• Non ci sono risultati.

Selezione di un consorzio microbico con attività ligninolitica per la biotrasformazione delle sanse ad uso mangimistico

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Selezione di un consorzio microbico con attività ligninolitica per la biotrasformazione delle sanse ad uso mangimistico"

Copied!
57
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali

Corso di Laurea Magistrale in

Biosicurezza e Qualità degli Alimenti

Selezione di un consorzio microbico con attività ligninolitica per la

biotrasformazione delle sanse ad uso mangimistico

Relatori: Dott.ssa Monica Agnolucci Prof.ssa Manuela Giovannetti

Correlatore: Prof. Marcello Mele

Candidato: Dario Bignone

(2)

Sommario

1 INTRODUZIONE... 1

1.1 Selezione di microrganismi ... 1

1.1.1 Arricchimento e protocolli di screening ... 1

1.2 Utilizzo dei microrganismi nella valorizzazione dei residui agro-industriali ... 2

1.3 Panoramica sui sottoprodotti derivanti dalla produzione dell’olio di oliva e loro possibili utilizzi ... 4

1.4 Caratteristiche della sansa di oliva ... 5

1.5 Utilizzo della sansa di oliva nell’alimentazione animale ... 7

1.6 Effetto dell’alimentazione animale con sottoprodotti dell’estrazione dell’olio di oliva ... 7

1.7 Problematiche dell’utilizzo della sansa in mangimistica ... 8

1.8 Lignina ... 9

1.9 Microrganismi ligninolitici ... 11

1.9.1 Funghi ligninolitici ... 12

1.9.2 Batteri ligninolitici ... 15

2 SCOPO DELLA TESI ... 19

3 MATERIALI E METODI ... 20

3.1 Microrganismi utilizzati ... 20

3.2 Test di biocompatibilità ... 21

3.3 Identificazione molecolare ... 22

3.3.1 Estrazione del DNA ... 22

3.3.2 Amplificazione del gene 16S rRNA ... 22

3.3.3 Amplificazione della regione ITS ... 23

3.3.4 Purificazione e sequenziamento degli amplificati ... 24

3.4 Determinazione della capacità ligninolitica del consorzio microbico ... 24

3.4.1 Prova in mezzo liquido ... 25

3.4.2 Prova su sansa ... 25

3.5 Metodo per la determinazione della percentuale di lignina nelle sanse ... 26

3.6 Determinazione del contenuto di polifenoli totali e tannini totali ... 28

3.6.1 Determinazione del contenuto in polifenoli totali ... 28

3.6.2 Determinazione del contenuto in tannini totali ... 29

4 RISULTATI E DISCUSSIONE ... 30

(3)

4.2 Identificazione molecolare ... 32

4.3 Valutazione della degradazione della lignina, test in liquido ... 34

4.4 Valutazione della riduzione della lignina, test su sansa ... 35

4.5 Valutazione della riduzione dei polifenoli e tannini totali ... 38

4.5.1 Polifenoli ... 38

4.5.2 Tannini ... 40

5 CONCLUSIONI ... 43

(4)

1

1 INTRODUZIONE

1.1 Selezione di microrganismi

L’impiego di microrganismi come mezzo di produzione di beni e servizi, in condizioni controllate, è alla base della moderna microbiologia industriale. Nel corso degli ultimi 40-50 anni, lo screening di microrganismi importanti nel campo industriale si è evoluto costantemente, ed ha portato ad un loro utilizzo per la produzione di centinaia di prodotti commerciali in tutto il mondo.

Gli elementi fondamentali di una strategia di selezione sono: definire l'attività di interesse; individuare i microrganismi che presentano tale attività e le fonti da dove ottenerli; improntare metodiche di arricchimento; sviluppare una metodologia di screening; portare la metodica da scala di laboratorio a scala industriale.

Per la selezione dei microrganismi risulta essere importante stabilire la fonte da dove ottenerli, e dunque la strategia operativa; le possibilità di scelta ricadono tra i microrganismi già isolati, depositati in Collezioni Microbiche Internazionali, con specifici caratteri funzionali noti. In alternativa, i microrganismi possono essere isolati ex-novo da matrici agro-ambientali il cui microbiota si è adattato a particolari condizioni ambientali determinate dalla presenza in concentrazioni elevate di specifiche sostanze chimiche.

1.1.1 Arricchimento e protocolli di screening

A questo scopo possono essere utilizzati metodi di selezione basati su tecniche di arricchimento. Il principio delle tecniche di arricchimento è quello di fornire un ambiente selettivo che favorisca la crescita di uno specifico microrganismo, presente in una determinata matrice in basse concentrazioni.

A tal fine possono essere sfruttate le caratteristiche fisiologiche peculiari del microrganismo da selezionare quali ad esempio la capacità di utilizzare particolari substrati nutrizionali (fonti di carbonio, azoto, etc.). La selezione di un particolare ceppo costituisce quindi la premessa per lo sviluppo, a livello aziendale, di processi microbiologici; questo può essere attuato improntando protocolli di screening che permettono di identificare e isolare i ceppi microbici che presentano le caratteristiche ideali per produrre una nuova molecola o rendere alto-produttore un microrganismo per una molecola già nota.

(5)

2 I test per lo screening di una particolare attività svolgono un ruolo importante nella scelta di microrganismi specifici. Gli aspetti da considerare quando si progetta un test di

screening sono la semplicità, i costi, la velocità e la specificità. La maggior parte dei

metodi di analisi possono essere classificati come diretti (identificazione specifica del prodotto di destinazione) o indiretti, come ad esempio attraverso il rilevamento enzimatico mediato da una reazione colorimetrica o fluorimetrica. I progressi nella comprensione della fisiologia microbica insieme allo sviluppo di nuovi substrati enzimatici cromogenici e fluorogenici hanno migliorato i saggi indiretti, mentre i progressi nella strumentazione analitica sono responsabili per la maggior parte dei miglioramenti per il rilevamento diretto di composti specifici (Steele & Stowers, 1991).

Le procedure di screening si possono distinguere in screening primario e screening secondario, dove il primario è finalizzato all’isolamento e alla caratterizzazione dei ceppi produttori, in cui una grande popolazione di organismi viene valutata per un tipo specifico di attività. Lo screening secondario ha lo scopo di determinare il potenziale di produzione dei microrganismi identificati e migliorare le cinetiche di produzione per aumentare la produttività del ceppo selezionato.

Durante la procedura dello screening primario risultano essere importanti elementi selettivi come la composizione e il pH del terreno, le condizioni di aerobiosi o anaerobiosi e la temperatura. L’impiego di terreni specifici o selettivi agevola l’isolamento di certe specie, anche se scarsamente rappresentate nel campione in esame. Al terreno di isolamento, si possono addizionare sostanze in grado di esercitare uno spettro di inibizione microbica, consentendo uno sviluppo selettivo.

Durante lo screening secondario risulta essere necessario agire sulle condizioni colturali o sul microrganismo produttore selezionato, per portare un nuovo processo a livello industriale, o per mantenere su posizioni competitive una produzione già avviata.

1.2 Utilizzo dei microrganismi nella valorizzazione dei residui

agro-industriali

I microrganismi, per la loro biodiversità e per le loro grandi potenzialità cataboliche, possono essere sfruttati per la degradazione o la valorizzazione di diversi residui derivanti dalle produzioni alimentari. Le diverse attività cataboliche sono dovute alla presenza di geni catabolici ed enzimi. Inoltre, i microorganismi possiedono diverse strategie di adattamento, come la possibilità di modificare la membrana cellulare per mantenere le

(6)

3 funzioni biologiche, la produzione di composti tensioattivi come biosurfattanti e l'uso di pompe di efflusso per diminuire la concentrazione di composti tossici all'interno delle cellule. E’ importante considerare che nei processi naturali ogni popolazione microbica agisce in una precisa fase e che i microrganismi spesso operano tra loro in associazioni metaboliche integrate.

Le industrie di trasformazione dei prodotti alimentari, in Europa, producono grandi quantità di sottoprodotti e rifiuti (circa 2.5 x 108 tonnellate/anno) (AWARENT, 2004). Tali rifiuti sono solo parzialmente valorizzati (spargimento sul terreno, alimenti per animali, compostaggio), mentre i volumi principali sono gestiti come rifiuto di interesse ambientale, con effetti negativi sulla sostenibilità complessiva dell’industria.

