livello difficoltà 5.11 / 6c (YDS / francese) o superiori hanno rilevato che gli arrampicatori sono piccoli di statura, con una massa corporea e una percentuale grasso corporeo bassi (Tab.2).

Tabella 2. Riassunto dei dati antropometrici per arrampicatori sportivi di livello élite.

P7 SF is sum of seven skinfold measurements (chest, subscapula, midaxilla, suprailiac, abdomen, tricep, thigh). Da P. B. Watts, Physiology of difficult rock climbing, Eur J Appl Physiol (2004) 91: 361–372

Sebbene i valori di forza assoluta riscontrati non siano a livelli superiori che in altre discipline sportive, il rapporto tra forza e massa corporea è più elevato negli arrampicatori esperti, a conferma che resistenza muscolare e elevata forza corporea siano fattori importanti per la riuscita in questa disciplina [13].

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---Reference No. of subjects ability Height (m) Mass (kg) Fat (%) P7 SF a (mm) Watts et al. 1993 21 (M), 5.13c/8b (mean) 1.778 (0.065) 66.6 (5.5) 4.7 (1.3) 37.8 (6.8) Watts et al. 1993 7 (M), 5.14a/8c (mean) 1.793 (0.052) 62.4 (4.5) 4.8 (2.3) 36.3 (6.4) Grant et al. 1996 10 (M) >5.10a/6a 1.789 (0.085) 74.5 (9.6) 14.0 (3.7)

Watts et al. 1996 11 (M), 5.13b/8a (mean) 1.756 (0.089) 65.9 (8.6) 5.4 (1.5) 40.8 (7.3) Mermier et al. 1997 9 (M), >5.11/7a 1.757 (0.056) 66.3 (6.4) 6.8 (2.6)

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17

2.2

Metabolismo Energetico nell’Arrampicata

La scalata richiede uno sforzo discontinuo con un lavoro misto aerobico / anaerobico [13] dipendenti dall’inclinazione e la lunghezza del muro, della sequenza dei movimenti, dalla velocità di risalita, dalla distanza e dimensione delle prese, dalla sfida psicologica e dalla capacità dell’atleta di ottimizzare il movimento, di economizzare le energie e di prendersi delle pause di recupero [14,15,16,17,18,19,20].

Il metabolismo aerobico interviene non solo come diretta richiesta energetica ma anche nella risintesi dei fosfati ad alta energia (Sistema CP-ATP, anaerobico alattacido), meccanismo di fondamentale importanza quando gli arrampicatori possono sfruttare punti di riposo su una via [21].

Il metabolismo lattico anaerobico è quello che porta il minor contributo energetico soprattutto negli arrampicatori di livello élite rispetto ai principianti e tende ad essere utilizzato in misura leggermente maggiore all’aumentare della difficoltà della via [3], all’aumentare della velocità di arrampicata [22], alla durata dell’ascensione [3, 23]. Il livello massimo di consumo di ossigeno (VO2max) è un indicatore di fitness aerobica e

di funzionalità cardiovascolare. Tuttavia, la prevalenza di contrazioni isometriche e il marcato coinvolgimento degli arti superiori nell'arrampicarsi influenzano la relazione frequenza cardiaca (FC) e ̇ VO2, provocando risposte cardiovascolari più elevate rispetto

all'esercizio che coinvolge principalmente gli arti inferiori [23, 24], rendendo discutibile l'uso di FC per stimare le richieste aerobiche degli scalatori [24,26]. In effetti, sono state osservate diverse correlazioni tra FC e VO2 per la risposta fisiologica all'arrampicata

indoor rispetto ai test da laboratorio [16, 18, 20, 25].

La richiesta di ossigeno per il metabolismo aerobico nell’arrampicata aumenta con la difficoltà delle vie pertanto la capacità aerobica è una caratteristica importante per gli arrampicatori [13]. Generalmente gli alpinisti possiedono una capacità aerobica, in media compresa tra 50,5 e 60,2 ml kg-1min-1 per il massimo consumo di ossigeno (VO

2 max), in linea con quella di atleti che praticano sport di squadra. Il tempo di esecuzione

per una salita tipica a livello agonistico va da 2 a 7 minuti e l'assorbimento di ossigeno (VO2) è in media intorno ai 20-25 ml kg-1min-1. Sono però stati registrati picchi nel

consumo di ossigeno fino a 37 ml kg-1min-1, influenzati dalla difficoltà della via,

dall’inclinazione della via (placca versus strapiombo) e dalla velocità di ascensione ma anche dalla distanza tra le prese e la dimensione delle prese [22,25]. I tempi di ascensione dell’arrampicata sportiva amatoriale su vie di roccia però possono essere anche molto superiori a quelli delle vie in palestra e i tempi di ascensione per i gradi a vista (cioè su vie non conosciute) sono maggiori rispetto alle vie lavorate, già conosciute.

