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Storia di un'illusione. Analisi e proposta di traduzione della prima sezione di "Radiografía de la pampa" di Ezequiel Martínez Estrada

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN

LINGUISTICA E TRADUZIONE

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Storia di un’illusione.

Analisi e proposta di traduzione della prima sezione

di Radiografía de la pampa di Ezequiel Martínez Estrada

CANDIDATO

RELATORE

Carla Deidda

Prof.ssa Alessandra Ghezzani

CONTRORELATORE

Prof.ssa Rosa María García Jiménez

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INDICE

INTRODUZIONE 7

1. EZEQUIEL MARTÍNEZ ESTRADA, PROFETA INCOMPRESO 11

1.1. Un triste privilegio 11

1.2. L’abbandono del nido e gli esordi letterari 12

1.3. L’età adulta: la produzione in prosa e gli altri lavori 14

1.4. Peronismo e “peronite” 18

1.5. Gli ultimi anni 20

2. LA PROFEZIA: RADIOGRAFÍA DE LA PAMPA 23

2.1. L’esigenza del saggio 23

2.1.1. L’epoca positivista 24

2.1.2. Verso il pessimismo 26

2.1.3. Una metamorfosi lenta o repentina? 28

2.1.4. Le ragioni del cambiamento 29

2.1.5. Intenti e finalità 34

2.2. Sei sezioni per sei macrotematiche 35

2.2.1. La città dei Cesari 35

2.2.2. Isolamento e solitudine 38

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2.2.4. Una testa decapitata e viva 46

2.2.5. Paura ed effetti collaterali 51

2.2.6. Pseudostrutture 52

2.3. Dopo la pubblicazione: detrattori e discepoli 53

2.3.1. Martínez Estrada e Jorge Luis Borges 54

2.3.2. L’invettiva di Bernardo Canal Feijóo 58

2.3.3. La Generazione del ’50 61

2.3.3.1. Dal profeta al discepolo: H. A. Murena 65

2.3.3.2. Riviste generazionali e altri seguaci 67

2.3.3.3. Con gli occhi di un marxista: J. J. Sebreli 70

2.3.4. L’oblio 78

3. RADIOGRAFIA DELLA PAMPA 81

GLOSSARIO 243

4. TRA DUE FUOCHI 247

4.1. Un nuovo pubblico 247

4.2. La parte per il tutto 250

4.3. Molto più che un semplice saggio 251

4.4. Propedeutica al tradurre 255

4.4.1. Il contesto 256

4.4.2. (Ri)leggere 257

(5)

4.5. Il paratesto 260

4.6. Aspetti linguistici e approccio traduttivo 265

4.6.1. L’eterna divisione 265 4.6.2. Morfosintassi e punteggiatura 266 4.6.3. Il lessico 272 4.6.4. Questioni di variazione 276 4.7. Perdite e compensazioni 278 CONCLUSIONE 283 BIBLIOGRAFIA 285

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7

INTRODUZIONE

Devo parlarti e mi devi ascoltare. Con queste parole Ezequiel

Martínez Estrada si rivolse per l’ennesima volta al proprio popolo nel breve articolo Palabras preliminares a mi pueblo. Per lungo tempo gli argentini avevano ignorato i suoi richiami, crogiolandosi nell’illusione di una ricchezza in prestito; era giunto il momento di svegliarsi da un sogno che durava ormai da oltre quattro secoli e di aprire gli occhi alla realtà; una realtà barbara, dominata da una natura matrigna, contro cui gli sforzi civilizzatori del XIX secolo non avevano potuto nulla.

A cavallo tra gli anni Venti e gli anni Trenta del Novecento, un forte sentimento di apprensione nei confronti del popolo argentino aveva spinto Martínez Estrada ad abbandonare il cammino sicuro della poesia, valsogli numerosi premi e riconoscimenti, per intraprendere un nuovo percorso, più adatto ai suoi rinnovati obiettivi di profeta; quello del saggio. A partire da questo momento, Martínez Estrada si dedicò esclusivamente alla produzione di una prosa impegnata, che potesse guidare il lettore argentino verso l’accettazione di una verità scomoda, che gli enemigos de la patria avevano cercato in ogni modo di nascondere. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, i suoi proclami caddero nel vuoto, vennero fraintesi e criticati, cosicché la sua profezia andò presto incontro a un destino di oblio.

Con il presente lavoro di tesi, abbiamo voluto rispondere all’appello di Ezequiel Martínez Estrada e prestare orecchio alle sue parole, concentrandoci in particolare su quelle racchiuse all’interno del suo più importante saggio: Radiografía de la pampa. Nelle sue pagine, Martínez Estrada ripercorre l’intera storia del territorio argentino, con particolare attenzione alle caratteristiche innate e sfavorevoli di quest’ultimo (l’appartenenza a un continente stretto tra due grandi oceani, la lontananza

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dall’Europa, l’estensione e la presenza del deserto pampeano), le quali, sommandosi agli innumerevoli errori commessi dai conquistatori e dai loro discendenti, avrebbero condotto l’Argentina alla condizione di arretratezza e dipendenza dall’Europa che la contraddistingueva nella prima metà del XX secolo.

Dopo aver provveduto all’analisi della biografia dell’autore e del contenuto dell’opera, a cui sono dedicati, rispettivamente, il primo e il secondo capitolo di questo lavoro, si è passati alla traduzione della prima sezione del saggio, Trapalanda, che occupa, invece, il terzo capitolo. La sezione in oggetto ripercorre le gesta di quegli avventurieri spagnoli che, all’alba del XVI secolo, sbarcarono sulle rive del Rio de la Plata e attraversarono la pampa argentina alla ricerca di un immenso tesoro nascosto, chiamato appunto Trapalanda. Accecati dalla brama di ricchezze, incapaci di rassegnarsi all’idea di un territorio immenso e desolato, protrassero la loro avventura per secoli, distruggendo ogni ostacolo sul loro cammino e vendicandosi sulla natura e sulle popolazioni indigene al tempo stesso, ree di averli tratti in inganno. Tuttavia, la forza dell’illusione e il disincanto che ne consegue, così evidenti nei conquistatori, non svanirono alla loro morte, ma riapparvero più forti di prima in tutti coloro che misero piede, secolo dopo secolo, sul territorio argentino. Sicché Trapalanda non è soltanto una città inesistente, frutto delle fantasiose menti dei conquistatori cinquecenteschi, ma il simbolo dell’intera storia argentina: la storia di un’illusione.

Infine, il commento in chiusura ripercorre le tappe del percorso traduttivo affrontato, dalle fasi preliminari di documentazione, lettura e analisi alla revisione finale, passando attraverso le numerose scelte traduttive in cui ci siamo imbattuti strada facendo. Come avremo modo di spiegare più avanti, la traduzione di Radiografía de la pampa, in ragione della complessità dei suoi temi e del suo stile, si è rivelata una grossa sfida, che si è deciso di

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affrontare adottando un approccio prevalentemente straniante, che lasciasse in pace lo scrittore e gli muovesse incontro il lettore (per dirla con Schleiermacher), al fine di permettere a quest’ultimo di entrare in contatto con l’estraneo e di apprezzare appieno lo stile scelto da Ezequiel Martínez Estrada per la stesura del suo grande saggio.

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1. EZEQUIEL MARTÍNEZ ESTRADA, PROFETA INCOMPRESO

1.1. Un triste privilegio

Ezequiel Martínez Estrada nacque nel 1895 a San José de la Esquina, un piccolo paese della provincia di Santa Fe. Dopo soli cinque anni traslocò con i genitori, entrambi emigrati spagnoli, a Goyena, nel sud della provincia di Buenos Aires, e all’età di dodici anni si trasferì da solo nella capitale, dove proseguì gli studi presso il Colegio Avellaneda.