Le trasformazione dei prodotti alimentari come la lavorazione della verdura e della frutta producono sottoprodotti e rifiuti, tipicamente costituiti da elevate quantità di proteine, zuccheri e lipidi insieme con particolari composti aromatici o alifatici e, pertanto, potrebbero essere fonti abbondanti di beni, prodotti chimici e biomateriali a buon mercato. Infatti, dopo pretrattamento specifico con agenti fisici o biologici seguita dal recupero, potrebbero fornire antiossidanti naturali, agenti antimicrobici e vitamine, insieme a macromolecole come ad esempio cellulosa, amido, lipidi, proteine, enzimi vegetali e pigmenti di enorme interesse per l'industria farmaceutica, cosmetica e le industrie alimentari (Federici et al., 2009). I processi produttivi agricoli, agrozootecnici ed agroindustriali necessitano della valorizzazione dei sottoprodotti e degli scarti, con cui è possibile incrementare il valore aggiunto ed il reddito dell’impresa, nonché aumentare la sostenibilità della stessa. Tale sostenibilità rientra tra gli obbiettivi e tutti gli atti strategici e regolamentari dell’Unione Europea, la quale si pone come priorità la gestione dei rifiuti, considerati risorse, migliorando efficacemente l’utilizzo degli scarti insieme ad un minor consumo delle risorse rinnovabili e non rinnovabili, che non deve superare la capacità di carico dell’ambiente. Negli ultimi anni, grazie alla valorizzazione dei sottoprodotti, si sta sempre più diffondendo il concetto di impresa agricola come bioraffineria. I processi quindi sono improntati a garantire la massima conversione possibile delle risorse in prodotti. In quest’ottica i microrganismi ricoprono un ruolo cruciale in quanto possono essere un utile strumento per la riqualificazione dei residui per la produzione di sottoprodotti o intermedi di lavorazione, come fonti di energia rinnovabile, per l’estrazione o la produzione di biomolecole o biomasse.

(7)

4

1.3 Panoramica sui sottoprodotti derivanti dalla produzione dell’olio di

oliva e loro possibili utilizzi

Attualmente ci sono oltre 750 milioni di piante di olivo nel pianeta, che occupano una superficie di 10 milioni di ettari (Molina-Alcaide & Yànez-Ruiz, 2008) con una produzione mondiale di olio d'oliva di 1,6 milioni di tonnellate (fonte FAOSTAT). Solo il mediterraneo fornisce un'area del 98% di superficie totale per la coltura dell'olivo e il 97% della produzione totale di oliva. La coltivazione dell’olivo è particolarmente importante in Spagna, Italia, Grecia e Tunisia, dove la Spagna è prima per quanto riguarda la superficie totale e numero di alberi produttivi (Nefzaoui, 1985; Nefzaoui, 1987).

Sia la coltivazione dell'olivo che la produzione di olio d'oliva, generano grandi quantità di sottoprodotti, dove possono essere individuati due grandi classi, quali i residui di campo che comprendono legna, frasche e foglie, e i residui di estrazione olearia che comprendono le acque di vegetazione e la sansa. In generale le caratteristiche dei sottoprodotti oleari dipendono in gran parte dalla metodologia di estrazione dell’olio adottata.

L’attività molitoria dei frantoi italiani produce annualmente, in media, oltre 3 milioni di tonnellate di reflui (sanse ed acqua di vegetazione). È stato stimato inoltre che la sola potatura produce 25 kg di sottoprodotti (ramoscelli e foglie) per pianta all'anno. D'altra parte, l'industria dell’olio produce 34 kg dei rifiuti solidi (sansa esausta) per 100 kg di olive trattate, come mostrato in Figura 1.

In riferimento alla legge n. 574 del 1996, la sansa umida, non trattata, viene considerata come un ammendante vegetale semplice non compostato, applicabile al terreno senza specifici limiti quantitativi, se rispondente ai requisiti di umidità (massimo 50%), pH (compreso tra 6 e 8,5), carbonio organico sul secco (minimo 40%), azoto organico sul secco (almeno 80% dell’azoto totale), rame totale sul secco (massimo 150 ppm), zinco totale sul secco (massimo 500 ppm), contenuto in torba sul tal quale (massimo 20% sul tal quale). Lo spandimento delle sanse umide sui terreni aventi destinazione agricola, deve avvenire secondo le modalità previste dall’articolo 4 della legge 11 novembre 1996, n. 574. In generale lo spandimento dei residui oleari deve essere condizionato da un attento controllo della composizione chimica di tali reflui, al fine di individuare eventuali sostanze tossiche o nocive e quindi evitare fenomeni di inquinamento del terreno che possano dar luogo ad alterazioni irreversibili (Amirante & Montel, 1999).

Di conseguenza, molti utilizzi alternativi dei sottoprodotti sono stati considerati, tra i quali l'utilizzo di sottoprodotti della produzione dell'olio di oliva come fonte di nutrimento per

(8)

5 animali. Un adeguato utilizzo dei sottoprodotti nell’alimentazione animale può migliorare l'economia e l’efficienza agricola, industriale e produzione animale (Molina-Alcaide & Nefzaou, 1996).

Figura 1: Diagramma a blocchi della produzione di olio di oliva

1.4 Caratteristiche della sansa di oliva

La sansa di oliva, sottoprodotto dell’estrazione dell’olio di oliva, è composta da residui di buccia, polpa e da frammenti di noccioli oltre che da diverse quantità di acque di vegetazione e di processo, in percentuali variabili a seconda del tipo di sistema di estrazione utilizzato. I moderni sistemi di estrazione centrifuga degli oli (impianti continui), frazionano la pasta derivata dalla frangitura delle olive in due fasi (ottenendo le sanse umide), olio e sansa molto umida (58-62%), oppure in tre fasi (ottenendo le sanse vergini), olio, sansa con umidità del 48-54%, ed elevate quantità di acqua (Alburquerque et

al., 2004). La differenza principale delle due tipologie risiede nella maggiore umidità e nel

contenuto di olio inferiore della tecnica di estrazione a due fasi, come risultato di un processo di centrifugazione più efficiente ed ecologico, rispetto al sistema tradizionale a tre fasi. Per 1000 kg di olive della procedura a tre fasi si generano 550 kg di sansa, mentre la procedura a due fasi ne produce 800 kg (Molina-Alcaide & Yànez-Ruiz, 2008). Le sanse ottenute con la tecnica di estrazione a tre fasi sono solitamente destinate all'industria della sansa, per l'estrazione di olio residuo mediante solventi, o utilizzate come combustibile (Molinari & Bonfa, 2005). Tali sottoprodotti possono essere usati anche nell’alimentazione animale, o in processi biodegradativi per produrre etanolo (Ballesteros et al., 2002), o

(9)

6 compost per uso agricolo (Toscano & Montemurro, 2012). Da un punto di vista chimico la loro composizione è variabile e dipende da numerosi fattori come la cultivar, periodo di raccolta, condizioni di crescita e metodo di estrazione che come detto in precedenza può influire molto sulla composizione delle sanse (Tab. 1). Il suo pH è leggermente acido, mentre la frazione organica è rappresentata da carboidrati, lipidi, proteine e fenoli. I carboidrati sono rappresentati in maggior parte da glucosio e mannitolo arrivando ad una percentuale del 19,3%. Il contenuto in proteina cruda normalmente non risulta essere alto ed è associato per una percentuale dell’80-90% al complesso ligninocellulosico. La componente di fibra insolubile, costituita da lignina cellulosa ed emicellulosa è contenuta in quantità elevata, in particolar modo la componente di lignina può arrivare a superare il 40% del totale degli elementi. Gli acidi grassi più rappresentati sono l’acido oleico e l’acido palmitico (Chiofalo et al., 2004) assieme agli acidi grassi polinsaturi. I polifenoli sono presenti in quantità rilevante, in particolare possono essere ritrovati tiroloso e idrossitirosolo (Lesage-Messen et al., 2001; Fernàndez- Bolaños et al., 2002). La presenza dei fenoli costituisce una forte attività batteriostatica, tendendo a polimerizzare formando polimeri ad alto peso molecolare di difficile degradazione (Crognale et al., 2006).

Tabella 1: Composizione chimica delle sanse (Alburquerque et al., 2004; Cayuela et al., 2004; Paredes et al., 1999) Parametri Range pH 5,23-5,5 Sostanza organica (%) 91,6-98,5 Lignina (%) 19,8-47,5 Emicellulosa (%) 15,3-38,7 Cellulosa (%) 17,3-33,7 Lipidi (%) 10,9-18 Proteine (%) 6,7-7,2 Carboidrati (%) 9,6-19,3 Fenoli (%) 0,5-2,4 P (g/Kg) 0,5-1,4 K (g/Kg) 6,3-24,3 Ca (g/Kg) 2,3-4,5 Mg (g/Kg) 1,7 Na (g/Kg) 0,8 Fe (mg/Kg) 526-769 Cu (mg/Kg) 17-21 Mn (mg/Kg) 13-20 Zn (mg/Kg) 18-27 Pb, Cd, Cr, Hg (mg/Kg) n.d

(10)

7

1.5 Utilizzo della sansa di oliva nell’alimentazione animale

Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha focalizzato l’attenzione nel trovare soluzioni alternative all’utilizzo dei reflui derivanti dall’estrazione dell’olio di oliva, dove numerosi studi hanno valutato il possibile impiego delle sanse nell’alimentazione sia dei ruminati che dei monogastrici. I risultati di questi studi (Chiofalo et al., 2004) hanno mostrato l'effetto positivo della somministrazione di sansa come integratore alimentare, inoltre dimostrando l’importanza della sansa di oliva non solo come fonte nobile di lipidi, ma anche come fonte fibrosa in alternativa ai foraggi che, in alcune aree geografiche, non sono sempre disponibili durante l’arco dell’anno. I principali tipi di sansa che sono sottoposti al processo di essiccazione sono sansa vergine di oliva, sansa denocciolata in pre-estrazione e sansa denocciolare in post-estrazione, tra questi, solo le ultime due sono più adatte per un uso zootecnico. L'impiego di sansa vergine di oliva può, tuttavia, essere valutata, ma solo previa stabilizzazione enzimatica. Questo processo è coinvolto nella degradazione della frazione polisaccaridica delle sanse, che consiste principalmente di cellulosa, pectine ed emicellulose, aumentando la quantità di fibra solubile e quindi il suo valore nutrizionale nell’alimentazione animale (Servili et al., 2007).