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18

Non si sono dimostrate differenze nel consumo di VO2 tra i vari livelli di arrampicata

quando le vie provate sono al limite superiore del livello di ciascun atleta [15]. Questo fatto è probabilmente dovuto a tempi di risalita simili. Il VO2 tende a un plateau durante

la salita sostenuta, ma rimane elevato nel periodo di recupero successivo. Il lattato nel sangue si accumula principalmente negli arti superiori durante l'ascesa e rimane a livelli elevati per oltre 20 minuti dopo l'arrampicata. La resistenza all'impugnatura diminuisce in misura maggiore della forza della impugnatura con un'arrampicata intensa. A parità di pendenza e velocità sub massimale, gli atleti di livello élite hanno dimostrato di avere ̇

VO2 e FC più bassi, suggerendo che il livello di allenamento e l'esperienza di arrampicata

possono aumentare l'economia di esercizio. Riassumendo: un programma completo di allenamento specifico per l'arrampicata di alto livello dovrebbe includere componenti per lo sviluppo della forza e resistenza muscolare specifica, legate alla capacità aerobica e componenti a per l’aumento della potenza, legata alla capacità dei sistemi anaerobici ATP-PC e glicolitico. Sono utili inoltre esercizi di scioltezza per le gambe e delle braccia [4,13].

Il lavoro complessivo necessario per eseguire la scalata è la somma del lavoro per portare in alto la propria massa, e di quello isometrico, che serve solo per mantenere la postura, La contrazione isometrica massimale o sub massimale, in muscoli piccoli come i flessori delle dita o i brachioradiali, porta a una occlusione dei vasi sanguigni, con conseguente ischemia inducendo un riflesso (metaboreflex) che fa innalzare pressione arteriosa e frequenza cardiaca e può essere un fattore limitante della resistenza nell’arrampicata, portando a un segno di fatica tipico che è l’indurimento degli avambracci [14,35].

Uno studio ha esaminato le differenze nella cinetica di ossigenazione e le caratteristiche di forza e resistenza tra chi pratica boulder e arrampicata con corda rispetto a una popolazione di controllo. Gli indici di capacità ossidativa dei muscoli flessori ed estensori delle dita e la resistenza erano significativamente maggiori in alpinisti e boulderisti rispetto ai controlli, senza differenze tra le discipline dell'arrampicata. Infatti, non sono state rilevate differenze significative tra le due diverse specialità riguardo al il volume dell'avambraccio o il volume di ossigeno consumato. Un indice di capacità ossidativa maggiore in entrambi i gruppi di arrampicata suggerisce che, indipendentemente dalla disciplina dell'arrampicata, i formatori, gli allenatori e gli operatori dovrebbero prendere in considerazione l'allenamento aerobico all'avambraccio per migliorare le prestazioni [27].

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19

2.3

Gli Infortuni nell’Arrampicata Sportiva

I traumi negli arrampicatori sono frequenti e negli studi epidemiologici più recenti risulta che il 50% circa ha subito 1 o più traumi negli ultimi 12 mesi. Di questi il 61% ha avuto traumi cronici da sovrallenamento o da sovraccarico soprattutto a carico delle articolazioni delle dita e della spalla [36].

In uno studio sugli arrampicatori in Gran Bretagna è stata rilevata attraverso un questionario una prevalenza, durante l’intera carriera sportiva, del 28% di traumi a carico del polso e della mano sul totale delle risposte ricevute. I traumi più numerosi sono stati rilevati a carico dei tendini e pulegge delle dita, seguiti da abrasioni/lacerazioni e fratture. Il numero di traumi è risultato correlato positivamente all’intensità degli allenamenti nell’arrampicata [36,37] e mancano dati sulle possibili correlazioni stato nutrizionale e ricorrenza di traumi.