Purtroppo, le informazioni in merito all’infanzia dello scrittore scarseggiano, ma possiamo comunque farci un’idea di questi primi anni di vita trascorsi in provincia grazie ai numerosi elementi autobiografici (quasi sempre impliciti) presenti all’interno dei suoi scritti. Un testo fondamentale in tal senso è la Carta a Victoria Ocampo, risalente al 1945. In quest’anno Victoria Ocampo si cimentò nella raccolta di una serie di conferenze dedicate ad alcuni scrittori argentini, ai quali chiese di redigere una breve autobiografia da inserire all’interno della raccolta come didascalia alle loro foto. Martínez Estrada rispose all’appello con la succitata lettera, poi pubblicata in Leer y

escribir (1969), nella quale affermava:

De mis primeros años recuerdo que, como una segunda naturaleza semejante a la mutilación, poseí el triste privilegio de comprender las cosas de la vida con precoz claridad de adulto. Debo confesar que no recuerdo ninguna época que haya vivido la ingenuidad de la niñez1.

Apprendiamo, dunque, che quando ancora era solo un bambino, Martínez Estrada acquisì una capacità che lo avrebbe accompagnato fino alla

1 Ezequiel Martínez Estrada, Carta a Victoria Ocampo, in Leer y escribir, México D.F., Editorial Joaquín Mortiz, 1969, pp. 116-117.

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fine dei suoi giorni e che, per certi versi, costituiva un grosso privilegio, ma per altri, una vera e propria condanna: la capacità di vedere oltre e di comprendere significati e realtà inaccessibili al resto della popolazione. Questa prematura abilità, poi rivelatasi utile ai fini della stesura della sua più importante opera in prosa, Radiografía de la pampa (1933), lo privò della spensieratezza tipica dell’infanzia, catapultandolo nell’età adulta prima del tempo.

1.2. L’abbandono del nido e gli esordi letterari

Fu il trasferimento a Buenos Aires, tuttavia, a segnare inequivocabilmente la fine dell’infanzia dell’autore. Il prematuro distacco dal nucleo familiare, sommato alla separazione dei genitori, ebbe importanti ripercussioni sul carattere di Martínez Estrada e sulla sua produzione artistica successiva, inaugurando un’epoca di profonda solitudine, che non si concluse se non con la morte dell’autore:

En fin, a veces pienso que ni Dosteievski ha imaginado una existencia tan trágica y penosa como la mía, […]. Repasando mi vida, veo que sólo he sido yo el culpable de una valoración pesimista, y que prolongar la existencia más allá de la pubertad es un funesto error que se paga con la misma supervivencia2.

Ben presto la poesia entrò a far parte della sua vita, ed è proprio grazie a essa che riusciamo a comprendere al meglio le sensazioni e i pensieri che affollavano la mente del giovane scrittore nei suoi primi anni di attività letteraria. La sua prima raccolta di componimenti, Oro y piedra, venne data alla stampa nel 1918 e a essa fecero seguito Nefelibal (1922), Motivos del

cielo (1924), Argentina (1927), Humoresca (1929) e Títeres de pies ligeros

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(1929). Durante questa prima fase, quasi totalmente dedita alla poesia, Martínez Estrada si ispirò a vari maestri, suoi contemporanei e no, tra cui Keats, Mallarmé, Darío e Lugones. Con quest’ultimo, in particolare, instaurò un rapporto di profonda amicizia e stima reciproca, logoratosi intorno al 1930 in concomitanza con la metamorfosi politica del grande modernista e l’incontro con Horacio Quiroga.

Leopoldo Lugones fu, per il radiografo della pampa, come una figura paterna: ne elogiò i componimenti e lo accompagnò lungo il suo percorso letterario, arrivando a premiarlo, nel 1932 e in quanto membro della giuria, con il primo Premio Nazionale di Letteratura per Títeres de pies ligeros e

Humoresca. Martínez Estrada, dal canto suo, lo guardò sempre con enorme

devozione e rispetto, provando al suo cospetto un certo timore reverenziale e seguendone le orme come poeta. Il risultato di questa grande ammirazione fu una poesia profonda e riflessiva, grave e armoniosa al tempo stesso, ma soprattutto erudita, con versi ricercati e ricchi di vocaboli inusuali e altisonanti, che venne applaudita dalle alte sfere della letteratura argentina ma attirò anche numerose critiche da parte degli scrittori più giovani, che la giudicarono fin troppo fredda e aristocratica. Lo dimostrano le parole di Francisco López Merino, che nel 1927 pubblicò una recensione dell’opera

Argentina all’interno della rivista “Síntesis”:

Los tres libros que ha publicado anteriormente gozan de cierta impopularidad, debida sin duda a la aristocracia de su poesía y al explicable silencio de los bibliógrafos de profesión, que ante aquellas alusiones especializadas a que hemos hecho referencia, decidieron dejar prudentemente de lado el desconcertante volumen3.

3 Carlos Adam, Bibliografía y documentos de Ezequiel Martínez Estrada, La Plata, Universidad Nacional de La Plata, 1968, p. 209.

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Per questa ragione, Martínez Estrada non fu mai pienamente soddisfatto dei traguardi raggiunti in questa prima fase. Sebbene i suoi versi fossero stati acclamati in più occasioni, gli elogi provenivano da un pubblico molto ristretto, composto prevalentemente da intellettuali di vecchia data, mentre la gloria, la celebrità, il completo riconoscimento da parte di tutti i lettori argentini, a cui l’autore aspirava sin dalla più tenera età, tardavano ad arrivare.

1.3. L’età adulta: la produzione in prosa e gli altri lavori

La delusione per i risultati ottenuti nell’ambito della poesia fu proprio uno dei motivi che portarono Martínez Estrada a cambiare rotta e a imboccare la via del saggio. Infatti, le ultime due raccolte del 1929 segnarono la fine della fase poetica dell’autore nonché l’inizio di una transizione i cui primi sintomi erano già visibili nei versi di Argentina e che, nel giro di pochi anni, avrebbe portato Martínez Estrada all’abbandono quasi totale del verso e alla stesura di Radiografía de la pampa4. Basti pensare che l’unica raccolta di

componimenti successiva a Humoresca e a Títeres de pies ligeros, intitolata

Coplas de ciego, venne data alla stampa ben trent’anni dopo, nel 1959.

In questi trent’anni, Martínez Estrada si dedicò anima e corpo alla produzione di una serie di saggi di vario genere: storico-sociologici, come

Radiografía de la pampa (1933), oggetto di questo lavoro, ma anche La cabeza de Goliat (1940), Sarmiento (1946), Muerte y transfiguración de Martín Fierro (1948) e Diferencias y semejanzas entre los países de la

4 Per ulteriori informazioni in merito al passaggio dalla poesia alla prosa, cfr. §2.1.3. di questo lavoro.

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América Latina (1962); letterari, come Panorama de las literaturas (1946); e

polemici, come ¿Qué es esto? (1956) ed Exhortaciones (1957)5.

La maggior parte di queste opere vennero pubblicate nella capitale, dove Martínez Estrada condusse una vita che egli stesso definì «laboriosa, de sobreviviente, en mil formas repetida a la manera de un arabesco, en que todo es construir sobre arena, ensayar y errar»6. Infatti, una volta terminati gli studi presso il Colegio Avellaneda, Martínez Estrada non portò a termine il proprio percorso accademico e nel 1916 cominciò a lavorare come impiegato postale, lavoro stabile e sicuro che mantenne fino al 1946 e che gli permise, come lui stesso affermò, di salvaguardarsi dagli imprevisti e dai pericoli della realtà argentina:

La única estructura solidificada, el único segmento de la esfera en que las tierras aparecen diferenciadas de las aguas, es la Administración pública, las restingas del Estado. Sus perfiles y relieves demárcanse con nitidez, ahí pueden hacer pie los que temen la vida7.

