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La sostenibilità nel Chianti Storico -Il Biodistretto del Chianti-

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Academic year: 2021

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SCUOLA SUPERIORE SANT’ANNA

Master Universitario di I livello Vini Italiani e Mercati Mondiali

Anno Accademico

2016/17

in collaborazione con

La sostenibilità nel Chianti Storico

-Il Biodistretto del

Chianti-Autore

Giovanni Cappelli

Tutor Scientifico

Prof. Pietro Tonutti

Tutor Aziendale –

Biodistretto del Chianti

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Indice

1.

INTRODUZIONE

3

2.

OBIETTIVI DELLO STAGE

11

3.

ATTIVITÀ REALIZZATE

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4.

RISULTATI OTTENUTI

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5.

CONCLUSIONI

25

6.

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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1. Introduzione

• Agricoltura biologica

In Europa la produzione biologica è disciplinata dal regolamento CE n. 834/2007 e dal successivo regolamento d’esecuzione CE n. 889/2008. Questi contengono una serie di disposizioni comuni riguardo ai metodi di produzione, all’etichettatura dei prodotti, al sistema dei controlli, ai provvedimenti finanziari di sostegno all’agricoltura biologica e integrata, alle misure adottate per la tutela dell’ambiente agricolo e per la biodiversità. In particolare, il Regolamento n. 834/2007 CE prevede l’obbligatorietà d’uso del marchio biologico. Un codice numerico è associato al logo, indicante la nazione, il tipo di metodo di produzione, il codice dell’operatore e il codice dell’organismo di controllo.

L’agricoltura biologica ha come obiettivo principale il mantenimento e l’aumento dei livelli di sostanza organica nei suoli, riducendo o eliminando del tutto l’apporto di fertilizzanti di sintesi, di erbicidi per distruggere le “malerbe” e di fitofarmaci per combattere parassiti (insetti, acari ecc.) e patogeni (funghi, batteri, virus). Solo le misure manuali, meccaniche e termiche sono ammesse per il controllo delle infestanti. Le specie della fauna selvatica (insetti, acari, lumache ecc.) considerate parassite delle colture possono essere controllate attraverso misure biotecnologiche e insetticidi naturali. Altri obiettivi dell’agricoltura biologica riguardano la rotazione e l’avvicendamento delle colture per favorire la biodiversità. La biodiversità è il presupposto affinché processi ecologici di vitale importanza presenti negli ecosistemi agricoli (tra i quali l’impollinazione, la riduzione dell’erosione del suolo e il controllo naturale dei parassiti) funzionino correttamente. Gli habitat agricoli caratterizzati da una maggiore ricchezza di specie posseggono anche maggiore capacità di adattamento e resilienza agli stress ambientali, inclusi quelli legati ai cambiamenti climatici. Importante aspetto dell’agricoltura biologica è il divieto dell’uso di organismi geneticamente modificati.

Osservando, invece, i dati del settore bio, negli ultimi anni l’agricoltura biologica ha continuato a crescere con ritmi sorprendenti, affermandosi sempre di più come un comparto economico di grande interesse per il nostro agroalimentare: è un trend che prosegue costante da diversi anni e che ha i suoi riscontri non solo in Italia ma anche in Europa e nel mondo.

L’attenzione verso i temi della sostenibilità sia da parte dei consumatori che del mondo della produzione agroalimentare è oramai un pilastro saldo, ed è sempre più al centro delle politiche di sviluppo del nostro Paese. Il metodo di produzione biologico esplica, così, una duplice funzione: da una parte, rispondere alla domanda da parte dei consumatori di alimenti e fibre salubri e sicuri, e

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dall’altro, fornire beni pubblici che contribuiscono alla tutela dell’ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale.

In Italia le vendite del food biologico presso la grande distribuzione, che nel 2016 hanno evidenziato una crescita prossima al 20% sull’anno precedente, proseguono la loro performance nei primi 10 mesi del 2017 (+15,3%) pur evidenziando una diminuzione del ritmo di crescita rispetto lo stesso periodo del 2016.

La quota di mercato dei prodotti biologici sul totale dell’agroalimentare nei primi mesi del 2017 è del 3,4% in aumento rispetto al 3% del 2016.

I primi dati del 2017 continuano ad essere incoraggianti e rispecchiano la linea di tendenza degli ultimi anni. Gli incrementi fuori media di vini e spumanti (+109,9%) e delle carni fresche e trasformate (+85,1%) denotano un interesse sempre maggiore per queste categorie di prodotto certificato, nonostante un peso assoluto, in termini di valore, ancora modesto, che quindi comporta una possibilità di crescita più rapida. Gli altri comparti biologici, apprezzati dal consumatore già da parecchi anni, consolidano invece il proprio posizionamento come conseguenza di una ormai stabile e riconosciuta presenza sugli scaffali della GDO.

Nel primo semestre 2017 le vendite dei derivati dei cereali (+3,2%), della frutta (+19,3%), degli ortaggi (+12,7%) e dei latticini (+16,2%) biologici sono cospicue e rappresentano da sole il 68% delle vendite di prodotti biologici. Il confronto tra le vendite di prodotti food biologici e quelli non biologici tra il primo semestre dell’anno corrente e lo stesso periodo del 2016 mostra un generale aumento, timido nel convenzionale e più marcato nel biologico. In particolare, come mostrano i numeri, il vino e spumante bio indicano una crescita esponenziale; un settore ancora di nicchia ma con prospettive tutt’altro che modeste, anche in considerazione delle ingenti superfici vitate in conversione.

A livello internazionale il trend continua ad essere positivo: la domanda dei consumatori continua ad espandersi. La società di ricerca Organic Monitor stima che il mercato globale del biologico ha raggiunto un giro di affari di circa 75 miliardi di euro nel 2015 (cambio valuta al 09/02/2017, data di pubblicazione dello studio). Gli Stati Uniti guidano il mercato con 39,9 miliardi di euro, seguiti dalla Germania con una spesa di 8,6 miliardi di euro, Francia 5,5 miliardi di euro e la Cina con 4,7 miliardi di euro di spesa. L’Italia è il settimo paese per quanto riguarda il mercato dei prodotti biologici con circa 2,3 miliardi di euro di spesa nel 2015, anche se le ultime stime attestano vendite di biologico che si aggirano sui 5 miliardi di euro nel 2016.

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In parallelo l’agricoltura biologica nel 2016 ha compiuto un notevole passo in avanti:

1. le superfici coltivate con metodo biologico in Italia hanno raggiunto quota 1.796.363 ettari (Tab. 1), che si traducono in una crescita del 20,4 % rispetto all’anno precedente. In termini assoluti, nel 2016, sono stati convertiti al biologico oltre 300 mila ettari.

I principali incrementi riguardano le colture foraggere (342.653 ha), i pascoli (321.011 ha) ed i cereali (299.639 ha), le colture di olivo (222.452 ha). L’incrementi riguardano soprattutto gli ortaggi (+48,9%), cereali (+32,6%), vite da vino (+23,4%) e olivo da olio (+23,5%). Le maggiori estensioni di superfici biologiche invece si trovano in Sicilia, Puglia e Calabria.

2. La crescita del settore si evidenzia anche dal numero di aziende che hanno scelto di produrre secondo il metodo del biologico. Sono infatti 72.154 gli operatori certificati al 31 dicembre 2016. Nel corso del 2016, hanno scelto di convertire la propria impresa 12.195 operatori. Rispetto ai dati riferiti al 2015 si rileva infatti un aumento complessivo del numero di operatori di 20,3 punti percentuali. Nel dettaglio gli operatori sono 72.154 di cui 55.567 sono esclusivamente aziende agricole (22,9% di crescita rispetto al 2015), 7.581 preparatori esclusivi (7,4% di crescita rispetto al 2015), 8.643 produttori-preparatori e 363 importatori (17% di crescita rispetto al 2015).

Le regioni con il maggior numero di operatori biologici sono, anche in questo caso, Sicilia, Calabria e Puglia.

L’incidenza percentuale del biologico rispetto ai dati nazionali indica che, in percentuale sul totale della superficie coltivata in Italia, il biologico arriva ad interessare il 14,5 % della SAU nazionale, dato che cresce, rispetto al 2015, di oltre due punti percentuali. L’elaborazione dei dati di superficie per aree geografiche, mostra che per ogni 100 ettari di SAU, circa 19 ettari sono condotti con metodo biologico nel centro, sud e isole mentre, nel nord del paese, la SAU biologica si ferma a 6 ettari. Le aziende agricole biologiche in Italia rappresentano invece il 4,4 % delle aziende agricole totali, quasi un punto percentuale in più rispetto all’anno 2015.

