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La 'privatizzazione' della tutela penale tra deflazione, interpersonalità ed extrema ratio

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Academic year: 2021

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(1)

U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

D

IPARTIMENTO DI

G

IURISPRUDENZA

C

ORSO DI

L

AUREA

M

AGISTRALE IN

G

IURISPRUDENZA

Tesi di Laurea

La ‘privatizzazione’ della tutela penale

tra deflazione, interpersonalità ed extrema ratio

Relatore

Ch.mo Prof. Alberto Gargani

Candidata

Gaia Fiorinelli

(2)

Indice

Introduzione ... I

Premessa

Per una definizione del concetto di ‘privatizzazione della tutela penale’. Delimitazione dell’oggetto dell’indagine ... 1 Capitolo I

La pena al crocevia tra potere pubblico e dimensione privata. Soluzioni pratiche e resistenze dogmatiche in una prospettiva storico-comparatistica

1. Illiceità civile e illiceità penale nella loro evoluzione storica ... 4

1.1 L’azione penale privata a Roma ... 7 1.2 La progressiva ‘degradazione della penalità’ nel diritto privato romano e la distinzione concettuale tra pena e risarcimento... 12 1.3 Il recupero e il ripudio della dimensione privata della pena tra diritto medioevale e moderno. In particolare, l’evoluzione del tema nel pensiero di von Jhering e il monopolio statale della funzione punitiva... 16

2. La dimensione privata della ‘penalità’ nell’esperienza contemporanea 26

2.1 La riscoperta delle ‘pene private’ da parte dei penalisti ... 30 2.1.1 La ricerca di nuove tecniche di deflazione: il ruolo delle alternative ‘private’ alla tutela penale tra proporzione e sussidiarietà (e a confronto con le sanzioni amministrative). ... 32 2.1.2 La prospettiva di una migliore tutela dei beni giuridici ... 44 2.1.3 Le tesi radicali: per una gestione interamente privata dei conflitti

... 49 2.1.4 Le criticità delle tesi proposte. Un primo bilancio sull’opportunità di ‘privatizzare’ talune ipotesi di tutela penale e le relative modalità ... 52 2.2 Le pene private nel dialogo con il diritto civile ... 54 2.2.1 La funzione complessa del risarcimento del danno da reato tra sanzione e riparazione ... 55

(3)

2.2.2 Le resistenze concettuali in tema di funzioni della responsabilità civile. In particolare, i danni punitivi e la funzione di deterrenza... 63 2.2.3 Alcuni esempi di ‘sanzione civile punitiva’, tra previsioni legislative ed applicazioni giurisprudenziali. Verso una ridefinizione della categoria che valorizzi alcuni tratti comuni. ... 70

3. La varietà di soluzioni fornita dal panorama europeo ... 77

3.1 Gli exemplary/punitive damages negli ordinamenti angloamericani al crocevia tra ‘civile’ e ‘penale’... 77 3.2 L’ordinamento francese: una pluralità di tendenze alla privatizzazione della pena ... 86 3.3 La declinazione del tema nell’ordinamento tedesco: la centralità della prospettiva penalistica sulla privatizzazione ... 90 3.4 La dimensione privata della pena nell’ordinamento spagnolo. In particolare, i delitos privatos e il principio di intervención mínima quale chiave nel dialogo tra civile e penale ... 93 3.5 Alcune (ulteriori) conclusioni sommarie ... 95

Capitolo II

La tendenza riformatrice alla privatizzazione tra esigenze di deflazione e valorizzazione della dimensione inter-personale del conflitto

1. La privatizzazione delle dinamiche punitive ‘dall’interno’: lettura critica delle recenti modifiche al codice penale ... 97

1.1 L’estensione del regime di procedibilità a querela nella l. 103/2017 100

1.1.1 L’istituto della querela nella sua evoluzione applicativa tra deflazione e più adeguata tutela degli interessi coinvolti... 104 1.1.2 I nuovi reati sottoposti a procedibilità a querela nel d. lgs. 36/2018. Ricognizione e valutazione critica. ... 108 1.1.3 La querela: avanguardia della depenalizzazione? ... 116 1.2 L’estinzione del reato per condotte riparatorie nel nuovo art. 162-ter c.p. ... 119 1.2.1 Il progressivo affermarsi dell’efficacia estintiva della riparazione nel diritto positivo ... 121 1.2.2 L’art. 162-ter c.p.: ambito di applicazione e contenuto al crocevia tra riparazione e deflazione... 135 1.2.3 Le contraddizioni dell’art. 162-ter c.p.: la posizione dell’offeso, la ridotta deflazione, il superficiale accertamento... 142

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1.3 Un primo bilancio: le relazioni ‘pericolose’ tra querela e riparazione; l’insolito dialogo tra penale e civile nella tutela dell’offeso; l’alternativa del ‘delitto riparato’. ... 148

2. La ‘delega di funzioni’ al diritto civile: l’inedita figura degli illeciti civili punitivi e i punitive damages ... 152

2.1 L’introduzione di ‘sanzioni pecuniarie civili’ nella l. delega n. 67/2014 e l’attuazione nel d. lgs. n. 7/2016 ... 153 2.1.1 I tratti essenziali dei nuovi illeciti civili punitivi. In particolare, la funzione caratterizzante dell’autorità competente e della destinazione del provento. ... 156 2.1.2 Uno sguardo ai reati depenalizzati e ai nuovi illeciti tipizzati: la dimensione ‘privata’ degli interessi tutelati ... 162 2.1.3 La disciplina sostanziale e processuale degli illeciti civili punitivi: prove di dialogo ed istanze di garanzia ... 169 2.1.4 Prime ipotesi applicative e primo bilancio ... 177 2.2 La sentenza della Cassazione civile a Sezioni Unite n. 16601/2017 e la condanna a ‘risarcimenti’ punitivi nella prospettiva di un diritto penale privato ... 180 2.3 Un tentativo di sistematizzazione dei rapporti tra querela, risarcimento, riparazione e sanzione ... 183 2.4 Postilla: i pericoli della confusione tra ‘privato’, ‘personale’ e ‘patrimoniale’. In particolare, alcuni fraintendimenti nei reati contro la persona e nel diritto penale dell’economia... 186

Capitolo III

Verso un ‘diritto penale inter-privato’? Le prospettive di sistema.

1. Per una lettura della privatizzazione della tutela entro le coordinate fondamentali del sistema penale ... 191

1.1 Il diritto penale ‘privatizzato’ alla prova dei vincoli costituzionali 192 1.1.1 Le garanzie per l’autore dell’illecito ... 193 1.1.2 La congruità dell’apparato di tutela del punto di vista dell’offeso

... 197 1.1.3 La questione di legittimità costituzionale del d. lgs. 7/2016: un’ulteriore riconferma dell’attualità del problema ... 202 1.2 La privatizzazione della tutela alla prova delle garanzie sovranazionali ... 205

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1.2.1 L’evoluzione della definizione di materia penale nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ... 206 1.2.2 Le (nuove) tensioni tra depenalizzazione e materia penale: il caso dell’illecito civile punitivo ... 214 1.2.3 Un ulteriore problema: la riparazione come pena? ... 223 1.2.4 La privatizzazione della tutela nel prisma del diritto penale europeo (cenni) ... 227 1.3 Interferenze e inversioni tra etichette sostanziali e processuali nei percorsi di depenalizzazione ... 231 1.4 La ‘privatizzazione del conflitto’ e le funzioni della pena ... 234

2. Le prospettive della ‘privatizzazione’ della tutela: uno sguardo al futuro . ... 237

2.1 Verso una dimensione triadica del ‘conflitto penalistico’? L’ascesa sostanziale dell’offeso e la sua (delicata) posizione nello sviluppo di una giustizia riparativa ... 238 2.2 Le nuove frontiere del ‘diritto penale privato’: potenzialità di espansione di un modello ... 242 2.3 Considerazioni conclusive ... 246

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Introduzione

L’elaborato prende spunto da alcuni recenti interventi legislativi – segnatamente dal d. lgs. 7/2016 e dall’art. 162-ter c.p., introdotto dalla l. 103/2017 – per affrontare in modo trasversale il tema della ‘privatizzazione’ della tutela penale. Tale nozione – dal sapore ossimorico – è, invero, richiamata da una pluralità di Autori, senza che però alla stessa sia mai stato dedicato un approfondimento monografico o, perlomeno, unitario; al contrario, si tratta di un concetto talora richiamato per la sua efficacia suggestiva e quasi ‘pregiuridica’. L’obiettivo perseguito mediante la stesura della presente tesi consiste, invece, nella ricostruzione della ‘privatizzazione’ come un effettivo modello di politica criminale, in considerazione dell’evoluzione storica, delle suggestioni comparatistiche, di mutamenti legislativi e delle istanze sovranazionali.

