a cura di
CERGAS - Bocconi
Rapporto OASI 2016
Osservatorio
sulle Aziende
e sul Sistema
sanitario Italiano
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Collana CERGASCentro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale dell’Università Bocconi
Osservatorio sulle Aziende
e sul Sistema sanitario Italiano
Il rinnovamento dei sistemi sanitari è da tempo al centro del dibattito politico e scien-tifico nazionale e internazionale. Con l’istituzione di OASI (Osservatorio sulle Aziende e il Sistema sanitario Italiano), il CERGAS ha voluto confermarsi quale punto di rife-rimento per l’analisi dei cambiamenti in corso nel sistema sanitario italiano, adottan-do un approccio economico-aziendale. Ha inoltre creato un tavolo al quale monadottan-do ac-cademico e operatori del SSN possono interagire ed essere nel contempo promotori e fruitori di nuova conoscenza.
A partire dal 2000, l’attività di ricerca di OASI è stata sistematicamente raccolta in una serie di Rapporti Annuali. Il Rapporto 2016:
• presenta l’assetto complessivo del SSN (profili istituzionali, struttura, attività e spe-sa) e del settore sanitario italiano, inquadrandolo anche in ottica comparativa in-ternazionale. Sono inclusi approfondimenti sui consumi privati di salute, sugli ero-gatori privati accreditati e sul sistema sociosanitario e sociale;
• approfondisce questioni di policy rilevanti per il sistema sanitario e le sue aziende, quali i recenti riordini di molti SSR, la mappatura della rete ospedaliera alla luce dei nuovi standard, il governo dell’assistenza farmaceutica, l’implementazione del pro-gramma nazionale HTA per dispositivi medici;
• a livello aziendale, discute la trasformazione delle unità operative, confrontando le esperienze dei team multidisciplinari e delle équipe itineranti; si focalizza su percorsi di selezione del top management e sviluppo imprenditoriale nella sanità pubblica; descrive i differenti approcci alle cure intermedie a livello internazionale e naziona-le e ne analizza i modelli organizzativi, i target di utenti e naziona-le formunaziona-le di servizio; ana-lizza i risultati preliminari della sperimentazione dei CReG; approfondisce le sfide della gestione centralizzata degli acquisti e l’impatto della crisi della finanza pubbli-ca sui sistemi di programmazione e controllo nelle aziende del SSN.
Il CERGAS (Centro di Ricerche sulla Gestione dell'Assistenza Sanitaria e Sociale) dell’Università Bocconi è stato istituito nel 1978 con lo scopo di sviluppare studi e ricerche sul sistema sanitario. Le principali aree di ri-cerca sono: confronto tra sistemi sanitari e di Welfare e analisi delle po-litiche pubbliche in tali ambiti; valutazioni economiche in sanità; logiche manageriali nelle organizzazioni sanitarie; modelli organizzativi e siste-mi gestionali per aziende sanitarie pubbliche e private; impatto sui set-tori industriali e di servizi collegati (farmaceutico e tecnologie biomedi-che) e sul settore socio-assistenziale.
Rapporto OASI 2016
Questo volume è stato realizzato grazie al contributo incondizionato di
Collana CERGAS Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale dell’Università Bocconi
a cura di
CERGAS - Bocconi
Rapporto OASI 2016
Osservatorio
sulle Aziende
e sul Sistema
sanitario Italiano
Impaginazione: Compos 90, Milano
Copyright © 2016 EGEA S.p.A. Via Salasco, 5 – 20136 Milano Tel. 02/5836.5751 – Fax 02/5836.5753
egea.edizioni@unibocconi.it – www.egeaeditore.it
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Prima edizione: novembre 2016 ISBN 978-88-238-5142-9
Stampa: Geca Industrie Grafiche, San Giuliano Milanese (Mi)
Questo volume è stampato su carta FSC® proveniente da foreste gestite in maniera responsabile secondo rigorosi standard ambientali, econo-mici e sociali definiti dal Forest Stewardship Council®
alla luce dei nuovi standard ospedalieri:
mappatura e potenziali di riorganizzazione
di Alessandro Furnari e Alberto Ricci1
9.1
Introduzione al tema e obiettivi di ricercaNegli ultimi quindici anni, la razionalizzazione della rete ospedaliera nazionale è stata indirizzata dal livello centrale (Ministero della Salute, dell’Economia e delle Finanze, AGENAS) attraverso la progressiva riduzione di due macro-pa-rametri di dotazione strutturale e di attività: i posti letto (PL) in rapporto alla popolazione e i tassi di ospedalizzazione. Una terza leva implicita, ma determi-nante negli ultimi anni, è stata la crescente scarsità delle risorse a disposizione in rapporto ai bisogni epidemiologici crescenti: tra il 2009 e il 2014, la spesa sa-nitaria pubblica corrente ha registrato un aumento medio annuo pari ad appe-na lo 0,7%. Nell’ultimo decennio, le Regioni hanno esercitato i loro poteri di pianificazione dell’offerta ospedaliera riducendo le dotazioni infrastrutturali a disposizione. Inoltre, a partire dal 2007, il livello centrale è spesso subentrato alle Regioni attraverso la leva dei piani di rientro. In questo modo, Ministeri e Agenzie hanno direttamente prescritto forti azioni di razionalizzazione in metà delle Regioni del nostro Paese (10 su 21), dove i disavanzi finanziari erano spesso associati a livelli qualitativi di servizio insufficienti. Anche tali azioni hanno privilegiato un focus sulla riduzione del deficit finanziario della singola Regione. Sul piano dell’assistenza ospedaliera, hanno prevalentemente perse-guito un taglio ancora più netto dei posti letto, senza rafforzare di pari passo il livello territoriale (Cuccurullo, 2012). Il risultato combinato di queste azioni è stata una riduzione del 25% dei PL pubblici e privati accreditati (–71.985) tra 2000 e 2014: la dotazione strutturale ospedaliera per acuti è da tempo in linea o inferiore rispetto agli altri Paesi europei (cfr. cap. 2 del presente Rapporto); l’attuale standard di 3,7 PL per 1.000 abitanti è ormai raggiunto a livello
nazio-1 Nonostante il lavoro sia frutto di un comune lavoro di ricerca, i paragrafi 9.2, 9.3, 9.4.2 e 9.4.3 sono
da attribuire ad Alessandro Furnari, i restanti ad Alberto Ricci. Si ringrazia Marco Stegani per il contributo nell’analisi dei dati; si ringraziano Francesco Longo e Anna Prenestini per i preziosi suggerimenti e commenti.
nale, anche se permangono squilibri a livello regionale (cfr. cap. 3 del presente Rapporto). La sfida è la rimodulazione dei servizi ospedalieri (Clemens et al., 2014), sebbene siano necessari interventi complessi sul piano tecnico e politico (cfr. McKee and Healy, 2002; sul piano nazionale, Del Vecchio et al., 2014). In particolare, con riferimento alla realtà italiana, emergono alcune aree poten-zialmente critiche.
La definizione della vocazione appropriata per i singoli stabilimenti ospeda-lieri, che è la base necessaria per ogni pianificazione delle dotazioni infra-strutturali. Un punto particolarmente rilevante è la sfida del riposiziona-mento produttivo (e talvolta della riconversione) dei piccoli ospedali per acuti.
Il coordinamento nazionale nella pianificazione e gestione delle reti di alta specialità/alta complessità, con bacini di utenza ampi, che frequentemente de-vono superare i confini regionali. L’alta complessità richiede una forte con-centrazione di risorse per investire efficacemente in ricerca, formazione me-dica e tecnologia. Tali investimenti sono decisioni strategiche che richiedono sforzi coordinati e generano effetti che non si limitano alle singole Regioni (si pensi alle dinamiche di mobilità).
La concentrazione dei volumi di erogazione delle prestazioni. In molti ambiti medico-chirurgici è ormai assodata la correlazione volumi-esiti. Recenti studi indicano che il numero di prestazioni è una proxy di altri fattori rilevanti co-me l’utilizzo di protocolli evidence-based, il livello di specializzazione, l’ade-guatezza della dotazione strutturale e tecnologica dell’ospedale (Mesman et
al., 2015). Una casistica distribuita tra molti operatori di unità operative diver-se tende quindi a tradursi in un abbassamento qualitativo dei diver-servizi.
In questa cornice, il Decreto Ministeriale 70/2015 («Standard quantitativi, strut-turali, tecnologici e qualitativi relativi all’assistenza ospedaliera»), annunciato da oltre dieci anni (cfr. par. 9.3.2) rappresenta una discontinuità di pregio. Alcu-ne novità normative testimoniano la volontà del livello centrale di tornare a oc-cuparsi di configurazione della rete ospedaliera in una logica pianificatoria, ap-plicando prevalentemente i paradigmi del modello «Hub & Spokes» (cfr. Lega, 2003; Prenestini et al., 2011; Govindarajan e Ramamurti, 2013), ormai dominante a livello internazionale e nazionale:
la definizione e identificazione di quattro tipologie («livelli gerarchici per complessità») di stabilimenti per acuti dotati di Pronto Soccorso, con bacini di utenza via via più ampi e con attività a complessità crescente. È prevista una specifica disciplina per i presidi ospedalieri collocati in «aree disagiate»; l’individuazione dei bacini di utenza minimi e massimi delle unità operative
la formalizzazione di standard evidence-based di casistica minima e outcome per alcune prestazioni, in modo da garantire la necessaria clinical competence e la qualità delle cure prestate a livello di singola unità operativa e/o stabili-mento ospedaliero. Parallelamente, molti dati di attività ed esito sono stati resi disponibili sulla Piattaforma open source del Programma Nazionale Esiti avviato da Ministero della salute e AGENAS, rendendo possibile una siste-matica attività di benchmarking.