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Tabella 1: superficie biologica nazionale - 2016 su 2015

A livello Mondiale 50,9 milioni di ettari sono coltivati con metodo biologico al 31/12/2015, con una crescita di 6,4 milioni di ettari rispetto al 2014, la più sostenuta fin qui registrata. L’Australia è il paese che ha l’estensione di superficie coltivata con metodo biologico più imponente con 22,7 milioni di ettari, seguita da Argentina con 3,1 milioni di ettari e Stati Uniti di America con 2 milioni di ettari. Tuttavia i paesi che in proporzione hanno la percentuale maggiore di SAU biologica sono Liechtenstein (30,2%), Austria (21,3%) e Svezia (16,9%), mentre l’Italia si attesta al 11,7%.

• Biodistretti

In tale contesto di sviluppo del comparto biologico nascono i Biodistretti: nel nostro Paese, da diversi decenni, si sono affermati i distretti produttivi, realtà territoriali che – grazie al concorso di privati e istituzioni – si sono specializzate in determinate attività produttive. Più recentemente l'Italia ha inoltre conosciuto una grande espansione dell'agricoltura biologica. Non stupisce, dunque, che questi due modelli abbiano finito per ibridarsi, dando vita ai Biodistretti: un'area geografica dove agricoltori, cittadini, operatori turistici, associazioni e pubbliche amministrazioni stringono un accordo per la gestione sostenibile delle risorse locali, partendo dal modello biologico di produzione e consumo. Una realtà che ha come obiettivo la valorizzazione dell’economia e delle tradizioni locali, in cui la

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valorizzazione dei prodotti biologici si coniuga indissolubilmente con la promozione del territorio e delle sue peculiarità.

Un distretto biologico, infatti, non nasce dal nulla: un prerequisito è la significatività del comparto biologico per la coltivazione, l'allevamento, la trasformazione e la preparazione alimentare e industriale. Dunque si valuta l'incidenza percentuale delle aziende biologiche sul totale delle aziende agricole, nonché il peso del bio sulla superficie agricola utilizzata (SAU) complessiva ed infine si analizza la significatività della tutela delle produzioni e delle metodologie colturali, di allevamento e trasformazione tipiche del territorio.

Altro cardine è, inoltre, la presenza di un'elevata qualità ambientale, testimoniata dalla presenza di certificazioni, dal numero di aree protette e, più in generale, dallo stato di salute del territorio. Ma a cosa serve un distretto biologico?

In primis a favorire coesione e partecipazione degli attori della filiera biologica. Difficile pensare che le imprese agricole, solo con le proprie forze, possano coniugare la propria attività con le nuove frontiere della sostenibilità (energie rinnovabili, acqua, biodiversità, qualità della vita e del lavoro). Il biodistretto cerca poi di favorire rapporti più equi nella filiera, creando nuove relazioni dirette tra produttori e consumatori, grazie a modelli distributivi alternativi quali la filiera corta e i gruppi di acquisto solidale, nonché spronando la PA a incrementare gli acquisti verdi per mense scolastiche, ospedali e altri servizi pubblici. Infine l'aspetto comunicativo: nei Biodistretti sono promossi forum pubblici in cui gli agricoltori, gli altri operatori economici, gli amministratori pubblici e la popolazione si confrontano con pari dignità e potere decisionale. Non meno importante è la semplificazione: i Biodistretti possono contribuire a rendere meno burocratico, più efficace e inclusivo il sistema di controllo e certificazione del biologico, grazie alla «certificazione di gruppo» e ai sistemi partecipativi di garanzia. I Biodistretti rappresentano veri e propri motori di sviluppo per le comunità rurali, capaci di rimettere al centro del rilancio dell’economia l’agricoltura sostenibile e di qualità. Non da ultimo, la speranza è che essi possano fungere da volano per favorire l'export dei prodotti agroalimentari locali a livello internazionale e per lo sviluppo di un turismo sostenibile (+74% rispetto al 2016 nelle aree rurali italiane).

Tra le reti associative l’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB) - che rappresenta gli interessi dei produttori biologici, attraverso la promozione dell’agricoltura biologica quale modello di sviluppo sostenibile, basato sui principi di salvaguardia e valorizzazione delle risorse, rispetto dell’ambiente, del benessere animale e della salute di chi consuma - si pone sicuramente come associazione che tutela e garantisce i Biodistretti della penisola definendo delle linee guida chiare per la loro costituzione e implementazione: incidenza SAU biologica, rappresentanza significativa di aziende biologiche, i produttori biologici devono essere superiori agli altri operatori

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biologici, ruolo guida del settore privato, sviluppo del Biodistretto su almeno due aree comunali, elevata qualità ambientale e conservazione biodiversità.

Sotto l’egida di AIAB, infatti, nascono numerosi Biodistretti tra cui anche il Biodistretto del Chianti1. Il Chianti è un territorio vocato alla viticoltura di qualità, caratterizzato da ambienti unici e paesaggi plasmati da generazioni, ereditati da aziende che possono vantare una lunga tradizione di agricoltura biologica.

A metà anni ’90 i Produttori di Panzano in Chianti (Firenze) fondarono un’associazione privata (l’Unione Viticoltori di Panzano), dove alcuni di loro già producevano con metodo biologico, con l’obiettivo di promuovere insieme l’immagine dei loro vini.

Nel 2005 al territorio di Panzano in Chianti (oltre 600 ettari di vigneto, pari a circa il 10% dell’intero Chianti Classico) è stato applicato il decreto di lotta obbligatoria allo scafoideo, senza peraltro che fossero segnalati casi di flavescenza dorata –malattia molto dannosa poiché incide sulla produzione sino ad annullarla- nel territorio chiantigiano. Per evitare i trattamenti insetticidi, a Panzano in Chianti si scelse di organizzare un accurato monitoraggio coordinato in tutti i vigneti del comprensorio grazie al quale (ancor oggi) si è potuto dare le massime garanzie a ogni singolo produttore (con un grande beneficio per l’intero territorio). Questa esperienza ha indotto le istituzioni a modificare il decreto prevedendo il trattamento insetticida solo in caso di ritrovamento del vettore (quindi come misura successiva al monitoraggio) e solo nei singoli vigneti infestati. L’entusiasmo di questi primi successi

1I soci attualmente sono: AZ. AGRICOLA CASAVECCHIA ALLA PIAZZA DI BUONDONNO GABRIELE, AGRIS, AZ. AGRICOLA DI

BIANCHI ROBERTO (VAL DELLE CORTI), AZ. AGRICOLA DI SODERI SUSANNA, AZ. AGRICOLA FONTODI DI GIOVANNI E MARCO MANETTI - SOCIETA' AGRICOLA SEMPLICE, FATTORIA POGGERINO - SOCIETA' AGRICOLA DI PIERO E BENEDETTA LANZA S.S., FELSINA S.P.A. SOCIETA' AGRICOLA, GALLO ELENA (FATTORIA DI CORSIGNANO), LE CINCIOLE SOCIETA' SEMPLICE AGRICOLA DI ORSINI E VIGANO', OLIO DI DIEVOLE S.R.L., SOCIETA' AGRICOLA DIEVOLE S.P.A., SOCIETA' AGRICOLA EREDI ENZO RASPI S.S. (FATTORIA POMONA), SPEVIS S.R.L.,, TENUTA DI COLTIBUONO S.R.L UNIPERSONALE, CASTELLO D'ALBOLA S.S., FATTORIA LA CASTELLINA DI BOJOLA TOMMASO, FATTORIA S.GIUSTO A RENTENNANO SOCIETA' AGRICOLA S.S., GAGLIOLE SOCIETÀ AGRICOLA INC., CASTAGNOLI SRL SOCIETA AGRICOLA, VILLA VIGNAMAGGIO SOCIETA' AGRICOLA S.R.L., SOCIETA' AGRICOLA S.FABIANO CALCINAIA S.R.L., QUERCETO DI CASTELLINA DI JACOPO DI BATTISTA E C. SAS SOC. AGR., CAMPINUOVI DI NADIA RIGUCCINI , SOCIETA' AGRICOLA IL PALAZZINO SS, FATTORIA DI MONTEMAGGIO SRL, SOCIETA' AGRICOLA PODERE COGNO DI STOLL FRANCOISE E LEPERC, GRICOLA CHIANTIGIANA CASAFRASSI SAS, SOCIETA' AGRICOLA NUOVA AGRICOLTURA SRL, AZIENDA AGRICOLA DI PRUNETI GIONNI, FATTORIA DI CALCINAIA DI SEBASTIANO CAPPONI, SOCIETA' AGRICOLA QUERCIABELLA S.P.A., PODERE CASTELLINUZZA DI PAOLO COCCIA, S.M. TENIMENTI LAMOLE E VISTARENNI SAN DISDAGIO S.R.L., SOC. AGR.AGRARIA LA SPINOSA SOCIETA' SEMPLICE AGRICOLA, FATTORIA CASTELLO DI VERRAZZANO DI CAPPELLINI LUIGI GIOVANNI, MARIOTTINI CARLO AZIENDA AGRICOLA REGGINE, AZIENDA AGRICOLA ANTICO PODERE CASANOVA, FATTORIA ISPOLI, FATTORIA CASALOSTE, FATTORIA LE FONTI DI VICKY SCHMITT VITALI, FATTORIA CORZANO E PATERNO, SOC.AGR.CASANOVA DI PIETRAFITTA, SOCIETA' AGRICOLA MONACIANO SRL, AZIENDA AGRICOLA MELE GEROLAMO, CASPRENO DI CINO CINUGHI DE PAZZI, CINUGHI DE PAZZI ALESSANDRO, PARRINI TOMMASO, SOCIETA' AGRICOLA BERTINGA S.R.L.