Inoltre, come suggerisce già il titolo dell’elaborato, l’analisi ruota attorno a tre concetti ‘chiave’, costituiti dalla deflazione, dall’interpersonalità degli illeciti e dall’extrema ratio. Invero, le ragioni alla base della riscoperta della ‘pena privata’ possono essrere molteplici: da un lato, sotto il profilo dell’efficienza del sistema repressivo, tale scelta può rispondere a logiche di deflazione, quanto alla ricerca di strumenti sanzionatori maggiormente effettivi; dall’altro lato, la valorizzazione delle dinamiche interpersonali risponde alla concomitante esigenza di recuperare la dimensione ‘privata’ del conflitto ingenerato dall’illecito (percepito, in queste ipotesi, come violazione di una situazione soggettiva individuale), nonché di favorire la riparazione e la conciliazione. Scopo ‘parallelo’ del presente lavoro è costituito, pertanto, dall’individuazione di una ratio per la ‘privatizzazione della penalità’, nell’alternativa, appunto, tra il perseguimento di istanze meramente deflattive, la ‘ri-personalizzazione’ del conflitto sottostante al ‘quadro di vita’ delineato dalle fattispecie incriminatrici considerate e, infine, la declinazione del principio dell’extrema ratio, con lo scopo di una articolazione ‘sistematica’ delle tecniche di tutela civile e penale.

(7)

Così, nel Capitolo I dopo una breve ricostruzione della genesi della distinzione tra ‘privato’ e ‘penale’, fin dalle prime manifestazioni del fenomeno giuridico in epoca romana, si ripercorre l’evoluzione storica dei rapporti tra pena e risarcimento nella tutela di determinati beni, inerenti la persona e il patrimonio, inquadrando altresì l’istituto ibrido della ‘pena privata’. Si procede, poi, con un’analisi delle tendenze legislative e dottrinali in materia di depenalizzazione, con particolare attenzione, appunto, alle opzioni di privatizzazione della tutela, inquadrate anche in una prospettiva socio-filosofica. Dopo una breve disamina del tema in ottica civilistica, finalizzata ad inquadrare i limiti che il diritto civile pone,

ab externo, rispetto a talune tecniche di depenalizzazione mediante

privatizzazione, il Capitolo si chiude con una panoramica comparatistica, comprendente non soltanto i punitive damages angloamericani, ma anche le esperienze di ‘privatizzazione’ sperimentate negli ordinamenti francese, tedesco e spagnolo.

Nel Capitolo II si procede, invece, a un’analisi dettagliata dei recenti interventi legislativi, con la finalità di inquadrarli nel modello della ‘privatizzazione’ e di collocarli – traendo indicazioni dalla disciplina positiva – nella polarità tra mera deflazione, extrema ratio e valorizzazione della dimensione intersoggettiva del ‘conflitto penalistico’. In quest’ottica, lo studio muove innanzitutto dallo stadio più ‘arretrato’ della privatizzazione, consistente nell’estensione della procedibilità a querela prevista dalla riforma Orlando, analizzata lungo l’iter che ha portato all’adozione del d. lgs. 36/2018. Un secondo segmento del Capitolo riguarda, invece, la causa di estinzione del reato per condotte riparatorie introdotta nel 2017 all’art. 162-ter c.p., concretizzante una ‘privatizzazione’ molto più marcata. Infine, la parte conclusiva del Capitolo è dedicata agli illeciti civili punitivi introdotti con l. 67/2014 e con d.lgs. 7/2016 a seguito dell’abrogazione di talune fattispecie di reato relative a beni ritenuti di rilevanza ‘interpersonale’ e agli effetti di tale riforma sul tema civilistico dei risarcimenti ultracompensativi. All’esito di tale disamina si procede, poi, a un tentativo di sistematizzazione dei rapporti tra procedibilità a querela, riparazione e sanzione civile, con particolare attenzione altresì alla natura dei beni e degli illeciti compatibili con tali istituti.

(8)

Nel Capitolo III, infine, si inquadra il modello di diritto penale ‘inter-privato’ elaborato nei Capitoli precedenti entro una prospettiva sistematica, finalizzata a vagliarne la compatibilità con i principi costituzionali – quanto alle garanzie per l’autore dell’illecito, ma anche quanto alla tutela della persona offesa – e con lo statuto garantistico di matrice convenzionale. Si sonda, inoltre, la possibilità di razionalizzare le interferenze tra disciplina sostanziale e processuale, relativamente alle diverse ipotesi di ‘punizione riparativa’ e di coniugare tale paradigma ‘risarcitorio’ con i fini della pena. In chiusura si elaborano alcune conclusioni circa le prospettive della ‘privatizzazione’, nella forma della sussidiarietà e dell’accessorietà della pena rispetto alla riparazione: ecco che, allora, tale modello può rivelarsi sia uno strumento di deflazione del carico penalistico, sia l’occasione per valorizzare e promuovere la ‘riparazione’ negli illeciti interpersonali – sulla scia degli istituti ‘conciliativi’ della giustizia

riparativa – sia un mezzo per conseguire una maggiore effettività della tutela,

(9)

Premessa

PER UNA DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI ‘PRIVATIZZAZIONE DELLA TUTELA PENALE’.DELIMITAZIONE DELL’OGGETTO DELL’INDAGINE

In termini generali, le conseguenze ricollegate da un ordinamento a una condotta illecita tenuta da uno dei consociati – e derivanti, dunque, dall’inosservanza di norme «atteggiate nella forma dell’obbligo» – si distinguono in due categorie: da un lato, le sanzioni restitutorie, le quali «consistono nel ripristino della situazione giuridica antecedente alla commissione dell’illecito» e all’interno delle quali è possibile annoverare altresì le sanzioni risarcitorie, consistenti nel ripristino dello status quo antea per equivalente economico; dall’altro, le sanzioni punitive, che, invece, minacciando un ‘male’ in conseguenza dell’illecito, hanno lo scopo di dissuadere i consociati dal compimento di determinate azioni, nonché di persuaderli circa il significato negativo del comportamento oggetto del divieto1.

Tale classificazione – coerente a livello teorico, e, peraltro, utilizzata efficacemente per descrivere il dato positivo – sembra però di recente messa in discussione in quello che è stato definito il ‘diritto penale moderno’2: da un lato,

infatti, si assiste alla progressiva trasformazione di talune sanzioni punitive in strumenti di ‘ripristino’ delle relazioni interpersonali; dall’altro, si assiste altresì a una progressiva ‘pubblicizzazione’ di sanzioni risarcitorie, proiettate con finalità di prevenzione generale al di là della sola riparazione.

