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Aromata - i termini e il loro "contenuto" dal punto di vista dei determinativi

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INDICE

INTRODUZIONE ….………2

1. NOMI DI PRODOTTI E I LORO DETERMINATIVI: le dinamiche nome specifico / nome generico ………..………6

2. I DETERMINATIVI DI VASO E DI GRANI NELLE ATTESTAZIONI DEMOTICHE ………7

3.ILDETERMINATIVO DI MATERIE GRANULARI ………23

4. IL CONTENUTO DI ant/ante, antjw (con un riferimento a xy/xl) ………26

4.1. Franchincenso e incensi ….……….………26

4.2. Le antjw e l’ant ad Edfu e Athribis ……….29

4.3. Le corrispondenze all’interno delleantjw Sw/nht antjw ………..37

5. ODORI tj-Sps, nDm E ant ………..………..…………..43

5.1. Odori nDm e ant ………...45

5.2. Odore tj-Sps ………. 48

6. L’EVOLUZIONE DEL TERMINE sfj (con un riferimento agli AwS e xwj) ………51

7. LE VARIETÀ DI snTr ……….…53

8. CONCLUSIONI ………...58

TABELLE ………64

SEGNI DELLA LISTA GARDINER ………..69

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ……….71

(2)

2 INTRODUZIONE

L’uso degli incensi e prodotti affini – gli arōmata - nell’antico Egitto è sempre stato assai ampio e antico, nei contesti più diversi, da quello rituale a quello medico e, infine, cosmetico. Se - più di quanto non si creda – molti erano originari di aree limitrofe alla valle del Nilo, quali i deserti, ancora di più essi erano tipicamente prodotti di importazione. Riguardo all'origine botanica e provenienza geografica delle sostanze aromatiche presenti sul mercato egiziano, e non soltanto egiziano, in epoche diverse, e all’etimologia dei loro nomi sono stati pubblicati preziosi studi, quali ad esempio quelli raccolti negli atti del convegno “Profumi d’Arabia”1 o il lavoro di N. Groom2. Essendo concentrata la loro ricerca sull’ampia documentazione egiziana, indispensabili sono le ricerche linguistiche e botaniche di N.Baum3, di M.C. Betrò soprattutto sul campo di documentazione dell’ epoca tarda e greco-romana4 e di J.-C. Goyon5 come lo è il dettagliato studio di V.Loret sul kuphi6 – il più famoso tra i profumi egiziani - e lo sono gli approfonditi studi sugli alberi di franchincesno da parte di F. N. Hepper7, D.M. Dixon8 e A.-A. Saleh9.

Per i nomi degli arōmata, quando non sono ereditati dagli strati più antichi della lingua egiziana, s’ipotizza che potrebbero derivare dal linguaggio delle aree di produzione essendo, come ricorda M.C. Betrò10, maggiormente importatati dall’estero. Sembra inoltre valido porre la domanda se in qualche caso non derivassero anche dal linguaggio di commercianti e se non fossero modificati

1

AVANZINI, a cura di, 1997. 2 GROOM, 1981.

3 Sopratutto ma non soltanto BAUM, 1999, pp. 421-443. 4 BETRÒ, 1994, BETRÒ, 1993. 5 GOYON, 2003. 6 LORET, 1887. 7 HEPPER, 1965. 8 DIXON, 1969. 9 SALEH, 1972. 10 BETRÒ 1994, p.40.

(3)

3 attraverso il linguaggio di questi mediatori. F. Colin11 osserva che sotto i Tolomei e possibilmente sotto l’Impero romano la lavorazione e la distribuzione dell’incenso e della mirra in Egitto erano un monopolio del potere centrale, ma che l’importazione dalle zone produttrici era probabilmente svolta tramite i personaggi privati – commercianti che raramente erano di origine egiziana. Gli studi lessicografici di M.C. Betrò mettono in evidneza i termini attestati prima del demotico quali AwS (var. AjS, AeSt, iwSt), ant (ante), aS, nnjb, sfj, snTr, tSps, qt,

xwy (xAw), sgn e kp e i termini non attestati nella documentazione anteriore quali xy/xl, gwemAA12 e Dlm, Amwnyak, albwnt, hepwbalsame e garbAna.13 Nei suoi studi riguardanti il laboratorio del tempio di Horus ad Edfu J.C. Goyon sostiene che snTr, antjw, nnjb, essendo gli ingredienti di base della produzione di profumi elaborati nelle officine templari, attestati già in documenti assai antichi, anche se attualmente queste specie sono scomparse o diventate rarissime, dovevano essere di provenienza locale ovvero venire dal territorio della Valle, dai suoi confini orientali e dal Sinai come dalla Nubia. Polemizzando con studi come ad esempio quelli di N. Baum, propensi a ritenere che gli egiziani avessero una tassonomia e nomenclatura diverse dalle nostre e usassero quei termini come contenitori più generici per sostanze resinose e gomme-resine, egli inoltre non crede che “gli specialisti egiziani che hanno eretto il catalogo descrittivo molto dettagliato sulle varietà del antjw potessero confondere un vegetale produttore dell’olibano con un altro produttore della mirra” e propone di cercare il termine geroglifico per mirra nella “impressionante massa di termini fitobotanici non identificati”. 14

Negli studi riguardo al snTr, profumo egiziano per eccellenza, Nathalie Baum propone che snTr, o - più precisamente - la produzione del snTr include due o più specie botaniche diverse. Per lei la coesistenza e l’apparizione delle specie di

11COLIN, 1998, p.112.

12

gaj mAa, menzionata in seguito riguardo ai nnib, è una variante di gwemAA. La parola nelle sue varianti compare nel IV sec. a.C. essendo l’attestazione più antica quella nella stele di Nectanebo I nel Rituale per l’Api

13 BETRÒ 1994, p.41. 14

(4)

4 Boswellia e Pistacia nella produzione di snTr è perfettamente accettabile ed esse, dunque, dovrebbero essere considerate come complementari.15

Inoltre, e sopratutto per la documentazione demotica, in seguito al VII. sec.a.C., si pone la domanda su quanto il linguaggio, nell’ormai permanente contatto con il mondo esterno, abbia introdotto termini di coniazione nuova, ma sempre egiziana, per le stesse sostanze o simili già conosciute sul mercato egiziano nel periodo pre-demotico.

Se agli studi linguistici dei termini dietro i quali si nascondono gli arōmata, agli eventuali dati botanici e alle informazioni deducibili dal loro contesto s’integra anche un punto di vista offerto dallo studio sui determinativi che accompagnano questi termini, si arriva ad alcune ipotesi che possono in un certo numero di casi confermare (o rinforzare) le traduzioni di alcuni termini, ma aprono ulteriori domande. I determinativi stessi erano infatti soggetti ad un’ evoluzione propria, ovvero alla riduzione del loro numero e all’uniformità d’impiego16; va inoltre considerata la possibile evoluzione del significato di alcuni determinativi, in particolare il determinativo di materia granulare che spesso si trova a determinare gli arōmata.

Lo studio intrapreso qui riguarda le sostanze aromatiche attestate in età tarda e greco-romana e sopratuttuo quelle descritte sotto gli elenchi di antjw Sw e nnib nei laboratori templari del periodo tolemaico – nel tempio di Horus ad Edfu e nel tempio della dea Repit ad Athribis17. Alcune di queste sostanze, quando non si tratta di quelle accompagnate dai determinativi dell’albero, del legno oppure delle piante e deifiori, venivano non di rado tradotte come “incenso” - una parola che anche oggi possiede un valore semantico abbastanza ampio, e questo vale sopratutto per snTr, xwj / xAw e per l’antjw per il quale diversi autori hanno ipotizzato che si tratti del franchincneso. Altrimenti venivano intese come resine;

15

BAUM, 1994, pp. 30-31. 16 BRESCIANI, 2002, p.16. 17

(5)

5 un esempio è sfj riguardo al quale le traduzioni alternavano tra resina e un tipo di resina. Si tratta di sostanze le quali presentano determinativi di natura diversa e non in tutti i casi proprio quelli aspettati; F. Colin nota che, lungo la storia del suo impiego, il termine ant quando serve per la formazione del nome del mestiere

antjwj o pA ant – il profumiere - si trova determinato non soltanto da

determinativi propri per le occupazioni di persone, ma anche da determinativi di vaso, di grani e in un caso anche dal determinativo di piante18. Le sostanze aromatiche non erano destinate soltanto a combustione sugli incensieri, ma erano la materia prima di molti prodotti, composti e di natura diversa, pastosa come il kuphi o oleosa, venivano inoltre fusi sul fuoco con altre sostanze e dunque si presentavano sotto aspetti diversi. Se si prendono in considerazione questi fatti, allora nella varietà di determinativi si può cercare una chiave per aprire la porta, non verso traduzioni nuove, ma piuttosto aggiuntive, e analizzare i valori semantici nuovi sviluppatisi con l’allargamento dell’ offerta di prodotti aromatici. Così una realtà economica contribuì al lessico facendo sì che l’iniziale nome di prodotto diventasse un nome generico oppure gli si aggiungesse un significato tecnico ma anche astratto nel designare un tipo di odore.

