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"A PROPER MARRIAGE" E "ALFRED AND EMILY" DI DORIS LESSING: TEMI E PARADIGMI A CONFRONTO

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INDICE

CAPITOLO I – DORIS LESSING: UNA VITA ALLA RICERCA DELLA PROPRIA

IDENTITÀ ………..……… 1

1.1 Gli esordi ………. 1

1.2 Il successo ……… 5

1.3 Gli anni Sessanta, Settanta e Ottanta …….…….……….. 11

1.4 Gli anni Novanta e Duemila ……… 19

CAPITOLO II – A PROPER MARRIAGE ……… 23

2.1 Children of Violence e A Proper Marriage ……….. 23

2.2 Martha e la famiglia Quest ……….………… 29

2.3 Relazione coniugale, sessualità e ruoli sociali ………..………… 34

2.4 Il circolo comunista ………..……… 53

2.5 I sogni e la letteratura nella vita di Martha ………..………. 57

2.6 Rappresentazioni dello stato d’animo di Martha ………..……. 63

2.7 L’influenza dei vari personaggi su Martha ………..…. 65

2.8 L’elemento dell’autobiografismo ………..…. 72

CAPITOLO III – DUE TESTI A CONFRONTO: A PROPER MARRIAGE E ALFRED AND EMILY………. 78

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3.2 “Alfred and Emily: A Novella” ……… 80

3.3 “Alfred and Emily: Two Lives” ……….. 93

3.3.1 ……… 93 3.3.2 ……… 103 3.3.3 ……… 105 3.3.4 ……… 107 CONCLUSIONI ……….. 109 BIBLIOGRAFIA ………. 111

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CAPITOLO I

DORIS LESSING:

UNA VITA ALLA RICERCA DELLA PROPRIA IDENTITÀ

1.1 Gli esordi

Nella sua esistenza longeva, Doris Lessing (1919-2013), nata Doris May Tayler, ha scritto e pubblicato oltre cinquanta opere tra romanzi, racconti, poesie, saggi, autobiografie e testi teatrali. Scrittrice pluripremiata, si è occupata di diversi temi di carattere sociale, non sempre riscuotendo un successo di critica. Anticonvenzionale, anticolonialista ed esempio di donna libera e indipendente, a causa delle sue posizioni ha dovuto spesso scontrarsi con la sua famiglia, che era invece saldamente ancorata ai valori borghesi di epoca edoardiana, e con l’intellighenzia europea e africana.

La produzione letteraria della Lessing è stata fortemente influenzata dal contesto storico e politico in cui ha vissuto. Nata in Persia da genitori inglesi nel primo dopoguerra, Doris Lessing verrà profondamente segnata dagli anni trascorsi in Africa. Nel 1924, infatti, quando aveva solo cinque anni, si trasferì con la sua famiglia nella colonia britannica della Rodesia meridionale, attuale Zimbabwe, dove i genitori speravano di poter ricavare guadagni dalla coltivazione di piantagioni di mais. La famiglia di Doris investì l’intero capitale a propria disposizione per acquistare una fattoria in una regione a nord della capitale, Salisbury, divenendo così la prima famiglia bianca ufficialmente insediatasi in quella zona. L’esperienza africana si rivelò però ben presto fallimentare: i raccolti non diedero i frutti sperati e i genitori dell’autrice finirono poi per indebitarsi e, successivamente, furono costretti a vendere la proprietà.

Le miglia di distanza che separavano la fattoria dei Tayler dai primi villaggi abitati dai

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però le permetterà nel tempo di sviluppare un forte senso di indipendenza e di appassionarsi alla lettura. Nell’infanzia e nell’adolescenza dell’autrice si alternarono momenti di gioia, trascorsi a stretto contatto con la natura, a momenti di sofferenza, per via delle ristrettezze economiche in cui vissero lei e la sua famiglia, e della rigida educazione ricevuta. L’Africa rappresentò sempre per la scrittrice questa profonda contraddizione, un luogo di povertà e di esilio, ma anche di “verità”, intesa come schiettezza e genuinità d’animo, caratteristiche mai riscontrate in Inghilterra, dove si trasferì in seguito. Per questo motivo, nel corso della sua vita la scrittrice tornò più volte in Rodesia, alla ricerca di una sorta di propria identità perduta. La Lessing si è soffermata per la prima volta sui luoghi della sua infanzia nell’autobiografia Under My Skin (1994), descrivendo la bellezza dei paesaggi visibili dalla collina su cui sorgeva la fattoria della sua famiglia: i tramonti sul fiume e sulle montagne; il bosco in cui trascorreva le giornate, nascondendosi per osservare gli operai al lavoro; i cespugli che crescevano rigogliosi durante la stagione delle piogge; le abitazioni del villaggio in lontananza, in perfetta armonia con l’ambiente. In Under My Skin la Lessing compie un vero e proprio viaggio sensoriale, da cui emergono anche i suoni che animavano quei luoghi: il cinguettio degli uccellini appollaiati tra i rami in riva al fiume; la musica dello mbira, strumento tradizionale suonato dai pastori; i canti intonati dagli agricoltori; il frinire delle cicale; il rumore dei temporali.1

Nella stessa autobiografia la scrittrice racconta dettagliatamente anche del suo rapporto recisamente conflittuale con i genitori, in particolare con sua madre Emily Maude. Proprio in merito alle accese discussioni avute con lei nel periodo adolescenziale, la Lessing dice:

There are aspects of my life I am always trying to understand better. One – what else? – my relations with my mother, but what interests me now is the narrowly personal aspect. I was in a nervous flight from her ever since I can remember anything, and from the age of fourteen I set myself obdurately against her in a kind of inner emigration from everything she represented.2

La Lessing credette a lungo che a determinare la perenne incomprensione tra sua madre e lei fosse una certa frustrazione da parte della prima, mai espressa chiaramente, per una

1 Cfr. Maria Emília Alves Couto, Winter in July: Mapping Space and Self in Doris Lessing’s Short Stories, MA

Thesis, Faculdade de Letras da Universidade do Porto, novembre 2017, https://hdl.handle.net/10216/109136 (ultimo accesso: 21/11/2017).

2 Doris Lessing, Under My Skin: Volume One of My Autobiography, to 1949, London, HarperCollins, 1994, p.

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vita sacrificata e dedita esclusivamente alla famiglia. Nell’autobiografia la Lessing descrive Emily come una donna severa, colta, elegante, ambiziosa, talentuosa e ribelle. Per seguire il suo sogno e poter servire il paese durante la Prima guerra mondiale, Emily interruppe gli studi contro il volere di suo padre, e durante il percorso mostrò uno spiccato talento musicale e divenne infermiera, prestando servizio in un ospedale da campo dove conobbe Alfred Tayler, all’epoca soldato ferito ad una gamba. Grazie alle cure amorevoli di Emily, Tayler guarì, pur restando mutilo di un arto e, al termine della guerra, i due decisero di sposarsi. La decisione non fu, tuttavia, presa a cuor leggero: la scrittrice sostiene che “When my parents married both were ‘run down’ and both in ‘low spirits’”.3 Entrambi furono profondamente segnati dalla guerra: Emily perse il suo primo amore, un medico che rimase vittima di un attacco militare, poi dovette rinunciare alla propria carriera in ascesa e ad un futuro da pianista di successo per realizzare il sogno di diventare moglie e madre; Alfred perse una gamba, sostituita da una protesi in legno, a causa di una granata, e sviluppò quello che venne definito shell-shock, disturbo post-traumatico comune tra i sopravvissuti agli orrori della guerra. Come omaggio ai suoi genitori reduci da un passato così complesso e drammatico, la Lessing scrisse la sua ultima opera, Alfred and Emily (2008), restituendo loro dignità e speranza grazie al racconto immaginario di una vita alternativa di cui avrebbero goduto se non fosse scoppiata la Prima guerra mondiale.

