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La privatizzazione delle dinamiche punitive ‘dall’interno’: lettura critica delle recenti modifiche al codice penale

Dopo aver inquadrato il tema in una prospettiva storico-comparatistica, è necessario confrontarsi con il dato positivo: invero, alcune tra le diverse forme di ‘privatizzazione’ descritte nel Capitolo precedente hanno trovato attuazione nell’ordinamento italiano in taluni recenti interventi legislativi, all’analisi dei quali saranno dedicate le pagine che seguono, con l’intento di valutare se la traduzione ‘positiva’ di tale modello di depenalizzazione si riveli coerente con le sue ragioni ispiratrici e giustificatrici. A tal proposito, sarà altresì necessario valutare quale delle diverse ‘anime’, tra quelle viste in precedenza – la mera deflazione, l’attenta declinazione dell’extrema ratio, la valorizzazione dell’interpersonalità del conflitto penalistico, l’ascrizione di una funzione sanzionatoria alla responsabilità civile e, non da ultimo, il contrasto ‘privatistico’ agli arricchimenti illeciti332 – risulti prevalente, per comprendere la coerenza delle

scelte di politica criminale in cui si sono concretizzati tali interventi di riforma. Invero, una tendenza – più o meno consapevole – alla ‘privatizzazione’ è stata da molti individuata quale il Leitmotiv delle più recenti riforme, o quantomeno degli interventi normativi di depenalizzazione che si collocano tra la l. 67/2014333

332 Cfr. quanto osservato a tal proposito in conclusione del Capitolo precedente.

333 Si fa riferimento alla l. 28 aprile 2014, n. 67, recante «Deleghe al Governo in materia di pene

detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili», pubblicata in Gazzetta ufficiale n.100 del 2 maggio 2014. Quanto al contenuto della riforma v. infra. In

generale, cfr. F. PALAZZO, Nel dedalo delle riforme recenti e prossime venture: a proposito della

e la più recente riforma c.d. Orlando, l. 103/2017334; e si tratta di un’etichetta –

quella di ‘privatizzazione’ – che, peraltro, è stata utilizzata talora con entusiasmo335, talora con accenti di dichiarata preoccupazione336.

Proprio tali riforme, infatti, hanno più che mai fatto leva sulla natura privata dell’illecito337, modificando il regime di procedibilità di taluni reati, valorizzando

il risarcimento del danno quale alternativa alla pena e, non da ultimo, attribuendo al giudice civile la competenza ad irrogare sanzioni a carattere punitivo. Peraltro, tali innovative scelte del legislatore hanno trovato una significativa

334 Ad es. P. PITTARO, Profili di diritto penale sostanziale, in G. SPANGHER (a cura di), La Riforma

Orlando. Modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e Ordinamento penitenziario, Pacini, Pisa, 2017, 39, parla di «una (seppur lenta) “penetrazione” del diritto civile

nel diritto penale», argomentandola dal significato complessivo delle riforme più recenti, tra cui essenzialmente la previsione dell’efficacia estintiva generalizzata del risarcimento del danno (per i reati procedibili a querela) e i nuovi illeciti civili punitivi di cui al d. lgs. 7/2016.

335 Particolare entusiasmo per le scelte di ‘privatizzazione della tutela’ – unitamente e

considerazioni critiche circa l’eccessiva prudenza di tale riforma – si ritrova ad es. nelle parole di A. SERENI, La depenalizzazione nella società di massa tra logica liberale e logica economica, in

Riv. trim. dir. pen. ec., 2015, 2015, 3, 557 ss.; 572: «la pena privata dovrebbe stimolare una più

ampia privatizzazione delle sanzioni, una ricerca di soluzioni dialogiche (di auto-mediazione) e negoziali tra i diretti interessati. […] Mi sembra che la direzione prescelta sia quella di un ibrido, a cavallo tra pubblico e privato, sintesi di un compromesso tra il vecchio e il nuovo non in grado di cambiare con la dovuta energia il sistema».