1 Cfr. per tale ricostruzione T. PADOVANI, Lectio brevis sulla sanzione, in F. D. BUSNELLI, G.

SCALFI (a cura di), Le pene private, Giuffré, Milano, 1985, 58-60. Cfr. anche Cfr. F. QUARTA,

Risarcimento e sanzione nell’illecito civile, ESI, Napoli, 2013, 12: è evidente, dunque, come il

primo genus sanzionatorio si collochi in una dimensione inter-soggettiva, abbia una funzione ripristinatoria e compensativa, rispetto a un illecito inteso come violazione di una situazione giuridica individuale; la seconda reazione, invece, è finalizzata a produrre un riequilibrio sistemico e pubblicisitico, e si estrinseca in una valutazione (negativa) della condotta dell’agente, considerata lesiva dell’ordine sociale, e perciò seguita da una pena, con finalità deterrente e/o punitiva

2 Cfr. C. E. PALIERO, L'autunno del patriarca. Rinnovamento o trasmutazione del diritto penale

(10)

Se, poi, nel ‘diritto penale classico’3 il monopolio statuale della potestà

punitiva aveva inciso anche sulla configurazione del ‘rapporto giuridico di diritto penale’ come una relazione diretta tra l’autore dell’illecito e l’ordinamento, assolutizzando la condotta del reo ed astraendo l’illecito dalla sua (eventuale) dimensione inter-privata, è dato osservare – piuttosto di recente – l’affermarsi (quantomeno a livello teorico) di «una svolta realmente umanistica», a seguito della quale sono (o dovrebbero essere) le persone «dell’autore e della vittima» i veri protagonisti di «un teatro della giustizia che si riduce a misura d’uomo»4.

Ebbene, con il concetto di ‘privatizzazione della tutela’ si vuole alludere a tale tendenza ‘modernizzante’ del diritto penale, per ricomprendervi una pluralità di fenomeni che stanno progressivamente determinando l’assottigliamento del confine tra sanzioni risarcitorie e sanzioni punitive, così consentendo, altresì, l’emersione di una ‘dimensione privata’ nelle dinamiche della pena, senza che ciò si traduca in un arretramento della funzione punitiva statale.

Non si vuol far riferimento, con ciò, all’importante e parallelo fenomeno della ‘privatizzazione’ delle fonti e del ‘controllo’ nel diritto penale5, né al concetto di

‘negozialità’ cui sono stati ricondotti taluni istituti del diritto processuale penale6.

3 Sulla dimensione ‘pubblica’ del diritto penale classico, v. C. E. PALIERO, L'autunno del

patriarca. Rinnovamento o trasmutazione del diritto penale dei codici?, cit., 1227: «la posizione

della vittima in questo modello sistemico è definita una volta per tutte ex ante, nella formalizzazione ipostatizzata e preventiva del conflitto attuata attraverso il tipo penale. Successivamente essa perde ogni ruolo, in virtù della totale assunzione in carico della sua tutela da

parte dello Stato, quale assoluto monopolista della pretesa penale». V. anche V. MANZINI, Trattato

di diritto penale italiano, UTET, Torino, 1981, I, 8, ove l’autore osserva che il diritto penale

appartiene alla classe del diritto pubblico, e che «la sanzione penale è in ogni caso diretta a tutelare interessi sociali, anche quando possono venire in considerazione interessi individuali». Su questo

profilo v. anche C.S.KENNY, Outlines of criminal law, Londra, Macmillan, 1907, 14, che, nel

ricercare il tratto distintivo delle sanzioni penali, afferma che «crimes are wrongs whose sanction

is punitive, and is remissible by the Crown, if remissible at all»: il tratto distintivo del crime,

pertanto, è individuato nel monopolio della Corona sull’applicazione della pena.

4 Così F. PALAZZO, Sanzione e riparazione all'interno dell'ordinamento giuridico italiano: de lege

lata e de lege ferenda, in Politica del diritto, 2017, 2, 349 ss. e in part. 355. Cfr. anche R.

BARTOLI, Il diritto penale tra vendetta e riparazione, in Riv. it. dir. proc. pen., 2016, 1, 96 ss., che sottolinea come tali tendenze abbiano tuttora il carattere di un’aspirazione, dato che il diritto penale «presenta ancora un carattere nella sostanza vendicativo o comunque violento».

5 Sul quale v., ad es., V. TORRE, La privatizzazione delle fonti di diritto penale: un'analisi

comparata dei modelli di responsabilità penale nell'esercizio dell'attività di impresa, Bononia

University Press, Bologna, 2013. Cfr. anche C. PIERGALLINI,Autonormazione e controllo penale:

verso la privatizzazione delle fonti?, in AA.VV., La crisi della legalità. il «sistema vivente» delle

fonti penali, ESI, Napoli, 2016.

6 A tal proposito cfr. proprio C. E. PALIERO, L'autunno del patriarca, cit., 1230: un istituto come il

patteggiamento, infatti, costituisce un’evidente privatizzazione del monopolio punitivo statale, ma si tratta, tuttavia, di una ‘privatizzazione’ consociativa, poiché il bargaining non si instaura tra

(11)

Più in generale, invece, ci si riferisce a un insieme di indici, presenti nell’ordinamento, che sembrano nel complesso riconducibili all’emersione della dimensione interpersonale nel diritto punitivo, da un lato, comprendendosi nel concetto di ‘conflitto penale’ l’intera categoria delle controversie giuridiche aventi ad oggetto l’applicazione di una pena, dall’altro, riconducendo alle logiche della ‘privatizzazione’ qualsiasi istituto che in vario modo ricolleghi le sorti di tale pena a una dialettica di tipo interindividuale, anche in conseguenza della natura privata degli interessi lesi7. Ciò, peraltro, non può che ripercuotersi sulla stessa visione

dell’illecito ‘punitivo privato’, così inteso nella sua dimensione relazionale, invece che unilaterale, spostandosi l’attenzione dal disvalore del fatto alla dinamica del conflitto; inoltre, questa impostazione si traduce anche in una nuova visione della reazione all’illecito, poiché la ‘privatizzazione del conflitto’ consente di concepire una sanzione che possa produrre contestualmente un riequilibrio tanto nella relazione intersoggettiva, quanto nella dimensione super-individuale8.

l’autore dell’illecito e la vittima, ma vede lo Stato come interlocutore del reo nella definizione concordata del bisogno di pena scaturente dalla sua condotta.

7 L’espressione «privatizzazione del conflitto penalistico» è utilizzata, appunto, anche da C. E.

PALIERO, L’autunno del patriarca, cit., 1231, per descrivere la tendenza embrionale del diritto penale moderno alle ‘monetizzazione delle lesioni penalmente rilevanti’ e all’impostazione consensuale-consociativa del conflitto tra reo e vittima, in contrasto con l’idealtipo del diritto penale classico, concepito come formalizzazione dall’alto del conflitto sociale. Sul tema è

fondamentale il contributo di K. LÜDERSSEN, Die Krise des öffentlichen Strafanspruchs, in ID.,

Abschaffen des Strafens? Suhrkamp, Francoforte, 1995.

8 Per un recupero della dimensione essenzialmente interpersonale dell’illecito cfr. N. CHRISTIE,

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Capitolo

I

LA PENA AL CROCEVIA TRA POTERE PUBBLICO E DIMENSIONE PRIVATA. SOLUZIONI PRATICHE E RESISTENZE DOGMATICHE IN UNA PROSPETTIVA STORICO

-COMPARATISTICA

1. Illiceità civile e illiceità penale nella loro evoluzione storica

Per affrontare il problema tratteggiato nella Premessa è ineludibile un confronto con le radici storiche della distinzione tra ‘civile’ e ‘penale’ (e tra ‘privato’ e ‘pubblico’) nella reazione dell’ordinamento ai comportamenti illeciti9.

Senza voler fornire una ricostruzione analitica di tale processo, è fondamentale per la presente riflessione cercare di cogliere, grazie alla prospettiva storica, quali siano gli elementi che hanno progressivamente contribuito a delineare l’area della ‘penalità’ in contrappunto con il formarsi di un ‘diritto dei privati’: il tema che si intende approfondire, infatti, si basa su una consolidata distinzione tra ‘pena’ e dimensione ‘privata’ ed è dalla storia di tale distinzione che è necessario partire.