3

Alimentazione e Fabbisogno Energetico

nell’Attività Sportiva

L’ISSN ha raccolto e pubblicato nel 2018 una review di tutti gli studi effettuati sulla nutrizione sportiva aggiornando la precedente pubblicazione del 2010 [12]. Nel documento viene ribadita l’importanza di un piano alimentare ben progettato, che soddisfi le esigenze di assunzione di energia e incorpori il giusto timing dei nutrienti. Diverse ricerche hanno chiaramente dimostrato che un intake calorico scarso e/o un inadeguato bilanciamento tra i macronutrienti può ostacolare gli adattamenti dell'allenamento di un atleta, mentre una alimentazione equilibrata, che soddisfa i bisogni energetici, può accrescere gli adattamenti fisiologici indotti dall’allenamento. Inoltre, il mantenimento di un bilancio energetico negativo può portare alla perdita di massa muscolare, forza e densità minerale ossea, oltre ad una maggiore suscettibilità a malattie e lesioni, disturbi nelle funzioni immunitarie, endocrine e riproduttive e una maggiore prevalenza di infortuni legati al sovrallenamento. Adottare un piano alimentare strutturato, come parte di un programma di allenamento, è un modo per ottimizzare gli adattamenti dell'allenamento e prevenire il sovrallenamento.

Oltre l'apporto energetico ottimale, il consumo di adeguate quantità di carboidrati, proteine e grassi è importante affinché gli atleti ottimizzino il loro allenamento e le loro

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20

prestazioni. In particolare, e in relazione alle prestazioni dell'esercizio, è evidente la necessità di assumere carboidrati in quantità ottimali prima, durante e dopo periodi intensi e ad alto volume di allenamento e competizione.

3.1

Intake calorico e Carboidrati

Le persone impegnate in un programma di fitness generale e che non si allenano necessariamente per un obiettivo di prestazione (ad esempio 30-40min di esercizi, 3 volte a settimana) possono in genere soddisfare i fabbisogni di macronutrienti giornalieri consumando una dieta normale con circa 25-35 Kcal/kg/die suddivisa in: 45-55% dell’ energia totale da carboidrati, (ovvero 3-5 g/kg/die), 15-20% dell’ energia totale da proteine, (ovvero 0,8-1,2 g/kg/die), e 25-35% dell’ energia totale da lipidi, (ovvero 0,5-1,5 g/kg/die) [12].

Gli atleti che praticano un allenamento moderato e ad alta intensità (ad esempio 2-3 ore di esercizi intensi, 5-6 volte a settimana) necessitano di una maggiore quantità di carboidrati e proteine nella loro dieta per soddisfare le aumentate necessità di macronutrienti [12]. In termini di fabbisogno calorico giornaliero è necessario, per loro, assumere 40-70 kcal/kg con un piano alimentare che comprenda 5-8 g/kg/die di carboidrati (per atleti da 50-150 kg), per conservare le riserve di glicogeno nel fegato e nei muscoli [12].

L’apporto adeguato di carboidrati aumenta fino a 8-10g/ die all’aumentare delle ore e dell’intensità degli allenamenti, con una spesa energetica complessiva fino a 150-200 kcal/kg/die.

Preferibilmente, la maggior parte dei carboidrati della dieta dovrebbe provenire da cereali integrali, verdura, frutta, ecc. mentre cibi ad alta velocità di assorbimento, come zuccheri raffinati, amidi e prodotti dietetici per lo sport dovrebbero essere riservati a situazioni in cui deve verificarsi la risintesi del glicogeno a tassi accelerati.

Nella valutazione delle necessità di carboidrati durante una sessione di allenamento, è necessario considerare alcuni fattori chiave. Ricerche precedenti hanno indicato che gli atleti sottoposti a prolungati periodi di allenamento (2-3 ore) possono ossidare i carboidrati a una velocità di 1-1,1 g al minuto o circa 60 g all'ora. Diverse revisioni sostengono come appropriata l'ingestione di 0,7 g di carboidrati/kg/ora durante l'esercizio in una soluzione al 6-8% (cioè 6-8 g per 100 ml di liquidi). È ormai noto che diversi tipi di carboidrati possono essere ossidati a velocità diverse nel muscolo scheletrico a causa del coinvolgimento di diverse proteine trasportatrici che determinano l'assorbimento di carboidrati. È interessante notare che combinazioni di glucosio e

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saccarosio o maltodestrine e fruttosio sono state indicate per promuovere maggiori tassi esogeni di ossidazione dei carboidrati rispetto alle situazioni in cui vengono ingerite singole fonti di carboidrati. Questi studi indicano generalmente che un rapporto di 1-1.2 maltodestrine / 0.8-1.0 fruttosio sembra supportare i più alti tassi di ossidazione dei carboidrati durante l'esercizio [12]. Oltre ai tassi di ossidazione e ai tipi di carboidrati, lo stato di digiuno e la durata dell'allenamento sono variabili da prendere in considerazione dagli atleti e dagli allenatori. Gli studi riportano che periodi di esercizio da moderato a intenso devono protrarsi per almeno 90 minuti prima che i carboidrati mostrino un risultato ergogenico costante. Tuttavia, alcuni studi indicano che periodi più brevi (60-75 min) di lavoro ad alta intensità possano beneficiare della somministrazione di carboidrati a livello del sistema nervoso centrale [12].