Considerati i sacrifici compiuti da Emily per costruirsi una propria famiglia, non stupisce che ella avrebbe riposto grandi aspettative nella figlia. Doris fu dunque iscritta presso un “unwholesome”4 istituto cattolico della capitale gestito da suore tedesche, sottostando a regole molto severe. Dopo quattro anni, ottenne una borsa di studio per il Girls’ High, istituto femminile di Salisbury. Decise, tuttavia, dopo solo un anno, di abbandonare la scuola per dedicarsi allo studio della letteratura da autodidatta, appassionandosi ai grandi scrittori dell’Ottocento come Dostoevskij, Tolstoj, Stendhal, Balzac, Turgenev e Cechov,di cui definì le opere come:

the work of the great realists [...] I hold the view that the realist novel, the realist story, is the highest form of prose writing; higher than and out of the reach of any comparison with expressionism, impressionism, symbolism, naturalism, or any other ism. The great men of the nineteenth century had neither religion nor politics nor

3 Ibidem, p. 187. 4 Ibidem, p. 93.

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aesthetic principles in common. But what they did have in common was a climate of ethical judgement; they shared certain values; they were humanists.5

Lo studio in autonomia le consentì di sviluppare una sensibilità ai problemi sociali della Rodesia, legati allo sfruttamento dei nativi africani da parte dei coloni bianchi e alla mancanza di tutela nei riguardi dei lavoratori neri.

A causa del difficile rapporto con la madre, che non approvava l’atteggiamento anticolonialista di Doris, né la sua scelta di lasciare gli studi, nel 1934 la scrittrice decise di trasferirsi nella capitale e di mantenersi lavorando come domestica presso alcune famiglie facoltose. Proprio a Salisbury iniziò a muovere i primi passi nella scrittura.6

Durante la Seconda guerra mondiale, a soli diciannove anni, conobbe e sposò Frank Wisdom, dal quale ebbe due figli. Il matrimonio entrò però in crisi dopo soli quattro anni; nel 1943 Doris, infelice in un ruolo di madre e moglie che le lasciava poco spazio per dedicarsi alla scrittura, decise di lasciare suo marito rinunciando, suo malgrado, anche ai due figli, affidati al padre.

In quegli stessi anni l’autrice pubblicò le sue prime poesie e alcuni racconti su diversi giornali locali, entrando anche a far parte di un gruppo di ideologia comunista, il “Left Book Club”:

for the first time in my life I was meeting a group of people who read everything, and who did not think it remarkable to read, and among whom thoughts about the Native Problem I had scarcely dared to say aloud turned out to be mere commonplaces.7

Con i membri del gruppo, Doris condivise la passione per la letteratura e l’attenzione per la spinosa questione razziale. Partecipò a riunioni e a dibattiti nella capitale, interessandosi sempre più da vicino alla lotta per liberare la Rodesia dal colonialismo e dalle discriminazioni etniche per riconoscere e tutelare i diritti dei nativi africani. All’interno del gruppo comunista conobbe Gottfried Lessing, rifugiato politico tedesco che avrebbe

5 Doris Lessing, “The Small Personal Voice”, in Paul Schlueter (ed.), A Small Personal Voice, London, Flamingo,

1994, pp. 4-5.

6 Nel 1937 Doris Lessing scrisse quelli che lei stessa definì “two bad apprentice novels” (Under My Skin, cit.,

p. 193), mai pubblicati.

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sposato nel 1945 e da cui prese il suo cognome ufficiale. Anche questo matrimonio, però, si concluderà con una separazione pochi anni più tardi.

Dopo il fallimento di due matrimoni, la Lessing decise di trasferirsi in Europa, più precisamente a Londra con il figlio avuto da Gottfried, con l’obiettivo di affermarsi come scrittrice professionista e portare avanti l’impegno politico a cui si era avvicinata in Africa. L’arrivo in Inghilterra si rivelò però traumatico: in questo ambiente conservatore, ella fu immediatamente etichettata con sospetto come madre single, con alle spalle due divorzi, senza risorse economiche, comunista e Kaffir-lover.8 Costruirsi una nuova vita in un paese fortemente provato dalle due guerre mondiali non fu affatto facile. In un’intervista rilasciata nel 1997 al giornalista americano Dwight Garner Doris ricordò:

When I came to England, it was very down because of the war. Everybody I met had just come back from some fighting front or had been through the war. It was a pretty grim scene, really. London was unpainted and gray and flat. The coffee was undrinkable. The food was unspeakable. And the clothes were ghastly. I was very excited to be there for cultural reasons. But the war had created a frame of mind which now is very hard to put yourself back into. Nobody cared about having any money, because nobody had any money. You didn't think about it particularly. And what is now common -- defining yourself by what you wore or what you owned or what you ate -- that absolutely would be considered vulgar in the extreme.9

1.2 Il successo

Gli anni Cinquanta iniziarono, tuttavia, con una grande svolta per la carriera della Lessing, che pubblicò il suo primo romanzo di successo, The Grass Is Singing (1950), con il quale si fece conoscere presso il grande pubblico europeo ed americano.

Negli anni seguenti scrisse un cospicuo numero di opere, di vario genere e spessore. Oltre a diversi racconti, testi teatrali e una raccolta di poesie, la Lessing compose numerosi

8 Il termine Kaffir fu utilizzato a partire dagli anni Cinquanta per indicare, in tono dispregiativo, un gruppo di

nativi sudafricani; Kaffir-lover è un’espressione associata ai simpatizzanti con la popolazione nera.

9 Dwight Garner, “A Notorious Life”, Salon, November 1997,

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romanzi, tra cui i primi tre appartenenti al ciclo Children of Violence: Martha Quest (1952),

A Proper Marriage (1954) e A Ripple from the Storm (1958). Gli ultimi due capitoli del ciclo

comprendono Landlocked e The Four-Gated City, dati alle stampe rispettivamente nel 1964 e 1969.

In questi testi la Lessing affrontò diverse tematiche che le stavano a cuore, con una particolare attenzione rivolta sia alla riflessione interiore dei singoli personaggi, sia alle problematiche sociali che li affliggono. I romanzi degli anni Cinquanta e Sessanta sono inoltre accomunati da una forte componente autobiografica, radicata nel periodo trascorso in Africa:

Africa was, for Lessing, also the source of a quite different knowledge: a knowledge of politics that contributes to the tension in her writing between the urge to describe and to question this faith, the speculative stance that finds its formal outlet in the Utopian and dystopian modes. And that constant feature of Lessing’s narratives: the split, unstable, unreliable narrative voice.10

Al conflitto tra coscienza individuale e benessere collettivo si affianca la denuncia della disuguaglianza razziale, che contrappone i white settlers, insediatisi in Africa per trarre profitto dalle risorse del suolo, alla popolazione autoctona, sfruttata dai coloni come lavoratori al loro servizio, privati dei diritti politici e civili.

Come nota Anthony Chennels, docente all’Università di Pretoria, nella produzione letteraria della Lessing gli unici personaggi che si oppongono alla mentalità razzista e alle discriminazioni sono

typically children, outcasts, lonely prospectors or unsuccessful farmers like Dick Turner and Alfred Quest, do so within an ideology that is not Marxist but romantic anti capitalism. Their escape is inevitably temporary or profoundly limited; 'adult discourse remains unaffected by these sudden surges of insight'.11

I dissenzienti sono dunque personaggi semplici, dalla vita modesta, che vivono tra le distese sconfinate del veld, lontani dal capitalismo che imperversa nelle città e dalle alleanze

10 Rebecca O’Rourke, “Doris Lessing: Exile and Exception”, in Jenny Taylor (ed.),

Notebooks/Memoirs/Archives: Reading and Rereading Doris Lessing, Boston, Routledge &Kegan Paul Ltd, 1982, p. 222.