336 Cfr. già F. GIUNTA, Interessi privati e deflazione penale nell’uso della querela, cit., 2,

sottolineava come quella che da taluni era stata descritta come una «deprecabile forma di privatizzazione dello jus puniendi» era, invece, da taluni considerata «una soluzione politico- criminale destinata ad ulteriore sviluppo», poiché capace di «richiamare l’attenzione sugli interessi privati come punto di mediazione tra la funzione repressiva dell’intervento penale e la crescente istanza di deflazione del sistema sanzionatorio». La ‘privatizzazione’ è intesa in termini

particolarmente critici, tra tutti, ad es. in una prima lettura da T. PADOVANI, Ridurre l’area penale

non ha effetti deflattivi ed è poco efficace, in Guida dir., 2016, 1, 10 ss., e nuovamente in ID.,

Procedibilità e applicazioni, le differenze più nette, in Guida dir., 2016, 8, 76 ss.; 77: «il giudizio

civile costa, e molto: saranno, dunque, i beati possidentes a potersi permettere la persecuzione giudiziaria di chi abbia offeso i loro interessi».

337 Come osserva sempre F. GIUNTA, Interessi privati e deflazione penale nell’uso della querela,

cit., 1, già con la l. 689/1981 si era tentato di ‘decongestionare’ il sistema penale mediante un complesso di riforme dell’apparato repressivo che avevano già allora visto l’operare congiunto di una ‘coraggiosa depenalizzazione’, di un’ulteriore causa di estinzione del reato (l’oblazione di cui all’art. 162-bis c.p.) e, infine, dell’estensione del regime di procedibilità a querela per un ampio numero di fattispecie. Si deve notare, tuttavia, che la categoria ‘selettiva’ cui si era fatto ricorso era quella del «reato bagatellare». Nelle riforme intervenute tra il 2014 e il 2017, invece, il fondamento delle scelte di depenalizzazione si rinviene non tanto nella natura bagatellare dell’illecito, quanto nella sua dimensione privata: così, nella Relazione illustrativa al d. lgs. 7/2016 (su governo.it), adottato in attuazione della delega contenuta nella l. 67/2014 si fa riferimento al fatto che le fattispecie interessate dalla riforma siano «accomunate dal fatto di incidere su interessi di natura privata»; anche nella Relazione sullo schema di disegno di legge relativo alla riforma Orlando (su documenti.camera.it) si fa riferimento alla direzione della riforma verso quei «reati che si caratterizzano per essere lesivi di interessi spiccatamente individuali»; infine, da ultimo si mette in luce la volontà di «far emergere e valorizzare l'interesse privato alla punizione del colpevole in un ambito di penalità connotato dall'offesa a beni strettamente individuali».

corrispondenza nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, che, nel contempo, ha rimeditato la propria posizione contraria all’ammissibilità nell’ordinamento italiano di istituti sanzionatori di stampo civilistico338. È innegabile, d’altronde,

che tale mutamento complessivo sia stato condizionato anche da istanze sovranazionali: in positivo, se si considerano sia il crescente protagonismo della ‘vittima’ in diritto penale, sulla scorta delle suggestioni di fonte europea339, sia

l’importanza attribuita dalle medesime fonti europee ai meccanismi di private

enforcement340; ma anche in negativo, se si pensa alle censure di matrice

convenzionale rivolte contro la tradizione italiana delle sanzioni amministrative341.