Ebbene, nelle esperienze arcaiche di diritto greco e romano tale contrapposizione tra ‘privato’ e ‘penale’, non può dirsi esistente: non soltanto, infatti, perché il fenomeno giuridico non era ancora sufficientemente sviluppato perché si potesse operare una simile distinzione10, ma anche perché questi popoli

9 Per una ricostruzione del concetto di illiceità si rimanda a B. ALBANESE, Illecito (storia), in

Enciclopedia del Diritto, Giuffrè, Milano, 1970, XX, passim, ove si esaminano le criticità

derivanti dall’equazione tra le nozioni di illiceità ed antigiuridicità: attribuendo il connotato di illiceità a qualsiasi atto o fatto contrario all’ordine giuridico, infatti, si finirebbe per delineare una categoria talmente ampia da rivelarsi praticamente inutilizzabile. In definitiva, l’A. propende per riferire il licere e il non licere «alla sfera dei comportamenti suscettibili di un giudizio di valore, fondato sulla presupposizione di una libertà del comportamento stesso, alla stregua delle concezioni generali di un ordinamento giuridico».

10 In riferimento alla Grecia antica si rimanda alle considerazioni di M. GAGARIN, P. WOODRUFF,

Early Greek Legal Thought, in M. LOBBAN, A Treatise of Legal Philosophy and General

Jurisprudence, vol. 6, Springer, 7 ss., ove si sottolinea come nella prima esperienza giuridica greca

non si fosse ancora sviluppato il concetto di ‘legge’, pur a fronte di una particolare sensibilità per

l’aspetto procedurale della giustizia. In riferimento al diritto romano, invece, v. A. SCHIAVONE,

Storia del diritto romano e linee di diritto privato, II ed., Giappichelli, Torino, 2011, 257: in età

arcaica il fenomeno giuridico romano non aveva raggiunto una complessità tale da poter distinguere al suo interno i diversi campi del diritto pubblico, del diritto privato e del diritto

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«non considerarono mai con spirito sistematico, neppur embrionale, la realtà giuridica sotto il profilo espresso dell'illecito»11. Sarà soltanto in epoca

successiva, con lo sviluppo di una riflessione più matura, che si perverrà all’elaborazione di tali categorie concettuali, ma proprio questa evoluzione comporterà un ‘travaglio’ per i giuristi romani, dovuto all’impossibilità di fornire un inquadramento teorico a taluni istituti nati in risposta a esigenze pratiche del passato, avvertite come non più attuali12. La ricerca della distinzione tra ‘civile’ e

‘penale’ nell’esperienza giuridica antica, perciò, costituisce più che altro una ricostruzione operata dagli studiosi di epoca successiva, che risulta, tuttavia, particolarmente utile per comprendere come si sia pervenuti alle attuali categorie concettuali.

Curiosamente, a seconda del criterio che si ritiene fondamentale per distinguere tra ‘civile’ e ‘penale’ potrà tanto parlarsi di «una concezione sostanzialmente tutta penale dell'illecito nella primissima esperienza giuridica romana»13, quanto affermare che «il diritto antico è molto più simile alla legge

dell’illecito civile che al diritto penale»14. Da un lato, infatti, se si focalizza

l’attenzione sul tipo di reazione predisposta dall’ordinamento, si deve osservare come l’intero diritto delle origini fosse costruito in termini di punizione, rispetto a comportamenti illeciti tenuti dai consociati15. Tanto la tradizione greca del codice

penale. Anzi, più si risale indietro nel tempo più è difficile isolare nella sua specificità lo stesso fenomeno giuridico (che tende, infatti, a sovrapporsi con l’area del fas, ossia del fenomeno

religioso). Cfr., in generale, anche M. STUART MADDEN, The Graeco-Roman Antecedents of

Modern Tort Law, in Brandeis Law Journal, 2006, 44, 865 ss.

11 Così B.ALBANESE,Illecito (storia), cit., 51.

12 Scrive così C. VENTURINI, Premessa romanistica, in F. D. BUSNELLI, G. SCALFI (a cura di),Le

pene private, Giuffré, Milano, 1985, 21: l’Autore, ricollegandosi a un brano di Gaio e a un passo

delle Istituzioni giustinianee, osserva come proprio l’esigenza di una concettualizzazione del rapporto tra pena e risarcimento abbia comportato un ‘travaglio’ per i giuristi romani, dovuto alla difficoltà di fornire un inquadramento teorico a istituti giuridici che erano maturati in risposta a esigenze pratiche di diversi contesti storici.

13 Cfr. B. ALBANESE, Illecito (storia), cit., 55: nella concezione originaria vi era una

corrispondenza assoluta tra fenomeni illeciti e conseguenze di natura afflittiva.

14 Così M.STUART MADDEN, The Graeco-Roman Antecedents of Modern Tort Law, cit., 867-868;

v. anche H. S. MAINE, Ancient Law, Its connection with the early history of society and its relation

to modern ideas, John Murray, Londra, 1908, 328: «I have spoken of primitive jurisprudence as giving to criminal law a priority unknown in a later age. The expression has been used for convenience’s sake, but in fact the inspection of ancient codes shows that the law which they exhibit in unusual quantities is not true criminal law».

15 Cfr. nuovamente B. ALBANESE,Illecito (storia), cit., 55: l’Autore osserva come nei due moduli

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di Dracone, quanto l’impostazione romanistica già precedente alle XII Tavole mostrano la netta preponderanza di un’impostazione ‘penale’ del diritto16: ciò non

soltanto per l’importanza che la violenza e la vendetta ricoprivano in questi ordinamenti, ma perché, più in generale, in ogni esperienza storica l’idea della retribuzione ha preceduto concettualmente la ricerca di soluzioni correttive e di composizione del conflitto17. Parallelamente, però, il primo diritto greco e quello

romano si collocavano in una dimensione essenzialmente privata: questa qualificazione può essere argomentata sulla base dell’esclusivo coinvolgimento di soggetti privati nella gestione del ‘conflitto’ ingenerato dal comportamento illecito, dal momento dell’applicazione della sanzione fino alla sua esecuzione18.

Pertanto, se la reazione agli illeciti aveva un contenuto punitivo, essa aveva una

forma privata, a dimostrazione della possibilità di considerare il ‘penale’ e il

‘privato’ come concetti, almeno astrattamente, non antitetici. Inoltre, è importante osservare, a completamento del quadro finora tratteggiato, che la natura privata del primo diritto penale romano derivava anche dalla tipologia dei beni tutelati, percepiti come interessi di rilevanza esclusivamente individuale (vi rientravano, infatti, figure come il furto, la rapina, l’aggressione)19. Al contrario, un vero e

presentino chiare tracce di una considerazione assolutamente prevalente della violazione del diritto sotto l'angolo visuale della pena».

16 Cfr. H. S. MAINE, Ancient Law, cit., 326, ove si sottolinea il fatto che il diritto ‘non penale’

abbia in queste prime ‘codificazioni’ uno spazio relativo decisamente minimo, rispetto all’ambito coperto da conseguenze di carattere penale, quasi a riconferma del fatto che «the legislator

proportioned the divisions of his work to the frequency of a certain class of incidents in barbarian life».

17 Cfr. P. F. GIRARD, Manuel élémentaire de droit romain, Librairie Nouvelle de Droit et de

Jurisprudence, Arthur Rousseau Éditeur, Parigi, 1906, 391, ove si osserva che «le fondement du

système est historique. Le système des délits privés romains, de même que les institutions parallèles de beaucoup d'autres peuples, s'explique uniquement comme une étape de l'histoire du droit pénal, d'une évolution qu'ont accomplie normalement tous les peuples arrivés à la notion moderne de délits publics punis par l'État et qu'on peut commodément ramener à quatre phases: la phase de la vengeance privée, celle des compositions volontaires, celle des compositions légales et celle de la répression par l'État».

