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RIDUZIONE DI LUSSAZIONE ANTERIORE ACUTA DI SPALLA: TECNICA TRADIZIONALE IPPOCRATICA E TECNICA DI KOCHER A CONFRONTO

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e Delle Nuove Tecnologia in Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

TESI DI LAUREA

Riduzione di lussazione di spalla anteriore:

Tecnica Ippocratica e tecnica di Kocher a confronto.

Relatore: Candidata:

Chiar.mo Prof. Michele Lisanti Veronica Lodovici

Correlatore:

Dott. Paolo Domenico Parchi

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Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e

molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale,

anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito

acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza.

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Indice:

Introduzione…….……….…….

Cap.1 : Anatomia della spalla………….………

Cap.2 : Biomeccanica della spalla……….…………

Cap.3 : Anatomia patologica della spalla.…………

Cap.4 : Valutazione clinica………..

Cap.5 : Valutazione strumentale.………….………..

Cap.6 : Trattamento incruento di riduzione………

Cap.7 : Materiali e Metodi………

Cap.8 : Risultati……….

Cap.9:

Discussione e Conclusioni

……….………..

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Lussazione di spalla

La spalla è l’articolazione che garantisce il massimo grado di movimento a

discapito della possibilità di instabilità anche recidivante. La diagnosi e il

trattamento precoce di riduzione sono

fondamentali e la durata del tempo che

intercorre tra la lussazione e la riduzione è

importante per la buona riuscita delle manovre

di riduzione;

Merita di essere conosciuto come dovrebbe essere trattata

una spalla soggetta a frequenti lussazioni. A causa di

questo infortunio, molte persone sono obbligate ad

abbandonare esercizi ginnici, pur essendo più che idonei ad

eseguirli; e per la stessa disgrazia sono divenuti inetti alle pratiche militari e sono perciò

periti. E questo argomento merita considerazione, perché non ho mai conosciuto un medico

che sia in grado di trattare adeguatamente il caso; qualcuno abbandona definitivamente il

tentativo e altri mantengono le loro opinioni praticando l’esatto contrario di ciò che è

appropriato.

Ippocrate, 2400 anni fa.

La tecnica di Kocher risale a circa 3000 anni fa, ne

abbiamo prova su un affresco della tomba di Ipuy

nell’anno 1200 a.C. ad opera di Hussein artista e

scultore alla corte di Ramses II; conservato a The

Metropolitan Museum of Art. Vi è raffigurato in

modo schematico un paziente sdraiato in terra

mentre un medico sta manipolando una spalla

lussata con la tecnica di Kocher.

" Piegare il braccio all'altezza del gomito, premere contro il

corpo, ruotare verso l'esterno fino a sentire una certa

resistenza, sollevare il braccio ruotato esternamente sul piano

sagittale, per quanto possibile in avanti ed infine girare verso

l'interno lentamente "

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Introduzione

La prima e la più dettagliata descrizione della lussazione anteriore di spalla viene da Ippocrate, padre della medicina nato nel 460 a.C. nell’isola di Cos, che descrisse la anatomia della spalla, i tipi di lussazione e la prima procedura chirurgica, discusse dettagliatamente almeno 6 differenti tecniche per ridurre la spalla lussata. L’originale tecnica di Ippocrate viene oggi solo occasionalmente usata: il piede scalzo del medico viene usato come controrotazione, il tallone non deve entrare nell’ascella ma deve porsi contro la parete toracica e angolato rispetto alle pliche ascellari anteriore e posteriore. La trazione deve essere lenta e delicata, il braccio deve essere cautamente intraruotato ed extraruotato per disimpegnare la testa. Di secolo in secolo la letteratura ha riportato modifiche agli insegnamenti da parte degli studiosi di Ippocrate che hanno portato fino ai giorni d’oggi una serie di manovre più tradizionali e più conosciute e applicate

in Italia e in Europa, meno utilizzate nel mondo anglosassone che utilizzano più spesso altre manovre e spesso adiuvante da iniezioni antidolorifiche o premedicazione.

Dal 1870, Kocher chirurgo ortopedico e chirurgo generale e endocrinologo, è ricordato per la sua descrizione di un nuovo approccio chirurgico per l'articolazione dell'anca e gomito e per la manovra di riduzione della lussazione della spalla. La manovra è molto usata e documentata nella letteratura inglese e negli Stati Uniti.

Ha introdotto molti strumenti e alcuni di loro, come ad esempio la pinza Kocher, sono ancora in uso. Il suo contributo più importante fu per la chirurgia della tiroide, per questo ha ricevuto il

Premio Nobel della medicina del 1909. Nel nostro studio:

Background: le lussazioni di spalla sono il 50% dei casi di lussazione di una articolazione, la più comune è la lussazione anteriore (90–98%) e accadono per lo più per trauma diretto. La manovra tradizionale di

riduzione della lussazione anteriore di spalla è la più usata in questo reparto ma spesso è percepita dal paziente come dolorosa e fastidiosa, necessitando per la manovra almeno 3 operatori. La manovra di Kocher invece

sembrerebbe meno aggressiva, si può fare anche con singolo operatore e il paziente può stare supino o seduto, il medico guida i movimenti del paziente per la riduzione.

Metodi: dal luglio 2013 ad luglio 2015 sono state applicate le due manovre di riduzione a 68 pazienti che presentavano lussazione di spalla anteriore nel DEA presso il reparto di Ortopedia e Traumatologia Universitaria I di Pisa. Queste manovre sono state applicate a un gruppo di pazienti tra i 18-97 anni, maschi e femmine, in eventi di prima lussazione o lussazione recidivante. Quando necessario è stato applicato il protocollo del dolore in pronto soccorso con FANS o oppioidi per bocca per analgesia. In alcuni casi di

insuccesso delle manovre è stata applicata la riduzione in sedazione in Shock Room con Propofol. E’ stato valutata la percezione del dolore al momento della manovra di riduzione con scala numerica VAS PAIN (0-10) e la Compliance del paziente (1-5) per confrontare le due manovre.

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Capitolo 1

anatomia di spalla

A- apparato scheletrico:

La spalla è formato da scapola, omero e clavicola, strutture anatomiche tridimensionali e dal punto di vista anatomopatologico devono essere mantenute o riparate per consentire l’allineamento delle articolazioni. La perdita della posizione può danneggiare acutamente il tessuto molle e la perdita di allineamento può danneggiare la longevità dell’articolazione.

Le articolazioni hanno due funzioni: - permettere il movimento dedicato - limitare il movimento indesiderato

La stabilità delle articolazioni è la somma di tre elementi - la sua congruenza ossea

- la stabilità dei legamenti

- la stabilità dinamica ottenuta dai muscoli adiacenti

La spalla ha la maggiore motilità rispetto a tutte le altre articolazioni, ma è anche la più soggetta a instabilità e a lussazione recidivanti.

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Il movimento è garantito dalle articolazioni presenti:

- scapolo toracica: articolazione in senso fisiologico non anatomico, articolazione falsa associata alle due successive. Fondamentale perché si possano avere i movimenti completi della spalla.

- acromion-claveare, diartrosi - sterno-claveale, diartrosi

- sottodeltoidea: articolazione in senso fisiologico non anatomico, due superfici che scivolano una sull’altra, la faccia posteriore del deltoide e la cuffia dei rotatori e l’estremità superiore dell’omero; articolazione falsa associata alla successiva

- gleno-omerale, enartrosi tra la testa dell’omero e la glena della scapola

Queste articolazioni possiedono poca stabilità e congruenza ossea e devono il suo maggiore grado di stabilità grazie all’apparato ligamentoso e dai muscoli della cuffia dei rotatori.

scapola

E’ un osso piatto triangolare con angoli inferiore, laterale e mediale e con margini superiore, mediale e laterale. Il suo margine mediale è per lo più verticale a paziente in ortostatismo a riposo con l’arto superiore pendente a lato del tronco.

Possiede due facce una anteriore o costale e una posteriore o dorsale. E’ disomogenea come spessore, infatti è più spessa nei suoi angoli inferiore e mediale e sul margine superiore e sul laterale dove si inseriscono i muscoli più potenti. E’ inoltre più spessa dove si formano le sue apofisi: la coracoide, la spina, l’acromion e la glena.

La faccia anteriore è incavata leggermente formando la fossa

sottoscapolare dove si accoglie il muscolo omonimo.

Nella faccia posteriore invece si delimitano grazie alla spina la fossa sovraspinosa e sottospinosa che accolgono i muscoli omonimi.

