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Progettazione e sintesi di nuovi modulatori del sistema endocannabinoide

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Chimica e

Tecnologia Farmaceutiche

Tesi di Laurea:

Progettazione e sintesi di nuovi modulatori del

Sistema Endocannabinoide

Relatori: Prof.ssa Clementina Manera Candidata: Giada Beltramini

Dott.ssa Francesca Gado N° matricola 470697

Settore Scientifico Disciplinare: CHIM/08

ANNO ACCADEMICO 2015 – 2016

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Credere in se stessi è uno dei mattoni più importanti nella costruzione di ogni

impresa di successo” Lydia Maria Child

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3

Indice

Introduzione generale

1 Cannabis Sativa

………..…6

2 Fitocannabinoidi

………...7

3 Potenziali usi terapeutici dei cannabinoidi

………...9

Obesità, Anoressia, Vomito

……….……….…..9

Malattia di Huntington

………...10

Cancro

……….……….11

Neuroinfiammazione

………..12

Alzheimer

………...13

Sclerosi Laterale Amiotrofica

………...13

Sclerosi Multipla

………..…...13

Parkinson

………...14

Dolore

……….………....15

4 Legislazione italiana sull'uso della cannabis

………...15

5 Sistema Endocannabinoide

……….……...18

6 Recettori CB1/CB2

………..……….….19

7 MAGL, FAAH, ABHDs e AMT

………..…...21

FAAH

………...…...21

MAGL

……….……21

ABHD6

……….……….21

ABHD12

……….…..21

AMT

……….……23

Introduzione alla parte sperimentale

…………..………..…..25

Parte sperimentale

……….……….……37

(4)

4

Referenze

……….77

(5)

5

Introduzione Generale

(6)

6

1 CANNABIS SATIVA

Cannabis Sativa è una pianta appartenente alla famiglia delle Cannabaceae, storicamente usata come pianta medicinale.

E' una pianta originaria dell'Asia Centrale, usata in Cina come cibo e per le sue fibre, già 10.000 anni fa. E' arrivata in Europa solo nel 1840, grazie ad un dottore irlandese, William O'Shaughnessy, che lavorava per la East India Trading Company in India, dove l'uso della Cannabis era diffuso.

Ben presto più di ventotto differenti medicinali a base di Cannabis furono resi disponibili nell'occidente, usati per scopi vari, come asma, dolori mestruali e infezioni della gola. Non essendoci ancora i mezzi per un controllo quali-quantitativo, spesso venivano assunte dai pazienti dosi o troppo basse o troppo alte, che portavano a gravi effetti collaterali. Questo portò alla graduale scomparsa dell'uso terapeutico della Cannabis, che nel 1937 fu rimossa dalla Farmacopea degli Stati Uniti, e successivamente dalle Farmacopee degli altri stati occidentali. Con l'arrivo di tecniche di controllo via via più sofisticate, e grazie all'isolamento e caratterizzazione della Cannabis, a partire dal 1960 furono nuovamente studiate preparazioni farmaceutiche a base di Cannabis, con risultati positivi.1,2

La Cannabis sativa (o canapa) è un'erba annuale a fusti eretti di 2-3 metri, più o meno ramificati, originaria dell'Asia Centrale, ma coltivata da millenni in vari paesi del mondo. Ha foglie per lo più alterne, palmato-composte con 5-7 segmenti lanceolati e dentati. I fiori maschili sono riuniti in racemi ascellari, con 5 sepali e 5 stami; quelli femminili sono riuniti in spighe glomerulate, disposte a coppie all'ascella di una brattea. Il frutto è una noce di 2-4 mm di lunghezza, liscia e di Figura 1: Cannabis Sativa

colore grigio.

Al microscopio, sulle foglie si vedono peli di rivestimento unicellulari che contengono concrezioni di calcio, e sono presenti anche peli ghiandolari con stipite pluricellulare e testa pluricellulare globosa di 8-16 cellule. Queste ghiandole sono molto presenti a livello delle brattee delle infiorescenze femminili.

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7 Si distinguono tradizionalmente una varietà sativa, usata per ricavare le fibre, e una varietà indiana, usata per la resina: Solo nei climi caldi le piante sono stimolate a produrre molta resina, mentre in climi più freddi gradualmente le varie generazioni perdono la capacità di produrre resina.3

2 FITOCANNABINOIDI

Finora sono stati scoperti più di 538 costituenti chimici della Cannabis, e di molti di questi non è stata ancora del tutto chiarita la loro attività biologica, motivo per cui continua ad essere una delle piante maggiormente studiate. 2,4

Nella Cannabis sono stati evidenziati numerosi composti: un olio essenziale, flavonoidi, zuccheri, acidi grassi, composti fenolici, diidrostilbenzeni, composti azotati. Ma i più interessanti e caratteristici sono i cannabinoidi, presenti sulle foglie e soprattutto sulle brattee delle infiorescenze femminili dove si trovano le ghiandole secernenti resina.

I Cannabinoidi sono dei terpeno-fenoli, di cui se ne conoscono circa 60, classificabili in base alla struttura, anche se nuove molecole sono state recentemente scoperte.

I principali sono Cannabidiolo (CBD), Cannabinolo, e il Tetraidrocannabinolo (THC), l'unica molecola psicoattiva.

Nonostante la grande variabilità riscontrata negli anni sulla Cannabis, dovuta alla coltura millenaria e alla continua selezione su base genetica a cui è stata sottoposta la specie, è possibile distinguere tre tipi di Cannabis 3

 piante a forte tenore di THC (>1%) e prive di CBD. Sono piante che crescono in zone calde, che producono molta resina

 piante a basso tenore di THC (<0,3%) e ad alto tenore di CBD. Sono piante coltivate nelle zone temperate fredde, da cui si ricava la fibra.

 piante intermedie a forte tenore di THC e anche di CBD. Caratteristiche della zona mediterranea.

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8 Fino agli anni '80 il termine Cannabinoidi rappresentava l'insieme dei terpeno-fenoli C21 costituenti della Cannabis Sativa. Ma con l'avanzare degli studi chimici e farmacologici su questi composti, il termine Cannabinoidi rappresenta ora tutte quelle sostanze con attività sui recettori cannabinoidi, sintetici o naturali (quest'ultimi chiamati anche Fitocannabinoidi). 2

I più importanti e caratterizzanti tra i fitocannabinoidi sono:

Figura 2: Fitocannabinoidi più importanti

Il THC, isolato da Raphael Mechoulam et all. nel 1964, presenta multipli effetti sull'organismo, infatti sono comunemente note le sue proprietà antidolorifiche, antiemetiche, antinausea, anticinetosiche, stimolanti dell'appetito, di riduzione della pressione endoculare (utile infatti nella terapia del glaucoma), e capace di abbassare l'aggressività. Da sempre gli scienziati si sono ispirati alla struttura del THC, per la sua totale affinità verso i recettori CB1 e CB2, da cui sono nate tantissime molecole a struttura analoga. Ma gli studi effettuati su queste molecole portarono subito alla luce gli effetti psicoattivi di questi composti, rendendo necessari studi volti alla eliminazione di questi effetti secondari, tramite modificazioni delle strutture chimiche.

Con la scoperta di un altro importante cannabinolo, il Cannabidiolo (CBD), gli scienziati negli anni si interessarono a questo composto, in quanto non presentava le capacità psicoattive del THC (dovuto alla poca affinità ai recettori CB1 e CB2), e gli studio biologici mostrarono pochi effetti collaterali, e effetti salutari, riscontrando infatti attività antiossidante, antiinfiammatoria ed effetti immunomodulatori. Oggi sappiamo inoltre che il CBD inibisce l'invasione delle cellule cancerose, l'angiogenesi, rendendolo capace di inibire la crescita del carcinoma mammario e di metastasi polmonari. Il Cannabidiolo agisce sui recettori cannabinoidi indirettamente, agendo sui livelli degli endocannabinoidi,

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9 ed è capace di inibire l'idrolisi enzimatica ed il reuptake dell'AEA, anche se non è chiaro se abbia un'azione diretta sui recettori CB1 e CB2.

3 POTENZIALI USI TERAPEUTICI DEI

CANNABINOIDI

Numerose malattie come anoressia, vomito, dolore, infiammazione, sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, disturbi neurodegenerativi (Parkinson, malattia di Huntington, sindrome di Tourette e Alzheimer), ma anche epilessia, schizofrenia, cancro, obesità e disturbi metabolici, solo per citarne alcuni, sono trattati o potrebbero potenzialmente essere trattati con agonisti/antagonisti dei recettori cannabinoidi. Gli effetti benigni di questi composti e la bassa tossicità, rendono questa classe di composti importantissima, e trascurarla è inaccettabile. Il mondo farmaceutico è in continuo studi di ligandi sempre più selettivi verso i recettori cannabinoidi, con ottime speranze per molte di queste malattie, che al momento, risultano poco conosciute e di conseguenza presentano un basso spettro terapeutico.5

Obesità, Anoressia, Vomito

La cannabis è da secoli conosciuta per le sue capacità di aumentare l'appetito e quindi il consumo di cibo. Recentemente è stato dimostrato come il recettore CB1 presenti un ruolo determinante nel controllo dell'appetito centrale, del metabolismo periferico e quindi nella regolazione del peso corporeo.