18

(6)

6

1. NOMI DI PRODOTTI E I LORO DETERMINATIVI:

le dinamiche nome specifico / nome generico

Non dovrebbe sorprendere se i prodotti cosmetici e affini avevano in antichità, come d’altronde li hanno oggi, i nomi propri accanto a quelli generici. Il kuphi (kp

/ kp.w)19 è chiaramente un nome di prodotto la cui varietà di ricette apre la via della trasformazione dal suo nome specifico di prodotto al nome generico, trasformazione confermata nella presenza di kuphi di diverso tipo e dal fatto che la parola sia usata al plurale nella tradizione greca20.

Il nome è una derivazione da kp.t “fumigazione, profumo da bruciare”21, verbo

kAp - fumigare, incensare, e sostantivo kAp.w - fumigazione22, essendo mia opinione che kp.t e kAp.w siano forme del participio perfetto attivo (femminile e plurale) del verbo kp/kAp. Gli studi di N. Baum aprono la possibilità che anche

snTr sia stato (o diventato) un nome di prodotto23.

La difficoltà sta nel cercare di individuare il momento in cui un prodotto accanto al suo nome generico inizia ad appropriarsi anche di un “nome specifico di prodotto” che lo distingue dagli altri prodotti dello stesso genere. L’esempio del kuphi dimostra come un nome iniziale di prodotto, che in un primo tempo aveva la funzione di nome specifico, diventi un nome generico soltanto a posteriori cioè in conseguenza della comparsa di suoi simili, con cui nasce la necessità dell’evoluzione classificatoria. Sembra logico ipotizzare che il momento decisivo per la nascita del significato nuovo coincida con l’allargamento dell’offerta sul mercato grazie alla quale un termine, in precedenza nome proprio di un singolo specifico prodotto, sia sottoposto all’ estensione semantica fino a diventare il nome generico.

19

La traslitterazione è dovuta ai testi di Edfu datati al regno di Tolomeo VII e il testo di Phile, datato ugualmente all’epoca tolemaica, riportati nel LORET, 1887.

20

L’elenco delle fonti greche in BETRÒ 1994, pp. 43-44. 21 BETRÒ, 1991-92 M.C. Betrò, p. 43.

22

LORET, 1887, p. 84.

23 Baum,1994, p.31.: “La coexistence des deux taxons – en l’occurence Boswellia et Pistacia – ou plus dans la production de sntr est parfaitement acceptable”.

(7)

7 Senza avere a disposizione delle analisi chimiche di prodotti aventi lo stesso nome ma appartenenti ad epoche diverse non è possibile individuare questi momenti di trasformazione.

Il kuphi, che doveva essere un prodotto di consistenza pastosa24, presenta due tipi di determinativo, uno che rispecchia la sua natura finale (nella redazione della ricetta a Phile) e l’altro (nella redazione di Edfu)25, il quale conserva la memoria dei suoi principali prodotti di base (in gran parte granulari e in processo ridotti a polvere26) che gli davano l'odore tanto stimato (e non, per esempio, il vino e il miele, i quali a differenza dai primi sono nello stato liquido). Sembra che la scelta del determinativo, ugualmente alla scelta della forma del nome stesso del prodotto, dipenda dalla mano redattrice in quanto ad Edfu compare sempre determinativo di materia granulare (Lista Gardiner N33) mentre a Phile si trova

o 27. Inoltre, ad Edfu il profumo è scritto kp, mentre a Phile si trova la forma kpw.

2. I DETERMINATIVI DI VASO E DI GRANI NELLE

ATTESTAZIONI DEMOTICHE

La ricerca lessicografica sulle materie aromatiche trovate nei testi demotici di M.C. Betrò dimostra la distinzione tra i termini attestati prima del demotico (prima della metà del I millennio) e termini attestati dopo questo limite. Tra i primi che si trovano nei documenti egiziani già prima dell’emergere del demotico (e continuano poi ad essere attestati) sono elencati AwS (var. AjS, AeSt, iwSt), ant (ante), aS, nnjb, sfj, snTr, tSps, qt e i nomi generali xwj (xAw), sgn e kp. Tra i

nomi non attestati nella documentazione anteriore sono elencati termini demotici 24 LORET, 1887, p. 113. 25 LORET, 1887, p.87. 26 LORET, 1887, p.96.

27 Loret considera che sia il determinativo di materie di consitenza pastosa, in LORET, 1887,p.113. Per comparare i determinativi vedere anche pp. 87, 97-98, 100, 101, 105, 107-109.

(8)

8 non riconducibili ad una radice egiziana xy/xl, gwemAA e Dlm e infine i nomi

egittizzati (demotizzati) di provenienza straniera Amwnyak, albwnt, hepwbalsame e garbAna.28

Si tratta delle sostanze che spesso entravano a far parte di prodotti composti ed erano soggette a trasformazioni, mischiate con altri ingredienti, sciolte nei liquidi e fuse sul fuoco. Perciò non credo che debba sorprendere se esse si trovano accompagnate da determinativi diversi adatti per rispecchiare la loro natura trasformata. Pur tenendolo in mente, in una preliminare analisi sembrava utile sapere quali sono i determinativi che generalmente si trovano con le sopra elencate sostanze aromatiche29. Quando in demotico queste sostanze sono accompagnate dal determinativo del recipiente (vaso) non era possibile indicare questo segno con la sua corrispondenza geroglifica della Lista Gardiner in quanto la scrittura demotica non fa distinzione tra i vari tipi di vasi - come invece lo fa la scrittura geroglifica - a causa della tendenza del demotico ad utilizzare “un segno più generale di categoria” come sostituto “alle minuziose rappresentazioni individualizzate del geroglifico”.30

Oltre ai determinativi impiegati a determinare una sostanza che si presenta in chicchi (Lista Gardiner M33) e materia granulare (Lista Gardiner N33) le cui differenze, a mia opinione, si fusero col tempo, il determinativo che spesso si trova a determinare queste sostanze e il quale non ha una corrispondenza alfanumerica nella Lista Gardiner è e la sua variante demotica31 è 32. Bisogna distinguerlo da una delle varianti demotiche del segno della Lista Gardiner M33 - “chicchi d’orzo, determinativo per ogni categoria di grani e

28

BETRÒ, 1994, p.41. Ringrazio la prof. Betrò per avvisarmi che invece di essere una resina, garbAna (Mag. pap. Vo.3,6; ugl. die Bemerkung zur Stelle) è probabilmente una pietra in quanto il passo parla di una pietra bianca e che per rafforzare questa ipotesi la parola è seguita dal determinativo di pietra.

29

Da questa preliminare analisi sono state escluse le parole xr/hl, ant e antjw in quanto sono trattate in seguito.

30 BETRÒ, 2002, p.30. 31

BRESCIANI, 2002. p.87.

32 Le grafie, in geroglifico e in demotico usate qui per rappresentare questo determinativo sono fotografie del segno come presentato in BRESCIANI, 2002. p.87.

(9)

9 granaglie”33 - .34 Quest’ultimo invece non si deve confondere con gli equivalenti demotici del determinativo del plurale (Lista Gardiner Z2) .35 Quando una parola è determinata dal sopra menzionato segno privo di corrispondenza alfanumerica nella Lista Gardiner, o quando si tratta della sua forma demotica, per evitare confusione ho preferito aggiungere la grafia alla descrizione del determinativo.

AwS e le sue varianti, per le quali la traduzione alterna tra „resina“ e „incenso“,

sono spesso ma non esclusivamente determinate dal determinativo di sostanze granulari36 . Il determinativo nel P. Cairo 31179 fa pensare ad un braciere37, determinativo nelle parole connesse alla fiamma e al calore38.

aS “cedro” è solitamente determinato dall’albero39 (Lista Gardiner M1) ma si trova determinato anche da tre vasi globulari (Lista Gardiner W24 in triplice ripetizione) e con entrambi i determinativi menzionati. Nell’espressione “resina e olio del cedro” HA.t (nt) aS è accompagnato datre vasi globulari e in più dal vaso per unguenti (Lista Gardiner W1)40. Inoltre è stato trovato determinato dal segno proprio di tumori, odori e malattie (Lista Gardiner Aa2)41 che in questo caso si potrebbe collegare all’odore.

nnjb si trova determinato dal simbolo dell’albero (Lista Gardiner M1), dal

simbolo di sostanze granulari (Lista Gardiner N33), e in un esempio si trova

33

BETRÒ, 2002, p. 145. 34

La grafia usata qui è la fotografia del segno come presentato in BETRÒ, 2002. P.145. 35

Per l'equivalenza vedere BRESCIANI, 2002, p.87.,Le grafie sono fotografie del segno come presentato in BRESCIANI, 2002, p.87. 36 ERICHSEN, DG, p.2, Wb, Vol.1, p 6., CDD_3, pp. 9, 11, 12, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_3.pdf 37 CDD_3 pp . 9, 11, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_3.pdf 38 BETRÒ, 2002, p. 175. 39 ERICHSEN, DG, p.71, Wb. Vol. 1, p.228. 40 Wb, Vol.1, p. 228. 41 GARDINER,1950, p.24.