La spina della scapola accoglie una delle inserzioni del m. trapezio e della parte posteriore del m. deltoide rispettivamente sul margine superiore e inferiore.

La spina si prolunga lateralmente nel processo in un processo voluminoso detto acromion con una faccia superiore convessa e una faccia inferiore concava; sul suo margine mediale presenta una piccola faccetta ovalare per l’articolazione con la clavicola.

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La coracoide si distacca in corrispondenza del margine superiore lateralmente alla base del collo della glena e si dirige anteriormente e lateralmente. Vi si inserisce il capo breve del bicipite e i tendini del m. coracobrachiale distalmente, mentre inferiormente e prossimamente vi si inserisce il piccolo pettorale e i ligamenti coracoacromiale, coraco-omerale e coracoclavicolare

Il tunnel (outlet) del sovraspinoso si viene a creare tra la testa dell’omero e l’arco coraco acromiale formato dal ligamento coraco acromiale è sede comune di borsisti e tendiniti che colpiscono frequentemente a causa di una conformazione ristretta di tale tunnel e dalla possibilità di attrito di queste superfici e dalla variabilità della conformazione dell’acromion stesso.

La superficie articolare glenoidea è inclinata meno di 10° dalla perpendicolare con una

retroversione media di circa 6°, la sua parte caudale si proietta più anteriormente della parte cefalica. Ai poli superiori e inferiori della glena sono presenti due tubercoli che danno inserzione

rispettivamente il tubercolo inferiore per il capo lungo del tricipite (extracapsulare), il tubercolo superiore per il capo lungo del bicipite (extracapsulare, intra articolare).

La cavità glenoidea è concava sia sul piano saggittale che trasversale ma la sua cavità è irregolare e poco pronunciata e meno estesa rispetto alla convessità della testa omerale.

E’ circondata dal bordo glenoideo più sporgente ma interrotto nella sua parte supero anteriore detto solco glenoideo. Il cercine glenoideo è fibrocartilagineo ed aderisce al bordo omonimo e ne colma il solco, aumenta leggermente la superficie della glena e sopratutto aumenta la sua convessità

ristabilendo una sorte di congruenza delle superfici articolari. E’ triangolare in sezione e possiede tre facce, una interna inserita sul bordo glenoideo, una periferica su cui si inseriscono delle fibre della capsula e una centrale o assiale in continuità con la cartilagine della glenoide ossea ed è in contatto con la testa dell’omero.

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omero

E’ un osso lungo con una diafisi e le due epifisi prossimale superiore e distale inferiore. E’ articolato con la glena prossimalmente e con radio e ulna distalmente. Nel corpo vi si distinguono una faccia antero mediale e una antero laterale e una posteriore.

Sulla antero laterale nel terzo medio è presente la tuberosità deltoide per l’inserzione del tendine deltoide, inferiormente vi si trova il solco radiale per accogliere il corso del nervo. Dalla estremità superiore della faccia antero mediale si prolunga il solco bicipite.

Sulla faccia posteriore si presenta nel terzo medio il solco per il nervo radiale nel quale decorrono nervo radiale, arteria brachiale profonda e le vene satelliti.

L’estremità prossimale voluminosa, presenta la testa dell’omero con la superficie articolare per la glena e i due tubercoli, il maggiore o grande tuberosità più laterale e il minore o piccola tuberosità più mediale. La testa dell’omero è un terzo di parte di una sfera e il suo asse forma con quello del corpo dell’omero un angolo di 130°, è rivestita di cartilagine e termina con il collo anatomico un leggero restringimento sul contorno della testa, è uno spazio che si crea tra cartilagine articolare e le inserzioni ligamentose e muscolari.

Il collo chirurgico invece è rappresentato dal tratto di congiunzione tra la diafisi e l’epifisi prossimale, inferiormente alla grande tuberosità dove l’omero si restringe e dove l’incidenza delle fratture a tale livello è elevata.

I ligamenti e i muscoli che assicurano la stabilità articolare devono la loro azione al fatto che

circondano la testa dell’omero, per cui la loro contrazione provoca una forza frenante verso il centro dell’articolazione.

La grande tuberosità è in contatto continuo con la faccia antero laterale del corpo, presenta tre faccette per le inserzioni muscolari rispettivamente di sottospinato, sopraspinato e piccolo rotondo che vanno a costituire la cuffia dei rotatori, il sottoscapolare invece è inserito sulla piccola

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lungo del bicipite. Il solco ha due labbri che contraggono rapporto con l’inserzione del muscolo grande pettorale sul labbro anterolaterale, mentre sul labbro posteromediale che scende dalla piccola tuberosità dà inserzione ai tendini del grande dorsale e grande rotondo. Il solco ha un tetto fibroso rappresentato dal ligamento intertubercolare o traverso dell’omero;

L’epifisi distale dell’omero rappresenta la paletta omerale, si articola con le due ossa

dell’avambraccio, attraverso il condilo laterale con il radio e con la troclea mediale con l’ulna e con una fossa superiore e posteriore alla troclea con l’olecrano dell’ulna durante l’estensione

dell’avambraccio. La superficie non articolare superiormente alla troclea si nomina epitroclea e invece superiormente al condilo si trova l’epicondilo omerale meno sviluppato rispetto all’epitroclea, al di sotto del quale si trova il solco del nervo ulnare che passa da qui per arrivare in avambraccio. Anteriormente, al di sopra del condilo, c'è la fossetta radiale che accoglie la testa del radio durante la flessione dell'avambraccio sul braccio, sopra la troclea c'è la fossetta coronoidea che accoglie il processo coronoideo dell'ulna sempre nella flessione dell'avambraccio sul braccio.

articolazione gleno omerale

E’ l’enartrosi formata dalla testa dell’omero e dalla superficie glenoidea della scapola. I loro rapporti geometrici permettono un ampio range di movimento ma allo stesso tempo comporta una

concomitante perdita della stabilità articolare.

La superficie della testa dell’omero è un terzo di sfera e non coincide con la poco profonda cavità glenoidea, la stabilità è garantita dai tessuti molli e dalla forza frenante dei muscoli della cuffia dei rotatori. la cavità glenoidea può essere suddivisa in due parti, la prossimale è ristretta e detta coda, la inferiore è più ampia e ellissoidale.

Contribuiscono al miglioramento di coincidenza della glena sulla testa dell’omero il cercine

glenoideo la cartilagine ialina della superficie articolare e la capsula assieme al gruppo di muscoli e tendini e ligamenti.

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Il cercine glenoideo è un orlo fibroso denso con poche fibre elastico a sezione triangolare che ricopre il margine della superficie glenoidea, esso contribuisce solo di poco all’approfondimento della

superficie articolare scapolare, il che spiega la frequenza di lussazioni di spalla

L’articolazione è provvista di capsula fibrosa che è fissata prossimalmente sul margine glenoideo e distalmente lungo il collo anatomico dell’omero, internamente è rivestita di membrana sinoviale, esternamente è rinforzata dai tendini e dai ligamenti corrispondenti;

I ligamenti gleno omerali sono delle strutture collageniche di rinforzo della capsula e non sono visibili dall’esterno, si notano bene in artroscopia senza distensione dell’articolazione con aria o soluzione fisiologica.

ligamento gleno omerale superiore

ligamento gleno omerale medio o anteriore ligamento gleno omerale inferiore

La capsula è perciò rinforzata superiormente dal lig. coraco omerale e gleno omerale superiore e dal tendine del muscolo sopraspinato, anteriormente dal lig gleno omerale medio e dal tendine del sottoscapolare, inferiormente dal lig, gleno omerale inferiore e posteriormente dai tendini dei muscoli sottospinato e piccolo rotondo. Inoltre spesso si estende superiormente al processo coracoideo

(attraverso il lig. coraco-omerale), alla parte anteriore posteriore del corpo della scapola(attraverso i recessi anteriore e posteriore) e in basso in modo variabile lungo il tendine del bicipite e il solco intertuberositario dell’omero.

La capsula è ampia pari a due volte la superficie articolare della testa omerale. normalmente contiene da 10 a 15 ml di liquido articolare, questa quantità può tuttavia variare in condizioni patologiche, ad esempio nei pazienti con lassità e instabilità si può contenere anche più di 30 ml. Il ligamento trasverso omerale consiste in alcune fibre trasversali della capsula che si estendono tra le due tuberosità aiutando a contenere il tendine del capo lungo del bicipite nella sua doccia.