11 Claire Sprague (ed.), In Pursuit of Doris Lessing: Nine Nation Reading, New York, St. Martin’s Press Inc.,

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politiche che decidono le sorti del paese. In questi testi della Lessing la natura diventa dunque simbolo di libertà e si contrappone ai vincoli soffocanti e letali della civiltà capitalistica. Per contro, i borghesi bianchi conducono una vita alla ricerca ossessiva della ricchezza e del potere, educando alla mentalità capitalista anche i propri figli che, ad esempio in Martha Quest, mostrano però il coraggio di opporsi a questo modello di convivenza e di materialismo imperante:

Some settler children in the stories seem to refuse their parents' concern with success. They accept the wild space still left on the farms as something which does not require transformation into agricultural land before it can be appropriated to themselves. […] The children may feel at ease with what is to them totally familiar, but invariably their sense of wonder and delight is arrived at as an act of defiance of the adult discourse.12

Dal 1953 la Lessing aderì ufficialmente al Partito Comunista, che avrebbe poi lasciato nel 1956, delusa dall’atteggiamento poco propositivo dei pensatori e dal ruolo sempre meno attivo a lei riservato all’interno del partito. Nello stesso 1956, stanca del grigiore urbano di Londra e in cerca di una nuova ispirazione, tornò dopo otto anni di assenza in Rodesia, ignara del fatto che, dal 1950, il Primo Ministro Godfrey Martin Huggins l’avesse dichiarata

Prohibited Immigrant a causa delle sue posizioni politiche. Essere un ospite sgradito

comportava il rimpatrio immediato in Inghilterra, se non addirittura l’arresto, ma la Lessing, che apprese la scioccante notizia solo dopo essere arrivata a Salisbury, riuscì a soggiornare in Rodesia per quasi due mesi grazie alla protezione del nuovo Primo Ministro, Garfield Todd, che stimava la scrittrice e le concesse di viaggiare sotto scorta.13 Durante la permanenza in Rodesia la Lessing si rese conto, suo malgrado, che molte circostanze erano cambiate nell’ultimo decennio. Durante la Guerra Fredda gli inglesi accrebbero il loro potere politico all’interno del paese africano, istituendo una Federazione coloniale comprendente la Rodesia settentrionale (attuale Zambia), il piccolo stato del Nyasaland (oggi Malawi) e la Rodesia meridionale.14 Lo spirito utopistico e rivoluzionario con cui un

12 Anthony Chennels, “Reading Doris Lessing's Rhodesian Stories in Zimbabwe”, in Claire Sprague (ed.), In

Pursuit of Doris Lessing: Nine Nation Reading, cit., p. 32.

13 Cfr. Doris Lessing, Walking In The Shade: Volume Two of My Autobiography, 1949-1962, London,

HarperCollins, 1997.

14 La Federazione dell’Africa centrale durò solo dieci anni, dal 1953 al 1963, per poi dissolversi e dar vita ai

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tempo i gruppi comunisti rodesiani osteggiarono la supremazia bianca cedette il passo alla delusione e al risentimento:

I found my old friends had become paranoid, had taken to drink, or had turned into their own opposites, defending White Civilisation in ways they would so recently have found pathetic. Or they were having breakdowns. All these people had been sustained by a vision of that beautiful and true Utopia over there in Russia, but they had just read in the Observer the full text of the Khrushchev speech, and they were angry, disbelieving, bitter. I met little groups or the isolated person in some mining town or in a house in Bulawayo or Salisbury, and they were in despair, and their hearts were broken. There was one thing I could not say: ‘Not only is the Khrushchev speech all true, but the real truth is a hundred times worse.’ ‘Yes, it is true,’ I said. ‘Yes, I am afraid it is true, Khrushchev’s speech is true.’15

Il discorso di Krusev, tenuto nel 1956 durante il XX Congresso del Partito Comunista Sovietico, portò alla luce i crimini commessi da Stalin e denunciò i pericoli derivati dal culto della personalità, ottenendo una risonanza mondiale e imprevedibile. Le sue parole spinsero inevitabilmente numerosi membri dei gruppi comunisti sparsi in vari paesi del mondo, inclusa la Rodesia, ad abbandonare il Partito. Tutti coloro i quali per anni venerarono Stalin, dopo le parole di Kruscev si ritrovarono frastornati, confusi, disillusi, privati dei loro valori e ideali. Nonostante il disappunto per le vicende politiche africane, la Lessing trascorse gran parte del viaggio in solitaria passeggiando tra i boschi ancora incontaminati e riscoprendo quei luoghi naturali a lei tanto cari.

Ritrovate l’energia e l’ispirazione necessarie per poter scrivere, dopo qualche settimana tornò in Inghilterra e scrisse la raccolta di racconti The Habit of Loving (1957). Nello stesso anno pubblicò Going Home (1957), una sorta di diario di viaggio sulla sua ultima visita in Africa. Il testo è la testimonianza dell’affetto immutato che legava la scrittrice ai luoghi della sua infanzia, oltre che essere una descrizione accurata delle personalità pubbliche della Federazione e delle loro posizioni politiche in merito al problema della discriminazione razziale e al concetto di superiorità bianca. Dopo il 1956 la Lessing tornò in Rodesia diverse volte a seguito dell’indipendenza del paese, avvenuta nel 1964, pubblicando in seguito il resoconto di questi viaggi in African Laughter: Four Visits to Zimbabwe (1992). Il ritratto che ne deriva è quello di un paese propenso al cambiamento, a partire dal nome, che, dal 1980, diviene Zimbabwe; la scrittrice, nel testo, elogia le donne che, con determinazione,

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tentano di affermare il loro ruolo in società; parla del nuovo clima di tolleranza e di convivenza pacifica tra bianchi e neri, così diverso dal passato; denuncia la corruzione politica e la diffusione del virus dell’HIV che, dagli anni Ottanta, affligge gli abitanti delle zone rurali. Non mancano riferimenti alla sua infanzia, a memorie e ricordi di famiglia, antiche tradizioni africane, usi e costumi importati dall’Europa che, unendosi alle esperienze più recenti dell’autrice, fanno pensare a un paese ancora in cerca di una propria identità.

Grazie alla parte consistente della sua narrativa ambientata in Africa, nel 1987 la Lessing venne inserita nella Tabex Encyclopedia Zimbabwe tra gli “scrittori nativi”:

To be considered a native writer, one has to write Zimbabwean literature which is defined as “the works of Zimbabwean Africans who through their prose and poetry have expressed the human and cultural aspirations of the nation and its people” (Sprague, In Pursuit of Doris Lessing: 17). This definition would disqualify Lessing on two grounds; firstly, she is not black and secondly in her writing the natives are either fixed on their traditions and see their past with nostalgia or they are hopeful for a more dominant place in the white society. They were not at the time seeking a new nationhood. Lessing refused to pursue a narrative of Africa as a primitive place of adventure where African nationalism was a risk to the whites’ control. Instead, and in helping native writers, Lessing created a literary space whereby African novelists could speak of and work towards the birth of a Zimbabwean identity.16

Il supporto concreto offerto dalla Lessing alla letteratura nazionale emerse nel passaggio da Rodesia a Zimbabwe, durante il quale ella aiutò numerosi scrittori ad emergere, tra cui Stanlake Samkange, Charles Mungoshi, Dambudzo Marechera e la giovane Yvonne Vera, incarnanti la prima generazione di autori zimbabwesi in lingua inglese.17

Nonostante la presenza ricorrente del tema africano nella sua produzione e il dialogo etnico che contraddistinse la sua vita sin dalla nascita, la Lessing si sentiva a tutti gli effetti una scrittrice inglese.18 In In Pursuit of the English (1960), opera che racchiude ricordi dell’autrice, viaggi e satira politica, ella analizzò il concetto di Englishness in relazione alla costruzione di identità nazionale nell’ambito della cultura britannica degli anni Cinquanta, facendo luce sulle dicotomie esilio-casa, colonia-madrepatria, outsider-insider,

16 Maria Emília Alves Couto, “The Tylers, England and Southern Rhodesia”, in Winter in July: Mapping Space

and Self in Doris Lessing’s Short Stories, cit., p. 27.