Si tratta di parametri talvolta contestati dagli stakeholder del SSN come troppo rigidie che vanno sicuramente applicati tenendo conto delle specificità locali; tuttavia, forniscono una base concettuale e normativa forte per indirizzare i pro-cessi di rimodulazione della rete di offerta da parte delle Regioni. Allo stesso modo, sul piano della ricerca e della riflessione sulle politiche ospedaliere, gli standard sono un interessante strumento per analizzare la configurazione della rete di offerta. Non mancano, infatti, lavori che si concentrano sulle dinamiche di riconversione di piccoli ospedali in casi-studio multipli (si veda, ad esempio, Del Vecchio et al., 2014). Al contrario, non sono disponibili né organiche mappa-ture nazionali della rete ospedaliera alla luce degli standard di attività del DM 70/2015, né modelli interpretativi che possano orientarne la riconfigurazione. Ta-li modelTa-li sono particolarmente rilevanti per andare oltre gTa-li standard di dota-zione strutturale, valorizzando i punti di forza e le caratteristiche dell’offerta già esistente.
9.2
Domande di ricerca, contenuti e metodologiaCome si presenta la rete ospedaliera italiana se confrontata con i nuovi stan-dard? Quali sono le principali aree di disallineamento? Quali percorsi di razio-nalizzazione, riconversione e sviluppo sono ipotizzabili per le porzioni di rete che si discostano dal modello proposto dal DM? Il capitolo vuole rispondere a tali domande di ricerca offrendo:
una sintesi del quadro normativo, riportando brevemente una sintesi del De-creto e alcuni cenni sulla fase di recepimento regionale (par. 9.3);
una mappatura nazionale della rete ospedaliera, con focus sugli stabilimenti per acuti, per Regione e per livello gerarchico (par. 9.4.1);
un approfondimento sui bacini di utenza della cardiochirurgia, integrato da un’analisi sui volumi di bypass aorto-coronarico isolato per stabilimento. La cardiochirurgia è stata indagata come branca esemplificativa per l’alta specia-lità: comprende molte prestazioni ad alta complessità, ma allo stesso tempo è una disciplina a diffusione piuttosto ampia e con un rilevante impatto econo-mico (9.4.2);
un approfondimento sui volumi di erogazione per unità operativa (UO) di tre prestazioni di media complessità/ampia diffusione (frattura del collo del fe-more, colecistectomia laparoscopica, procedure per tumore maligno alla mammella). Tale studio vorrebbe fornire uno spaccato, sebbene necessaria-mente circoscritto e parziale, del livello di concentrazione della casistica tra gli ospedali e le UUOO del SSN (9.4.3);
un inquadramento dei profili di attività degli ospedali per acuti dotati di Pron-to Soccorso con bacini di utenza al di sotPron-to delle soglie ministeriali, con l’obiettivo di trarne una classificazione e individuarne possibili percorsi di svi-luppo (par. 9.4.4).
Per quanto riguarda le fonti, per quantificare l’attività di ricovero degli stabili-menti ospedalieri, individuarne il bacino di utenza e inquadrarne il case mix è stato utilizzato l’archivio delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) 2014, messe a disposizione dal Ministero della Salute. Per determinare gli accessi al Pronto Soccorso e i volumi delle prestazioni individuate dal DM 70/2015 (per unità operativa o singolo stabilimento), è stato consultato il sito del Programma Nazionale Esiti (PNE) 2015, che riporta dati 20142. I dati demografici sono stati
ricavati dai database ISTAT (2016a).
9.3
Il framework normativo9.3.1
Il D.M. 70/2015: sintesi dei contenutiPer ricostruire il quadro normativo nazionale e regionale, è stata condotta una ricerca sui siti istituzionali degli organi legislativi ed esecutivi nazionali e sulla stampa specializzata. La rassegna dei Bollettini Regionali ha invece permesso di analizzare la normativa regionale di recepimento del Decreto.
La Legge 135/2012 (c.d. di «Spending review») ha fissato la dotazione stan-dard regionale in 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 PL/1.000 abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza. La legge, però, ha collegato i «provvedimenti di riduzione di PL», da adottare a livello regionale, al «rispetto degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi dell’assistenza ospedaliera» stabiliti attraverso Decreto Ministeriale e approvati dalla confe-renza Stato-Regioni.
Il Decreto Ministeriale, emanato dal Ministero della Salute di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, è stato approvato dalla Conferenza Sta-to-Regioni nella sua forma definitiva il 5 agosto 2014 e pubblicato in Gazzetta
2 Il PNE non mette a disposizione dati anteriori al 2013. In attesa di una serie storica almeno
Gli ospedali di base (OB) servono un bacino d’utenza locale. Naturalmente, si tratta di ospedali con un numero limitato di specialità ad ampia diffusione territoriale.
Gli ospedali di I livello sono sede di Dipartimento di Emergenza Accettazio-ne (DEA) di I livello e definiti «Spoke» della relativa rete e delle altre reti tempo-dipendenti; per semplicità, verranno definiti così nel resto del capitolo. Questi ospedali sono dotati di un più ampio spettro di specialità rispetto al presidio di base.
Gli ospedali di II livello sono tipicamente riferibili alle Aziende Ospedalie-re e Ospedaliero-Universitarie, ad alcuni IRCCS e ad alcuni pOspedalie-residi a ge-stione diretta ASL di grandi dimensioni. Si tratta di ospedali che possono essere «Hub» delle reti tempo-dipendenti (Centro Traumi di Alta
Specializ-Tabella 9.1 Livelli gerarchici degli ospedali generalisti (poli-specialistici) per
acuti, ex DM 70/2015: sintesi Livello gerarchico Bacino di utenza Accessi appropriati PS Specialità previste Ospedali di Base (OB) Tra 80.000 e 150.000 ab. Tra 20.000 e 45.000
Medicina interna, Chirurgia generale, OBI, Anestesia, Radiolo-gia, Laboratorio, Emoteca, Ortopedia.
Ospedali di I livello (SPOKE) Tra 150.000 e 300.000 ab. Tra 45.000 e 70.000 – DEA I livello
Oltre a quelle previste per gli OB: Ginecologia ed
eventual-mente Ostetricia, Pediatria, Cardiologia con UTIC, Neurologia, Psichiatria, Oncologia, Oculistica, Otorinolaringoiatria, Urolo-gia, Radiologia con TAC ed Ecografia, Servizio Immuno-trasfu-sionale, terapia Sub-Intensiva.
Ospedali di II livello (HUB) Tra 600.000 e 1.200.000 ab. Oltre 70.000 – DEA II livello
Oltre a quelle previste per gli OB e gli Spoke, si prevedono a titolo indicativo: Cardiologia con emodinamica interventistica,
Neurochirurgia, Cardiochirurgia e Rianimazione cardiochirur-gica, Chirurgia Vascolare, Chirurgia Toracica, Chirurgia Maxil-lo-facciale, Chirurgia plastica, Endoscopia digestiva a elevata complessità, Broncoscopia interventistica, Radiologia inter-ventistica, Rianimazione pediatrica e neonatale, Medicina Nucleare.
Ospedali di zona disagiata (OZD)
Meno di 80.000
abitanti Meno di 20.000
Medicina interna, chirurgia generale, OBI, anestesia, radiolo-gia, laboratorio, emoteca
Fonte: rielaborazione da DM 70/2015
Ufficiale il 4 giugno 2015. Nel documento, la classificazione degli stabilimenti generalisti per acuti si sovrappone a quella degli ospedali della rete di emergen-za-urgenza e in buona sostanza a quella delle reti tempo-dipendenti, vale a dire infarto miocardico acuto, trauma, ictus. Le caratteristiche e specialità previste dei quattro livelli gerarchici di ospedale sono riportate in Tabella 9.1; alcuni ele-menti aggiuntivi sono riportati di seguito.
zazione, Stroke Unit II livello, emergenze cardiologiche); sono dotati di DEA di II livello; oltre alle discipline previste per le precedenti tipologie di ospedali, ospitano le specialità più complesse se previste dalle reti regionali e sovra-regionali.
In via residuale, sono previsti ospedali in «zone particolarmente disagiate» (OZD). Sono situati in zone montane o insulari, distano più di 90 minuti dai centri Hub o Spoke di riferimento o 60 minuti da ospedali con Pronto Soccor-so (PS) e hanno un bacino d’utenza inferiore a 80.000 abitanti. Questi ospeda-li possono essere dotati di un PS comparabile a quelospeda-li degospeda-li OB, ma integrati dal punto di vista organizzativo con un DEA. L’attività ospedaliera è limitata alla Medicina interna (20 PL) e alla Chirurgia generale in Week Surgery/Day
Surgery.