18 Cfr. M. STUART MADDEN, The Graeco-Roman Antecedents of Modern Tort Law, cit., 868:

«Thus, the definition of delict as a civil non-contractual wrong is further refined by the

understanding that "civil" means, as pertinent to the times, only that the action was between private parties, and adjusts without more for the fact that in the earlier periods of the Grecian and the Roman legal development under discussion, distinctions had yet to be made between what would today be considered criminal wrongs or civil wrongs, but not both ».

19 Cfr. anche P. F. GIRARD, Manuel élémentaire de droit romain, cit., 389: «Les délits publics et

les délits privés sont, les uns et les autres, des actes illicites frappés d'une peine. Mais les délits publics sont des actes illicites considérés comme lésant l'intérêt général […]. Au contraire, pour les délits privés, […] on ne considère que l'intérêt privé qui a été lésé; […] la peine […] est exclusivement due à la victime».

(15)

proprio ‘diritto penale pubblico’ non poté che affermarsi solo successivamente, quando, con lo sviluppo delle capacità di astrazione, il crimen venne ad indicare l’offesa perpetrata a danno dello Stato o della collettività nel suo complesso; costituì, come si vedrà, passaggio ulteriore la creazione di appositi organi pubblici per l’accertamento e la repressione dei crimina, così definitivamente sottratti a logiche privatistiche20.

1.1 L’azione penale privata a Roma

Nel diritto romano di età arcaica, la coesistenza tra la natura punitiva dell’ordinamento e la dimensione privata del conflitto si espresse inizialmente nelle forme della vendetta privata; progressivamente, però, il diritto della civitas venne a sostituirsi agli strumenti più primitivi di coercizione, regolamentando e limitando la discrezionalità dei soggetti rivestiti della titolarità di punire21. Proprio

in tale contesto di singolare integrazione tra regolamentazione pubblica della reazione punitiva e natura privata del procedimento e dell’interesse leso ebbe

20 Questo momento è fatto coincidere da H. S. MAINE, Ancient Law, cit., 341, con l’emanazione

della Lex Calpurnia de repetundis (149 a. C.). Si osserva, appunto, che il «true criminal law» abbia visto la propria origine con la repressione pubblica dei casi di repetundarum pecuniarum, non soltanto per la tutela ‘penale’ di un interesse di natura ‘pubblica’, ma soprattutto per l’importanza dell’istituzione di una quaestio perpetua, ossia di un apparato pubblico apposito per l’accertamento e la gestione di tale crimen. Per una teoria dello sviluppo del ‘diritto penale

pubblico’, sempre H. S. MAINE, Ancient Law, cit., 341 ss. spiega come la storia primitiva del

diritto penale si articoli in diversi passaggi: «Understanding that the conception of Crime, as

distinguished from that of Wrong or Tort, and from that of Sin, involves the idea of injury to the State or collective community, we first find that the common wealth, in literal conformity with the conception, itself interposed directly, and by isolated acts, to avenge itself on the author of the evil which it had suffered. This is the point from which we start: each indictment is now a bill of pains and penalties, a special law naming the criminal and prescribing his punishment. A second step is accomplished when the multiplicity of crimes compels the legislature to delegate its powers to particular Quaestiones or Commissions, each of which is deputed to investigate a particular accusation». Invece T. MOMMSEN, Römisches Strafrecht, Duncker & Humblot, Lipsia, 1899, 56 ss,, identifica la nascita del ‘römische öffentliche Strafrecht’ con la lex Valeria, che sottomette la condanna a morte pronunciata da un magistrato alla conferma da parte del popolo.

21 Su questo punto v. T. MOMMSEN, Römisches Strafrecht, Duncker & Humblot, Lipsia, 1899, 56,

che ricollega proprio alla regolamentazione della potestà di punire la nascita del diritto penale romano: «Das Strafrecht beginnt, wo der Willkür des Trägers der Strafgewalt, des erkennenden

Richters Schranken gesetzt werden durch das Staatsgesetz einschliesslich des diesem gleichwerthigen Herkommens». Identifica la nascita del diritto penale in questo momento anche V.

MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, cit., 63; cfr. anche A. SCHIAVONE, Storia del diritto

romano e linee di diritto privato, cit., 262 e B. ALBANESE, Illecito (storia), cit., 59 ss. sottolinea come la regolamentazione della potestà di punire da parte dei privati abbia comportato una duplice forma di mitigazione: da un lato, infatti, essa si è tradotta nella progressiva affermazione di un’esigenza di proporzione tra l’illecito e la pena; dall’altra, è consistita nella conversione di talune forme di afflizione corporale in forme primitive di pena pecuniaria.

(16)

modo di svilupparsi un istituto di particolare interesse, l’azione penale privata. Pur trattandosi di un modello che, a causa della sua natura ‘ibrida’, ha avuto in seguito scarsa fortuna22, esso è essenziale per la presente riflessione e mostra tratti,

invero, di notevole attualità. Richiamando la tradizionale bipartizione elaborata da Mommsen tra ‘diritto penale pubblico’ e ‘diritto penale privato’23, l’azione penale

privata può appunto essere considerata espressione di «un indirizzo generale variamente attuato nel sistema repressivo […], complementare rispetto a quello fondato sull’iniziativa d’ufficio, diretta o indiretta, di singoli magistrati»24. Se

quest’ultima era attivabile «solo in rapporto a fattispecie provviste di rilevanza particolare dal punto di vista politico o dell’interesse pubblico»25, l’azione penale

privata era, al contrario, uno strumento di vasta applicazione, che riservava alle parti lese la legittimazione ad agire e prevedeva la destinazione agli ‘accusatori’ della condemnatio irrogata all’autore dell’illecito. La natura ‘privata’ di tale istituto, pertanto, discendeva essenzialmente dal fatto che l’instaurazione del

22 Sottolinea C. VENTURINI, Premessa romanistica, cit., 18 ss., come il «reciproco influsso tra

azioni penali private e processo criminale, unito alla varietà delle azioni penali private […] e alle non omogenee caratteristiche delle une e delle altre» abbia reso impossibile una concettualizzazione esaustiva dell’azione privata stessa, tanto che l’indirizzo in seguito espresso da Savigny e dalla Pandettistica ha finito per dare una lettura rigida delle fonti romane e ricondurre l’intero fenomeno entro una configurazione unitaria dell’illecito extracontrattuale.

23 Cfr. T. MOMMSEN, Römisches Strafrecht, Duncker & Humblot, Lipsia, 1899, 4 ss.: «diese

Einheit kennt die römische Rechtswissenschaft nicht und kann sie nicht kennen; der magistratisch-comitale Strafprozess gehört zum öffentlichen Recht, der Delictprozess vor Geschworenen zum Privatrecht». L’Autore sottolinea, peraltro, come le due aree siano intimamente connesse, per la

presenza, in entrambi i casi, di una ‘ferita’ a una legge morale e la conseguente richiesta di una vendetta statale, cosicché, in definitiva, l’attribuzione di un illecito all’una o all’altra appare piuttosto come un dato esteriore e accidentale (äusserlich und zufällig). Sul punto, però, cfr. anche

B. ALBANESE, Illecito (storia), cit., 65: «data l'originaria concezione indiscriminatamente penale

di ogni illecito, la distinzione tra illecito pubblico e illecito privato non potrà esser stata validamente fondata, in origine, sulla qualità della reazione dell'ordinamento. […] In fasi così primitive, allora, la distinzione tra illecito pubblico e illecito privato potrà stabilirsi, sembra, solo sulla base della natura della lesione o, più fruttuosamente, sulla base del procedimento di accertamento (ove esso sia esistito) e, comunque, di irrogazione della pena».

24 Così C. VENTURINI, Premessa romanistica, cit., 16: l’Autore ritiene che il modello dell’azione

penale privata possa essere riconosciuto anche in talune quaestiones perpetuae, dato che la presenza di alcuni tratti comuni ad entrambi i moduli procedimentali (riserva alle parti lese della legittimazione ad agire e destinazione alle stesse della condanna inflitta) consente di accostarle almeno sul piano della funzione pratica (se non sul piano strutturale) e per questo motivo l’Autore definisce l’azione penale privata un «indirizzo generale» della repressione ‘penale’.