Nei pazienti maschi obesi sono state riscontrate delle varianti genetiche ridondanti nel gene codificante per il recettore cannabinoide CB1 (CNR1), e in alcuni test su animale l'uso di antagonisti su CB1 ha mostrato una sostanziale diminuizione dell'appetito.

Negli anni sono stati sviluppati molti farmaci per la cura dell'obesità, come il farmaco Rimonabant, agonista inverso dei recettori CB1, anoressizzante. Gli studi hanno dimostrato un primo risultato importante dopo 21 giorni di utilizzo, senza sviluppo apparente di tolleranza al farmaco.5 Rimonabant negli anni si è rivelato essere una efficace terapia nell'obesità. Una ricerca condotta da Jean-Pierre Despres (Laval

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10 University di Quebec, Canada) mostrava ottimi risultati in termini di riduzione di peso, circonferenza addominale, lipidemia, profili glicemici. Dopo un anno i soggetti che avevano ricevuto una dose giornaliera di 20 mg avevano perso circa il 5% del peso iniziale, migliorato il colesterolo HDL del 23% e ridotto i trigliceridi del 15%, con effetti di tolleranza accettabili (nausea, vomito e vertigini).

Rimonabant aveva ridotto della metà il numero di pazienti diagnosticati con iniziale sindrome metabolica, in associazione con diabete tipo 2, insulino-resistenza, ipertrigliceridemia, obesità, ipertensione arteriosa, aumentata incidenza di cardiopatia. Rimonabant è stato poi eliminato dal commercio sotto raccomandazione dell'istituto Endocrinologic and Metabolic Drug Advisory Panel dell’FDA che ha giudicato non sicuro, in modo unanime ( 14 a 0 ), il farmaco, in quanto negli studi clinici della fase III si sono manifestati casi di depressione, ansia, agitazione psicomotoria e disturbi del sonno, con conclusioni drastiche come il suicidio in 2 casi. Fra gli altri effetti collaterali sono stati segnalati 11 casi di crisi convulsive e 4 confermati casi di sclerosi multipla, capogiri e vertigini, alterazioni motorie (tremore, disturbi dell’equilibrio) e disordini cognitivi (alterazione mentale, sonnolenza, e disturbo del pensiero e della percezione). 6

Nei pazienti affetti da cancro o AIDS si presenta invece il problema opposto all'obesità, cioè l'anoressia. Il farmaco Dronabinol (THC sintetico, approvato negli USA per il trattamento della nausea e del vomito in pazienti affetti da cancro e l'AIDS) è stato associato ad un miglioramento notevole dell'appetito, accompagnato da un miglioramento dell'umore, e una diminuzione della nausea.

Malattia di Huntington

La malattia di Huntington è una malattia genetica neurodegenerativa causata da un difetto del gene che codifica la proteina huntingtina. Secondo studi recenti (University of Pittsburgh and Washington University School of Medicine, Hiroko Yano, Nature Neuroscience) questa proteina ,quando mutata, sembrerebbe compromettere il trasferimento di proteine ai mitocondri delle cellule cerebrali, che quindi vanno in apoptosi.7

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11 Nei pazienti malati di questa malattia in stadio avanzato sono state riscontrate una perdita quasi totale dei recettori CB1 e un ulteriore impoverimento di recettori D1 nel nucleo caudato, nel putamen e globus pallidus, e un aumento del recettore GABAergico nel globus pallidus. Queste scoperte suggeriscono un possibile ruolo di ligandi agonisti del

recettore CB1 nel trattamento di questa malattia.5

Cancro

I cannabinoidi sono stati con successo utilizzati nel trattamento di alcuni degli effetti collaterali che accompagnano il cancro, come nausea e vomito, perdita di appetito e quindi di peso, e dolore. Ad esempio il Nabilone, analogo sintetico del THC, può essere prescritto per contrastare o prevenire nausea e vomito dopo regimi chemioterapici standard, e il Sativex, uno spray orale a base di THC e CBD, è approvato in Canada per il trattamento del dolore associato a cancro.5

Il meccanismo secondo cui il sistema endocannabinoide agisca sulla proliferazione, migrazione e apoptosi delle cellule cancerogene è molto complesso e la sua totale comprensione è ancora incompleta, soprattutto dovuto al fatto che la sua attività differisce in base al tipo di cancro.8

Uno dei meccanismi conosciuti è l'induzione della sintesi de novo di Ceramidi, una famiglia di molecole lipidiche composte da sfingosina e un acido grasso, che si trovano nelle membrane cellulari. La sintesi di questi composti avviene per attivazione dell'enzima Ceramide Sintetasi, che causa l'attivazione di una cascata di segnali extracellulari, regolati dalla kinase ERK.

Questo meccanismo porta all'arresto del ciclo cellulare e manda la cellula in apoptosi. I cannabinoidi attivano i recettori CB1 e CB2, che a loro volta attivano il meccanismo Ceramide-ERK, promuovendo l'apoptosi.

L'apoptosi può avvenire anche attraverso un altri percorsi multipli, che partono tutti dalla stimolazione della proteina chinasi p38 MAPK da parte della ceramide.9

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12

Neuroinfiammazione

I recettori cannabinoidi sono conosciuti come neuroprotettori. Questa funzione viene spiegata principalmente dall'azione antiinfiammatoria dei recettori CB2, mentre molti studi hanno dimostrato come il recettore CB1 sia implicato nella protezione delle cellule da morte cellulare indotta da eccitotossicità, confermata dall'azione antiossidante di molti ligandi cannabinoidi. 10

L'azione dei recettori CB1 e CB2 è molto legata alla loro localizzazione. Infatti, i differenti tipi di effetti immunologici associati al recettore CB2 concordano con la sua predominanza nei tessuti immunitari. Recenti studi hanno dimostrato la sua presenza anche in alcune regioni del cervello, e ciò spiega la sua implicazione in molti processi neurobiologici, come il controllo del dolore e delle emozioni.11 Il recettore CB2 è associato al controllo della proliferazione12 e differenziazione13 delle cellule neuronali, è anche capace di proteggere cellule neuronali sane e di mandare in apoptosi cellule tumorali, e infine sembra essere capace di arrestare danni cerebrali conseguenti a malattie neurodegenerative, soprattutto se associate a infiammazione locale.

Anche il recettore CB1 possiede attività di neuroprotezione, associata alla capacità di inibire il rilascio di glutammato, diminuire la concentrazione di Ca2+ libero e quindi vasodilatazione, che nel complesso sono in grado di aumentare la sopravvivenza neuronale14

La scoperta di tutti questi meccanismi ha stimolato gli scienziati a studiare il ruolo dei recettori cannabinoidi e dei suoi ligandi in numerose malattie neurodegenerative:

 Alzheimer

 Sclerosi laterale amiotrofica

 Sclerosi Multipla

 Parkinson

 Ischemia Cerebrale

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Alzheimer

L'Alzheimer è una malattia molto comune che causa demenza senile, di cui ancora oggi si sa poco. Questa malattia è causata da una neurodegenerazione multipla, che coinvolge molti processi di neurotrasmissione come quello GABA-ergico, colinergico, dopaminergico ecc, che termina con una importante perdita neuronale. Nei pazienti malati di Alzheimer è stata riscontrata una alterazione del sistema endocannabinoide, anche se è ancora da chiarire se questa sia una delle cause o un effetto della malattia. E' stata accertata però una over-espressione dei recettori CB2 e dell'enzima FAAH nelle placche neuritiche associate alla glianei pazienti con Alzheimer.15-17

Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA)

SLA è una malattia neuromuscolare di tipo cronica, caratterizzata da atrofia muscolare, debolezza e spasticità, che terminano in una paralisi totale, con blocco della parola, deglutizione e della respirazione. La SLA è causata da una degenerazione progressiva dei motoneuroni sia centrali (corteccia cerebrale) sia periferici (midollo spinale e tronco encefalico). Da recenti studi si è collegata la forma familiare di SLA (FALS) a mutazioni del gene superossido dismutasi 1 (SOD1), che codifica per un enzima che neutralizza molecole di radicale superossido.15 Tra i meccanismi coinvolti in questa complessa malattia, vi è una componente neuroinfiammatoria mediata da citochine pro-infiammatorie, prostaglandine e ossido nitrico (NO).15 Test in vivo su topi, hanno evidenziato come agonisti CB2 contribuiscono significativamente alla sopravvivenza dei topi mutati del gene SOD1, ed il trattamento con agonisti parziali non selettivi dei cannabinoidi siano capaci di ritardare la progressione della malattia.18,19

Sclerosi Multipla

La Sclerosi Multipla è una malattia del SNC, che colpisce soprattutto adulti, caratterizzata da debolezza muscolare, spasmi muscolari anomali, cambiamenti nella sensibilità, difficoltà di coordinazione ed equilibrio, deterioramento cognitivo, problemi nel linguaggio, nella deglutizione e della vista. Questa malattia è caratterizzata dalla degenerazione della

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14 guaina mielinica che copre gli assoni, mediata dalle cellule T. La rimielinizzazione può verificarsi nella fase precoce della malattia, ma gli oligodendrociti, deputati alla formazione della guaina mielinica, non sono in grado di ricostruire completamente la mielina distrutta.15

Esperimenti su topi deficienti del recettore CB1 hanno mostrato una neurodegenerazione

dovuta ad un attacco immunitario ad opera delle cellule T.