1.6 Effetto dell’alimentazione animale con sottoprodotti dell’estrazione

dell’olio di oliva

Diversi studi hanno esaminato l’effetto dell’inclusione di sottoprodotti dell’estrazione dell’olio di oliva sulle prestazioni degli animali; tuttavia, pochissimi studi hanno affrontato gli effetti sulla carne e la qualità del latte. Se introdotti nella giusta proporzione nella dieta, vi è un grande potenziale per il loro effetto sulla composizione del latte (Chiofalo et al., 2002; Uceda & Hermoso, 1997). Chiofalo et al. (2004) inclusero sansa di oliva (200 g/kg di concentrato) nella dieta di pecore in lattazione osservando un aumento della resa totale di latte (649 g vs.772 g per animale al giorno), aumentando anche il grasso e le proteine nel latte. In diete contenenti sansa, l'acido oleico (C18:1 cis 9) e gli acidi grassi monoinsaturi totali contenuti nel latte di pecora sono aumentati, mentre gli acidi grassi saturi sono diminuiti. Data la loro importanza nella dieta dell'uomo (Scollan et al., 2001), il rapporto tra acidi grassi saturi/insaturi nei prodotti animali sulla salute umana è stato ampiamente studiato. Molina Alcaide et al. (2005) hanno studiato l'effetto della sostituzione del 50% di un concentrato, con sansa di oliva nelle diete per capre in lattazione, osservando differenze nella produzione di latte. Essi hanno inoltre riferito, in accordo con Chiofalo et al. (2004),

(11)

8 un aumento di acido oleico, acido linoleico, acido rumenico e acidi grassi insaturi negli animali alimentati con sansa, rispetto all’alimentazione con concentrati commerciali. Entrambi gli studi hanno dimostrano il potenziale nell’utilizzare la sansa di olive, non solo per fornire fibre ed energia per l'alimentazione dei ruminanti, ma anche per ottenere prodotti animali sani e migliori in termini di profilo degli acidi grassi (Molina-Alcaide & Yànez-Ruiz, 2008).

1.7 Problematiche dell’utilizzo della sansa in mangimistica

Nell’alimentazione animale le sanse sono considerate un supplemento con un basso valore nutritivo (Nefzaoui, 1991) variabile tra 0,32 e 0,49 UFL (unità foraggiera latte). Caratteristiche limitanti di questa materia prima sono la bassa quantità di sostanza secca, di proteina grezza e l’alto tenore di biomassa lignocellulosica, maggiormente presente nel nocciolo. Quest’ultima in particolare, essendo resistente agli enzimi digestivi animali, sequestra nelle sue maglie proteine, grassi e microelementi. Inoltre rende indisponibili la cellulosa e l’emicellulosa.

Diversi studi hanno evidenziato l’influenza negativa della presenza di tannini e composti polifenolici nella capacità digestiva degli animali. Questa componente ha proprietà antinutrizionali, dato che forma complessi con gli zuccheri e le proteine rendendoli non assimilabili a livello dell’intestino. Oltre a questo i tannini, che si dividono in condensati (Fig. 2) e idrolizzabili (Fig. 3), contribuiscono, se presenti in concentrazione superiore al 5%, al gusto amaro e astringente rendendo non appetibile il mangime.

Figura 2: I tannini condensati sono poliflavonoidi formati da catene di unità di flavan-3-oli. Le classi più frequenti sono le procianidine costituite da catene di catechine e/o epicatechine con legame 4-6 o 4-8

(12)

9 Figura 3: I tannini idrolizzabili sono dei polimeri ad alto peso molecolare dell'acido gallico, in particolare sono dei polifenoli, detti idrolizzabili in quanto possono essere depolimerizzati da un enzima, la tannasi

Mentre nella dieta di ovini e caprini l’uso delle sanse è stato da tempo proposto (Lanzani et

al., 1993), un loro utilizzo nell’alimentazione delle bovine da latte non è consigliabile a

causa della loro bassa concentrazione energetica. Infatti le richieste nutrizionali di questi animali risultano molto elevate. L’aggiunta di micro-ingredienti (amminoacidi essenziali, vitamine e minerali), atti a soddisfare queste esigenze nutrizionali, aumenterebbe il prezzo del mangime, gravando economicamente sulla produzione.

Nell’ultimo decennio la lavorazione delle olive ha portato tramite nuove tecniche di estrazione ad ottenere sanse più facilmente utilizzabili nell’alimentazione animale poiché contenenti una minore percentuale di lignina, dovuta alla diminuzione della quantità di noccioli. L’effetto di una alimentazione ovina a base di diverse tipologia di sansa (cruda, esausta, parzialmente denocciolata e completamente denocciolata) ha dimostrato che l’utilizzo di materia prima denocciolata apporta un maggiore contributo nutritivo (Sadeghi

et al., 2009).

1.8 Lignina

Dopo la cellulosa, la sostanza organica più abbondante nelle piante è la lignina, un polimero altamente ramificato del gruppo fenilpropanoico. La struttura specifica della lignina non è conosciuta, poiché è difficile estrarla dalle piante, dove è legata covalentemente alla cellulosa e agli altri polisaccaridi della parete cellulare. La lignina è in generale formata da tre differenti alcoli fenilpropanici: l’alcol coniferilico, l’alcool

(13)

p-10 cumarilico e l’alcool sinapilico (Fig. 4), che sono sintetizzati a partire dalla fenilalanina attraverso vari derivati di acidi cinnammici.

Figura 4: Struttura chimica dei precursori primari della lignina: alcool p-cumarilico (A), alcool coniferilico (B) e alcool sinapilico (C) (Vanholme et al., 2010)

Gli alcoli fenilpropanici sono uniti a formare un polimero tramite l’azione di enzimi che generano radicali liberi intermedi. Le proporzioni dei tre alcoli fenilpropanici della lignina variano da specie a specie, secondo l’organo della pianta e anche negli strati di una singola parete cellulare. Nella lignina vi sono spesso legami multipli C-C e C-O-C per ogni unità di alcol fenilpropanoico, con l’effetto finale di formare una struttura complessa che si ramifica tridimensionalmente (Fig. 5).

A differenza delle unità monomeriche di polimeri come l’amido o la cellulosa, le unità di lignina non sono legate in un modo organizzato e ripetitivo, in tal modo ogni molecola di lignina risulta essere unica. Recenti studi suggeriscono comunque che una proteina guida possa legarsi alle singole unità fenilpropanoiche durante la biosintesi della lignina, formando una struttura che poi darà origine alla formazione di una grande unità ripetitiva (Davin & Lewis, 2000; Hartfield & Vermerris, 2001).

Oltre a provvedere a un sostegno meccanico, la lignina ha funzioni protettive importanti nelle piante; la sua durezza fisica scoraggia la nutrizione degli animali, e la sua persistenza chimica la rende relativamente indigeribile agli erbivori. Legandosi alla cellulosa e alle proteine, la lignina ne riduce la digeribilità.

(14)

11 Figura 5: Rappresentazione di un polimero di lignina di pioppo (Stewart et al., 2009)

La lignina a base di alcool coniferilico è nota come lignina G, mentre la lignina S è costituita da alcool sinapil coniferilico, e la lignina H è composta da alcool p-cumarilico. La proporzione fra le lignine G:S:H varia con la specie vegetale e il tipo di cellula, influenzando la forza e proprietà di spappolamento dei tessuti legnosi (Vanholme et al., 2008). Per formare la lignina si pensa che le cellule secernano glucosidi monolignolici nella parete cellulare, dove il residuo di glucosio è enzimaticamente rimosso da una glucosidasi. I dettagli del processo di polimerizzazione successivo non sono pienamente compresi, ma può iniziare con monolignoli che sono poi accoppiati ossidativamente all’acido ferulico o altri residui fenolici che sono covalentemente legati agli xilani della parete cellulare. L’opinione ricorrente è che i monolignoli siano ossidati e accoppiati con uno schema non preciso da radicali liberi formati dagli enzimi, quali perossidasi e laccasi, il che porta ad una struttura macromolecolare variabile. Una seconda ipotesi è che le proteine della parete controllino il processo di polimerizzazione, producendo una struttura più regolare.