17 Cfr. Ivi.

18 Cfr. Louise Yelin, “The Englishing of Doris Lessing” in From The Margins of Empire: Christina Stead, Doris

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straniero. Nella stessa Lessing si coglie una sintesi di questa commistione di elementi, essendo lei nata in Persia e avendo vissuto in Africa e poi in Inghilterra. Se, da un lato, l’autrice lasciò il villaggio della Rodesia meridionale sentendosi estranea a quella società, all’arrivo nella metropoli londinese percepì un nuovo senso di estraneità, di confusione. In sostanza, la Lessing “acquisì” un’identità inglese, attraversando un processo di trasformazione e ridefinizione di sé. Nel testo la scrittrice cercò dunque di comprendere quali fossero i percorsi e le conseguenze del divenire “cittadino inglese”, soprattutto in riferimento all’elevato numero di immigrati dalle colonie britanniche che, nel secondo dopoguerra, arrivarono in Inghilterra in cerca di fortuna e scontrandosi spesso, invece, con razzismo, violenza e discriminazione. I fattori che incidevano sulla definizione della

Englishness riguardavano l’identità etnico-culturale, la classe sociale e la regione di

provenienza e, soprattutto nel caso di immigrati provenienti dal Commonwealth, vedersi riconoscere un’identità di quel tipo fu sempre più difficile. Con il British Nationality Act del 1948, infatti, il governo inglese sancì la distinzione tra British citizens, provenienti dal Regno Unito, e Commonwealth citizens, provenienti dalle colonie.19 Per meglio comprendere il concetto di identità inglese, la Lessing si focalizzò sulla differenza tra Englishness e

Britishness, prendendo come esempio i suoi genitori: sua madre era solita riferirsi a se

stessa come a Irish o Scottish, ma mai inglese, mentre suo padre si era sempre considerato un Englishman. Secondo la docente universitaria Louise Yelin, tuttavia, il testo non fornisce una risposta esaustiva per comprendere cosa abbia effettivamente determinato nella Lessing un cambiamento di consapevolezza che da “estranea” la fece sentire “inglese”:

The oscillation between Englishness and foreignness is not resolved in In Pursuit of the English. Nor is the meaning of "English" normalized or stabilized. Yet in the course of the year that the text describes, the English identity of Doris is established, and she, like the author Doris Lessing, becomes an English writer, as an advance on a previously written book enables her to begin work on a new one.20

19 Cfr. Maria Emília Alves Couto, “The Tylers, England and Southern Rhodesia”, in Winter in July: Mapping

Space and Self in Doris Lessing’s Short Stories.

20 Louise Yelin, “The Englishing of Doris Lessing”, in From The Margines of Empire: Cristina Stead, Doris Lessing,

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11 1.3 Gli anni Sessanta, Settanta e Ottanta

Nel 1962 la Lessing compose The Golden Notebook, un importante romanzo in cui la dettagliata analisi della situazione sociale e politica in cui vivono i vari personaggi si affianca ad una profonda introspezione della psicologia della protagonista Anna Wulf, nome dal chiaro riferimento alla scrittrice Virginia Woolf. Anna è una scrittrice comunista che cerca di affermarsi come donna libera in una società ancora scossa dagli eventi storici recenti e ormai priva di ideali. La protagonista affida diversi momenti della sua vita a quattro taccuini di diverso colore, i quali si intrecciano alla struttura narrativa principale del romanzo scritto in terza persona. La confusione, le contraddizioni e il disordine presenti nella vita di Anna e riflessi nei suoi quattro diari si risolvono con la raccolta dei quaderni in un unico grande taccuino color oro. Le barriere razziali, il rapporto conflittuale tra genitori e figli, la lotta per l’indipendenza femminile, il contrasto tra uomo e donna e tra donna e donna sono solo alcuni dei numerosi temi affrontati dalla Lessing in questo romanzo, considerato da molti il suo capolavoro.

The Golden Notebook segnò dunque un punto di svolta nella carriera dell’autrice e la

consacrò come “not only the best woman novelist we have, but one of the most serious and intelligent and honest writers of the whole post-war generation”.21 La risonanza internazionale ottenuta dal romanzo attirò anche l’attenzione della critica femminista americana (nonché dell’allora esordiente poetessa canadese Margaret Atwood), che ne rivendicò i contenuti facendoli propri ed eleggendo l’opera a “testo sacro” di riferimento. Da allora, alla Lessing fu generalmente attribuita l’etichetta di “femminista”, sebbene nel corso degli anni la scrittrice abbia espressamente rifiutato precise vicinanze a un movimento che, in quei decenni, avrebbe posto in primo piano un atteggiamento di superiorità delle donne rispetto al genere maschile. Come lei stessa affermò in un’intervista del 1994:

I have nothing in common with feminists because of their inflexibility. […] They never seem to think that one might like men, or enjoy them. […] The problem is that certain women, polemical, highly verbalised women, only notice men when they are not

21 Jenny Taylor (ed.), “Introduction: Situating Reading”, in Notebooks/Memoirs/Archives: Reading and

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behaving well. They don't notice men if they behave well, because of course, only women behave well.22

In risposta a chi la identificò come femminista, la Lessing scrisse una “Preface To The Golden Notebook”, pubblicata nove anni dopo l’uscita dell’opera, in cui affermò che il romanzo fosse stato:

instantly belittled, by friendly reviewers as weIl as by hostile ones, as being about the sex war, or was claimed by women as a useful weapon in the sex war. I have been in a false position ever since, for the last thing I have wanted to do was to refuse to support women. […] Yet the essence of the book, the organisation of it, everything in it, says implicity and explicity, that we must not divide things off, must not compartmentalise. […] Other themes went into the making of this book, which was a crucial time for me: thoughts and themes I have been holding in my mind for years came together.23

Un’altra parte della critica, composta da scrittrici come Joan McCrindle e Elizabeth Wilson (comunque molto vicine ai movimenti femministi) lesse, al contrario, il romanzo con “serious reservations about The Golden Notebook's representation of twentieth-century woman”.24 A loro avviso, infatti, Anna Wulf potrebbe solo inizialmente sembrare una donna libera che riesce ad ottenere successo e indipendenza economica grazie alla pubblicazione di un suo romanzo. In realtà, dopo il primo lavoro, colpita e sopraffatta dal blocco dello scrittore, ella è incapace di produrre altro, se non i quattro taccuini attorno cui ruota la narrazione di The Golden Notebook. Inoltre, Anna parla di amore in un’ottica decisamente poco ascrivibile al femminismo, dicendo di voler “being with one man, love, all that. I've a real talent for it”25 e di essere “stuck fast in an emotion common to women of our time, that can turn them bitter, or lesbian, or solitary”.26 Anna, tuttavia, in uno dei suoi taccuini parla apertamente di erotismo, sessualità e piacere femminile, argomenti decisamente innovativi per il tempo, che suscitarono da un lato lo scalpore e, dall’altro, l’elogio della critica letteraria.27

22 Barbara Ellen, “I Have Nothing In Common With Feminists”, The Guardian, September 2001,

https://www.theguardian.com/books/2001/sep/09/fiction.dorislessing (ultimo accesso: 9/09/2001).

23 Doris Lessing, “Preface to The Golden Notebook”, 1971, cit. in Paul Shlueter (ed), A Small Personal Voice,

cit., pp. 8, 27-28.

24 Margaret M. Rowe, Doris Lessing, cit., p. 37.

25 Doris Lessing, The Golden Notebook, 1962, cit. in Margaret M. Rowe, Doris Lessing, cit., p. 40. 26 Ivi.

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Durante la stesura di The Golden Notebook la scrittrice si avvicinò alla corrente del Sufismo, disciplina spirituale islamica che sancì definitivamente l’abiura del radicalismo di sinistra a cui ella era stata legata in gioventù.28 Il Sufismo è strettamente collegato al concetto di “misticismo”, non inteso come una dimensione astratta o immaginaria, ma come la parte più intima e profonda dell’essere umano. Per raggiungere questo stato mistico è necessario porsi sotto la guida di un maestro spirituale, e seguirne scrupolosamente gli insegnamenti. In un articolo per The Daily Telegraph, la Lessing raccontò di aver conosciuto questa filosofia orientale grazie alla lettura quasi casuale del libro The Sufies (1964), che “seemed to me the most surprising book I had read, and yet it was as if I had been waiting to read just that book all my life. It is a cliché to say that such and such a book changed one's life, but that book changed mine”.29 Divenne allieva di Idries Shah, scrittore anglo-indiano, autore di numerosi libri sul misticismo tra cui proprio The