(10)

10 accompagnato da due determinativi; determinativo in nomi di piante e fiori42 (Lista Gardiner M2) accanto al già menzionato segno della Lista Gardiner N33, e anche con il segno della Lista Gardiner T1943 che credo esprima difficoltà, durezza. La traduzione proposta è lo storace44, ma non è accettata unanimamente.

sfj, tradotta “resina”45, “resina dell’ abete”46 e “resina di conifere”47, spesso è determinata dal vaso48 ma si trova determinata anche dal determinativo di sostanze granulari.49

snTr la cui traduzione è ancora dibattuta, è spesso ma non sempre determinato dal

segno del bruciaincesno50 (Lista Gardiner R7), determinativo appunto in snTr51 o dal determinativo di sostanze granulari; dal segno della Lista Gardiner N3352 e in demotico dal 53.

tSps – “un olio”54 o “l’olio aromatico derivato dall’albero dello stesso nome, forse canfora”55 è determinato dal vaso56 ma si trovano anche i determinativi

42 BETRÒ, 2002, p. 135. 43 Wb, Vol.2, p. 276. 44

CHERMETTE, GOYON, 1996, pp.67-68, GOYON, 2003, pp. 55-58.

45 ERICHSEN, DG, p.429. 46 CDD_S, pp. 201 – 203, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_S.pdf 47 Wb, Vol. 4, p. 114. 48 ERICHSEN, DG, p.429, Wb, Vol.4, p. 114, CDD_S, pp. 201 – 203, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_S.pdf

Aggiungo qui anche la variante sjf /sf/sfA del CDD_S, pp. 201 – 203 e sfjdelERICHSEN, DG, p.408. 49 CDD_S, p. 202, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_S.pdf 50 ERICHSEN, DG, p.440, Wb,Vol. 4, pp. 180-181, CDD_S, pp. 288 -289, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_S.pdf 51 BETRÒ, 2002, p. 205. 52 Wb, Vol. 4, pp. 180-181. 53 ERICHSEN, DG, p.440, Wb, Vol. 4, p. 180, CDD_S, pp. 288-289, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_S.pdf.

Credo che il ramo di palma che si trova in uno degli esempi nel Wb, Vol. 4, p. 180 sia da intendere come il complemento fonetico “tr” e non come determinativo.

54 ERICHSEN, DG, p.658. 55 CDD_T, p. 301, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_T.pdf 56 ERICHSEN, DG, p.658, Wb. Vol. 5, p. 243. CDD_T, p. 301, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_T.pdf

(11)

11 dell’albero (Lista Gardiner M1) e di sostanze granulari57 nella forma del segno geroglifico .

qt - tradotta “specie di legno”58 è determinata spesso dal ramo59 (Lista Gardiner M3) e lo stesso determinativo si trova nella variante qt.t nella espressione xt n qt.t “legno di qt.t”.60 Si trova inoltre determinata dal vaso, dall’albero (Lista Gardiner M1) e dal determinativo riferito anche all‘odore (Lista Gardiner Aa2).

xwj / xAw – tradotto “incenso”, “sostanza fragrante” e “profumo” è determinato

dal determinativo della sostanza granulare61 nella forma geroglifica e demotica ma esiste anche l’esempio del determinativo del vaso.62

sgn (e le sue varianti) – “l’unguento, pomata” è di norma determinato dal vaso63. In demotico non è rispecchiato l’impiego del determinativo del vaso per unguenti (Gardiner list W1) che si trova anche in combinazione al determinativo del plurale (Gardiner list Z2) stando sopra di esso64.

qp - il verbo “fumigare” è determinato dal segno del braciere (Lista Gardiner Q7),

“determinativo in parole connesse alla fiamma e al calore”65 e qp “incenso” dal determinativo di sostanze granulari 66. Anche qAp.t “incenso” si trova determinato dal segno del braciere e inoltre dal determinativo delle sostanze

57 Wb. Vol.5, p. 243. 58 ERICHSEN, DG, p.552,CDD_Q, pp. 96-97, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_Q.pdf 59 ERICHSEN, DG, p.552, CDD_Q, pp. 96-97, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_Q.pdf 60 ERICHSEN, DG, p.552. 61 ERICHSEN, DG, p.353, Wb, Vol.3, p. 221,CDD_H3, pp. 43-44, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_H3.pdf 62 ERICHSEN, DG, p.353. 63 ERICHSEN, DG, p.469, CDD_S, pp. 479 -480, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_S.pdf 64 Wb, Vol. 4, pp. 322-323. 65 BETRÒ, 2002, p 175. 66 ERICHSEN, DG, p.536.

(12)

12 granulari (Lista Gardiner N33) e qAp da quello di sostanza pastosa, proprio inoltre del profumo khupi, e dal determinativo di sostanze granulari (Lista Gardiner N33).67 L’esistenza di una relazione con il profumo khupi è evidente nonostante il kuphi non sia un incenso da bruciare come suggerisce il determinativo di fiamma per il verbo qp.

Amwniak - “resina usata come incenso” è attestato ad essere determinato, almeno

nel P. Magical 14/23 (periodo romano), dal determinativo di piante e fiori68, la variante demotica del segno Lista Gardiner M2.

Albwnt - tradotto “incenso” è attestato con il determinativo di sostanze granulari

nel Mag. Pap. 5,6 69

hepwbalsame è determinato dal vaso nell’esempio del P. Mag 12/1 (periodo

romano) ed è tradotto “opobalsamum, balm of Gilead”.70

Per nkpt (ostraka di Praga) / nkpAtj (P. Harris) - M.C. Betrò propone “l’arillo della noce moscata”, il nome della spezia oggi nota come macis71. Invece di vedere nel nkpt la noce moscata (prodotto della pianta Myristica fragrans della famiglia Myristicaceae), Goyon vede in esso il termine vernacolare che copre il legno e la corteccia del Liquidambar non preparati, sostenendo che nkpt sia il materiale grezzo e il nome vernacolare dell’ albero da cui si trae lo storace72. Il ragionamento in base alla traduzione “l’arillo della noce moscata”, basata sul termine nkj-iwj dove nkj è inteso come “l’arillo”73 potrebbe applicarsi anche alla

67 Wb, Vol.5, p. 104. 68 CDD_3 p. 30, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_3.pdf 69 ERICHSEN, DG, p.7, CDD_3,, p.54, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_3.pdf 70 CDD_H, p. 8,https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_H.pdf 71 BETRÒ, 1991-92 p.53. 72 GOYON, 2003, pp.59-61. 73 BETRÒ, 1991-92 p.53.

(13)

13 proposta di traduzione di Goyon in quanto le Liquidambar possiedono a loro volta l’arillo che contiene il seme74.

M.C. Betrò75 dimostra quanto importante sia nella documentazione demotica fare distinzione tra i termini ant (scritto foneticamente) determinato dal “vaso” (ad eccezione di P.Krall VIII, [8], 13 e P. Insinger 30,4 dove è determinato dai “grani” ) e antjw (scritto usando il simbolo dell’occhio il cui valore fonetico è an o qualificato come Sw) determinato dai “grani”. Chiarisce che nella documentazione demotica ant sia un prodotto liquido/oleoso, non identificabile con il franchincenso ma equivalente di xl inteso come “unguento o profumo che potrebbe ben essere l’olio di mirra chiamato dai greci στακτη o un prodotto affine (anche il balsamo, ad esempio, è prodotto da una Commiphora), mentre antjw trasmette l’idea di “un incenso solido, da bruciare o usare in polvere”, aggiungendo che la conferma si può trovare “nel fatto che il testo demotico del P. Rhind I traduca lo ieratico antj con la parola sgn “unguento” e che per quanto molto spesso gli usi di xrj coincidano con quelli noti per la mirra, i testi di Edfu e Athribis aprono un’altra prospettiva in quanto gli incensi classificati come antjw /antjw Sw a Edfu rientrano nella categoria dei nht n xrj, alberi di mirra, nella versione di poco diversa iscritta nel tempio di Athribis.”76. Integrando questi dati “nel quadro più generale della documentazione d’età tarda sugli incensi”, Betrò conclude che non si possa fare “una distinzione tropo rigida tra antjw (Sw) e xl del tipo incenso/mirra”. Ricorda che gli incensi elencati sulle pareti del Laboratorio di Edfu come antjw Sw (tra i quali xrj non compare) sono nella Camera di Punt del tempio di Athribis raggruppati sotto la categoria nht n xrj, proponendo che per l’età tarda o almeno ellenistica bisogna vedere nell’antjw un sinonimo di xrj

74

Per la descrizione vedere http://en.wikipedia.org/wiki/Liquidambar “The fruit is a woody multiple capsule 2–4 centimetres (0.79–1.6 in) in diameter (popularly called a "gumball"), containing numerous seeds and covered in numerous prickly, woody armatures..”