1.9 Microrganismi ligninolitici

Nel corso degli anni sono stati isolati ed identificati uno spettro eterogeneo di microrganismi ligninolitici (Fig. 6), soprattutto funghi (Baldrian & Gabriel, 2003) e batteri (Zimmermann, 1990; Vicuña, 1988). Questo elenco continua a crescere rapidamente. Recenti studi affermano che diverse specie fungine trovate nel tratto gastrointestinale di diversi ruminanti come Trichoderma reesei, Phanerochaete chrysosporium, Fomitopsis

(15)

12

palustris e Orpinomyces sp, sono in grado di degradare la cellulosa (Rubin, 2008;

Ljungdahl, 2008). I funghi producono una grande varietà di enzimi intracellulari ed extracellulari come cellulasi ed emicellulasi (Rubin, 2008; Yoon et al., 2007; Bayer et al., 1998) lignina perossidasi, manganese perossidasi, perossidasi versatili e laccasi che sono collettivamente coinvolti nella degradazione e nell'utilizzo della biomassa lignocellulosica (Weng et al., 2008).

Secondo Ramachandran et al. (2000), Streptococcus viridosporus T7A, un batterio degradante la lignina, produce diversi perossidasi extracellulari che risultano essere simili alle perossidasi prodotte dai funghi. Recenti progressi nello studio del sequenziamento del genoma hanno rivelato che le laccasi sono diffuse anche in diversi ceppi batterici (Ausec et

al., 2011), le quali risultano non essere ancora ben caratterizzate come quelle fungine

(Kellner et al., 2008).

Figura 6: Rappresentazione dei potenziali gruppi di batteri e funghi, capaci di degradare i componenti della parete cellulare vegetale (cellulosa, emicellulosa e lignina) (Kameshwar & Qin, 2016)

1.9.1 Funghi ligninolitici

I processi biologici che coinvolgono la modifica della lignina e la sua degradazione sono stati studiati nel dettaglio nei basidiomiceti, in cui sono stati chiariti un certo numero di enzimi e meccanismi coinvolti nell’attacco della lignina (Hatakka, 2001; Kirk & Farrell, 1987). I basidiomiceti più frequenti sono i white-rot (in particolare P. chrysosporium), i quali presentano la capacità di degradare la lignina, l’emicellulosa, e la cellulosa, (Fig. 7)

Parete cellulare delle piante cellulosa batteri Actinobacteria Firmicutes funghi Chitridomycetes Ascomycota Basidiomycota Agaricomycota emicellulosa batteri Acidobacteria Proteobacteria Actinobacteria funghi Basidiomycota Agaricomycota Ascomycota lignina batteri Acidobacteria Proteobacteria (alfa, beta, gamma) funghi Basidiomycota Agaricomycota Ascomycota

(16)

13 dando spesso luogo al così detto marciume bianco (degradazione simultanea della lignina e cellulosa, con decolorazione del materiale ligneo).

Figura 7: (A) Struttura di un tipico residuo lignocellulosico, (B) Attacco iniziale dei funghi nei confronti della matrice emicellulosica, (C) Degradazione di tutte le tre componenti polimeriche, (D) Valore nutritivo della ligninocellulosa migliorata con le proteine fungine e zuccheri semplici, da utilizzare per l’alimentazione animale (Sharma & Arora, 2015)

Altri funghi withe-rot di interesse ligninolitico sono Pleurotus spp. (Sannia et al., 1991), che comprende specie commestibili che vengono coltivate a livello industriale per l’alimentazione umana, Plebia spp. (Ruttimann et al., 1992), Polyporus spp. (Hüttermann

et al., 1989), Fusarium spp. (Obruca et al., 2012).

I funghi brown-rot rappresentano solo il 7% dei basidiomiceti che provocano il marciume del legno. Essi possono degradare anche i polisaccaridi del legno dopo solo parziale modifica della lignina, che si traduce in un materiale marrone, composto da lignina ossidata (Martinez et al., 2005). I funghi brown-rot degradano in misura minore la lignina, attraverso un meccanismo diverso rispetto ai funghi white-rot. In contrasto con i funghi

white-rot, che producono un arsenale di enzimi ossidativi extracellulari per la degradazione

(17)

14 lignocellulosica, ma possono anche in parte ossidare la lignina. L’analisi di un frammento di lignina ossidato ha portato alla proposta che un ossidrile radicale, viene prodotto tramite la via di ossidazione descritta dalla reazione di Fenton (Kirk et al., 1991; Kerem et al., 1999). Di recente, nel fungo brown-rot Gloeophyllum trabeum, è stato descritto un processo redox che utilizza due chinoni, 2,5-dimetossi-1,4-benzochinone (2,5-DMBQ) e 4,5-dimetossi-1,2-benzochinone (4,5-DMBQ), (Jensen et al., 2001) come mostrato in Figura 8.

Figura 8: Schema di un processo Fenton trovato nei funghi brown-rot (Bugg et al., 2011) Ogni idrochinone è in grado di ridurre Fe3+ a Fe2+, chelato ad ossalato, che è la forma predominante di ferro extracellulare presente. Il ferro (II) reagisce poi con il perossido idrogeno per generare radicali idrossilici, che attaccano la lignina. Il chinone ossidato viene poi riciclato a idrochinone dal fungo (Jensen et al., 2001).

I funghi white-rot producono diversi tipi di enzimi ossidativi extracellulari (ossidoriduttasi) che sono coinvolti nella degradazione della lignina. Questi includono laccasi, lignina perossidasi, manganese perossidasi e la perossidasi versatile. La biosintesi di questi enzimi è associata al metabolismo secondario in risposta alla mancanza di nutrimenti (Bumpus &

(18)

15 Steven, 1987). La lignina perossidasi (LiP) e la manganese perossidasi (MnP) sono state scoperte a metà degli anni ottanta e trovate nel fungo P. chrysosporium. La LiP degrada le unità di lignina non fenoliche (fino al 90% del polimero), mentre MnP che contiene manganese nel sito attivo è in grado di ossidare sia le unità fenoliche che quelle non fenoliche di lignina, tramite reazioni di perossidazione lipidica.

Più recentemente, la perossidasi versatile (VP) è stata descritta in Pleurotus ed altri funghi come un terzo tipo di perossidasi ligninolitica che combina le proprietà catalitiche di LiP e MnP (Martinez et al., 2005). P. chrysosporium possiede una dozzina di diversi geni perossidasi, ed è il basidiomicete white-rot oggetto di studi approfonditi. Le laccasi, glicoproteine monomeriche esocellulari, catalizzano l'ossidazione di vari substrati aromatici e non, utilizzando ossigeno atmosferico come accettore finale di elettroni convertendolo in acqua con concomitante trasformazione del substrato in prodotto (Shleev

et al., 2006). Il centro catalitico dell’enzima contiene quattro atomi di rame.

In Figura 9 è mostrato un esempio di ossidazione del catecolo operata dall’enzima laccasi. Nelle piante sono coinvolti nella biosintesi della lignina, mentre nei funghi si pensa che giochino un ruolo nella degradazione della lignina, anche se questo ruolo non è chiaro.

Figura 92: Reazione di ossidazione del catecolo operata dalle laccasi (Lu & Miyakoshi, 2012)

1.9.2 Batteri ligninolitici

Anche se la degradazione microbica della lignina è stata studiata più accuratamente nei funghi white-rot e brown-rot, ci sono evidenze sperimentali che hanno mostrato le proprietà dei batteri come agenti in grado di degradare la lignina (Vicuña, 1988; Zimmermann, 1990).

L’identificazione e lo studio di ceppi di Nocardia e Rhodococcus ha dimostrato che anche queste specie possono degradare la lignina (Zimmermann, 1990), come per Sphingomonas

(19)

16

paucimobilis dove il pathway catabolico per la degradazione della lignina (Fig. 10) è stato

ampiamente studiato.

Figura 30: Rappresentazione schematica della depolimerizzazione della lignina in frammenti (Bugg et al., 2011)

Più di recente Ahmad et al. (2010) hanno sviluppato due saggi spettrofotometrici per la valutazione nella degradazione della lignina: uno che coinvolge l’aumento della fluorescenza alla degradazione della lignina marcata; e un test UV-vis, che coinvolge i nitrati presenti nella lignina, rilasciando fenoli nitrati a seguito della degradazione della stessa. Tramite questo test è stata caratterizzata l’attività ligninolitica anche in

Pseudomonas putida mt-2 e Rhodococcus jostii RHA1. L'attività di questi ceppi batterici

nel test era molto inferiore a quella mostrata dal fungo white-rot P. chrysosporium usando gli stessi test, ma era paragonabile ad altri funghi ligninolitici.

La maggior parte dei batteri in grado di degradare la lignina identificati fino ad oggi ricade in tre classi: attinobatteri, α-proteobatteri, e γ-proteobatteri, (Tab. 2) i rappresentanti dei quali sono stati trovati anche nel sistema digestivo delle termiti infestanti del legno e insetti (Bugg et al., 2011).