Sufies, nonché figura discussa nel mondo accademico orientalista per i suoi insegnamenti

poco ortodossi. Nonostante la contrastante ricezione di critica di Shah, diversi intellettuali supportarono le sue teorie, tra cui Ted Hughes e la stessa Lessing, la quale scrisse un articolo per il Washington Post elogiando The Sufies come “a seminal book of the century, even a watershed”.30 Mediante il Sufismo, la Lessing cercò di approfondire le sue conoscenze circa il pensiero e l’animo umano, cogliendo insegnamenti per sfruttare al meglio le proprie capacità, conoscere la propria forza vitale, aprire la mente verso nuovi orizzonti spirituali, lavorare su sé stessi per evolversi e migliorarsi. L’interesse per il misticismo si tradusse altresì in uno sperimentalismo di generi, tanto che, tra gli anni Settanta e Ottanta, la Lessing si dedicò allo space fiction, intendendo per space sia lo spazio interiore, quindi un’identità che i personaggi devono imparare a conoscere e incentivare, sia lo spazio esterno e dunque l’ambiente in cui i personaggi agiscono e interagiscono. Costruire una nuova identità significa essere in grado di comprendere la propria vera

28 Cfr. Linda E. Chown, Narrative Authority and Homeostasis in the Novels of Doris Lessing and Carmen Martin

Gaite, New York, Garland, 1990.

29 Doris Lessing, “On the Death of Idries Shah”, The Daily Telegraph, November 1996,

http://www.dorislessing.org/on.html (ultimo accesso: 3/10/2008).

30 Doris Lessing, “Sufism: A Way of Seeing”, Washington Post, April 1982,

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natura, liberi dalle apparenze e dalle etichette imposte dalla società o dal luogo geografico di appartenenza.31

I romanzi di questo periodo descrivono paesaggi onirici, esplorano nuove dimensioni interiori e articolano una profonda riflessione filosofica sul destino del singolo individuo e della società. A questo genere appartiene ad esempio Briefing for a Descent into Hell, pubblicato nel 1971:

it tries humor, wantonly indulges in word play, downplays questions of ethics, violates realistic proprieties, mixes drama, poetic prose, and factual report, de-emphasizes cause and effect, and so on. More importantly, it narratively explores the implications of the phrase, “there is never any where to go but in,” through the joint eyes of a male protagonist and of Doris Lessing. The issue of being inside or outside–politically, socially, personally–has been key in her active, adventurous life.32

Il titolo del romanzo fa riferimento al viaggio interiore del protagonista, un uomo ricoverato in un ospedale psichiatrico dopo essere stato ritrovato sulle rive del Tamigi privo di memoria. Le sue generalità verranno ricostruite grazie alla testimonianza di parenti e amici, ma per risalire, o meglio ricreare, la sua vera identità sarà necessaria un’analisi interiore più profonda, “infernale” e dolorosa. Il delirio del protagonista, che si esprime sotto forma di dialoghi con personaggi provenienti da altri mondi e con riferimenti alla sfera bellica, riscontrabili nelle opere di Goya e nei ricordi della seconda guerra mondiale, sarebbe un passaggio necessario per liberarsi delle sovrastrutture sociali che impediscono lo sviluppo del vero sé. Chiunque tenti di ribellarsi e sfuggire a quelle che sono le regole socialmente accettate viene considerato “diverso”, etichettato come “folle”. Per questo motivo, la scrittrice elogia la figura del folle, vista come anima pura e sincera in una società artefatta. Il folle presente nei romanzi della Lessing non è, dunque, una mera vittima di psicosi, bensì la configurazione della percezione distorta da parte di un mondo moderno malato. In un’intervista del 1972 fu la stessa scrittrice a dichiarare di voler “exploring the phenomenon of the unclassifiable experience, the psychological ‘breaking-through’ that

31 David Waterman, “Identity in Doris Lessing’s Space Fiction”, Études britanniques contemporaines,

Youngstown, New York, XXXVI, 2009, p. 109.

32 Cfr. Linda E. Chown, Narrative Authority and Homeostasis in the Novels of Doris Lessing and Carmen Martin

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the conventional world judges as mad”.33 Questa figura è già presente nel ciclo Children of

Violence, in cui la protagonista, Martha Quest

describes the world that [she] observes when she arrives in London as one in which technology and fascism have triumphed; a world in which sex and imagination and intelligence have been brutalised, a world of figurative and literal plague and a world for which the only hope is drastic biological mutation. […] It is not some demonic literary grandstanding, but a clear-eyed look at modern life. It is the inevitable terminal point toward which the modern mind is monorailing.34

In The Four-Gated City (1969), quinto e ultimo romanzo del ciclo Children of Violence, Martha diventa “matura” e prende coscienza di sé solo quando comprende che la sua pazzia è parte di un mondo altrettanto folle che tenta di distruggere persone particolarmente sensibili come lei.

Tra il 1979 e il 1983 la scrittrice si dedicò ad un nuovo ciclo di cinque testi di space fiction, contenuti in Canopus in Argos: Archives, ma il pubblico accolse tiepidamente questa nuova produzione, giudicata troppo scissa dal quotidiano e astrusa. Infatti, nel volume Doris

Lessing: Conversations, del 1994, si legge:

In reviews of the novels, in critical articles, and in letters to Mrs. Lessing herself, many readers have indicated their dismay that she has been wasting her talent writing fantasy.Some who have been particularly dismayed are those readers still waiting for her to write another Golden Notebook, or at least a "women's book," like The Summer Before the Dark. She has persisted, however, past the second Canopus novel, The Marriages of Zones Three, Four, and Five, which is about as close as she has come in the series to pleasing that readership.35

I cinque romanzi, intitolati rispettivamente Shikasta (1979), The Marriages Between Zones

Three, Four and Five (1980), The Sirian Experiements (1980), The Making of the Representative For Planet 8 (1982) e The Sentimental Agents in the Volyen Empire (1983),

descrivono una società che ha perso i propri valori e che ora si basa sulla violenza, emarginando le disuguaglianze ed etichettando gli esseri umani per il genere e la razza.36

33 Joyce C. Oates, “A Visit with Doris Lessing”, Southern Review, October 1973,

https://celestialtimepiece.com/2015/11/25/a-visit-with-doris-lessing/ (ultimo accesso: 25/11/2015).

34 Carole Klein, Doris Lessing: A Biography, London, Duckworth, 2000, p. 204.

35 Earl G. Ingersoll (ed.), Doris Lessing: Conversations, Princeton, Ontario Review Press, 1994, pp. 6-7. 36 Cfr. David Waterman, “Identity in Doris Lessing’s Space Fiction”, Études britanniques contemporaines, cit.,

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Lo spazio geografico e lo spazio interiore si intrecciano: l’ambiente esterno, che ci consente di relazionarci agli altri, è anche quello che maggiormente ci condiziona. Competizione, ambizione, invidia sono solo alcuni dei sentimenti connessi a questo binomio indissolubile che ci accompagna e, se fuori controllo, possono sfociare in isolamento, violenza, guerra e brama di dominio. Auspicando un cambio di rotta per evitare l’estinzione umana, la Lessing cerca di scuotere le coscienze e avvertire i lettori del pericolo che corrono continuando a perseguire questi comportamenti.

