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EFFICACIA E SICUREZZA DELLA TERAPIA CON FARMACI BIOLOGICI IN UNA COORTE DI PAZIENTI AFFETTI DA ARTRITE IDIOPATICA GIOVANILE.

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(1)

U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN PEDIATRIA

Direttore Prof. G. Federico

EFFICACIA E SICUREZZA DELLA TERAPIA CON

FARMACI BIOLOGICI IN UNA COORTE DI PAZIENTI

AFFETTI DA ARTRITE IDIOPATICA GIOVANILE.

Relatore

Prof.ssa Rita CONSOLINI

Candidato

Dott.ssa Martina BIZZI

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SOMMARIO

RIASSUNTO ... 4

INTRODUZIONE ... 6

L’Artrite Idiopatica Giovanile ... 6

Definizione ... 6 Epidemiologia ... 6 Classificazione ... 7 Patogenesi ... 12 Istologia... 16 Complicanze e comorbidità ... 17 Terapia ... 19 Prognosi ed outcome ... 25 Etanercept ... 28

Ruolo del TNF–α nell’AIG ... 29

Dosaggio e modalità di somministrazione ... 30

Efficacia del trattamento ... 30

Effetti collaterali... 31

Discontinuazione del trattamento ... 32

Adalimumab ... 33

Adalimumab per il trattamento dell’uveite ... 34

Dosaggio e modalità di somministrazione ... 34

Effetti collaterali... 35

Tocilizumab ... 36

IL-6 nell’AIG e uso di Tocilizumab ... 36

Farmacodinamica ... 38

Eleggibilità dei pazienti con pAIG al trattamento con Tocilizumab ... 39

Valutazione dell’efficacia ... 39

Effetti avversi ... 40

Sospensione del trattamento ... 40

Abatacept ... 41

Meccanismo di azione ... 41

Dosaggio e modalità di somministrazione ... 43

(3)

Effetti collaterali... 44

SCOPO DELLO STUDIO ... 45

MATERIALI E METODI ... 46

Caratteristiche dei pazienti ... 46

Score dell’attività di malattia ... 46

Analisi Statistica ... 48

RISULTATI ... 49

Popolazione di studio ... 49

Risposta al trattamento ... 51

Remissione clinica ... 59

Discontinuazione del trattamento ... 60

Effetti collaterali ... 61

DISCUSSIONE ... 62

CONCLUSIONI ... 67

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RIASSUNTO

Premessa. L’artrite idiopatica giovanile è una delle più comuni malattie croniche

dell’infanzia e la più comune malattia reumatologica in età pediatrica. È una condizione eterogenea che comprende quadri clinici molto diversi e che, se non correttamente trattata, può esitare in disabilità a breve e a lungo termine. Il trattamento di questa condizione è cambiato radicalmente negli ultimi 15 anni con l’introduzione, nei pazienti non responsivi alle terapie convenzionali, di un ampio ventaglio di farmaci biologici che hanno rivoluzionato la storia naturale di questa patologia.

Scopo dello studio. Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare l’efficacia, la

compliance, la tollerabilità e gli effetti collaterali di alcuni farmaci biologici utilizzati in una coorte di pazienti affetti da Artrite Idiopatica Giovanile afferenti all’Ambulatorio di Reumatologia Pediatrica della Clinica Pediatrica di Pisa.

Pazienti e Metodi. È stato valutato l’outcome di 8 pazienti con diagnosi di Artrite

Idiopatica Giovanile secondo i criteri ILAR del 2001; di questi 3 presentano la forma oligoarticolare persistente, 2 oligoarticolare estesa e 3 poliarticolare FR-negativa. I farmaci biologici utilizzati in questi pazienti sono stati etanercept, adalimumab, tocilizumab e abatacept. Per la valutazione dell’efficacia sono stati utilizzati gli score JADAS-10, VAS, CHAQ e la percentuale di miglioramento dei criteri ACRPedi.

Risultati. I valori del JADAS-10, VAS del medico, VAS del paziente e VES si sono

progressivamente ridotti dall’inizio della terapia con farmaci biologici fino al termine del follow-up. La differenza tra la media dei valori del CHAQ, n° articolazioni attive e n° articolazioni con limitazione funzionale all’inizio della terapia con farmaci biologici

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e al termine del follow-up è risultata statisticamente significativa (p-value < 0,05). Secondo i criteri di Wallace et al. cinque pazienti hanno raggiunto la remissione clinica durante il trattamento con JADAS- REM ≤ 1.

È stata riscontrata una correlazione positiva tra i valori del JADAS-10 e della VES prima dell’inizio della terapia e la durata della terapia con i farmaci biologici al momento della remissione ovvero maggiori erano il JADAS-10 e la VES all’inizio della terapia, maggiore è stato il tempo impiegato per raggiungere la remissione della malattia.

Confrontando i vari farmaci risulta che l’etanercept è il farmaco che determina un miglioramento del 90% dei sintomi secondo l’American College of Rheumatology

(ACRPedi 90) in 3 pazienti su 4 già dopo 3 mesi di trattamento quindi precocemente rispetto agli altri; l’abatacept e il tocilizumab hanno portato ad un miglioramento del 90% dei sintomi dopo 6 mesi di terapia e tale risultato è rimasto stabile nel tempo. La discontinuazione del trattamento in 3 pazienti ha determinato una ricaduta di malattia. La terapia è stata ben tollerata da tutti i pazienti. Gli effetti collaterali comparsi sono stati infezioni, tiroiditi e dermatite.

Conclusioni. Etanercept, adalimumab, tocilizumab e abatacept si sono dimostrati nel

complesso efficaci nel trattamento dell’AIG resistente alle terapie convenzionali determinando una significativa riduzione del numero delle articolazioni interessate dalla malattia e un significativo miglioramento della qualità di vita dei pazienti osservati; la discontinuità del trattamento, ove effettuata, ha però determinato una ricaduta della malattia. La tollerabilità e la compliance al trattamento sono stati soddisfacenti. Ulteriori studi serviranno a dimostrare l’efficacia e la sicurezza di tali farmaci nel follow-up a lungo termine di questi pazienti e le modalità per discontinuare le terapie.

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INTRODUZIONE

L’Artrite Idiopatica Giovanile

Definizione

L’artrite idiopatica giovanile (AIG) è una delle più comuni malattie croniche dell’infanzia e la più comune malattia reumatologica dell’età pediatrica. È una condizione eterogenea che comprende quadri clinici molto diversi e che, se non correttamente trattata, può esitare in disabilità funzionale cronica dovuta alla prolungata flogosi che si instaura a livello articolare. La diagnosi è esclusivamente clinica, non essendoci parametri di laboratorio specifici, e viene effettuata dopo l’esclusione delle altre cause note di artrite. Si basa sulla presenza di un’artrite presente da almeno sei settimane, insorta prima dei 16 anni di età e ad eziologia sconosciuta1.

Negli ultimi 10 anni sono emerse molte novità riguardo a tale condizione sia dal punto di vista della comprensione della patogenesi, sia per quanto riguarda l’importanza delle diverse tecniche radiologiche nella diagnosi precoce e nel follow-up e soprattutto riguardo alle opzioni terapeutiche che si sono arricchite di nuovi farmaci molto efficaci.

Epidemiologia

L’incidenza dell’AIG su scala mondiale è stimata circa 8 nuovi casi/anno per 100.000 bambini con una prevalenza di 50-200 casi per 100.000 variabile in base alle regioni geografiche e alla metodologia di studio 2-4. Nei paesi occidentali il sottotipo più rappresentato è la forma oligoarticolare mentre in altri paesi come l’India, la Costa Rica, la Nuova Zelanda o il Sud Africa prevale la forma poliarticolare. In Asia prevale la forma sistemica. In India, Messico e Canada è stata registrata una notevole incidenza di

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artrite relata ad entesite che riflette, in parte, l’alta frequenza dell’HLA-B27 in questa popolazione. Il ruolo di una predisposizione genetica diversa tra le varie etnie potrebbe spiegare la distribuzione geografica dei vari sottotipi 5.

In generale il genere femminile è più colpito di quello maschile ma la prevalenza del sesso dipende dal sottotipo; le forme oligoarticolari e poliarticolari colpiscono soprattutto le femmine, quella sistemica ha una distribuzione uniforme mentre l’artrite-entesite interessa principalmente il sesso maschile.

Anche l’età di esordio varia a seconda del sottotipo comunque è raro che la malattia esordisca prima dei 6 mesi di vita 6.