Quando la durata dell’esercizio supera le 2 ore, la necessità di fornire carboidrati aumenta, in particolare se si inizia l'esercizio in uno stato di digiuno o di recupero incompleto. Una volta cessato l'esercizio, è necessario adottare strategie ottimali per recuperare le perdite di glicogeno muscolare ed epatico. La co-ingestione di carboidrati e proteine facilita il recupero del glicogeno consumato [12].

3.2

Proteine

Un’assunzione insufficiente di proteine può comportare nell’atleta un bilancio azotato negativo, innescando il catabolismo proteico e un più lento recupero. Nel tempo, questo può portare a deperimento muscolare, lesioni, malattie e intolleranza all'allenamento. A fronte delle indicazioni RDA sull’assunzione di proteine raccomandata per la popolazione (da 0,8 a 1,0 g/kg/die per bambini, adolescenti e adulti), la ricerca condotta negli ultimi 30 anni ha indicato che gli atleti impegnati in un intenso allenamento possono trarre beneficio dall'ingestione di quantità maggiori di proteine fino a circa il doppio di quanto indicato (1,4-1,8 g / kg / d) per mantenere l'equilibrio proteico [12].

Una recente revisione di 49 studi con 1863 partecipanti ha concluso che un apporto proteico giornaliero di 1,62 g/kg/die può essere adeguato per persone coinvolte in un programma di fitness generale e che introiti superiori non forniscono alcun ulteriore contributo all'aumento della massa magra [12].

I periodi di restrizione energetica per soddisfare il peso o le esigenze estetiche di certi sport devono tenere maggiormente conto che l'assunzione di proteine, la qualità e la tempistica e la combinazione con i carboidrati è particolarmente importante per mantenere la massa corporea magra, gli effetti dell'allenamento e le prestazioni [12].

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22

3.3

Lipidi

Le raccomandazioni dietetiche sull'assunzione di lipidi per gli atleti sono simili a quelle per la popolazione generale per promuovere la salute. Il mantenimento dell'equilibrio energetico, il reintegro delle riserve intramuscolari di trigliceridi e il consumo adeguato di acidi grassi essenziali sono importanti per gli atleti. La quantità di lipidi, raccomandata per l'assunzione giornaliera può variare a seconda dello stato o degli obiettivi di allenamento dell'atleta. Ad esempio, le diete a più alto contenuto di grassi sembrano mantenere le concentrazioni circolanti di testosterone meglio delle diete a basso contenuto di grassi, fornendo una strategia per contrastare la documentata soppressione del testosterone che può verificarsi durante allenamenti di incremento del volume muscolare [12]. In generale, si consiglia agli atleti di consumare una quantità moderata di grassi (circa il 30% dell'apporto calorico giornaliero), mentre maggiori quantità, anche fino al 50% delle calorie giornaliere, possono essere ingerite dagli atleti durante l'allenamento regolare ad alto volume. In situazioni in cui un atleta può essere interessato a ridurre il grasso corporeo, sono state raccomandate assunzioni di lipidi di 0,5-1 g/kg/die con un apporto energetico pari al 20% delle calorie totali nella dieta [12].

Per anni sono state utilizzate dagli atleti, alimentazioni ad alto contenuto di lipidi senza evidenza di alcun beneficio sulle prestazioni e oltretutto con consistenti problemi gastrointestinali. Negli ultimi anni, un importante dibattito si è sviluppato riguardo all'impatto dell'aumento dei lipidi nella dieta. Sebbene gli adattamenti intramuscolari risultino in grado di influenzare in modo teorico le prestazioni, non è stato documentato alcun impatto consistente e favorevole. Tuttavia, la diffusione delle diete chetogeniche è aumentata in popolarità anche tra gli sportivi. Anche se non esiste una prescrizione esatta, quasi tutti i piani alimentari chetogenici comprendono almeno il 70-80% delle loro calorie giornaliere da lipidi, 20-25% di calorie totali da fonti proteiche (2,0-2,5 g/kg/die) e 10-40 g al giorno di carboidrati. Risulta dunque una maggiore dipendenza dai corpi chetonici (derivati dai lipidi) come fonte energetica. Attualmente, rimangono evidenze limitate e miste riguardo all'efficacia complessiva di una dieta chetogenica per gli atleti. A favore, Cox et al. hanno dimostrato che la dieta chetogenica può migliorare la resistenza fisica spostando l'ossidazione del carburante mentre Burke e colleghi non hanno mostrato un aumento delle prestazioni in una coorte di atleti di calibro olimpionico. Alla luce del fatto che le prove disponibili siano limitate e miste, sono necessarie maggiori ricerche prima di formulare raccomandazioni appropriate sull'uso di diete ad alto contenuto di lipidi per le prestazioni atletiche [12].