In ogni caso, sembra, almeno a prima vista, che la tendenza più recente consista proprio nell’individuare nel diritto civile lo strumento che, in determinati ambiti, possa più efficacemente coadiuvare il diritto penale nel perseguimento delle proprie funzioni, così attuando quelle istanze dottrinali che – come si è visto – hanno radici ben risalenti ma sono rimaste a lungo inascoltate. Da un lato, infatti, si sta progressivamente espandendo la tendenza del sistema penale ad appropriarsi della sanzione civile ‘per eccellenza’ – il risarcimento del danno –

338 In relazione a questo tema v. infra. Per un primo riferimento cfr. Cass. civ., sez. un.,

05/07/2017, n. 16601, Axo Sport SpA c. Nosa Inc., in Foro it., 2017, 9, I, 2613 ss., con nota di A. PALMIERI, R. PARDOLESI, I danni punitivi e le molte anime della responsabilità civile; P. G. MONATERI, I danni punitivi al vaglio delle sezioni unite; E. D’ALESSANDRO, Riconoscimento di

sentenze di condanna a danni punitivi: tanto tuonò che piovve; R. SIMONE, La responsabilità

civile non è solo compensazione: punitive damages e deterrenza.

339 È necessario, infatti, far riferimento alla direttiva 2012/29 UE, recepita con il d. lgs. n. 212 del

15 dicembre 2015 e alla ormai copiosa dottrina sul tema, per cui si rinvia ex multis a M. VENTUROLI, La vittima nel sistema penale dall’oblio al protagonismo?, Napoli, Jovene, 2015.

340 Cfr. ad es. F. WILMAN, Private enforcement of EU Law before national courts, Elgar

Publishing, Cheltenham, 2015, ove l’Autore, con riferimento agli ambiti degli appalti pubblici, della proprietà intellettuale, della tutela dei consumatori e dell’antitrust dimostra come, nella prospettiva dell’Unione Europea, il private enforcement – ossia le azioni risarcitorie portate avanti dai privati – abbiano un essenziale ruolo complementare nell’assicurare il rispetto del diritto

europeo. Cfr. anche J. KALAJDZIC, Public goals by private means & public actors protecting

private interests, in Canadian Business Law Journal, 2013, 53, 371 ss. e soprattutto M. LIBERTINI,

Il ruolo necessariamente complementare di “public” e “private enforcement” in materia antitrust,

in M.MAUGERI,A.ZOPPINI (a cura di) Funzioni del diritto privato e tecniche di regolazione dei

mercati, Bologna, Il Mulino, 2009, 171 ss.

341 Sul tema si avrà modo di tornare ampiamente nel Capitolo III; per ora ci si limita a far

riferimento, quale concausa dell’attenzione ora rivolta all’opzione dell’illecito civile, alle sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – tra le quali soprattutto la recente Grande Stevens c.

Italia – che hanno indotto a rimeditare la tecnica di depenalizzazione ‘tradizionale’, consistente

nella trasformazione di reati in illeciti amministrativi a causa della carenza di garanzie avverso tale tipologie di provvedimenti (ad es. tra tutte la garanzia del ne bis in idem, violata nel caso di doppio binario sanzionatorio penale-amministrativo).

mentre, dall’altro lato, si ha una progressiva valorizzazione delle afflizioni civili ultra compensative quali sanzioni punitive342: si comprende, pertanto, come

proprio tali recenti interventi legislativi abbiano ravvivato il dibattitto sulle interrelazioni sanzionatorie e riparative tra diritto penale e diritto civile343. È

necessario, tuttavia, non arrestarsi all’apparenza dei diversi istituti di nuova introduzione: al contrario, si deve procedere a un’analisi approfondita delle singole soluzioni di volta in volta adottate dal legislatore, per comprendere se gli auspici della dottrina e le suggestioni comparatistiche abbiano sortito l’effetto sperato. In altre parole, soltanto lo studio analitico dei singoli interventi di riforma consentirà di comprendere se e in quale misura al diritto civile e alla dimensione privata dell’illecito sia ora data rilevanza nell’ottica di un’effettiva e fisiologica sussidiarietà – per l’autore e per la vittima – del diritto penale.