Classificazione

Il termine AIG comprende una serie di quadri clinici molto diversi tra loro; la classificazione universalmente accettata è quella che si basa sui criteri ILAR (International League of Associations of Rheumatology) del 2001 che divide l’AIG in sette diverse forme: oligoarticolare, poliarticolare Fattore Reumatoide (FR) positiva, poliarticolare FR negativa, sistemica, artrite associata a entesite, artrite psoriasica e artrite indifferenziata (Tabella 1) 1.

AIG oligoarticolare

L’artrite interessa da 1 a 4 articolazioni durante i primi sei mesi di attività di malattia e colpisce prevalentemente le grandi articolazioni. Si riconoscono due sottocategorie:

- oligoartrite persistente: interessa non più di 4 articolazioni durante il decorso della malattia;

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È la forma più frequente (25–56% dei casi di AIG) ed è più frequente nel sesso femminile con un picco nella prima infanzia, tra i 2 e i 4 anni.

AIG poliarticolare

È caratterizzata dall’interessamento di 5 o più articolazioni durante i primi sei mesi di malattia. Si può distinguere in 2 sottotipi: la forma FR positiva che si caratterizza per la presenza di titoli FR, un autoanticorpo di classe IgM diretto contro le porzioni costanti delle IgG, presenti in almeno 2 occasioni ad almeno 3 mesi di distanza l’uno dall’altro e la forma FR negativa.

Questa forma rappresenta circa il 30% dei casi. I sintomi sono comuni alle altre forme ma la prognosi, soprattutto per la forma FR positiva, è sfavorevole come per i pazienti con la forma sistemica. 7

AIG poliarticolare FR positiva

Colpisce con larga prevalenza il sesso femminile, compare raramente prima degli 8 anni di vita e si osserva nel 2-7 % delle AIG. Fin dall’inizio della malattia sono interessate in maniera simmetrica le piccole articolazioni delle mani e dei piedi ma possono essere colpite anche le grandi articolazioni. Tale forma si può associare alla presenza di noduli reumatoidi, tumefazioni sottocutanee non dolenti, localizzate principalmente nelle zone sottoposte a maggior attrito come il gomito. La prognosi articolare è severa nella maggior parte dei casi ed è caratterizzata dalla precoce comparsa di erosioni ossee, inizialmente osservabili soprattutto nei radiogrammi delle mani e dei piedi.

AIG poliarticolare FR negativa

Rappresenta l’11-28% di tutte le AIG, colpisce con leggera prevalenza le femmine e l’età di esordio ha un pattern bifasico con un picco tra 1 e 4 anni e uno tra i 6 e i 12 8

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Coinvolge sia le piccole che le grandi articolazioni. La prognosi articolare è migliore rispetto alla forma sieropositiva. In generale, la forma poliarticolare raramente colpisce l’occhio e raramente presenta sintomi sistemici, tende a durare a lungo e a colpire nel tempo altre articolazioni, alternando periodi di relativo benessere a periodi di riacutizzazione che non sono prevedibili. Gli esami di laboratorio solitamente mostrano elevazione degli indici di flogosi, leucocitosi, anemia di grado lieve-medio, aumento delle immunoglobuline e del complemento. Gli ANA sono positivi nella metà dei casi, in genere a basso o medio titolo. Le alterazioni di laboratorio sono comunque meno marcate che nella forma sistemica. A distanza di 10 anni dall’esordio la remissione si aggira intorno al 60% anche se esacerbazioni si possono osservare a lunga distanza.

AIG sistemica

È caratterizzata dalla presenza di artrite in 1 o più articolazioni associata o preceduta per almeno 2 settimane da febbre, quotidiana per almeno 3 giorni e accompagnata da uno o più dei seguenti sintomi:

- rash eritematoso evanescente non fisso, - linfoadenomegalia generalizzata, - epatomegalia e/o splenomegalia, - serosite.

Questa forma rappresenta il 4–17% dei casi e ha un picco tra 1,5 e 2 anni; si differenzia dalle altre per la presenza di una forte componente infiammatoria sistemica, in assenza di autoanticorpi e di alcuna associazione con il sistema HLA tanto da far ipotizzare che tale forma appartenga alle sindromi autoinfiammatorie poligeniche.

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10 Artrite associata a entesite

È caratterizzata da artrite e/o entesite con almeno due tra i seguenti:

- presenza di dolore lombosacrale o all’articolazione sacroiliaca, - positività per antigene HLA-B27,

- comparsa di artrite in un maschio sopra i 6 anni, - acuta e sintomatica uveite anteriore.

È responsabile di circa il 10% delle AIG e colpisce prevalentemente i maschi in età scolare. È caratterizzata da presenza di entesite, cioè di una infiammazione dei punti di inserzione dei tendini, dei legamenti e delle capsule sulla superficie dell’osso, che si manifesta con dolori localizzati al calcagno, al dorso del piede o al ginocchio e da un’artrite generalmente pauciarticolare, asimmetrica e prevalentemente localizzata agli arti inferiori.

Artrite psoriasica

Artrite che precede, segue o insorge in concomitanza a una psoriasi; o un’artrite associata ad almeno 2 delle seguenti condizioni:

- dattilite,

- strie ungueali (nail pitting) o onicolisi, - psoriasi in un parente di primo grado.

Se ne distinguono due entità: una forma appartiene alla categoria dell’entesite-artrite, come la forma adulta di artrite psoriasica; l’altra è molto simile alla forma oligoarticolare ANA positiva con la differenza che coinvolge più frequentemente le piccole articolazioni che le grandi.

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11 Artriti indifferenziate

Artriti che non soddisfano i criteri delle precedenti categorie o che rientrano in 2 o più categorie.

Sottotipo AIG

Oligoarticolare Poliarticolare Sistemica Associata a entesite Psoriasica Indifferenziata FR positiva FR negativa Definizione Fino a 4 articolazioni nei primi 6 mesi Più di 4 articolazioni nei primi 6 mesi, FR + Più di 4 articolazi oni nei primi 6 mesi, FR - Artrite in 1 o + articolazioni associata a febbre, e 1 o + tra: rash eritematoso evanescente non fisso, linfoadenom egalia generalizzat a, epato/ splenomegal ia, serosite Artrite e/o entesite con almeno 2 tra: dolore lombosacral e o articolazione sacroiliaca, HLA-B27 +, artrite in M > 6 anni, uveite anteriore Artrite associata a psoriasi o ad almeno 2 tra : dattilite, strie ungueali o onicolisi, psoriasi in parente di 1° grado

Artriti che non soddisfano i criteri delle precedenti categorie o che rientrano in 2 o più categorie. Frequenza (%) 27 - 56 2 - 7 11 - 28 4 - 17 5 -10 5 -10 10 Prevalenza di genere F > M F > M F > M F = M M > F - - Età all’esordio Prima infanzia (picco 2–4 anni) Tarda infanzia e adolescenza Pattern bifasico (2-4 anni; 6-12 anni) Tutta l’infanzia (picco 1,5- 2 anni) Sopra i 6 anni - -

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Patogenesi

Malgrado i notevoli progressi nella conoscenza delle malattie autoimmuni la causa e la patogenesi dell’AIG non sono ancora del tutto definite ma data l’eterogeneità di questa condizione sembrano entrare in gioco fattori genetici e ambientali: una suscettibilità individuale su base genetica potrebbe scatenare una risposta immune incontrollata contro antigeni self dopo esposizione a un agente ambientale ignoto. Ma l’ipotesi che un evento infettivo possa innescare un’artrite cronica in soggetti geneticamente predisposti seppur interessante non è stata ancora dimostrata.

La suscettibilità genetica è dimostrata da studi su gemelli monozigoti che hanno mostrato una concordanza tra il 25 e il 40%, quindi con un rischio maggiore rispetto alla popolazione generale 11. Sono state inoltre ipotizzate e poi confermate associazioni tra i sottotipi di AIG e i geni HLA e non-HLA correlati. Questi ultimi includono i geni delle citochine e altri geni dell’immunità. Il sottotipo oligoarticolare, ad esempio, è associato a determinati antigeni HLA tra cui A2, DRB1*11 (un sottotipo di HLA-DR5), e HLA-DRB1*08. La forma poliarticolare FR-positiva è associata invece all’HLA-DR4. Nei pazienti affetti da artrite relata a entesite c’è una elevata prevalenza per l’HLA-B27. Gli alleli HLA-DRB1*11 e HLA-DRB1*13 sono invece associati ad un’aumentata suscettibilità a sviluppare uveite. Per quanto riguarda l’artrite sistemica è stato ritrovato un polimorfismo in un singolo nucleotide (-174) nella regione regolatoria del gene dell’IL-6 ma gli studi degli ultimi anni confermano che la forma sistemica differisce dalle altre forme per una diversa immunopatogenesi per cui va oggi considerata una malattia autoinfiammatoria acquisita 9.