D’altro canto, questa esperienza lavorativa fu molto importante in vista della stesura di Radiografía de la pampa. Lavorare per il Correo Central di Buenos Aires gli consentì, infatti, di osservare da vicino gli ingranaggi cigolanti della burocrazia rioplatense e di denunciarne le criticità tra le pagine del saggio. Non dimentichiamo, infine, che l’abbandono degli studi inserì Martínez Estrada tra le file, già stracolme, degli scrittori argentini autodidatti, tra le quali ritroviamo anche numerosi autori che furono per lui di grande

5 La suddivisione in saggi letterari, storico-sociologici e polemici è ripresa da Adam (1968), al quale venne suggerita dallo stesso Martínez Estrada.

6 Ezequiel Martínez Estrada, Carta a Victoria Ocampo, cit., pp. 116-117.

7 Ezequiel Martínez Estrada, Radiografía de la pampa, Leo Pollmann (a cura di), España, Archivos, 1991, pp. 199-200.

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ispirazione. Il radiografo della pampa fu, infatti, uno strenuo difensore dell’autodidattismo, nonché un avido lettore sin dalla più tenera età:

Mis primeras lecturas extensas fueron el Quijote, la Historia de España de Lafuente y Misericordia de Galdós. (…) Rigurosamente autodidacto, no tuve otro maestro ni guía que mi propio afán de leer8.

L’interesse per la lettura, sorto in gioventù, non si placò con gli anni e influenzò ampiamente la produzione saggistica dell’autore. Lo stesso Martínez Estrada, interpellato in varie occasioni riguardo alle opere che avevano ispirato le idee di Radiografía de la pampa, affermò di aver letto, ai fini della stesura del saggio, circa quattrocento opere9. Tra i suoi maestri ricordiamo, in primo luogo, Horacio Quiroga, che fu all’origine del suo cambiamento; Sarmiento, forse il più citato all’interno del testo; Guillermo Enrique Hudson, la cui infanzia presentava diversi punti in comune con quella dell’autore; Schopenhauer, da cui ereditò il profondo pessimismo che pervade

Radiografía de la pampa; Nietzsche, del quale fece propria la teoria

dell’eterno ritorno dell’uguale; Spengler, dalla cui opera Il tramonto

dell’Occidente Martínez Estrada trasse non solo la sua concezione della

storia, ma anche il metodo espositivo adottato nella stesura del saggio; Freud, i cui studi sulla nevrosi ispirarono la sua visione dell’uomo argentino, perseguitato dagli errori del passato; e ancora Echeverría, Alberdi, Simmel, Scheler, Keyserling, Groussac, Larra, Ortega e Unamuno10.

8 Ezequiel Martínez Estrada, Carta a Victoria Ocampo, cit., p. 120.

9 Ezequiel Martínez Estrada, Prólogo inútil, in Antología, México, Fondo de Cultura Económica, 1964, p. 17.

10 Gli ultimi tre autori menzionati sono gli unici spagnoli individuabili tra le fonti di Ezequiel Martínez Estrada. Il suo evidente anti-ispanismo lo portò, infatti, a considerare soltanto quegli scrittori spagnoli che, nelle loro opere, avevano analizzato criticamente il proprio paese, evidenziandone le problematicità.

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Hasta el más miope, no el ciego, hubiera podido percibir que la configuración sociológica de Radiografía de la pampa débese a Spengler, con su lectura simbólica de los hechos; a Freud, con su examen de las perturbaciones de la psique social, y a Simmel, con su método configuracionista11.

Oltre che come impiegato, Martínez Estrada lavorò in quegli stessi anni anche come professore di letteratura presso il Colegio Nacional dell’Università di La Plata. Questo secondo impiego gli permise di ampliare ulteriormente la propria biblioteca personale e, ancora una volta, di esaminare da vicino determinati aspetti della realtà argentina. Ne notiamo l’influenza, in particolare, nella descrizione della città di La Plata, del viaggio in treno che lo conduceva a essa e dei lavoratori pendolari con cui condivideva il vagone:

Viaja la gente importante, los unos con su indumentaria invariable, los otros inmersos en la lectura; y el pordiosero recoge las abundantes monedas de la vanidad. Todo aquel que viaja habitualmente a La Plata es dos, vale dos. Si fuesen más humildes o viajaran en el tren como en un tren simplemente, La Plata se indignaría de sus habitantes12.

Dopo trent’anni di lavoro, Martínez Estrada ottenne la pensione nel 1946, anno in cui abbandonò anche il lavoro come docente e si trasferì a Goyena, piccolo paesino della sua infanzia, in una tenuta acquistata con il denaro del Premio Nazionale di Letteratura. Ciò nonostante, continuò a lavorare senza sosta, partecipando attivamente all’ambiente letterario della capitale. Risalgono a quest’epoca opere come Panorama de las literaturas (1946), Sarmiento (1946), Los invariantes históricos en el Facundo (1947),

Nietzsche (1947), Muerte y transfiguración de Martín Fierro (1948), ma

11 Ezequiel Martínez Estrada, Sobre Radiografía de la pampa (preguntas y respuestas), in

Leer y escribir, México D. F., Editorial Joaquín Mortiz, 1969, p. 134.

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anche numerosi articoli pubblicati in vari giornali e riviste, tra cui “Los anales de Buenos Aires”, “Sur”, “Cuadernos americanos”, “La Razón” e “Babel”. Questa frenetica attività letteraria coincideva, non a caso, con il primo mandato presidenziale di Juan Domingo Perón, inauguratosi proprio nel 1946. Secondo León Sigal, Martínez Estrada si tuffò a capofitto nella produzione di saggi e articoli di ogni tipo nel tentativo di soffocare il senso di impotenza che provava di fronte alla censura peronista, che gli impediva di dedicarsi a tempo pieno alla sua attività preferita: la critica polemica13.

1.4. Peronismo e “peronite”

A tal proposito, non possiamo non menzionare uno degli avvenimenti più rilevanti della vita di Ezequiel Martínez Estrada. Agli albori del 195114, in pieno peronismo, lo scrittore fu colpito da una grave neurodermite che lo costrinse a un riposo forzato di ben cinque anni. Nell’agosto del 1952, in una lettera indirizzata allo scrittore e amico Enrique Anderson Imbert, Martínez Estrada scriveva:

Mi enfermedad es muy tenaz y llevo dos años en cama. Padezco neurodermitis melánica; tengo la piel oscura y el prurito y el eczema no me dan paz. Se ignora cuándo podré salir de este tormento. A mi edad – 57 años – me estoy por resignar a no reponerme más15.

13 León Sigal, Itinerario de un autodidacto, in Ezequiel Martínez Estrada, Radiografía de la

pampa, cit., p. 379.

14 Juan José Sebreli (20074: 156) situò la comparsa della malattia nel 1952. Tuttavia, grazie alla lettura di alcune lettere scritte da Martínez Estrada in quegli stessi anni e riportate in Adam (1968: 166), apprendiamo che i primi segni della stessa comparvero, più verosimilmente, nel gennaio del 1951.