1.1 L’estensione del regime di procedibilità a querela nella l. 103/2017

Iniziando con l’analisi delle modifiche apportate all’interno del sistema penale, occorre – come anticipato – far riferimento alla riforma c.d. Orlando, approvata con l. 103 del 23 giugno 2017, recante «Modifiche al codice penale, al

codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario». Esula dal presente

lavoro qualsiasi considerazione di più ampio respiro sulla portata di tale riforma344; anzi, come è stato osservato, si tratta di un intervento dal contenuto

tanto eterogeneo – e dalla tanto sfuggente coerenza interna – che non è possibile tracciarne una valutazione se non con riferimento ai singoli profili345. Ci si

342 Cfr. A. GARGANI, Illecito civile punitivo, cit., 487-488. In senso analogo anche F MAZZACUVA,

Le pene nascoste, cit., 140.

343 Interrelazioni che, peraltro, erano già state messe in luce quale ‘tendenza’ del nuovo millennio

da C. PIERGALLINI, “Civile” e “Penale” a perenne confronto: l’appuntamento di inizio millennio,

cit., 1305 ss.

344 Sul punto cfr. T. PADOVANI, Il testimone raccolto. L’ennesima riforma alle prese con i nodi

persistenti del sistema penale, in Arch. Pen., 2018, Speciale Riforme, 1: come scrive l’Autore, la

riforma «costituisce l’ennesima tappa di un cammino che si snoda lungo i decenni, a partire, volendo individuare una linea di partenza, dal d.l. 11 aprile 1974, n. 99 (conv. in l. 7 giugno 1974, n. 220)» e può leggersi come un ulteriore tentativo di risolvere i problemi ‘costanti’ del sistema penale: «la durata dei processi e il carico del sistema punitivo, a loro volta reciprocamente interconnessi e interdipendenti», cui però si aggiungono «rapsodicamente anche altri interventi, sollecitati dall’attualità e dalle contingenze politiche».

345 Cfr. R. BARTOLI, Luci, ombre e penombre della riforma Orlando, in R. BARTOLI e A.

limiterà, dunque, ad osservare che, tra le numerose innovazioni che la legge ha introdotto, due in particolare spiccano per una (quantomeno potenziale) direzione verso la ‘privatizzazione’ del conflitto penalistico: si allude, con ciò, anzitutto all’estensione del regime di procedibilità a querela per un ampio numero di fattispecie delittuose; inoltre, e ancor più significativamente, all’introduzione di una nuova causa di estinzione del reato per condotte riparatorie, ora prevista all’art. 162-ter c.p. per tutti i reati procedibili a querela rimettibile. Entrambe le ipotesi si collocano, per espresso riconoscimento del legislatore, lungo la direttrice politica del miglioramento «dell'efficienza del sistema giudiziario

infatti, come già la l. 67/2014, si caratterizza per essere un intervento legislativo particolarmente eterogeneo, non soltanto perché in parte è destinata a produrre già i propri effetti e in parte, invece, necessita di interventi attuativi delegati al Governo (così che la riforma sarà effettivamente compiuta soltanto se e quando le deleghe saranno attuate), ma anche perché sono molto vari i settori e le tipologie di intervento. Giova, infatti, ricordare, per esigenze di completezza, che la riforma contiene, nella parte già ‘operativa’, oltre all’introduzione di una nuova causa di estinzione del reato per condotte riparatorie sulla quale si avrà modo di soffermarsi in seguito, anche l’innalzamento dei limiti edittali per talune fattispecie, nonché diverse disposizioni di modifica della disciplina della prescrizione del reato. Nella parte oggetto di delega al Governo, invece, la riforma concerne l’ordinamento penitenziario, l’accesso alle misure alternative, le misure di sicurezza, il regime di procedibilità di taluni reati. Infine, la riforma è particolarmente eterogenea anche quanto alle finalità, poiché l’introduzione di una nuova causa di estinzione del reato e l’ampliamento dei reati procedibili a querela perseguono finalità deflattive sul piano processuale e sostanziale, e le modifiche all’ordinamento penitenziario e alle misure di sicurezza mirano a una migliore attuazione dei principi costituzionali di rieducazione e di personalizzazione della risposta sanzionatoria; al contrario, gli inasprimenti sanzionatori rispondono a una diversa finalità repressiva e la modifica della prescrizione mira a garantire una maggiore funzionalità del sistema, in termini di efficacia ed effettività della risposta sanzionatoria. Peraltro, secondo l’Autore è possibile intravedere anche nel complesso della riforma talune costanti che hanno caratterizzato tutti gli interventi sul sistema penale degli anni più recenti: da un lato, la rinuncia a un intervento organico sul catalogo delle pene principali, a favore di modifiche frammentarie e specifiche; dall’altro, la tendenza a riversare sul giudice – e segnatamente sul giudice dell’esecuzione – il