Nella spalla vi sono alcune Borse e una serie di recessi della capsula articolare situati tra i ligamenti gleno omerali.

le borse principali, importanti dal punto di vista clinico, sono due : - la borsa subacromiale

- la borsa sottoscapolare: situata tra il tendine del sottoscapolare e il collo della scapola. Si connette anteriormente e inferiormente al di sotto della coracoide nella parte anteriore della capsula,

comunica con la cavità articolare attraverso il lig gleno omerale superiore e medio e protegge il tendine del sottoscapolare nel suo passaggio al di sotto della coracoide.

- altri recessi si ritrovano di solito nella parte anteriore della capsula, il loro numero e la sede mostra un estrema variabilità interpersonale

microvascolarizzazione della cuffia dei rotatori - a. circonflessa anteriore dell’omero

- a. circonflessa posteriore dell’omero che mostra un ramo anastomotico con la precedente - a. sovrascapolare che mostra una fitta rete anastomotica con la precedente

- a. toraco acromiale - a.sovraomerale - a.sottoscapolae

Innervazione dell’articolazione glene omerale:

le strutture superficiali e profonde della spalla sono innervate diffusamente da fibre nervose che provengono dalle radici di C5,C6,C7 e in piccolo contributo da C4. I rami che raggiungono i ligamenti , la capsula e la sinovia provengono dai nervi ascellare, sovrascapolare, sottoscapolare e muscolocutaneo e piccoli rami provenienti direttamente dal plesso brachiale. I contributi forniti dai suddetti nervi è incostante e variabile.

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clavicola

è un osso piatto e allungato, incurvato a S italica con maggiore raggio di curvatura medialmente e convessità anteriore e curva laterale a convessità posteriore. Unisce la scapola allo sterno. è diretta quasi orizzontalmente, leggermente obliqua in alto e in dietro in posizione di riposo. Ha due facce una superiore e una inferiore e due margini anteriore e posteriore. Il margine anteriore è ricoperto solo dal platisma e da cute e sottocute e si può palpare. L’estremità laterale o acromiale termina con la faccetta articolare per l’acromion, l’estremità mediale o sternale presenta la faccetta articolare per l’articolazione con l’insicura clavicolare dello sterno e con la prima cartilagine costale. Sul corpo presenta superiormente il solco succlavio dove il muscolo omonimo ha la sua inserzione carnosa. Sulla clavicola si inseriscono il muscolo trapezio posterio-superiormente e distalmente, mentre il deltoide si inserisce sul margine anteriore della convessità laterale. Il grande pettorale sul margine anteriore nei due terzi mediali e lo sternocleidomastoideo ha origine nel terzo medio del margine posteriore.

Importanti rapporti sono quelli anteriormente e medialmente con la vena succlavia e l’arteria succlavia e posteriormente con il plesso brachiale, questi rapporti sono importanti nei grossi traumi ma sopratutto negli accessi chirurgici al plesso o ai vasi.

articolazione sterno-clavicolare:

Composta dal terzo prossimale di clavicola e dal terzo superiore dello sterno.

La congruenza e la stabilità articolare è ridotta ed è garantita principalmente dai legamenti. Le superfici articolari sono rivestite da cartilagine ialina e nel 97% dei reperti autoptici si riscontra un disco completo che separa l’articolazione in due compartimenti. Il disco si inserisce in basso sulla prima costa e in alto sui legamenti e sul margine superiore della clavicola.

apparato ligamentoso dell’articolazione sternoclavicolare:

i ligamenti più importanti sono i lig. capsulari sternoclavicolare anteriore e posteriore, il posteriore è il più forte stabilizzatore della depressione inferiore della estremità distale laterale della clavicola, i ligamenti costoclavicolari anteriori e posteriori si inseriscono sulla prima costa e sulla superficie inferiore della clavicola e limitano lo spostamento laterale e mediale della clavicola sulla gabbia toracica. Essi limitano anche la elevazione passiva della clavicola. L’instabilità dell’articolazione sternoclavicolare può essere di origine traumatica o per una lassità congenita.

articolazione acromion-claveare

l’articolazione è una artrodia le cui superfici articolari piane ed ellittiche sono rappresentate dall’estremità laterale della clavicola e dal settore antero mediale dell’acromion della scapola. La capsula contiene una diartrosi non completamente divisa da un disco, che al contrario del disco sternoclaveale, ha una grande perforazione centrale che cerca di rendere il più armonico possibile la superficie articolare. La degenerazione del disco e della cartilagine articolare sono la regola in individui a partire dai 40 anni. E’ rinforzata dai lig. acromion clavicolari superiore e inferiore. Medialmente all’articolazione si trova il ligamento coraco clavicolare suddivisibile nei due ligamenti, il trapezoide nella parte anteriore e il conoide nella parte posteriore, e congiungono l’estremità laterale della clavicola alla coracoide

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B - Apparato muscolo tendineo

in ortopedia i muscoli sono considerati sotto molti punti di vista: come generatori di forza, come strutture da trattare chirurgicamente lungo i vari piani più profondi e come organi che consumano energia e necessitano di vascolarizzazione e innervazione adeguate. Un muscolo sviluppa la sua attività solo accorciando al propria lunghezza e azione risultante dipende dalla posizione all’inizio del movimento e i rapporti tra il muscolo e l’articolazione. I muscoli della spalla contribuiscono alla stabilità dell’articolazione in movimento e in posizione di riposo statico.

MUSCOLI GLENO OMERALI - CUFFIA DEI ROTATORI:

Sebbene costituita da 4 muscoli distinti è un apparato complesso di interazioni dinamiche, i muscoli possono apparire separati superficialmente ma nei piani profondi si ha una interconnessione tra loro e con la capsula sottostante e con il tendine del capo lungo del bicipite. Nel complesso la cuffia è composta da tre muscoli posteriori extrarotatori (sopraspinato, sottospinato e piccolo rotondo) e un muscolo anteriore intrarotatore (sottoscapolare).

Tra il tendine del sopraspinato e il tendine del sottoscapolare la continuità della cuffia è interrotta da uno spazio triangolare allungato che corrisponde al solco bicipitale ed è occupato dal tendine del capo lungo del bicipite brachiale e dai lig. coraco omerale e omerale trasverso. La cuffia dei rotatori contribuisce a stabilizzare il tendine del capo lungo del bicipite all’interno del solco bicipitale.

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- Sottoscapolare: intrarotatore, con origine carnosa dalla fossa sottoscapolare della scapola e si inserisce sulla piccola tuberosità dell’omero e avvolge la testa ed il colo dell’omero. E’ delimitato anteriormente dello spazio ascellare e dalla borsa del coracobrachiale. Nella parte superiore passa sotto al processo coracoideo e al recesso del sottoscapolare. Agisce come un rotatore interno e uno stabilizzatore passivo in caso di sublussazione anteriore. L’innervazione è garantita dai nervi sottoscapolari superiori C5 e dai nervi sottoscapolari inferiori C5-C6 ma in nel terzo medio è variabile. La vascolarizzazione arteriosa è in genere attribuita all’a. ascellare e alla a. sottoscapolare principalmente.

- Sovraspinoso: extrarotatore, con origine carnosa in fossa sovraspinosa e si inserisce sulla faccetta superiore della grande tuberosità dell’omero. L’inserzione tendinea è in comune con il sottospinoso posteriormente e con il lig. coraco omerale anteriormente. L’innervazione è fornita dal

sovrascapolare e la vascolarizzazione arteriosa principale è fornita dalla a. sovrascapolare, queste due strutture entrano nel muscolo nel suo centro nell’insicura scapolare alla base del processo coracoideo separati tra loro dal ligamento trasversale della scapola, l’arteria resta superiormente e il nervo passa inferiormente.

- Sottospinoso: extrarotatore , con origine carnosa dalla fossa sottospinosa della scapola e si inserisce sulla faccetta media della grande tuberosità dell’omero inferiormente all’inserzione del

sovraspinoso e al di sopra dell’inserzione del piccolo rotondo. Funziona da depressore della testa dell’omero; stabilizza la spalla in rotazione interna e in abduzione e rotazione esterna. E’ innervato dal n. sovrascapolare e vascolarizzato dall’arteria sovrascapolare e n parte dalla sottoscapolare. - Piccolo Rotondo: extrarotatore, origine carnosa dalla porzione mediana del margine laterale della

scapola e dalla densa fascia del sottospinoso e si inserisce sulla faccetta inferiore della grande tuberosità dell’omero. E’ uno dei tre extrarotatori dell’omero, fornisce il 45% della forza di rotazione esterna ed è importante nel controllo della stabilità anteriore. E’ innervato dal ramo posteriore del nervo ascellare e in modo variabile è vascolarizzato da vasi della regione ma il ramo dell’a.circonflessa scapolare posteriore dell’omero è quello più costante.