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ha portato il territorio a occuparsi di altri aspetti come la lotta alle tignole (un insetto che infesta le farine di cereali, le paste alimentari, la frutta secca, le sostanze organiche animali conservanti, le cariossidi di cereali) e la reintroduzione dei fitoseidi –acari predatori utilizzati in agricoltura- per il controllo dei ragnetti (con l’obiettivo di eliminare insetticidi e acaricidi che sono le molecole più pericolose). Sempre a Panzano in Chianti si sta sperimentando un modello di stima territoriale del potenziale epidemico di peronospora2 e oidio3 (per dare indicazioni di intervento in base alla valutazione del fattore locale di pericolo) grazie alla condivisione di una rete strategica di sensori meteo wireless. Per alcuni anni i viticoltori di Panzano in Chianti a turno hanno messo a disposizione un vigneto per le prove con i corroboranti. Inoltre, per impulso del territorio, è stato vietato il diserbo chimico sulle strade dell’intero comprensorio (iniziativa seguita da molti altri comuni chiantigiani e non solo).

Da qui nascono i primi presupposti che hanno portato alla prima esperienza di biologico in forma associata che è rappresentata dal Biodistretto di Greve in Chianti nel 2012, seguito da quello di Gaiole, per poi giungere in tempi recenti, anche al fine di adeguarsi alle linee guida aiab, al Biodistretto del Chianti, che nasce a fine settembre 2016 e nel quale convergono le esperienze di Greve e Gaiole in Chianti.

Grazie all’impegno di molti produttori e tecnici e alla sensibilità delle amministrazioni comunali che hanno recepito la straordinaria portata innovativa del progetto, è nato il Biodistretto del Chianti, ove ogni attore, nell’ambito della sua sfera operativa, si impegna a sostenere e far crescere la cultura e la conoscenza del biologico, e con i comuni coinvolti - Greve in Chianti, Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti, Radda in Chianti, Castelnuovo Berardenga, che si stanno ora ampliando grazie alla

2 La peronospora della vite, determinata da Plasmopara viticola, è stata introdotta in Europa dall’America nel 1878 ed è

ora largamente diffusa nei paesi viticoli. Provoca sulle foglie le cosiddette macchie d’olio, aree giallastre ben visibili per trasparenza, in corrispondenza delle quali compare della muffa biancastra; in seguito le aree colpite imbruniscono e le foglie si seccano e cadono; vengono colpiti anche i tralci ancora verdi, ma particolarmente gravi sono gli attacchi ai grappoli: gli acini possono mostrare le macchie con la caratteristica efflorescenza, oppure (forma larvata) non vi sono manifestazioni esterne ma i tessuti interni soggiacciono a disorganizzazione e illividimento.

3 L’oidio della vite è dovuto a un fungo ascomicete Erysiphe necator Schwein nella sua forma gamica e Oidium tuckeri

(Berk.) nella sua forma asessuata i quali determinano malattie delle piante designate come mal bianco o oidio. Per lo più questo termine indica la malattia della vite dovuta a Uncinula necator, fungo della stessa famiglia, che colpisce foglie, tralci verdi, fiori e frutti; si manifesta con macchie miceliche polverulente, bianco-grigiastre. Le infezioni sui grappoli causano perdite produttive e deprezzamento qualitativo delle uve. Le infezioni sulle infiorescenze determinano spesso il disseccamento e la caduta dei grappoli, oppure negli attacchi più lievi difetti di allegagione.

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delibera di San Casciano in Val di Pesa e a quelle attese a breve di Barberino Val d’Elsa e Tavarnelle in Val di Pesa - che sottoscrivono un patto che li impegna ad adottare pratiche sostenibili.

Nell'area di interesse del Biodistretto del Chianti, oltre il 21%, pari a 2246 ettari (Tab. 2), dei vigneti sono certificati bio, ben al di sopra della media nazionale che si attesta intorno al 12%.

Per quel che concerne, invece, la superficie biologica complessiva nell’area di interesse del Biodistretto del Chianti, oltre il 30% dei terreni coltivati, pari a 6475 ettari, sono certificati bio, superiore al livello nazionale che si attesta al 14,5%.

Molte aziende seguono questa strada da anni, in alcuni casi decenni, e queste pratiche rappresentano ormai un valore aggiunto per la qualità e per la territorialità dei prodotti. La diffusione delle pratiche bio sta portando benefici sia sostanziali che in termini di ritorno di immagine alle attività ricettive e agrituristiche, nonché per la salute di chi lavora a stretto contatto con la vigna e della cittadinanza residente nel territorio, dell’ambiente e del paesaggio.

In questa zona le pratiche bio vanno ben al di là di quello che viene richiesto per la certificazione, che viene considerato un primo passo significativo ma non sufficiente. La diffusione delle pratiche di inerbimento, sovescio e compostaggio sta trasformando il modo di fare viticultura, proteggendo i terreni dall’erosione, migliorando la struttura e incrementando la sostanza organica nel suolo. Le esperienze di rete territoriale, ad esempio quella per il monitoraggio dello scafoideo, come suddetto, per contenere la diffusione della flavescenza dorata, rappresentano un modo innovativo e molto promettente di affrontare le problematiche fitosanitarie. Risulta essere di estrema importanza, inoltre il patto sottoscritto con i suddetti comuni, i quali si impegnano ad eliminare erbicidi, come il glifosato, nella gestione del verde urbano e del diserbo, nonché ad utilizzare prodotti biologici nelle mense, a sostenere la raccolta differenziata secondo il paradigma "riduco, riciclo, riuso" e sostituire l'uso di stoviglie di plastica con quelle in coccio o compostabili.

Il ruolo decisionale dell’associazione, infine, spetta al consiglio direttivo composto da 10 membri provenienti dal settore produttivo e 2 membri dal settore tecnico.

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Tabella 2: superficie biologica Biodistretto del Chianti dei vigneti e degli oliveti (2015)

2. Obiettivi dello stage

La situazione di partenza del tirocinio risulta essere complessa: carenze organizzative e attività dell’associazione che dipendono dal lavoro gratuito, non sempre costante ma non per colpa, dei membri del direttivo. Mancanza di un ufficio, un luogo fisico di riferimento per il lavoro quotidiano se non quello di casa o quello di una sala riunione messa a disposizione a rotazione da una azienda vitivinicola per lo svolgimento dei consigli direttivi. Il clima, invece, instauratosi con i membri del consiglio direttivo è di mutua fiducia e di reciproca collaborazione.

Un altro problema non secondario è dovuto alla scarsità e alla difficoltà a reperire fondi, tuttavia mi viene lasciata cospicua autonomia circa la gestione operativa.

Altre volte, durante i direttivi, dei quali mi sono assunto l’onere di redigere i verbali, ho discusso anche di strategia. Sorge, quindi, la necessità di dare un nuovo impulso alla strategia dell’associazione e di far emergere al meglio la realtà del Biodistretto del Chianti.

In tale contesto gli obiettivi, che mi vengono assegnati, sono prevalentemente due: la ridefinizione della visione, della missione e in parte della strategia dell’associazione, e far emergere la realtà del

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Biodistretto del Chianti mediante la comunicazione.

È spesso detto che “se non sai dove vai, qualunque strada ti può condurre a destinazione”. Risulta che le aziende di maggiore successo sono proprio quelle che hanno formulato una missione ed una strategia coerenti e sono impegnate a realizzarla anno dopo anno, per un periodo prolungato di tempo. Viene richiesta, dunque, la traduzione degli obiettivi di sviluppo sostenibile in obiettivi strategici primari.

Inoltre, data la scarsa conoscenza del Biodistretto, anche a causa della recente costituzione, si rende indispensabile la divulgazione della realtà del Biodistretto e dei suoi obiettivi al fine di motivare la partecipazione dei soci interni, e per trasmettere la conoscenza della nuova associazione ai possibili soci esterni futuri e ai portatori d’interesse più in generale. Da notare che, nonostante l’ambito territoriale da noi ricoperto, al momento suscitiamo molto più interesse al di fuori dalla Toscana che all’interno del territorio. Il vivo interesse, in particolare, di Legambiente, Bioland Südtirol, Lonely Planet e Gambero Rosso nei nostri confronti lo dimostrano.