(20)

17 Tabella 2: Microrganismi che mostrano capacità ligninolitiche appartenenti alle tre classi: Attinobatteri, α-Proteobatteri e γ-Proteobatteri (Bugg et al., 2011)

Attinobatteri α-Proteobatteri γ-Proteobatteri

Streptomyces viridosporus Sphingobium spp. Pseudomonas putida mt-2 Rhodococcus jostii RHA1 Sphingomonas spp. Citrobacter spp.

Rhodococcus erythropolis Ochrobactrum spp. Acinetobacter spp.

Nocardia autotrophica Burkholderia spp.

Arthrobacter globiformis Streptomyces coelicolor

La degradazione del polimero lignina è dovuta all'azione concomitante di più enzimi ligninolitici. Questi enzimi partecipano a varie reazioni ossidative che rompono la struttura aromatica e i legami tra le unità di base della lignina (Kuhad et al., 1997). Sebbene l'enzimologia dei sistemi batterici coinvolti nella biodegradazione della lignina non sia stata ben compresa, è noto che le loro caratteristiche variano notevolmente rispetto agli analoghi fungini (Santhanam et al., 2011).

Le Laccasi sono polifenolo ossidasi, che ossidano diverse varietà di composti aromatici, prevalentemente gruppi donatori di elettroni che impiegano la molecola di ossigeno come accettore di elettroni (Gianfreda et al., 1999). Questi enzimi sono stati rilevati in diverse specie batteriche come Streptomyces genus (S. cyaneus, S. ipomoea, S. griseus, e S.

psammoticus).

Lee e William (1987) hanno descritto le differenze funzionali tra le strutture delle laccasi batteriche e fungine. Infatti le laccasi fungine hanno un potenziale elevato di ossido-riduzione, ma in generale possiedono stabilità termica inferiore rispetto alle laccasi batteriche (Gutiérrez et al., 2007).

Un altro enzima coinvolto nella degradazione della lignina è la lignina perossidasi la quale è stata scoperta in S. viridosporus T7A (Ramachandra et al., 1988). Varie altre perossidasi extracellulari sono prodotte da questo batterio, che potrebbero degradare i legami β-aryl. Questo suggerisce che la degradazione della lignina operata dai batteri potrebbe sfruttare percorsi simili a quelli svolti da funghi white-rot nelle perossidasi extracellulari.

Diversi nuovi e già noti enzimi ligninolitici sono stati caratterizzati in R. jostii RHA1,

(21)

18 L’analisi bioinformatica del genoma di R. jostii RHA1 ha permesso di identificare una perossidasi detta Dye-decolourizing (DyP), in grado di decolorare coloranti sintetici, nello specifico quelli aromatici. Questa perossidasi è in grado di degradare la lignina alcalina la quale deriva dal processo di estrazione chimica della cellulosa per la produzione della carta (Ahmad et al., 2010). Le DyP fanno parte di un ristretto ma caratteristico gruppo di eme perossidasi le quali presentano un residuo distale di aspartato al posto di uno di istidina (Sugano et al., 2000).Esistono quattro tipi di DyP (A, B, C e D), i primi due gruppi sono stati associati ai batteri, mentre il gruppo C ha un’origine procariotica sebbene mostri caratteristiche comuni a quelle fungine ed il gruppo D ha origini fungine. L’attività ligninolitica delle DyP B mostra la maggiore capacità ligninolitica ed è incrementata dal legame con gli ioni Mn2+.

(22)

19

2 SCOPO DELLA TESI

Le sanse costituiscono i residui solidi che derivano dal processo di estrazione dell’olio di oliva attuato negli oleifici, dove si accumulano in grande quantità nel periodo di novembre-dicembre. Considerando il valore nutritivo delle sanse, il loro impiego per la mangimistica animale rappresenta una valida modalità di valorizzazione. Un limite a tale uso è la presenza nelle sanse del nocciolino, costituito da fibra lignocellulosica, che ne limita la digeribilità da parte degli animali. Il valore nutrizionale delle sanse può essere incrementato sfruttando la capacità di alcuni microrganismi di degradare tale fibra riducendone il contenuto in lignina. Inoltre, funghi, batteri e lieviti possono incrementare la biodisponibilità dei nutrienti già presenti nella sansa e formare essi stessi biomassa, in grado di apportare un quantitativo importante di amminoacidi essenziali, vitamine e minerali. Alcuni microrganismi possono essere utilizzati per degradare i polifenoli, che residuano nelle sanse e che, a concentrazioni elevate, possono interferire con il valore salutistico delle sanse stesse. Scopo della presente tesi è stato quello di selezionare un consorzio microbico con attività ligninolitica per la biotrasformazione delle sanse ad uso mangimistico. A tale fine 8 ceppi microbici di collezione IMA (International Microbial Archives) del DISAAA-a con attività ligninolitica quali IMA 11S, IMA 18S, IMA FS3,

Pleurotus spp. IMA LA1, Bacillus spp. pumilus group IMA CH10, IMA 7C, IMA 8C e

IMA 9C sono stati saggiati in co-coltura su tre mezzi, Agar Sansa, Agar Sansa crio, BSGYP-L, per valutarne la biocompatibilità. Considerando i risultati ottenuti mediante i saggi di biocompatibilità sono stati selezionati 3 ceppi batterici e 3 ceppi fungini che sono stati sottoposti a identificazione molecolare mediante sequenziamento. Il consorzio microbico scelto, costituito da 3 ceppi fungini, è stato inizialmente valutato per la sua capacità ligninolitica, tramite saggio spettrofotometrico, in mezzo liquido utilizzando il mezzo BSGYP-L contenente 1g/L di Kraft lignina, e successivamente saggiato su sansa.

(23)

20

3 MATERIALI E METODI

3.1

Microrganismi utilizzati

Nell’ambito della presente tesi sono stai utilizzati ceppi batterici e fungini con attività ligninolitica appartenenti alla collezione IMA (International Microbial Archives) del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali (DISAAA-a) dell’Università di Pisa (Tab. 3), mantenuti a -80°C in glicerolo al 20%.

Tabella 3: Microrganismi utilizzati

CEPPI ORIGINE PROVENIENZA

11S Sansa IMA1

18S Sansa IMA1

FS3 Sansa IMA1

7C Sansa compostata IMA1

8C Sansa compostata IMA1

9C Sansa compostata IMA1

Bacillus spp. pumilus group IMA

CH10

Spore di Rhizosphagus

intraradices IMA

1

Pleurotus spp. IMA LA1 Materiale lignocellulosico IMA1

1

Collezione IMA (International Microbial Archives) del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali (DISAAA-a) dell’Università di Pisa

I microrganismi sono stati rivitalizzati e mantenuti in coltura su mezzo di crescita specifico, contenente lignina, sia liquido sia addizionato di agar.

Basal Salt Glucose Yeast Peptone - Lignina (BSGYP-L) (Chang et al., 2014): la composizione per 1000 mL di acqua deionizzata è riportata in Tabella 4.

(24)

21 Tabella 4: Composizione del mezzo BSGYP-L

Dopo aver sciolto i componenti in acqua deionizzata e portato il pH a 6, il mezzo è stato autoclavato a 121°C per 20 minuti.

BSGYP-L Agar: 1000 mL di BSGYP-L addizionati di 15 g di Agar Batteriologico N.3 (Oxoid). Dopo aver sciolto i componenti in acqua deionizzata e portato il pH a 6, è stato addizionato l’agar ed il mezzo è stato autoclavato a 121°C per 20 minuti.

3.2 Test di biocompatibilità

Al fine di costituire un consorzio microbico è stato necessario valutare quali ceppi erano capaci di crescere in coltura associata (co-coltura). A tale scopo, sono stati effettuati dei test di biocompatibilità su mezzo solido. I mezzi utilizzati sono stati BSGYP-L Agar, Agar Sansa, contenente in 1 L di acqua deionizzata 1,5 g di estratto di lievito, 100 g di sansa estratta con metodo convenzionale, 15g di agar batteriologico N.3 (Oxoid) e Agar Sansa Crioestratta, contenente in 1 L di acqua deionizzata 1,5 g di estratto di lievito, 100 g di sansa estratta con il metodo della criomacerazione, 15g di agar batteriologico N.3 (Oxoid).

Componenti Concentrazione K2HPO4 50 mg/L KH2PO4 50 mg/L NaCl 100 mg/L MgSO4·7H2O 300 mg/L CaCl2·2H2O 200 mg/L H3BO3 0,6 mg/L CoCl2·6H2O 0,169 mg/L CuCl2·2H2O 0,085 mg/L MnCl2·4H2O 0,099 mg/L ZnSO4·7H2O 0,462 mg/L D-glucosio 10 g/L (1,0% w/v) Estratto di lievito 0,18 g/L (0,018% w/v) Peptone 5 g/L (0,5% w/v) Lignina 1 g/L

(25)

22 Gli isolati IMA 7C, IMA 8C, IMA 9C, IMA 11S, IMA 18S, IMA FS3, Bacillus spp.

pumilus group, IMA CH10 e Pleurotus sp. IMA LA1 sono stati saggiati in co-coltura,

tramite semina a croce in tutte le combinazioni possibili. Le piastre sono state incubate a 28°C per 7 giorni.