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ALTRI MUSCOLI GLENO OMERALI

Grande Rotondo: origina da un’area della fossa sottospinata della scapola adiacente al terzo

inferiore del margine laterale della scapola stessa, si inserisce sul labbro mediale del solco bicipitale dell’omero. Lungo il suo decorso come per il grande dorsale si forma una rotazione delle fibre di 180° per cui le fibre posteriori del muscolo diventano fibre anteriori a livello del tendine. contrae rapporti con il grande dorsale che si viene a porre posteriormente rispetto al grande rotondo.

Anteriormente è limitato nella sua parte mediale dallo spazio ascellare. La sua funzione è la rotazione interna, adduzione e l’estensione del braccio attivo solo contro resistenza. l’innervazione è fornita dal nervo sottoscapolare inferiore C5-C6 e la vascolarizzazione dai rami dell’a. sottoscapolare

Coracobrachiale: ha origini carnosa e tendinee dal processo coracoideo medialmente al capo breve

del bicipite e si inserisce sulla superficie antero mediale della diafisi dell’omero. Sulla superficie profonda, la borsa coracobrachiale giace tra i due muscoli congiunti e il sottoscapolare.

superficialmente al coracobrachiale troviamo in rapporto il ventre muscolare di deltoide, e gran pettorale. Ha azione di flessione e adduzione dell’art.glenoomerale.

l’innervazione è garantita dal n. muscolocutaneo e da un ramo dedicato del plesso brachiale, la vascolarizzazione arteriosa è principalmente svolta dall’a.ascellare.

Deltoide : origina dal terzo laterale del margine anteriore della clavicola (deltoide anteriore), dal

margine laterale dell’acromion (deltoide medio) e dal labbro inferiore della spina della scapola (deltoide posteriore), si inserisce tramite un unico tendine sul terzo medio della faccia anterolaterale della diafisi dell’omero in corrispondenza del tubercolo deltoideo, è superficiale e quindi è ricoperto solo da tessuto adiposo e sottocutaneo e cute. L’elevazione sul piano scapolare è prodotto dal deltoide anteriore e medio con il coinvolgimento del posteriore sopratutto al di sopra dei 90°. Il posteriore invece contribuisce maggiormente alla abduzione dell’omero mentre la flessione è ad opera del deltoide anteriore con un contributo minimo del bicipite e del grande pettorale. La perdita di funzione del deltoide causa una limitazione motoria notevole perché gli altri muscoli accessori del movimento non riescono a sopperirlo. L’unico nervo e l’unica arteria che lo riforniscono sono il n.ascellare e l’arteria circonflessa posteriore omerale localizzati in profondità nel muscolo. La paralisi del nervo ascellare provoca una perdita del 50% della forza di elevazione anche se il range di

abduzione viene mantenuto.

MUSCOLI SCAPOLOTORACICI:

Trapezio: il più grande e il più superficiale dei muscoli toracici; origina dai processi spinosi delle

vertebre da C7 a T12, il margine inferiore può arrivare da T8 a L2. La parte superiore del trapezio al di sopra di C7 ha origine dal ligamento nucale e può arrivare fino alla protuberanza occipitale esterna e si inserisce sul labbro superiore della spina della scapola, sul margine mediale dell’acromion e sul terzo laterale del margine posteriore della clavicola. Anteriormente è in rapporto con tutti gli altri muscoli della spalla e in particolare dai romboidi, mentre posteriormente è delimitato da cute e sottocute e tessuto adiposo. Il muscolo agisce da detrattore della scapola e le fibre superiori vengono usate per lo più per l’elevazione dell’angolo laterale. Segue una attivazione cranio caudale quando si raggiunge una maggiore abduzione e flessione. Nella flessione anteriore il trapezio medio e inferiore è meno attivo in quanto la detrazione scapolare è meno richiesta rispetto all’abduzione.

l’innervazione motoria è a carico dell’ XI nervo cranico accessorio mentre l’innervazione sensitiva è garantita da rami di C2,C3,C4. La vascolarizzazione arteriosa di norma è a carico della arteria cervicale traversa (superiormente) e dall’arteria dorsale della scapola (inferiormente) e in parte a rami dei vasi intercostali.

Grande Romboide e Piccolo Romboide: Il piccolo romboide origina dal processo spinoso da C7

a T1 e si inserisce sulla porzione del margine mediale della scapola che si trova a livello della spina. Il grande romboide origina dai processi spinosi delle vertebre dorsali T2 a T5 e si inserisce sulla

porzione del margine mediale della scapola che si trova al di sotto del livello della spina. Sulla superficie inferiore interna, il grande romboide è delimitato dall’origine del grande dorsale, mentre superiormente il piccolo romboide è delimitato dal m. elevatore della scapola. I muscoli romboidi

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sono simili in funzione alla parte intermedia del trapezio: sono utili nella retrazione della scapola e grazie al loro decorso obliquo agiscono anche elevando la scapola.

L’innervazione è costituita dal nervo dorsale della scapola C5 e la vascolarizzazione dall’a. dorsale della scapola

Elevatore della scapola: origina dai processi traversi delle prime quattro vertebre cervicali e si

inserisce sull’angolo superiore della scapola. E’ delimitato anteriormente dallo scaleno medio e posteriormente dallo scaleno cervicale. Agisce sollevando l’angolo superiore della scapola e assieme al dentato anteriore produce la rotazione verso l’alto della scapola

Dentato Anteriore: origina dalla faccia antero laterale delle prime dieci coste e si inserisce sul

margine mediale della scapola dall’angolo superiore all’angolo inferiore. E’ delimitato anteriormente dalle coste e dai mm intercostali e lateralmente dallo spazio ascellare. Traziona in avanti la scapola e partecipa alla sua rotazione verso l’alto, più attivo nella flessione che nella abduzione. L’assenza della attività del dentato in genere per una paralisi produce una spalla alata nella flessione anteriore del braccio con la perdita della forza di quel movimento.

L’innervazione viene fornita dal nervo toracico lungo con C5-6-7, l’arteria classicamente implicata nella vascolarizzazione è l’arteria toracica dorsale ma possono essere implicati anche rami in modo incostante della mammaria interna e delle intercostali e dell’arteria dorsale della scapola.

MUSCOLI POLIARTICOLARI

Grande Dorsale: origina dai processi spinosi delle ultime sei vertebre dorsali, dai processi spinosi

delle vertebre lombari, dalla cresta sacrale media, dal terzo posteriore della cresta iliaca e dalle ultime tre coste e poi avvolgendo il m. grande rotondo si inserisce sulla cresta mediale e sulla parete del solco bicipite dell’omero. In superficie è delimitato da tessuto adiposo e sottocutaneo e fascia. In profondità è in rapporto con le coste e con il grande rotondo; con il suo margine inferiore forma la piega ascellare. Ha azione di intra rotazione importante e di addurre l’omero e estendere la spalla. L’innervazione si ha grazie al n. toraco dorsale con C6 e C7 e la vascolarizzazione con l’arteria torace dorsale che contrae anastomosi con le aa. perforanti intercostali e lombari.

Grande Pettorale: è suddiviso in tre parti: la superiore origina dai due terzi mediali del margine

anteriore della clavicola e si inserisce lungo il margine laterale del solco bicipite con fibre in

organizzazione parallela; la parte intermedia ha origine dal manubrio e dal corpo dello sterno e dalla II,III,IV costa e si inserisce direttamente dietro la parte superiore clavicolare con fibre parallele; la parte inferiore infine ha origine dalla parte distale del corpo dello sterno e dalla V e VI costa e dalla guaina del muscolo retto dell’addome, si inserisce tramite un unico tendine sul labbro laterale del solco intertuberositario dell’omero come per le altre fibre ma le fibre subiscono una rotazione di 180° in modo tale che le fibre inferiori si inseriranno più superiormente. E’ delimitato in superficie dalle ghiandole mammarie e da cute e sottocute; sulla superficie profonda invece al di sopra dell’inserzione costale si trova il muscolo piccolo pettorale. L ’azione del grande pettorale dipende dalla sede delle fibre, la parte superiore collabora con il deltoide alla flessione mentre le fibre inferiori sono

antagoniste e nella rotazione esterna estende la spalla fina a posizione neutra. E’ un potente adduttore della spalla sopratutto negli sportivi e la perdita della funzione è ben tollerata dalla vita quotidiana ma non nel caso di atleti.