La rete per acuti è completata dagli ospedali privati accreditati che non rientra-no nei parametri sopra descritti ma hanrientra-no «compiti complementari e di integra-zione della rete ospedaliera». Per questi ultimi sono prescritti requisiti dimen-sionali specifici (60 PL per le strutture poli-specialistiche). Per un approfondi-mento del tema degli ospedali privati accreditati di piccole dimensioni, si riman-da al capitolo 5 del Rapporto OASI 2015.
Nel DM, il modello di riferimento per il raccordo tra ospedale e territorio è l’ospedale di comunità (OC). Si tratta di strutture distrettuali con 15-20 PL, ge-stite da personale infermieristico, con l’assistenza medica assicurata da MMG, pediatri o altri medici convenzionati. L’OC prende in carico pazienti che potreb-bero essere assistiti a domicilio ma hanno particolari necessità di carattere logi-stico e/o sociale, oppure che necessitano di assistenza infermieristica continuati-va. Il Decreto indica esplicitamente che gli OC potranno trovare collocazione negli ospedali riconvertiti.
Dopo aver fissato un riferimento per l’indice di occupazione dei posti letto (90%) e per la degenza media (massimo 7 giorni), il DM indica il bacino di uten-za minimo e massimo per le Strutture Complesse (UOC) delle varie discipline/ specialità cliniche. Per la bassa e la media complessità, i bacini di utenza tendono a coincidere con quelli dell’ospedale di livello gerarchico in cui la specialità è inserita; per l’alta specialità, i bacini di utenza arrivano a un massimo di 6 milioni di abitanti. La Figura 9.1 rappresenta i bacini di utenza minimi per le alte specia-lità ospedaliere, a confronto con la popolazione delle Regioni italiane. Molte Regioni presentano una popolazione che non permetterebbe l’attivazione o la conferma delle alte specialità all’interno del territorio. In tali casi, il Decreto prescrive la stipula di accordi di programmazione interregionale integrata se-condo quanto stabilito dal Patto per la Salute 2014-16.
Il Decreto, infine, indica le soglie minime di volume di attività relative ad al-cune prestazioni ospedaliere, procedure chirurgiche e percorsi diagnostico-tera-peutici, riportati in Tabella 9.2.
– 1.000.000 2.000.000 3.000.000 4.000.000 5.000.000 6.000.000 7.000.000 8.000.000 9.000.000 10.000.000 11.000.000 Lombardia Lazio
Campania Sicilia Veneto Emilia-Romagna
Piemonte Puglia Toscana Calabria Sardegna Liguria Marche Abruzzo Friuli-V
enezia Giulia Umbria Basilicata PA Trento
PA Bolzano Molise Valle d’Aosta
4 Mln: Urologia pediatrica,
Nefrologia pediatrica, Neurochirurgia pediatrica, Cardiochirurgia pediatrica, Grandi ustioni, Grandi ustioni pediatriche
2 Mln: Neuropsichiatria infantile,
Oncoematologia pediatrica, Nefrologia (abilitazione trapianto rene), Fisiopatologia della riproduzione umana
1,5 Mln: Chirurgia pediatrica 0,8 mln: Chirurgia toracica 0,6 Mln: Neurochirurgia, Malattie infettive
e tropicali, Ematologia, Nefrologia, Neonatologia, Cardiochirurgia, Malattie endocrine, del ricambio e della nutrizione, Dermatologia, Reumatologia, Neuro-riabilitazione, Terapia intensiva neonatale
1 mln: Medicina del lavoro, Chirurgia
maxillo facciale, Chirurgia plastica
Figura 9.1 Discipline con bacini di utenza minimi pari o superiori a 600.000
abitanti: confronto con popolazione regionale (2014)
Fonte: rielaborazione su dati Istat e DM 70/15
Tabella 9.2 Prestazioni e relativi standard di attività ed esito identificati dal DM
70/2015
Prestazioni monitorate Standard di concentrazione casistica Standard di esito
Interventi chirurgici per carcinoma alla mammella
150 primi interventi annui su casi di tumore della
mammella incidenti per Struttura complessa / Colecistectomia
laparo-scopica 100 interventi annui per Struttura complessa
Proporzione di colecistectomia laparoscopica con degenza post-operatoria
inferiore a tre giorni: >=70 Intervento chirurgico per
frattura di femore 75 interventi annui per Struttura complessa
Proporzione di interventi chirurgici entro 48h su persone con fratture del femore
di età >= 65 anni: >= 60%. Infarto miocardico acuto
(IMA)
100 casi annui di infarti miocardici in fase
acu-ta di primo ricovero per ospedale / By pass aorto-coronarico 200 interventi/anno di By pass
aorto-coronari-co isolato per Struttura aorto-coronari-complessa
Intervento di By pass aorto-coronarico isolato, mor-talità aggiustata per gravità a 30 giorni: <= 4%. Valvuloplastica o
sostitu-zione di valvola isolata /
Intervento di valvuloplastica o sostituzione di valvola isolata (ad esclusione delle TAVI), morta-lità aggiustata per gravità a 30 giorni: <= 4%. Angioplastica coronarica
percutanea (PTCA)
250 interventi/anno di cui almeno il 30% angio-plastiche primarie in infarto del miocardio con sopra-slivellamento del tratto ST (IMA-STEMI)
Proporzione di angioplastica coronarica percuta-nea entro 90 minuti dall’accesso in pazienti con infarto miocardico STEMI in fase acuta: >60%.
Maternità
Soglie di volume di attività di cui all’Accordo Stato-Regioni 16/12/2010 (500 parti per Strut-tura complessa)
Proporzione di tagli cesarei primari in maternità di I livello o comunque con < 1000 parti: <=15% Proporzione di tagli cesarei primari in maternità di Il livello o comunque con > 1000 parti: <=25%.
9.3.2
Recepimento del DM 70/2015L’approvazione del Patto per la Salute 2014-16 si è intrecciata a quella degli standard ospedalieri. Nella versione finale del Decreto, gli obiettivi di revisione delle reti ospedaliere regionali, nelle Regioni in piano di rientro, hanno un oriz-zonte temporale che coincide con quello del Patto3. Inoltre, la Legge di Stabilità
20164 ha inserito gli standard relativi a volumi, attività ed esito del DM 70 tra i
parametri per valutare l’ingresso delle Aziende Ospedaliere in piano di rientro, rafforzandone il valore sul piano attuativo.
A Luglio 2016, 18 Regioni hanno recepito le indicazioni nazionali sulla confi-gurazione della rete ospedaliera richiamando la Legge 135/12 o il DM 70/2015 (Tabella 9.3).
3 Art. 1, c. 3, l. b4
4 L. 208/2015, art. 1, comma 524, l. b
Tabella 9.3 Quadro sinottico di normativa regionale di recepimento
e pianificazione attuativa del DM 70/2015
Regione Provvedimento nazionale di riferimento Provvedimento di attuazione
Piemonte DM 70/2015 DGR 1-924/2015 Valle D’Aosta / / Lombardia DM 70/2015 DGR X/4873/2016 PA Bolzano DM 70/2015* DGP 171/2015 PA Trento DM 70/2015* DGP 2114/2014 Veneto DM 70/2015 DGR 1527/2015
Friuli Venezia Giulia DM 70/2015 DGR 1674/2015 (solo rete Emergenza-Urgenza) Liguria L. 135/2012 DGR 1048/2012 Emilia Romagna DM 70/2015 DGR 2040/2015 Toscana DM 70/2015 DGR 145/2016 Umbria(1) / / Marche L. 135/2012 – DM 70/2015 DGR 735/2013- DGR 251/15 e DGR 1183/15 Lazio DM 70/2015* DCA 412/2014
Abruzzo (DM 70/2015) DCA 18/16 (solo punti di primo intervento) Molise DM 70/2015 Programma Operativo Straordinario 2015-2018 Campania DM 70/2015 Al vaglio dei Ministeri vigilanti
Puglia DM 70/2015 DGR 161/2016
Basilicata DM 70/2015* DGR 2015/15 (su strutture semplici e complesse) Calabria DM 70/2015 DCA 30/2016
Sicilia L. 135/2012 – (DM 70/2015) DA 46/2015; DA 1188/2016 (impegno ad adempiere) Sardegna DM 70/2015 DGR 38/12/ 2015
(1) La Regione Umbria dichiara che la propria rete è coerente con quanto stabilito dal Regolamento (cfr. Monitor nr. 38) * rispetto alla forma di «Regolamento» derivante dall’Intesa Stato-Regioni del 5 Agosto 2014.