75

BETRÒ, 1994, pp.44-46. 76I

contesti dell’impiego, la traslitterazione, la traduzione e l’indicazione delle fonti provengono dal BETRÒ, 1994, pp. 46-47.

(14)

14 “mirra” oppure considerare l’antjw come un termine generico che avrebbe indicato “un prodotto aromatico di consistenza solida, adatto ad essere bruciato”.77

Betrò lo dimostra esponendo gli esempi nei quali la materia in questione è chiaramente usata per essere bruciata; P.mag.dem. Louvre E. 3229, 4/28 - Rom.

mtw-k tj ante r pA ax m-bAH-f “e metterai antjw sul braciere dinanzi ad esso”

e P. Magical LLM - Rom 3/22-23 e-ir-k tj sxj n msH Hr ante sq r pA ax “metterai bile di coccodrillo insieme ad ante agglomerato sul braciere”78 e 21/14

e-ir-k ante Hna stt m-bAH-f “e brucerai antjw (o incenserai?) sulla fiamma

dinanzi ad lui” e inoltre con un esempio dove la materia usata si trova nella forma granulare del P.Vindob. D. 6257, VIII, 10 (P.med. Wien) – Rom. dove si tratta di “una ricetta frammentaria per un preparato da inserire nel naso a base di antjw

Sw” e aggiunge a questi l’esempio del P. Magical LLM 7/3-4 - Rom. dove è

menzionata una “scatola di antjw dai quattro angoli” essendo essa in un’invocazione “contrapposta simmetricamente alla scatola di xl”79. Contraposizione delle due scatole in quest’ultimo esempio è dovuta allo stile retorico della formula magica; i due termini erano contrapposti per esigenze di un’antitesi simmetrica e non per differenze delle sostanze citate.

In tutti i casi la parola in questione è determinata dal determinativo di sostanza granulare80:

P.Vindob. D. 6257, VIII, 10 (P.med. Wien) – Rom.

P.mag.dem. Louvre E. 3229, 4/28 - Rom. 81

77

BETRÒ, 1994, pp.47-48.

78

In quanto in seguito tratterò i casi doveil verbo sq (sAq) serve da aggettivo per qualificare il snTr, volevo qui menzionare che in questa frase il verbo ha la propria funzione verbale e che questa frase non è un’ attestazione dell’ esistenza di una sostanza ante sAq.

79

I contesti dell’impiego, la traslitterazione, la traduzione e l’indicazione delle fonti provengono dal BETRÒ, 1994, pp. 44-47.

80

Se non diversamente indicato, i facsimili delle grafie provengono dal BETRÒ, 1994, p. 45. 81 Il facsimile proviene dal CDD_c, p. 93,

(15)

15 P. Magical LLM 3/22-23, 21/14, 7/3-4 - Rom.

I casi di ant sembrano ancora più complessi rispetto a quelli dell’ antjw82:

Anchscescionqui 15,1 - Tol. 83

P. Harkness II,25 - I sec.d.C. 84

P. Krall VIII, [8], 13

P.Berl. 6750 G = col.8, 10-11 - Rom.

P.Insinger 30,4 Rom.

P. Magical LLM 11/22 – Rom

Analizzando i contesti Betrò sostiene che dai quattro esempi determinati dal vaso85 almeno per uno si possa affermare che dovesse trattarsi di un prodotto liquido oleoso e il caso in questione è P. Magical LLM 11/22 – Rom, una “ricetta per ottenere favore”, dove “si pone un pesce in oli profumati vari con nenebe

82

Se non diversamente indicato, i facsimili delle grafie provengono dal BETRÒ, 1994, p. 45. 83

Il facsimile proviene dal CDD _ c , p.92,

https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_c.pdf

84

Il facsimile proviene dal CDD_c, p.92,

https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_c.pdf

85 I contesti dell’impiego, la traslitterazione, la traduzione e l’indicazione delle fonti provengono dal BETRÒ, 1994, pp. 44-47.

(16)

16 mescolato a (Hr) ant di prima qualità e (Hna) semi di pianta grande-d’amore”86. Inoltre lo crede anche in un caso dove la parola non è stata trovata determinata dal vaso ma invece dal determinativo di sostanza granulare e si tratta del P. Krall VIII, [8], 13 “nAe-w ante.w” - “un plurale in riferimento ai riti funerari di Inaro”87 dove si parlerebbe a suo parere degli unguenti usati nelle cerimonie d’imbalsamazione88.

Alla proposta di vedere negli ante.w i prodotti, F. Colin polemizzando con le traduzioni di Krall, Spiegelberg, Erichsen, Stricker, Bresciani, Hoffmann, e Betrò89 aggiunge quella di intendere ante.w come produttori e interpreta la frase “dai/che sia dato ….. ai loro preparatori di resine”.90

Per gli altri due casi dove si incontra il determinativo del vaso - P. Harkness II,25 - I sec.d.C. (cfr. SMITH, P.BM 10507, p.43) bn-iw ir spat-t wS antAj “le sue labbra non soffriranno per la mancanza di ant” e Anchscescionqui 15,1 - Tol.

rmt iw-f sti ant tAe-f Hm.t kl m-bAH-f “l’uomo che profuma di ant, sua

moglie lo segue come una scimmia” Betrò crede probabile che si trattasse del prodotto liquido oleoso.91 Nel primo caso è stato suggerito un unguento per le labbra del morto, e nell’altro il profumo vero e proprio.92

Che si tratti di una sostanza liquida e oleosa è confermato dal determinativo del vaso nel caso del P.Berl. 6750 G = col.8, 10-11 - Rom. … in-w n-k ant Xn

nAe-w isnAe-w… “ … a te portano l’ant dai loro laboratori …”.93

Rimane il curioso caso del P. Insinger 30,4 Rom. Accanto alla traduzione della frase tA wp.t nfr.t n pA ant tAe-f tni.t n-im-s che sia “il beneficio dell’ant, la sua ricompensa è in esso”94 è stata proposta un’altra da parte di F. Colin. Vedendo nella parola ant il nome di chi esercita il mestiere e non del prodotto, 86 BETRÒ, 1994, pp. 45. 87 BETRÒ, 1994, pp. 45. 88 BETRÒ,1994, p. 46. 89 COLIN 2003, p. 83, note 60 e 61. 90 COLIN 2003, pp. 82 - 84. 91 BETRÒ, 1994, p. 45. 92 BETRÒ, 1994, p. 46. 93 BETRÒ, 1994, p. 45. 94 BETRÒ, 1994, p. 45.

(17)

17 Colin propone la traduzione “il lavoro fatto bene dell’ant – la sua paga arriva”, credendo che con questo proverbio si intendesse affermare che ad uno specialista di questo mestiere i redditi fossero assicurati”95.

Alla luce della ricerca di F. Colin sembra che ant (oltre ad essere un prodotto liquido/oleoso) avesse, sempre a partire dal periodo tolemaico o romano, anche la funzione di nome generico, o almeno questo si potrebbe concludere da un graffito scoperto da Colin nel 1998 nel Paneion di El-Buwayb, un rifugio consacrato a Min – Pan “sulla pista che portava probabilmente verso Coptos dal porto di Berenice, dove arrivavano i carichi delle resine trasudate dagli arbusti della Somalia e dei monti dello Yemen”96. Nel graffito demotico Pa-xA sA PA-neb-wrS (Pakhes, figlio di Panebourshy) definisce se stesso pA ant (determinato con il vaso) – in cui Colin riconosce il nome di mestiere “il profumiere”97. Il fatto che la parola ant si presenti qui come parte del nome del mestiere dimostra la sua natura di nome generico.