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La tanto attesa guarigione arrivò alla fine del 1955, anno in cui lo scrittore si riprese completamente e poté dedicarsi nuovamente alla scrittura. Tuttavia, il curioso sincronismo tra la comparsa del morbo e la rielezione di Perón, ulteriormente confermato dalla sparizione di entrambi nel 1955, spinse Martínez Estrada a intravedere nella malattia che lo aveva costretto a letto per cinque anni una somatizzazione di un male più grande, che affliggeva l’intero paese. L’organismo dello scrittore, stressato dalla situazione politica argentina e dal bavaglio della censura, aveva manifestato il proprio sdegno attraverso uno sfogo cutaneo, ma non solo. Martínez Estrada interpretò il decorso della sua malattia come una punizione impartita dall’alto, per mezzo della quale non solo veniva castigato per aver denunciato i meccanismi occulti della realtà argentina, ma venivano scaricate sulle sue spalle di martire le colpe della società argentina tutta.

Pues así como yo padecía de una enfermedad chica, él padecía de una enfermedad grande; y si yo pude haber cometido alguna falta pequeña, él la habría cometido inmensa. Yo y mi país estábamos enfermos. Inmediatamente reflexioné y recordé que Dio solía castigar a los pueblos valiéndose de los hombres, como leemos en la Biblia. Al propio pueblo elegido con personas de su fe o de otra; y a otros pueblos con éstas o con otras personas. (…) Había entonces una relación verdadera y misteriosa entre individuo y sociedad, entre ciudadano y nación, entre historia y biografía. Era nuestro caso, el de mi país y yo16.

Grazie al colpo di stato del 16 settembre 1955 e all’avvento della

Revolución Libertadora, lo scrittore riacquistò le proprie libertà e poté dare

alla stampa un saggio fortemente polemico sul regime peronista, intitolato

16 Ezequiel Martínez Estrada, Discurso improvisado en la cena ofrecida el 18 de enero de

1956 en el Club Universitario de Bahía Blanca, in Cuadrante del pampero, Buenos Aires,

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¿Qué es esto? Catilinaria e pubblicato a Buenos Aires nel 1956. È importante

sottolineare, tuttavia, che Martínez Estrada, una volta conclusasi la parentesi peronista, non si schierò tra le file dei sostenitori della Revolución

Libertadora, anzi, si mostrò molto critico nei confronti dei primi governi

post-peronisti, suscitando così l’indignazione di vari scrittori e intellettuali di spessore, tra cui Jorge Luis Borges17.

1.5. Gli ultimi anni

Eterno solitario, Martínez Estrada non partecipò mai ai salotti letterari della capitale e, soprattutto, non aderì mai ad alcun partito politico. All’interno dei suoi testi, attaccò indistintamente qualsiasi formazione politica, atteggiamento che gli permise di denunciare le problematiche di tutti i governi che si susseguirono alla guida del paese, ma che gli valse anche numerose accuse di astensionismo18.

Le continue critiche ricevute nel corso degli anni, esacerbate da un inestinguibile malessere interiore, fecero nascere in Martínez Estrada un forte sentimento di incomprensione, accompagnato dalla delusione di non aver potuto ottenere il successo che sognava. Si sentiva un profeta in un mondo di sordi, un messaggero inascoltato, i cui proclami ricadevano periodicamente nel vuoto, pubblicazione dopo pubblicazione. In un breve articolo rivolto al popolo argentino, scrisse esasperato:

17 Cf. §2.3.1. di questo lavoro.

18 L’unica eccezione a questa tendenza apolitica è costituita dall’avvicinamento al marxismo castrista, avvenuto nel 1960. In quest’anno, Martínez Estrada, incaricato di scrivere un’opera su José Martí, si trasferì all’Avana e vi rimase per ben due anni, durante i quali collaborò con il governo di Fidel Castro, sentendosi finalmente utile e apprezzato. Quattro anni prima della sua morte, Martínez Estrada abbandonava per la prima volta l’atteggiamento polemico che lo aveva sempre contraddistinto e metteva la propria penna e il proprio intelletto al servizio di una causa politica.

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Tengo que hablarte y me tienes que escuchar. Hace veinticinco años que vengo escribiéndote y no te entregan mis cartas. Ahora decido hablarte. (…) Nada te puedo dar y nada quiero que me des, sino que me escuches con buena voluntad porque yo te hablo de buena fe19.

Incapace di accettare le critiche e sempre più convinto di essere stato ingiustamente boicottato in patria, nel 1959 Ezequiel Martínez Estrada si rifugiò a Città del Messico, dove si sentì così benvoluto e apprezzato che pensò di stabilirvisi per sempre, come scrisse in una lettera indirizzata a Carlos Albarracín Sarmiento nel dicembre di quello stesso anno:

Estamos en México y pienso quedarme, si es posible, el resto de mis días. Aquí me quieren y me respetan los desconocidos, y allá sólo mis fieles amigos de antaño. Estoy cansado de trabajar en una empresa imposible, contribuyendo a que se diga que en la Argentina hay gente de valer, pero no que se los obligar a ir a ganarse el pan en el extranjero20.

Soltanto un mese dopo, Martínez Estrada partecipò, nella capitale messicana, alla tradizionale cena con cui la rivista “Cuadernos Americanos” inaugurava il suo diciannovesimo anno di vita. Invitato a pronunciare un discorso, parlò proprio delle conseguenze negative che aveva dovuto affrontare a Buenos Aires in seguito alla pubblicazione di Radiografía de la

pampa, ribadendo, ancora una volta, l’ingratitudine dimostrata dal popolo

argentino nei suoi confronti:

Pues ocurrió primero que por haber revelado la índole hereditaria y crónica de los males que a mi juicio aquejan a mi país, y denunciado luego a quienes creí que debiéramos culpar de ellos,

19 Ezequiel Martínez Estrada, Palabras preliminares a mi pueblo, in Cuadrante del pampero, cit., p. 136.

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vine a encontrarme como extranjero en mi patria, perdidos algunos amigos ilustres, y ganados otros apenas alfabetos; cerradas las puertas de diarios y revistas y señalado con el índice por los amos de la patria. Arrojado, digo, a las ergástulas del pueblo21.

Questo atteggiamento, secondo alcuni ingiustificato ed eccessivamente vittimistico, lo caratterizzò per tutta la vita. Anche in punto di morte, Martínez Estrada guardava dietro di sé e non vedeva altro che un enorme fallimento. Aveva dedicato l’intera esistenza a servire il suo popolo, ad ammonirlo e a cercare di correggerne gli errori, di risvegliarne la coscienza e di indirizzarlo verso un futuro migliore. Eppure, il suo sacrificio era stato totalmente inutile, perché le sue parole erano rimaste inascoltate o, ancor peggio, avevano suscitato l’indignazione di chi, messo alle strette di fronte alla verità, aveva preferito continuare a crogiolarsi nella propria ignoranza. Potremmo dire che anche Martínez Estrada fu vittima della terribile illusione che aveva caratterizzato le vite di tutti gli argentini, dal cercatore di tesori al migrante europeo, e che lui stesso aveva ben descritto all’interno del suo saggio. Credette di poter essere acclamato come autore e come profeta, ma una volta giunto alla fine di tutto, guardandosi indietro, non vide altro che una cocente delusione, un tragico fallimento:

De ese repaso que creía tan lleno de interés y de emociones, sólo me resta una grande, trágica desilusión; porque se trata de una vida que ni a mí mismo puede interesarme ya. Le debo, en suma, esta liquidación de acaso las últimas supersticiones y el desvanecimiento en la luz de espectros y duendes que me encantaban y no existían22.

21 Ezequiel Martínez Estrada, Un año más de “Cuadernos Americanos”, «Cuadernos Americanos», 2, marzo-aprile 1960, p. 52.

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2. LA PROFEZIA: RADIOGRAFÍA DE LA PAMPA

2.1. L’esigenza del saggio

Radiografía de la Pampa significa para mí una crisis, por no decir una catarsis, en que mi vida mental toma un rumbo hasta entonces insospechado23.