compito di flessibilizzare il sistema sanzionatorio e l’esecuzione della pena. Anche G. RICCIO, La

legge-Orlando tra pressioni comunitarie e crisi interne, in Arch. Pen., 2017, 3, 2 descrive la legge

come «un’opera che accorpa decine di proposte e di disegni di legge e mille materie tra loro centrifughe, la cui sintesi non produce risultati unificanti per la distanza tra le differenti soluzioni proposte». Proprio in relazione agli aspetti procedurali dell’approvazione della riforma v. G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale, Aggiornamento redazionale. Le modifiche penalistiche

della legge Orlando, Zanichelli, 2017, 3: «la proposta di legge originaria, di iniziativa governativa

(Disegno di legge S.2067), in particolare proprio del Ministro della Giustizia On. Andrea Orlando, da cui la legge prende il nome, ha affrontato un iter legislativo decisamente lungo, con un improvviso slancio finale impresso dal Governo tramite il controverso strumento della proposizione di questione di fiducia in entrambe le Camere. Una prima versione era stata approvata dalla Camera il 23 settembre 2015, dopo essere stata presentata il 23 dicembre 2014; in essa sono confluiti ulteriori disegni di legge in materia e il testo risultante è stato approvato, con inusitata celerità, al Senato della Repubblica il 15 marzo 2017 e, in un unico articolo, alla Camera dei Deputati, come già accennato, il 14 giugno».

penale»346 e si caratterizzano, nello specifico, quali strumenti di deflazione

rispetto a quei reati che realizzano un’offesa, di carattere essenzialmente privato, ad interessi individuali347. Nelle concrete modalità operative, però, è evidente il

ricorrere di quei paradigmi di ‘monetizzazione delle lesioni penalmente rilevanti’ e di impostazione consensuale-consociativa del conflitto tra reo e vittima che sono stati, appunto, individuati come ‘spie’ della tendenza alla «privatizzazione del conflitto penalistico»348.

Muovendo dalla prima tipologia di intervento, deve, anzitutto, osservarsi come, secondo lo schema delineato nel Capitolo precedente, la previsione della procedibilità a querela possa costituire il primo gradino della ‘privatizzazione’ in senso gradualistico del sistema sanzionatorio: se la depenalizzazione in astratto non può essere l’unico strumento di razionalizzazione dell’ipertrofia penalistica349, infatti, proprio la querela in funzione di selezione può giocare un

ruolo decisivo nell’individuazione in concreto dei fatti meritevoli di pena, non traducendosi in una diminuzione del livello di tutela di determinati beni giuridici, ma costituendo il mezzo di una partecipazione attiva del privato all’amministrazione della giustizia, rispetto a fattispecie lesive di interessi tipicamente individuali350. Le modifiche al regime di procedibilità contenute nella

riforma Orlando – e attuate dal successivo d. lgs. 36/2018351 – non risultano, però,

del tutto coerenti con tale modello: e si ritiene che a ciò contribuiscano non soltanto talune contraddizioni nei principi e criteri direttivi, ma anche l’operare congiunto della causa estinzione di cui all’art. 162-ter c.p. – di cui si dirà meglio

346 Cfr. Relazione al DDL n. 2978, in camera.it e Relazione illustrativa allo schema di d. lgs.

recante «Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati», in

giustizia.it.