Inoltre, va segnalato come al momento sia da registrare, aggiungerei purtroppo, una certa “freddezza” da parte del Consorzio del Chianti Classico, che probabilmente ci concepisce più come competitor che come possibile partner sul territorio. Stessa freddezza si registra da parte anche di alcuni giornalisti del settore vitivinicolo.

Prima, comunque, di definire nel dettaglio le attività da me svolte, è necessario introdurre il tema della sostenibilità e dello sviluppo sostenibile partendo dal modello della produzione biologica. Negli ultimi anni si parla spesso di sostenibilità, sovente però in modo volutamente poco chiaro al solo scopo di favorire politiche di Greenwashing4. Cos’è la sostenibilità?

La sostenibilità -dal latino sub tenere, tenere sotto– deriva dall’ambito scientifico e naturalistico, in cui si definisce gestione sostenibile della risorsa quella che prevede di utilizzare tale risorsa senza intaccare la sua capacità di rigenerarsi, ma nell’ambito sociale, economico e ambientale indica un

4 Si parla di greenwashing per indicare le pratiche adottate da quelle aziende od organizzazioni interessate ad acquisire

una reputazione «verde», ossia ecologica, senza che vi corrisponda un modo di operare sostanzialmente diverso da quello degli altri soggetti (concorrenti) rispetto ai quali es- se si vogliono differenziare. Le azioni di greenwashing si attuano prevalentemente attraverso attività di comunicazione, non solo di tipo strettamente commerciale (pubblicità o packaging dei prodotti), ma anche destinate al pubblico più ampio, agli opinion leader o alle istituzioni, in genere con eventi o sponsorizzazioni. In tutti i casi l’obiettivo è la rivendicazione da parte dell’azienda di qualità ambientaliste a cui non corrispondono azioni concrete, ad esempio utilizzando messaggi e immagini ad hoc o pubblicizzando donazioni e accordi con associazioni.

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modello di sviluppo della società che assicura “il soddisfacimento della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.

Questo nuovo modello, culturale prima ancora che economico, nasce da due presupposti tra loro interdipendenti: crescita della popolazione mondiale (9,7 miliardi nel 2050 secondo le stime delle nazioni unite) e scarsità delle risorse. Per fare un esempio nel 2017 l’Earth overshoot day –che rappresenta la data in cui la richiesta delle risorse naturali supera la quantità di risorse che la terra è in grado di generare nello stesso anno- è stato calcolato cadere in data 2 agosto (nel 1987 era il 18 dicembre). Ogni anno perdiamo mediamente 8 – 10 giorni rispetto alle capacità della natura di recuperare risorse da noi consumate nel medesimo periodo. Per tale motivo questo processo lega la gestione sostenibile delle risorse naturali agli aspetti economici, sociali e ambientali al fine di garantire anche alle generazioni future la possibilità di soddisfare le proprie esigenze. Inoltre, la sostenibilità considera anche le problematiche derivanti dalla crescita della popolazione e dallo sfruttamento intenso delle risorse scarse, con riferimento anche ad altri fattori quali inquinamento, dissesto idrogeologico e accumulo di rifiuti.

La questione delle risorse può essere affrontata grazie alle opportunità offerte dalla tecnologia, digitale, industriale e agronomica: crescente quantità di dati, più potenza di calcolo e applicazioni dedicate, conoscenze condivise, apparati e reti di comunicazione. Il pianeta oggi “raddoppia” le sue conoscenze ogni 2 – 3 anni (prima dell’inizio del secolo scorso occorrevano 100 anni). Vi sono, inoltre, numerosi esempi di applicazioni in grado di diminuire l’impatto dei consumi sul pianeta che permettono un certo ottimismo per il futuro (le tecniche di irrigazione drop ad esempio).

Tuttavia, altri tipi di tecnologie rinnovabili utilizzano invece metalli preziosi e rari: fotovoltaico, pale eoliche, auto ibride e lampade a risparmio energetico contengono molte “terre rare”. Stiamo prelevando in modo oramai massiccio elementi che prima non usavamo e che sono presenti sul pianeta in quantità assai ridotte.

Di conseguenza, l’unica soluzione praticabile in tal senso è riciclare: i metalli sono presenti sul pianeta sin dalla sua nascita e con buona probabilità non aumenteranno.

Dobbiamo considerare, poi, che anche con l’aiuto delle nuove tecnologie non saremo in grado né dovremo sostenere gli stili di vita consumistici che hanno caratterizzato e caratterizzano tuttora le nostre società occidentali contemporanee. A tal proposito bisogna sviluppare un nuovo modello di società che riduca il consumo delle risorse mantenendo una buona qualità della vita, una rivoluzione culturale che ridefinisca valori e comportamenti che rendano sostenibile la nostra condizione umana: tutelare e rigenerare in modo innovativo il nostro patrimonio economico, ambientale e al tempo stesso

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sociale e culturale. Riscoprire l’importanza delle risorse cruciali, che rivestono cioè un ruolo decisivo per la nostra esistenza.

Fortunatamente una buona parte della popolazione negli ultimi venti anni si è avvicinata ai valori della sostenibilità: le visioni degli ambientalisti più intransigenti si sono tramutate in sensibilità della maggioranza della popolazione mondiale. Abbiamo progressivamente deciso di orientarci verso benessere e qualità non solo individuali, ma collettivi, contribuendo alla creazione di nuovi punti di vista: la rilevanza e la sostenibilità implicano un rinnovato rapporto con il tempo, con lo spazio, con la quantità dei consumi e la qualità della vita.

La sostenibilità e lo sviluppo sostenibile si suddividono in sostenibilità ambientale, economica e sociale:

1. La prima prende in considerazione l’integrità dell’ecosistema terrestre e la qualità dell’ambiente, intesa come bene che consente il miglioramento della qualità della vita e quindi lo sviluppo. Pertanto la qualità dell’ambiente deve essere difesa dagli inquinamenti, dalla produzione di rifiuti e dalle emissioni di gas nocivi per il nostro pianeta. La sostenibilità ambientale può essere intesa come la capacità di mantenere qualità e riproducibilità delle risorse naturali.

2. La seconda forma di sostenibilità è quella economica, in altre parole la capacità di generare reddito e lavoro per il sostentamento della popolazione. Consiste sia nel perseguire l’efficienza economica attraverso un’attenta gestione delle risorse non rinnovabili (combustibili fossili, metalli, ma anche patrimoni storico – artistici delle città, paesaggi agricoli, parchi), sia in uno sviluppo che regoli investimenti e lavoro in vista di un’equità intergenerazionale, sostenibile nel lungo periodo.

3. Un’altra forma di sostenibilità presa in considerazione all’interno del concetto di sviluppo sostenibile è quella sociale.

Il conseguimento della sostenibilità ambientale ed economica deve procedere di pari passo con quella sociale e l'una non può essere raggiunta a spese delle altre.

La sostenibilità sociale include l'equità, l'empowerment, l'accessibilità, la partecipazione, l'identità culturale e la stabilità istituzionale. Si tratta di variabili che pongono l’attenzione su una distribuzione socialmente equa di costi e benefici derivanti dal modo in cui l’uomo gestisce l’ambiente; un metodo che deve diventare sempre più globale (per la diversificazione e l'integrazione di risorse umane, socio-culturali ed economiche), diverso (per la valorizzazione delle identità locali e della biodiversità), non

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gerarchico (per realizzare sistemi organizzativi partecipativi e non gerarchici) ed evolutivo (per sostenere la diversità, l'equità, la democrazia, la conservazione delle risorse ed una più alta qualità della vita). La sostenibilità sociale può essere definita come la capacità di garantire condizioni di benessere umano (sicurezza, salute, istruzione) equamente distribuite per classi e per genere. All’interno di un sistema territoriale per sostenibilità sociale si intende la capacità dei soggetti di intervenire insieme, efficacemente, in base ad una stessa concezione del progetto, incoraggiata da una concertazione fra i vari livelli istituzionali. La sostenibilità sociale richiede la comprensione delle istituzioni e del loro ruolo nel cambiamento e nello sviluppo di sistemi democratici e partecipativi. Bisogna garantire pari condizioni di accesso ai bisogni primari (sicurezza, salute, istruzione, socialità, tempo libero...) equamente distribuiti tra strati sociali, età, generi e tra le generazioni presenti e quelle future.