L’AIG è caratterizzata da diverse alterazioni immunologiche, alcune delle quali simili all’artrite reumatoide (AR) dell’adulto come ad esempio l’infiammazione della sinovia. È caratteristica la marcata iperplasia dello strato esterno e l’infiltrazione di cellule

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mononucleate (cellule B e T, monociti, macrofagi, cellule dendritiche e plasmacellule) nella lamina interna. Le cellule T rivestono un ruolo cruciale nell’attivazione della cascata della risposta immune nell’AIG. Un elevato numero di linfociti T CD4+ attivati e CD8+ autoreattivi sono presenti nel sangue e nella sinovia dei pazienti con AIG soprattutto nella forma poliarticolare. L’infiltrato linfocitario è costituito prevalentemente da cellule CD4+ Th-1, per la maggior parte di memoria con alta espressione di recettori per le chemochine (CCR5 e CXCR3).

La sinovia oltre all’ipertrofia mostra un’aumentata vascolarizzazione causata da un’iperespressione dei fattori di crescita che stimolano l’angiogenesi, tra cui l’osteopontina. Questo processo infiammatorio porta alla formazione del panno sinoviale, mentre enzimi come le metallo proteinasi determinano l’erosione dell’osso e della cartilagine. Il liquido sinoviale di questi pazienti contiene inoltre elevati livelli di citochine (tra cui IL-12) e chemochine che determinano un up-regulation della risposta immune. L’IL-17, prodotta delle cellule CD4+ della sinovia determina un’aumentata produzione locale di altre citochine (IL-6, IL-8) da parte dei sinoviociti e di metalloproteinasi che contribuiscono alla distruzione delle articolazioni. IL-17 sopprime, inoltre, i linfociti T regolatori (Treg- CD4+CD25+) che hanno un ruolo importante nella prevenzione delle patologie autoimmunitarie; queste cellule sono state trovate in numero ridotto nei pazienti con AIG poliarticolare rispetto ai pazienti con AIG oligoarticolare persistente 12.

Ci sono molti studi che hanno cercato di individuare il pattern citochinico caratteristico dei vari sottotipi di AIG e questo ha spinto la ricerca a creare nuovi farmaci per bloccare l’infiammazione. Gli ottimi risultati raggiunti con l’uso della terapia anti TNF in molti pazienti con AIG ha supportato l’ipotesi che tale citochina abbia effettivamente un ruolo patogenetico determinante in questa patologia.

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Nella forma poliarticolare FR-positiva si ha la positività dei anticorpi anti peptide ciclico citrullinato (anti-CCP), come per la forma dell’adulto mentre l’artrite relata a entesite sembra appartenere dal punto di vista patogenetico alle spondiloartropatie. Gli anticorpi anti-nucleo (ANA), che spesso risultano postivi all’esordio della forma oligoarticolare, reagiscono contro differenti target nucleari ma non sono specifici per l’AIG 9

.

L’associazione dei geni HLA di classe I come l’B27 e di classe II come HLA-DRB1 indicano l’importanza del ruolo delle cellule T, confermato dal fatto che nei pazienti in remissione il rapporto CD4/CD8 aumenta. Il ruolo del sistema HLA rimane ancora un punto oscuro; è stato infatti ipotizzato che particolari molecole HLA potrebbero presentare con maggiore efficienza epitopi artritogeni, o che, come accade nelle artrite B27 positive, l’HLA stesso possa diventare il bersaglio di una risposta autoimmune a causa della condivisione di alcune sequenze aminoacidiche con quelle di batteri patogeni. Tuttavia si ritiene che la patogenesi dell’AIG sia di natura multifattoriale: tale risposta causerebbe una attivazione sia dell’immunità innata che dell’immunità adattativa perpetuata dalla presenza dell’antigene self.

La risposta dei B e dei T linfociti contro un antigene self è confermata dal fatto che l’infiammazione articolare è caratterizzata dall’accumulo delle cellule T memoria nella sinovia e che si dispongono in un gruppo intorno alle cellule dendritiche presentanti l’antigene.

Un altro punto ancora oscuro è il ruolo dei linfociti T regolatori nel corso di una malattia caratterizzata da remissioni e riacutizzazioni. I Tregs sono in grado di sopprimere selettivamente altre cellule immuni e sono cruciali per la regolazione dell’infiammazione e per la tolleranza immunologica. Un aumentato numero di Tregs sia naturali (derivati direttamente dal timo) che Tregs antigene-indotti, specie rivolti

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contro le heat-shock proteins (proteine presenti nei tessuti infiammati o danneggiati, HSP) è presente sia nel liquido sinoviale che nel sangue periferico dei pazienti con AIG in remissione. La HSP-dnaj fa parte di una famiglia i cui omologhi umani sono intensamente espressi nel tessuto sinoviale infiammato. Si ipotizza quindi che la famiglia delle HSP-dnaj rappresenti il bersaglio di una risposta crociata indotta dall’incontro con una proteina batterica (teoria del mimetismo molecolare).

Il fattore di trascrizione intracellulare FOXP3 è un marker caratteristico dei Tregs. L’espressione di FOXP3 è evidenziabile nel 40% delle cellule T periferiche in pazienti con AIG. Alti livelli di Tregs positivi per FOXP3 riscontrati nel sangue periferico e nel liquido sinoviale dei bambini con AIG oligoarticolare sono stati associati a un decorso più favorevole della malattia 13. La domanda che sorge è se queste cellule sono insufficienti, in qualità e/o in quantità, per avere un ruolo nella patogenesi della malattia oppure la risposta immune effettrice è troppo forte per essere regolata dai Tregs.

Anche i T-linfociti Th17 sembrano avere un ruolo nell’infiammazione articolare dell’AIG, che assieme ai Tregs, ai Th1 e ai Th2 costituiscono un subset comune in costante cambiamento e in equilibrio dinamico. In particolare la proporzione dei linfociti Th17/Th1 nel liquido sinoviale delle articolazioni infiammate correla positivamente con alcuni parametri di attività di malattia come la VES e la PCR in pazienti con AIG oligoarticolare 14. Malgrado i progressi della ricerca abbiano portato importanti novità, la patogenesi dell’AIG rimane ancora oscura sia per quanto riguarda i fattori scatenanti sia per quanto riguarda i meccanismi di cronicizzazione 6.

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Istologia

Le lesioni istopatologiche principali riguardano la membrana sinoviale e sono del tutto simili tra loro nelle diverse forme. Il tessuto sinoviale è caratterizzato da un aumento del numero degli strati dei sinoviociti con incremento sia dei sinoviociti di tipo A di origine macrofagica sia di tipo B di origine fibroblastica e da una marcata iperplasia del tessuto connettivo sottostante con formazione del cosiddetto panno sinoviale. Il panno sinoviale è caratterizzato dalla formazione di nuovi vasi sanguigni (neoangiogenesi) e dalla presenza di un infiltrato di cellule infiammatorie e di zone di fibrosi. L’infiltrato infiammatorio è caratterizzato prevalentemente da linfociti T CD4+ (con caratteristiche di cellule attivate e della memoria), da scarsi linfociti T CD8+, linfociti B spesso attivamente secernenti immunoglobuline, da macrofagi e cellule dendritiche che sono migrati nella sinovia tramite l’intenso processo di neovascolarizzazione. L’interazione di queste cellule con i fibroblasti riveste un ruolo cruciale nella patogenesi del danno dell’AIG. In particolare il TNF-α e l’IL-1 prodotti dai macrofagi attivati e dai fibroblasti hanno un ruolo primario nella progressione della malattia poiché stimolano l’attività degli osteoclasti, dei condrociti e dei fibroblasti residenti nel tessuto sinoviale e la loro produzione di metalloproteinasi che, distruggendo la matrice tissutale, creano il danno strutturale delle articolazioni. I fibroblasti sinoviali hanno un fenotipo particolarmente aggressivo e producono enzimi degradanti la matrice; il meccanismo per il quale si sviluppa questo fenotipo non è chiaro ma sembra che siano implicati fattori epigenetici15.

Il liquido sinoviale è caratterizzato da un aspetto torbido a viscosità variabile (ridotta o conservata), i leucociti possono essere da 250 a 50.000 con 50-70% di PMN 6.