Successivamente, il THC ha mostrato un effetto di protezione dalla neurodegenerazione tramite il controllo dei livelli di glutammato, che rappresenta il maggior neurotrasmettitore eccitatorio del SNC, che risultano alti nei pazienti con Sclerosi Multipla. Questo ha portato a presumere che i recettori CB1 fossero implicati nella modulazione del rilascio di

glutammato. L'uso di composti agonisti e antagonisti dei recettori cannabinoidi in vitro e su modelli animale, ha confermato questa teoria, spingendo gli scienziati a studiare la correlazione tra il Sistema Endocannabinoide e la Sclerosi Multipla.15,16

Parkinson

Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa ad evoluzione lenta e progressiva, che coinvolge principalmente il controllo dei movimenti e dell'equilibrio. I sintomi principali sono: tremore a riposo, rigidità, bradicinesia e instabilità posturale, e questi effetti spesso sono asimmetrici. La malattia fa parte di una classe di patologie note come “Disordini del Movimento”, e di queste è la più frequente. Questa patologia si presenta quando la produzione di dopamina nel cervello subisce un drastico calo costante e permanente. Questo sembra dovuto a una degenerazione dei neuroni che si trovano nella Substantia Nigra, e la perdita neuronale all'esordio della malattia è già a valori del 60%. A livello di cervello e midollo si ha l'accumulo di una proteina, l'-sinucleina, che si ritiene essere la responsabile della diffusione della malattia a tutto il cervello.20

I cannabinoidi sembra che potrebbero avere degli effetti benefici su questa patologia. Infatti test in vivo, hanno dimostrato come questi siano in grado di fornire neuroprotezione dalla tossicità della 6-idrossidopamina.21

Inoltre la maggior parte dei pazienti in trattamento con Levodopa, dopo 10 anni di trattamento vedono comparire dei disturbi del movimento noti come discinesie. Studi clinici e su modelli animali hanno mostrato che l'uso di antagonisti del recettore CB1

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15 potrebbe alleviare sia i sintomi associati al Parkinson sia l'insorgenza di discinesia da levodopa.22

Dolore

Evidenze scientifiche mostrano come i cannabinoidi possono essere potenzialmente utili nella modulazione del dolore, inibendo la trasmissione neuronale coinvolta.5 In particolare agonisti dei CBr modulano le soglie nocicettive, inibiscono il rilascio di molecole pro-infiammatorie e mostrano effetti sinergici con altri sistemi implicati nell'effetto analgesico, come l'apparato endogeno oppioide.53

THC, CBD, e dimetileptil-CBD si sono mostrati inibitori del rilascio di serotonina da piastrine indotte da plasma ottenuto da pazienti durante un attacco di emicrania.

Nel caso del trattamento del dolore neuropatico, il trattamento con cannabinoidi ha mostrato una riduzione efficiente del dolore percepito rispetto ai pazienti trattati con placebo. Inoltre i cannabinoidi hanno mostrato un importante effetto analgesico nella cura del dolore associato a cancro.

Non solo THC, ma anche altri cannabinoidi si sono mostrati in grado di modulare il dolore. Il farmaco noto come Nabilone (commercializzato come Cesamet) ha dimostrato una significativa riduzione del dolore associato a spasticità in pazienti affetti da Sindrome Del Neurone Motorio Superiore (UMNS).

La combinazione THC-CBD ha rivelato una attività maggiore del solo THC nella modulazione del dolore. In Canada il farmaco Sativex (spray orale a base di THC e CBD) è stato approvato per il trattamento del dolore neuropatico nella Sclerosi Multipla (SM).5

4 LEGISLAZIONE ITALIANA SULL'USO

DELLA CANNABIS

Attualmente in Italia, in materia di droghe leggere, vige la legge Jervolino-Vassalli (Testo Unico 309 del 1990). La legge distingue le droghe leggere (derivati naturali o di sintesi della cannabis, ossia marijuana e hashish) dalle droghe pesanti. Vige il criterio della

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16 “modica quantità”, ossia la quantità di cannabis che esclude l'ipotesi di spaccio. Quindi il consumo personale e la detenzione entro la quantità minima non rappresentano reato, mentre lo spaccio e la detenzione oltre la quantità stabilita sono sempre reato e si può rischiare una pena di carcere fino a 6 anni (Consulta del 9 marzo 2016).

Nel 2006 fu varata la Legge Fini-Giovanardi, che equiparava le droghe leggere a quelle pesanti. Tale legge trasformava la detenzione, anche per uso personale, della marijuana in reato penale, con l'introduzione di una “dose massima consentita” oltre la quale si era paragonati ad uno spacciatore, e si poteva rischiare la reclusione fino a 20 anni. La legge fu dichiarata incostituzionale nel febbraio 2014 da una Sentenza della Consulta.

La legalizzazione della cannabis è un tema molto dibattuto in Italia.

Una proposta di legge del Gruppo Interparlamentare “Cannabis Legale” 23

è ora all'esame della Commissione, e prevede:

 POSSESSO: Principio della “detenzione lecita” di una quantità di cannabis per uso ricreativo -5g in spazi pubblici, 15g in privato domicilio- non sottoposti a

autorizzazione o comunicazione a enti e autorità pubbliche. E' inoltre consentita la detenzione di cannabis ad uso terapeutico, anche oltre la quantità massima proposta per fini ricreativi, ma nei limiti contenuti nella prescrizione medica.

 AUTOCOLTIVAZIONE: È possibile coltivare piante di cannabis, fino a un massimo di 5 piantine di sesso femminile, in forma sia individuale, che associata. È altresì consentita la detenzione del prodotto ottenuto dalle piante coltivate.

 VENDITA:È istituito il regime di monopolio per la coltivazione delle piante di cannabis, la preparazione dei prodotti da essa derivati e la loro vendita al dettaglio. Per queste attività sono autorizzati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli anche soggetti privati. Sono escluse esplicitamente dal regime di monopolio la coltivazione in forma personale e associata della cannabis, la coltivazione per la produzione di farmaci, nonché la coltivazione della canapa esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali. La violazione delle norme del monopolio comporta, in ogni caso, l’applicazione delle norme di contrasto alla produzione e al traffico illecito di droga.

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17

 CANNABIS AD USO TERAPEUTICO:Sono previste norme per semplificare la modalità di individuazione delle aree per la coltivazione di cannabis destinata a preparazioni medicinali e delle aziende farmaceutiche autorizzate a produrle, in modo da soddisfare il fabbisogno nazionale. Sono inoltre semplificate le modalità di consegna, prescrizione e dispensazione dei farmaci contenenti cannabis. L’obiettivo è quello di migliorare una situazione, come quella attuale, in cui il diritto a curarsi con i derivati della cannabis è formalmente previsto, ma sostanzialmente impedito da vincoli burocratici, sia per l’approvvigionamento delle materie prime per la produzione nazionale, sia per la concreta messa a disposizione dei preparati per i malati.

 PREVENZIONE:I proventi derivanti per lo Stato dalla legalizzazione del mercato della cannabis sono destinati per il 5% del totale annuo al finanziamento dei progetti del Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga. Inoltre, i proventi delle sanzioni amministrative relative alla violazione dei limiti e delle modalità previste per la coltivazione/detenzione di cannabis, sono interamente destinati ad interventi informativi, educativi, preventivi, curativi e riabilitativi, realizzati dalle istituzioni scolastiche e sanitarie e rivolti a consumatori di droghe e

tossicodipendenti.

 REATI: Rimane reato lo spaccio illegale di cannabis anche entro i limiti di uso personale. E' reato guidare sotto effetto di Cannabis. Si stabilisce un principio generale di divieto di fumo di marijuana e hashish in luoghi pubblici, aperti al pubblico e negli ambienti di lavoro, pubblici e privati. Sarà possibile fumare solo in spazi privati, sia al chiuso, che all’aperto.

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5 SISTEMA ENDOCANNABINOIDE

Figura 3: AEA e 2-AG

Il primo endocannabinoide identificato è stata l'anandamide (AEA), e successivamente sono stati scoperti il 2-arachidonoilglicerolo (2-AG), il 2-arachidonil-gliceril-etere (2-AGE), la Virodamina e la N-arachidonoildopamina (NADA). Questo mediatori lipidici, insieme ai recettori cannabinoidi e i processi biosintetici correlati, degradativi e di trasporto,

costituiscono il Sistema Endocannabinoide.6,7

Le vie biosintetiche degli endocannabinoidi sono complesse. I loro precursori si trovano nella membrana plasmatica dei neuroni. Essi vengono prodotti su richiesta tramite vie biochimiche distinte che coinvolgono fosfolipasi C e D, così come altri enzimi. Questa richiesta è innescata da determinati valori di concentrazione intracellulare di calcio, che provocano la depolarizzazione delle cellule o la mobilitazione dei depositi intracellulari di calcio dovuti alla stimolazione dei recettori accoppiati a proteine G della famiglia Gq / G . Una volta formati, gli endocannabinoidi vengono trasportati attraverso la membrana per interazione con i siti extracellulari dei recettori cannabinoidi.