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23

3.4

Frutta e Verdura come antiossidanti

L’esercizio fisico contribuisce alla prevenzione di diverse patologie, come le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo II, la sindrome metabolica e le malattie neurodegenerative. L’esercizio fisico, specie se intenso, induce però anche la produzione di specie reattive dell'ossigeno (ROS), correlate all’insorgenza di diverse malattie, anche se diversi studi indicano come una bassa concentrazione di ROS sia in grado di aumentare l’espressione dei principali geni antiossidanti [40]. L'esercizio moderato dunque agisce da stimolatore delle difese antiossidanti dell'organismo, contro il danno ossidativo. Invece l’esercizio intenso, arrecando danni alle fibre muscolari - che si traducono in affaticamento muscolare - aumenta considerevolmente la produzione di ROS. L'integrazione di sostanze antiossidanti, contenute in frutta e verdura, può essere una strategia efficace per limitare i danni da ROS e portare a una riduzione del danno muscolare causato dall'esercizio prolungato.

I polifenoli, compresi i flavonoidi derivati principalmente dai frutti, sono stati a lungo studiati per gli effetti antiossidanti e antinfiammatori. Alcuni studi hanno dimostrato che i polifenoli derivati da agrumi, melograni, ciliegie e mirtilli riducono l'indolenzimento muscolare e migliorano la forza muscolare nello svolgimento di esercizi eccentrici. Oltre ai potenziali benefici nel recupero muscolare, è stato dimostrato che l'integrazione di flavonoidi migliora le prestazioni degli esercizi di resistenza negli esseri umani [12, 40]

3.5

Nutrizione nell’Arrampicata

Il materiale scientifico relativo all’alimentazione nell’arrampicata è scarso. È al contrario elevato l’interesse mediatico sulla nutrizione, argomento che spesso viene affrontato nei siti che trattano di arrampicata.

È complesso misurare quanto una dieta possa influenzare le prestazioni di arrampicata, ma uno studio riporta che gli scalatori mediamente possano ottenere un miglioramento dal 10 al 20 percento in allenamento, in velocità di recupero, in concentrazione, e nelle prestazioni in generale, seguendo un piano alimentare strutturato [41, 42].

La corretta alimentazione per l'arrampicata su roccia può prevedere un piano equilibrato e appropriato all'attività con una buona pianificazione di pasti pre-, durante e post-allenamento [41].

Come già visto dagli studi di fisiologia specifici sull’arrampicata, il tipo di metabolismo energetico prevalente varia considerevolmente a seconda dello stile di arrampicata, della via che si percorre e della durata di ascensione. Nell'arrampicata sportiva all’aperto,

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24

il susseguirsi di movimenti di alta e bassa intensità richiede l'assunzione di sostanze energetiche che, a seconda dei casi, saranno processate attraverso reazioni metaboliche aerobiche o anaerobiche. Nelle vie di salita strapiombanti o nei tratti senza punti di riposo, dove la contrazione prevalente è di tipo dinamico, vengono maggiormente implicati processi metabolici anaerobici, che si basano sui depositi esistenti di ATP, fosfocreatina (PCr) e glicogeno muscolare. Lunghi avvicinamenti, tempi di ascensione dilatati e movimenti basati su contrazioni statiche, a bassa intensità, comportano maggiormente l’impiego del metabolismo aerobico, utilizzando come fonte di energia il glicogeno muscolare, il glucosio ematico, il grasso e, in misura minore, le proteine. Si stima che il tempo trascorso in una posizione statica su una via vari dal 25% al 38% del tempo di ascensione totale, a seconda dello stile di arrampicata. Poiché, l'energia generata dal glucosio nel sangue e dal glicogeno è limitata, l’atleta è costretto a rifornire progressivamente il glucosio depleto durante le giornate di arrampicata all’aperto.

Per attività che richiedono sforzi misti simili all’arrampicata, si stima che l’introito di carboidrati di circa 5g/kg di peso corporeo sia sufficiente a mantenere le riserve di glicogeno. Il consumo di carboidrati da 1 a 4 ore prima dell’allenamento aumenta la risintesi del glicogeno e la capacità ossidativa dei muscoli scheletrici [43, 44]. Tuttavia, in stili come il bouldering dove la deplezione dei carboidrati non è di primaria importanza è sufficiente un carico di 1g/kg di peso corporeo prima dell’allenamento [44].