Le Regioni che hanno elaborato piani di revisione dell’offerta sulla base del DM 70 sono 16. Tra queste, il Friuli Venezia Giulia ha disciplinato in particolare la rete di emergenza-urgenza, la Basilicata il numero e distribuzione delle unità operative, le Marche la dotazione degli ospedali di comunità. Tra le Regioni che non hanno compiutamente predisposto un piano basato sul DM 70, l’Abruzzo sta elaborando una riorganizzazione complessiva, avendo finora disciplinato so-lo i punti di primo intervento. La Sicilia ha predisposto un piano di riqualifica-zione della rete ospedaliera ricollegabile alla L. 135/12, che la DG Programma-zione del Ministero della Salute non ha giudicato conforme al DM 70; di conse-guenza, con il recente DA 1188/2016, si è impegnata a definire il nuovo assetto della rete con successivo decreto. Un’analisi approfondita dei documenti regio-nali oltrepassa gli obiettivi del presente lavoro; si nota, però, che il DM 70 ha stimolato l’elaborazione di piani di riordino in quasi tutte le realtà regionali.
9.4
Valutazione della rete ospedaliera alla luce dei nuovi standard9.4.1
Mappatura della rete di offerta nazionaleGli stabilimenti pubblici e privati accreditati che compongono la rete ospedaliera del SSN sono 1.359. Il totale degli ospedali si può suddividere in quattro categorie:
ospedali per non acuti5, che sono 269 (19,8%).
ospedali per acuti mono-specialistici6, che sono 50 (3,7%);
ospedali per acuti poli-specialistici senza servizi di emergenza-urgenza, pari a 420 (30,9%). Di questi, 325 (77,4%) sono privati accreditati e 95 (22,6%) pub-blici.
ospedali per acuti poli-specialistici appartenenti alla rete di emergenza-ur-genza, che sono 620 (45,6%), di cui 53 (8,5%) privati accreditati e 567 (91,5%) pubblici. Per ciascuno di essi è stato ricostruito il «livello gerarchico».
La mappatura ha un livello di dettaglio per singolo stabilimento ospedaliero, cioè punto fisico di erogazione del servizio, e non di «presidio ospedaliero», ter-mine che può indicare più stabilimenti ospedalieri funzionalmente accorpati. Il DM utilizza indifferentemente entrambi i termini. L’analisi della rete dell’emer-genza-urgenza, però, deve tenere conto della localizzazione fisica dei Pronto Soccorso, quindi interessare i singoli ospedali7.
5 Quando l’incidenza delle giornate di degenza in riabilitazione e lungodegenza è maggiore
dell’80%, lo stabilimento è classificato come «per non-acuti».
6 Numero di discipline presenti pari a 1.
7 Non a caso, il portale del Programma Nazionale Esiti (deputato al monitoraggio del DM 70)
La classificazione degli ospedali per acuti con PS è stata condotta sulla base (i) del bacino d’utenza dell’attività di ricovero e (ii) degli accessi appropriati al Pronto Soccorso8. Il bacino d’utenza è stato calcolato rapportando il numero di
ricoveri acuti potenzialmente appropriati9 di ogni ospedale e il tasso di
ospeda-lizzazione per acuti più basso d’Italia, quella registrato in Regione Veneto, pari a 115,9510 per 1.000 abitanti. Si tratta di un bacino d’utenza «massimo potenziale»,
che può essere raggiunto dall’ospedale in caso di servizi territoriali efficaci nel filtrare gli utenti. In altri termini, il bacino di utenza calcolato è una stima al rial-zo della popolazione servita dall’ospedale, stanti gli attuali volumi appropriati di ricovero. Completato il calcolo dei due parametri, ogni ospedale è stato classifi-cato con un livello gerarchico sulla base delle fasce stabilite dal DM 70 (Tabella 9.1)11. Per individuare gli ospedali di zona disagiata, è stato inoltre necessario
classificare il comune di localizzazione individuando quelli siti in area rurale12 e
allo stesso tempo «remota13».
La Tabella 9.4 rappresenta la classificazione degli ospedali per acuti con PS nei quattro livelli gerarchici previsti dal DM 70. Questa classificazione, natural-mente, si può discostare da quella che possono utilizzare le singole regioni. Spic-cano i 222 ospedali sottosoglia (35,8%), che dispongono di un PS, ma hanno ba-cini di utenza troppo limitati per essere classificati come ospedali di base e non si trovano in zone disagiate.
La Figura 9.2 rappresenta graficamente la distribuzione degli Hub (bacino di utenza superiore a 300.000 abitanti14 e/o accessi al PS superiori a 70.000) sul
territorio nazionale, per fascia di bacino di utenza e natura giuridica.
Dall’inquadramento generale della rete ospedaliera nazionale si possono trarre alcune prime considerazioni.
non per struttura/presidio ospedaliero unificato. Anche le linee guida dei piani di rientro aziendali introdotte con la legge di Stabilità 2016 propongono il dettaglio per stabilimento per valutare i vo-lumi di casistica (cfr. allegato tecnico b).
8 Sono considerati appropriati i codici rossi, gialli e verdi.
9 Sono stati considerati appropriati i ricoveri complessivi al netto dei ricoveri inappropriati di
natura diagnostica erogati in DH e le procedure con DRG chirurgico 006, 039 e 119, considerati come inappropriati (cfr. Patto della Salute 2010-2012, «Indicatori di Appropriatezza organizza-tiva»).
10 Fonte: Rapporto SDO 2014: standardizzato per età e relativo all’attività in acuzie
11 Quando accessi al PS e bacino d’utenza non consentivano una classificazione univoca,
l’ospeda-le è stato assegnato al livello gerarchico di ordine superiore.
12 Grado di urbanizzazione dei comuni italiani, che si suddividono, a partire dalla densità abitativa,
in urbani, suburbani e rurali. È stata adottata la classificazione ISTAT al 2011 che richiama i criteri EUROSTAT.
13 La fonte dati è anche in questo caso la classificazione ISTAT dei comuni italiani. L’area remota
è identificata in base ad altitudine (> 600 m) o localizzazione in un’isola minore.
14 Si è deciso di allargare la soglia minima relativa all’Hub in virtù del «vuoto normativo» tra
baci-no d’utenza massimo di Spoke (300.000) e minimo di Hub (600.000) baci-non espressamente regolato dal DM 70.
L’eterogenea distribuzione della rete ospedaliera nelle diverse Regioni, che, comprensibilmente, non appare legata solo alla densità della popolazione, ma a molti fattori geografici, socio-politici e storici difficili da sistematizzare. La relativa scarsità di Hub nel Mezzogiorno15: dieci su 38 (26%), mentre la
macro-area raccoglie il 34% della popolazione nazionale. All’opposto, 21 Hub sono localizzati al Nord (55%) dove risiede il 45% della popolazione. Il Cen-tro, con 7 Hub, appare in equilibrio (18% rispetto al 20% dei residenti). Que-sta distribuzione non sorprende, perché riflette sia la dotazione di posti letto ospedalieri (cfr. capitolo 3 del presente Rapporto), sia i flussi di mobilità (cfr. capitolo 5 del presente Rapporto).
Le aree metropolitane di Roma e Milano congiuntamente considerate raccol-gono 8 Hub (21%), di cui quattro sono privati accreditati (rispetto ai cinque
15 Si considera la macro-area ISTAT che include Sud (Abruzzo e Molise compresi) e Isole.
Tabella 9.4 Distribuzione degli ospedali per acuti con Pronto Soccorso
per Regione e livello gerarchico (2014)
Regione Popolazione Densità
(ab/kmq) Hub Spoke OB OZD sottosogliaOsp. Totale
Piemonte 4.436.798 174 2 7 21 16 46 Valle D`Aosta 128.591 39 1 1 Lombardia 9.973.397 419 7 16 46 6 33 108 Pa Bolzano 515.714 70 2 2 2 1 7 Pa Trento 536.237 87 1 2 2 2 7 Veneto 4.926.818 268 3 5 23 2 16 49 Friuli Venezia Giulia 1.229.363 156 3 9 12
Liguria 1.591.939 292 1 5 5 7 18 Emilia Romagna 4.446.354 198 8 4 11 8 16 47 Toscana 3.750.511 163 2 9 10 4 14 39 Umbria 896.742 106 1 1 4 1 7 14 Marche 1.553.138 165 1 9 12 22 Lazio 5.870.451 342 4 10 18 1 12 45 Abruzzo 1.333.939 123 1 2 7 2 5 17 Molise 314.725 70 2 2 Campania 5.869.965 429 3 4 15 4 14 40 Puglia 4.090.266 209 5 5 16 5 31 Basilicata 578.391 57 1 2 1 2 6 Calabria 1.980.533 130 3 3 3 12 21 Sicilia 5.094.937 197 1 7 24 8 24 64 Sardegna 1.663.859 69 4 5 15 24 Totale ITALIA 60.782.668 201 38 91 225 44 222 620 Incidenza su totale nazionale strutture 6,1% 14,7% 36,3% 7,1% 35,8% 100%
Hub privati a livello nazionale) e cinque sono IRCCS o policlinici universitari (su otto a livello nazionale).
Considerando i bacini di utenza massimi potenziali, dopo il Policlinico Ge-melli (691.728) i bacini di utenza maggiori sono quelli dei grandi ospedali uni-versitari di Firenze (607.297) e Bologna (581.149).