L’innervazione è destinata a due fonti: il n. pettorale laterale innerva la parte clavicola con afferente di C5 e C6 e con l’ansa anastomotica con il n. pettorale mediale con C7 per la parte sternale

superiore, mentre il n. pettorale mediale con C8 e T1 è destinato alla parte restante del muscolo. La vascolarizzazione è garantita da ramo deltoideo della a. torace acromiale per la componente

clavicolare e l’a. pettorale per la parte sterno costale con anastomosi e variabili afferente dalla a. mammaria intero e dalle aa. intercostali.

Bicipite Brachiale: è costituito da due capi che originano entrambi dalla scapola, il capo luogo dalla

tuberosità bicipitale a livello del margine superiore della glena e il capo breve dalla estremità laterale del processo coracoideo vicino all’inserzione del m. coracoideo, si inserisce tramite un tendine nella parte posteriore della tuberosità del radio e con un’inserzione aponevrotica medialmente attraverso la fascia profonda dei mm. dell’avambraccio. Ha azione prevalente a livello del gomito come supinatore

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e flessore piuttosto che nella spalla come flessore ma è interessato spesso dalla patologia della spalla per i suoi importanti rapporti con la capsula dell’articolazione gleno omerale. Il capo lungo è intracapsulare prossimalmente, fuoriesce dalla spalla attraverso un’interruzione della capsula tra la grande e la piccola tuberosità adagiandosi nel solco bicipitale e ricoperto dal lig. trasverso dell’omero: questa parte del tendine è più spesso colpita da processi patologici, il distacco o la rottura del capo lungo comporta una perdita della forza di supinazione e una piccola perdita della forza di flessione del gomito. Un solco più piccolo può essere associato maggiormente a una patologia da attrito e da conflitto, favorendone il danno precocemente.

All’innervazione provvedono rami del n.muscolo cutaneo (C5-C6) e alla vascolarizzazione l’a. brachiale con rami bicipitali.

Tricipite Brachiale: è costituito da tre capi detti laterale, mediale e capo lungo;

il capo laterale origina dalla metà superiore della faccia posteriore della diafisi dell’omero, il capo mediale dalla metà inferiore della faccia posteriore della diafisi dell’omero

e il capo lungo dalla tuberosità sottoglenoidea della scapola, sebbene non sia intra articolare l’inserzione è strettamente legata al cercine glenoideo e le fibre adiacenti alla capsula la rinforzano inferiormente; si inserisce tramite un unico tendine sulla faccia posteriore dell’olecrano dell’ulna. E’ un altro muscolo non propriamente intrinseco della spalla ma può essere coinvolto nella patologia, in particolare il capo lungo. E’ l’estensore del gomito e si ritiene che contribuisca come adduttore della spalla contro resistenza e per movimenti di massimo sforzo come nel atleti del lancio.

L’innervazione è garantita da dal n. radiale (da C5 a C8) , la vascolarizzazione invece dall’a.brachiale profonda, e dall’a. collaterale ulnare superiore e da rami della a. brachiale e dalle arterie circonflesse omerali posteriori.

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Capitolo 2

Biomeccanica della spalla

La funzione della spalla richiede il movimento accurato e perfetto di molte

articolazioni e molti capi muscolari fino a quasi 30 muscoli diversi tra agonisti e

antagonisti stimolati in sincronia. Nella sua perfezione si notano molti meccanismi

correttivi di piccole imperfezioni delle superfici articolari e dei possibili attriti o deficit

tendinei patologici per rendere poi un movimento fluido e coordinato. L’articolazione

della spalla ha una biomeccanica sofisticata tale da far collaborare le principali

articolazioni e pseudo articolazioni in unici movimenti fluidi.

Utilizzando il linguaggio biomeccanico si descriverà il movimento con la cinematica,

la stabilità con la presenza di vincoli ligamentosi e la forza attraverso la trasmissione vettoriale delle forze.

L’articolazione della spalla è la più mobile di tutto il corpo: possiede tre gradi di libertà per orientare l’arto superiore nei tre piani dello spazio (asse trasversale-frontale, saggittale e orizzontale). Nei vari movimenti della articolazione gleno omerale parti diverse della testa dell’omero entrano in contatto con diverse parti della superficie glenoidea.

La posizione di riferimento viene individuata con il paziente in ortostatismo con arto superiore ciondolante lungo il corpo a lato del fianco

MOVIMENTI:

Il movimento articolare più complesso è il gleno omerale e lo scapolo toracico. Solo le posizioni estreme richiedono la rotazione delle articolazioni sterno clavicolare e acromion clavicolare.

Sul piano orizzontale si comanda i movimenti di flessione e estensione eseguiti su asse saggittale intorno a asse verticale:

• flessione: fino a 140° grazie al muscolo deltoide (fascio clavicolare) e in supporto con

sottoscapolare, grande pettorale, grande dentato. E’ un movimento molto esteso, limitato dalla tensione della parte posteriore della capsula e del muscolo piccolo rotondo

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• estensione: più limitata fino a 30-35° grazie al deltoide posteriore aiutato dal sottospinoso, dai mm rotondi, dal romboide e dal trapezio e gran dorsale.

i movimenti di abduzione e adduzione in un piano frontale su asse saggittale che passa per il collo chirurgico dell’omero:

• l’adduzione a partire dalla posizione di riferimento non è possibile a causa della presenza del tronco e dalla tensione del lig. coraco omerale, allora sarà possibile in movimenti combinati con

l’anteposizione fino a raggiungere 30-45° e in retroposizione invece è consentita ma minima. A partire invece da una posizione qualsiasi di abduzione l’adduzione sarà possibile sino alla

posizione di riferimento, grazie al m. gran rotondo e m. gran dorsale con il m. gran pettorale e m. romboide

• l’abduzione è il movimento che allontana l’arto superiore dal tronco e l’ampiezza massima raggiunge i 180° dove l’arto superiore sarà verticale al di sopra del tronco grazie

principalmente al muscolo deltoide con il fascio acromiale, ma anche in supporto del muscolo

sovraspinoso e trapezio e gran dentato. Il movimento potrà arrivare fino a che la testa dell’omero si mette ad angolo retto con la

scapola con limitazione data dalla grande tuberosità con la cavità glenoidea

i movimenti di rotazione esterna e interna intorno attorno all’asse longitudinale dell’omero che dall’epitroclea raggiunge il centro della testa, esso è molto limitato sopratutto in

extrarotazione: si parte da una posizione di riferimento ma con gomito flesso a 90° per poter misurare l’ampiezza del movimento e l’avambraccio sarà così su un piano saggittale, perché senza questa precauzione il movimento di rotazione sarà falsato da una aggiunta di prono supinazione dell’avambraccio.

• rotazione esterna 45° grazie al sottospinoso e al piccolo rotondo come primari e coma accessorio il deltoide posteriore

• rotazione interna 95° con avambraccio dietro il tronco in retroposizione per ottenere i massimi gradi, grazie al gran dorsale e gran rotondo con il sottoscapolare e il gran pettorale

movimenti di anteposizione e retroposizione eseguiti su piano saggittale intorno ad asse trasversale

• retroposizione grazie ai mm romboidi e come accessori il m trapezio, gran dorsale. • anteposizione grazie ai mm grande dentato e con gli accessori grande pettorale e piccolo

pettorale

i movimenti di elevazione è determinata dai muscoli trapezio ed elevatore della scapola e in seconda battuta sono supportati dal grande romboide e piccolo romboide come muscoli accessori

il movimento di circonduzione: è quello che si ottiene facendo eseguire i vari movimenti angolare nelle differenti direzioni descrivendo un cono con apice l’estremità articolare gleno omerale e base l’estremità distale dell’arto superiore.

La CINEMATICA articolare

può essere differenziata in un movimento planare bidimensionale e in un movimento spaziale tridimensionale.

• per il movimento planare bidimensionale generale o scorrimento della superficie articolare vengono comunemente usati tre termini

SCIVOLAMENTO: traslazione pura di un segmento in movimento contro la superficie di un segmento fisso, il punto di contatto del segmento mobile non cambia mentre la superficie fissa ha un punto di contatto che cambia costantemente ;

ROTAZIONE il segmento in movimento ruota senza cambiare il punto di contatto con la superficie fissa

ROTOLAMENTO è tra un segmento fisso e uno mobile in cui i punti di contatto per ciascuna superfici cambiano istante per istante., è una combinazione tra traslazione e rotazione per cui si può trovare una traiettoria di punti di contatto sui due segmenti.