Follia e sanità mentale si intrecciano ad altri due temi tipici della narrativa della Lessing, ossia il rapporto tra sogno e realtà. Sin dalla sua infanzia, la scrittrice attinge ai propri sogni come fonte di idee e ispirazione:

She thinks about a new book in great detail before going to sleep, and very often finds the answer to some writing problem in her dream. She has trained herself to wake from dreams and take notes for the next day’s writing, keeping a dream diary at her beside all of her life, recording the night’s stories as soon as she awakens. This is a process that has become progressively possible as she grows older and finds it easier to wake herself from sleep.37

Gran parte dei suoi sogni sono ambientati in Africa, nella fattoria dei suoi genitori, soprattutto a seguito dell’incendio che distrusse l’edificio, come se attraverso i sogni l’autrice volesse riportare alla mente ogni dettaglio e mantenere vivo il ricordo di quell’infanzia perduta. Per anni la Lessing tentò di scrivere un’autobiografia basandola proprio sui suoi innumerevoli sogni, ma l’esperienza fu frustrante per via della frammentarietà e della mancanza di coerenza tipiche dei sogni, che di fatto le impedirono di scrivere un racconto lineare e omogeneo. Un primo tentativo fu la scrittura di Memoirs

of a Survivor (1974), romanzo distopico con chiari riferimenti alla famiglia e all’infanzia della

scrittrice, e che aveva come sottotitolo “An Attempt at Autobiography”, frase che tuttavia gli editori preferirono eliminare in fase di stampa.38 Anche in The Golden Notebook (1962) la scrittrice inserisce una componente onirica che le consente di dare spessore ai pensieri della protagonista Anna. Attraverso una catena di immagini simboliche, Anna rievoca nei sogni il suo passato in Africa, i suoi ricordi sugli orrori della guerra, la sua delusione per il comunismo.

37 Carole Klein, Doris Lessing: A Biography, cit., p. 206. 38 Cfr. Ibidem, p. 207.

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Nei vari testi della Lessing il confine tra sogno e realtà, proprio come quello tra follia e sanità mentale, è spesso sottile e labile: “in the land of Doris Lessing, states of being often seem to be reversed. Her characters are most aware of their feelings when asleep; conscious, they see their lives as a dark, confusing dream”.39

Nonostante le buone intenzioni della scrittrice, il pubblico rimase deluso dal genere speculativo da lei sperimentato: più inclini ad apprezzare romanzi di stampo realistico o sociologico, sia i lettori che gli accademici giudicarono la sua space fiction non all’altezza dei suoi lavori precedenti. La critica in quegli anni non si rivelò dunque particolarmente bendisposta nei suoi confronti e, come si legge in una recensione relativa ai primi romanzi del ciclo Canopus in Argos:

Doris Lessing employs the space fiction genre purposefully, but not well', and the critic then goes on, interestingly, to attack Lessing's style: 'misplaced participles abound, singulars and plurals are confused, sentences are made verbless quite unnecessarily and there is much too much reliance on those magic triple dots. 40

Amareggiata dalle recensioni negative, nel 1983 la Lessing decise di pubblicare due romanzi sotto lo pseudonimo di “Jane Somers”, successivamente raccolti nel volume The Diares of

Jane Somers (1985) e associati al vero nome dell’autrice. Con questo gesto, come scrisse

nella Prefazione al volume, la Lessing volle dimostrare quanto il pubblico e la critica letteraria fossero facilmente influenzabili da una serie di fattori esterni e circostanziali riguardanti il testo letterario. Già a partire dagli anni Cinquanta, infatti, ella lamentava una certa superficialità o mancanza di professionalità con cui i critici spesso esprimevano giudizi sui suoi lavori:

As long as critics are as “sensitive”, subjective, and uncommitted to anything but their own private sensibilities, there will be no body of criticism worth taking seriously in this country. At the moment our critics remind me of a lot of Victorian ladies making out their library lists: this is a “nice” book; or it is not a “nice” book; the characters are “nice”; or they are not “nice”. What we need more that anything else, I am convinced, is some serious criticism.41

39 Ivi.

40 Claire Hanson, “Doris Lessing in Pursuit of the English, or, No Small, Personal Voice”, in Claire Sprague (ed.),

In Pursuit of Doris Lessing: Nine Nation Reading, cit., p. 62.

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Anziché prestare attenzione in modo obiettivo e analitico allo stile o alle tematiche affrontate nei suoi romanzi e nei suoi racconti, il mondo critico e accademico si sarebbe concentrato quasi morbosamente sull’aspetto autobiografico rintracciabile nelle opere. In un’intervista del 1964, con particolare riferimento a The Golden Notebook, la Lessing affermò:

It was [autobiographical], in part. But it was also a highly structured book, carefully planned. The point about that book was the relation of its parts to each other. But the book they wanted to turn it into was called The Confessions of Doris Lessing.42

E ancora:

On one side realism—the truth. On the other, in another box, imagination—fantasy. But most readers now want to think, as they read: This is really what happened to the author. And the author who has tried so hard to take the story out of the strictly personal, to generalise personal and private experience, sometimes feels he or she need not have bothered, might as well have set down a strict and accurate record of what happened—autobiography, in fact.43

Secondo la scrittrice, le radici di questo impianto uniformato di una critica letteraria poco perspicace affonderebbero nel sistema scolastico e universitario:

The system moulds students whose 'imaginative and original judgement' is suppressed (GN, xvi). The university system is the worstculprit, particularly the theses factories in the Uni ted States. Having gone through such a mill, the critic can do little more than 'patronise and itemise' (GN, xx).44

Nonostante il suo forte scetticismo nei confronti del mondo accademico, espresso più volte in interviste e saggi, la Lessing sarebbe stata accolta in seguito come una scrittrice autorevole e “canonica”. Come sostiene la scrittrice Margaret M. Rowe:

her status as a 'serious' rather than 'commercial' writer has a good deal to do with her reception by the academic world. She is, after all, one living writer with both a scholarly

42 Doris Lessing, “Interview by Roy Newquist”, cit. in Jenny Taylor (ed.), Notebooks/Memoirs/Archives:

Reading and Rereading Doris Lessing, cit., p. 11.

43 Doris Lessing, Walking In The Shade: Volume Two of My Autobiography, 1949-1962, cit., p. 336. 44 Doris Lessing, “Preface to The Golden Notebook”, cit. in Margaret M. Rowe, Doris Lessing, cit., p. 113.

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society, the Doris Lessing Society, and a publication, The Doris Lessing Newsletter, named for her.45

1.4 Gli anni Novanta e Duemila

Negli anni Novanta, Doris Lessing scrisse principalmente racconti e collaborò con il compositore americano Philip Glass alla scrittura dell’opera teatrale The Marriages

Between Zones Three, Four and Five (1997), basata sull’omonimo romanzo. Pubblicò i primi

due volumi della sua biografia Under My Skin (1994) e Walking in the Shade (1997), nei quali il racconto autobiografico della scrittrice ormai ottantenne racchiude il periodo dall’infanzia ai quarant’anni, interrompendosi al 1962. Sebbene originariamente avesse pensato a un terzo volume, ella decise di non pubblicare altre memorie, per timore di esporre troppo le persone a lei care e di urtarne la sensibilità.46 La scelta di dedicarsi alla stesura della propria biografia derivò dalla volontà di evitare che altri parlassero di lei e della sua vita in maniera inappropriata. Nei due testi la Lessing si racconta in maniera coraggiosa, orgogliosa, sincera, a tratti fredda e distaccata, scegliendo di non omettere storie che avrebbero indubbiamente suscitato disapprovazione nel pubblico e nella critica:

Judging by her prickly reaction to interviwers, working on the memoirs has stirred up many emotions. She seems outraged about criticism she received for not going into her feelings about leaving her two children in Under My Skin. ‘What should I do?’ she demanded of journalist Catherine Bennett. ‘Write two chapters saying I was unhappy, or what? I should think it was pretty well taken for granted’.47

La scrittrice non cercò né l’approvazione né la pietà del lettore, ma semplicemente intese parlare di sé a cuore aperto, non accettando le numerose proposte di scrittura di una sua biografia a due o quattro mani con autori e giornalisti, tra cui l’americana Carole Klein, la

45 Ibidem, p. 121.

46 Cfr. Carole Klein, Doris Lessing: a Biography, p. 251. 47 Ivi.

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quale, a seguito del rifiuto di una collaborazione da parte della Lessing nel 1992, si occupò comunque della sua vita e delle sue opere pubblicando due testi.48