A fronte di questi dati occorre citare anche altri studi che indicano come l'eccellenza nelle prestazioni sia stata raggiunta aumentando l'assunzione di carboidrati fino al 65% delle calorie totali, incrementando la percentuale di carboidrati semplici nelle giornate di attività [45]. Inoltre, una combinazione di assunzione di acqua e carboidrati induce miglioramenti nell'efficacia del 12% rispetto a quella dei soli elettroliti e del 5-6% nel caso dell'assunzione di sola acqua, o solo di carboidrati [39]. Sono dunque sufficienti per l’arrampicata 500ml di fluidi e 30g di carboidrati da consumare in due ore, aggiungendo un pari volume di acqua [46].

Per quanto riguarda l’assunzione proteica raccomandata sono valide per l’arrampicata le stesse indicazioni che l’ISSN ha formulato per gli sportivi con un’assunzione di 1,4-2g/kg di peso corporeo, con un necessario adattamento alla soggettiva condizione di partenza dell’atleta e agli obiettivi da raggiungere. La sintesi proteica è massima durante il periodo di recupero post allenamento ed è stimolata dall’ingestione di circa 20g di proteine di alta qualità (0,25g/kg di massa magra). Il ricambio di proteine però è mantenuto attivo per 24-48h, nelle quali si può agire sul rimodellamento muscolare, intervenendo con un introito proteico di 0,25-3g/kg di peso corporeo ad intervalli di 3-4 ore per stimolare la sintesi proteica. Per gli arrampicatori che invece non necessitano di

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25

un’ulteriore ipertrofia muscolare sono sufficienti porzioni di circa 20g durante la giornata fino al raggiungimento di 1,4g/kg di peso corporeo [12, 44].

3.6

Idratazione

L’acqua è il più importante fattore nutrizionale per gli atleti:un buono stato di idratazione, indipendentemente dalla disciplina sportiva e dall'intensità dell'allenamento, offre l'opportunità di raggiungere uno stato fisico e mentale ottimale. Prevenire la disidratazione consente al sistema cardiovascolare di mantenere costante la pressione sanguigna e la gittata cardiaca, sostenendo in tal modo l'aumento del flusso sanguigno ai muscoli e alla pelle, coadiuvando la sudorazione che è essenziale per la termoregolazione corporea. Rimanendo ben idratati durante l'esercizio fisico si mantiene anche la funzione muscolare, riducendo la dipendenza dal glicogeno muscolare come fonte energetica [47].

Gli effetti dell'ipoidratazione sulla performance si manifestano già a livelli piuttosto bassi e vi sono indubbi effetti negativi anche sulla funzione cognitiva e sull’umore [48, 49] . Una disidratazione di circa 1,5-2% rispetto alla massa corporea peggiora sia la resistenza muscolare, dipendente dai metabolismi aerobici [12] sia la potenza muscolare, più dipendente da metabolismi anaerobici. L'acqua minerale in particolare ha un impatto significativo sull'equilibrio acido-base, migliorando la capacità di esercizio anaerobico [50, 51].

Nonostante le conoscenze degli effetti negativi che comporta l’ipoidratazione all’inizio di un esercizio, sembra abbastanza comune per gli atleti in vari sport iniziare l'allenamento o la competizione con un certo grado di deficit di liquidi [38, 49].

Esposizioni molto prolungate a duro lavoro fisico in ambienti caldi porta a crampi muscolari in individui sensibili che possono essere ridotti attraverso l'ingestione di acqua e sale (cloruro di sodio) [52].

I livelli di riferimento per la popolazione Italiana, per i maschi adulti, indicano come assunzione adeguata (AI) 2,5 litri di acqua al giorno [53], che comprendono l’acqua naturalmente presente negli alimenti.

L'American College of Sports Medicine, la National Athletic Trainer's Association e altre istituzioni sportive e scientifiche presentano le loro raccomandazioni per ottimizzare le prestazioni sportive e ridurre la probabilità di lesioni e sovrallenamento dovuti alla disidratazione [12, 43].

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26

Un buono stato di pre-idratazione è garantito bevendo 500 ml la sera precedente, altrettanto al mattino e 20-30 minuti prima di esercitarsi. La perdita media di liquidi attraverso la sudorazione è stimata tra 0,5 e 2 l/h durante l’esercizio fisico e può variare individualmente. Per valutare il proprio stato di idratazione in maniera facile si può osservare che le urine non siano troppo concentrate osservandone il colore. Un colore pallido delle urine indica un buono stato di idratazione. L’assunzione di acqua o sport drink consigliata, a piccole dosi ogni 5-15 minuti, è di circa 300-600 ml/h. Il sintomo della sete indica già un’alterazione dell’equilibrio idrosalino, è pertanto necessario bere prima che “questa spia si accenda”. La termoregolazione dipende strettamente dalle temperature esterne e dall’umidità, pertanto il consumo di acqua va adattato alle varie situazioni climatiche e all’adattamento fisico alle temperature più elevate [54].