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• per il movimento spaziale tridimensionale richiede tre coordinate lineari e tre coordinate angolari per definire la localizzazione nello spazio, così si avrà 6 gradi di libertà nello spazio. • Se l’articolazione glenoomerale è stabile e si presuppone che il movimento sia quello di una sfera in

una cavità allora è sufficiente prendere in considerazione solo la rotazione dell’articolazione e tralasciare traslazioni di lieve entità e si deve considerare che la rotazione tridimensionale è sequenza dipendente.

• Se l’articolazione è instabile i movimenti di traslazione e scivolamento saranno importanti per ridurre il movimento.

• Quindi con l’arto superiore in posizione di riferimento l’asse z viene definito come

perpendicolare al piano scapolare, l’asse y punta lateralmente e l’asse x distalmente lungo la diafisi omerale

versione articolare

VERSIONE GLENOIDEA

la scapola in riferimento al torace è antiversa di circa 30° rispetto al piano frontale dall’alto verso il basso; è anche ruotata di circa 3° verso l’alto rispetto al piano saggittale ed è inclinata in avanti (anteflessa) di circa 20° rispetto al piano frontale. La superficie articolare della glenoide copre un arco i 75° ed ha un conformazione di una virgola rovesciata con leggera retroversione media di 7° con considerevoli variazioni individuali. La superficie glenoidea con il labbro glenoideo è pari a un terzo circa della superficie della testa omerale.

VERSIONE OMERALE:

la testa omerale giace al centro della glenoide ed è retroversa di 30 ° rispetto alla diafisi omerale così da integrarsi alla anteroversione della scapola. La superficie articolare è approssimata ad un terzo di sfera ed è inclinata verso l’alto di 45° e si è visto con numerose osservazioni che stimano come solo un terzo della testa omerale sia in contatto con la glenoide in ogni dato momento.

RILEVANZA CLINICA

l’orientamento della scapola e dell’omero rispetto al torace è stato importante nell’elaborare esami radiografici in proiezione antero posteriore vera con incidenza obliqua di 30°-45° rispetto al piano saggittale.

clinicamente la versione eccessiva glenoidea coma fattore primario di stabilità è molto limitato probabilmente ai casi di lussazione posteriore

Fattori di stabilità dell’articolazione gleno omerale

L’articolazione gode di un ampio arco di movimento grazie alla complessità degli stabilizzatori articolari capsula ligamentosi e dinamici:

- il complesso ligamentoso gleno omerale previene l’extrarotazione mentre la componente inferiore è il principale vincolo opposto allo spostamento anteriore.

- la traslazione viene prevalentemente limitata dal complesso capsula ligamentoso situato nella direzione opposta al movimento

- i muscoli della cuffia dei rotatori assieme al deltoide e al bicipite danno stabilità anche in condizioni dinamiche opponendosi all traslazione e rinforzando la capsula in tensione.

- la propriocezione è un arco riflesso complesso che parte dai tendini e invia informazioni sulla posizione dei segmenti corporei al midollo spinale per bilanciare orientamento spaziale e evitare cedimenti e cadute dell’individuo a riposo e durante l’esecuzione del movimento, così da poter stimolare agonisti e antagonisti per rendere fluido il movimento. E’ stimolato da una serie di

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meccanocettori come il corpuscolo del Pacini e l’apparato tendineo del Golgi. Questo meccanismo protegge la articolazione da una eccessiva traslazione e rotazione che porterebbe ad un danno delle parti molli. In una spalla instabile si riduce la propriocezione

- il cercine glenoideo agisce come bordo fibrocartilagineo aumentando la concavità glenoidea, infatti durante la presenza di lesione di Bankart ( dove si ha una lesione del cercine nel punto di ancoraggio del ligamento gleno omerale inferiore e medio sulla rima glenoidea a causa di ripetute lussazioni anteriori di spalla), si autoalimenta la recidività della lussazione a causa di una diminuita capacità di contenimento.

possiamo riassumere perciò che i VINCOLI STATICI sono la versione articolare, la congruenza articolare, il cercine glenoideo, la capsula e ligamenti, lassità fisiologica individuale, propriocezione, la pressione negativa. Mentre gli STABILIZZATORI DINAMICI sono la cuffia dei rotatori, il tendine del bicipite, il movimento scapolo toracico, il deltoide,

la stabilità a riposo è garantita dalla adesione-coesione, dalla ventosa glenoidea e dal limitato volume articolare che permettono di risparmiare energia a riposo senza l’intervento della contrazione di nessuno dei muscoli della spalla a riposo.

ADESIONE-COESIONE:

grazie al liquido articolare che è un fluido che bagna le superfici articolari e consente di far aderire tra loro omero e glena grazie alla elevata forza tennista difficile da vincere e da una ridotta forza di taglio

VENTOSA GLENO OMERALE:

in virtù della chiusura ermetica del cercine e della capsula alla testa dell’omero, come una ventosa la capsula aderisce alle superfici lisce articolare espellendo aria o fluidi interposti e fissandosi quindi alla superficie. Si mantiene una flessibilità cartilaginea crescente gradualmente verso la periferia per consentire il movimento e una suzione del liquido interposto che si opponga alla distrazione. La creazione di un difetto del cercine elimina completamente l’effetto ventosa e nei giovani invece la ventosa ha forza minore a discapito di una maggiore elasticità e idratazione del cercine e della capsula. L’azione osmotica della sinovia rimuove il liquido libero mantenendo una pressione leggermente negativa intra articolare

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Capitolo 3

anatomia patologica delle

lussazioni di spalla

La lussazione di spalla si verifica con perdita dei rapporti articolari tra la glena e la

testa omerale. I pazienti più soggetti a lussazione di spalla sono pazienti che giungono

in pronto soccorso a seguito di un trauma.

fattori di rischio:

il paziente più colpito nel 96% dei casi è il traumatizzato in origine,

1-2% della popolazione incorrerà in una lussazione di spalla durante la vita, sopratutto a seguito di un trauma

Il paziente più colpito è il ragazzo giovane tra i 20-30 anni con attività fisica e sport di contatto, può essere un importante fattore di rischio anche la lassità ligamentosa e articolare con un rapporto maschio: femmina di 3:1.

può accadere anche per traumi inefficienti o per movimenti esagerati in caso di instabilità la lassità è asintomatica, è presente in vario grado in una spalla normale ed è richiesta per una normale rotazione gleno omerale senza restrizioni.

lesioni ad una porzione della capsula può aumentare la probabilità di lussazione, così come ipovalidità muscolare.

la recidiva è del 50%, sopratutto se la prima lussazione è avvenuta prima del 20 anni dove sarà più frequente l’insorgere di una lesione di <Bankart

tra i 20 e i 40 anni invece la frequenza di recidiva è del 26-48% con più probabile danno ai ligamenti gleno omerali.

dopo i 40 anni la recidiva è più rara <10%, con più probabile danno della cuffia dei rotatori.

classificazione

eziologia:

• l'instabilità può essere traumatica per e comportare una lesione ossea, della capsula, della cuffia dei rotatori, del cercine o di una combinazione di ligamenti. Può provocare recidiva e sintomi quando l’arto viene atteggiato in posizioni prossime a quella del trauma originario per scompenso anche in seguito atraumatico dei meccanismi stabilizzanti con presentazione successiva di lassità unidirezionale.

• in un paziente atraumatico spesso si presenta una lassità multidirezionale e spesso bilaterale che solitamente risponde ad un programma di riabilitazione o a intervento chirurgico di stabilizzazione dell’articolazione. Questi pazienti possono presentare anche una lassità articolare generalizzata e sopratutto una riduzione del tono del sottoscapolare che porta a una perdita di potenza necessaria a stabilizzare la spalla. Impazzato e Hirasawa hanno dimostrato che i pazienti con spalle lasse rispetto ai controlli hanno fibre collagene relativamente immature e con meno legami crociati a livello della capsula, dei muscoli e della cute. Inoltre questi pazienti in una minore percentuale presentano anche un fattore di familiarità alla lussazione recidivante di spalla. Inoltre se si è avuto

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negli eventi precedenti un danno alla cuffia dei rotatori non guarito, si ha una maggiore possibilità della recidiva.

• se per microtrauma ripetitivo, avviene per abuso o super uso ripetitivo dell’articolazione, così come a causa del nuoto e del baseball, con la concomitanza di numerosi fattori di rischio come in giovani nuotatori con lassità ligamentosa dopo una numerosi anni di attività natatoria, oppure possono diventare sintomatici solo dopo un trauma.

tempo/frequenza:

• la lussazione è acuta se osservata entro i primi giorni dall’esordio, altrimenti è cronica. Una lussazione è bloccata o fissa se la testa omerale si è incastrata contro il bordo della glena rendendo impossibile la riduzione di lussazione.