25 Cfr. C. VENTURINI, Premessa romanistica, cit., 16: peraltro, se procedimenti di stampo

‘pubblico’ potevano aversi soltanto per interessi di chiara rilevanza pubblica, non è valida l’implicazione contraria, perché anche talune azioni a carattere privato potevano essere deputate alla tutela di interessi pubblici (peraltro, il parallelo sviluppo dell’accusatio rei publicae causa portò alla nascita delle actiones populares e alla scissione tra «l’essere vittima dell’illecito e il fruire della legittimazione al promovimento del giudizio).

(17)

processo fosse rimessa a all’iniziativa dei singoli, nonché dall’assegnazione agli stessi della somma versata dal responsabile, mentre non vi era necessaria corrispondenza con la dimensione individuale dell’interesse tutelato.

Parallelamente, però, tale istituto nasceva con una finalità essenzialmente sanzionatoria e ciò contribuì a delinearne alcune ulteriori caratteristiche essenziali26, che in parte permangono tuttora come tratti distintivi di qualsiasi

istituto a vocazione punitiva. Anzitutto, è generalmente ricondotta allo scopo ‘penale’ la nossalità dell’azione, ossia la possibilità per il pater familias, responsabile in senso giuridico, di consegnare alla vittima del comportamento illecito il soggetto, sottoposto alla sua potestà, che ne era stato l’autore27. Una

seconda caratteristica, più significativa, si ritrova nella previsione dell’intrasmissibilità dell’azione dal lato passivo: anche questo dato mostra come sia emersa fin da subito l’esigenza di assicurare la ‘personalità’ di una responsabilità a carattere punitivo. Infine, un ultimo tratto caratteristico è la cumulatività con rimedi di natura reipersecutoria, a ulteriore conferma dell’estraneità dal modello di qualsiasi funzione compensativa28. In definitiva,

l’azione penale privata era lo strumento mediante il quale si affidava alla «stimolazione di un personale interesse dei consociati l’attuazione di più generali

26 Sul punto cfr. nuovamente C. VENTURINI, Premessa romanistica, cit., 13: «l’azione penale

privata ebbe origine, come è noto, dall’esigenza di sanzionare comportamenti che erano avvertiti dalla coscienza sociale come meritevoli di pena e si modellò sulla base di questo fine specifico».

V. anche M. TALAMANCA, Obbligazioni (dir. rom.), in Enciclopedia del Diritto, Giuffrè, Milano,

XXIX, 1979, 14, nt. 95, nel sottolineare come, tuttavia, tali caratteristiche, che in epoca più tarda saranno ricondotte alla distinzione tra obbligazioni ex contractu ed ex delicto, nel periodo più risalente non erano in realtà ricondotte unitariamente a considerazioni di tal genere (anche in virtù della ricordata assenza di distinzioni di carattere concettuale). I tratti distintivi delle actiones

quibus poenam persequimur sono identificati, infatti, nell'intrasmissibilità passiva, nella nossalità e

nella possibilità del cumulo con azioni a carattere reipersecutorio, ma ritiene l’Autore che «con tutta probabilità, la decisione [su tali caratteristiche] dipendeva da un approccio caso per caso, e non attraverso la mediazione della categoria delle actiones quibus poenam persequimur».

27 Cfr. P. F. GIRARD, Manuel élémentaire de droit romain, IV ed., Librairie Nouvelle de Droit et

de Jurisprudence – Arthur Rousseau Éditeur, Parigi, 1906, 674 ss.: il sistema della nossalità mostra come la vendetta sia stata all’origine della stessa teoria dei delitti nel diritto romano. Addirittura, il sistema della nossalità è a tal punto dipendente dall’idea della vendetta e della composizione dei conflitti che si ritrova in tutte le esperienze storiche nelle quali il diritto penale è, o è stato, improntato su tali regimi. Ad esempio, la nossalità si ritrova nel diritto greco, ma anche nelle esperienze giuridiche germaniche, celtiche e slave, nonché di alcune popolazioni dell’Africa australe e dell’Asia: si tratta di fenomeni giuridici indipendenti, ove la presenza diffusa della nossalità dimostra la sua natura ancor prima sociologica che giuridica come reazione a comportamenti ritenuti meritevoli di pena.

28 Anzi, sottolinea C. VENTURINI, Premessa romanistica, cit., 15, come proprio la funzione

afflittiva delle azioni penali private ne costituisse la «giustificazione ideologica e pratica» e il fondamento della «autonomia funzionale e processuale rispetto ai rimedi di diritto privato».

(18)

finalità perseguite dall’ordinamento»29: la tutela di taluni interessi (anche, ma non

solo) individuali era perciò avvertita nella sua rilevanza pubblica, ma si riteneva che i moduli procedurali che meglio vi si attagliassero fossero quelli del ‘diritto penale privato’30.

Molto significativa è anche l’evoluzione dell’ambito di applicazione delle azioni penali private: ad esempio, in età graccana persino la repressione del

crimen repetundarum venne affidata all’iniziativa di soggetti privati, lesi dalle

malversazioni dei pubblici ufficiali31 e fino all’età del Principato le azioni penali

private continuarono a svolgere una essenziale funzione complementare rispetto all’apparato di repressione dei crimina publica. L’esigenza pratica di contrastare diffusamente talune forme di criminalità, infatti, trovò in questo specifico modulo procedurale la risposta più rapida ed efficace. Tuttavia, a partire dall’età classica la giurisprudenza tentò di circoscriverne l’ambito applicativo, poiché la natura ‘mista’ dell’istituto ne rendeva estremamente difficile una concettualizzazione che risultasse in sintonia con una sensibilità giuridica sempre più evoluta32. Di

29 Così nuovamente C. VENTURINI, Premessa romanistica, cit., 15, nel collocare l’azione penale

privata nel complesso dell’evoluzione dell’intero processo penale di età repubblicana. Questa

impostazione è confermata anche dalla lettura fornita da T. Mommsen,che sottolinea come anche

nel diritto penale privato possano individuarsi i due momenti della rilevanza pubblica della lesione dell’interesse (anche individuale) e della reazione statuale all’illecito.

30 In breve, si riteneva che il modulo più ‘efficiente’ per il perseguimento penale di numerosi

illeciti consistesse proprio nella subordinazione dell’azione a un preciso interesse ad agire delle vittime, stimolato, però, mediante la promessa dell’attribuzione alle stesse della condemnatio risultante all’esito del procedimento (questo modello, peraltro, non venne attuato soltanto mediante la creazione di azioni di stampo ‘privato’, ma anche con la creazione dell’actio

popularis, ossia l’introduzione di actiones nelle quali si legittimava ogni cittadino al

promovimento dell’accusa, in contropartita con l’attribuzione dell’ammontare della condanna).

31 Cfr. sempre C. VENTURINI, Premessa romanistica, cit., 15: la lex repetundarum Tabulae

Bembinae, infatti, subordinava l’instaurazione del giudizio all’interesse ad agire di soggetti privati,

cui sarebbe poi stata destinata la condanna irrogata all’autore dell’illecito (nella misura del duplum rispetto alla somma che veniva recuperata dallo Stato). Questa caratteristica consente, a parere dell’Autore, una assimilazione, quanto alla funzione pratica, degli iudicia repetundarum dell’età dei Gracchi al modello dell’azione penale privata.