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Complicanze e comorbidità

L’ AIG è la principale causa di uveite cronica anteriore in età pediatrica. La prevalenza dell’uveite associata ad AIG è del 34%. Le sue complicanze come sinechie posteriori, cheratopatia a bandelletta, cataratta e glaucoma si verificano nel 30% degli individui affetti e possono portare a cecità 16. Minore è l’età della diagnosi di AIG e maggiore è il rischio di sviluppare uveite.

Le forme di AIG oligoarticolare, poliarticolare FR negativa, l’artrite psoriasica e l’entesite artrite sono i tipi di esordio di AIG più frequentemente complicati da uveite. L’uveite è invece molto rara nell’AIG poliarticolare FR positiva e praticamente assente nella forma sistemica.

Particolarmente a rischio sono pazienti di sesso femminile con AIG oligoarticolare ad esordio prima dei 4 anni e con ANA positivi. Tuttavia gli studi più recenti suggeriscono che la prevalenza dell’uveite nel sesso femminile possa derivare dal fatto che la maggior parte dei pazienti affetti da AIG a esordio precoce e con positività degli ANA siano prevalentemente femmine.

Il trattamento di prima scelta nell’uveite da AIG sono i corticosteroidi topici, tuttavia il loro uso prolungato può portare a cataratta e glaucoma. Altre opzioni di trattamento includono i modificatori della risposta biologica (DMARDs, Disease-modifying antirheumatic drugs) come la ciclosporina, il micofenolato e gli anti TNF-α come l’infliximab e l’adalimumab. Infatti è stato evidenziato in modelli animali che il TNF-α è una citochina con un ruolo causale nel processo infiammatorio oculare. Attualmente l’adalimumab è il farmaco di scelta nei pazienti con uveite cronica ma, in alcuni pazienti con uveiti refrattarie, un nuovo farmaco utilizzato è l’abatacept 17.

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L’associazione nello stesso paziente di varie malattie autoimmuni è piuttosto frequente, questo è dovuto sia alla predisposizione genetica del paziente che all’esposizione ad un trigger che può essere la causa comune di queste patologie. Le patologie autoimmuni più frequentemente associate all’AIG sono la celiachia, la tiroidite autoimmune, l’ipotiroidismo subclinico e il diabete mellito di tipo 1. È consigliabile eseguire periodicamente la valutazione della glicemia e della funzionalità tiroidea comprensiva del dosaggio degli autoanticorpi 18.

Nell’AIG la prevalenza di celiachia è doppia rispetto alla popolazione generale e questa associazione è dovuta anche al fatto che entrambe sono legate a un gene posto sul locus 4q27. In un paziente con AIG è necessario quindi escludere una celiachia mediante genetica (HLA specifico) e TTG. Quest’ultimo, se negativo al primo controllo, deve essere ripetuto ogni 2-3 anni in caso di presenza dei geni correlati alla celiachia; è inoltre importante eseguire la calprotectina fecale, indice sensibile di infiammazione intestinale, soprattutto in caso di indici di flogosi ripetutamente positivi e non correlabili alla situazione artritica, prestare particolare attenzione ai sintomi intestinali aspecifici come dolori addominali, calo ponderale, febbricola e alterazioni dell’alvo, ricorrere ad esami strumentali come l’ecografia intestinale per visualizzare un eventuale ispessimento delle anse 6,19.

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Terapia

Lo scopo del trattamento dell’AIG è di raggiungere il controllo della malattia, preservare l’integrità fisica e psicologica del bambino e prevenire sequele a lungo termine dovute alla malattia o alla terapia. Il menagement terapeutico dell’AIG si avvale di una combinazione di presidi medici, fisici, riabilitativi e del supporto psicologico. Prima del 1990, il trattamento dell’AIG si basava sull’uso dei farmaci antiinfiammatori non steroidei (NSAIDs) utilizzati nell’approccio iniziale a cui faceva seguito l’uso dei cortisonici e solo successivamente dei DMARDs come il metotrexato (MTX). Molti pazienti però riportavano gravi danni articolari, evidenziabili anche radiologicamente, importante ritardo di crescita e circa il 50% dei pazienti non raggiungeva la remissione nonostante il trattamento richiedendo quindi cure reumatologiche anche in età adulta. Le ripercussioni sui pazienti, sui loro familiari e sulla società erano elevate.

Negli ultimi anni però il trattamento dell’artrite idiopatica giovanile è cambiato notevolmente: i pazienti con AIG attualmente sono trattati precocemente e l’utilizzo dei nuove farmaci biologici ha permesso di migliorare il controllo della malattia e di prevenirne gli esiti a lungo termine 13.

Terapia locale

Un importante passo avanti è derivato da un uso sempre più ampio della terapia locale con infiltrazioni di cortisone sia a livello delle grandi che delle piccole articolazioni. L’uso della terapia locale oltre a essere efficace in tempi molto brevi e con effetto prolungato ha permesso di ridurre notevolmente la terapia sistemica sia con FANS che con cortisonici con una riduzione degli effetti collaterali a lungo termine legati a questi farmaci; inoltre, rispetto ai cortisonici, l’infiltrazione può essere eseguita selettivamente

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sulle articolazioni interessate dalla malattia e possono essere infiltrate molte articolazioni contemporaneamente. Spesso le infiltrazioni vengono effettuate in pazienti con pAIG che iniziano il MTX evitando l’uso del cosiddetto “ponte” di steroidi che serve a controllare la malattia quando ancora il MTX non ha esplicato la sua azione 20. L’efficacia della terapia locale è molto elevata con completa scomparsa dei segni di flogosi per una durata media di 8 mesi e una risoluzione stabile della flogosi nel 30% delle articolazioni trattate. Un altro studio mostra risultati migliori con una percentuale di remissione della malattia nelle articolazioni infiltrate dell’80% a 12 mesi e del 63% a 24 mesi.

La terapia locale è praticamente priva di effetti collaterali eccetto che per la possibilità di una zona di atrofia cutanea nella sede di iniezione. Questa eventualità può essere ridotta al minimo semplicemente lavando l’ago prima di estrarlo con soluzione fisiologica o novocaina dopo aver iniettato il farmaco.

Il farmaco di prima scelta nella terapia locale delle grandi articolazioni è il triamcinolone esacetonide, un cortisonico cristallizzato che per la sua struttura tende a rimanere più a lungo all’interno dell’articolazione, riducendo il passaggio nel circolo sistemico, al dosaggio di 1 mg/kg. Per le piccole articolazioni e per quelle con accesso più difficile come il polso si preferisce usare il triamcinolone acetonide o il metilprednisolone acetato e la procedura viene effettuata preferenzialmente durante sedazione con protossido di azoto, evitando l’anestesia generale 6.

FANS

I farmaci sistemici di prima scelta per tutte le forme di AIG sono gli antinfiammatori non steroidei (FANS). Il capostipite di questi è l’aspirina che oggi è scarsamente usata perché sono disponibili in commercio FANS con minori effetti collaterali e un numero

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minore di somministrazioni giornaliere. I più usati nelle forme oligoarticolari e poliarticolari attualmente sono: naprossene, flurbiprofene, ketoprofene, ibuprofene, diclofenac e meloxicam. L’efficacia di quest’ultimo, che ha il vantaggio della somministrazione unica è risultata in uno studio pediatrico paragonabile a quella del naprossene per cui oggi possiamo considerarlo una possibile alternativa in caso di fallimento degli altri FANS. L’indometacina e l’aspirina mantengono la loro indicazione nelle forme sistemiche. Questi farmaci sono in genere ben tollerati nel bambino anche se attualmente non vengono più assunti per periodi lunghi, ma solo per periodi di 1 o al massimo 2 mesi nelle forme oligoarticolari in assenza di segni prognostici negativi 21. Gli effetti collaterali tipici dell’adulto (epigastralgia, ulcera, gatrite) sono molto più rari nel bambino che non dovrebbe avere i fattori di rischio dell’adulto legati allo stress, al fumo e all’alcol. In rari casi si possono osservare ipertransaminasemia o rash cutanei che ne determinano l’interruzione 6

.

Terapia di fondo

In caso di mancata risposta ai FANS sono indicati i farmaci di fondo o ad azione lunga, cosi detti perche non hanno un effetto immediato ma agiscono molto più lentamente e sui meccanismi immunologici responsabili della malattia. Il farmaco di fondo di prima scelta nell’AIG rimane ancora oggi il MTX perché si è dimostrato efficace in circa il 70% dei pazienti con AIG, per la facilità con cui viene somministrato, per la sua efficacia e per la sua tollerabilità 22. Viene somministrato per via orale o intramuscolare una volta alla settimana.