Le perdite di sodio devono anche esse essere reintegrate per non andare incontro ad uno stato di iponatriemia. La scelta può riguardare l’uso di integratori idrosalini o il consumo di cibi addizionati di sale [12].

3.7

Consumo di Alcol e Sport

Precedenti ricerche hanno indicato che il consumo di alcol nelle 24 ore precedenti l'attività sportiva altera in modo significativo le prestazioni aerobiche. Questa riduzione delle prestazioni aerobiche è dell'ordine del 11,4% [55] ed è correlata al fatto che l'ingestione di alcol riduce il glicogeno muscolare e la normale produzione di energia aerobica [56].

Questo calo è principalmente dovuto a:

• un rallentamento del ciclo dell’acido citrico • un aumento dell’accumulo di lattato

• una diminuzione dei livelli di glicogeno muscolare • una diminuzione della glicemia plasmatica

• una maggiore disidratazione.

Inoltre, è stata studiata la correlazione tra consumo di alcol e traumi negli sportivi. Ne è risultato che quegli atleti che consumano alcol almeno una volta alla settimana hanno un tasso di infortuni oltre il doppio di quello degli atleti che non sono consumatori di alcolici. Questo tasso di lesioni colpisce tutti gli sport: gli atleti che hanno bevuto alcolici almeno una volta alla settimana hanno avuto un tasso di infortunio del 54,8%, mentre tra i non bevitori il tasso di infortunio è del 23,5% [56].

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27

4

Deficit Energetico e Arrampicata Sportiva

Un’adeguata assunzione di calorie è fondamentale per la salute e le prestazioni degli atleti. Quando l'apporto energetico di un atleta non compensa il dispendio energetico, le prestazioni a breve e lungo termine possono essere compromesse e possono insorgere effetti negativi sulla salute con compromissione delle prestazioni e aumento del rischio di infortuni [57].

Per quanto detto, oltre alle indicazioni nutrizionali, meritano attenzione anche le abitudini e il comportamento alimentare degli arrampicatori, per il rischio di comportamenti restrittivi o incongrui rispetto all’alimentazione; anche sui blog dedicati all’arrampicata trovano spesso spazio pagine e discussioni sui disturbi dell’alimentazione e della nutrizione, a partire dai racconti di alcune arrampicatrici che hanno pubblicamente raccontato la loro esperienza di anoressia [11].

Nel 2009 la Austrian Climbing Federation ha introdotto un valore minimo di IMC per poter gareggiare: 18 kg/m2 per arrampicatori maschi e 17 kg/m2 per le arrampicatrici

femmine [10]. Anche l’International Federation of sport climbing (IFSC) nel 2016 ha espresso preoccupazioni sul peso degli arrampicatori imponendo uno screening dell’IMC per gli atleti iscritti a gare [1].

4.1

Sindrome da Deficit Energetico negli Sportivi (RED-S)

La disponibilità di energia (energy availability-EA) è calcolata come differenza tra l’introito calorico (energy intake-EI) e la spesa energetica per l’esercizio fisico (exercise energy expenditure -EEE) per kg di massa magra (Fat free mass - FFM). L’EA è un parametro migliore rispetto al bilancio energetico, che può essere positivo o negativo, e che viene calcolato come differenza tra l’introito calorico e la spesa energetica totale. La disponibilità energetica si riferisce infatti alle kcal/kg di massa magra disponibili per supportare le funzioni corporee atte a mantenere un buono stato di salute. Per un soggetto adulto sano un valore di 45kcal/kg FFM/giorno equivale ad un bilancio energetico pari a 0. Un aumento del dispendio energetico per l’esercizio o una diminuzione dell’introito calorico provocano una serie di variazioni metaboliche messe in atto al fine di ridurre il dispendio energetico. Le modificazioni ormonali, metaboliche e funzionali che si attuano sotto le 30kcal/kg FFM di disponibilità energetica possono

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essere importanti e impattare sulla salute [5]. Sin dagli anni ‘70 è stato definito un quadro clinico di osteoporosi nelle atlete correlato alla presenza di amenorrea definito come “triade dell’atleta femmina” le cui cause sono da cercare nell’insufficiente introito calorico rispetto al dispendio energetico (deficit energetico). La triade si riferisce alla correlazione tra disponibilità energetica, funzione mestruale e salute delle ossa [5].