32 Questa tensione tra la funzione pratica e l’aspetto concettuale è sottolineata da C. VENTURINI,

Premessa romanistica, cit., 18 ss.: i tratti che rendevano più complessa la ‘concettualizzazione’

dell’azione penale privata erano la progressiva commistione con i modelli del processo criminale (realizzata, come si è ricordato, anche mediante lo sviluppo dell’actio popularis), l’indipendenza della condanna pecuniaria dalle parallele procedure risarcitorie, il tradursi della condemnatio esclusivamente in un lucrum per l’attore e l’assenza, in taluni casi, di una parallela azione reipersecutoria che potesse consacrare l’azione penale privata a un’esclusiva funzione afflittiva (è il caso, ad esempio, della actio damni ex lege Aquilia). Peraltro, il parallelo sviluppo del sistema della repressione penale pubblica faceva progressivamente venir meno le ragioni ideologiche che avevano giustificato l’affermarsi dell’azione penale privata. Su questi aspetti cfr. anche B. ALBANESE, Illecito (storia), cit., 65 ss.

(19)

conseguenza, si introdusse una prima limitazione all’operatività dell’azione penale privata, non soltanto trasferendo nell’area della repressione pubblica tutte le ipotesi di lesione di interessi pubblici, ma avvertendosi come anche taluni fatti lesivi dei diritti dei privati dovessero rientrare, per la loro rilevanza, entro la potestà punitiva della collettività33. Peraltro, nella struttura dell’azione penale

privata risultava sempre più difficile da giustificare teoricamente la destinazione all’attore della somma versata dal responsabile a titolo di sanzione: gli studiosi di età classica, perciò, ritennero che soltanto le figure del furtum, dei bona vi rapta, dell’iniuria e del damnum iniuria datum34, potessero esservi ricondotte, poiché,

essendo relative alla tutela di beni di carattere privato e materiale, si trattava dei soli casi in cui la destinazione all’attore della condemnatio potesse essere ammissibile, assumendo anche una funzione reipersecutoria35. Ma fu proprio

questa confusione con una finalità in senso ampio risarcitoria, in verità, a

33 Questo passaggio è ritenuto fondamentale da V. MANZINI, Trattato di diritto penale italiano,

cit., 63.

34 Osserva, infatti, C. VENTURINI, Premessa romanistica, cit., 18, come proprio lo sforzo profuso

dalla giurisprudenza di età classica nella costruzione di una teoria sistematica delle obbligazioni abbia portato alla distinzione gaiana tra obligationes ex contractu ed ex delicto e al conseguente confluire in quest’ultima categoria di questi quattro illeciti, che (come osservato anche da M. TALAMANCA, Obbligazioni (dir. rom.), cit., passim) presentavano già nelle XII Tavole in nuce una singolare commistione tra una forma originaria di responsabilità penale e l’assoggettamento a una pena pecuniaria, che attirerà progressivamente tali figure verso l’illecito di natura civilistica.

Conformemente anche H. S. MAINE, Ancient Law, cit., 329: proprio il fatto che tali fattispecie (il

furtum, ma anche la rapina) dessero origine a un’obligatio per il versamento di una pena

pecuniaria li ha sospinti nell’area dei Torts. Su questo aspetto v. anche S. PUGLIATTI, Delitto

(premessa), in Enciclopedia del Diritto, Giuffrè, Milano, XII, 1964, 1 ss., che sottolinea appunto

la tendenza di tali fattispecie verso l’area dell’illecito civile: «i delitti privati del ius civile sono: il

furtum, la rapina (bona vi rapta), che costituiva una ipotesi di furto; la iniuria, che in origine

comprendeva le lesioni personali (membrum ruptum, os fractum e lesioni minori, come la pugno

mala percussa); il damnum iniuria datum, dal cui seno si è sviluppata la disciplina e la dottrina

moderna dell'illecito civile». Per una rapida panoramica di tali fattispecie, sia sufficiente ricordare che il furtum era stato definito dal giurista Paolo in D, XLVII. 2. 1. 3. come «Furtum est

contrectatio rei fraudolosa vel ipsius rei vel etiam usus eius possessionisve, quod lege naturali prohibitum est admittere», così ricomprendendo «non solo ogni generico impossessamento della

cosa altrui, ma [il comportamento di] chi percepiva una prestazione che non gli era dovuta, nel

momento in cui fosse stato consapevole di operare senza [averne] la titolarità». (così I. FARGNOLI,

Ricerche in tema di furtum. Qui sciens indebitum accipit, Giuffrè, Milano, 2006, 3 ss.); la

fattispecie di bona vi rapta era una variante pretoria del furtum, che si verificava laddove questo venisse accompagnato dalla violenza; l’iniuria e il damnum iniuria datum, infine, compendiavano la distinzione tra offesa alla persona e offesa alla proprietà, indicando l’una la lesione personale

(dall’integrità fisica all’onore) e l’altro la lesione di altrui beni materiali (cfr. M.STUART MADDEN,

The Graeco-Roman Antecedents of Modern Tort Law, cit., 897).

35 Sottolinea questo profilo C. VENTURINI, Premessa romanistica, cit., 20; progressivamente

all’interno della condemnatio pecuniaria venne a distinguersi una quota a titolo di poena e una quota a titolo di rei persecutio. È molto importante sottolineare come nel diritto romano il concetto di poena si sia gradualmente esteso, fino a ricomprendere «ogni tipo di profitto di cui l’autore vittorioso venisse, di fatto, a beneficiare».

(20)

decretare la definitiva crisi di questo istituto e a manifestare, già agli albori del fenomeno giuridico, la complessità dei rapporti tra pena e risarcimento nella tutela degli interessi individuali.

1.2 La progressiva ‘degradazione della penalità’ nel diritto privato romano e la distinzione concettuale tra pena e risarcimento

Come si è avuto modo di anticipare, fin dalle origini lo sforzo giuridico della

civitas fu finalizzato a razionalizzare e superare gli schemi della vendetta privata:

questo processo si realizzò non soltanto mediante la sostituzione dei precedenti strumenti di afflizione corporale con una pena patrimoniale, ma anche con lo sviluppo di razionali criteri di quantificazione della pena, generalmente in proporzione all’entità del danno patito dalla vittima36. Ebbene, congiuntamente

alla descritta limitazione dell’ambito di operatività dell’azione penale privata, «una volta accettata l'idea generale che il denaro è una conveniente afflizione per l'autore di un illecito - il passo per ‘degradare’ la sanzione pecuniaria, in casi di illecito ritenuti meno gravi dalla coscienza sociale, commisurandola all'effettivo danno subìto da taluno, doveva apparire naturale e facile»37. È evidente, pertanto,

come la componente risarcitoria della condemnatio abbia acquisito

progressivamente un’importanza sempre maggiore, fino a sostituire del tutto la finalità sanzionatoria di tale istituto.

Per illustrare tale processo può essere utile accennare alla parabola evolutiva della fattispecie di ‘danneggiamento materiale’38: l’approvazione – databile forse

alla seconda metà del II secolo – della nota lex Aquilia de damno testimonia

36 Questa è la ricostruzione fornita da B. ALBANESE, Illecito (storia), cit., 63 ss.; l’interpretazione

dell’Autore, particolarmente rilevante per la presente riflessione, sarà centrale nella descrizione della progressivo reciproco allontanamento tra poena e risarcimento.

37 Cfr. B. ALBANESE, Illecito (storia), cit., 62.

38 La fattispecie di ‘danneggiamento materiale’, invero, è fondamentale nella comprensione dei

reciproci rapporti tra tutela penale della proprietà e sviluppo di una reazione civilistica al ‘danno’;

sul punto cfr. F. BRICOLA, Danneggiamento (dir. pen.), in Enciclopedia del Diritto, Giuffrè,

Milano, XI, 1962, 599, ove l’Autore osserva che «la formulazione del delitto [di danneggiamento] si accosta allo schema classico del damnum iniuria datum: fra i due schemi, tuttavia, malgrado sensibili affinità, permangono taluni elementi differenziali. Anzitutto, lo schema del danneggiamento presenta una linearità ed una razionalità meno pronunciate, in forza della più intensa tipicizzazione del mezzo, tramite il quale si realizza l'offesa patrimoniale; espressione, questa, della diversa atmosfera che spira nei due istituti, tesi, l'uno (ossia il delitto civile) ad una accentuazione del risultato lesivo e l'altro, ossia l'illecito penale, ad una più forte coloritura del mezzo lesivo».