I principali effetti collaterali sono l’aumento delle transaminasi che però si normalizzano rapidamente riducendo la dose, i disturbi gastrointestinali (nausea e

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vomito) e talvolta citopenia, per tale motivo sono raccomandati periodici controlli dell’emocromo e della funzionalità epatica 22,23

. La somministrazione di acido folico il giorno successivo al MTX riduce questi problemi. Talvolta però gli effetti collaterali causano una ridotta qualità di vita con problemi di compliance al trattamento e quindi riduzione dell’efficacia 22

.

Uno studio del gruppo italiano di reumatologia pediatrica ha sancito che le dosi maggiormente efficaci sono le dosi medie (15 mg/m2), mentre le alte dosi (30 mg/m2) non aggiungono alcun vantaggio.

Un altro studio di PRINTO (Paediatric Rheumatology INternational Trials Organisation) ha definito che il rischio di ricaduta dopo la sospensione del MTX è lo stesso sia che il farmaco venga sospeso a distanza di sei mesi dalla raggiunta remissione sia che venga sospeso a distanza di 12 mesi.

La percentuale di ricaduta è piuttosto alta (40%) per cui nei pazienti con malattia severa si preferisce comunque mantenere la terapia di fondo per tempi lunghi 24.

Terapia con farmaci biologici

L’entrata in commercio dei farmaci biologici, intorno agli anni 2000, ha rivoluzionato il trattamento dei pazienti affetti AIG, con forme severe e non responsive ai comuni trattamenti. I biologici sono farmaci di ingegneria genetica sintetizzati per bloccare selettivamente l’effetto di citochine infiammatorie implicate nella patogenesi dell’AIG come il TNFα, IL-1 e IL-6 ma anche molecole coinvolte nella regolazione della risposta B e T mediata. Il primo farmaco biologico a disposizione è stato l’etancercept, un inibitore della citochina infiammatoria TNF-α che è tra le maggiori responsabili dei danni prodotti dalla malattia. Da allora una serie di altri farmaci sono stati approvati per l’AIG tra cui l’infliximab, l’adalimumab, l’abatacept, il tocilizumab, l’anakinra e il

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canakinumab. L’etancercept è spesso il farmaco di prima scelta per il trattamento dell’AIG, tra i farmaci biologici. Tuttavia una percentuale di pazienti non risponde al primo biologico utilizzato o sviluppa effetti avversi e ad oggi non ci sono linee guida che supportino la scelta dei successivi farmaci ma solo singoli studi che suggeriscono quale farmaco utilizzare nelle varie categorie ILAR di AIG 25.

Molti studi in passato si sono focalizzati sull’efficacia e la sicurezza delle terapie biologiche in generale senza fare distinzione tra i vari sottotipi. C’è invece una crescente evidenza che i vari sottotipi rappresentino distinte condizioni cliniche e quindi che la risposta a particolari agenti biologici dipenda dai sottotipi. La forma oligoarticolare estesa ad esempio mostra una più rapida risposta e un più alto tasso di malattia inattiva se trattata con etanercept rispetto agli altri sottotipi. Altri studi dimostrano una migliore risposta dell’etanercept nella AIG poliarticolare FR negativa rispetto a quella FR positiva infatti mentre la forma FR positiva è assimilabile all’AR dell’adulto, la forma FR negativa ha molte somiglianze con la oligoarticolare estesa. Una classificazione basata sulla risposta alla terapia delle varie categorie ILAR di AIG potrebbe permettere di pianificare un trattamento individualizzato, di mettere in atto un trattamento più aggressivo in pazienti con un sottotipo di malattia associato a un peggiore outcome, di fare una scelta più mirata tra i biologici in pazienti non responder al MTX e di identificare i pazienti in cui è indicato un uso precoce dei biologici 4. Non esistono ad oggi linee guida relative a quando e come sospendere il trattamento nei pazienti che abbiano ottenuto una buona risposta clinica mentre è noto che il rischio di ricaduta di malattia alla sospensione è molto elevato. Nei pazienti non responsivi o intolleranti all’etanercept solitamente viene utilizzato l’anticorpo umano anti TNF-α (adalimumab) oppure l’infliximab 26. L’efficacia dell’infliximab nella cura dell’AIG è dibattuta nonostante l’approvazione formale nel trattamento dell’AR dell’adulto.

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L’adalimumab è stato approvato per il trattamento dell’AIG poliarticolare ed è attualmente il farmaco biologico di prima scelta nelle uveiti croniche intrattabili.

Studi recenti dimostrano l’efficacia dell’inibitore del recettore IL-6 (tocilizumab) sia nell’AIG sistemica che nell’AIG poliarticolare.

Per quanto riguarda gli effetti collaterali dei farmaci biologici possiamo affermare che la loro tollerabilità e sicurezza sono buone sebbene siano riportati severi eventi avversi come infezioni gravi, linfomi, epatotossicità e demielinizzazione 13. Le reazioni più comuni sono costituite da un arrossamento nel sito di iniezione (36% casi con adalimumab, 15% con etanercept). Reazioni anafilattiche caratterizzate da febbre, nausea e brividi si verificano nel 10-20% delle infusioni di infliximab. L’uso di paracetamolo e di antistaminico orale si è dimostrato inefficace nella prevenzione di tali reazioni. La premedicazione con antistaminico e cortisonico è applicata da molti centri benché gli studi ne abbiano formalmente dimostrato l’efficacia solo nei soggetti che abbiano già precedentemente presentato reazioni. Infezioni severe sono sporadiche con etanercept, descritte nel 5-10% dei casi trattati con infliximab e adalimumab. Questi ultimi farmaci possono riattivare una pregressa tubercolosi per cui prima di iniziare un trattamento con inibitori del TNF si deve fare a tutti i pazienti una intradermoreazione di Mantoux e/o il Quantiferon.

Per quanto riguarda l’insorgenza di malattie autoimmuni in corso di terapia biologica vi sono sporadiche segnalazioni di uveiti in corso di etanercept, quadri di vasculiti cutanee, sindromi Lupus-like, malattia interstiziale polmonare, morbo di Crohn e psoriasi. Sul rischio oncogenico i più recenti dati di letteratura non sembrano dimostrare un reale aumento dell’incidenza di nuovi tumori in soggetti trattati tenendo conto dell’aumentato rischio neoplastico legato alla malattia infiammatoria di per sé e all’uso di tutti i farmaci immunosoppressivi. In ambito pediatrico un particolare allarme è stato sollevato nel

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2006 dalla FDA in seguito alla segnalazione di 24 casi di linfoma epatosplenico a cellule T (tumore raro e a prognosi infausta ) insorto in giovani adulti affetti da morbo di Crohn e trattati contemporaneamente con infliximab e un immunosoppressore. Successivamente lo stesso tumore è stato riscontrato anche in giovani pazienti trattati con sola azatioprina e metotrexato.

Nei pazienti in terapia con farmaci biologici sono sconsigliate le vaccinazioni con virus vivi attenuati, mentre possono essere regolarmente eseguite le vaccinazioni con virus inattivati anche se gli effetti di questi farmaci sulla risposta vaccinale è sconosciuta. I pazienti in terapia con cortisone e/o metotrexato possono seguire invece il normale calendario vaccinale 6.

Prognosi ed outcome

Dagli studi effettuati emerge che solo il 40-60% dei pazienti in follow-up per AIG sono in remissione o hanno una malattia inattiva. Nonostante ancora oggi la malattia attiva persista per lungo tempo in molti pazienti un notevole miglioramento nell’outcome funzionale è stato raggiunto e la percentuale dei pazienti con gravi disabilità funzionali varia dal 2,5 al 10 9,27.

Indicatori di una prognosi peggiore sono una maggior severità o estensione dell’artrite alla diagnosi, il sesso femminile, forme simmetriche di artrite, una persistente rigidità mattutina, un precoce coinvolgimento del polso, dell’anca e delle piccole articolazioni delle mani e dei piedi, la positività del fattore reumatoide, la presenza di noduli sottocutanei, la persistenza dell’attività di malattia e alterazioni radiografiche con erosioni precoci. Tuttavia il decorso dell’AIG è variabile tra i vari pazienti ed è dunque difficile effettuare una previsione del decorso della malattia 9.