3.3 Identificazione molecolare

Per l’identificazione dei batteri sono stati utilizzati metodi molecolari quali estrazione del DNA e amplificazione del gene 16S rRNA (Lane, 1991; Weisburg, et al., 1991). Gli isolati fungini e i lieviti sono stati identificati mediante amplificazione della regione ITS (White

et al., 1990) e sequenziamento degli amplificati ITS (ITS1-5.8S-ITS2).

3.3.1 Estrazione del DNA

Il DNA genomico degli isolati è stato estratto da colture liquide cresciute overnight a 28°C con agitazione a 120 rpm, usando il “MasterPureTM Yeast DNA Purification Kit” dell’Epicentre. Un volume di 1 ml delle colture cresciute in mezzo liquido è stato prelevato, trasferito in tubi eppendorf e centrifugato a 10000 rpm per 10 minuti a temperatura ambiente. Dopo aver eliminato il surnatante, il pellet è stato risospeso in 300

l di Yeast Cell Lysis Solution, incubato a 65°C per 15 minuti e successivamente in ghiaccio per 5 minuti. Quindi sono stati aggiunti 150 l di MPC Protein Precipitation Reagent e la sospensione è stata agitata tramite vortex per 10 secondi e successivamente centrifugata a 10000 rpm per 10 minuti a temperatura ambiente. Il surnatante è stato prelevato, trasferito in un tubo eppendorf al quale è stato aggiunto un ugual volume di isopropanolo (Sigma) e quindi incubato a temperatura ambiente per 5 minuti. Il campione è stato nuovamente centrifugato a 10000 rpm per 10 minuti. Eliminato il surnatante, il pellet così ottenuto è stato lavato con 500 µl di etanolo al 70%, risospeso e centrifugato a 10000 rpm per 5 minuti. Dopo aver eliminato il surnatante, il pellet è stato lasciato asciugare all’aria ed infine risospeso con 50 l di TE.

3.3.2 Amplificazione del gene 16S rRNA

La regione del gene 16S rRNA è stata amplificata mediante i primers 27F (5’-GAG AGT TTG ATC CTG GCT CAG-3’) e 1495r (5’-CTA CGG CTA CCT TGT TAC GA-3’)

(26)

23 (Lane, 1991; Weisburg et al., 1991). La reazione di amplificazione è stata condotta in un volume finale di 25 µL, contenente: 2,5 µL di DyNAzyme buffer 10X (Finnzymes), una concentrazione 0,5 µM di ciascun primers, 0,2 mM di ciascun dNTPs (EuroClone), 1,25 U di Taq DyNAzyme II DNA polymerase (Finnzymes) e 1 µL di DNA. I campioni sono stati amplificati utilizzando lo strumento iCycleriQ Multicolor Real-Time PCR Detection System della BIORAD, con il seguente programma: una fase di pre-denaturazione a 94°C per 1 minuti, 35 cicli composti da: 94°C per 30 sec, 60°C per 30 sec e 72°C per 45 secondi e una fase di estensione finale a 72°C per 5 minuti. La presenza e la quantificazione degli amplificati è stata effettuata mediante elettroforesi in tampone TBE 1X su un gel di agarosio alla concentrazione del 1,5% contenente 0.5 µg/ml EtBr. A 5µl di amplificato sono stati aggiunti 2,5 µl di tampone di caricamento e utilizzato un marker di riferimento con frammenti a peso molecolare noto 100 pb DNA Ladder (BioLabs, New England). Le soluzioni, in acqua distillata, utilizzate per le corse elettroforetiche su gel di agarosio sono state le seguenti:

Tampone Tris borato EDTA (5x)(Euroclone))

Trizma 54 g/l

Acido borico 27,5 g/l EDTA 0,5 M (pH=8) 20 ml/l

Tampone di caricamento (5x)(Sigma)

3.3.3 Amplificazione della regione ITS

La regione ITS (ITS1-5.8S-ITS2) degli isolati da sansa IMA 11S, IMA FS3 e del fungo di collezione Pleurotus spp IMA LA1 è stata amplificata mediante i primers ITS1 (5’-TCC GTA GGT GAA CCT GCG G-3’) e ITS4 (5’-TCC TCC GCT TAT TGA TAT GC-3’) (White et al., 1990). La reazione di amplificazione è stata condotta in un volume finale di 25 µL, contenente: 2,5 µL di DyNAzyme buffer Mg2+free 10X (Finnzymes), MgCl2 4 mM,

una concentrazione 0,4 µM di ciascun primers, 0,2 mM di ciascun dNTPs (EuroClone), 1,25 U di Taq DyNAzyme II DNA polymerase (Finnzymes) e 1 µL di DNA. I campioni sono stati amplificati utilizzando lo strumento iCycleriQ Multicolor Real-Time PCR

Blu di bromofenolo 2,5 g/l Ficoll (tipo 400) 150 g/l

(27)

24 Detection System della BIORAD, con il seguente programma: una fase di pre-denaturazione a 94°C per 1 minuto, 30 cicli di pre-denaturazione a 94°C per 1 minuto, annealing a 55°C per 2 minuti e estensione a 72°C per 1 minuto e una fase di estensione finale a 72°C per 5 minuti.

La presenza e la quantificazione degli amplificati è stata effettuata mediante elettroforesi in tampone TBE 1X su un gel di agarosio alla concentrazione del 1,5% contenente 0.5 µg/ml EtBr. A 5µl di amplificato sono stati aggiunti 2,5 µl di tampone di caricamento e utilizzato un marker di riferimento con frammenti a peso molecolare noto 100 pb DNA Ladder (BioLabs, New England). Le soluzioni, in acqua distillata, utilizzate per le corse elettroforetiche su gel di agarosio sono state le seguenti:

Tampone Tris borato EDTA (5x)(Euroclone))

Trizma 54 g/l

Acido borico 27,5 g/l EDTA 0,5 M (pH=8) 20 ml/l

Tampone di caricamento (5x)(Sigma)

3.3.4 Purificazione e sequenziamento degli amplificati

Gli amplificati sono stati purificati, dai dNTPs e dai primers in eccesso, mediante “UltraClean PCR CleanUp kit” (CABRU), il DNA dopo essere stato quantificato è stato inviato a sequenziamento presso la BMR Genomics (Padova, Italia). Le sequenze sono state analizzate per determinare l’omologia con le sequenze depositate in banca dati utilizzando il programma BLAST (http://www.NCBI.nim.nih.gov/).

3.4 Determinazione della capacità ligninolitica del consorzio microbico

I tre ceppi di collezione IMA FS3, IMA 11S e Pleurotus sp. IMA LA1, che avevano fornito i risultati migliori nei test di biocompatibilità sono stati saggiati per valutare la loro capacità di degradare la lignina, quando associati in consorzio. A tale scopo sono state condotte due prove, una in mezzo liquido contenente lignina e una su sansa.

Blu di bromofenolo 2,5 g/l Ficoll (tipo 400) 150 g/l

(28)

25

3.4.1 Prova in mezzo liquido

Il consorzio, costituito con i tre ceppi microbici scelti, è stato saggiato per valutare la sua capacità di degradare la lignina su mezzo liquido BSGYP-L (Chang et al., 2014). A tale scopo sono state preparate delle precolture dei singoli ceppi. La precoltura del ceppo IMA 11S è stata preparata in falcon da 15 mL contenenti 4 mL di BSGYP-L e mantenuta in incubazione con agitazione a 120 rpm, per 48 h a 28°C. Le precolture dei ceppi IMA FS3 e

Pleurotus sp. IMA LA1 sono state preparate su BSGYP-L Agar e incubate a 28°C per 7

giorni.

Successivamente, 3 beute da 250 mL contenenti 100 mL di mezzo BSGYP-L sono state inoculate con IMA 11S alla concentrazione finale di 2,75·106 cellule/mL e con IMA FS3 e

Pleurotus sp. IMA LA1 con un quadratino (lato 15 mm) di colonia in attivo accrescimento,

frammentato in porzioni di 1-2 mm. Le colture microbiche così preparate sono state incubate in agitazione a 150 rpm a 28°C unitamente a 3 beute contenenti il controllo non inoculato e al mezzo BSGYP senza la lignina (bianco).

Per determinare il contenuto in lignina mediante lettura spettrofotometrica, dopo 48 ore, sette giorni e quattordici giorni d’incubazione sono stati prelevati 2 mL da ogni coltura e centrifugati a 13000 rpm per 10 minuti, prelevando il surnatante, che è stato successivamente filtrato su membrana (diametro fori 0,45 μm). L’assorbanza della lignina è stata misurata mediante lettura a 280 nm (Chang et al., 2014) con lo spettrofotometro UV-1800 (Shimadzu).