Nel 2015 il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ha ridefinito la triade dell’atleta femmina come RED-S (relative energy deficiency in sport), una sindrome risultante da una insufficienza di energia relativa che compromette molti aspetti della funzione fisiologica tra cui metabolismo, funzione mestruale, salute delle ossa, immunità, sintesi proteica, salute cardiovascolare e psicologica, con o senza sviluppo di un disturbo dell’alimentazione. Inoltre, è stato messo in evidenza che la carenza di energia disponibile porta ad una sindrome che colpisce anche gli uomini.

Gli sport a rischio più elevato di sviluppo sono gli sport estetici, gli sport di resistenza, gli sport con categorie di peso e gli sport gravitazionali. Anche se la maggior parte degli studi riguarda il genere femminile, in alcuni di essi si evidenzia come anche negli atleti maschi un insufficiente apporto energetico possa determinare un decremento della funzione immunitaria, diminuzione della densità ossea, diminuzione degli ormoni sessuali con implicazioni nella funzione riproduttiva [5] (Fig.1).

Le conseguenze della restrizione calorica possono influire anche sulla performance e sullo stato mentale degli sportivi (Fig. 2) con diminuita resistenza all’allenamento (aerobica e anaerobica), aumentato rischio di lesioni, diminuzione delle riserve di glicogeno e della forza muscolare, diminuzione della concentrazione e della coordinazione, alterata capacità di giudizio, irritabilità, depressione [5].

Figura 1. conseguenze del deficit energetico sulla salute

Fig1 e 2 Da: Mountjoy M., Sundgot-Borgen J.K., Burke L.M., et al., The IOC relative energy deficiency in sport clinical assessment tool (RED-S CAT), British Journal of Sports Medicine 2015;49:1354.

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La prevalenza di disordini dell’alimentazione e della nutrizione differisce significativamente tra i diversi sport. Per gli sportivi di livello élite è di circa il 20% nelle atlete adulte e il 13% nelle atlete adolescenti e dell’8 % negli atleti maschi adulti e 3% negli adolescenti.

Sebbene gli atleti di sesso maschile siano a minor rischio per lo sviluppo di disturbi del comportamento alimentare o disordini dell’alimentazione e della nutrizione, la prevalenza negli atleti di sesso maschile di élite è elevata nel ciclismo (50%), negli sport gravitazionali (24%) e negli sport con classi di peso (18%).

Dal momento che lo sviluppo della sindrome RED-S è correlata ad una bassa disponibilità energetica (LEA - Low Energy Availability) la diagnosi dovrebbe basarsi sulla rilevazione di LEA, ma, ad oggi, non ci sono linee guida standardizzate per la sua determinazione. Le misurazioni dell’introito calorico e della spesa energetica per l’esercizio fisico richiedono esperienza e sono generalmente imprecise. L'EI può essere valutato con metodi retrospettivi (recall) o prospettici (diari alimentari scritti o elettronici). Di norma, l’EEE viene valutata mediante un registro di esercizi a confronto con le tabelle di spesa energetica specifiche per l’attività sportiva praticata. Idealmente, EI ed EEE sono misurati su un periodo di tempo rappresentativo delle pratiche abituali. La FFM può essere quantificata con metodi come l'assorbimento di raggi X a doppia energia (DXA) e l'antropometria. Una misurazione del metabolismo a riposo tramite calorimetria indiretta può fornire conferma del metabolismo soppresso secondario a EA bassa [5].

4.2

Deficit Energetico e Disordini Alimentari

nell’Arrampicata Sportiva

Le preoccupazioni per il basso peso corporeo si sono concentrate soprattutto sulla perdita di massa ossea, correlata a un basso IMC nelle atlete femmine e riscontrato anche nei ciclisti maschi [5].

Uno studio tedesco dell’Università di Erlangen del 2006 ha dimostrato però una correlazione moderatamente positiva tra l’arrampicata e l’aumento di densità ossea in un gruppo di 20 arrampicatori sportivi di grado élite con un allenamento ≥ a 280 minuti a settimana comparati con un campione che non pratica alcuno sport. Lo studio è stato effettuato in un range di età tra 19 e 35 anni e IMC tra 19,3 e 22,9 kg/m2, gli arrampicatori

del campione avevano un peso medio di 67,4±4,7 kg e massa grassa di 11,0±1,8% [58]. Tale valore di massa grassa risulta più elevata rispetto quelle rilevata negli studi di Watts e Mermier, ma più in linea con gli studi di Grant (tavola 1) [4]. Questo studio ha rilevato,

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