Così, a distanza di più di trent’anni dalla pubblicazione di Radiografía

de la pampa, Ezequiel Martínez Estrada descriveva il cambio di rotta che lo

aveva portato alla stesura del suo celebre saggio.

Il passaggio dalla poesia alla prosa, dall’ottimismo al pessimismo, o dall’armonia al caos, come scrisse Juan José Sebreli24, rappresenta

indubbiamente una delle sfaccettature più analizzate della parabola letteraria dello scrittore santafesino. Negli anni, infatti, sono stati numerosi gli studi che hanno ribadito l’importanza di questo cambiamento (brusco secondo alcuni; graduale e prevedibile secondo altri) e che hanno provato a individuarne le principali cause. Per capire cosa abbia spinto Ezequiel Martínez Estrada ad abbandonare la poesia e a intraprendere la strada del saggio, analizzeremo nelle prossime pagine il contesto socio-politico-economico dell’Argentina degli anni Trenta, in cui Radiografía de la pampa, pubblicata nel 1933, si inserisce. Ancor prima, tuttavia, vogliamo soffermarci sull’analisi del periodo immediatamente precedente: l’epoca positivista.

23 Ezequiel Martínez Estrada, Prólogo inútil, cit., p. 12.

24 Juan José Sebreli, Martínez Estrada: una rebelión inútil, Buenos Aires, Editorial Sudamericana, 20074 (1ª ed. 1960), p. 60.

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24 2.1.1.L’EPOCA POSITIVISTA

I primi decenni del XX secolo rappresentarono per l’Argentina un’epoca di grande crescita economica, che instillò nell’animo dei suoi abitanti un forte sentimento di orgoglio nei confronti della celebre generazione dell’80, artefice dello sviluppo a tutto tondo della nazione, e un grande ottimismo per gli anni a venire. Questa fiducia nel progresso economico, politico e culturale dell’Argentina, attuabile grazie all’introduzione delle nuove tecnologie e alla massiccia ondata migratoria europea, appare riflessa nelle opere di numerosi intellettuali dell’epoca. Lo stesso Bartolomé Mitre, in un discorso pronunciato durante la Manifestazione Popolare del 26 giugno 1901, giorno del suo ottantesimo compleanno, affermò quanto segue:

No es una visión del optimismo patriótico, porque es una realidad escrita en nuestra carta geográfica, la predicción de que, la región que habitamos, será en los tiempos el teatro de una evolución humana, que influirá en los destinos del mundo. Un territorio que se extiende a lo largo de treinta y cinco grados de latitud, en que se alternan todos los climas del globo y prosperan todas las producciones de la naturaleza: que mide una superficie de tres millones de kilómetros cuadrados, con tres mil kilómetros de costas marítimas, y seis mil kilómetros de costas fluviales, articulado por los más grandes ríos y las más altas montañas de la América Meridional: y en el que, sus inmensas y fértiles llanuras sólo esperan la simiente del progreso para devolver ciento por uno en el limbo de la labor: un territorio así constituído, es una tierra prometida, que tiene necesariamente

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que ser el asiento de una nación poderosa, próspera y feliz, cualquiera que sea la raza que la habite25.

Quella stessa estensione territoriale che secondo Domingo Faustino Sarmiento costituiva «el mal que aqueja a la República Argentina»26, e che per il radiografo della pampa sarà fonte di illusione e solitudine, si trasforma, nelle parole di Mitre, in una benedizione dall’alto, in una condizione privilegiata e propizia alla crescita di una potente nazione. Quegli stessi fiumi che Martínez Estrada, trent’anni più tardi, interpreterà come ostacoli alla formazione di una civiltà organizzata rappresentano, per Mitre, un ottimo fertilizzante per la società argentina. In una simile ottica, che non conosce pessimismo, le difficoltà esistono, ma si devono alla giovane età di una nazione che potrà superarle senza grande fatica:

Somos una nación nueva en formación, cuyos perfiles diseñan su tipo definitivo, en que estamos formando una nueva raza con el concurso de todas las nobles razas del mundo civilizado, y que, a pesar de sus deficiencias, de sus desvíos políticos y sociales, de su inexperiencia para gobernarse, constituye un organismo sano y robusto, que tiene en sí los gérmenes de la vida duradera, y la potencia virtual para corregir y mejorar su condición27.

Negli anni successivi, l’entusiasmo non accennò a placarsi, anzi: le celebrazioni per il Centenario della Revolución de Mayo, tenutesi il 25 maggio del 1910, contribuirono a fomentarlo ulteriormente. Lo testimoniano le parole di José Ingenieros, che nel 1913, anno di pubblicazione della prima edizione della sua Sociología argentina, scriveva:

25 Bartolomé Mitre, Discurso a la manifestación popular, in Arengas selectas, Buenos Aires, El Ateneo, 1928, pp. 209-210.

26 Domingo Faustino Sarmiento, Facundo. Civilización y barbarie, Madrid, Cátedra, 2016, p. 58.

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El desenvolvimiento actual de la nacionalidad argentina se acompaña de una intensificación del sentimiento nacionalista y permite entrever su función dentro de la futura política continental. Su capacidad económica, su aumento populativo y las condiciones del medio en que evoluciona, preparan su hegemonía en la América latina. (…) La hegemonía argentina tiene sus mejores ventajas en la paz internacional, siempre propicia a los que crecen más rápidamente; sólo necesita dejar transcurrir algunos lustros. Su extensión territorial, su fecundidad, su población blanca y su clima templado la predestinan al ejercicio de la función tutelar de la futura raza neo-latina en el continente sudamericano28.

2.1.2.VERSO IL PESSIMISMO

Bastava attendere alcuni lustri e l’Argentina avrebbe occupato una posizione egemonica a livello internazionale, scriveva José Ingenieros nel 1913. Eppure, contrariamente a quanto da lui predetto, alcuni lustri più tardi Ezequiel Martínez Estrada riversava proprio sull’estensione territoriale, un tempo giudicata propizia, le colpe dell’immutabile arretratezza argentina, prendendo le distanze da simili «adulatori demagogici»29, come li definì Eduardo González Lanuza, e avvicinandosi sempre più ai modelli di stampo pessimista che dominavano l’ambiente letterario europeo dell’epoca.

In realtà, come puntualizzato da Blas Matamoro, già nel periodo a cavallo tra il XIX e il XX secolo alcuni intellettuali, tra cui Augusto Belín Sarmiento e Agustín Álvarez, avevano provato a contrastare la corrente

28 José Ingenieros, La evolución sociológica argentina, in Sociología argentina, Madrid, Daniel Jorro Editor, 1913, pp. 119-121.

29 Eduardo González Lanuza, Muerte y transfiguración de Martín Fierro, «Sur», 176, giugno 1949, p. 66.

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positivista dominante, ma senza successo30. Anche Ricardo Rojas, autore dell’opera La restauración nacionalista (1909), si schierò contro il crescente ottimismo di quegli anni, adottando, però, un’inusuale postura indianista, che vedeva nell’elemento aborigeno il germe della coscienza nazionale argentina e nell’immigrazione di massa europea la principale causa della crisi morale e sociale del paese. Di diverso avviso era Martínez Estrada, il quale, pur essendo consapevole dei mali che opprimevano l’Argentina, non li attribuiva a cause esogene, quali l’immigrazione di massa, ma a fattori prevalentemente endogeni, come vedremo più avanti. Una prova di questa divergenza di vedute ci è data proprio da un frammento di Radiografía de la pampa (1933), nel quale leggiamo:

América tenía civilizaciones, pero no tenía pasado, era un mundo sin pasado y hasta entonces sin porvenir; desenvolvía su vida en formas asincrónicas y asimétricas con el ritmo y la estructura de los ensayos conocidos y válidos. Su experiencia, desde la arquitectura y el arte, hasta el derecho y la religión, no sirvieron al gran ensayo que el hombre venía realizando sistemáticamente en otros puntos; por eso es absurdo querer revivirlos en su sentido arqueológico31.