• Se un’articolazione gleno omerale risulta instabile in più occasioni, l’instabilità diventa

recidivante, ed è la complicanze più comune dopo un primo evento sopratutto se non trattata adeguatamente e se il paziente non ha una sufficiente compliance al trattamento post riduttivo. lussazione: è una perdita completa dei rapporti articolari cui può non

far seguito una riduzione immediata spontanea.

sublussazione: traslazione sintomatica della testa dell’omero sulla glena senza distacco completo delle superfici articolari. E’ di solito transitoria con la testa che torna in sede spontaneamente. Possono coesistere ad un quadro di lussazioni recidivanti o dopo un intervento di stabilizzazione chirurgica di spalla non adeguatamente riuscito oppure possono essere isolate, in paziente che non hanno avuto altri sintomi. volontarietà:

• volontaria: nel caso in cui il paziente possa ottenere un evento di lussazione o sublussazione quando vuole. E’ più comune nei casi di instabilità posteriore e multidirezionale. Può essere una volontarietà di posizione o muscolare oppure essere legata a fattori emotivi e psicologici del paziente che cerca di attirare la attenzione su di sé. Questo ultimo caso dovrà essere attentamente indagato perché se non si curerà il problema psicologico, inefficaci saranno i meccanismi di trattamento della lussazione.

• involontaria, quando gli eventi sono indipendenti dalla volontà del paziente che non riesce a farlo a comando. La maggioranza dei casi di pazienti rientra in questa categoria

direzione dell’instabilità’:

può essere unidirezionale o multidirezionale in base ai rapporti con la glena. Pazienti con instabilità multidirezionale sono meno frequenti ma manifestano una lassità generalizzata. Stabilire la direzione di instabilità è fondamentale per la scelta terapeutica sopratutto quando viene contemplata la

correzione chirurgica per stabilizzare tutte le direzioni implicate così da non favorire l’instabilità nelle direzioni non trattate.

Si stima che le lussazioni gleno omerali della spalla rappresentino il 45-50% di tutte le lussazioni. Di queste quasi il 90% sono gleno omerali anteriori unidirezionali.

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Lussazioni anteriori:

Come la testa omerale disloca anteriormente sulla glena, all’ispezione si nota una alterazione del profilo anatomico rispetto alla spalla controlaterale. Si forma, infatti un appiattimento della regione laterale della spalla con sporgenza del processo acromiale, sotto al quale viene a crearsi una

depressione, mentre nella regione sottoclavicolare si nota una tumefazione dovuta alla testa omerale migrata. Possono verificarsi la frattura o l’insicura del bordo glenoideo anteriore. Il risultato è la perdita di concavità glenoidea che compromette le restrizioni statiche del giunto e predispone a ulteriori episodi.

•LUSSAZIONE SOTTOCORACOIDEA il tipo più comune di lussazione anteriore quando avviene una combinazione per lo più

traumatica di abduzione, estensione ed extra rotazione della spalla. La testa dell’omero sarà dislocata anteriormente rispetto alla glena e inferiormente rispetto alla coracoide. Gli altri tipi di lussazione anteriore sotto elencati sono rari e solitamente sono solitamente associati a gravi traumi e presentano un’ incidenza più alta di fratture del trachite e avulsione della cuffia dei rotatori

•LUSSAZIONE SOTTOGLENOIDEA La testa dell’omero sarà dislocata

anteriormente rispetto alla glena e al disotto della fossa glenoidea

•SOTTOCLAVICOLARE La testa dell’omero sarà dislocata anteriormente rispetto alla glena e medialmente alla coracoide e appena

inferiormente al bordo inferiore della clavicola

•INTRATORACICA

la testa dell’omero sarà dislocata anteriormente rispetto alla glena e tra le coste e la cavità toracica. Possono comparire complicanze neurologiche, polmonari e vascolari, così come un enfisema sottocutaneo.

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lussazioni posteriore:

quando la testa omerale si trova posteriormente alla glena, sono frequentemente bloccate e non si riducono con facilità in modo incruento, per lo pi con la tecnica ippocratica. Sono circa il 2% ma probabilmente sono sottostimate perché spesso la diagnosi viene mancata dalla difficoltà di riconoscimento.

In proiezione antero posteriore si deve vedere il rapporto del diametro della testa omerale e del diametro della glena per vedere quale dei due supera l’altro in proiezione anteriore perfetta per fare diagnosi differenziale con le anteriori più comuni. Dirimente è la proiezione laterale trans scapolare: perpendicolare alla proiezione AP vera di scapola, la scapola si proietterà come una Y. Può derivare da un carico assiale sul braccio abdotto e intraruotato durante una violenta contrazione muscolare come ad esempio in un pallavolista in schiacciata o da un elettroshock o da una crisi convulsiva.Una possibile classificazione è quella in cui si nota la sede delle lussazioni posteriori, infatti possono

lasciare la testa omerale in una sede sottoacromiale, sotto glenoidea o sotto spinosa; la sotto acromiale è di gran lunga la più comune.

lussazioni inferiori:

può essere provocata da una sollecitazione in iperabduzione che causi l’urto dell’omero contro il processo acromiale, il quale agirà da leva sulla testa facendola fuoriuscire inferiormente rispetto alla glena e l’omero rimane bloccato con la diafisi al di sopra del capo, condizione che prende il nome di lussazione eretta. Può accompagnarsi a gravi lesioni delle parti molli o a fratture ed è comune un interesse neurovascolare. Sono lussazioni rare che richiedono riduzione in sala operatoria per lo più ma si può tentare una manovra di trazione e contro rotazione. Quando la riduzione incruenta fallisce si deve intervenire chirurgicamente sul capsula inferiore.

lussazioni superiori:

nella letteratura si fa scarsa menzione di questo tipo di lussazioni anche se è indubbio che avvenga in alcune occasioni; la causa abituale è una estrema sollecitazione in avanti e verso l’alto in braccio addotto. La testa dell’omero rimane spostata verso il basso ed il braccio si posiziona in completa abduzione verticalmente. Possono verificarsi fratture dell’acromion e dell’articolazione acromion claveare o della clavicola. La cuffia dei rotatori e il tendine del capo lungo del bicipite riportano dei danni di grado elevato e di solito sono presenti danni neuro vascolari.

lussazioni bilaterali:

in gran parte dei casi riportati in letterature sono il risultato di convulsioni o traumi violenti

sopratutto in pazienti che hanno clinica recidivante, altri casi in cui il paziente a subito elettroshock accidentale. Spesso sono presenti traumi che inducono anche fratture lussazioni ipsilaterale e bilaterale.

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lesioni associate alle lussazioni anteriori

- danno al plesso brachiale

- compressione della testa dell’omero sull’arteria ascellare

- frattura - lussazione della grande tuberosità dell’omero

- frattura - lussazione della testa dell’omero - rottura della cuffia dei rotatori

- lesione del nervo ascellare - lesione di Bankart

- lesione di Hill Sacks - recidiva di lussazione

- spalla congelata, rigidità articolare, sopratutto nei pi anziani se non si ha mobilizzazione precoce

LIGAMENTI E CAPSULE:

Caratteristica è l’avulsione dei lig. gleno omerali e della capsula antero inferiore dal margine

glenoideo, la mancata guarigione è un fattore principale di recidiva. Studi di cadaveri riportano che le lesioni glenoidee con una lunghezza di oltre la metà del diametro glenoideo riduce la resistenza alla dislocazione di oltre il 30% (Gerber & Nyffeler, 2002), mentre i difetti più ampi del 20% della lunghezza del margine glenoideo predispongono alla recidiva nonostante riparazione (Itoi et al ., 2000). I ligamenti glenoomerali sono importanti stabilizzatori statici e le loro lesionarono presenti in circa il 55% dei casi, specialmente nei giovani pazienti, associandosi a recidiva più facilmente. LESIONE DI BANKART, distacco della porzione anteriore della capsula e/o del cercine dalla glena antero inferiore, da avulsione del labbro glenoideo inferiore. E’ il risultato dell’impatto della testa omerale contro il cercine durante la lussazione ed è comune sopratutto nei giovani pazienti che hanno una storia di recidive. Per fare diagnosi di certezza si ricorre spesso alla RM. Si riscontra nel 85% delle lussazioni traumatiche anteriori.