L'azione degli endocannabinoidi sembra avvenire, a differenza di altri neuromodulatori, con meccanismo retrogrado: infatti la stimolazione del neurone post-sinaptico innesca la biosintesi di queste molecole, che vengono rilasciate e trasportate alla cellula pre-sinaptica, dove si concentrano i recettori bersaglio. Esercitano quindi una funzione omeostatica, e a causa della loro natura chimica idrofobica, essi non possono viaggiare nel mezzo acquoso che circonda le molecole e quindi agiscono come mediatori locali (autocroni o paracrini).

L'attivazione dei recettori porta a differenti risultati, in base alla natura della cellula coinvolta:

 neuroni glutamatergici: azione inibitoria

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19

 cellule gliali e microglia: regolano molte funzioni importanti, come ad esempio la migrazione, l'attivazione e il rilascio di citochine pro- e anti-infiammatorie.

Il meccanismo di degradazione vede il reuptake degli endocannabinoidi nella cellula presinaptica, seguita dalla idrolisi per rottura dei legami ammidico e estere. I principali enzimi responsabili della degradazione degli endocannabinoidi, l'enzima Monoacylglycerol lipase (MAGL), selettivo per il 2-AG, Fatty acid amide hydrolase (FAAH) e gli enzimi

,

-hydrolase domanin 6 e 12

6 RECETTORI CANNABINOIDI CB1 e

CB2

I recettori cannabinoidi CB1 e CB2 sono dei recettori accoppiati a proteina G. Presentano un dominio N-terminale extracellulare, con siti di glicosidazione, e un dominio C-terminale intracellulare, associato ad una proteina della famiglia delle Gi/o. Sono costituiti da una catena idrofobica transmembranale che attraversa 7 volte la membrana plasmatica.25

Figura 4: Recettori cannabinoidi CB1 e CB2

La attivazione dei recettori CB1 produce effetti sulla circolazione e la psiche simili a quelli causati dalla ingestione di cannabis, cosa che non avviene con la stimolazione dei

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20 recettori CB2. I recettori CB1 si trovano principalmente sulle cellule nervose di encefalo, midollo spinale e sistema nervoso periferico ma sono presenti anche in alcuni organi e tessuti periferici tra cui ghiandole endocrine, ghiandole salivari, leucociti, milza, cuore e parte dell’apparato riproduttivo, urinario e gastrointestinale.26 Molti recettori CB1 sono

espressi sulle terminazioni nervose centrali e periferiche ed inibiscono il rilascio di altri neurotrasmettitori. In questo modo l'attivazione dei recettori CB1 protegge il sistema nervoso centrale da sovrastimolazione o sovrainibizione da parte di neurotrasmettirori. I recettori CB1 sono espressi particolarmente nelle regioni dell’encefalo che sono responsabili del movimento (gangli basali, cervelletto), dei processi mnestici (ippocampo, corteccia cerebrale) e della modulazione del dolore (alcune zone del midollo spinale, la sostanza grigia periacquiduttale) mentre la loro espressione a livello del tronco encefalico è bassa, il che può spiegare la mancanza di mortalità acuta cannabis-correlata. Il bulbo spinale controlla, tra le altre cose, la respirazione e la circolazione.27 I recettori CB2 sono presenti principalmente nelle cellule immunocompetenti, tra cui i leucociti, la milza e le tonsille.28 Una delle funzioni dei recettori CB2 nel sistema immunitario è la modulazione del rilascio di citochine, che sono responsabili delle risposte infiammatorie e della regolazione del sistema immunitario.29 Dal momento che i composti che attivano selettivamente i recettori CB2 (agonisti dei recettori CB2) non esplicano effetti psicologici, essi sono diventati oggetto di studi sempre più numerosi per l’uso terapeutico dei cannabinoidi, in particolare per quanto riguarda gli effetti analgesici, antinfiammatori e antitumorali. Ci sono crescenti evidenze sulla esistenza di ulteriori recettori cannabinoidi sia a livello centrale che periferico. Uno di questi recettori potrebbe essere il recettore “orfano” accoppiato alla proteina G GPR55.27,30 Altri recettori possono essere correlati

solo funzionalmente ai recettori cannabinoidi noti , poiché non sono strutturalmente simili a CB1 e CB2.31

La attivazione dei recettori cannabinoidi causa inibizione dell’adenilato ciclasi e quindi inibizione della conversione di ATP ad AMP ciclico (cAMP) con attività dose-dipendente e stereoselettiva. *

(21)

21

7 FAAH, MAGL, ABHDs e AMT

7.1 FAAH

FAAH è un membro della famiglia di enzimi delle serina idrolasi e svolge un ruolo importante nella idrolisi del legame ammidico di AEA.

Sebbene FAAH agisca su una vasta gamma di ammidi di acidi grassi o esteri, idrolizza preferenzialmente arachidonoil e oleoil substrati e ammidi primarie (2 volte più velocemente dell'etanolammide).

7.2 MAGL

MAGL è presente nella corteccia, ippocampo, cervelletto e talamo.31,32. La sua principale attività è quella di mobilitare i grassi negli adipociti, ma diversi studi hanno dimostrato come il MAGL sia responsabile della maggior parte della degradazione del 2-AG (85%).

31-33

Il 2-AG viene degradato per circa l'1% dal FAAH, e da due idrolasi supplementari, e le

hydrolase domain-containing 6 e 12 (ABHD6 e ABHD12), che nel complesso sono responsabili del 13% della degradazione del 2-AG.34

7.3

ABHD6 e ABHD12

L'inattivazione dell' AEA da parte dell'enzima FAAH è ben nota e caratterizzata, mentre si conosce poco circa l'inattivazione del 2-AG, che in vitro viene idrolizzato dagli enzimi MAGL e FAAH, ma anche da due serina idrolasi, le ABHD6 e ABHD12. Mappature dell' endocannabinoide 2-AG su cervello di topo hanno mostrato come MAGL, ABHD6 e ABHD12 presentino localizzazione subcellulare diversa, suggerendo un diverso comportamento nel modulare l'attività del 2-AG nel SNC.35 Questi studi si sono focalizzati sulla frazione proteomica delle membrane, in quanto il 90% dell'idrolisi del 2-AG avviene proprio a questo livello. I risultati hanno designato MAGL, ABHD6 e ABHD12 come le principali idrolasi del 2-AG, con una inattivazione di circa il 96% di questo endocannabinoide. Gli studi di mappatura hanno evidenziato, come detto prima, una differente localizzazione subcellulare di questi enzimi. Infatti ABHD6 e ABHD12 sono enzimi integrali di membrana, mentre MAGL è un enzima solubile in ambiente

(22)

22

extracellulare, che si associa alle membrane in posizione periferica. Alcuni studi suggeriscono che ABHD12 presenti il suo sito rivolto verso l'ambiente extracellulare, mentre ABHD6 guardi al citoplasma. RIF

ABHD6 appare come una proteina integrale nella membrana neuronale post-sinaptica e la troviamo in posizione strategica per regolare i livelli di 2-AG, infatti si trova nel sito della sua generazione (neurone post-sinaptico).36 ABHD6 è stata trovata anche in molti principali neuroni glutammatergici, alcuni interneuroni GABAergici e astrociti, ma non nelle microglia.37

Diversi studi recenti hanno identificato ABHD6 come un emergente target terapeutico per il trattamento di infiammazioni, disturbi metabolici e epilessia* Inoltre, è stato ipotizzato che gli inibitori ABHD6 possono offrire alcuni vantaggi rispetto inibitori di MAGL e ABHD12. In primo luogo, sia l'inattivazione genetica globale di MAGL sia un trattamento cronico con inibitori irreversibili delle MAGL hanno portato ad un aumento sostanziale dei livelli di 2-AG nel cervello, innescando effetti collaterali psicotropi e desensibilizzazione dei recettori cannabinoidi*

Anche ABHD12 è stata descritta come una proteina integrale di membrana, e al momento si conosce solo la sua attività di regolazione dei livelli di 2-AG.36 E' altamente espressa in diverse regioni del cervello, in particolare nella microglia, ma anche in diversi tipi di cellule, come macrofagi e osteoclasti.46 Interessanti sono stati degli studi di Blankman and Cravatt (2013)14 su alcuni topi ABHD12 deficienti, che hanno sviluppato sintomi età-dipendenti, che ricordano una malattia neurodegenerativa umana, la PHARC

(polineuropatia, perdita dell'udito, atassia, retinite

pigmentosa e cataratta) suggerendo un coinvolgimento dell'enzima ABHD12 nell'insorgenza di tale

malattia.46 PHARC è una raro disturbo autosomico recessivo, che provoca disordini

polimodali sensitivi e motori, associati ad una demielinizzazione dei neuroni senso-motori, distrofia retinica e atrofia cerebellare. I sintomi compaiono di solito in età infantile o adolescenziale, e la malattia progredisce lentamente.47 Nel 2010, questa malattia è stata associata a mutazioni omozigoti del gene codificante per l'enzima ABHD12. Sono state scoperte cinque distinte mutazioni dell'ABHD12 in pazienti affetti da PHARC, e tutti presentano una totale perdita di espressione di questo enzima.47

(23)

23

L'enzima ABHD12 mostra in vitro un'attività monoacylglycerol lipasi nei confronti dell'2-AG, contribuendo alla sua regolazione. 36 Tuttavia, i meccanismi molecolari in vivo tramite cui l'ABHD12 contribuisca all'insorgenza della PHARC sono ancora sconosciuti. In uno studio volto alla comprensione di questa associazione PHARC-ABHD12, è stata

esaminata l'evoluzione del comportamento in topi giovani e più adulti, deficitari del gene codificante per l'enzima ABHD12.