(21)

«come si comincia[sse] ad intravvedere l'incongruenza di una vera sanzione penale per l'illecito consistente nel materiale danneggiamento di cose altrui»39. Si

decise, perciò, di connettere a tale condotta illecita una più mite condemnatio pecuniaria, per un valore, però, anche superiore al semplice quanti ea res. Si configurava, pertanto, un’azione penale privata, nella quale l’aspetto afflittivo era ancora evidente, poiché l’autore del danneggiamento era tenuto al versamento, a titolo di sanzione, di una somma multipla rispetto al valore del bene; di conseguenza, l’azione presentava i caratteri tipici della nossalità, dell’intrasmissibilità ereditaria passiva, del concorso con altre azioni restitutorie, così tradendo «una concezione vendicativa e afflittiva strettamente personale, e quindi una visione rigorosamente penale»40. Tuttavia, già il nesso tra l’importo

della condemnatio e il valore della res costituì il germe della futura evoluzione dell’actio de lege Aquilia verso logiche risarcitorie, unitamente con la riserva della legittimazione ad agire a favore del solo dominus del bene41. Il passaggio

decisivo nel processo di affrancamento del danneggiamento dalle logiche della punizione si ebbe con la creazione di ulteriori ipotesi di azioni in factum, «per fattispecie dannose in diretto pregiudizio di privati» che, pur strutturate sui caratteri essenziali delle ‘azioni penali’42, prevedevano una condemnatio di

importo pari al valore della res. «L'idea di poena – dall'antico concetto dell'afflizione personale del reo – ha ormai compiuto un lungo cammino, commisurandosi ad un vero risarcimento»43.

39 Cfr B. ALBANESE, Illecito (storia), cit., 63.

40 Cfr. B. ALBANESE, Illecito (storia), cit., 64, che sottolinea come in realtà «la lex Aquilia, per i

caratteri accennati, rappresenta un passo importantissimo verso il concetto di una pena risarcitoria: all'idea ormai prevalente di risarcimento, infatti essa congiunge tenaci aspetti afflittivi».

41 Come sottolinea B. ALBANESE, Illecito (storia), cit., 63, per l’emersione di una funzione

risarcitoria nel regime della lex Aquilia, «vi sono altre due circostanze estremamente indicative cui basterà qui accennare: da un lato, cioè, la riserva della legittimazione attiva all'azione al solo

dominus della cosa danneggiata (che mostra l'ispirazione fondamentalmente risarcitoria); da un

altro lato, la connessione della responsabilità aquiliana, non già - come di regola, fin allora - al dolo, bensì all'agire iniurie (e anche per questo verso, si facilita, ovviamente, una generale funzione risarcitoria dell'azione aquiliana)».

42 Cfr. B. ALBANESE, Illecito (storia), cit., 64.

43 Così scrive B. ALBANESE, Illecito (storia), cit., 64, aggiungendo che «Il fenomeno è del tutto

armonico, rispetto agli altri […] nei settori dell'inadempimento del debitore, delle violazioni delle situazioni reali, del danneggiamento aquiliano. Esso assume, anzi, come si diceva, un valore dimostrativo tutto particolare e prezioso, per la circostanza tipica – esclusiva dell'esperienza romana e inintellegibile, crediamo, fuori delle linee di dimostrazione che si sono fin qui perseguite - di accomunare in un solo istituto due concetti che, teoricamente, si potrebbero considerare incompossibili: la sanzione afflittiva e la sanzione risarcitoria. Pure, non si tratta affatto di una

(22)

Si trattò di un fenomeno «singolarissimo»44 di estrema rilevanza, che

restituisce, per la prima volta, l’immagine di una concezione ‘bipartita’ dell’illecito, nei due versanti della pena e della neutralizzazione degli effetti dannosi. Un passaggio ulteriore di questa evoluzione sarà, poi, la totale eliminazione di tratti ‘penali’ dal diritto privato e, in parallelo, l’attrazione della potestà punitiva a favore della pubblica autorità45: alla progressiva conversione di

‘illeciti penali privati’ in fattispecie risarcitorie fece da contraltare, infatti, una moltiplicazione degli illeciti pubblici, al punto che le tradizionali ipotesi di

furtum, iniuria e damnum, private nella dimensione ‘civile’ di qualsiasi funzione

sanzionatoria, videro nascere fattispecie analoghe sanzionate pubblicamente, così realizzando una «progressiva pubblicizzazione dell'illecito privato»46. Questo

fenomeno si tradusse su un piano teorico nella raggiunta distinzione concettuale tra pena e risarcimento. Se, infatti, nella prima esperienza romana il termine

poena comprendeva indiscriminatamente ogni «afflizione personale o

contraddizione in termini. Si tratta di un fenomeno singolarissimo che segna il vertice di un intero, importantissimo svolgimento storico: quello, precisamente, che porta, da una concezione penale indiscriminata di ogni illecito, ad una sistemazione dell'illecito stesso sotto i due grandi schemi, che coglievamo in principio, della pena e della neutralizzazione. Vi è un momento storico in cui la degradazione progressiva dell'illecito penale, in alcuni ampi settori, verso l'illecito non penale, raggiunge come un punto di equilibrio. Il risultato è quel che potrebbe sembrare un monstrum concettuale: la poena in simplum, la pena risarcitoria».

44 Così definito da B. ALBANESE, Illecito (storia), cit., 64.

45 Cfr. B. ALBANESE, Illecito (storia), cit., 67: «l'istituzione delle quaestiones appare, nel descritto

momento dell'evoluzione storica, come una presa di coscienza importante dell'autonomia dell'illecito penale, tanto vero che, nell'orbita delle quaestiones - e quindi, del diritto pubblico - tenderanno subito ad essere assorbite alcune fattispecie tipiche del diritto privato (in particolare, certi casi di omicidio, il falso, alcune forme di furtum e di iniuria...).

46 Sul punto cfr. B. ALBANESE, Illecito (storia), cit., 67, che osserva come «per esse, fatto

singolare, ritorni la sanzione della pena afflittiva della persona». L’Autore, inoltre, continua sostenendo la natura unitaria, per quanto disordinata, di questa evoluzione: «Così, disordinatamente e incompiutamente, certo, si giunse per varie vie ad una repressione pubblica per il furto, per la rapina, per l'iniuria, per il dolus, per il danneggiamento materiale.L'evoluzione di cui diamo conto sommariamente non si svolge in modo sistematico né completo, ripetiamo; ma nel suo insieme si può considerare unitaria». A titolo di esempio, come riportato dall’Autore, le ipotesi di iniuria, nella forma della violenza personale, hanno trovato riconoscimento nel diritto penale ‘pubblico’ con la lex Cornelia de iniuriis (Silla) e con la lex Iulia de vi (Cesare o Augusto); il danneggiamento materiale è divenuto suscettibile di repressione pubblica con la lex Iulia de vi (mentre i casi di danneggiamento o falsificazione di documenti sono passati al regime pubblicistico con la lex Cornelia de falsis); la lex Fabia, infine, ha consegnato alla repressione penale pubblicistica le ipotesi più gravi di furtum, mentre la rapina è attratta al regime del crimen

de vi; «fenomeno, forse, più interessante di tutti, viene costituendosi un crimen stellionatus che,

come è detto nelle fonti, rappresenta il corrispondente, nel diritto pubblico, di quello che è il dolus nel diritto privato: e cioè, una generale figura di illecito dai confini vaghi e da considerare realizzato tutte le volte che manchi specifica figura criminosa; il che, ovviamente, apre un orizzonte tutto nuovo, e sostanzialmente potrebbe consentire di ricomprendere nella sfera di repressione pubblica ogni illecito».

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