9.4.2
La CardiochirurgiaComplessivamente, il numero di ospedali che erogano prestazioni di cardiochi-rurgia in Italia è pari a 92. Di questi, 10 (10,8%) annoverano più di una Unità Operativa Complessa per tale disciplina, per un totale di 104 UOC distribuite su tutto il territorio nazionale, con un lieve sbilanciamento verso l’area settentrio-nale: 53 (51,0%) al Nord, 17 (16,3%) al Centro e 34 (32,7%) al Sud.
Figura 9.2 Distribuzione degli Hub ospedalieri su scala nazionale (2014)
L’approfondimento sui bacini di utenza della cardiochirurgia è stato possibile rapportando il numero di Unità Operative (UUOO) alla popolazione regionale. Dalla Figura 9.3 emerge come il bacino d’utenza medio regionale per UOC sia superiore allo standard minimo di 600.000 abitanti previsto dal DM 70/2015 nel-la maggior parte delle Regioni italiane (11 su 1916), sebbene a livello nazionale
si registri un bacino d’utenza medio di poco inferiore allo standard e pari a 584.573.
Considerando l’insieme dei 92 ospedali dotati di cardiochirurgia (Tabella 9.5), solo 22 (23,9%) si trovano in ospedali Hub. I restanti 70 (76,1%) si trovano in ospedali di dimensioni medie o piccole, o senza servizi di emergenza-urgen-za: 29 in Spoke, 7 in ospedali di base, 3 in stabilimenti «sottosoglia», 4 in ospeda-li monospeciaospeda-listici, 27 in ospedaospeda-li per acuti senza PS (di cui 21 privati accredi-tati). La maggior parte degli Hub che contano cardiochirurgie si concentrano al Nord (14; 63,6%). Tra questi, 19 (86,4%) sono ospedali pubblici e 3 (13,6%) i privati accreditati. Osservando, invece, le cardiochirurgie che non si trovano in un Hub, emerge una minore differenziazione tra Regioni e un sostanziale equi-librio istituzionale.
Passando all’analisi della casistica per singole procedure, in ambito cardiochi-rurgico, il riferimento è l’intervento per bypass aorto-coronarico isolato. La
Ta-16 Si segnala che Valle d’Aosta e PA di Bolzano non contano ospedali che erogano prestazioni di
cardiochirurgia.
Figura 9.3 Bacino d’utenza medio per Unità Operativa Complessa
di cardiochirurgia per Regione (2014)
0 200.000 400.000 600.000 800.000 1.000.000 1.200.000 1.400.000 1.600.000 Piemonte Lombardia Pa Trento Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia Roma gna
Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise
Campania Puglia Basilica ta Cala bria Sicilia Sardegna IT ALIA
bella 9.5 evidenzia i centri che non raggiungono i 180 interventi annui (si consi-dera lo standard di 200 interventi e la soglia di tolleranza del 10%)17.
A livello nazionale, 59 ospedali su 92 (64,1%) non sono allineati con lo stan-dard ministeriale di casistica. Come prevedibile, in questa categoria, gli Hub so-no percentualmente di meso-no (12 su 22, 54,5%) rispetto al resto degli ospedali (47 su 70, 67,1%). È bene specificare che questi risultati danno un’idea del disal-lineamento della rete di cardiochirurgia rispetto alle soglie del DM 70, ma non appaiono al momento sufficienti per valutare la qualità dell’assistenza erogata. La società italiana di cardiochirurgia ha evidenziato la necessità di valutare mi-sure di esito e ha segnalato l’assenza di consenso scientifico sulle soglie minime di sicurezza per il bypass: mentre gli standard europei prescrivono un limite di 200 interventi, quelli americani lo fissano a 12518. Senza entrare nella
valutazio-ne degli esiti, è però possibile analizzare la quota di ospedali italiani che si
trova-17 Lo standard ministeriale sarebbe ancora più restrittivo, perché riferito alla singola UO. Tuttavia,
il PNE fornisce dati solamente a livello di stabilimento. È stata considerata una soglia di tolleranza (anche per gli standard di casistica dei paragrafi successivi) in analogia con l’Allegato tecnico b delle attuali linee guida per la predisposizione dei piani di rientro aziendali (cfr. legge di Stabilità 2016). L’indicazione sembra sensata nei casi in cui la casistica riferita a un solo anno va confrontata con uno standard.
18 Interrogazione parlamentare dell’on. Capelli al ministero della Salute, 10/04/2015.
Tabella 9.5 Distribuzione degli stabilimenti con UUOO di Cardiochirurgia per area
geografica, tipo di stabilimento, natura istituzionale e rispetto dello standard di casistica del bypass aorto-coronarico (2014)
Nord Centro Sud Totale
HUB
Nr ospedali 14 6 2 22
di cui privati accreditati 2 1 0 3
di cui pubblici 12 5 2 19
N. ospedali che non rispettano standard 9 3 0 12
di cui privati accreditati 2 0 0 2
di cui pubblici 7 3 0 10
% ospedali che non rispettano standard 64% 50% 0% 55%
Altri Ospedali
Nr ospedali 32 10 28 70
di cui privati accreditati 16 3 12 31
di cui pubblici 16 7 16 39
N. ospedali che non rispettano standard 23 6 18 47
di cui privati accreditati 13 2 5 20
di cui pubblici 10 4 13 27
% ospedali che non rispettano standard 72% 60% 64% 67%
no al di sotto della soglia americana19. È il caso di 31 ospedali. Di questi, 19 sono
pubblici, di cui 6 Hub, 10 spoke, 1 presidio ospedaliero di base e 2 ospedali privi di PS, mentre 12 sono privati accreditati, di cui 1 Hub, 1 ospedale monospeciali-stico, 3 stabilimenti «sottosoglia» e 7 ospedali senza PS, di cui 6 al Nord. Dunque, anche gli ospedali con casistica molto al di sotto dello standard ministeriale pre-sentano un profilo estremamente eterogeneo.
9.4.3
La concentrazione della casistica nella chirurgia ad ampia diffusioneGli interventi per tumore maligno alla mammella, colecistectomia laparoscopi-ca e frattura del femore sono erogati rispettivamente in 744, 824 e 702 stabili-menti ospedalieri italiani. Nella Figura 9.4, il rispetto dello standard di concen-trazione della casistica è indagato sia a livello di ospedale, sia a livello di unità operativa. L’analisi ricalca l’impostazione dei database SDO e PNE, che colle-gano ogni UO a un solo stabilimento ospedaliero. Di conseguenza, se lo stan-dard non è rispettato a livello di ospedale, non lo è neppure a livello di UO. Per questa categoria, la Figura 9.4 distingue gli ospedali con casistica pari o superio-ri alle 11 prestazioni dagli ospedali con casistica infesuperio-riore a tale soglia, al fine di
19 Escludendo gli ospedali con meno di 11 interventi.
Figura 9.4 Rispetto dello standard di casistica a livello di ospedale e di UO:
interventi per tumore maligno alla mammella, colecistectomia laparoscopica e frattura del femore (2014)
290 51 149 315 324 117 17 19 16 99 357 378 23 73 42 0% 20% 40% 60% 80% 100%
Mammella Colecistectomia Femore
L’ospedale e la UO con maggiori volumi rispettano lo standard; casistica frammentata L’ospedale e la UO con maggiori volumi rispettano lo standard; casistica concentrata L’ospedale rispetta lo standard, la UO con maggiori volumi no
L’ospedale non rispetta lo standard - casistica almeno pari a 11 prestazioni L’ospedale non rispetta lo standard - casistica inferiore alle 11 prestazioni
fotografare la quota di prestazioni erogate occasionalemte o in ambito emer-genziale. Un secondo caso può essere quello dell’ospedale che ha sufficiente casistica, ma in cui nessuna UO presa singolarmente rispetta lo standard. Terzo caso è quello in cui ospedale e almeno una UO rispettano lo standard e la stica è concentrata, perché la UO in questione concentra l’80% o più della casi-stica. Infine, il quarto caso prevede che ospedale e almeno una UO rispettino lo standard, ma con casistica frammentata, perché la UO in questione concentra meno dell’80% della casistica.
Per tutte e tre le prestazioni osservate emergono tre fenomeni comuni. Innan-zitutto, una significativa quota di ospedali eroga volumi inferiori allo standard ministeriale (mammella: 605, 81,3% del totale; colecistectomia: 375, 45,5%; femo-re: 266, 37,9%), sebbene nel caso di tumore maligno alla mammella e di interven-ti per frattura del femore una quota rilevante eroghi prestazioni di natura occa-sionale-emergenziale, registrando una casistica inferiore alle 11 unità20. Esistono alcuni stabilimenti che rispettano complessivamente lo standard ma le cui UUOO, prese singolarmente, registrano una casistica troppo ridotta della presta-zione in questione; si tratta di meno di 20 ospedali, cioè del 2,3% del totale degli stabilimenti per tutte e tre le prestazioni. Sono percentualmente ridotti (3%; 8,9%; 6%) anche gli stabilimenti con almeno un’unità operativa che rispetta lo standard, ma con poca concentrazione interna della produzione della prestazione in questione, perché la UO con i maggiori volumi eroga meno dell’80% del totale dell’ospedale. Infine, almeno per colecistectomia e femore, sono numerosi gli ospedali in cui l’80% o più della casistica è concentrata in una UO che rispetta lo standard ministeriale. Da questo spaccato, (necessariamente parziale, perché condotto su tre prestazioni) si deduce che la casistica è piuttosto frammentata rispetto agli standard del DM 70; tale frammentazione riguarda il livello dell’ospe-dale e, talvolta, anche quello interno alle UUOO nei singoli stabilimenti.