Come ci fa notare Miguel Alberto Guerín32, quest’ultima frase non è che una critica rivolta implicitamente proprio a Ricardo Rojas e alla sua nostalgica visione del passato coloniale. Eppure, Rojas, dal canto suo, sembrava apprezzare l’operato del nostro autore, a giudicare da una lettera pubblicata nel 1928 e indirizzata proprio a Martínez Estrada. Al suo interno, Rojas, pur condannando il timbro modernista del poema Argentina, a quel

30 Blas Matamoro, El cincuentenario de «Radiografía de la pampa», «Cuadernos Hispanoamericanos», 390, dicembre 1982, p. 743.

31 Ezequiel Martínez Estrada, Radiografía de la pampa, cit., p. 52 (corsivo mio).

32 Miguel Alberto Guerín, Inmigración, ideología y soledad, in Ezequiel Martínez Estrada,

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tempo di recente pubblicazione, ne elogiava le tematiche e invitava il suo autore a proseguire il percorso intrapreso come cantore della realtà nazionale33.

2.1.3.UNA METAMORFOSI LENTA O REPENTINA?

Effettivamente, Argentina (1927) è di fondamentale importanza per la comprensione della parabola letteraria di Martínez Estrada. Già a partire dal titolo possiamo intuire che il fulcro tematico del componimento è occupato dalla realtà del paese natio, che attirava sempre più l’attenzione dell’autore, benché questi non fosse ancora riuscito a compiere il salto definitivo verso il saggio. Ecco dunque comparire, per la prima volta all’interno della produzione poetica dell’autore, il paesaggio della pampa, con la sua flora e la sua fauna tipiche, le attività agricole dell’entroterra e la modernità bonaerense; temi che cominciano a farsi strada tra questi versi per poi riapparire, sei anni più tardi, tra le pagine del nostro saggio.

Argentina sembrerebbe, dunque, il primo gradino di una scala che

conduce a Radiografía de la pampa. Tuttavia, secondo Eugenio Pucciarelli, nonostante le tematiche affini, vi è una differenza sostanziale che separa queste due opere e che va ben oltre l’intuitivo contrasto poesia-prosa. Si tratta dell’evidente contrapposizione tra l’atmosfera festiva dei versi di Argentina, traboccanti di speranza per il futuro, e l’inesorabile pessimismo del saggio34.

Anche León Sigal è dello stesso parere: sebbene esistano degli elementi di continuità tra la produzione anteriore al 1933 e quella successiva, il salto da

33 La lettera venne pubblicata all’interno del ventisettesimo numero della rivista “Babel” (1928) e, successivamente, venne raccolta da Adam all’interno della sua Bibliografía (1968: 211-213).

34 Eugenio Pucciarelli, La imagen de la Argentina en la obra de Martínez Estrada, «Sur», 295, 1965, pp. 36-39.

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una poesia patriottica e positivista a una saggistica carica di inquietudini è innegabile35.

Secondo Dinko Cvitanovic, invece, il tono pessimista adottato dall’autore sarebbe riscontrabile già a partire dalle sue pubblicazioni precedenti36. Nulla, dunque, sarebbe avvenuto in modo brusco: già ben prima del 1933 Martínez Estrada scriveva testi in prosa, si interessava alla realtà argentina e se ne preoccupava, assumendo un atteggiamento spesso negativo. Inoltre, sempre secondo Cvitanovic, la predilezione per la saggistica che caratterizzò l’età matura dell’autore non equivalse a un abbandono totale della poesia. Martínez Estrada, infatti, pubblicò una raccolta di componimenti, intitolata Coplas de ciego, pochi anni prima della sua morte e, anche in seguito alla pubblicazione di Radiografía, rimase fedele alle sue origini inserendo spesso e volentieri elementi lirici all’interno dei suoi saggi. Per Cvitanovic, dunque, la pubblicazione di Radiografía de la pampa non indica uno sconvolgimento all’interno della parabola letteraria dell’autore, ma la sua maturazione definitiva, graduale e prevedibile.

2.1.4.LE RAGIONI DEL CAMBIAMENTO

In ogni caso, è indiscutibile che qualcosa, nel periodo che va dal 1927 al 1932, incise a tal punto sulla persona e sul pensiero di Martínez Estrada da indirizzarlo sempre più verso una prosa impegnata, dal tono estremamente critico, cupo e disfattista. Infatti, tra il 1929 e il 1930 lo scrittore interruppe pressocché definitivamente la produzione di poesie che lo aveva accompagnato durante la gioventù e si dedicò alla stesura di un saggio in cui, con una sincerità senza precedenti, fece tabula rasa delle “finzioni mitiche”

35 León Sigal, op. cit., p. 372.

36 Dinko Cvitanovic, Radiografía de la pampa en la historia personal de Martínez Estrada, in Ezequiel Martínez Estrada, Radiografía de la pampa, cit., p. 329.

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con cui fino ad allora si era cercato, a detta sua, di nascondere la cruda realtà argentina. Anni dopo, il più fedele discepolo di Martínez Estrada, Héctor A. Murena, applaudì sonoramente l’ormai lontana decisione del suo maestro di dare un taglio alla produzione di una poesia «mala» e «gratuita», che aveva lasciato lo scrittore santafesino «con las manos vacías, como el más pobre de los pobres que hayan pisado la tierra»37, e di intraprendere un nuovo percorso in prosa, ben più utile al destino del paese.

Limitando, in un primo momento, la nostra analisi al piano storico-politico della questione, potremmo affermare che gli avvenimenti che scatenarono la metamorfosi di Ezequiel Martínez Estrada furono essenzialmente tre: la crisi economica che colpì il paese nel 1930, figlia del crollo di Wall Street; il colpo di Stato che, in quello stesso anno, mise fine al governo radicale di Yrigoyen e attribuì pieni poteri al generale Uriburu; e, infine, i cambiamenti sociali che, già a partire dalla decade precedente, avevano portato a un aumento del numero di scrittori e lettori, non più appartenenti esclusivamente alle classi più agiate della società argentina.

In poche parole, le difficoltà affrontate dall’Argentina a partire dal 1930 spinsero Ezequiel Martínez Estrada a rivalutare il proprio compito di intellettuale e a rivedere la propria funzione all’interno di una società intrappolata, ai suoi occhi, in un circolo vizioso, che la riportava periodicamente a uno stato di caos e barbarie. È importante sottolineare che questa illuminazione lo colpì proprio durante la rilettura di uno dei saggi fondamentali della letteratura ispano-americana, che lo influenzerà a fondo: il Facundo di Sarmiento. In un’intervista rilasciata nel 1958, alla domanda «¿por qué escribió usted Radiografía de la pampa?», Martínez Estrada rispose, infatti, in questo modo:

37 Héctor A. Murena, Martínez Estrada: la lección a los desposeídos, «Sur», 204, ottobre 1951, p. 6.

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A indicación de Enrique Espinoza (Samuel Glusberg) a cuya invitación debo haber escrito la obra, estaba yo preparando un estudio sobre Sarmiento, del que La vida literaria, que dirigíamos juntos, publicó el artículo “Sarmiento a los 120 años”. Cumpliríase en febrero de 1931 el aniversario de su natalicio. Releía, pues, el Facundo, con asombro de lo que hallaba en él de viviente y actual, no advertido antes, cuando acaeció la asonada del 6 de septiembre de 1960. (…) Mi impresión fue la de que recibía una revelación, como dicen los místicos, y que se me mostraba iluminado un pasado cubierto de una mortaja pero no muerto ni sepultado38.