In più Colin dimostra che pA ant „il profumiere”, o più precisamente “il preparatore della mirra” o “il preparatore di resine aromatiche”, sia stato uno stimato mestiere e che questi specialisti, almeno dal Medio Regno fino all’epoca romana, siano stati legati ai templi98. Il già menzionato Pakhes, figlio di Panebourshy, a suo parere sarebbe stato un sacerdote, la cui presenza in una spedizione commerciale era giustificata dal fatto che uno specialista di resine era indispensabile se si volevano importare merci di alta qualità99. Per Colin il termine pA ant attestato nel periodo romano (possibilmente anche nel periodo tolemaico) avrebbe l’antenato semantico nel termine antjw(j), un aggettivo nisbe formato dal nome di materia prima (antjw) usato con valore di sostantivo100. Negli esempi posteriori al Medio Regno, esposti da Colin, il termine perde la desinenza

95 COLIN, 2003, p. 76. 96 COLIN, 1998, pp. 111-114. 97 COLIN, 1998, pp.111-114. 98 COLIN, 2003, pp. 74-108. 99 COLIN, 2003, pp. 98-100. 100 COLIN, 2003, p. 106.

(18)

18 –j distintiva per gli aggettivi di relazione. In alcuni casi è determinato dal segno determinativo che solitamente si trova nei termini connessi ad attività fisiche e al concetto di forza muscolare101 che sarebbe uomo in atto di colpire con un bastone oppure la sua variante - il braccio con bastone, mentre nel papiro ieratico copiato in epoca tolemaica si trova determinato anche da “l’uomo seduto” - determinativo nelle parole connesse all’uomo e alle sue occupazioni102. In quest’ultimo caso il nome di mestiere è iry-ant che, essendo iry la forma dell’aggettivo nisbe della preposizione r, per Colin non sarebbe altro che una variante del termine

antjw(j)103. Egli fa notare che il termine, lungo il tempo del suo impiego, si trova determinato anche dai segni del vaso, di grani e in un caso anche dal determinativo di piante104. Dai determinativi soli, dunque, non è possibile risolvere l’enigma riguardante questo termine.

Analizzando i contesti105 del xr/xl dati da M.C. Betrò, escludendo quelli poco chiari o le liste di ingredienti il cui uso non è possibile dedurre106, ci si aspetterebbe che il determinativo del recipiente (vaso) accompagnasse la parola quando la sostanza si trovava nello stato liquido (che si trattasse di un unguento o di un inchiostro) o spalmabile (per esempio in una pomata) e che invece il determinativo di sostanza granulare facesse parte della parola quando essa si trovava nello stato granulare.

Nell‘Ostraka Bucheum - 3 s.a.C. la parola xr è determinata dal vaso nell’ espressione sntr xr Hsmn … n tA qsy bX “resina di terebinto, mirra e natron … per la sepoltura del Buchis”107 mentre negli altri casi esposti il cui contesto è chiaro (ovvero non si tratta di menzioni troppo generiche come nelle liste dove la parola fa soltanto parte di un elenco dal quale non é possibile dedurre se si tratti 101 BETRÒ, 1994, pp. 62, 65. 102 BETRÒ, 1994, p. 34. 103 COLIN, 2003, p. 96. 104 COLIN, 2003, p. 107.

105 I contesti dell’impiego, inclusa la traslitterazione, la traduzione e l’indicazione delle fonti provengono dal BETRÒ, 1994, pp. 42-43.

106 BETRÒ, 1994, pp. 42-43. 107

(19)

19 di una materia granulare oppure liquida) è determinata dal determinativo di sostanza granulare108.

Nel P.Vindob. 3873 (Rituale del Api) rt. II, 12 - 2/1 s.a.C, la parola xl è determinata dal determinativo di sostanza granulare il che si adatta bene al contesto trattandosi delle borse di xl per le quali è ovvio che si dovessero preparare con la materia nello stato granulare.

Le espressioni sono:

iw-f dj.t … mnH xl … Xn b pA ntr … iw-f dj.t arf a3 wa n xl Xr ls-f “e

metterai … cera e mirra … nella bocca del dio … e porrai una grande borsa di mirra sotto la sua lingua”

e

iw-f tw hjnj arf hsmn xl Xn wa Hbs “porrai alcune borse di natron e mirra in

un tessuto” 109

A mio parere il determinativo che si trova ad accompagnare la parola nella lista di prodotti usati per l’imbalsamazione del P. Rhind I,3 d 8 – 1. s.a.C va inteso come il determinativo di grani110 e non come la grafia del determinativo del plurale111 M.C. Betrò nota qui come xl nel testo ieratico sullo stesso papiro corrisponda a

nnjb.112

108

Se non diversamente indicato, i facsimili delle grafie provengono dal BETRÒ, 1994, p. 43. 109 BETRÒ, 1994, p. 43.

110

Per la grafia vedere BETRÒ, 2002, p. 145. 111 Per la grafia vedere BRESCIANI, 2002. p.87. 112

(20)

20 Nel P.Berlin 13602, 26 - tardo tol.-rom., si trova di.t n-f xl Ss nsw iw-k mi-f n

pAe-k …“dargli (un medicamento) di mirra (avvolto in) lini reali e lo legherai sul suo…”113 e la parola xl è determinata dal determinativo di sostanze granulari . La natura del determinatvo si collega bene ad una materia granulare da avvolgere in tesuto.

Il contesto come già aveva stabilito M.C. Betrò della frase nel P. dem. Vindob. 6165, 6165A (=Ägypter und Amazonen), VI, x + 26 - Rom è troppo generico per capire quale era l’aspetto di xr nella frase tj-s in-w i ipt xr tp xAw nb ntm stj “ed ella fece portare buoi, oche, mirra di prima qualità e ogni aroma dal dolce profumo”114 e il determinativo è quello di sostanze granulari .

Nel P.mag. dem. Louvre E. 3229 (Enchoria 7) 3,26 ;4,5; 4,7 ; 5,19; 7,10- Rom. xr viene impastata con magnetite, piante varie e ombretto (3,26), è usata per imbalsamare uno scarabeo (4,5; 4,7) ed è menzionato un inchiostro di mirra (5,19; 7,10)115. In tutti i casi xr è determinata dal determinativo di sostanza granulare nonostante ci si aspetterebbe che almeno nel caso dell’inchiostro dovesse trattarsi di sostanza non granulare. Nel secondo caso menzionato (4,5; 4,73) è usata per imbalsamare uno scarabeo; si tratta di xr w(j)t „mirra fresca“116 e il determinativo fa pensare alla sostanza nello stato non ancora modficato nel quale caso il determinativo di grani si addatta bene. Nel 5,19 si tratta del mw n xl

113 BETRÒ, 1994, p. 43. 114 BETRÒ, 1994, p. 43. 115 BETRÒ, 1994, p. 43. 116 CDD_H3, pp.152, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_H3.pdf

(21)

21 „acqua di mirra“117 e nel 7,10 del rj xl „inchiostro di mirra“118 e ci si aspetterebbe di trovare invece un vaso come determinativo.

Nel P. Magical LLM 4/6, 23; 5/5, 7/2-4, 10/32, 12/12, 31, 13/15, 21/18, 25/15, 27/10,31, 29/27, V.5/11, 16/5, 24/4 – Rom. la xr è esposta al calore (nel 4/6 è bruciata sul braciere impastata con il grasso d’oca e magnetite, nel 25/15 è “offerta dinanzi alla lampada”), impastata (nel4/23, 10/32, 27/10, nel 29/27 dove è “impastata con vari ingredienti per unguento sugli occhi”, e inoltre nel V.5/11 – dove è “impastata con altri ingredienti e vino”), usata per l’imbalsamazione (nel 12/12, 12/31, 13/15, come nel 21/18 dove si tratta dell’”imbalsamazione di animali con mirra ad uso magico”), si trova nella forma dell’inchiostro (5/5, 27/31, e nel V.16 /5 dove si tratta dell’ “inchiostro di mirra”) ed è invocata (nel 7/2 come nel 7/4 dove si tratta dell’invocazione della scatola di mirra).119 In tutti i casi la parola xr è determinata dal determinativo di sostanza granulare . Riguardo ai casi dell’invocazione e dell’offerta dinanzi alla lampada è stato già osservato che si tratta di menzioni troppo generiche120. In tutti i casi dove veniva impastata con altri ingredienti, che sia per bruciarla (4/6), per preparare un unguento (4/23, 10/32, 27/10, 29/27) o per aromatizzare il vino (V. 5/11) sembra logico supporre che potesse trattarsi della materia granulare e che dunque il determinativo di sostanza granulare è proprio quello che ci si aspetterebbe di trovare, mentre invece nei casi dell’ inchiostro (5/5, 27/31, V.16 /5) e dell’imbalasmazione (12/12, 12/31, 13/15, 21/189) ci si aspeterebbe di trovare il determinatvo del vaso così come esso si trova nel caso di Ostraka Buchem (3 sec. a.C.).