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La forma sistemica ha un decorso variabile. In circa la metà dei pazienti la malattia è caratterizzata da un decorso intermittente con l’alternarsi di fasi di riacutizzazione e remissione. In alcuni casi l’artrite si accompagna ad episodi di febbre ma si spenge quando i sintomi sistemici sono controllati. La prognosi a lungo termine di questi pazienti è generalmente buona. Nell’altra metà dei pazienti la malattia ha un decorso non remittente. In questi casi i sintomi sistemici si risolvono ma permane come esito l’artrite cronica. Questa è forse la forma più severa di AIG e può determinare un danno articolare permanente. La sindrome da attivazione macrofagica (MAS) rimane la complicanza più seria e potenzialmente fatale, per tale motivo dovrebbe essere trattata e riconosciuta più precocemente possibile. Lo sviluppo di amiloidosi è invece oggigiorno un evento raro 9.

I pazienti con il sottotipo oligoarticolare hanno generalmente la prognosi migliore; nonostante ciò alcuni autori hanno riportato che il tasso di remissione dopo 6-10 anni dall’esordio della malattia varia dal 23 al 47%. Questa categoria è particolarmente a rischio di sviluppare iridociclite e le sue severe complicanze come sinechie posteriori, cheratopatia a bandelletta, cataratta e glaucoma; per tale motivo questi pazienti necessitano di uno stretto follow-up e di un precoce trattamento 9.

I pazienti più a rischio di esiti e erosioni a livello articolare sono quelli con la forma poliarticolare. Il decorso della forma poliarticolare FR-positiva è caratterizzata, nel bambino così come nell’adulto da un progressivo e diffuso coinvolgimento articolare; le alterazioni strutturali visibili precocemente a livello radiografico si evidenziano soprattutto alle piccole articolazioni delle mani e dei piedi e se non trattata questa forma esita in artrite deformante. La forma poliarticolare FR negativa ha invece un decorso variabile che evidenzia l’eterogeneità di questo sottotipo 9

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La prognosi dell’artrite psoriasica non è generalmente buona, coinvolgendo solitamente le piccole articolazioni e in numero maggiore rispetto alla forma oligoarticolare. Variabile è anche il decorso dell’artrite relata a entesite con alcuni pazienti che sviluppano un progressivo coinvolgimento delle articolazioni dello scheletro assiale 9. L’artrite cronica può determinare esiti a livello dei capi ossei e sullo sviluppo dell’articolazione poiché l’infiammazione locale può determinare un aumentato accrescimento dell’arto (dovuto all’incrementata vascolarizzazione e rilascio di fattori di crescita) o un ridotto accrescimento dell’estremità ossea (secondario a danno del nucleo di accrescimento e prematura fusione del piatto episfisario) con conseguente dismetria degli arti, spasmi muscolari, fibrosi periarticolare con ridotta mobilità dell’articolazione e disabilità funzionale con incapacità a svolgere le normali funzioni quotidiane 9. Attraverso il questionario CHAQ è possibile valutare quanto il deficit delle funzioni articolari influenzi le attività quotidiane del paziente e quindi la sua qualità di vita. Nel tempo questo score ci permette di stabilire l’efficacia o meno di un farmaco, quindi è uno strumento molto utile negli studi clinici 28.

Nei casi più severi prolungati trattamenti steroidei, utilizzati soprattutto nell’era precedente all’introduzione dei biologici, determinavano anche osteoporosi e ritardo di crescita severo9.

Secondo alcuni Autori il 10-20% dei pazienti entrano nell’età adulta con esiti da moderati a severi. Il ritardo di diagnosi e dell’inizio di una appropriata terapia sono associati a una prognosi peggiore. Il più accurato fattore predittivo di disabilità a lungo termine sembra essere la severità iniziale dello score articolare. Uno studio italiano dimostra che, dopo un follow-up medio di 10 anni, solo il 32,8% dei pazienti con AIG era in remissione con percentuali diversi a seconda della forma 6.

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Non è ancora noto se l’introduzione dei nuovi farmaci biologici porterà a un miglioramento della prognosi e della storia naturale dell’AIG come è prevedibile. Certamente nelle forme refrattarie vanno usati precocemente prima che si instaurino lesioni irreversibili. La diagnosi precoce e quindi l’avvio di una corretta terapia, la possibilità di ricorrere ai nuovi farmaci, la corretta e costante esecuzione di fisioterapia sono fattori necessari per ottimizzare il management di questa malattia 6.

Le limitazioni funzionali del movimento citate sopra hanno un notevole impatto sulle attività della vita quotidiana e conseguentemente i bambini e gli adolescenti affetti da AIG hanno una qualità di vita peggiore rispetto ai loro coetanei. Inoltre il dolore cronico può influire negativamente sulla qualità del sonno e questo determina assenteismo scolastico e ridotta performance. Le strategie di trattamento dovrebbero quindi anche avere lo scopo di migliorare la qualità di vita di modo da permettere a questi bambini e ai loro genitori di ripristinare le loro normali attività quotidiane il prima possibile 29.

Etanercept

Etanercept (ETN) è un antagonista del TNF, è stato il primo farmaco biologico approvato (dal 2000) per il trattamento di pazienti sopra i 4 anni affetti da AIG poliarticolare refrattari o intolleranti al MTX. È una proteina di fusione costituita dal dominio extracellulare del recettore p75 del TNF associato al frammento C delle IgG1

umane 30. Si lega con alta affinità al TNF–α e alla α-linfotossina (TNF–β) impedendone il legame al recettore sulla superficie cellulare, riducendo l’infiammazione (Figura 1)31.

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Figura 1: struttura dell’etancercept. 32

Ruolo del TNF–α nell’AIG

Il TNF-α è una citochina proinfiammatoria secreta prevalentemente da cellule del sistema immunitario ed ha un ruolo chiave come mediatore della risposta infiammatoria alle infezioni. È prodotto per la maggior parte dai macrofagi e determina l’attivazione delle cellule T, la proliferazione delle cellule T e B, il reclutamento dei macrofagi e dei granulociti nei siti di infiammazione e la loro produzione di citochine (Il-1 e IL-6) che sostengono la risposta immune. Concentrazioni troppo elevate possono tuttavia determinare un eccesso di infiammazione e danno tissutale. È stato ritrovato nel sangue e nel liquido sinoviale di pazienti con AIG e AR dove i livelli correlano con l’attività di malattia 33, così come nell’intestino di pazienti con malattia infiammatoria intestinale e nell’umor acqueo di pazienti con uveite 34

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TNF-α è un omotrimero che inizialmente è presente sulla superficie cellulare e successivamente viene clivato rilasciando la citochina solubile. Sia la citochina solubile che quella legata alla membrana sono biologicamente attive e interagendo con i recettori (TNFR1 p55, CD120a e TNFR2 p75, CD120b), causano gli effetti biologici 34. Il recettore è solubile (sTNFR) e trans membrana; i livelli di sTNFR sono elevati in alcuni sottotipi di AIG e sembrano essere correlati con l’attività di malattia. Studi su pazienti con AR hanno evidenziato che la quantità totale di recettore (solubile e transmembrana) è inadeguata a legare tutto il TNF–α prodotto e quello in eccesso produce una cascata infiammatoria determinando il danno articolare 35.

Dosaggio e modalità di somministrazione

La dose standard è 0,4 mg/kg 2 volte a settimana per via sottocutanea con un dosaggio massimo di 25 mg per iniezione; in pazienti con scarsa risposta il dosaggio può essere incrementato a 0,8 mg/kg. Nei pazienti con scarsa compliance il trattamento può essere effettuato una volta al settimana alla dose di 0,8 mg/kg (max 50 mg/dose) con pari sicurezza ed efficacia33,36.

Efficacia del trattamento

L’efficacia e la sicurezza di questo farmaco sono state valutate inizialmente in trial clinico in pazienti con AIG poliarticolare refrattari o intolleranti al MTX e successivamente in molti studi effettuati con dati provenienti da registri nazionali tra cui PRINTO e BIKER (German Biologics in Pediatric Rheumatology Registry) 37,38.

Dopo questo sono seguiti altri studi a lungo termine che insieme ai dati di molti registri nazionali hanno confermato il sostenuto beneficio clinico e la sicurezza di questo farmaco, anche negli altri sottotipi di AIG, tranne nella forma sistemica e nelle uveiti

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associate ad AIG dove i risultati sono stati scarsi33. Gli studi condotti fino ad oggi hanno convalidato l’efficacia di etanercept nella cura dell’AIG poliarticolare sia nel breve che nel lungo termine, dimostrandone una rapida azione (effetti già dopo 2 settimane) e un profilo di sicurezza ed efficacia anche dopo 8 anni di terapia continuativa 37. Etanercept è risultato vantaggioso rispetto alle terapie convenzionali in termini di miglioramento alla qualità di vita, abilità funzionali, recupero di crescita lineare, mineralizzazione ossea e nel ridurre la progressione del danno articolare 39. Tuttavia la capacità di ETN di indurre una stabile remissione deve essere ulteriormente investigata30.