L’ultima frase è significativa: la rilettura del Facundo illuminò Martínez Estrada, rivelandogli una verità a lungo ignorata o volutamente nascosta: l’Argentina non era quel paese dal futuro promettente osannato dalla tradizione positivista, bensì si trovava intrappolata in una morsa da cui difficilmente sarebbe riuscita a liberarsi. È difficile non scorgere in queste parole l’influenza della teoria nietzschiana dell’eterno ritorno dell’uguale, riadattata da Martínez Estrada alla storia (o non-storia, come vedremo) argentina, avente come punto di origine un peccato irremissibile: l’oltraggio alla natura ostile e alle popolazioni indigene da parte dei conquistatori.

Alla luce degli avvenimenti che scuotevano la società argentina, Martínez Estrada intuì, dunque, che il modus operandi di Sarmiento era destinato a fallire, giacché le strutture sociali, culturali ed economiche europee da lui importate non potevano adattarsi in alcun modo al territorio argentino. Avrebbero potuto camuffare la realtà, e così avevano fatto, ma a lungo andare, dopo un periodo di apparente ordine, questa sarebbe tornata a galla, in un ciclo senza fine:

38 Ezequiel Martínez Estrada, Sobre Radiografía de la pampa (preguntas y respuestas), cit., p. 131.

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Estos grandes hombres crearon por superfetación nuestra realidad, según sus ideas, sin haberse extinguido y sí sólo sofocado, las fuerzas disolventes que agitaron nuestra historia en el período que abarca Facundo. No se había cambiado una realidad por otra; y, andando el tiempo, desaparecidas las fuerzas de orden que primaron, por capacidad de la minoría, sobre la multitud, habrían de pugnar, eruptivas, por retrotraer al caos latente aún, un mundo de fábrica39.

Martínez Estrada, di fronte agli errori della generazione precedente, sentì la necessità di contribuire al dibattito sociologico dell’epoca con un saggio scritto di suo pugno, che lo allontanò per sempre dalla poesia modernista, ormai inadatta al nuovo compito che si proponeva in quanto intellettuale:

Ante todo y por sobre todo, el pensador y el artista tienen una misión intransferible, superior a su voluntad, que es la de revelar lealmente aquello que suscitan en él las cosas del mundo en que vive40.

È quindi certo che la crisi del 1930 ebbe su Ezequiel Martínez Estrada un effetto profondo. Eppure, affermare che il cambiamento nell’opera e nella persona dell’autore sia legato a soli fattori di ordine socio-politico-economico sarebbe riduttivo. Ulteriori agenti scatenanti furono, ad esempio, il suo viaggio in Europa, il progressivo allontanamento dal maestro Leopoldo Lugones, ormai politicamente distante da Martínez Estrada, e l’incontro con Horacio Quiroga, avvenuto nel 1928:

39 Ezequiel Martínez Estrada, Sarmiento a los ciento veinte años, in Leer y escribir, cit., p. 85.

40 Ezequiel Martínez Estrada, «Prólogo» a La cabeza de Goliat. Microscopía de Buenos

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Fue para mí, y estoy seguro de que también para él, un encuentro conmigo, consigo mismo; una potenciación o enriquecimiento de mi propio ser, mayor dimensión y mayor volumen en cada cual, al tiempo que un sostén en la vida que en momentos muy críticos me retemplaba para luchar con denuedo contra toda clase de adversidades e incomprensión. (…) Si alguien sufrió una conversión con ella, fui yo. Júzguese por el cambio de mi orientacion literaria desde 192941.

Inoltre, come abbiamo già accennato, il progetto poetico di stampo elitista, sebbene lo avesse premiato in più occasioni, non lo soddisfaceva appieno e, obbligandolo a una sorta di autocensura nei confronti della sua vera personalità e delle sue reali preoccupazioni, non si addiceva ai suoi rinnovati obiettivi di agitatore di masse. Tuttavia, non dobbiamo immaginare Ezequiel Martínez Estrada come uno scrittore rivoluzionario e politicamente impegnato (soprattutto in questa fase della sua parabola letteraria), sebbene alcuni studiosi abbiano parlato di un ulteriore passaggio da una postura contemplativa a una militante42. È innegabile, infatti, che l’attualità argentina occupava un posto di rilievo tra gli interessi dell’autore, ma, a giudicare dal modo in cui evitava qualsiasi circolo letterario e politico, isolandosi e rivolgendo le sue pungenti invettive a destra e a manca, potremmo dire che egli fu, più che un intellettuale militante, un moralista perennemente insoddisfatto.

41 Ezequiel Martínez Estrada, El hermano Quiroga, in El hermano Quiroga. Cartas de

Quiroga a Martínez Estrada, Caracas, Fundación Biblioteca Ayacucho, 1995, p. 12.

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34 2.1.5.INTENTI E FINALITÀ

Una volta elencate le ragioni che portarono Ezequiel Martínez Estrada alla stesura di Radiografía de la pampa, non ci resta che individuare gli obiettivi che egli mirava a raggiungere per mezzo di questo grande saggio.

Data la situazione in cui versava la nazione argentina, il radiografo si propose di scavare fin sotto la coltre di menzogne, finzioni e apparenze che il popolo argentino aveva saputo creare nel corso degli anni, così da far emergere alla luce del sole una realtà completamente estranea a quella europea, che i suoi contemporanei sembravano voler ignorare:

Para mí, el derrocamiento de Yrigoyen fue el advenimiento de una camarilla o casta militar al poder, la revelación de que debajo de la cubertura y la apariencia de una nación en grado de alta cultura, permanecía latente la estructura de una nación de tipo colonizado, de plantación y de trata, sólo que cambiadas las formas exteriores43.

Il suo obiettivo consisteva, dunque, nella sovversione di un falso sistema di valori e nella messa a nudo di una condizione storica le cui origini rimontavano a secoli addietro. L’analisi radiografica gli permise, infatti, di individuare quelle che poi definì le costanti storiche della realtà argentina e di trovare, infine, un senso alla sistematica ricaduta del paese nella barbarie.

Radiografía de la pampa appare, così, come un’analisi dei problemi nazionali

o, più precisamente, una psicoanalisi di stampo freudiano, che identifica l’Argentina e il suo popolo come le vittime di un male incurabile, causato da un’esperienza traumatica originaria, in grado di condizionare negativamente ogni avvenimento successivo a essa.

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Infine, Martínez Estrada puntava soprattutto a convincere il lettore della sua diagnosi e a far sì che prendesse coscienza non solo dell’ambiente circostante, ma anche di sé stesso e della sua malattia. Soltanto attraverso l’accettazione della stessa, infatti, sarebbe stato possibile guarire e procedere alla (ri)costruzione di una coscienza nazionale argentina:

Conforme esa obra y esa vida inmensas van cayendo en el olvido44, vuelve a nosotros la realidad profunda. Tenemos que aceptarla con valor, para que deje de perturbarnos; traerla a conciencia, para que se esfume y podamos vivir unidos en la salud45.

2.2. Sei sezioni per sei macrotematiche

La struttura di Radiografía de la pampa non lascia spazio al caso. L’opera si compone di sei sezioni, ognuna delle quali tratta una delle sei macrotematiche fondamentali del saggio e si divide, a sua volta, in tre grandi capitoli. Ciascuna delle tematiche trattate all’interno dell’opera, tuttavia, viene ripresa, ampliata e ricollegata alle restanti dalla prima all’ultima pagina, generando una struttura circolare e altamente ripetitiva.