Oggigiorno anche le imprese stanno iniziando ad incorporare i principi della sostenibilità in una logica Multistakeholder ridefinendo la propria struttura organizzativa in funzione della responsabilità sociale di impresa (Corporate Social Responsability, CSR), che può essere definita “integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.

3. Attività realizzate

Se la visione –proiezione dell’azienda ideale in un futuro ipotetico- può essere intesa come “rendere il Chianti Classico più vivibile per tutti”, la missione –obiettivo più concreto con cui realizzare la visione- cardine del Biodistretto del Chianti è la diffusione dell’agricoltura biologica, della cultura del biologico e della sostenibilità all’interno del territorio del Chianti Storico e nel mondo.

L’agricoltura biologica rappresenta un fattore di sviluppo fondamentale per l’economia agricola e turistica del territorio, e lo sviluppo del Biodistretto e delle sue attività incentiva la diffusione delle pratiche biologiche, il radicamento nel territorio e una possibilità concreta di crescita di un modello di gestione territoriale realmente sostenibile. Per questo motivo il Biodistretto del Chianti sin dalla sua nascita fa propri i principi dello sviluppo sostenibile cercando di trasformarli in traguardi e obiettivi strategici5 da raggiungere grazie anche alla collaborazione con i propri portatori di interesse.

5 La corporate strategy è la via lungo la quale un’azienda cerca di creare valore attraverso la configurazione e il

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Lo sviluppo sostenibile, in un approccio Multistakeholder, è la strada che permette il raggiungimento di una buona qualità attuale della vita senza compromettere il raggiungimento di una vita soddisfacente delle generazioni future.

Lo sviluppo sostenibile del Biodistretto del Chianti - ambientale, sociale ed economico – al fine di poter realizzare la propria missione e di conseguenza la propria visione, impone il perseguimento di traguardi/obiettivi intermedi per la sua realizzazione.

L’obiettivo strategico della sostenibilità ambientale ad esempio può essere raggiunta nei seguenti modi:

1. Estensione delle superfici condotto con metodo biologico nel territorio del Chianti. A causa dei cambiamenti climatici, del dissesto idrogeologico e della perdita della biodiversità, il suolo è diventata una delle risorse più vulnerabili del mondo. La maggiore riserva di carbonio si trova nel suolo, più che nell’atmosfera e nella vegetazione terrestre insieme.

È oramai pacifico che l’agricoltura biologica incida positivamente sul riscaldamento globale. Studi e analisi accurate hanno dimostrato che l’agricoltura biologica riduce nettamente il rilascio di carbonio, sotto forma di anidride carbonica, nell’atmosfera, che incide negativamente sul riscaldamento globale e di conseguenza sul cambiamento climatico. L’agricoltura convenzionale, attraverso l’uso di fitosanitari di sintesi, è responsabile del 10-12% del totale dei gas serra emessi nell’atmosfera, in particolare anidride carbonica, ossido di azoto e metano.

Inoltre la stima del 12% non include le emissioni dovute alla produzione di fertilizzanti, attribuite al settore industriale.

insieme danno luogo a un sistema finalizzato alla creazione del vantaggio aziendale, il quale a sua volta crea valore economico. I cinque elementi sono 1) la visione e la missione. 2) Traguardi qualitativi e obiettivi quantitativi a medio e breve termine sempre in linea con la visione. 3) Risorse ovvero beni, capacità e competenze; sono determinanti per stabilire ciò che l’organizzazione è in grado di fare e da esse dipende la scelta del mercato in cui operare. Le risorse rappresentano la principale fonte per la creazione del valore. 4) Business inteso come scelta dei settori in cui operare. 5) Organizzazione: la struttura (unità aziendali), i sistemi (le regole che indicano il modo in cui deve essere portata a termine l’attività di gestione) e i processi (elementi informali come le relazioni interpersonali nel luogo di lavoro) determinano come l’impresa controlla e coordina le sue attività. Il vantaggio competitivo è il risultato della combinazione armonica dei cinque elementi sopra descritti.

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Altro aspetto di particolare rilevanza deriva dal fatto che un vasto territorio coltivato con metodo biologico riduce, sino quasi a minimizzare completamente, l’effetto deriva dei fitosanitari.

Infine i risultati di una nuova ricerca, rilasciata a settembre del 2017, della The National

Soil Project alla Northeastern University in collaborazione con l’Organic Center

mostrano che la sostanza umica è decisamente più elevata nell’agricoltura biologica: in particolare, la ricerca dimostra che la sostanza organica del suolo è superiore del 13%, l’acido fulvico del 150%, l’acido umico del 44% e si registra inoltre un + 26% di stoccaggio del carbonio nel lungo periodo. In altre parole, i fitosanitari di sintesi, inquinando il terreno, riducono la fertilità e la resilienza dello stesso. Questo porta effetti negativi all’ambiente a livello locale e planetario.

2. Sostegno e diffusione delle pratiche che aumentino la biodiversità e diversificazione della produzione.

La biodiversità, poiché contribuisce alla formazione della materia organica del suolo, porta all’aumento della quantità di carbonio nel suolo.

Di conseguenza la biodiversità rafforza la produttività di un qualsiasi ecosistema (di un suolo agricolo, di una foresta, di un lago, e via dicendo). È stato infatti dimostrato che la perdita di biodiversità contribuisce all’insicurezza alimentare ed energetica, aumenta la vulnerabilità ai disastri naturali, come inondazioni o tempeste tropicali, diminuisce il livello della salute all’interno della società, riduce la disponibilità e la qualità delle risorse idriche e impoverisce le tradizioni culturali.

Anche una migliore gestione degli Ungulati, oltre che portare benefici in termini di riduzione di incidenti stradali e di perdite di raccolto, incide positivamente sulla conservazione della biodiveristà e sul paesaggio, evitando dunque la costruzione di recinzioni deturpative.

3. Promozione di una gestione virtuosa dei rifiuti tramite il paradigma riduzione, riuso, riciclo e incentivando la raccolta differenziata, al fine di arrivare alla dismissione delle discariche potenzialmente in grado di inquinare il terreno e le acque oltre ad occupare per un periodo indefinito un suolo diversamente utilizzabile.

4. Sostegno e promozione alle attività di ricerca, innovazione, sperimentazione, divulgazione, formazione, partecipazione a fiere, dimostrazione ed informazione riguardanti l’agricoltura biologica e la gestione sostenibile del territorio. Per raggiungere al meglio l’obiettivo strategico viene costituito un comitato tecnico scientifico composto da un tecnico agronomo di viticoltura biologica, un tecnico economista-agronomo e due

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produttori specializzati in viticoltura e olivicoltura.

Per ridurre l’inquinamento del territorio l’agricoltura biologica deve essere incentivata su base territoriale per più ragioni: il terreno viene contaminato a causa dei trattamenti fatti nelle terre confinanti, il combattere le malattie all’interno dei propri terreni senza sapere quello che succede in quelli vicini è più difficile rischiando di utilizzare prodotti in quantità maggiori del necessario (ad esempio il rame andrebbe ridotto al minimo poiché il suo accumulo porta ad un decremento della biodiversità). Inoltre, i funghi e gli insetti si muovono nel territorio senza far caso a dove cominciano o finiscono le diverse proprietà: solo se si organizza una strategia di difesa coordinata per tutte le aziende di un intero comprensorio, si può veramente ridurre l’impatto ambientale e avere molte più garanzie di una protezione efficace. Anche l’innovazione, la ricerca e la sperimentazione sono più efficaci se svolte su un territorio vasto.

Infine, bisogna ammettere che le armi a disposizione degli agricoltori bio, dalle molecole di origine naturale agli antagonisti naturali, per la difesa delle coltivazioni dai parassiti più pericolosi sono limitate e il rame è ancora la base di molte strategie, dunque diventa fondamentale trovare delle valide alternative attraverso lo sviluppo di nanotecnologie per un monitoraggio sempre più puntuale del territorio e di prodotti di origine naturale. 5. Contrasto agli abbruciamenti.

Un’importante fonte di emissione di PM10, di Benzopirene e di altri Idrocarburi Policiclici Aromatici è dovuta alla combustione della biomassa (legna) e dei residui vegetali in genere in maniera incontrollata mediante fuochi liberi all’aperto.

L’obiettivo strategico della sostenibilità sociale viene invece perseguita affrontando le seguenti tematiche:

1. Regole condivise per migliorare la qualità del lavoro nei campi.

Il Biodistretto del Chianti deve essere promotore di politiche volte a impedire lo sfruttamento del lavoro nei campi e la non osservanza delle precauzioni prescritte dai manuali di medicina del lavoro (infortuni sul lavoro e malattie professionali). In particolare preme sottolineare che l’uso di sostanze chimiche in agricoltura non è privo di effetti indesiderati nemmeno sull’uomo. Incomplete sono le conoscenze su possibili effetti cancerogeni, tuttavia per alcuni tipi di tumori si si è osservata una mortalità più elevata negli agricoltori: linfomi non-Hodgkin, leucemie, mielomi, tumori della cute, dell’encefalo, della prostata e dello stomaco. Per quel che concerne le tioftalimmidi è noto

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che possono causare malformazioni fetali nell’uomo (cardiovascolari, scheletriche, oculari, idrocefalo). Inoltre l’esposizione a pesticidi è stata indicata come causa di diverse alterazioni neurologiche, comprese patologie del sistema nervoso centrale, alterazioni neuro-comportamentali (intossicazione acuta), patologie del sistema nervoso periferico e suicidi.