La Figura 9.5 approfondisce il profilo degli stabilimenti con casistiche al di sotto degli standard ministeriali.
Per quanto riguarda gli interventi per tumore maligno alla mammella, la mag-gior parte degli stabilimenti che non raggiunge la casistica minima si concentra nelle Regioni meridionali (249; 41,2%), dove è particolarmente rilevante l’inci-denza degli ospedali per acuti senza Pronto Soccorso (116; 46,6% del totale del mezzogiorno). Al Nord si segnalano gli ospedali di base (88; 44,7% del totale di macro-area). Anche per la colecistectomia, le Regioni meridionali registrano il numero maggiore di stabilimenti al di sotto dello standard con casistica insuffi-ciente (179; 47,7%), di cui 80 (44,7%) stabilimenti per acuti senza PS. Per la frattura di femore, il numero maggiore di stabilimenti si concentra nelle Regioni
20 In particolare, per il tumore maligno alla mammella si segnalano 290 stabilimenti che registrano
una casistica inferiore alle 11 prestazioni (47,9% degli ospedali che erogano volumi inferiori allo standard), mentre nel caso di interventi per frattura di femore se ne segnalano 149 (56,0%).
del Centro (116; 43,6%). Al Sud, è estremamente significativa l’incidenza degli ospedali senza Pronto Soccorso (76; 76,0%) rispetto al totale di area (100).
9.4.4
I piccoli ospedali della rete per acuti con Pronto SoccorsoLa Figura 9.6 analizza sistematicamente la distribuzione nazionale dei 222 stabi-limenti per acuti dotati di PS con bacino di utenza (ricoveri e accessi appropria-ti) inferiori agli standard ministeriali e per questo definiti «sottosoglia». Si tratta di oltre un terzo degli ospedali italiani (35,8%). La Figura individua anche il numero di discipline presenti. In generale, si segnalano 29 stabilimenti (13,1%) che contano 2 o 3 specialità; 55 (24,8%) con 4 o 5 discipline; 84 (37,8%) ne anno-verano tra 6 e 9; infine 54 (24,3%) ne contano tra le 10 e le 20. Si osserva come Valle d’Aosta e Molise siano le uniche due Regioni senza ospedali «sottosoglia». La maggior parte delle Regioni (12), invece, presentano un numero di stabili-menti sottosoglia ministeriale almeno pari a 10, con valori particolarmente ele-vati in Lombardia (33) e Sicilia (24).
Sempre rispetto a tali stabilimenti, se, invece, si focalizza l’attenzione dell’ana-lisi sulla casistica delle prestazioni individuate dal DM 70 e presentate in Tabella 9.2, emerge come il quadro complessivo sia estremamente differenziato in fun-zione del tipo di prestafun-zione erogata. In particolare, dei 222 stabilimenti appar-tenenti a tale categoria, 208 (93,7%) erogano interventi per infarto miocardico acuto (IMA), 178 (80,2%) per colecistectomia laparoscopica, 151 (68,0%) per
Figura 9.5 Distribuzione degli stabilimenti al di sotto dello standard
ministeriale per prestazione, macroarea geografica e classificazione dell’ospedale (2014)
Fonte: elaborazione autori su dati Ministero della Salute – SDO e PNE
0 50 100 150 200 250 4 2 1 2 2 1 1 17 7 11 2 4 1 2 84 31 62 11 8 29 6 3 4 3 12 5 3 12 12 2 16 3 35 63 48 22 42 46 6 37 11 43 49 116 36 56 80 29 48 76 2 6 5 0 2 6 4 11 3 Nord Centro
Mammella Sud Nord ColecistectomiaCentro Sud Nord FemoreCentro Sud Hub Spoke OB OZD Ospedali sottosoglia Ospedali senza PS Altro
2-3 4-5 6-9 10-20 0 5 10 15 20 25 30 35
Piemonte Lombardia Pa Bolzano Pa Trento Veneto
Friuli
Venezia Giulia
Liguria
Emilia Roma
gna
Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo
Campania Puglia Basilica ta Cala bria Sicilia Sardegna
Figura 9.6 Distribuzione degli stabilimenti «sottosoglia ministeriale» per Regione
e numero di discipline (2014)
Figura 9.7 Stabilimenti «sottosoglia ministeriale»: allineamento agli standard
di casistica per singole prestazioni (2014)
Fonte: elaborazione autori su dati Ministero della Salute – SDO e PNE
Fonte: elaborazione autori su dati Ministero della Salute – SDO e PNE
Standard rispettato Standard non rispettato
3 47 54 84 4 67 70 6 161 54 64 147 111 0 50 100 150 200 250
tumore maligno alla mammella, 148 (66,7%) per frattura di femore, 108 (48,6%) eseguono parti, 73 (32,9%) per angioplastica coronarica percutanea translumi-nale (PTCA), mentre solo in 6 casi (2,7%) si interviene per l’inserimento di bypass aortocoronarico. La Figura 9.7 evidenzia il grado di allineamento rispetto agli standard di casistica individuati a livello ministeriale21.
Nel caso di angioplastica (3; 4,1%), tumore alla mammella (4; 2,7%) e by pass (0; 0%), lo standard è rispettato solo in pochissimi stabilimenti sottosoglia che erogano tali prestazioni. Differente, invece, è il quadro relativo alle altre presta-zioni «sentinella»: nel caso di IMA (47; 22,6%) e colecistectomia (67; 37,6%) la percentuale di stabilimenti che rispettano lo standard di casistica ministeriale presentano dei valori superiori al 20%, mentre nel caso di parti e frattura al fe-more, tale incidenza registra un valore considerevolmente più elevato (rispetti-vamente: 54, 50,0%; 84, 56,8%).
Dalle analisi, dunque, emerge che gli stabilimenti «sottosoglia» rappresenta-no una quota significativa della rete (35,8% degli ospedali); si tratta di realtà eterogenee in quanto a numero e tipologia di specialità presenti, mix produttivo, volumi delle singole prestazioni, collocazione geografica. Molti piccoli stabili-menti sono essenziali per l’erogazione dell’attività ospedaliera e sono nelle con-dizioni di mantenere le loro attività di ricovero, magari concentrata sul modello
week hospital; per altri sarebbe probabilmente auspicabile un percorso di ricon-versione a struttura intermedia (ad esempio, come ospedale di comunità). Natu-ralmente, ogni percorso di riconversione o revisione del mix produttivo dovreb-be essere affrontato in una logica di rete.
In quest’ottica, la Figura 9.8 propone una tassonomia degli ospedali «sottoso-glia» in base a due dimensioni: la componente di casistica con DRG chirurgico22
e la quota di attività ospedaliera potenzialmente appropriata in regime di rico-vero ordinario23. Per ciascun quadrante, sono riportate alcune caratteristiche di
massima (localizzazione, livelli di attività) e alcune possibili direttrici di sviluppo (etichetta del quadrante).
Nel I quadrante si trovano 42 ospedali (18,9% del totale) con adeguati volumi di ricovero acuti appropriati in RO e, al contempo, rilevante casistica chirurgica. Questi ospedali, in media, registrano maggiori volumi di ricovero (quasi 5.000 dimissioni di pazienti acuti annue), corrispondente a un bacino di utenza medio di circa 43.000 abitanti (54% rispetto a una soglia del presidio ospedaliero di
21 Laddove il DM 70/2015 faceva riferimento alla «Struttura Complessa» si è scelto di indagare
l’unità operativa che erogava il più alto numero di prestazioni per quella specialità all’interno dello stabilimento.
22 Valore soglia minima: 35%.
23 Valore soglia massima: 72%. Tale soglia è ottenuta a partire dallo standard della griglia LEA sui
ricoveri acuti erogati in regime ordinario, che prescrive un rapporto tra RO potenzialmente inap-propriati e ricoveri apinap-propriati pari al 39%. Si considerano potenzialmente inapinap-propriati i 108 DRG così definiti dal Patto per la Salute 2010-12.
base pari a 80.000). Lo stesso per il PS, che, in media, registra poco più di 15.500 accessi annui (75% rispetto alla soglia di 20.000 accessi). Il case mix appare piut-tosto eterogeneo: in media, questi ospedali erogano 4,6 prestazioni tra le sette oggetto del DM 70 e indagate in Figura 9.7. Dal punto di vista geografico, questi ospedali si trovano prevalentemente al Nord (22 tra Lombardia, Veneto e Friu-li). Data l’elevata incidenza media dei ricoveri ordinari appropriati (78,8% del totale dei ricoveri ordinari) e la significativa componente di casistica chirurgica (48,8%), si tratta di stabilimenti per cui, fatta salva la valutazione del singolo caso, sembra opportuno il mantenimento dell’attività ospedaliera, sia medica sia chirurgica, collegata alla rete dell’emergenza-urgenza. Per l’attività chirurgica, però, è da valutare un percorso di specializzazione su alcune discipline (chirur-gia generale, ortopedia) o gruppi di prestazioni chirurgiche a medio-bassa com-plessità, sulle quali incrementare la casistica.