I topi più giovani (<6 mesi di età) non mostravano comportamenti anormali, mentre topi adulti sviluppavano progressivamente fenotipi associati a PHARC, tra cui difetti uditivi e motori, indicativi di una risposta neuroinfiammatoria. Nei tessuti cerebrali di questi topi deficitari del geneABHD12, la caratterizzazione metabolomica di questo enzima ha mostrato una sorprendente espressione di una serie di lipidi lisofosfatidilserina (LPS), che si verifica prima della comparsa della risposta neuroinfiammatoria e dei disturbi del

comportamento. Questo ha quindi confermato che i lipidi LPS sono diretti substrati dell'enzima ABHD12, e come questo enzima abbia un ruolo centrale nella attività della LPS lipasi a livello centrale. Lo studio di topi deficitari del gene codificante per ABHD12 si sono rivelati essere un ottimo modello per lo studio delle basi meccanicistiche della PHARC e dalle attività propria delle lipasi LPS, e per questo sono ancora in fase di studio.47

7.4 AMT

Una volta che gli endocannabinoidi AEA e 2-AG completano le loro azioni, vengono subito rimossi dallo spazio extracellulare mediante un processo di assorbimento cellulare, seguito da un rapido metabolismo e degradazione. Considerando la loro struttura molto lipofila, appare strana la necessità di un trasportatore per attraversare la membrana cellulare. La prima caratterizzazione dettagliata di AEA uptake in neuroni corticali ha dimostrato che l'accumulo osservato di AEA all'interno della cellula era moderatamente veloce (t = 2.5 min) e dipendente dalla temperatura, che coinciderebbe con un uptake carrier-mediato.48 Ulteriori esperimenti hanno anche dimostrato che l'assorbimento non era sodio indipendente e questa prova ha suggerito che l'assorbimento dovesse avvenire con un processo di diffusione facilitata (nel caso di AEA)49 . Questo trasportatore è stato chiamato "membrane transporter AEA" (AMT), ed è stato identificato nella maggior parte

(24)

24

delle cellule analizzate finora. Inoltre, studi di relazione struttura-attività sono state effettuate sulla AMT con una grande varietà di analoghi dell'AEA.50-52 Purtroppo dell'AMT vi sono ancora poche informazioni, infatti non è stato ancora clonato e determinato molecolarmente. Inoltre, è difficile affermare se il trasportatore lega solo la AEA o anche il 2-AG, nonostante studi iniziali mostrino che l'enzima non sarebbe influenzato dalla presenza di quest'ultimo.52

(25)

25

Introduzione alla parte

sperimentale

(26)

26

Breve introduzione del Sistema Endocannabinoide

Il Sistema Endocannabinoide è costituito dai recettori cannabinoidi CB1 (CB1R) e CB2 (CB2R), dagli endocannabinoidi (EC), tra cui l'anandamide (AEA) ed il 2-arachidonoilglicerolo (2-AG) sono i più studiati e caratterizzati, e dagli enzimi responsabili del loro trasporto e degradazione. Tra questi ultimi, oltre ai due enzimi Fatty acid amide hydrolase (FAAH) e Monoacylglycerol lipase (MAGL) che sono i più studiati, sono importanti anche altri due enzimi serina idrolasi, le Hydrolase domanin 6 e 12 (ABDH6 e ABDH12), responsabili della degradazione di circa il 13% del 2-AG. Il sistema endocannabinoide è implicato in molte funzioni del nostro organismo in quanto agisce come neuromodulatore, in grado cioè di regolare l'eccitabilità neuronale per interazione con le trasmissioni GABAergiche, glutammatergiche, serotoninergiche e dopaminergiche. Di conseguenza, i cannabinoidi, sintetici e naturali, sono stati associati a molte patologie importanti. Nel trattamento del cancro sono ormai noti per le loro capacità antiemetiche in quanto agiscono sui centri cerebrali del vomito e quindi vengono usati nella prevenzione della nausea e del vomito dopo chemioterapia standard. Inoltre, sono capaci di indirizzare una cellula, tramite vari meccanismi, verso l'apoptosi, cosa che rende loro degli ottimi candidati nella cura del cancro. Sono state riscontrate anche associazioni con molte malattie neurodegenerative, con componente neuroinfiammatoria come: Sclerosi Multipla, Alzheimer, Parkinson, Sclerosi Laterale Amiotrofica, Ischemia Cerebrale.

I CB1R e CB2R hanno in generale diversa localizzazione. I CB1R sono predominanti nel sistema nervoso centrale (SNC) e sono quindi responsabili degli effetti psicotropi associati ai cannabinoidi, mentre i CB2R si trovano principalmente nelle cellule del sistema immunitario quali macrofagi, cellule della microglia, linfociti B e T. Conseguentemente una stimolazione selettiva del CB2R non dovrebbe presentare effetti psicotropi. Le possibili strategie terapeutiche includono l’utilizzo di agonisti/antagonisti dei recettori cannabinoidi, di inibitori degli enzimi idrolitici FAAH, MAGL e ABHDS, e di inibitori dell’AMT ovvero del

trasportatore della AEA. Tuttavia data la complessità del ECS, farmaci multitarget sembrano costituire una soluzione migliore in quanto esercitano la loro attività pro-cannabinoide attraverso uno o più meccanismi, con il vantaggio di modulare il ECS in modo più sicuro ed efficace.Sulla base delle precedenti considerazioni, durante il periodo di tesi il mio lavoro sperimentale ha riguardato la sintesi di nuovi modulatori del ECS, aventi come target l'enzima ABHD12, il trasportatore AMT ed il CB2R.

(27)

27

ABHD12

Per quanto riguarda l’enzima ABHD12, gli unici inibitori riportati in letteratura sono composti di struttura triterpenica e triterpenoide. In particolare derivati dell'acido ursolico e derivati dell'acido betulinico (Figura 5) si sono dimostrati inibitori selettivi nei confronti di ABHD12, con affinità trascurabile nei confronti di MAGL e ABHD6 e incapaci di interagire con i recettori cannabinoidi. 54

Figura 5 : Acido ursolico e Acido betulinico

Nel laboratorio dove ho svolto il mio periodo di tesi era stata sviluppata una serie di composti 2-oxo-diidropiridin-3-carbossammidici di struttura generale A (figura 6) quali modulatori multitarget del ECS.

Figura 6: Struttura generale di composti 2-oxo-diidropiridin-3-carbossammidici

Lo studio di questi composti aveva rivelato come la natura e la posizione dei sostituenti sull'anello piridinico influenzasse notevolmente l'attività nei confronti dei target diversi del ECS. Alcuni di questi composti, pur mantenendo nella maggior parte dei casi una buona affinità verso i recettori CB2, avevano mostrato di possedere attività inibitoria verso ABHD12, come mostrato nella Tabella 1.

(28)

28 R2 R3 Ki CB1 nM Ki CB2 nM IC50 ABHD6 nM IC50 ABHD12 nM IC50 AEA-uptake nM IC50 FAAH nM IC50 MAGL nM A1 Br Phenyl 106,3 32,35 11749 94,55 -- >10000 >10000 A2 p-OCH3 -phenyl Phenyl >10000 24,22 >10000 385,3 -- >10000 >10000 A3 Phenyl Phenyl >>10000 >1000 >10000 806,4 -- >10000 >10000 A4 Br p-OCH3 -phenyl >10000 52,98 >10000 523,9 -- >1000 >10000 Tabella 1

In particolare era risultato interessante il composto A1 (Figura 7), che si è dimostrato un ottimo inibitore delle ABHD12 con un importante IC50 di 94,55 nM e che manteneva anche

una buona affinità nei confronti dei CB2R.

Figura 7: Composto A1

Al fine di approfondire le conoscenze circa le relazioni struttura-attività di questi composti quali inibitori di ABHD12, ho sintetizzato derivati analoghi di A1, caratterizzati da sostituenti diversi in posizione 5, la cui sintesi è riportata nello Schema 1.