2. Migliore qualità della vita dei cittadini del Biodistretto del Chianti e vendita di prodotti più salutari per i consumatori.

Riducendo l’esposizione a fitosanitari di sintesi, per via aerea e per percolazione nel terreno, la qualità della vita dei cittadini migliora. Inoltre uno studio della Newcastle

University sulle differenze nutrizionali tra cibi biologici e non biologici mostra che i

prodotti biologici, manipolati e non, hanno una quantità maggiore di antiossidanti/polifenoli e meno sostanze potenzialmente dannose come cadmio, azoto e residui di pesticidi rispetto ai prodotti “convenzionali”.

3. Essere un punto di riferimento per agricoltori, cittadini, istituzioni per lo sviluppo sostenibile del territorio.

Lo sviluppo sostenibile del territorio può essere raggiunto solo tramite un approccio Multistakeholder sia nei confronti dei soci interni, attraverso assemblee e direttivi, sia nei confronti dei portatori d’interessi esterni (cittadini, amministrazioni), al fine di coinvolgere e stabilire un dialogo proficuo tra le parti per stabilire progetti e obiettivi condivisi in funzione dell’affermazione dell’agricoltura biologica e dello sviluppo sostenibile del territorio. Lo sviluppo si può ottenere solo partecipando al raggiungimento di un obiettivo comune attraverso la collaborazione e la condivisione della conoscenza di tutti. Per tale motivo il Biodistretto del Chianti si pone come promotore di pratiche sostenibili sul territorio, mediante il valore della trasparenza e della condivisione della conoscenza e si pone al contempo come raccordo di tutti i portatori d’interesse.

4. Istituire e promuovere tra i cittadini e tra i giovani nelle scuole programmi di formazione e informazione ed educazione alimentare e di produzione biologica.

La salute e la nutrizione adeguata, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono da considerarsi diritti umani fondamentali. Lo stato di salute è fortemente influenzato dal livello e dalla qualità della nutrizione. Una dieta sana è un valido strumento di prevenzione di molte malattie. Secondo l’OMS sono quasi tre milioni le vite che si potrebbero salvare ogni anno grazie a consumo di frutta e verdura possibilmente priva di residui di fitosanitari e metalli pesanti.

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Da un punto di vista dell’obiettivo strategico della sostenibilità economica: 1. Sviluppo di un Enoturismo sostenibile.

Sebbene il turismo sostenibile sia ancora da considerarsi una nicchia, sempre più consumatori sono attratti da un turismo rispettoso dei principi della sostenibilità. Soprattutto nei paesi nord europei si ricerca con sempre maggior frequenza una vacanza “salutare”, con la disponibilità a spendere qualche soldo in più pur di realizzarla. Lo sviluppo e l’implementazione di questo modello di turismo richiedono di puntare maggiormente sulla qualità dei servizi e meno sulla quantità di visitatori. Tutto ciò genera un ritorno economico maggiore che ricade su tutto il territorio. Inoltre un turismo virtuoso, e non di massa, rispettando maggiormente le comunità locali, le tradizioni, il territorio e le risorse dello stesso, pone le basi per un ritorno economico non solo attuale, ma anche futuro.

2. Promozioni dei prodotti biologici e di filiere locali, di economie di scala e adesione a progetti e finanziamenti collettivi orientati alla sostenibilità e alla comunicazione.

I vantaggi dal lato dell’agricoltore sono da ricercarsi nell’utilizzo del canale corto, quali i maggiori ricavi, la stabilità della domanda e la possibilità di incidere direttamente sul prezzo. Un contenimento dei costi di produzione e l’assenza di intermediazione hanno un impatto determinante sul fattore prezzo, tanto che i prodotti veicolati tramite canale diretto sono generalmente più convenienti per i consumatori rispetto a quelli proposti dai canali tradizionali.

Contemporaneamente, a questo risparmio dei consumatori corrisponde una possibilità per il produttore di ottenere una remunerazione ritenuta più adeguata dei fattori produttivi impiegati e di riappropriarsi di una parte del valore che usualmente si disperde nei vari passaggi lungo la filiera. Inoltre, si riesce a garantire una trasparenza sulla formazione del prezzo che il consumatore può valutare, cosa che diventa complicata nel caso di filiere con numerosi intermediari. Con la vendita di prodotti su scala locale, poi, si evita il trasporto su lunghe distanze, risparmiando quindi in costi di conservazione, imballaggio e carburante (riduzione inquinamento). Per quanto riguarda le economie di scala esse si possono ottenere tramite la costituzione di gruppi di acquisto (Biodistretto del Chianti) per mezzi tecnici e fattori della produzione agricola biologica.

Inoltre, può svilupparsi un mercato di attrezzatura e macchinari usati interno al Biodistretto del Chianti.

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Infine, la partecipazione ai Programmi di Sviluppo Rurale può avvenire solo a livello di “gruppi d’aziende”, che danno la possibilità, soprattutto alle piccole realtà, di ricevere finanziamenti altrimenti preclusi.

3. Un ulteriore aspetto molto importante riguarda la messa appunto di protocolli innovativi di certificazione. Purtroppo la certificazione attuale non garantisce sempre che un prodotto biologico sia realmente tale (pesticidi trasportati dal vento), inoltre la certificazione appare come un sistema facilmente aggirabile dai produttori truffaldini, incidendo negativamente sulla percezione di qualità del prodotto e generando danni in termini economici per le aziende.

Alcuni temi sopra riportati possono riguardare più ambiti della sostenibilità, in quanto nessun punto può essere considerato staticamente ricompreso in una singola categoria ambientale, sociale o economica. Lo sviluppo sostenibile è un approccio olistico che non può prescindere dal perseguimento contestuale delle tre forme di sostenibilità esposte in precedenza.

A corollario di quanto detto risulta di particolare interesse l’adesione, tramite delibera approvata in consiglio comunale dei Comuni Chiantigiani, i quali si impegnano a implementare alcune misure che favoriscono lo sviluppo ambientale, sociale e economico del territorio come già ricordato nel I capitolo, tuttavia è importante sottolineare, in questa sede, che in futuro le amministrazioni locali dovranno affrontare anche altri tre temi ritenuti fondamentali:

1. La diffusione su tutto il territorio del Chianti Storico di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici e la messa a punto di un servizio di car e bike sharing ecologico.

2. La realizzazione di percorsi pedonali e ciclabili ben segnalati all’interno del patrimonio naturale chiantigiano;

3. Creazione e diffusione capillare di piccoli centri gratuiti di raccolta sul territorio di rifiuti vegetali e organici per il loro compostaggio.

L’ultimo obiettivo affrontato durante il tirocinio svolto è legato alla comunicazione off-line e on-line, interna ed esterna al Biodistretto e alla cura delle pubbliche relazioni al fine di accrescere la conoscenza dell’associazione tra i portatori di interesse.

La mia idea di fondo per permettere una miglior (ri)conoscibilità del Biodistretto del Chianti, consiste, da un lato, in una comunicazione più regolare e intensa in particolar modo nei confronti dei soci e anche dei molteplici portatori d’interesse, e dall’altro, in una maggiore presenza alle iniziative pubbliche soprattutto sul territorio, la creazione e la cura delle pagine social e lo sviluppo del sito

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internet, visti anche come strumenti per fare emergere le singole realtà che aderiscono al Biodistretto. È assolutamente importante, inoltre, utilizzare, per ogni target di soggetti che si vuole raggiungere, il mezzo di comunicazione idoneo – sito web e social, ma anche circoli, parrocchie ed edicole per le persone meno affini alla tecnologia - per poter veicolare al meglio le comunicazioni (eventi, informazioni).

Andando con ordine, il primo compito che ho gestito è stata la scrittura di un articolo sulla storia del Biodistretto del Chianti da inviare al Gambero Rosso per la sua pubblicazione. Questione assai importante tenendo conto che, dalla nascita dell’associazione, questo è stato il primo articolo pubblicato su una nota rivista di settore con copertura nazionale. Al primo direttivo di fine agosto l’assemblea ha approvato le mie riflessioni in merito alla partecipazione a Vino Expo a Greve in Chianti e a Vino al Vino di Panzano in Chianti, nel tentativo di far conoscere il Biodistretto del Chianti alla cittadinanza e di prendere contatti con aziende biologiche del territorio.