3.4.2 Prova su sansa

Per la prova su sansa, come nel test precedente, è stato necessario preparare le precolture dei singoli ceppi costituenti il consorzio microbico (IMA FS3, Pleurotus sp. IMA LA1, IMA 11S) che sono state preparate seguendo le modalità descritte al paragrafo precedente (3.4.1).

La prova è stata effettuata in becher da 500 mL contenenti 130 g di sansa di olive della varietà Frantoio, previamente mescolata ed omogenizzata e addizionata di acqua peptonata (0,9 g di bacteriological peptone dell’ Oxoid, in 1 L di acqua deionizzata. Sterilizzazione a 121°C per 15 minuti).

Sono state preparate tre replicazioni per ognuna delle seguenti tesi:

(29)

26 B) Controllo con antibiotici: 130 g di sansa non inoculata addizionata con 6 mL di acqua peptonata, 1,3 mL di cycloheximide (100 ppm) e 1,3 mL di chloramphenicol (100 ppm). C) Consorzio microbico: 130 g di sansa inoculata con i tre ceppi microbici.

Il ceppo IMA 11S è stato inoculato distribuendo nei becher 6 mL di una sua sospensione in acqua peptonata, in modo da ottenere una concentrazione finale di circa 2,0·106 cellule/g di sansa. A questo scopo 1,3 mL di precoltura sono stati centrifugati per pellettare le cellule, che successivamente sono state risospese nei 6 mL di acqua peptonta.

I ceppi IMA FS3 e Pleurotus sp. IMA LA1 sono stati inoculati utilizzando tre quadratini (15x15 mm) di colonia in attivo accrescimento, frammentati in porzioni di 1-2 mm (Fig. 11). La sansa così inoculata è stata quindi mescolata accuratamente. I campioni posti a incubare alla temperatura di 25°C per 60 giorni, sono stati rimescolati una volta la settimana per le prime due settimane, due volte la settimana per la terza e la quarta settimana e per le restanti settimane tre volte la settimana.

All’inizio della prova dai becher del controllo sono state prelevate aliquote di 20 g di sansa su cui condurre le analisi chimiche per la determinazione del contenuto iniziale di lignina (Tempo 0). Alla fine della prova, dopo 60 giorni d’incubazione, le stesse analisi sono state condotte su tutti i campioni.

Figura 114: Schema delle porzioni di colonia di Pleurotus sp. IMA LA1 e di IMA FS3 prelevate per inoculare il mezzo liquido BSGYP-L.

3.5 Metodo per la determinazione della percentuale di lignina nelle

sanse

Al termine dei 60 giorni previsti per la prova su sansa è stata determinata la lignina acido detersa secondo Van Soest (ADL) che permette di verificare il contenuto in lignina presente nel campione, attraverso il trattamento del residuo fibra acido detersa (ADF). Il metodo operativo è stato quello della ANKOM technology (Method for Determining Acid

(30)

27

Detergent Lignin in Beakers) ed ha previsto la determinazione in primo luogo del

parametro ADF. I campioni sono stati macinati tramite mulino a battenti, ed una aliquota di 0.5g (±0.05g) di sansa da ogni campione, è stata prelevata dai beaker e posta pesata direttamente in appositi filter bag riportando i relativi pesi. I filter bag sono posizionati all’interno del Fiber Analyzer della ANKOM, ai quali sono addizionati 2000 mL della soluzione Acid Detergent (AD) (20 g di bromuro di cetil-trimetilammonio (CTAB) C19H42BrN in 1 L 1.00N di H2SO4),agitato e lasciato in soluzione per 60 minuti a T° 100.

Eliminata la soluzione acida, successivamente, sono stati addizionati approssimativamente 2000 mL di acqua calda alla temperatura di circa 85°-90°C, agitato e ripetuto l’operazione sino a quando il pH arriva a circa 6. Prelevati i filter bag sono stati posti in beaker ed è stato addizionato acetone sino a completa immersione, per 3 minuti. Fatto evaporare l’acetone all’aria, (sotto cappa) si sono posizionate i filter bag in stufa a 103±2°C

overnight. Uno volta eliminato completamente i residui di acetone, è stato possibile pesare

i campioni per la determinazione del parametro ADF.

Completata la determinazione del parametro ADF, i bags sono state poste in circa 250 mL di acido solforico al 72%, per tre ore agitando ad intervalli regolari. Al termine delle tre ore eliminato l’acido solforico si effettuano diversi lavaggi in acqua calda sino a portare il pH a circa 6. Prelevati i filter bag si sono posizionati in beaker aggiungendo acetone sino a completa immersione, per 3 min, al termine dei quali il residuo di acetone è stato fatto evaporare all’aria, (sotto cappa), e posti in stufa a 103±2°C overnight. I filter bag sono stati posti in forno a muffola a 525°C per tre ore. La determinazione del parametro ADL ha previsto l’esecuzione dei sottostanti calcoli:

ADL = (𝑊3− (𝑊1× 𝐶1)) × 100 𝑊2

ADL𝐷𝑀 =(𝑊3 − (𝑊1× 𝐶1)) × 100 𝑊2 × 𝐷𝑀

Legenda:

W1= Peso della tara bag

W2= Peso del campione

W3= Peso dopo il processo di estrazione

C1= Correzione bag vuota (peso finale dopo essiccatura/ peso originale bag vuota)

(31)

28

3.6 Determinazione del contenuto di polifenoli totali e tannini totali

Il contenuto di polifenoli e tannini totali è stato determinato sulle sanse tal quale a tempo zero e a sessanta giorni dall’inoculo del consorzio microbico.

I campioni sono estratti con soluzione di metanolo all’80% (v/v), il rapporto di estrazione tra campione tal quale ed estraente è di 1:20 ed omogeneizzato con ultra-turrax (IKA). La miscela di estrazione viene messa in bagno ultrasuoni a temperatura ambiente per 30 minuti, successivamente agitata con agitatore vortex e poi centrifugata per 15 minuti. Al termine, si allontana il surnatante e si pone in congelatore. Il pellet residuo viene nuovamente estratto con 25mL di MeOH all’80%, agitato con vortex e posto a sonicare per 10 minuti a temperature ambiente. La miscela viene centrifugata ed il surnatante viene unito a quello ottenuto dalla prima estrazione e conservato a -20 °C fino al momento dell’analisi.

3.6.1 Determinazione del contenuto in polifenoli totali

I fenoli totali sono stati determinati tramite spettrofotometria UV-VIS con il reagente di Folin-Ciocalteu secondo la metodica utilizzata da Singleton & Rossi (1965) e Slinkard & Singleton (1977) modificata. Il reattivo di Folin-Ciocalteu è costituito da una miscela di acido fosfotunstico (H3PW12O40) e fosfomolibdico (H3PMo12O40) e si presenta come una

soluzione gialla che, grazie all’ossidazione dei fenoli, si riduce in una miscela di ossidi di tungsteno (W8O23) e molibdeno (Mo8O23) caratterizzata da una colorazione blu. L’analisi

fornisce un dato che corrisponde al contenuto totale di polifenoli in relazione alla variazione colorimetrica che viene misurata ad una lunghezza d’onda di 765 nm che corrisponde al suo punto di assorbimento massimo. A 100 μL di estratto sono stati addizionati 2 mL di reagente Folin 2 N (diluito 1:10 con acqua distillata), i campioni sono stati agitati e sono stati lasciati ad incubare per 6 minuti al buio a temperatura ambiente. Successivamente sono stati aggiunti 2,5 mL di NaHCO3 (7.5% p/v), agitati e la miscela di

reazione è stata lasciata ad incubare per 90 minuti a temperatura ambiente al buio.

Al termine viene misurata l’assorbanza alla lunghezza d’onda di 765nm tramite spettrofotometro UV-1800 (Shimadzu). Il bianco è preparato come descritto sopra sostituendo all’estratto acqua distillata. L’acido Tannico è utilizzato come standard nella costruzione della curva di calibrazione Y=0,00165 X + 0,00125; con coefficiente di correlazione, R pari a 0,99969. (concentrazioni note di acido tannico: 0-600 mg L-1). Dalla curva si ottengono concentrazioni espresse in mg TAE /L.

(32)

29

3.6.2 Determinazione del contenuto in tannini totali

La determinazione del contenuto in tannini totali contenuti è effettuata in accordo con il metodo proposto da Schanderl (1970) e Rasineni & Reddy (2008), utilizzando acido tannico come standard e Folin-Denis come reagente.

A 50 μL di estratto vegetale sono addizionati 950 μL di acqua distillata e 1 mL del reagente Folin-Denis (1:10 v/v). Alla miscela così ottenuta sono stati addizionati 2 mL di NaHCO3, al 7.5% e il volume è stato portato a 5 mL con l’aggiunta di 1 mL di acqua

distillata. Dopo essere stati agitati, i campioni sono stati posti in incubatori per 30 minuti a temperatura ambiente. Il bianco è preparato come descritto sopra senza l’aggiunta dell’estratto, sostituito con acqua distillata.