SLAP lesion: Superior Labral tear, Anterior or Posterior

ROTTURA DELLA CUFFIA: la frequenza di questa lesione può aumentare con l’età: nei pazienti over 40 l’incidenza supera il 30%, mentre in generale si verificano nel 10% delle lussazioni anteriori anche se in acuto è difficile da diagnosticare a causa del dolore riferito e dell’ipostenia; si potrà indagare nelle tre settimane successive alla lussazione con ecografia o RM se persiste il dolore. Nei pazienti over 60 invece aumenta superando l’80%.

FRATTURE:

incorrono nel 30% dei casi; alcune fratture come quelle della glena, della testa omerale, della coracoide e delle tuberosità omerali, della diafisi omerale possono

accompagnare le lussazioni traumatiche e nei casi dubbi può essere utile ricorrere alle immagini TC. Prima di una riduzione è fondamentale ricercare i segni radiografici di una frattura del collo omerale composta perché con la manovra di riduzione della lussazione si può rischiare di scomporre la fratture del collo e indirizzare il paziente ad intervento chirurgico.

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LESIONE DI HILL SACKS, a causa di una frattura da compressione che si viene a creare sul bordo postero laterale della testa omerale, come un solco, quando disloca. E’ presente nel 54-76% dei pazienti con instabilità anteriore sopratutto nei casi di recidività. Si viene a formare a causa del duro margine della glenoide anteriore che affonda nel molle osso spongioso della testa dell’omero. Più allungo rimane la testa dislocata, più ampio sarà il difetto.

LESIONI VASCOLARI:

Avviene più frequentemente nei pazienti più anziani con vasi più rigidi e più fragili. Può essere a carico dell’arteria ascellare o della vena ascellare e dei loro rami; la lesione può avvenire sia al momento della lussazione che durante la riduzione. E’ importante valutare i polsi arteriosi per fare diagnosi di lesione vascolare; tuttavia la presenza di polso distale può verificarsi grazie a circoli collaterale. Anche se la complicanza vascolare è rara, va sospettata sopratutto quando si associa lesioni del plesso brachiale sopratutto in over 50.

L’arteria è relativamente fissata al margine laterale del piccolo pettorale: con l’adduzione e l’extra rotazione la testa si lussa e forza in avanti l’arteria ascellare ed il piccolo pettorale funge da fulcro in corrispondenza del quale l’arteria subisce una lesione. Le lesioni vascolari sono più comuni nelle lussazioni inferiori.

LESIONI NERVOSE:

alcune forme di danni neurologici incorrono nel 21-50% dei casi, in particolare al nervo ascellare, al plesso brachiale e ad altri nervi isolati può accadere ma più raramente.

La complicanza neurologica di gran lunga più comune è costituita dalla lesione del nervo ascellare, questa provoca una perdita della sensibilità della regione laterale deltoidea la cosiddetta “Regimental Badge” della spalla grazie al suo ramo circonflesso. E’ importante stabilire la compromissione di questa zona prima della manovra riduttiva e dopo la manovra riduttiva per diagnosticare una lesione del nervo circonflesso della testa dell’omero.

Il plesso brachiale e l’arteria ascellare sono immediatamente anteriori, inferiori e mediali

all’articolazione gleno omerali, così si possono facilmente lesionare in caso di lussazione anteriore. Il nervo ascellare origina dalla corda posteriore del plesso brachiale incrocia anteriormente il muscolo sottoscapolare e poi prosegue posteriormente ad angolo acuto verso la porzione inferiore della capsula. La testa omerale lussata sposta antero inferiormente il sottoscapolare e i nervo ascellare soprastante determinando una pressione diretta o una distrazione del nervo: si può avere fino al 33% dei casi.

Si possono verificare diversi gradi del danno nervoso:

neuro aprassia: danno funzionale da compressione, non strutturale. Recupero in 6 mesi assonotmesi: rottura degli assoni, integrità della guaina del nervo, recupero assonnale al ritmi di 2,5-3 cm al mese

neurotmesi: rottura completa del nervo, prognosi riservata per il recupero

le possibilità di danno aumentano con l’aumentare dell’età del paziente e con l’entità e la durata della permanenza della spalla lussata.

Altri nervi lesi possono essere il n. radiale, il n. muscolo cutaneo, il n. mediano, il n. ulnare e l’intero plesso brachiale.

Si può avere una transitoria paralisi del nervo ascellare (la lesione nervosa più comune è la

neuroprassia), ma molti diversi tipi di lesioni nervose isolate e paralisi del plesso brachiale possono verificarsi ( Robinson & Dobson , 2004) tuttavia se non si ha recupero in 3 mesi la prognosi sarà

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peggiore. Se persistono deficit neurologici, si può indagare con gli studi di conduzione nervosa e l’elettromiografia.

RECIDIVA DELL’INSTABILITÀ’ DOPO LUSSAZIONI ANTERIORI l’età del paziente al momento della prima lussazione ha una notevole influenza sulla recidiva, nei pazienti under 20 si ha sino al 90% di possibilità di recidiva, mentre negli over 50 l’incidenza cade bruscamente a 10-15% e la maggioranza di tutte le recidive compare entro i primi 2 anni dalla prima lussazione. In molti studi è emerso che l’incidenza della recidiva è indifferente al tipo di

immobilizzazione e riduzione.

L’effetto delle fratture: l’incidenza di recidiva è più bassa se durante l’evento di lussazione si verifica una fratture del trochite. Queste fratture sono 4 volte più comuni nei pazienti ultra trentenni perché probabilmente nei pazienti più anziani la tendenza è ad allungare la capsula o a fratturare il trachite mentre nei più giovani si ha più facilmente avulsione dei ligamenti della capsula gleno omerali e il difetto posterolaterale della testa omerale che invece hanno una possibilità di guarigione più bassa.

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Capitolo 4

valutazione clinica di

lussazione anteriore di spalla

La clinica della lussazione acuta di spalla è limitata a pochi sintomi che devono essere

attentamente correlati e valutati dallo specialista. E’ necessaria una attento esame

obiettivo della spalla stessa ma anche delle strutture anatomiche vicine e disturbi

neurologici e vascolari. E’ indispensabile una rapida valutazione del quadro in acuto, il

paziente raggiungerà il pronto soccorso e dovrà essere rapida la riduzione per

permettere una corretta gestione. La maggioranza dei casi ha una eziologia traumatica

anamnesi patologica prossima:

Nella maggioranza dei casi il paziente lamenta un dolore alla spalla riconducibile ad un evento traumatico: il dolore può essere spontaneo o provocato, localizzato o irradiato; si associano perdita della forza e limitazione del movimento. La perdita dell’articolarità viene riferita come impossibilità del movimento attivo e rigidità più o meno marcata.

Se è seguito a trauma, deve ricostruire il meccanismo traumatico dell’intensità della forza applicata e la posizione dell’arto al momento dell’evento:

- l’elettroshock così come le crisi convulsive o una caduta sul braccio in flesso abduzione si associano comunemente ad una lussazione posteriore

- se il braccio invece si trovava in estensione extrarotazione e abduzione sarà più probabile una lussazione anteriore.

- se il paziente ha incorso in più lussazioni recidivanti il trauma avrà un entità minore o potrà essere più facilmente una lesione atraumatica durante un movimento comune.

- importante è anche il tempo trascorso dall’evento di lussazione al momento della radiografia e la diagnosi per una tempestività nell’intervento incruento. Se il trauma è avvenuto entro le due ore è più probabile che la riduzione incruenta avvenga con minore difficoltà.

- l’anamnesi dovrà ricercare anche episodi di precedenti danni neurologici o della cuffia dei rotatori. - Nel caso vi sia stata una lesione traumatica è essenziale stabilire la posizione dell’arto superiore e la

dinamica e la direzione del movimento e l’intensità della forza che lo ha scatenato per capire se possa aver determinato un danno alla capsula importante.

- A meno che non si ricada in indicazioni chirurgiche, si presume che la spalla sia divenuta

disfunzionante in assenza di una sostanziale lesione anatomica e perciò necessiti di essere trattata con approccio incruento e riabilitativo post riduzione

esame obiettivo di lussazione anteriore di spalla

l’esame obiettivo deve essere completo il più possibile, bilaterale e generale, non limitandosi alla sola spalla dolorante ma anche alla controlaterale e deve essere ripetuto dopo la manovra riduttiva per cercare eventuali reperti non facilmente obiettivatili precedentemente a casa del dolore importante e della ipovalidità muscolare.

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