347 Cfr. nuovamente Relazione al DDL n. 2978 e Relazione illustrativa allo schema di d. lgs.

recante «Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati».

348 Cfr. in tal senso C. E. PALIERO, L’autunno del patriarca, cit., 1231.

349 Al contrario, infatti, come osserva F. GIUNTA, Interessi privati e deflazione penale nell’uso

della querela, cit., 185-186, «la necessità di disciplinare anche penalmente nuovi e sempre più

vasti settori di vita sociale rende del tutto anacronistico l’ideale illuministico di un ordinamento giuridico fatto di poche leggi», cosicché, realisticamente, la sola idea di ridurre il numero delle fattispecie incriminatrici risulta non sempre efficace e in taluni casi utopistica.

350 Cfr. nuovamente F. GIUNTA, Interessi privati e deflazione penale nell’uso della querela, cit.,

189: in tal senso, dunque, deve contrastarsi l’idea che l’ampliamento delle ipotesi di procedibilità a querela costituisca una «deprecabile privatizzazione dello jus puniendi».

351 Recante «Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in

attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a) e b) , e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103».

infra – capace, invero, di produrre conseguenze non irrilevanti sul piano del diritto

sostanziale.

Come può leggersi, infatti, nella Relazione illustrativa352 le ragioni che hanno

indotto il legislatore all’ampliamento delle ipotesi di procedibilità a querela nella l. 103/2017 sono molteplici: accanto alla finalità di «migliorare l’efficienza del sistema penale»353, si rinviene anche la volontà di «evitare che si determinino

meccanismi repressivi automatici in ordine a fatti che non rivestono particolare gravità»354, nonché di «far emergere e valorizzare l’interesse privato alla

punizione del colpevole in un ambito di penalità connotato dall’offesa a beni strettamente individuali»355. Si aggiunge, inoltre, che «ampliando l’area della

procedibilità a querela si può ottenere, altresì, l’effetto aggiuntivo […] di favorire meccanismi conciliativi». Emerge fin da subito, perciò, la complessità della riforma, che intende coniugare con un unico intervento istanze di portate ben diversa, le quali – pur costituendo tutte finalità astrattamente perseguibili mediante la procedibilità a querela – avrebbero forse richiesto ciascuna una configurazione ed una elaborazione specifica356. È necessario, dunque, analizzare

più nel dettaglio la l. 103/2017 e il successivo d. lgs. 36/2018, per verificarne la coerenza e le divergenze rispetto alle effettive potenzialità dell’istituto della ‘procedibilità’ quale strumento di politica criminale357: si rende necessaria,

352 Cfr. la citata Relazione illustrativa allo schema di d. lgs. recante «Disposizioni di modifica

della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati», su giustizia.it.

353 Si precisa, peraltro, che il conseguimento di tale effetto potrà aversi «anche attraverso la

collegata operatività dell’istituto - di nuova introduzione - della estinzione del reato per condotte riparatorie (articolo 162-ter del codice penale)».

354 E tali, peraltro, da «ostacolare il buon governo dell’azione penale in riferimento a quelli

seriamente offensivi».

355 Continua la Relazione che «in tale ultimo caso, il ricorso alla procedibilità a querela dipende

principalmente dalla necessità di condizionare la repressione penale di un fatto, astrattamente offensivo, alla valutazione in concreto della sua gravità da parte della persona offesa. In questi casi – si dice – “la procedibilità a querela funziona come indicatore della concreta intollerabilità di singoli episodi conformi alla fattispecie incriminatrice”».

356 Come osserva anche F. GIUNTA,Interessi privati e deflazione penale nell’uso della querela,

cit., passim, sussiste un rapporto molto stretto tra le singole fattispecie, il regime di procedibilità e