(29)

29 Schema 1

Una soluzione di acetofenone e DMF-DMA in xylene viene riscaldata a 180 °C per 48h, per dare il composto 1. Questo viene poi fatto reagire con etil cianoacetato, in EtOH ass a reflusso per 24h, ottenendo l'ammide 2, che viene trattata in toluene anidro e CH3COOH

glaciale a reflusso per ottenere il derivato piridin-2-one 3. Successivamente il composto 3 viene sospeso in fiala in un eccesso di cicloeptilammina e riscaldato a 100 °C per 24h, per fornire l'ammide 4. Quest'ultima viene poi sottoposta a bromurazione, con Br2 in

CHCl3, a t.a. per 12h, per dare il bromo-derivato 5. Il composto ottenuto è stato trattato

con 4-fluorobenzil cloruro in DMF con CsF, dando il composto N-alchilato 6 insieme al derivato O-alchilato 7, che sono stati purificati tramite flash cromatografia. Entrambi i composti sono stati sottoposti a reazioni di cross-coupling, in condizioni differenti a seconda dell'acido boronico utilizzato, per dare i composti finali 8, 9 e 10 (Schema 1). Sono stati anche effettuati diversi tentativi di reazioni di cross-coupling per introdurre in posizione 5 del nucleo piridinico sostituenti alchilici (Figura 8). Le condizioni di reazione utilizzate sono riportate in Tabella 2.

(30)

30

Reazione n° Condizioni di reazione

1, 2, 3

Composto corrispondente Acido 4-pentenilboronico,

Bis(dibenzylideneacetone)palladium(0),

1,2,3,4,5-Pentaphenyl-1'-(di-tert-butylphosphino)ferrocene, K3PO4, Toluene anidro, a reflusso

4

Composto 12

Acido 1-butilboronico,

Bis(dibenzylideneacetone)palladium(0),

1,2,3,4,5-Pentaphenyl-1'-(di-tert-butylphosphino)ferrocene, K3PO4, Toluene anidro, a reflusso

Tabella 2

Figura 8: Tentativi cross-coupling effettuati

Tutti questi tentativi non hanno portato al prodotto desiderato ma al prodotto di protodealogenazione, dove il Br in posizione 5 veniva sostituito da un H.

(31)

31 Successivamente sono state apportate modifiche al gruppo carbossammidico in posizione 3 del nucleo piridinico, introducendo sostituenti con caratteristiche diverse rispetto alla cicloeptilammide. La sintesi di tali composti è riportata nello Schema 2.

Schema 2

La reazione di bromurazione con Br2 in CHCl3, a t.a. per 12h, del derivato 3 ha portato

all'estere 12, che per riscaldamento con le opportune ammine a differenti temperature, ha fornito i derivati ammidici 13-16 purificati per flash cromatografia. La successiva reazione di N-alchilazione in DMF con CsF e 4-fluorobenzil cloruro, ha fornito i composti N-alchilati desiderati 17-23 insieme ai corrispondenti isomeri O-alchilati 18-24, purificati tramite flash cromatografia.

Inibitori AMT

I primi inibitori del AMT sono stati sviluppati tramite modifiche strutturali dell'AEA che hanno riguardato principalmente la catena laterale idrofobica, il gruppo carbossammidico, e la testa polare. Tramite queste modifiche sono stati individuati una serie di inibitori noti come AM404, alcuni N-acil-vanil-ammidi (N-AVAM), VDM11, 3-piridin-aracidilammide, SKM4451 e UCM707 (Figura 9). 57

(32)

32 Figura 9: Alcuni dei maggiori inibitori dell'AMT conosciuti

Tutti questi inibitori si sono dimostrati solo parzialmente selettivi verso l'AMT, presentando una affinità non trascurabile verso l'enzima FAAH e/o i recettori TRPV1. Furono così sviluppati una serie di analoghi 1'-4-idrossibenzilici dell'AEA (arachidonoil derivati) e dell'N-oleoylethanolamine (oleoil derivati), noti come OMDM1-4 (Figura 9). I derivati analoghi oleoilici si dimostrarono 6-7 volte più potenti di quelli arachidonoilici. Entrambe le classi presentavano una scarsa affinità per i recettori cannabinoidi e una affinità quasi assente nei confronti di FAAH e TRPV1.57

Più recentemente sono stati descritti due composti di origine naturale, la guineensina e BSL-34, come inibitori selettivi dell'uptake di AEA e di 2-AG (IC50 nel range del

nanomolare) aventi una buona selettività verso FAAH, MAGL e recettori CB ( 50 volte).

La seconda parte del lavoro di tesi ha riguardato la sintesi di inibitori del trasportatore degli endocannabinoidi, in particolare dell’AEA (AMT).

Lo studio che aveva riguardato i composti di struttura A (Figura 5), aveva evidenziato come alcuni derivati che presentavano un metile in posizione 6 e un sostituente

(33)

33 ingombrante in posizione 5 come un fenile (B2) o un p-metossifenile (B3) (figura 10) risultavano essere buoni inibitori del trasportatore degli EC, in particolare dell'uptake della AEA. I composti B1 e B2 hanno mostrato un IC50 rispettivamente di 98 nM e 82 nM,

mantenendo anche una certa affinità verso altri target del ECS, come riportato in Tabella 3. Sono risultati interessanti anche i corrispondenti composti O-alchilati C1 e C2.

Figura 10: Serie composti B e C

COMP R Ki CB1 nM Ki CB2 nM IC50 ABHD6 nM IC50 ABHD 12 nM IC50 AEA-uptake nM IC50 FAAH nM IC50 MAGL nM B1 Phenyl 176 5,6 >10000 >10000 98 86 >10000 B2 p-OCH3-phenyl 9,8 26,2 530,9 >10000 82 246 >10000 C1 Phenyl >1000 4,22 >10000 >10000 168 8130 >10000 C2 p-OCH3-phenyl >1000 919 >10000 >10000 95 >100000 >10000 Tabella 3

Per approfondire le conoscenze circa la relazione struttura-attività di questi composti quali inibitori dell’uptake dell’AEA, ho sintetizzato derivati analoghi di B e C con sostituenti diversi in posizione 5 del nucleo eterociclico. I nuovi composti sono stati preparati secondo la sintesi riportata nello schema 3.

(34)

34

Schema 3

L'esterificazione del composto commerciale, acido 6-metil-2-oxo-nicotinico, con MeOH e H2SO4 concentrato per 12h, ha condotto al derivato 25, che per trattamento con

cicloeptilammina a 100 °C per 12h ha fornito l'ammide 26. Quest'ultimo viene bromurato con Br2 in CHCl3, a t.a. per 24h, ottenendo il bromo-derivato 27, che viene sottoposto a

reazioni di cross-coupling, in condizioni diverse a seconda dell'acido boronico utilizzato, a dare i composti 28-30. Sono seguite poi le corrispondenti reazioni di N-alchilazione con 4-Fluoro benzil cloruro in DMF con CsF, ottenendo i composti N-alchilati 31, 33, 35 ed i corrispondenti O-alchilati 32, 34, 36, isolati tramite flash cromatografia.

Composti agonisti selettivi CB2

Durante un programma di ricerca sviluppato nel laboratorio dove ho svolto il mio periodo di tesi finalizzato ad ottenere ligandi selettivi per il recettore CB2, erano stati ottenuti derivati 4-idrossi-2-oxo-1,2-diidro-1,8-naftiridin-3-carbossammidici (D) e derivati chinolin-2(1H)-on-3-carbossammidici (E) (Figura 11), che avevano mostrato una notevole affinità e selettività verso il recettore CB2.

(35)

35

In particolare i composti D1, E1 e E2 (Figura 12) avevano mostrato valori di Ki nell'ordine del nanomolare. Tabella 4

Figura 12 : Composti D1, E1 e E2

Tabella 4

Questi composti avevano inoltre mostrato una interessante attività antiproliferativa su alcune linee cellulari. quali 55 :

 human breast carcinoma cells MCF-7

 human prostate carcinoma cells DU-145,

 human gastric adenocarcinoma cells AGS,

 glioblastoma cells T98G

 human prostate cancerl cell lines LNCaP 56

Ultimamente è stato intrapreso uno studio di alcuni derivati della serie D ed E per la loro attività anti-proliferativa, per indagare sul loro effetto pro-apoptotico e sul ciclo cellulare sulla linea cellulare Jurkat, una linea di cellule immortalizzate di linfoblasti T, usata per lo studio della leucemia acuta dei linfociti T e dei segnali cellulari mediati dall'interleukina-2 che regola la risposta immunitaria.

Durante il mio periodo di tesi mi sono occupata quindi della preparazione dei composti D1, E1 ed E2 in quantità sufficienti per tale studio. Le sintesi di questi composti sono riportate negli schema 4 e schema 5 rispettivamente.

COMP Ki CB1(nM) Ki CB2(nM)

D1 200 0,9

E1 19,4 0,7

(36)

36 Schema 4

Il composto commerciale acido 2-amminonicotinico, viene esterificato con MeOH in H2SO4 a 80°C per 7h, ottenendo il composto 37. La reazione di Claisen intramolecolare,

con dimetilmalonato, EtOH ass e Na° fornisce il derivato naftiridinico 38. Questo viene trattato con 4-metilcicloesilammina a 150°C per 12h per ottenere l'ammide 39, che viene quindi N-alchilata con 4-fluorobenzil cloruro, in DMF con NaH, per dare il composto desiderato D1.