I temi affrontati dalla Lessing nelle opere degli ultimi anni sono molto diversi da quelli presenti nella sua narrativa precedente. In Love, Again (1996), ad esempio, la scrittrice ci parla di sessualità in rapporto a uomini e donne di mezza età o addirittura anziani, chiedendosi cosa succederebbe se persone così adulte si innamorassero o fossero attratte da persone molto più giovani di loro. La protagonista è Sarah, una produttrice teatrale sessantacinquenne, la quale scopre una serie di diari del 1912 appartenenti ad una giovane musicista che, per amore, si era trasferita dalla Martinica alla Provenza. La storia di questa donna, straordinariamente libera e ribelle per il suo tempo, appassiona Sarah tanto da ispirarle una commedia basata su quei diari, e da indurla a cambiare profondamente la propria vita: si innamora di due uomini più giovani, uno dopo l’altro. La preoccupazione per un progetto di coppia a lungo termine si affianca al desiderio di vivere un amore passionale, fugace, “giovanile”, quasi incosciente, ed ella si domanda se il bisogno d’amore scompaia con l’avanzare dell’età, oppure se sia davvero possibile continuare ad innamorarsi fino a che si è vivi. Attraverso questo testo la scrittrice stimola nel lettore una profonda riflessione sull’esistenza, non sempre trovando risposte univoche ai dilemmi della protagonista, ma mostrando senza tabù un aspetto della vita umana che toccò in prima persona anche la stessa Lessing. Poco dopo la pubblicazione di Love Again, infatti, la scrittrice, ospite del programma televisivo In the Psychiatrist’s Chair, dichiarò di aver avuto per qualche tempo una relazione con un uomo molto più giovane di lei con cui, nonostante gli iniziali dubbi dovuti alla differenza d’età, trascorse un piacevole momento della sua vita.49

Nel 2000 scrisse The Old Age of El Magnifico, serie di racconti sulla vita dei gatti, seconda a Particularly Cats, prima raccolta sui felini pubblicata in diverse versioni a partire dagli anni Sessanta. In questi testi la Lessing esprime tutta la sua passione per queste creature con cui ha da sempre vissuto, sia in Rodesia che in Inghilterra. Proprio come gli esseri umani, ogni gatto descritto nei racconti ha un proprio carattere e un proprio vissuto: dal gatto selvatico della fattoria in Africa a quello domestico e vanitoso che abita in appartamento a Londra, da quello randagio che vive per le strade della città inglese al gatto ormai anziano e mutilo di una zampa a causa di una malattia. In maniera divertente la scrittrice racconta

48 La Klein ha pubblicato Doris Lessing: In the World but not of It (1999) e Doris Lessing: a Biography (2000). 49 Cfr. Carole Klein, Doris Lessing: A Biography, cit., pp. 227-28.

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la propria vita in relazione ai gatti, e dunque in che modo e quanto i felini l’abbiano influenzata nel corso degli anni, sottolineando la profonda connessione tra uomo e gatto e il rapporto comunicativo instaurato mediante i gesti.

Decisamente diverso è invece il tema affrontato in uno dei suoi ultimi romanzi, The Cleft, pubblicato nel 2007. Il narratore, uno storico romano al tempo dell’imperatore Nerone, ricostruisce la storia della nascita dell’umanità, utilizzando frammenti di un manoscritto ancestrale e racconti della tradizione orale. L’opera narra di una comunità di sole donne abitanti di un luogo edenico, autosufficienti e capaci di autoriprodursi, generando unicamente figlie femmine. Il titolo fa riferimento al nome di questa società, derivante da una roccia dalla forma simile ad una vagina, che le donne venerano come sacra. L’armonia della comunità viene però minacciata dalla nascita di un “mostro”, un maschio, a cui ne seguiranno numerose altre. I bambini, che le donne lasciano morire sulle rocce, vengono invece salvati e cresciuti da una cerva, formando una loro comunità al di là della vallata. Diversi anni più tardi, le due società entreranno in contatto tra loro quasi per caso, scoprendo i piaceri del sesso, dell’amicizia e della condivisione. Le donne sono passive, si occupano dei figli e della casa, mentre gli uomini si imbattono in avventure coraggiose, e a loro sono affidati i compiti più intellettuali e creativi. Le anziane della cleft, stanche di questo miscuglio di generi che minaccia l’estinzione della comunità femminile, decidono infine di eliminare questo pericolo, sterminando la comunità di uomini. In questo romanzo la Lessing riprende uno dei temi dei suoi primi lavori, ossia il confronto tra uomo e donna, evidenziando il modo in cui riescono a relazionarsi e a convivere nonostante le differenze di genere, e il modo in cui le peculiarità di queste creature possono influenzare la nostra esistenza.

Gli ultimi decenni della vita della scrittrice appaiono costellati da una serie di riconoscimenti e premi letterari, culminati nel 2007 con l’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura. Per tale occasione ella scrisse un discorso, intitolato provocatoriamente “On Not Winning the Nobel Prize”, in cui sottolineava l’importanza della lettura, attività in forte calo tra le giovani generazioni anche a causa dell’avvento delle nuove tecnologie. La Lessing, attingendo al suo bagaglio autobiografico, confrontò inoltre la situazione di un paese europeo come la Gran Bretagna, dove gli studenti possono contare su immense biblioteche (per metà inutilizzate), e le condizioni dello Zimbabwe, in cui non ci sono nemmeno libri a sufficienza. Nel suo discorso la scrittrice fece anche riferimento ad un

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sondaggio condotto da lei stessa proprio nello Zimbabwe, da cui emergeva che la popolazione, nonostante vivesse in uno stato di profonda povertà, era interessata al sapere, avrebbe voluto leggere i romanzi, le poesie e le opere teatrali i cui testi erano facilmente reperibili in Europa. La Lessing diventò così un membro del “Book Aid International”, un’associazione che si occupava (e che tuttora si occupa) di diffondere la cultura del libro in Africa. La Lessing dichiarò poi di sentirsi fortunata, ricordando di aver vissuto l’infanzia in “A mud hut, but full of books”,50 grazie a sua madre, che regolarmente si faceva spedire dall’Inghilterra pacchi pieni di libri. Concluse il suo discorso tornando a sottolineare l’importanza della lettura, grazie alla quale possiamo conoscere il mondo, esplorare gli orizzonti mentali, immaginare, crearci una propria opinione su ciò che ci circonda; ella non mancò di incentivare all’esercizio della scrittura collocandolo in un percorso di continuità con il dialogo universale: “In order to write, in order to make literature, there must be a close connection with libraries, books, the Tradition”.51

50 Doris Lessing, “On Not Winning the Nobel Prize”, NobelPrize.org, December 2007,

https://www.nobelprize.org/prizes/literature/2007/lessing/25434-doris-lessing-nobel-lecture-2007/ (ultimo accesso: 15/12/2019).

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CAPITOLO II

A PROPER MARRIAGE

2.1 Children of Violence e A Proper Marriage

Il ciclo Children of Violence, con i suoi cinque romanzi, rientra tra le prime raccolte di successo della Lessing. Il progetto nacque su suggerimento del suo editore, Juliet O’Hea, che le consigliò di dedicarsi ad un nuovo romanzo, data l’inaspettata risonanza ottenuta dall’opera di debutto The Grass Is Singing (1950),1 e accantonare la scrittura dei racconti a cui ultimamente lavorava.2 L’opera che ne derivò fu Martha Quest (1952), seguito da altri quattro volumi intitolati, rispettivamente, A Proper Marriage, A Ripple from the Storm,

Landlocked e Four-Gated City, pubblicati in un vasto lasso temporale, dal 1952 al 1969, e

intervallati dalla pubblicazione di The Golden Notebook (1962).

Il secondo volume della raccolta, A Proper Marriage, edito per la prima volta in Inghilterra nel 1954, venne tradotto in italiano tre anni più tardi con il titolo La noia di essere

moglie e, successivamente, Un matrimonio per bene.

Il ciclo, definito un Bildungsroman3 dalla stessa autrice in una nota inserita nell’ultimo romanzo della serie, è incentrato sulla crescita personale e professionale della protagonista, Martha Quest, e sul suo rapporto con la società. I primi quattro romanzi sono ambientati negli anni Trenta e Quaranta e descrivono la vita della donna nella cittadina immaginaria di Zambesia, in Sudafrica, mentre l’ultimo si colloca in Europa tra il secondo dopoguerra e gli anni Ottanta, per poi raccontare, con un salto temporale di oltre un decennio, il futuro della protagonista e la sua morte, avvenuta a fine anni Novanta.