Nel II quadrante sono collocati 22 ospedali (9,9% del totale) con bassi livelli di appropriatezza del ricovero acuto ordinario (incidenza percentuale media pa-ri al 61,9%) e allo stesso tempo una elevata incidenza della casistica chirurgica (54,2%). I livelli di attività di ricovero e di PS sono più ridotti rispetto al I qua-drante, riducendosi al 43% del bacino d’utenza e al 66% degli accessi al PS pre-visti per gli OB. Il case mix è meno eterogeneo (media di 3,6 prestazioni). Una quota considerevole di questi ospedali (10) si trova tra Piemonte e Lombardia, segue la Sardegna (3). Si tratta di stabilimenti per cui è ipotizzabile una focaliz-zazione sulla chirurgia ambulatoriale e in day surgery elettivo. Parallelamente, se non si riscontrano particolari condizioni di isolamento, è immaginabile la ri-conversione delle restanti attività ospedaliere mediche in regime diurno o am-bulatoriale, compresa la trasformazione del PS in punto di primo soccorso.
Nel III quadrante si trovano di 28 ospedali (12,6% del totale) con livelli di appropriatezza contenuti (l’incidenza percentuale media dei ricoveri ordinari appropriati sul totale dei ricoveri ordinari per acuti registra un valore pari a 67,0) e incidenza della casistica chirurgica molto limitata (23,0%). Il bacino di utenza e gli accessi al PS rappresentano in media il 42% e il 61% delle soglie ministeriali. Otto di questi ospedali si trovano in Campania, 4 in Puglia, 3 in Lombardia e Piemonte. Si tratta di stabilimenti con attività ospedaliere già mol-to limitate e che si prestano particolarmente alla riconversione in poliambulamol-to- poliambulato-ri e ospedali di comunità, per il rafforzamento delle cure intermedie e sub-acute.
Nel IV quadrante si collocano ben 130 ospedali (58,6% del totale) con alti li-velli di appropriatezza (incidenza media sul totale dei ricoveri ordinari pari all’81,2%) e incidenza della casistica chirurgica molto limitata (20,2%). In me-dia, il bacino di utenza si avvicina a quello dei quadranti II e III (43% rispetto alla soglia), mentre gli accessi al PS sono più vicini alla soglia (72%) e ai volumi del primo quadrante. Questi ospedali si ritrovano in quasi tutte le Regioni (19); 20 sono localizzati in Sicilia, 13 in Emilia Romagna e altrettanti in Lombardia. In coerenza con il mix produttivo attuale, in questi ospedali si può ipotizzare il
mantenimento del PS. È comunque opportuna la specializzazione su alcune di-scipline mediche (medicina generale, cardiologia) o gruppi di prestazioni. Se la dotazione tecnologica lo permette, può essere mantenuta un’attività minimale di chirurgia ambulatoriale elettiva. Si può inoltre ipotizzare la riconversione di alcuni posti letto per acuti in postazioni post-acute in un’ottica di filiera, cioè per la riabilitazione (cardiologica o pneumologica), la lungodegenza o la sub-acuzie (ospedale di comunità). Se gli accessi al PS sono troppo ridotti, è comunque da valutare la chiusura del PS e la trasformazione in poliambulatorio.
9.5
Discussione dei risultati e spunti di riflessioneIl DM 70/2015 segna una discontinuità rispetto alle politiche ospedaliere degli ultimi quindici anni. Il Decreto non si limita a indicare dotazione strutturale massima e tasso di ospedalizzazione «obiettivo», ma fornisce precisi parametri per dimensionare il bacino di utenza degli ospedali legati alle reti tempo-dipen-denti e delle specialità cliniche. Inoltre, introduce parametri di volume ed esito
Figura 9.8 Tassonomia dei piccoli ospedali «sotto soglia» e relativi percorsi
di sviluppo
Numero stabilimenti: 22
Media ricoveri acuti appropriati: 3.995
% media di ricoveri acuti appropriati: 61,9%
% media di casistica chirurgica: 54,2%
Media accessi appropriati PS: 13.254
Media n. prestazioni ex DM 70: 3,59
Numero Regioni interessate: 11
Prime 3 Regioni per n. stabilimenti:
Lombardia: 5 Piemonte: 5 Sardegna: 3
Numero stabilimenti: 42
Media ricoveri acuti appropriati: 4.933
% media di ricoveri acuti appropriati: 78,8%
% media di casistica chirurgica: 48,0%
Media accessi appropriati PS: 15.518
Media n. prestazioni ex DM 70: 4,60
Numero Regioni interessate: 11
Prime 3 Regioni per n. stabilimenti:
Lombardia: 12 Veneto: 5
Friuli Venezia Giulia: 5 RO acuti appropriati / RO acuti
Numero stabilimenti: 28
Media ricoveri acuti appropriati: 3.858
% media di ricoveri acuti appropriati: 67,0%
% media di casistica chirurgica: 23,0%
Media accessi appropriati PS: 12.297
Media n. prestazioni ex DM 70: 3,57
Numero Regioni interessate: 12
Prime 3 Regioni per n. stabilimenti:
Campania: 8 Puglia: 4
Lombardia e Piemonte: 3
Numero stabilimenti: 130
Media ricoveri acuti appropriati: 3.929
% media di ricoveri acuti appropriati: 81,2%
% media di casistica chirurgica: 20,2%
Media accessi appropriati PS: 14.482
Media n. prestazioni ex DM 70: 3,87
Numero Regioni interessate: 19
Prime 3 Regioni per n. stabilimenti:
Sicilia: 20 Lombardia: 13 Emilia Romagna: 13 CENTRO PER DAY SERVICE /
DAY SURGERY (II) OSPEDALE A SPECIALIZZAZIONECHIRURGICA (I)
RICONVERSIONE VOCAZIONE CHIRURGICA VOCAZIONE MEDICA SPECIALIZZAZIONE
OSPEDALE DI COMUNITÀ (III) OSPEDALE A SPECIALIZZAZIONE MEDICA (IV)
Numero stabilimenti: 22
Media ricoveri acuti appropriati: 3.995
% media di ricoveri acuti appropriati: 61,9%
% media di casistica chirurgica: 54,2%
Media accessi appropriati PS: 13.254
Media n. prestazioni ex DM 70: 3,59
Numero Regioni interessate: 11
Prime 3 Regioni per n. stabilimenti:
Lombardia: 5 Piemonte: 5 Sardegna: 3
CENTRO PER DAY SERVICE / DAY SURGERY (II)
Numero stabilimenti: 42
Media ricoveri acuti appropriati: 4.933
% media di ricoveri acuti appropriati: 78,8%
% media di casistica chirurgica: 48,0%
Media accessi appropriati PS: 15.518
Media n. prestazioni ex DM 70: 4,60
Numero Regioni interessate: 11
Prime 3 Regioni per n. stabilimenti:
Lombardia: 12 Veneto: 5
Friuli Venezia Giulia: 5 OSPEDALE A SPECIALIZZAZIONE CHIRURGICA (I) – + + – 35% 72% Casistica chirurgica RO / T otale RO
che, una volta a regime, costituiranno dei requisiti nazionali per l’accreditamen-to delle strutture (cfr. par. 9.3.2). A poco più di un anno dall’approvazione defi-nitiva del Decreto, 16 Regioni su 21 hanno ultimato documenti di riordino della rete regionale basati sui nuovi standard.
Dalla mappatura al 2014 della rete per acuti appartenente alla rete dell’emer-genza-urgenza emerge una grande eterogeneità interregionale (par. 9.4.1), che non appare legata solo alla densità della popolazione, ma a molti fattori geogra-fici, socio-politici e storici. Ad esempio, Emilia Romagna e Veneto presentano densità della popolazione, dimensioni e un contesto socio-economico simile. Tut-tavia, la prima Regione presenta una rete incentrata su otto grandi ospedali (di cui quattro universitari) situati nei capoluoghi di provincia e un gran numero di piccolissimi stabilimenti (24); la seconda presenta molti più ospedali di medie o piccole dimensioni (5 Spoke contro i 4 dell’Emilia Romagna e 23 presidi di base contro 11; 2 ospedali di zona disagiata contro 8). Al di là della prescrizione nor-mativa che ha obbligato le realtà regionali ad attivarsi, in questo senso il DM offre una metrica comune, utile per riflettere sulla configurazione dell’offerta in un’ottica di benchmarking, sia a livello regionale, sia a livello centrale.