Per le stesse ragioni si è deciso di partecipare a inizio dicembre a Girolio 2017 a San Casciano in Val di Pesa.

Abbiamo inoltre partecipato ad altre due iniziative, in questo caso volte a creare una relazione costruttiva con gli altri Biodistretti AIAB del territorio italiano.

La Festa del Biologico a Bergamo di inizio ottobre è stata importante per conoscere molte delle numerose realtà distrettuali della penisola e ha posto le basi per la costituzione della rete AIAB. L’ultimo evento in cui abbiamo garantito la nostra presenza istituzionale è stato il Festival della Terra a San Gimignano.

Inoltre, il consiglio direttivo ha deciso di concedermi ampia autonomia nella scelta della società di consulenza per siti web, con l’obiettivo di trovare un giusto compromesso tra costi e benefici, e nell’ideazione grafica e testuale dei contenuti del sito: percorso che giungerà a conclusione solo entro metà febbraio.

Durante le due manifestazioni settembrine sono state aperte le pagine Facebook e Instagram, che nonostante la non sempre propositiva collaborazione delle aziende che partecipano al consiglio direttivo –con la collaborazione fattiva delle tredici aziende i contatti creati avrebbero potuto essere sensibilmente maggiori– e nonostante l’assenza di budget, fondamentale per gestire questi canali specialmente quando l’ente sponsorizzato è poco noto, siamo riusciti a raccogliere una discreta attenzione. Mediante la promozione sui social l’obiettivo è raccontare la storia del Biodistretto del Chianti, dei soci, le novità in campo agronomico e biologico, le normative vigenti, le tecniche di coltivazione biologica, le novità sulla sostenibilità locale e mondiale, promuovere un’alimentazione salutare e infine la pubblicizzazione di eventi. Importante sottolineare che la maggiore attenzione sui

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social dipende molto dal contenuto -che deve risultare coerente con la missione e gli obiettivi strategici già enunciati- dalla qualità delle immagini e dai tag utilizzati.

Nel corso di questi mesi abbiamo lavorato su più progetti:

1. Il Programma di sviluppo rurale, misura 3.2 “sostegno per attività di informazione e promozione, svolte da associazioni di produttori nel mercato interno”, con riscontri negativi da parte della Regione Toscana in quanto non ritenuti ammissibili alla presente domanda. Il punto 2.1.4. della presente misura prevede la partecipazione di “forme giuridiche stabili di produttori associati, costituite nel rispetto della normativa nazionale, con almeno 10 operatori iscritti nell’elenco regionale degli operatori biologici (L.R. n. 49/1997)”, tuttavia il Biodistretto del Chianti non si configura giuridicamente come “associazione di produttori”, seppur di fatto sia un’associazione di soli produttori biologici. Abbiamo posto un quesito all’ente regionale richiedendo un riconoscimento sia attraverso un’interpretazione estensiva del bando, cercando di estendere il significato delle parole del punto 2.1.4. della sottomisura oltre l’uso cui sono normalmente destinate, sia attraverso un’interpretazione analogica prendendo come riferimento i PSR della Regione Liguria dove si prevede la possibilità di partecipazione anche dei “Biodistretti” (articolo 12 preleggi).

In virtù di ciò abbiamo iniziato a sensibilizzare gli enti locali e regionali, grazie anche al crescente interesse del governo centrale sul biologico e i Biodistretti, al fine di stabilire una relazione continua che possa portare in futuro ad un riconoscimento regionale. 2. Rimanendo in ambito PSR, relativo in questo caso alla misura 16.1 – Sostegno per la

costituzione dei Gruppi Operativi – stiamo collaborando al progetto Biosì per l’elaborazione e implementazione di un modello di “certificazione biologica condivisa” (garanzia partecipata).

3. Infine abbiamo partecipato in modo propositivo al progetto partecipativo “la vite è una cosa meravigliosa” –iniziativa dei comuni chiantigiani finanziata dalla regione toscana- sostenendo la necessità di sviluppare un turismo sostenibile. Il contributo da noi apportato sembra che abbia suscitato un vivo interesse da parte dei partecipanti al tavolo tematico “turismo”, tra cui anche il Marketing Manager del Consorzio del Chianti Classico. Per quel che riguarda gli eventi organizzati dal Biodistretto del Chianti è nata negli ultimi mesi la necessità di definire un evento formativo per produttori sull’olio biologico e la organizzazione di un

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evento aperto a tecnici, associazioni di cacciatori, enti locali, produttori e cittadini sulla gestione degli ungulati.

Ultimo aspetto del tirocinio, rivolto ad un miglioramento della comunicazione interna, riguarda lo svolgimento di una indagine conoscitiva di tutti i soci del Biodistretto al fine di definire meglio le attività dell’associazione nel biennio 2018/2019. Allo stato attuale, nonostante ripetute mail e comunicazioni a mezzo telefonico, le risposte avute in merito all’indagine riguardano la metà delle imprese coinvolte.

4. Risultati ottenuti

La ridefinizione della missione e di alcuni obiettivi strategici è in linea con il punto di vista dei membri del direttivo dell’associazione e con le nuove esigenze di un mercato in evoluzione, soprattutto da un punto di vista etico e salutistico.

Le partecipazioni agli eventi territoriali hanno portato all’adesione di due realtà al Biodistretto del Chianti, e sono inoltre state utili per avviare nuove conoscenze sul territorio. In realtà, però, risulta difficile stimare quanto la partecipazione agli eventi sia stata proficua, essendo difficile valutare ad oggi come si evolveranno le relazioni create o ristabilite durante le fiere.

Per quanto riguarda la gestione delle relazioni esterne al territorio chiantigiano, queste hanno portato alla costituzione della rete AIAB avvenuta in data 23 novembre 2017.

L’evento sugli ungulati, dal canto suo, è in fase di definizione e sarà realizzato dopo il periodo fieristico di aprile.

Per quel che riguarda il sito internet, al momento, posso affermare che la realizzazione dello stesso da parte della società di consulenza, sotto mio impulso, avverrà entro il mese di febbraio, mentre sui social, nonostante le problematiche suddette, siamo riusciti a raccogliere una discreta attenzione. L’analisi conoscitiva che ho realizzato è diventata la base per la programmazione del lavoro nel prossimo biennio: il tema maggiormente affrontato dai soci riguarda lo “sviluppo sostenibile del territorio anche come volano per l’enoturismo di qualità e l’export”, che conferma ulteriormente l’idea di valorizzazione del territorio e del Biodistretto del Chianti che ho cercato di ideare e implementare, tuttavia il progetto dell’associazione non ha un fine prettamente commerciale. Si rileva, inoltre, che il Consorzio del Chianti Classico non può promuovere il Biodistretto del Chianti, anche se potrà promuoverne le tematiche, a causa dell’eterogeneità dei membri del consorzio. Questa prospettiva potrà cambiare solo con il raggiungimento di una percentuale di SAU biologica rilevante nel territorio.

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Infine, la sempre più importante attenzione della politica sui temi riguardanti la sostenibilità e alcuni tentativi, da parte del Biodistretto del Chianti, volti a cercare un dialogo costruttivo con gli enti che gestiscono il territorio, stanno portando ad alcuni incontri preliminari con la Regione Toscana di cui però, allo stato attuale, non si può prevedere l’evoluzione futura.

5. Conclusioni

Ai giorni nostri, con una realtà economica di mercato sempre più competitiva e globalizzata, che obbliga l’impresa a ricercare l’integrazione del successo economico con la coesione sociale e la protezione ambientale, la Corporate Social Responsibility (CSR) è diventata non solo una pratica generalizzata, ma quasi una necessità per lo sviluppo dell’impresa.

Le Organizzazioni, quindi, sono sempre alla ricerca di strumenti e approcci metodologici che accrescano il loro vantaggio competitivo trasferendo valore agli Stakeholder. L’etica aziendale, ed in particolare il comportamento etico nei confronti dei collaboratori interni, nonché di tutta la propria filiera produttiva, con riferimento al proprio ciclo produttivo, rappresenta la strategia ideale per raggiungere gli obiettivi di competitività ed economicità perseguiti dall'impresa.

L’impatto economico della responsabilità sociale delle imprese può essere ripartito in effetti diretti e indiretti. Risultati positivi diretti possono, ad esempio, derivare da un migliore ambiente di lavoro, che si traduce in un maggiore impegno e in una maggiore produttività dei lavoratori, ovvero possono derivare da un’efficace gestione delle risorse naturali. Gli effetti indiretti, invece, sono il frutto della crescente attenzione dei consumatori e degli investitori, che migliora l’immagine e la competitività dell’impresa. La reputazione di un’impresa, infatti, può spesso soffrire per le critiche formulate nei riguardi delle sue prassi commerciali. Tale situazione può nuocere ad aspetti fondamentali per un’impresa, quali il suo marchio o la sua immagine.