117 CDD_H3, pp.152, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_H3.pdf 118

CDD_H3, pp.152, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_H3.pdf 119 Tutte le traduzioni sono dal BETRÒ, 1994, p. 43.

120

(22)

22 È necessario comunque osservare che in un altro papiro dell’ epoca romana (P. Mag. BM 10588, verso II,9) è stato supposto che si trattasse dell’inchiostro di mirra121 ma il determinativo presente è quello di sostanza granulare .

Più che risolvere la questione sulla natura di questa sostanza nella forma dell’inchiostro, la persistente comparsa del determinativo di sostanza granulare nella parola xr spinge a chiedersi se invece questo non sia un altro caso della già menzionata tendenza al restringere il numero di determinativi in uso, in quanto si tratta di un documento del periodo romano, come nel caso del sopra citato P.mag. dem. Louvre E. 3229 (Enchoria 7) dove ugualmente si trova il determinativo di sostanza granulare nelle espressioni dove ci si aspetterebbero i determinativi di vaso. Sembra invece che la mente degli scribi egiziani, almeno in epoca tarda, non vedesse l'esigenza di determinare un inchiostro con un determninatvo adatto alle sostanze liquide. La parola rj/lA „inchiostro“ si trova quasi di norma determinanta dal determinativo di sostanza granulare 122 e lo si trova attestato anche nel Medio e Nuovo Regno.123

Questo fatto diventa comprensibile se si prende in considerazione che gli scribi e pittori egiziani non avevano inchiostri già diluiti ma sacchette di polvere che dovevano essi stessi miscelare con acqua e sembra che in questo caso il determinativo rispecchi la natura, non del prodotto finale, ma del suo principale ingrediente. 121 BETRÒ, 1994, p. 43. 122 CDD_R, p.14-15, https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_R.pdf 123 Wb, Vol.2, p. 399.

(23)

23

3. IL DETERMINATIVO DI MATERIE GRANULARI

Gli esempi dell’inchiostro di mirra e dell’acqua di mirra, enrambi accompagnati dal determinativo di sostanza granulare , sembrano dimostrate che il determinativo non veniva (o non più) sentito come se dovesse determinare la categoria del prodotto finale ma invece la sostanza come appariva “di natura” - o più precisamente detto - come si presentava sul mercato egiziano nello stato della materia prima.

Nel caso della parola xr/hl, essendo essa di attestazione assai tarda nel corso della lingua egiziana - non prima del IV sec. a. C.,124 studiare i recipienti della Lista Gardiner sezione W per scoprire di quale di questi si potesse trattare non avrebbe portato a nessuna conclusione valida, a causa dell’attestata tendenza all’uniformare i determinativi nella scrittura demotica dove i tipi di recipienti generalmente non sono presentati con le caratteristiche distintive come nel caso degli geroglifici.125

Avendo una storia più lunga, l’ant presenta un caso diverso. Nei casi dell’ant osservati sopra126 il determinativo che accompagna la parola in Anchscescionqui 15,1 - Tol. 127 rappresenta lo stesso tipo di recipiente che si trova nel P. Harkness II,25 - I sec.d.C. 128 nonostante il tempo che separa questi documenti, ed è più specializzato rispetto al determinativo del vaso “generico” che si trova nel P.Berl. 6750 G = col.8, 10-11 - Rom. 129. Invece il

determinativo trovato nei primi due casi potrebbe collegarsi al „vaso per unguenti – determinativo di oli e unguenti; mrHt „grasso, olio“; mDt „unguneto“.130

124

BETRÒ, 1994, p.42. 125

Per corrispondenze grafiche vedere BRESCIANI, 2002, p.87. 126

BETRÒ, 1994, p.45. 127

Il facsimile proviene dal CDD_c, p. 92,

https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_c.pdf 128

Il facsimile proviene dal CDD-c, p. 92,

https://oi.uchicago.edu/sites/oi.uchicago.edu/files/uploads/shared/docs/CDD_c.pdf p.92 129

L’evoluzione grafica di segni per “giara per birra” e “ vasetto globulare” è data in BRESCIANI, 2002., p.87, e BETRÒ, 2002,p. 184.

130

(24)

24 È curioso notare che l’olio anDw, definito “pomata o profumo” nell’Antico e ancora nel Nuovo Regno si trovi determinato sia dal segno del vaso che dal determinativo di sostanza granulare (Lista Gardiner N33)131 ma è possibile trovare anche un antjw (non definito né Sw né wAD) che nella variante geroglifica tra i determinativi di sostanza granulare (Lista Gardiner N33) presenti un recipiente sopra il determinativo del plurale.132

Il determinativo di sostanze granulari accompagna spesso gli arōmata e dagli esempi esposti sembrerebbe che fosse necessario che li accompagnasse soltanto quando si trattava di sostanze o prodotti nella forma granulare. Esso, invece, si trova, come abbiamo visto, anche quando si tratta di sostanze che non avrebbero potuto esserlo (come nel mw n hl), e come dimostra Colin, anche quando la parola alla quale si riferisce fa parte del nome di mestiere. Prendendo in considerazione l’alternata presenza del determinativo del vaso e quello di sostanza granulare, tenendo in mente anche gli studi di Colin, secondo la mia opinione sarebbe lecito chiedersi se il determninatvo di sostanza granulare possa veramente essere considerato una prova che la parola in questione si riferisse ad una sostanza o un prodotto solido, in granuli. Come nell’ esempio del kuphi (ricetta ad Edfu citata sopra) è ancora possibile supporre che il deterninativo di sostanza granulare venisse preso dall’ingrediente più importante del prodotto al quale si riferisce la parola.

Credo che il determinativo di sostanze granulari come si presenta in geroglifico e di conseguenza il suo equivalente demotico133 sia un’evoluzione grafica del determinativo di sabbia (Lista Gardiner N33) e non del determinativo di grani (Lista Gardiner M33), a meno che non si tratti del risultato di una lenta fusione. Il simbolo N33 - granello di sabbia, oltre ad essere il “determinativo in Sa “sabbia”, in triplice ripetizione serve a rappresentare una quantità indefinita come

131 Wb,Vol.1, p. 208. 132 Wb, Vol. 1, pp. 206-207. 133

(25)

25 determinativo di sostanze minerali o granulose”.134 Invece M33 “tre chicchi oblunghi” sono “nel sistema geroglifico determinativo per ogni categoria di grani e granaglie … possono trovarsi disposti in verticale, oltre che in fila orizzontale, o ancora formare una sorta di triangolo, con due chicchi sovrapposti al terzo”135. Bisogna comunque ricordare che, come sottolinea Betrò, “la triplicazione del segno del singolo chicco, qui come nel caso dei liquidi e delle materie in grani, indica la quantità innumerevole”136. La triplicazione come dimostrato dallo stesso segno del plurale (Lista Gardiner Z2) per la mentalità egiziana sembra sia stato un modo di esprimere per scritto il concetto di una quantità innumerevole di oggetti. In sostegno si può prendere il fatto che, come ricorda Betrò, un singolo simbolo dell’increspatura dell’acqua “non è mai determinativo dei termini acquatici” mentre la sua “triplice ripetizione (…) fu sentita dagli egiziani più adatta ad esprimere l’immagine della massa dell’acqua”.137 Credo che la comparsa del vero e proprio determinativo di grani nel sopra citato P. Rhind I,3 d 8 – 1. s.a.C si possa collegare a quest’ idea di pluralità che è comune ai segni N33 e M33 della Lista Gardiner e che le differenze tra questi due segni, diventando col tempo sempre più sottili, finalmente si fusero nel segno demotico .

É comprensibile che nella sua lunga evoluzione una scrittura grafica abbia sviluppato più modi di esprimere la pluralità indipendentemente dal concetto del plurale grammaticale rappresentato con il proprio segno (Lista Gardiner Z2) e di conseguenza credo che sia possibile domandarsi se il concetto dietro il segno e di conseguenza non sia stato sentito vicino al concetto contemporaneo di nome di massa138 ovvero che sia stato impiegato per determinare materie le quali, pur presentandosi al singolare dal punto di vista grammaticale, in analisi semantica non permettono la distinzione di numero, in quanto sono composte da

134 BETRÒ, 2002, p. 166. 135 BETRÒ, 2002, p. 145. 136 BETRÒ, 2002, p. 14. 137 BETRÒ, 2002, p. 163.

138 Definizione generale dei nomi di massa: http://www.treccani.it/enciclopedia/nomi-di-massa_(Enciclopedia_dell'Italiano)/

(26)

26 una pluralità di oggetti o si riferiscono ad una pluralità di oggetti, oppure sono prive di struttura interna.139

4.