Schema 5

Come riportato nello schema 5, il composto commerciale 2-nitrobenzaldeide viene fatto reagire con dimetilmalonato in anidride acetica, ottenendo il composto 40. Questo per reazione di ciclizzazione, con acido acetico e ferro, fornisce il composto 41. Il composto 41 viene sospeso in 4-metilcicloesilammina e la miscela viene lasciata a 150°C per 12h per ottenere l’ammide 42, che viene sottoposto a reazione di N-alchilazione in DMF con NaH e con 4-fluorobenzil cloruro per ottenere il composto E1, o con cloropentano per ottenere il composto E2.

(37)

37

Parte sperimentale

(38)

38

Materiali e Metodi

I reagenti commerciali disponibili sono stati acquistati da Sigma Aldrich o Alpha Aesar e utilizzati senza purificazione.

La struttura di tutti composti è stata verificata mediante spettrometria 1H-NMR e 13C-NMR. Gli spettri sono stati registrati utilizzando uno spettrometro Bruker Avance IIITM 400 (operante a 400 MHz) e sono riferiti al segnale residuo del solvente. I chemical shifts  sono espressi in ppm e le costanti di accoppiamento J sono espresse in Hz.

L'evaporazione è stata eseguita sotto vuoto utilizzando un evaporatore rotante.

Per la purificazione dei composti tramite flash cromatografia è stato usato gel di silice 60 (0.040-0.063 mm) (MERCK).

Le reazioni sono state monitorate con TLC analitiche eseguite utilizzando gel di silice 60 F254 (Merck) contenente un indicatore fluorescente; i vari punti sono stati evidenziati mediante una lampada UV (254 nm).

(39)

39

(E) 3-(dimetilammino)-1-fenilprop-2-en-1-one (1)

2,00 ml di acetofenone (16,6 mmol) sono stati scaldati a reflusso in 21,2 mL di xilene insieme a 6,65 mL di N,N- dimetilformammide-dimetilacetale (49,9 mmol). Dopo 48 ore, la reazione è stata raffreddata fino a temperatura ambiente ed il solvente è stato rimosso per evaporazione. Il residuo solido ottenuto è stato triturato con etere di petrolio e filtrato sottovuoto fornendo 3,16 g (17,9 mmol) di composto 1 come solido marrone.

Resa: >99%

1H-NMR (CDCl3)  (ppm): 7,90-7,88 (m, 2H); 7,83 (d, 1H, J= 12 Hz); 7,45-7,39 (m, 3H);

(40)

40

(2E,4E) Etil

2-carbamoil-5-(dimetilammino)-5-fenilpenta-2,4-dienoato (2)

3,16 g del composto 1 (17,9 mmol) e 2,10 mL di etil cianoacetato (19,7 mmol) sono stati disciolti in 18,4 ml di EtOH assoluto. La miscela di reazione, così ottenuta, è stata scaldata a reflusso per 48 ore. Dopo raffreddamento, il precipitato ottenuto è stato raccolto per filtrazione e lavato con etere etilico e acetato di etile fornendo 2,13 g (7,76 mmol) di composto 2 come polvere di color giallo acceso.

Resa: 43,3%

1H-NMR (CDCl

3)  (ppm): 8,47 (s, 1H); 7,48-7,45 (m, 3H); 7,34 (d, 1H, J=12 Hz);

7,25-7,19 (m, 2H); 5,26 (m, 1H); 3,93 (q, 2H, J=7,2 Hz); 3,16-2,89 (m, 6H); 1,00 (t, 2H, J=7,2 Hz).

(41)

41

Etil 2-oxo-6-fenil-1,2-diidropiridin-3-carbossilato (3)

2,13 g del composto 3 (7,76 mmol) sono stati sospesi in 34,3 ml di toluene anidro e addizionati di 0,400 mL di AcOH (7,76 mmol). La miscela di reazione è stata scaldata a reflusso per 24 ore. Dopo raffreddamento, la reazione è stata posta in ghiaccio per favorire la precipitazione del composto desiderato. Il solido ottenuto è stato raccolto per filtrazione fornendo 1,08 g (4,43 mmol) di composto 3 come solido marrone chiaro. Resa: 57%

1

H-NMR (CDCl3)  (ppm): 8,27 (d, 1H, J=8 Hz); 8,01 (m, 2H); 7,49 (m, 3H); 7,22 (d, 1H,

(42)

42

N-cicloeptil-2-oxo-6-fenil-1,2-diidropiridin-3-carbossammide

(4)

1,08 g del composto 3 (4,43 mmol) e 1,2 mL di cicloeptilammina (9,1 mmol) sono stati scaldati in fiala a 100 °C per 24 ore. Dopo raffreddamento, la reazione è stata raffreddata in ghiaccio e acidificata con HCl al 10% fino a pH = 4. Il precipitato solido ottenuto è stato raccolto per filtrazione e lavato con H2O, ed essiccato sottovuoto, fornendo 1,69 g (4,93

mmol) di composto 4 come solido bianco-beige. Resa: > 99%

1H-NMR (CDCl

3)  (ppm): 9,35 (m, 1H); 8,68 (d, 1H, J=7,6); 7,23 (m, 2H); 7,56 (m, 3H);

(43)

43

5-bromo-N-cicloeptil-2-oxo-6-fenil-1,2-diidropiridin-3-carbossammide (5)

A 1,69 g del composto 4 (4,93 mmol) in CHCl3, è stata aggiunta goccia a goccia una

soluzione di Br2 (0,250 mL, 4,93 mmol) in 4,93 mL di CHCl3. La miscela di reazione è

stata tenuta sotto agitazione magnetica e a temperatura ambiente per 12 ore. Successivamente la miscela di reazione è stata diluita con CHCl3 e lavata con una

soluzione satura di Na2S2O3. La fase organica è stata poi essiccata su Na2SO4 anidro,

filtrata ed evaporata per ottenere 0,723 g (1,85 mmol) di composto 5 come solido bianco-beige.

Resa: 37,5%

1H-NMR (CDCl

3)  (ppm): 11,9 (s, 1H); 9,03 (m, 1H); 8,73 (s, 1H); 7,61-7,54 (m, 5H);

(44)

44

5-bromo-N-cicloeptil-1-(4-fluorobenzil)-2-oxo-6-fenil-1,2-diidropiridin-3-carbossammide (6)

5-bromo-N-cicloeptil-2-((4-fluorobenzil)oxi)-6-fenil-piridin-3-carbossammide (7)

A 0,723 g del composto 5 (1,85 mmol) disciolti in 5,6 mL di DMF anidra, sono stati aggiunti 0,564 g di CsF (3,71 mmol) e il tutto è stato lasciato in agitazione a temperatura ambiente per un’ora. Successivamente sono stati aggiunti 0,470 mL di 4-fluorobenzil cloruro (3,71 mmol) e la miscela di reazione è stata lasciata a temperatura ambiente per 24 ore. La reazione è stata estratta con CHCl3. La fase organica è stata essiccata su

Na2SO4 anidro, filtrata ed evaporata. Il grezzo ottenuto è stato purificato mediante flash

cromatografia usando come miscela eluente etere di petrolio/acetato di etile 9:1. Le opportune frazioni, raccolte e riunite, sono state evaporate fornendo 0,367 g (0.737 mmol) del derivato N-sostituito 6, come olio marrone; e 0,200 g (0,130 mmol) del derivato O-sostituito 7 come solido marrone.

Resa composto 6: 40% 1H-NMR (CDCl 3)  (ppm): 9,68 (bs, 1H); 8,75 (s, 1H); 7,49-7,45 (m, 1H); 7,41-7,38 (m, 2H); 6,99-6,97 (m, 2H); 6,91-6,87 (m, 2H); 6,77-6,74 (m, 2H); 5,12 (s, 2H); 4,19-4.09 (m, 1H); 2,03-1,55 (m, 13H). Resa composto 7: 21 % 1H-NMR (CDCl 3)  (ppm): 8,75 (s, 1H); 7,87-7,85 (bs, 1H); 7,78-7,75 (m, 2H); 7,49-7,43 (m, 5H); 7,13-7,08 (m, 2H); 5,45 (s, 2H); 4,20-4,11 (m, 1H); 2,04-1,33 (m, 12H).

(45)

45

N-cicloeptil-1-(4-fluorobenzil)-2-oxo-6-fenil-5-(tiofen-2-il)-1,2-diidropiridin-3-carbossammide (8)

Una sospensione di 0,053 g di PPh3 (0,200 mmol) e 0,010 g di Pd(OAc)2 (0,0400 mmol) in

2,00 mL di diossano, è stata posta all’interno di una fiala e lasciata sotto agitazione magnetica, sotto flusso di azoto. Dopo 15 minuti sono stati aggiunti, sempre sotto flusso di azoto, 0,200 g di composto 6 (0,400 mmol), 0,102 g di acido 2-tiofenboronico (0,800 mmol), 1,00 ml di metanolo e 0,850 ml di Na2CO3 2M. La miscela di reazione è stata

scaldata a 100°C per 24 ore. Il solvente è stato poi rimosso sottovuoto e il grezzo ottenuto è stato purificato mediante flash cromatografia utilizzando come miscela eluente etere di petrolio/acetato di etile 8:2. Le opportune frazioni, raccolte e riunite, sono state evaporate per fornire il composto 8 (0,036 g, 0,060 mmol).