1 Cfr. Doris Lessing, Walking In the Shade, New York, HarperCollins, 1998, p. 16.

2 Nel 1951 pubblicò un volume di racconti intitolato This Was the Old Chief's Country, successivamente

inserito nella collana African Stories (1964).

3 Genere letterario noto anche come “romanzo di formazione”, incentrato sulla crescita culturale e personale

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Nel primo volume, Martha viene descritta come un’adolescente ribelle che decide di lasciare il villaggio e la fattoria di famiglia per trasferirsi nella capitale, dove trova lavoro come impiegata d’ufficio e conosce un uomo che, innamorato di lei, le chiederà di sposarla. In A Proper Marriage Martha è una giovane donna sposata con il funzionario statale Douglas Knowell e madre della piccola Caroline, ma, insoddisfatta della propria vita matrimoniale medio-borghese, verso la fine delle vicende ella tenterà di dare una svolta alla propria vita, meditando di lasciare marito e figlia. In A Ripple from the Storm apprendiamo che Martha ha deciso di unirsi ad un gruppo attivista di sinistra impegnato nella lotta al razzismo, affiliazione grazie a cui conosce il suo futuro secondo marito, Anton Hesse; il romanzo, però, si conclude all’insegna della disillusione politica della protagonista e della delusione per il fallimento del suo secondo matrimonio. In Landlocked Martha è in procinto di lasciare l’Africa e partire per l’Europa, mentre il romanzo finale, Four-Gated City, è interamente ambientato nell’Inghilterra del secondo dopoguerra. In quest’ultimo, la protagonista vive come ospite alla pari presso la famiglia dei Coleridge, prendendosi cura dei bambini della coppia e lavorando come segretaria per il capofamiglia Mark, con cui avrà una relazione clandestina, ma anche diventando amica intima della moglie di Mark stesso, Lynda, affetta da schizofrenia. La permanenza presso questa famiglia porterà Martha a mettere in discussione la sua intera esistenza di donna e a nutrire un interesse più profondo per gli aspetti intimi della vita umana, alla ricerca di una nuova coscienza di sé in forte contrasto con la realtà esterna. Il romanzo si conclude con lo scenario di un mondo occidentale che, ormai sopraffatto dalla violenza e da una contaminazione radioattiva derivante dal rilascio di scorie nei fiumi e nei mari, finisce per collassare. Solo nell’appendice, ambientata nel futuro, si scopre che Martha, ormai anziana, sarebbe morta nel 1997 su un’isola scozzese dopo essere sopravvissuta al disastro apocalittico.

In “The Small Personal Voice”, un saggio pubblicato per la prima volta nel 1957 e successivamente inserito nella raccolta A Small Personal Voice del 1974, la Lessing illustra il progetto di questo ciclo, concepito come “a study of the individual conscience in its relations to the collective”.4 Durante la stesura dei vari volumi che compongono la raccolta, l’interesse della scrittrice per la questione umana subisce altresì un radicale mutamento che la porterà a subordinare gli aspetti più “concreti” della vita e abbandonare la vena

4 Doris Lessing, “The Small Personal Voice”, in Paul Schlueter (ed.), A Small Personal Voice, London, Flamingo,

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realista evidente nei primi tre romanzi per spostare l’attenzione verso approcci più psicologici e tematiche spirituali negli ultimi due volumi della serie.

Con Children of Violence la Lessing compone un composito Bildungsroman in cui l’analisi delle relazioni sociali instaurate da Martha con diverse figure femminili consente di far luce sui processi che conducono alla costruzione dell’identità da parte della protagonista. Non solo il rapporto con la madre, ma anche la presenza più o meno costante di altri personaggi permetteranno a Martha di riflettere sul ruolo della donna nella società e di raggiungere una nuova autoconsapevolezza. Importanti in questo senso sono, ad esempio, l’incontro con la saggia inserviente nera che le sta vicino durante il parto; la sua amica Alice, con cui condivide ansie e preoccupazioni; la piccola Caroline; sua suocera, incarnazione dei valori borghesi delle colonie; la frequentazione di donne coinvolte nella scena politica del paese, le quali, per mantenere una propria necessaria indipendenza, antepongono la militanza al matrimonio.

Ricerca interiore, intesa come sviluppo coscienziale, e dimensione esterna, ossia l’affermazione di sé in un determinato spazio geografico e contesto sociale, sono due aspetti strettamente interconnessi nei romanzi del ciclo. Attraverso una lunga, dura e sofferta battaglia tra consapevolezza e pulsioni, istinto e autocontrollo, razionalità ed emotività, Martha tenta di affermare la propria individualità, ma, nel tentativo di far interagire questi due mondi, si ritrova spesso sola, poiché né la famiglia né la società possono in effetti aiutarla a trovare le risposte che sta cercando e che sembra poter trovare solo in se stessa.5

I romanzi del ciclo sono scritti in terza persona, ma tutto viene raccontato e analizzato esclusivamente dal punto di vista di Martha, ovvero in relazione a ciò che la protagonista vede e come lo percepisce, ai suoi sentimenti legati a specifici luoghi o momenti o personaggi, e alla qualità del tempo trascorso in compagnia di determinate persone o luoghi:

5 Cfr. Lois A. Marchino, “The Search for Self in the Novels of Doris Lessing”, Studies in the Novel, IV, 2, 1972,

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Everything that happens serves one purpose, and one only: to contribute to the ‘plot’, which is the achievement of a certain wisdom about ‘life’. […] Martha was intended to have a different fate from the one she turned out to have.6

Il narratore, dunque, attraverso l’accurata descrizione di situazioni, personaggi ed emozioni, ci spinge ad identificarci con la protagonista e a mettere a fuoco gli stadi che gradualmente la inducono al cambiamento.

Un aspetto interessante, che accomuna i cinque volumi del ciclo, riguarda inoltre la struttura del primo capitolo: tutti i romanzi si aprono infatti con la descrizione di due donne. Nel caso di A Proper Marriage, il primo capitolo esordisce con la frase “Two young women were loitering down the pavement in the shade of the sunblinds that screened the shop windows”.7 La scelta di avviare il racconto attraverso due personaggi femminili potrebbe essere legata alla volontà di esplicitare sin da subito due delle caratteristiche principali di questi romanzi, ossia la “doppia” e contraddittoria personalità di Martha, e la preponderante presenza femminile nella sua vita.

Segue uno schema prestabilito anche la suddivisione di tutti i romanzi in quattro sezioni, ognuna composta specularmente da quattro capitoli (ad eccezione di Martha Quest, con tre capitoli per sezione) e preceduta da un’epigrafe tratta da testi di autori diversi, nel cui contenuto si colgono anticipazioni tematiche riguardanti la sezione interessata.

In A Proper Marriage la prima sezione, incentrata sui primi mesi di matrimonio di Martha e Douglas, è accompagnata da una citazione tratta da Through the Looking-Glass, and What

Alice Found There (1871) di Lewis Carroll. La frase, che recita “’You shouldn't make jokes’,

Alice said, 'if it makes you so unhappy’”, è rivolta ad una zanzara gigante dall’aria malinconica che Alice incontra sul suo cammino attraverso lo specchio. La zanzara mostra alla ragazzina i numerosi e strani insetti che popolano il bosco, classificati da Alice secondo le loro caratteristiche fisiche. L’insetto gigante invita però la giovane a interrompere la pratica della nomenclatura e ad abbandonare l’uso del suo stesso nome così da poter esprimere liberamente il proprio essere senza alcuna etichetta. La richiesta della zanzara, tuttavia, non viene accolta da Alice, che si rifiuta di abdicare al proprio nome e, dopo aver

6 Nicole Ward Jouve, “Of Mud and Other Matter – The Children of Violence”, in Jenny Taylor (ed.),

Notebooks/Memoirs/Archives: Reading and Rereading Doris Lessing, Boston, Routledge &Kegan Paul, 1982, pp. 115-16.

7 Doris Lessing, A Proper Marriage, London, Michael Joseph, 1954, p. 9. Le citazioni successive dal romanzo,

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