Effetti collaterali

I trial clinici iniziali sull’ETN versus placebo non avevano messo in evidenza significative differenze nella comparsa di effetti collaterali tra i due gruppi. I più frequenti effetti avversi erano stati reazioni nel sito di iniezione (39%), infezioni delle alte vie respiratorie (35%), cefalea (20%), dolore addominale (16%), vomito (14%), nausea (12%) e rash (10%). Le reazioni nel sito di iniezione sono un esempio di ipersensibilità ritardata mediata dai linfociti T e diventano meno frequenti nelle successive somministrazioni per l’instaurarsi di meccanismi di tolleranza. Tali manifestazioni solitamente non richiedono l’intervento medico ma se il paziente è sintomatico è possibile applicare del ghiaccio sulle lesioni oppure effettuare una terapia topica cortisonica o antistaminica.

Le infezioni sono frequenti nei pazienti in terapia con anti TNF–α; oltre alle infezioni delle alte vie respiratorie e quelle gastrointestinali alcuni studi riportano anche infezioni gravi come pielonefrite, peritonite, appendicite, meningite asettica secondaria a varicella, infezioni dei tessuti molli e infezioni opportunistiche.

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In alcuni studi sono stati descritti casi di pazienti in terapia con ETN che hanno sviluppato autoanticorpi, manifestazioni cliniche del lupus eritematoso sistemico, sarcoidosi, malattie infiammatorie croniche, demielinizzazione e uveite. È difficile però stabilire se vi sia un reale nesso causale tra terapia con ETN e sviluppo di malattie autoimmuni o se sia solo un’associazione casuale.

In uno studio italiano sono stati riportati eventi avversi di natura neuropsichiatrica con una frequenza del 28%, tra questi cefalea, ansia, depressione, aggressività, sindrome da amplificazione algica, astenia e vertigini. Questi effetti sembrano essere dose dipendenti e reversibili alla riduzione o interruzione della terapia.

In pazienti pediatrici in terapia con ETN sono stati riportati solo alcuni casi di neoplasie (linfomi, carcinoma della tiroide) ma la questione rimane ancora aperta.

Prima della somministrazione del farmaco è necessario effettuare l’intradermoreazione di Mantoux per escludere una tubercolosi attiva o latente e controllare l’immunizzazione per varicella e morbillo. Se il paziente non è stato vaccinato è necessario far eseguire la vaccinazione prima dell’inizio della terapia33.

Discontinuazione del trattamento

Allo stato attuale pochi sono i dati sulle modalità di interruzione del trattamento. Nella maggior parte dei casi la terapia viene prolungata per almeno un anno e mezzo dalla scomparsa dei sintomi40; non è ancora chiaro se sia preferibile ridurre progressivamente il dosaggio o la frequenza nelle somministrazioni o interrompere totalmente il farmaco. I dati del registro nazionale tedesco hanno evidenziato che tra i pazienti che avevano interrotto la terapia il 53% non ha avuto ricadute e questi avevano avuto una remissione di malattia in corso di trattamento significativamente più lunga rispetto a quelli che hanno avuto una ricaduta alla sospensione33.

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Adalimumab

L’Adalimumab (ADA) è un anticorpo monoclonale umanizzato di sottoclasse IgG1

prodotto tramite la tecnologia del DNA ricombinantecostituito da 1330 aminoacidi e ha un peso molecolare di 148 kDa. Si lega al TNF–α bloccandole l’interazione con il recettore solubile e di membrana (p55 e p75). A differenza di ETN non lega il TNF–β (Figura 2). Esperimenti in vitro hanno dimostrato che ADA insieme al complemento agisce sulle cellule che hanno sulla loro superficie il recettore complessato al TNF–α determinandone la lisi. Gli effetti biologici che esplica ADA sono numerosi tra i quali la riduzione dei livelli di molecole di adesione responsabili della migrazione dei leucociti nel sito di infiammazione 34,41.

Figura 2: struttura e meccanismo di azione dell’adalimumab.

ADA è approvato per AR, artrite psoriasica, spondilite anchilosante, morbo di Crohn, colite ulcerosa, psoriasi a placche e idrosadenite suppurativa34.

La prima indicazione in campo pediatrico per ADA è stata approvata nel 2008 per il trattamento dell’AIG poliarticolare da moderata a severa, da solo o in combinazione al MTX in pazienti di età ≥ 4 anni e dal 2013 in pazienti tra i 2 e i 4 anni 42.

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Adalimumab per il trattamento dell’uveite

L’uveite autoimmune dell’AIG è mediata prevalentemente dalle cellule T Th1 CD4+ che sono state infatti ritrovate in pazienti con uveite attiva. L’attivazione di tali cellule incrementa la produzione di citochine proinfiammatorie come IL-2, interferon gamma e TNF–α. Gli studi hanno infatti evidenziato un aumentato livello di citochine proinfiammatorie nell’umor acqueo di pazienti con uveite e in generale c’è una correlazione positiva tra la quantità di citochine e il numero di cellule nell’umor acqueo. Sebbene uno studio del profilo citochinico delle uveiti nell’uomo abbia ritrovato bassi livelli di TNF–α, in modelli animali è stato evidenziato un aumento del TNF–α nell’uveite e sono state praticate iniezioni intravitreali di omologo del TNF–α che hanno causato una rapida risposta infiammatoria. Somministrando poi l’anti TNF–α si è ridotto del 50% l’infiltrato dei neutrofili, del 58% delle cellule mononucleate e del 42% la perdita di proteine. Tutti questi dati forniscono il razionale per l’utilizzo dei farmaci anti TNF-α per il trattamento dell’uveite 34.

Gli studi effettuati hanno dimostrato l’efficacia e la sicurezza di ADA nel trattamento dell’uveite associata ad AIG. Per tale motivo l’American Academy of Ophthalmology (AAO) raccomanda di considerare ADA come trattamento di seconda linea, dopo il MTX per l’uveite associata ad AIG 43

.

Dosaggio e modalità di somministrazione

Per il trattamento dell’AIG in bambini tra i 2 e i 17 anni il dosaggio standard va da 10 mg ogni 2 settimane (tra 10 e 14 kg di peso), a 20 mg ogni 2 settimane (tra 10 e 29 kg di peso) fino a 40 mg ogni 2 settimane (con peso ≥ 30 kg).

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Per il trattamento dell’uveite invece è raccomandata una dose di 24 mg/m2

ogni 2 settimane con una dose massima di 40 mg anche se alcuni autori riportano anche la somministrazione settimanale. Un recente studio pilota prospettico ha valutato la possibilità di utilizzare le iniezioni intravitreali di ADA con un dosaggio di 1,5 mg somministrati a tempo 0 e dopo 2 settimane e poi ogni 4 settimane per un totale di 26 settimane con risultati promettenti.

Poiché il TNF è un importante mediatore della difesa dell’organismo contro le infezioni, livelli troppo bassi di TNF predispongono allo sviluppo di infezioni, soprattutto da microrganismi opportunistici. Per tale motivo è stato introdotto il concetto di “finestra terapeutica” per gli antagonisti del TNF e viene studiato quale sia il dosaggio adeguato del farmaco per assicurare un livello fisiologico di citochina di modo da non rendere il paziente immunodepresso.

Effetti collaterali

Non sono stati riportati severi effetti avversi nei pazienti pediatrici in terapia con ADA44. Tra gli effetti collaterali più frequenti vi sono infezioni (faringiti, broncopolmoniti, infezioni da Herpes Simplex e Herpes Zoster) e reazioni nel sito di iniezione ma sono stati riportati anche neutropenia, ipertransaminasemia, miosite, metrorragia e appendicite 45. Non sono stati riportati casi di patologie demielinizzanti in età pediatrica44. Data l’importante azione del TNF per la difesa dell’ospite in particolare contro le infezioni granulomatose, i pazienti in terapia con ADA devono essere sottoposti a screening per tubercolosi attiva o latente. Tuttavia un test cutaneo alla tubercolina positivo non preclude l’inizio della terapia soprattutto se necessaria per controllare la progressione della malattia.

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Tocilizumab

Il Tocilizumab (TCZ) è un anticorpo monoclonale umanizzato di sottoclasse IgG1

diretto contro il recettore dell’IL-6 (IL-6R) prodotto a partire da cellule ovariche di criceto attraverso tecniche di ingegneria genetica 46,47.

L’efficacia clinica del TCZ è stata descritta in studi preliminari in pazienti affetti da AR48, malattia di Castleman 49 e morbo di Still dell’adulto 50.