La mappatura nazionale conferma la concentrazione degli Hub ospedalieri al Nord e nelle aree urbane di Roma e Milano. In generale, il calcolo del bacino di utenza restituisce un numero di Hub minore di quanto atteso: dovrebbe essere pari ad almeno 51, considerando questi grandi ospedali come sede delle alte specialità, con bacini di utenza minimi potenziali di almeno 600.000 abitanti. L’analisi dei bacini di utenza e della distribuzione delle UUOO di cardiochirur-gia evidenzia che, ad oggi, solo una quota minoritaria dell’alta specialità è eroga-ta dai grandi seroga-tabilimenti ospedalieri: i bypass aorto-coronarici sono impianeroga-tati in 70 stabilimenti con bacini di utenza effettivi inferiori a 300.000 abitanti (76% degli ospedali con cardiochirurgia). Di questi stabilimenti di dimensioni medio-piccole, 22 (12 pubblici e 10 privati accreditati) non raggiungono i 125 interventi annui, vale a dire la soglia ministeriale di 200 interventi ribassata del 37%. Ben-ché la dotazione di UUOO di cardiochirurgia sia in linea con il numero massimo previsto dal Decreto (104 rispetto a 101), esistono margini per una maggiore concentrazione della casistica e probabilmente per una riduzione degli squilibri nella dotazione di UUOO a livello regionale (cfr. Figura 9.3).
Se gli attuali standard di casistica possono aiutare studiosi e decisori pubblici a ricostruire una prima mappatura dell’esistente, per esercitare la funzione di regolazione, committenza e/o compiere scelte organizzative a livello aziendale, i criteri di valutazione e il loro utilizzo va senz’altro affinato. Ne è un esempio lo stesso standard di bypass, che segnala volumi inferiori ai 125 interventi in sede Hub. È evidente che in questo caso l’utilizzo di uno standard di volume su una singola prestazione molto diffusa non consenta di apprezzare globalmente la qualità dell’assistenza fornita da un centro che interviene sui pazienti più com-plessi. Ad esempio, i maggiori centri cardiochirurgici possono impiantare
relati-vamente pochi bypass isolati ma considerevoli volumi di dispositivi associati ad altre prestazioni (ad es. sulle valvole). In questo senso, sembra da raccogliere e generalizzare ad altre discipline la proposta della Società italiana di cardiochi-rurgia: elaborare standard su gruppi di prestazioni qualificanti, associando sem-pre la valutazione dei volumi a quella degli esiti.
Con riferimento alle prestazioni di media complessità ma ad alta diffusione, emergono altre evidenze che testimoniano la frammentazione della casistica. Analizzando gli ospedali che erogano interventi per tumore alla mammella, co-lecistectomia laparoscopica e frattura del femore, una quota molto considerevo-le registra volumi inferiori allo standard ministeriaconsiderevo-le: rispettivamente, 81%, 46%, 38%. Sono invece relativamente pochi gli stabilimenti che rispettano com-plessivamente lo standard ma le cui UUOO, prese singolarmente, registrano una casistica troppo ridotta (inferiore al 2,3%). La tipologia di ospedale che più di frequente non raggiunge la soglia è lo stabilimento senza PS localizzato nel Mezzogiorno, ma sono numerosi anche gli ospedali di minori dimensioni del Centro-Nord, collegati alla rete di emergenza-urgenza (cfr. Figura 9.5). Da rile-vare che un significativo processo di concentrazione della casistica è già in corso da alcuni anni: tra il 2008 e il 2014, la percentuale di colecistectomie in reparti che rispettano lo standard di casistica è passato dal 65% al 74%; la percentuale di interventi per tumore maligno alla mammella, dal 51,1% al 61% (PNE, 2015). Un limite di questa analisi è che alcune unità operative insistono su più di uno stabilimento, e ciò potrebbe portare a una sovrastima delle UUOO, che non raggiungono gli standard. In alcuni casi, al momento isolati, le stesse équipe chi-rurgiche operano in ospedali di diverse aziende (cfr. capitolo 8 del presente Rapporto). Queste esperienze sono da valorizzare, anche sotto il profilo dei si-stemi di monitoraggio. Di conseguenza, in prospettiva, gli standard tecnologici e strutturali dovranno rimanere collegati al singolo stabilimento, mentre le soglie di casistica ed esito si dovranno riferire all’équipe. Questa evoluzione è già pre-vista dal DM 70 e potrà essere attuata attraverso il rafforzamento progressivo dei flussi PNE.
A livello nazionale sono 222 (36% del totale degli ospedali) gli stabilimenti «sottosoglia», che presentano sia bacini di utenza troppo ristretti (minore di 80.000 abitanti), sia volumi insufficienti di accessi al PS (meno di 20.000). Un quarto di questi piccoli stabilimenti (54) presenta tra le 10 e le 20 discipline: una fortissima frammentazione produttiva (Figura 9.6), molto distante dalle indica-zioni del DM 70. Gli ospedali «sottosoglia» erogano relativamente spesso pre-stazioni che sarebbero proprie di ospedali di maggiore livello gerarchico; tutta-via, spesso non riescono a raggiungere i volumi di casistica minimi, con gravi ri-schi per la salute dei pazienti. I casi più potenzialmente critici riguardano quelle prestazioni che sarebbero previste nei centri «Spoke». In più di 100 casi gli stabi-limenti sottosoglia ospitano un punto nascita, ma solo la metà raggiunge i 500 parti annui; 208 stabilimenti prendono in carico pazienti colpiti da infarto
mio-cardico acuto, ma solo 47 (22%) raggiungono i 100 casi. Percentuali di
complian-ce basse o molto basse riguardano anche le prestazioni elettive (Figura 9.7). È quindi fondamentale che le Regioni proseguano i piani di riorganizzazione. È ovviamente impensabile che un terzo della rete ospedaliera venga riconvertita in strutture intermedie o territoriali senza provocare gravi carenze sul piano dell’offerta: bisogna individuare dei criteri che guidino il processo di riorganiz-zazione. L’analisi del mix produttivo dei piccoli stabilimenti mostra che il 78% di essi presenta, in media, una consistente quota di ricoveri ordinari appropriati e, allo stesso tempo, bacini di utenza che maggiormente si avvicinano agli stan-dard. Questi ospedali, coerentemente con le necessità locali, dovrebbero ricerca-re una loro specializzazione medica (59% del totale) o chirurgica (19%), dimi-nuendo la frammentazione organizzativa. Inoltre, è sempre da ricercare l’inte-grazione funzionale con gli stabilimenti di maggiori dimensioni; almeno per i presidi a vocazione medica, è possibile l’ampliamento della filiera (riabilitazione o post-acuzie). Ciò vale soprattutto per il personale del Pronto Soccorso, nel ca-so il numero di accessi appropriati ne suggerisca il mantenimento. Quasi un quarto dei piccoli ospedali per acuti (50) presenta invece un mix produttivo e un bacino di utenza che ne suggeriscono l’urgente riconversione a struttura territo-riale poliambulatoterrito-riale per il day service o day surgery chirurgico, oppure per la realizzazione di ospedali di comunità focalizzati sulla post-acuzie e pacchetti di prestazioni ambulatoriali complesse.
Nel nostro Paese, la de-ospedalizzazione del segmento acuti è un processo avanzato e ormai irreversibile. Nel tempo è stato più semplice intervenire in una logica top-down sui volumi e sul case mix complessivo, rivedendo però molto più faticosamente la localizzazione dei punti di accesso, la loro vocazione pro-duttiva e l’integrazione tra le componenti dell’offerta (sia ospedaliera che terri-toriale). Si tratta però di sfide necessarie per mantenere la qualità dei servizi in un contesto di risorse scarse.
La razionalizzazione del livello ospedaliero (liberazione di spazi, disponibilità di personale con competenze specialistiche) può supportare lo sviluppo delle cu-re intermedie e primarie; allo stesso modo, il rafforzamento del territorio cu-rende possibile la rimodulazione (focalizzazione) delle attività ospedaliere. In questo senso il DM 70 rappresenta una «sterzata» decisa: rappresenta una buona base di partenza, soprattutto nel fornire criteri per la configurazione della rete, ma ne-cessita di aggiustamenti nelle logiche e negli indicatori di valutazione. Le Regio-ni, dal canto loro, dovrebbero partire dai punti di forza già esistenti nella rete ospedaliera e territoriale per rivederne la fisionomia, partendo dai piccoli stabili-menti legati alla rete dell’emergenza-urgenza e da un attento esercizio della fun-zione di committenza. La riconversione mirata dei piccoli stabilimenti, a parità di attività ospedaliera complessivamente erogata, porterà alla concentrazione dei volumi, al miglioramento quali-quantitativo della casistica dei presidi di base, de-gli Spoke e dede-gli Hub e a un generale upgrade dede-gli ospedali della rete.
Il presente lavoro ha mappato lo stato dell’arte sul quale i processi di revisio-ne inrevisio-nescati dalla Spending Review e dal DM 70 stanno incidendo, pur con molte limitazioni dovute all’ampiezza del tema e alle informazioni disponibili. Come prospettiva di ricerca, sarà interessante valutare l’impatto delle attuali politiche ospedaliere a distanza di un paio d’anni.
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