IL CONTENUTO DI

ant/ante, antjw

(con un riferimento a xy/xl)

4.1. Franchincenso e incensi

É comprensibile che sia difficile accertare cosa si nascondeva dietro un antico termine antjw in quanto il carattere generico del moderno termine “incenso” non sembra essere soltanto una caratteristica moderna. Come ricorda Nigel Groom140, nel senso più ampio la parola “incenso” è usata per determinare ogni sostanza che emette fumo fragrante nell’essere bruciata o vapore quando esposta al calore; spesso indica l’odore emesso durante il processo e può essere un composto di gomma, resina e spezie, nell’antichità veniva usato spruzzato sul carbone di legno messo al fuoco nell’incensiere o sull’altare–incensiere, oppure come unguento. Egli aggiunge che usando la parola più precisamente l’incenso si riferisce alle gomme e resine, i cui principali esponenti sono il franchincenso (prodotto dell’albero della specie di Boswellia) e la mirra (prodotto di Commiphora), entrambi facendo parte della famiglia delle Burseraceae ed essendo il risultato del fluire del lattice a causa dell’incisione sulla corteccia. Sottolinea che il termine “incenso” ancora oggi viene usato erroneamente come sinonimo sia per la gomma che per la resina mentre invece le sostanze emesse dagli intagli fatti sulla corteccia dell’albero che rimangono liquide verrebbero nominate oleo-resine o balsami, mentre le sostanze che si rendono solide con il termine “gommoresina” e

139

Riguardo alla relazione tra il numero e i nomi di massa vedere http://www.treccani.it/enciclopedia/numero_(Enciclopedia_dell'Italiano)/ 140

(27)

27 che inoltre negli studi sull’uso dell’incenso nell’antichità va tenuto conto del fatto che queste distinzioni scientifiche non erano riconosciute allora come spesso non lo sono nei tempi moderni.

La fonte della distinzione tra ant e antjw Sw141 in demotico non è a mio parere accertabile partendo dall’identificazione della natura della sostanza nominata

antjw nel tempio di Hatshepsut a Deir el-Bahari. Nigel Groom142 propone che

antjw in questo caso sia l’unguento in quanto non è riportato ch’esso sia bruciato.

La sua ipotesi è basata sulla rappresentazione della regina mentre assiste alla cerimonia di offrire antjw al dio Amon, avendo lei stessa “antjw sopra le parti del suo corpo”. Groom ricorda che il franchincenso non sarebbe potuto entrare nel processo di produzione degli unguenti mentre “il processo per ottenere stactè (quintessenza di mirra, mirra liquida) dalla mirra sembra essere conosciuto in Egitto antico, dove la stactè è denominata mdt”. Se l’antjw del tempio di Hatshepsut era il prodotto di uno degli alberi della specie della Boswellia, Groom ipotizza che potesse trattarsi del prodotto della Boswellia papyrifera diffuso oggi in Etiopia (dove è chiamata l’albero mäqär143), Sudan, Africa dell’est e Somalia. Se si fosse invece trattato della mirra, potrebbe identificarsi con il prodotto della Commiphora erytraea, diffusa anch’essa in Etiopia, dalla quale si produce mirra dolce e bdelium profumato “di cui si ritiene che fosse la mirra profumata di Plinio”144. Groom suggerisce che l’antjw del tempio di Hatshepsut dovesse essere questa sostanza, aggiungendo che nelle parti occidentali della Somalia l’albero habbak haddi è identificato come la Commiphora erythraea var. glabrescens che produce la “mirra dolce” chiamata inoltre “mirra falsa”, “mirra grezza”, “bdellium dolce” o “bdellium profumato” e “hissabol” in India. Menziona anche un’altra variante di bdellium trovata nella Somalia - Commiphora hildebrandti - nota localmente come habbak haggar145. Per N. Baum l’antjw di Hatshepsut si possa 141 BETRÒ, 1994, p. 47. 142 GROOM, 1981, p. 25. 143 GROOM, 1981, p. 102. 144 GROOM, 1981, pp. 25-27. 145 GROOM, 1981, pp.123-124.

(28)

28 collegare con la qualità della mirra guban – un nome contemporaneo delle mirre ricche di oli provenienti dall’omonima regione somala e propone che sia questa la

ma-SAa, categoria VIII. degli elenchi templari di antjw ad Edfu e Athribis.146 A sostegno dell’ipotesi che vede nell’ antjw del tempio di Hatshepsut il prodotto di uno degli alberi della specie di Boswelliaè lo studio linguistico di Giorgio Banti e Riccardo Contini, dove è dimostrato che nella lingua somala (attualmente parlata) una delle classificazioni di franchincenso della Boswellia sacra o B. Carteri (“beeyo” in lingua somala) è ‘anad (della qualità migliore)147. Banti e Contini ipotizzano che ‘anad da un lato potesse essere un prestito dall’egiziano antw /

antjw, oppure potesse aver origine nel cuscitico orientale *’aan “latte”. Questa

etimologia per Banti e Contini avrebbe la stessa “connessione metaforica tra latte e franchincenso della moderna poesia orale somala in relazione al franchincenso” e ben rientra il fatto che, ricordano Banti e Contini, Lbn in arabo significa “latte” (mentre significa “bianco” in varie lingue semitiche)148. La corrispondenza con

Lbn, senza ulteriori argomenti a supporto, non può essere presa come conclusiva

per identificare antjw con il franchincenso, in quanto nei paesi sud-arabici, come sostiene Nigel Groom, c’è la tendenza ad usare la parola lubān per indicare ogni tipo d’incenso, dalla mirra agli alberi da balsamo, e non (soltanto) per dire “franchincenso”149. Quando si cerca di individuare la specie di un vegetale oppure di un elemento vegetale presente in Antico Egitto per N. Baum è importante tenere in mente che un nome egiziano “può includere più specie dello stesso genere difficili da distinguere a vista d’occhio” come può riferirsi ad un gruppo di vegetali appartenenti ai generi diversi “a causa delle loro assomiglianze come quelle che sembra che esistessero nei casi di certi produttori di gommoresine” e

146 BAUM, 1999, pp. 439, 441. 147 BANTI, CONTINI, 1997, pp.183.-184. 148 BANTI, CONTINI, 1997, pp.184.-185. 149 GROOM, 1981, p.113.

(29)

29 consiglia dunque di considerare i vegetali non individualmente, ma nel quadro dei loro raggruppamenti.150

4.2. Le antjw e l’ant ad Edfu e Athribis

Le liste di antjw e nnib scoperte nei laboratori templari ad Edfu e ad Athribis continuano ad essere un punto di partenza per le ipotesi riguardo alle identità di questi tipi di arōmata nel periodo tolemaico. A queste ipotesi basate sia sullo studio di proprietà delle numerose specie produttrici di gommoresine e oleoresine che alle altre fonti che trattano la produzione di questi tanto stimati prodotti, sembrava utile aggiungere anche un punto di vista offerto dai determinativi che accompagnano i nomi delle sostanze in questione151. N.Baum152 crede che lo scopo di descrivere i tipi di sostanze aromatiche, la loro origine mitica, l’aspetto e l’odore fosse stato quello di prevenire le frodi, cioè di distinguere le vere sostanze richiestedalle contraffazioni di qualità inferiore e che inoltre gli autori di questi elenchi dimostrassero una cura per evitare confusione tra i tipi di antjw e

nnib. Propone di cercare, non i nomi delle specie, ma invece i gruppi delle specie

botaniche ai quali apparterebbero queste sostanze aromatiche tra quei nomi che si trovano in seguito all’ espressione antjw Sw ad Edfu o all’espressione nht antjw

ad Athibis e sono seguiti dall’affermazione rn.f “suo nome”. Analizzando le caratteristiche dei loro essudati, conclude che per le antjw tolemaiche si possa presumere che siano una delle Burseraceae o un gruppo di Burseraceae, tra le quali, accanto alle specie di Commiphora e di Boswellia, in primo luogo include anche le Canarium.

150

BAUM, 1999, pp. 424-425. 151

Per la lettura dei testi di Edfu e Athribis ho usato l’edizione CHERMETTE, GOYON, 1996. 152

(30)

30 Nella conclusione dell’elenco di ant e nnib ad Edfu (E II, 208 (6-8)) è reso chiaro il comune uso liturgico ed è messa in rilievo la loro provenienza dalle parti di corpi degli dei e dagli occhi divini.