L’uso del TCZ anche nell’AIG è stato approvato nei paesi dell’Unione Europea nel giugno 2013 ed è un farmaco biologico importante nella forma poliarticolare. Può essere utilizzato da solo o in combinazione con il MTX nei pazienti sopra i 2 anni di età; la dose raccomandata è 8 mg/kg ogni 4 settimane nei pazienti con peso ≥ 30 kg oppure 10 mg/kg ogni 4 settimane in pazienti con peso < 30 kg 7.

IL-6 nell’AIG e uso di Tocilizumab

L’ interleukina-6 (IL-6) è una glicoproteina di 26 kD composta da 184 aminoacidi prodotta da una varietà di cellule che hanno un ruolo nell’infiammazione come le cellule B e T, i fibroblasti, i monociti e le cellule endoteliali 51. Essa gioca un ruolo fondamentale nella patogenesi degli effetti sistemici e articolari nell’AIG. Nei pazienti con pAIG i livelli di IL-6 nel sangue e nel liquido sinoviale sono elevati durante le fasi di attività della malattia e si normalizzano durante la remissione 7,52. IL-6 provoca uno sbilanciamento tra le cellule Th17 e le cellule T regolatorie contribuendo all’infiammazione della sinovia e, promuovendo la differenziazione degli osteoclasti, è responsabile del danno osseo e cartilagineo a livello articolare 51,53. Per tali motivi il blocco dell’azione dell’IL-6 può rappresentare un’opzione di trattamento della pAIG. L’IL-6 è una proteina monomerica che ha un recettore solubile e un recettore

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transmembrana (IL-6Rs) 54. Il recettore solubile (sIL-6R) si ritrova nel sangue e nel liquido sinoviale mentre il recettore transmembrana (mIL-6R) è espresso solo in alcune cellule come gli epatociti, i monociti, i macrofagi e alcuni linfociti. L’IL-6 determina il legame del mIL-6R con la gp130, ne deriva la dimerizzazione del recettore e la trasduzione del segnale intracellulare. Allo stesso modo quando IL-6 si lega al sIL-6R questo si associa alla gp130 sulla membrana cellulare e attiva la cascata dei segnali intracellulari 54,55. La via di trasduzione del segnale dell’ IL-6R è mediata da JAK, il quale a sua volta induce i fattori di trascrizione della via STAT e MAPK. La cascata dei segnali JAK/STAT gioca un ruolo importante nel controllo della risposta immunitaria poiché tra i suoi target vi è la produzione della proteina di fase acuta PCR 56,57.

Il TCZ ha la capacità di legare sia mIL-6R che sIL-6R determinando il blocco della trasduzione del segnale intracellulare (Figura 3); tale azione ha effetti sul sistema immune (es. inibisce l’azione dei mediatori dell’infiammazione che richiamano i linfociti B e T), sull’infiammazione (inibisce la produzione delle proteine di fase acuta) e potenzialmente può influenzare altri siti su cui agisce l’IL-6 (inclusi l’osso e i vasi ematici) 55.

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Farmacodinamica

L’IL-6 gioca un ruolo rilevante nel determinare le caratteristiche cliniche e bioumorali delle malattie infiammatorie croniche poiché è il principale stimolatore della produzione di proteine di fase acuta di produzione epatica come la PCR, la sieroamiloide, l’aptoglobina, l’α1-antitripsina e il fibrinogeno 52

. La PCR è sintetizzata dagli epatociti come effetto diretto della stimolazione dell’IL-6 e un suo incremento determina uno stato infiammatorio 57. L’IL-6 sembra avere un ruolo nel determinare il ritardo di crescita e l’osteoporosi nei pazienti con malattie infiammatorie croniche, è inoltre coinvolta nella differenziazione delle cellule B in plasmacellule, nel reclutamento dei neutrofili nel sangue periferico, nella modulazione del loro processo di apoptosi e di infiltrazione a livello tissutale 46,53,58-62. Per tali motivi i livelli ematici dei markers di infiammazione (VES e PCR) in pazienti trattati con TCZ sono stati a fondo studiati. Nei pazienti con AR e con sAIG trattati con TCZ è stata osservata una rapida e duratura normalizzazione della PCR e della VES evidenziando come in questi pazienti l’elevazione della PCR sia dipendente dall’IL-6 63,64

. È presumibile che si ottenga lo stesso risultato anche nei pazienti con pAIG.

Infatti in trials clinici sull’utilizzo del TCZ in pAIG è stato evidenziato come dopo l’infusione di TCZ si ha un iniziale incremento della concentrazione di IL-6, circa una settimana dopo la somministrazione seguito da uno stabile decremento che si mantiene tale anche nell’intervallo tra le dosi 7

. L’iniziale incremento di IL-6 non è dovuto ad un aumento della produzione di tale citochina bensì al blocco del suo recettore con conseguente aumento della molecola circolante. È stato inoltre evidenziato che i livelli sierici di IL-6 libero, ovvero non legato al recettore, riscontrati durante il trattamento con TCZ correlano più accuratamente con la produzione endogena di IL-6 e con l’attività di malattia rispetto a quelli dosati prima del trattamento con TCZ 65,66

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risultati suggeriscono che l’efficacia del TCZ nel trattamento della pAIG deriva dal suo legame con IL-6R, che quindi blocca il legame dell’IL-6 al suo recettore e il segnale intracellulare, e non dalla riduzione nella produzione di IL-6 7. Studi successivi hanno inoltre evidenziato che il blocco di tale segnale effettivamente riduce i livelli dei markers sierici di infiammazione (VES e PCR) a partire da due settimane dopo l’inizio del trattamento e determina un notevole e sostenuto miglioramento clinico47.

Eleggibilità dei pazienti con pAIG al trattamento con Tocilizumab

TCZ è indicato nei pazienti con pAIG refrattari alle terapie convenzionali che presentano artrite persistente e elevazione degli indici di infiammazione nonostante l’utilizzo di MTX da solo o in terapie combinate, che necessitano di terapia steroidea di lunga durata e ricadono alla sua sospensione.

Prima dell’ inizio del trattamento è necessario effettuare esami ematochimici di routine che valutino la funzionalità epatica e renale, valutare la funzione cardiaca, escludere che ci siano infezioni in atto ed effettuare l’intradermoreazione di Mantoux per escludere una TBC latente 46.

Valutazione dell’efficacia

Negli ultimi anni sono stati messi a punto numerosi score per la valutazione dell’efficacia delle terapie con farmaci biologici nell’AIG. Nel 1997, Giannini et al. hanno sviluppato i criteri ACRPedi (criteri pediatrici dell’American College of Rheumatology) per la valutazione della risposta al trattamento. Tramite questi score è stato possibile valutare come TCZ sia efficace sia nel trattamento non solo dell’artrite sistemica ma anche nel trattamento della forma pAIG resistente alle terapie standard e agli agenti anti TNF.

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Effetti avversi

Nel complesso il TCZ è ben tollerato dai pazienti con pAIG. Gli effetti avversi più frequentemente riportati con l’utilizzo del TCZ sono lievi-moderati e comprendono infezioni respiratorie (es. faringiti, riniti, bronchiti, polmoniti) e gastroenteriche 7,38,53 e reazioni cutanee 51.

Poiché il TCZ inibisce la risposta infiammatoria riducendo la produzione di PCR e la conta dei globuli bianchi, deve essere effettuato un attento monitoraggio degli eventi infettivi in quanto le manifestazioni cliniche dell’infiammazione potrebbero essere assenti nonostante il progredire dell’infezione47

. Tra le alterazioni di laboratorio sono state identificate incremento degli enzimi epatici, soprattutto in quei pazienti che effettuavano una concomitante terapia con MTX, neutropenia, piastrinopenia e aumento del colesterolo totale e LDL. Da lievi a moderate reazioni allergiche all’infusioni si sono verificate nel 18-20% dei pazienti.

Due effetti avversi gravi sono stati riportati in uno studio di fase III (MRA316JP) ovvero un episodio di anafilassi e una emorragia digestiva con ulcerazione del colon in un paziente con precedente storia di diarrea e sanguinamento rettale 64. Nei trials clinici non sono stati riportati casi di infezioni opportunistiche, neoplasie o morte ma sarà necessario un follow-up a più lungo termine per determinare l’eventuale comparsa di tali eventi avversi 67,68.

Sospensione del trattamento

Attualmente non ci sono linee guida o trials clinici per quanto riguarda la sospensione o l’allungamento dell’intervallo di somministrazione del TCZ in pazienti che hanno raggiunto una remissione della malattia. È comunque consigliato di prestare molta

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