Resa: 15% 1H-NMR (CDCl 3)  (ppm): 9,80 (bs, 1H); 8,84 (s, 2H); 7,42-7,38 (m, 1H); 7,31-7,26 (m, 2H); 7,06-6,70 (m, 9H); 5,18 (s, 2H); 4,22-4,11 (m, 1H); 2,06-2,00 (m, 3H); 1,72-1,55 (m, 7H); 1,27-1,21 (m, 3H). 13C-NMR (CDCl3) (ppm): 163,3; 162,1; 161,9; 160,9; 149,5; 145,1; 138,8; 132,9; 132,1; 129,9; 129,6; 128,7; 128,5; 128,4; 126,9; 126,6; 126,1; 120,6; 115,5; 115,4; 115,3; 50,58; 49,19; 34,93; 34,90; 28,11; 24,24; Punto di fusione: 148-149 °C

(46)

46

N-cicloeptil-2-((4-fluorobenzil)oxi)-6-fenil-5-(tiofen-2-il)-piridin-3-carbossammide (9)

Una sospensione di 0.053 g di PPh3 (0,200 mmol) e 0,010 g di Pd(OAc)2 (0,040 mmol) in

2,00 mL di diossano, è stata posta all’interno di una fiala e lasciata sotto agitazione magnetica, sotto flusso di azoto. Dopo 15 minuti sono stati aggiunti, sempre sotto flusso di azoto, 0.200 g di composto 7 (0,400 mmol), 0.102 g di acido 2-tiofenboronico (0,800 mmol), 1,00 ml di metanolo e 0,850 ml di Na2CO3 2M. La miscela di reazione è stata

scaldata a 100 °C per 24 ore. Il solvente è stato poi rimosso sottovuoto e il grezzo ottenuto è stato purificato mediante flash cromatografia utilizzando come miscela eluente etere di petrolio/acetato di etile 9:1. Le opportune frazioni, raccolte e riunite, sono state evaporate per fornire il composto 9 (0,109 g, 0,218 mmol).

Resa: 57% 1H-NMR (CDCl 3)  (ppm): 8,66 (s, 1H); 7,95 (bs, 1H); 7,51-6,93 (m, 12H); 5,54 (s, 2H); 4,24-4,18 (m, 1H); 1,90-1,40 (m,13H); 13C-NMR (CDCl3) (ppm): 164,2; 162,1; 161,7; 158,4; 156,5; 144,8; 140,5; 139,0; 132,2; 132,1; 130,9; 130,8; 129,8; 128,8; 128,1; 127,4; 127,3; 126,3; 123,8; 115,9; 115,7; 114,7; 68,64; 50,11; 34,72; 28,33; 23,73. Punto di fusione: 174-177 °C

(47)

47

(E) Etil

3-[3-(N-cicloeptilcarbossiammide)-1-(4-fluorobenzil)-piridin-2(1H)-one-5-il]acrilato (10)

Una sospensione di 0,022 g di PPh3 (0,085 mmol) e 0,003 g di Pd(OAc)2 (0,012 mmol) in

0,660 mL di acetonitrile, è stata posta all’interno di una fiala e lasciata sotto agitazione magnetica, sotto flusso di azoto. Dopo 15 minuti sono stati aggiunti, sempre sotto flusso di azoto, 0,150 g di composto 6 (0,289 mmol), 0,180 g di etilacrilato (1,70 mmol), 0,660 ml di NEt3. La miscela di reazione è stata scaldata a 100°C per 24 ore. Il solvente è stato poi

rimosso sottovuoto e il grezzo ottenuto è stato purificato mediante flash cromatografia utilizzando come miscela eluente etere di petrolio/acetato di etile 2:8. Le opportune frazioni, raccolte e riunite, sono state evaporate per fornire il composto 10 (0,083 g, 0,161 mmol). Resa: 55,6 % 1H-NMR (CDCl 3)  (ppm): 9,63 (bs, 1H); 8,93 (s, 1H); 7,52-7,48 (m, 1H); 7,42-7,39 (m,2H); 6,99-6,87 (m, 5H); 6,78-6,74 (m, 2H); 6,32 (d, 1H, J=15,6 Hz); 5,12 (s, 2H); 4,21-4,19 (m, 1H); 4,13 (q, 2H, J=7,2 Hz); 2,04-2,00 (m, 2H); 1,66-1,56 (m, 13H); 1,22 (t, 3H, J=6,8 Hz). 13C-NMR (CDCl3) (ppm): 166,7; 163,5; 162,3; 161,9; 161,0; 153,2; 140,4; 138,9; 131,9; 131,8; 131,5; 130,5; 129,1; 129,0; 128,6; 128,5; 121,4; 115,7; 115,5; 60,53; 50,73; 49,35; 35,01; 28,23; 24,32; 14,27. Punto di fusione: 198-203 °C

(48)

48

N-cicloeptil-5-(3,6-diidro-2H-piran-4-il)-1-(4-fluorobenzil)-2-oxo-6-fenil-1,2-diidropiridin-3-carbossammide (11)

Una sospensione di 0,022 g di PPh3 (0,085 mmol) e 0,003 g di Pd(OAc)2 (0,020 mmol) in

3,20 mL di diossano, è stata posta all’interno di una fiala e lasciata sotto agitazione magnetica, sotto flusso di azoto. Dopo 15 minuti sono stati aggiunti, sempre sotto flusso di azoto, 0,150 g di composto 6 (0,289 mmol), 0,081 g dell’estere pinacolico dell'acido 3,6-diidro-2H-piran-4-boronico (0,388 mmol) e 0,700 ml di Na2CO3 2M. La miscela di reazione

è stata scaldata a 100°C per 24 ore. Il solvente è stato poi rimosso sottovuoto e il grezzo ottenuto è stato purificato mediante flash cromatografia utilizzando come miscela eluente etere di petrolio/acetato di etile 5:5. Le opportune frazioni, raccolte e riunite, sono state evaporate per fornire il composto 11 (0,087 mg, 0,170 mmol) come solido beige.

Resa:59% 1H-NMR (CDCl 3)  (ppm): 9,82 (bs, 1H); 8,51 (s, 1H); 7,42-7,38 (m, 1H); 7,34-7,30 (m,2H); 6,97-6,95 (m, 2H); 6,92-6,87 (m,2H); 6,80-6,79 (m, 2H); 5,49-5,48 (m, 1H); 5,15 (s, 2H); 4,21-4,17 (m, 1H); 4,00-3,98 (m, 2H); 3,50 (t, 2H, J=5,2 Hz); 2,04-2,00 (m, 2H); 1,74-1,55 (m,10H); 1,24 (s, 2H). 13C-NMR (CDCl3) (ppm): 163,2; 162,4; 162,03; 160,8; 149,5; 144,4; 133,1; 132,4; 132,3; 132,2; 129,6; 129,2; 128,6; 128,5; 128,4; 127,8; 122,5; 120,3; 155,4; 115,2; 65,24; 63,93; 50,47; 48,88; 34,93; 29,39; 28,13; 24,22. Punto di fusione: 132-134 °C

(49)

49

Etil 5-bromo-2-oxo-6-fenil-1,2-diidropiridin-3-carbossilato (12)

A 0,294 g di composto 3 (1,20 mmol) in CHCl3, è stata aggiunta goccia a goccia una

soluzione di Br2 (0,0928 mL, 1,80 mmol) in 1,20 mL di CHCl3. La miscela di reazione è

stata tenuta sotto agitazione magnetica e a temperatura ambiente per 12 ore. Successivamente la miscela di reazione è stata diluita con CHCl3 e lavata con una

soluzione satura di Na2S2O3. La fase organica è stata essiccata su Na2SO4 anidro, filtrata

ed evaporata per ottenere 0,370 g (1,14 mmol) di composto 12 come solido bianco-beige. Resa: 95%

1H-NMR (CDCl

3)  (ppm): 8,44 (s, 1H), 7,74-7,72 (m, 2H), 7,48-7,46 (m, 3H), 4,48 (q, 2H,

(50)

50

5-bromo-N-isobutil-2-oxo-6-fenil-1,2-diidropiridin-3-carbossammide (13)

0,300 g del composto 12 (0,930 mmol) e 0,600 mL di isobutilammina (5,60 mmol) sono stati scaldati in fiala a 70 °C per 24 ore. Dopo raffreddamento, la reazione è stata raffreddata in ghiaccio e acidificata con HCl al 10% fino a pH = 4. Il precipitato solido ottenuto è stato raccolto per filtrazione e lavato con H2O, ed essiccato sottovuoto,

fornendo 0,184 g (0,520 mmol) di composto 13 come solido giallo. Resa: 56%

1H-NMR (CDCl

3)  (ppm): 13,0 (bs, 1H); 9,05 (s, 1H); 8,74(s, 1H); 7,61-7,52 (m, 5H);

Riferimenti

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