Alla fine del tempo d’incubazione, l'assorbanza è stata misurata alla lunghezza d’onda di 700 nm. L’acido tannico è usato come standard nella costruzione della curva di taratura (concentrazioni note di ac. tannico: 0-1000 μg mL-1). I valori ottenuti sono espressi in mg TAE/g P.S. (o TQ). La concentrazione dei tannini in soluzione è calcolata sulla base della retta di taratura Y=0,55930 X + 0,00240 con coefficiente di correlazione, R pari a 0,9997.

(33)

30

4 RISULTATI E DISCUSSIONE

4.1 Test in piastra di biocompatibilità tra isolati microbici

Su tutti i mezzi colturali utilizzati, i ceppi IMA 11S, IMA 18S, IMA FS3 e Pleurotus spp. IMA LA1, non hanno prodotto reazioni o inibizione della crescita in nessuna delle combinazioni testate. Il ceppo Bacillus spp. pumilus group IMA CH10 ha mostrato, invece, comportamento opposto in funzione del mezzo colturale e degli isolati con cui è stato abbinato. Infatti, IMA CH10 ha inibito il regolare sviluppo delle colonie di IMA FS3 e di

Pleurotus spp. IMA LA1 su Agar Sansa e su BSYGP-L (Figura 12 A e 12 B.). Tuttavia, in

co-coltura con gli isolati IMA 11S, IMA 18S esso ha presentato una crescita invadente su Agar Sansa (Figura 12 C), mentre è stato fortemente inibito su BSYGP-L (Figura 12 D).

Figura 52: Bacillus spp. pumilus group IMA CH10 in coltura con: (A) IMA FS3 e

Pleurotus spp. IMA LA1 su Agar Sansa; (B) IMA FS3 e Pleurotus spp. IMA LA1 su

L agar; (C) IMA 11S e IMA18S Agar Sansa; (D) IMA 11S e IMA18S su BSYGP-L agar

(34)

31 Figura 13: (A) 7C, 8C, 9C su Agar Sansa ; (B) 7C, 8C, 9C su BSYGP-L agar; (C) 7C, 8C, 9C, 11S su BSYGP-L agar, (D) 7C, 8C, 9C, CH10 su Agar Sansa crio

Inoltre, l’isolato CH10 ha manifestato sviluppo invasivo nei confronti degli isolati IMA 7C, IMA 8C e IMA 9C su tutti i mezzi colturali testati. IMA 7C, IMA 8C e IMA 9C, hanno presentato comportamento variabile in funzione del mezzo colturale e degli isolati con cui sono stati abbinati (Figura 13) ed in particolare si sono mostrati inibiti quando accoppiati con IMA FS3 e IMA LA1 sul mezzo BSGYP-L.

I risultati del saggio di biocompatibilità dei ceppi microbici sono riassunti in (Tab. 5), tenendo conto della risposta complessiva ottenuta su tutti i tre mezzi di coltura utilizzati. I ceppi sono stati considerati compatibili solo quando su tutti i tre mezzi non si evidenziava alcuna reazione.

A B

(35)

32 Tabella 5: Risultati complessivi del test di biocompatibilità tra gli isolati effettuato sui tre mezzi: BSGYP-L, Agar sansa e Agar sansa crio

IMA 7C IMA 8C IMA 9C IMA 11S IMA 18S IMA FS3 IMA CH10 IMA LA1

IMA 7C - - - - + * + IMA 8C - + + + + * + IMA 9C - + + + + * + IMA 11S - + + - - ++ - IMA 18S - + + - - ++ - IMA FS3 + + + - - + - IMA CH10 * * * ++ ++ + + IMA LA1 + + + - - - +

+ : leggera inibizione, ++ : forte inibizione, - : nessuna inibizione, * : comportamento invasivo.

Dai risultati ottenuti è possibile concludere che gli isolati IMA 11S, IMA 18S, IMA FS3 e

Pleurotus spp. IMA LA1 sono tra loro biocompatibili e quindi utilizzabili per la

costituzione di un consorzio microbico. Diversamente, gli isolati IMA 7C, IMA 8C e IMA 9C, come il ceppo Bacillus spp. pumilus group IMA CH10, risultati variamente

incompatibili, non potranno essere utilizzati in abbinamento con gli altri isolati.

4.2 Identificazione molecolare

Sulla base dei risultati ottenuti nelle prove precedenti, sono stati selezionati i ceppi IMA 11S, IMA FS3, Pleurotus spp. IMA LA1, e i tre ceppi batterici IMA 7C, IMA 8C e IMA 9C, che sono stati sottoposti ad identificazione molecolare, mediante sequenziamento. A questo scopo, la regione ITS dei ceppi IMA 11S, IMA FS3 e del fungo Pleurotus sp IMA LA1 è stata amplificata mediante PCR e sequenziata. Inoltre è stato amplificato e sequenziato il gene 16S rRNA dei ceppi batterici IMA 7C, IMA 8C e IMA 9C. Le sequenze ottenute sono state analizzate tramite il programma BLAST per determinarne l’omologia con quelle presenti nelle banche dati. I risultati sono riportati nelle tabelle 6 e 7.

(36)

33 Tabella 6: Identificazione dei ceppi di collezione IMA 11S, IMA FS3 e IMA LA1. Omologia delle sequenze della regione ITS amplificata con i primers ITS1 e ITS4

Tabella 7: Identificazione dei ceppi di collezione IMA 7C, IMA 8C e IMA 9C. Omologia delle sequenze della regione 16S rRNA amplificata con i primers 27f e 1495r

I risultati di omologia delle sequenze mostrano che l’isolato IMA 11S è attribuibile alla specie C. boidinii lievito metilotrofico, spesso isolato da matrici ricche di pectina come frutta e derivati, in particolare olive, vino e olio extravergine di oliva (Ciafardini et al., 2006; Giannoutsou et al., 2004; Nakagawa et al., 2000). L’isolato IMA FS3 è attribuibile a

G. candidum, teleomorfo di Geotrichum candidum, (Gente et al., 2006), confermando

quanto già suggerito con l’analisi morfologica. G. candidum è una specie ubiquitaria e si ritrova in diverse matrici alimentari tra cui, latte non pastorizzato (Desmasures et al., 1997), formaggi (Alper et al., 2013) e latti fermentati acidi alcolici tra cui il kefir (Syal & Vohra, 2014). La sua presenza nella sansa è stata evidenziata anche da altri autori (Giannoutsou et al., 2004). IMA LA1 è identificabile come P. ostreatus, specie edule, commercialmente importate e notoriamente ligninolitica (Fernández-Fueyo et al., 2014). Infine i tre isolati IMA 7C, IMA 8C e IMA 9C sono ascrivibili alla specie batterica O.

intermedium di cui sono noti ceppi con proprietà importanti dal punto di vista ambientale, Isolato Specie Omologia Seq. riferimento

IMA 11S Candida boidinii 99 % KP895610

IMA FS3 Galactomyces candidum 100 % KM115152

IMA LA1 Pleurotus ostreatus 98 % KJ862075

Isolato Specie Omologia Seq. riferimento

IMA 7C Ochrobactrum intermedium

strain DD303

99 % KR822282

IMA 8C Ochrobactrum intermedium

strain 703

100 % KR269740

IMA 9C Ochrobactrum intermedium

strain NBRC 15820

Riferimenti

Documenti correlati

- Il consorzio AUSI, come meglio definito Consorzio per la promozione delle attività Universitarie del Sulcis Iglesiente, svolge attività di formazione e didattica riconducibile

Al momento della firma del contratto di assunzione da parte del candidato la       posizione viene chiusa nella sezione "Lavora con Noi: Assunzioni" del sito web di

La busta economica dovrà contenere l’Offerta Economica prodotta e allegata dall’operatore economico nel sistema previsto da SardegnaCAT, secondo il Modello A, debitamente compilata e

L.vo n.152/ 99, in linea con le politiche Comunitarie in materia di tutela delle acque, è quello della gestione integrata, che associa i limiti di qualità dei reflui

2) Mut s : “slow”, sono aox1- AOX2  utilizzo di metanolo, e di conseguenza crescita, più lenti (utilizzati, ad es, per produzione di antigeni contro epatite B). 3) Mut - :

(Firmato : il Direttore del CNIT).. DOMANDA DI AMMISSIONE ALLA SELEZIONE TRAMITE PROCEDURA COMPARATIVA N.18/2017 FINALIZZATA ALL’INDIVIDUAZIONE DI UN COLLABORATORE AL QUALE AFFIDARE

(Firmato : il Direttore del CNIT).. DOMANDA DI AMMISSIONE ALLA SELEZIONE TRAMITE PROCEDURA COMPARATIVA N.49/2017 FINALIZZATA ALL’INDIVIDUAZIONE DI UN COLLABORATORE AL QUALE AFFIDARE

Successivamente, sulla base dell’esame dei titoli indicati nella domanda, per ciascun candidato in possesso dei requisiti di ammissione sarà assegnato dalla Commissione Esaminatrice