La valorizzazione del territorio chiantigiano attraverso lo sviluppo sostenibile diventa, di conseguenza, un strumento di CSR -visto come cuore dell’identità delle aziende vitivinicole dell’associazione a causa di una profonda sensibilità socio-ambientale da parte dei produttori- per tutte le aziende che compongono il Biodistretto del Chianti. Lavoro che deve essere finalizzato con la realizzazione di un Bilancio di Sostenibilità -rendicontazione che fornisce una rappresentazione delle performance di sostenibilità dell’organizzazione rispetto agli obiettivi perseguiti- annuale che si pone come strumento ideale per la comunicazione con i portatori di interesse. Per le aziende, dunque, la responsabilità sociale di impresa si rivela un fattore sempre più essenziale per essere concorrenziali in un determinato mercato e ottenere un vantaggio competitivo in linea con la propria

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strategia di base. Le prassi socialmente responsabili, infatti, consentono di gestire il cambiamento e di conciliare lo sviluppo sociale con una maggiore competitività. Ciò comporta un miglioramento qualitativo del turismo e un maggiore ritorno economico dalla vendita dei prodotti territoriali. Tutto ciò è realizzabile solo se le imprese del biodistretto riescono a sostenersi reciprocamente, solo se le realtà più importanti riescono a trainare le aziende di piccole dimensioni, solo se si applica un approccio Multistakeholder e una reale collaborazione tra portatori d’interesse, in grado di generare valore per tutti (ambientale, sociale ed economico) è possibile garantire lo sviluppo sostenibile del territorio. In sintesi lo sviluppo sostenibile del territorio si raggiunge tramite l’integrazione dei principi della sostenibilità alla missione aziendale, che deve essere perseguita tramite un’accurata realizzazione di una strategia e di un piano Marketing territoriale: approccio che definisce un orientamento strategico e la gestione di un’area, assumendosi il compito di orientare l’offerta territoriale, di favorire le migliori condizioni di utilizzo del territorio, di coinvolgere in modo concertato tutti i soggetti presenti sul territorio . Solo questo percorso è in grado di generare un vantaggio competitivo6 sostenibile7 nel lungo periodo per il territorio e per le imprese che operano su quel territorio. In caso contrario, si corre il rischio non solo di non garantirsi un vantaggio competitivo nei confronti delle altre aree vitivinicole più importanti, ma di incorrere in una perdita di competitività.

Riporto, infine, un’analisi dei pro e contro, secondo un’analisi SWOT, che devono essere considerati cercando di valorizzare i punti di forza e cercando di limitare o di risolvere i punti di debolezza, al fine di definire nei dettagli una corporate strategy e un piano marketing territoriale che permettano di perseguire la missione con efficacia.

6 Trattasi di strategia di focalizzazione: l’impresa intende soddisfare i bisogni specifici di un dato segmento (amanti del

vino e dell’enoturismo sostenibile) di domanda (amanti del vino e dell’enoturismo). Il senso di questa strategia di marketing risiede nell’obiettivo dell’impresa di soddisfare quello specifico bisogno in modo migliore di quanto non siano in grado di fare i concorrenti che si rivolgono a tutto il mercato.

7 Un vantaggio competitivo è sostenibile se non può essere copiato, non può essere sostituito, eroso dalle azioni dei

concorrenti, oppure se la continua evoluzione del contesto economico non lo rende obsoleto. Importante sottolineare che per raggiungere l’obiettivo sarebbe d’uopo sfruttare il vantaggio del “first mover” ovvero quel vantaggio generato dall’essere stato il primo ad occupare quel dato segmento di mercato.

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Partendo dalle criticità interne:

1. Disponibilità economiche insufficienti per costituire una struttura organizzativa stabile e il perseguimento di alcuni obiettivi che richiedono risorse monetarie. Questo è dovuto essenzialmente alla difficoltà da parte del Biodistretto del Chianti ad accedere ai fondi pubblici in quanto non ancora riconosciuto dalla Regione Toscana. Uno dei motivi che ha generato questa situazione di stallo a livello regionale è la mancata approvazione del disegno di legge sul biologico e sui biodistretti.

2. Carenza organizzativa, dovuta in parte alle poche risorse di cui al punto precedente, e acuita da riunioni dell’organo direttivo relativamente poco frequenti: laddove l’organo si riunisce, inoltre, non sempre è garantita la massima presenza da parte di tutti i membri dell’organo. Mancanza di una visione operativa triennale e di una road map annuale, anche se è bene ricordare che la mancanza di certezza in merito alle risorse economiche non facilita la definizione di obiettivi raggiungibili su base pluriennale o addirittura annuale.

Inoltre, durante i direttivi può accadere (ed è accaduto) che su determinati temi, in cui non è presente una convergenza di vedute tra i membri, la discussione si blocchi a causa di un eccesso di riservatezza. È necessario che i membri del direttivo, che non ricoprono particolari cariche, siano più incisivi e propositivi durante il dibattito. A volte qualche “contrasto”, nel limite dell’educazione e del dialogo costruttivo, potrebbe far affiorare idee e necessità che diversamente non emergerebbero. Tuttavia credo che il problema possa essere risolto, almeno in parte, attraverso una più assidua frequentazione, che genera a sua volta maggiore confidenza, dei membri del direttivo.

3. Altro aspetto da tenere presente è il fatto che l’organizzazione stenta ad emergere anche a causa della sua recente costituzione.

4. Rischio di perdere soci a causa dei pochi benefici da loro percepiti e rischio di non riuscire ad instaurare un rapporto con le comunità locali. Per cercare di porre un rimedio ad entrambe le problematiche sarebbe necessario, per i soci, riuscire a mettere in piedi qualche convegno che possa suscitare il loro interesse, mentre per la cittadinanza sarebbe necessario creare qualche evento tenendo anche conto, al fine di far conoscere l’evento stesso, dei mezzi di comunicazione e informazione utilizzati dalle comunità locali.

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Criticità esterne per la realizzazione del progetto del Biodistretto del Chianti:

1. Alcune aziende del territorio rilevano perplessità in merito al numero di associazioni filo-vitivinicole presenti sul territorio. Questo può generare confusione agli occhi delle imprese e dei consumatori.

2. Sebbene in minoranza, non sono pochi i produttori avversi al biologico poiché troppo legati alla “tradizione” o perché nutrono il timore di ridurre la qualità del proprio prodotto, anche se oramai molte guide assegnano spesso riconoscenze maggiori alle aziende biologiche del Chianti Classico (Fattoria Pomona, Azienda Agricola Buondonno, Le Cinciole per citare alcune).

3. Il successo attuale del biologico può arrestarsi a causa della diffidenza di alcuni consumatori, dovuta particolarmente alle molteplici truffe commesse da scaltri produttorie trasformatori. Anche per questo motivo c’è bisogno di una nuova certificazione che dia, da una parte, più garanzie ai consumatori, e che, dall’altra parte, non incida ulteriormente sulle casse e sulla burocratizzazione delle aziende biologiche.

4. C’è necessità di approvare il nuovo disegno di legge, e i successivi decreti attuativi, sul biologico per dare un nuovo impulso al settore.

5. Differenti necessità e priorità tra gli attori del Chianti Storico: 1) piccole e aziende di grandi dimensioni 2) Chianti Classico, Biodistretto del Chianti, enti locali (il biodistretto del Chianti occupa due provincie distinte e otto comuni) e Regione Toscana.

6. Un problema sia interno sia esterno, a causa dell’inerzia dell’associazione, è il rischio che nel tempo il Biodistretto del Chianti possa essere percepito come un’operazione di greenwashing volta ad attirare con inganno il consumatore sostenibile. Questo problema potrebbe derivare anche dalla normativa sui Biodistretti: basti considerare che allo stato attuale stanno nascendo Biodistretti con percentuali di SAU biologiche molto diversificate (nella regione Veneto la SAU biologica dei biodistretti costituiti, dato fermo a settembre 2017, non raggiunge nemmeno il 6% in media).

Venendo ai punti di forza interni sui quali vale la pena soffermarsi, indichiamo:

1. Il Chianti Classico si contraddistingue per una produzione di qualità, con una percentuale alta di SAU biologica, e per l’affermazione di alcune aziende a livello internazionale che possono fare da traino a quelle di più piccole dimensioni. I vini biologici, inoltre, esprimono al meglio la territorialità.

Figura

Tabella 1: superficie biologica  nazionale - 2016 su 2015
Tabella 2: superficie  biologica Biodistretto del Chianti dei vigneti e degli oliveti (2015)

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