La parola ant è scritta foneticamente ed è determinata dal simbolo di sostanze granulari (Lista Gardiner N33) e lo stesso determinativo accompagna la parola

nnib153. Questo rafforza l’ipotesi di vedere antjw/ant Sw come un termine tecnico che indica la materia prima da cui si produce ciò il cui odore è definito ant, in quanto, a mio parere, l’affermazione alla chiusura della lista di Edfu è da intendere come dichiarazione che l’odore ant (e non sua fonte materiale) sia divina.

Nella lista di altre sostanze che si aggiungono alle varietà liturgiche ad Edfu per l’olio unguneto Hknw del balsamo serjj (Edfou II, 208 (2-5)) e per mnnw hD.t (Edofu II, 208 (5)) viene sostenuto che il loro odore (stj) è anT. Per l’olio unguneto Hknw del balsamo serjj ad Athribis pl. XVII, x+4 è scritto che il suo odore è antjw essendo l’antjw reso con i simboli dell’occhio rinchiuso in un ovale (Lista Gardiner D8) e la terra (Lista Gardiner N16).

L’argomento viene trattato nel capitolo seguente, ma qui bisogna accennare soltanto che anT (o antjw) in questi casi non si riferisce al prodotto Hknw o alla sostanza mnnw hDt, ma al suo profumo, o più precisamnete detto - odore.

La confusione riguardo all’ant (indipendentemente dalle grafie attestate) a mio parere si risolve se, esaminando i contesti a disposizione, si inizia a pensare ad ant come ad un termine che possiede più valori semantici; quello tecnico di gommoresina/oleoresina di una qualità alta, un secondo valore semantico per indicare un tipo di odore altrettanto gradito e infine il valore più generico di profumo nel senso di “odore buono”. A mio parere l’ant del già citato proverbio nel quale si afferma che l’uomo profumato di ant è seguito dalla sua moglie ha il senso di “un buon profumo”154. Inoltre, e anche questo viene trattato nel capitolo

153

CHERMETTE, GOYON, 1996, p.81.

154 Nel proverbio si parla di ant > anD, ossia dell’olio di mirra, che era un profumo nel senso più o meno moderno del termine.

(31)

31 seguente, ant come tipo di odore è diverso dagli odori descritti nDm e tjSps.

Propongo di tradurre antjw/ant Sw con il termine generico

“gommoresina/oleoresina”.

Questo non risolve l’enigma della differenza d’ambito ricoperta dai termini antjw

Sw e ant rispetto a HD.w. “arōmata”. Analizzando il contesto, HD.w, almeno a

livello tecnico, è proprietà di alcune antjw Sw.

Per HD.w è comunemente accettata la traduzione “arōmata” 155, ma, dal momento che sono soltanto tre le antjw e nessun nnib o altri xt ad Edfu e Athribis ad essere definiti HD.w (sempre con l’espressione HD.w pw), mi sembra necessario presupporre due possibilità: una che HD.w indichi una particolare qualità fisica (e non l’odore) della gommoresina (e anche oleoresina perché si riferisce anche a

kjj-tbn-rsf) e l’altra che, accanto a questo suo significato tecnico, nella lingua

quotidiana continui ad indicare genericamente gli arōmata. In ogni caso l’espressione HD.w non ha niente a che fare con la qualità dell’odore in quanto, in tutti e tre casi dove compare, segue il nome della sostanza per qualificarla, dopo di che segue la descrizione del colore della sostanza, mentre dell’odore del prodotto della materia in questione si parla in seguito.

Esempi di antjw Sw definiti HD.w:

gAr(w)-tA (Edfou II, 205 (16)-206) - HD.w pw inmt dSr(.t) - “è HD.w, è di

colore rosso …”

aA-rt.t (Edfou II, 206 (1-2), - HD.w pw inmt dSr(.t) - “è HD.w,….” o (Athribis

pl. XVIII, x+2; pl, XIX) nDm.w r HD.w - “più nDm tra i HD.w”

kjj-tbn-rsf (Edfou II, 206 (4-5), Athribis pl. XVII, x+4) HD.w pw - “è HD.w”

155

J.-C. Goyon nel GOYON, 2003, p.56 pone la domanda se la mirra si possa trovare sotto un nome assai vago come hedjou, ahemou o khayou”, e M. Chermette e J.-C. Goyon nel CHERMETTE, GOYON, 1996“ p. 48. nella nota 7. propongono che HD.w sia il sinonimo di xA.w, nHd, Ahm etc.

(32)

32 È stato già osservato che dalla comparazione delle liste di Edfu e Athribis non emerge un’evidente risposta alla domanda sulla natura di ant e antjw Sw ma è comunque chiara la differenza semantica tra i due termini.

Nella redazione di Edfu la specie della sostanza descritta è sempre qualificata Sw (tranne per le ultime due di uso non liturgico xSS e xSxS) scritto col segno del sole con i raggi (Lista Gardiner N8) ed è accompagnata dal determinativo di sostanze granulari (la variante triangolare del segno Lista Gardiner N33), mentre il nome della sostanza presenta due varianti - antjw e ant.

In 10 di 14 casi antjw è reso con il segno dell’uomo in atto di adorazione156 al quale segue l’espressione Sw resa con il simbolo del sole con i raggi (Lista Gardiner N8) e il determinativo sostanze granulari (la variante triangolare del segno Lista Gardiner N33). Si tratta delle seguenti categorie: I, III, IV, VII, VIII, IX, X, XI usate nei templi e categorie XII e XIV non usate nei laboratori templari. Nei due casi è scritto foneticamente; anT (categoria II), ant (categoria VI) e nei rimanenti due casi - categorie V e XIII - ancora antjw, ma reso con i segni dell’occhio rinchiuso in un ovale (Lista Gardiner D 8) e la terra (Lista Gardiner N16) ed è in tutti i casi seguito dall’espressione Sw resa con il simbolo del sole con i raggi (Lista Gardiner N8) e dal determinativo sostanze granulari (la variante triangolare del segno Lista Gardiner N33).

Ad Atrhibis la specie della sostanza descritta è espressa con nht antjw (albero

antjw).

Le variazioni di scrittura ad Edfu non sembrano rispecchiare affinità o differenze significative tra le sostanze a seconda della scelta di segni usati ed è dunque necessario concludere che gli scribi avessero semplicemente dimostrato l’estensione della loro capacità di rendere lo stesso concetto usando segni diversi dimostrando in tal modo la loro abilità nel mestiere.

156

Nella crittografia tolemaica il segno e ha valore an per scambio con il simile Gardiner A31 = n, tornare indietro.

(33)

33 L’antjw e l’ant accompagnati da Sw ad Edfu corrispondono ai nht antjw di Atrhibis. L’antjw e l’ant qui si riferiscono all’albero di antjw nel caso di Athribis o alla resina/gommoresina/oleoresina (ovvero l’essudato) dell’albero di ant ad Edfu, mentre all’interno delle descrizioni la parola ant o antjw (scritta senza un seguito “šw” nel caso di Edfu e non preceduta da “nht” nel caso di Athribis) non è usata per indicare la specie, né dell’albero, né del suo prodotto specifico (resina), ma è invece un nome generico forse da rendere come “gommo-resina”/”resina” soprattutto quando viene usato come termine tecnico e come “profumo” (quest’ultimo caso corrisponderebbe, dunque, al significato della parola quando essa si trova in testi letterari):

 gar(w)–tbn, categoria II (Edfou II, 205, 14), è detto di essere antjw mAa (antjw vero), essendo antjw reso con i simboli dell’occhio rinchiuso in un ovale (Lista Gardiner D8) e la terra (Lista Gardiner N16)

 gAl-nw-an, categoria III (Edfou II, 205,15-16), è descritto di (essere o produrre) anT n Smw (anT d’estate), anT è scritto foneticamente ed è determinato dal determinativo di sostanze granulari (Lista Gardiner N33)  mamAamm, categoria VI (Edfou II, 206 (3-4), è l’unico ad essere descritto

anT (scritto foneticamente) Sw, mentre ad Athribis pl. XVIII, x+3 è reso

soltanto antjw - con i simboli dell’occhio rinchiuso in un ovale (Lista Gardiner D8) e la terra (Lista Gardiner N16)

 kjj-tbn-rsf, categoria VII, è descritto antjw HD.t “antjw bianco” inoltre ad Edfou II, 206 (4-5) antjw è scritto con il segno dell’uomo in atto di adorazione ed è determinato dal determinativo di sostanze granulari (Lista Gardiner N33), mentre ad Athribis pl. XVII, x+4 antjw si trova scritto con i simboli dell’occhio rinchiuso in un ovale (Lista Gardiner D8) e la terra (Lista Gardiner N16)

 ma-SAa, categoria VIII, è detto antjw n amwtt (antjw di località Amwtt); ad Edfou II, 206 (5-7) antjw è reso con il segno dell’uomo in atto di adorazione ed è determinato da una variante del determinativo di sostanze

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