2.2.1.LA CITTÀ DEI CESARI

Durante la già citata intervista del 1958, fu lo stesso Martínez Estrada a descrivere, in poche righe, le parti che componevano il suo saggio. Vediamo, di seguito, le sue parole in merito alla prima parte, Trapalanda:

Es el país Ilusorio, el imperio de Jauja, que atrajo al conquistador y al colono con su promesa de oro y especias que podría

44 Si riferisce a Domingo Faustino Sarmiento e al suo Facundo. 45 Ezequiel Martínez Estrada, Radiografía de la pampa, cit., p. 256.

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transportar a su tierra natal, sin pensar, es claro, en que los piratas le abordarán el barco. La desilusión de que en vez de Trapalanda pisaba una tierra agreste, que sería preciso labrar y sembrar, regar con sudor y sangre. El intruso decepcionado concibe una seudotrapalanda que en su frustración no le recuerde la derrota46.

Questa prima parte dell’opera, interamente trascritta e tradotta al capitolo 3 di questo lavoro, è incentrata prevalentemente sull’epoca della Conquista. Al suo interno, Martínez Estrada descrisse le avventure di quegli uomini che, agli albori del XVI secolo, intrapresero la traversata dell’Atlantico, abbandonando la loro terra natia. Che genere di uomini ebbe l’ardore di affrontare l’oceano? Quali erano i loro sogni e cosa si aspettavano di trovare una volta sbarcati sul suolo americano? In quegli anni l’America era ancora totalmente sconosciuta agli europei, che a stento erano in grado di localizzarla sulla superficie del globo, eppure, o forse proprio per questo, il continente americano era oggetto delle più svariate fantasie e dei più vividi sogni di grandezza.

“Illusione” è, infatti, la parola chiave di questa prima parte. I conquistatori credevano che lo sconfinato territorio americano celasse, in qualche suo angolo nascosto, un’enorme quantità di tesori, e si illusero di poter annientare chiunque li custodisse, per poi fuggire col bottino tra le mani e ritornare in breve tempo nel Vecchio Continente. Erano questi, dunque, i motivi che li avevano spinti ad affrontare la lunga traversata; nessun proposito che avesse a che vedere con il rispetto della terra americana o con il desiderio di stabilirvisi pacificamente, dando vita, col tempo, a una nuova civiltà.

D’altronde, come biasimarli. Martínez Estrada descrisse questi uomini come dei disperati senza arte né parte, che si imbarcavano per fuggire da una

46 Ezequiel Martínez Estrada, Sobre Radiografía de la pampa (preguntas y respuestas), cit., p. 135.

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realtà, quella spagnola, che non li soddisfaceva. Ancora non sapevano, però, che l’America non aveva nulla da offrire loro, se non una sconfinata distesa di terra e qualche villaggio isolato. Una volta appurata l’assenza di qualsivoglia ricchezza sul territorio, mentivano pur di sottrarsi allo scherno di chi era rimasto dall’altra parte dell’oceano, fomentando, in tal modo, una visione idillica, ma completamente errata, del Nuovo Continente:

¿Qué cateos imaginativos realizaban el hidalgo empobrecido, el artesano sin pan, el soldado sin contrata, el pordiosero y el párroco de una tierra sin milagros, al escuchar fabulosas noticias de América? Mentían sin quererlo hasta los que escuchaban. Un léxico pobre y una inteligencia torpe habían de enriquecer la aventura narrándola47.

La teoria di Ezequiel Martínez Estrada comincia a prendere forma già a partire da queste prime pagine: l’incredibile delusione provocata dalla consapevolezza della realtà americana spinse i nuovi arrivati a mentire a sé stessi e agli altri, e a dare vita, già nel XVI secolo, a un atteggiamento di rifiuto nei confronti della realtà che caratterizzerà per sempre il territorio americano e, in particolar modo, quello argentino. Trapalanda, la Città dei Cesari che aveva popolato le menti dei conquistatori, non poteva essere una leggenda. Continuarono a cercare, ad avanzare a tentoni in un mondo sconosciuto, ma il panorama era sempre identico a sé stesso: una pianura immensa che si muoveva assieme a loro e non cambiava mai.

Furono loro a cambiare: vennero assaliti dal panico e dalla frustrazione e reagirono con odio e violenza. Si vendicarono contro la natura stessa, che aveva osato mostrarsi così diversa da come era apparsa loro in sogno, e contro gli indigeni, che con i loro corpi svestiti erano la prova schiacciante della povertà di quei luoghi e del loro fallimento. Schiavizzarono

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gli uomini e violentarono le donne, senza sapere che il prodotto di quelle violenze li avrebbe tormentati per il resto dei secoli:

Una inconcebible opacidad del futuro y de la responsabilidad, hostigaba al blanco a engendrar en las indias, como si se tomara una recóndita represalia contra América. Perpetuaba con saña la humillación del indígena, cuya desnudez le inflamaba instintos caprinos a la vez que desprecios de la miseria. Pero en esa siembra desdichada nacían enemigos, como de los dientes del dragón los espartanos. Afrentaba a la naturaleza y al autóctono juntamente, y ambos, más tarde, en lo que él hacía y engendraba le pedirían cuentas de sus delitos48.

2.2.2.ISOLAMENTO E SOLITUDINE

Tutti coloro che nei secoli sbarcarono sulle coste del Rio de la Plata, dai conquistatori ai migranti europei dei primi del Novecento, si illusero di poter fare fortuna sul territorio argentino e, una volta messo piede sulle sue sponde, si ritrovarono da soli, immersi in un ambiente ostile alla presenza umana, quello della pampa:

La amplitud del horizonte, que parece siempre el mismo cuando avanzamos, o el desplazamiento de toda la llanura acompañándonos, da la impresión de algo ilusorio en esta ruda realidad del campo. Aquí el campo es extensión y la extensión no parece ser otra cosa que el desdoblamiento de un infinito interior, el coloquio con Dios del viajero. Sólo la conciencia de que se anda, la fatiga y el deseo de llegar, dan la medida de esta latitud que parece no tenerla. Es la pampa; es la tierra en que el

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hombre está solo como un ser abstracto que hubiera de recomenzar la historia de la especie – o de concluirla49.

La solitudine è una delle sei macrotematiche che costituiscono

Radiografía de la pampa ed è trattata nel dettaglio nella seconda parte del

saggio, intitolata per l’appunto Soledad. Secondo Ezequiel Martínez Estrada, la solitudine dell’uomo americano è legata, in primo luogo, all’isolamento geografico del Nuovo Mondo e sarebbe, dunque, anteriore all’arrivo degli europei. Le due immense distese d’acqua che racchiudono il continente americano avevano infatti mantenuto le popolazioni che lo abitavano in un isolamento totale, a un’incommensurabile distanza dai progressi ottenuti al di là dell’oceano. A questo isolamento geografico, dato dalla presenza dell’oceano su due lati, si aggiungeva, inoltre, il senso di terrore, smarrimento e impotenza dato dalla presenza di una natura particolarmente inospita, che aveva spinto le popolazioni indigene a rifugiarsi in cima alle montagne e a proteggersi dai pericoli esterni attraverso la costruzione di mura e fossati, acuendo così il proprio isolamento.

I conquistatori e i colonizzatori che, successivamente, calcarono la pianura argentina provarono la stessa identica sensazione di smarrimento e abbandono; la stessa identica solitudine. Tuttavia, non vollero ammettere di essere incappati in un mondo diverso da quello che avevano sognato e si misero sulle tracce delle popolazioni indigene, costruendo forti e fortini sulla loro scia.

Quegli stessi fortini, sparpagliati alla rinfusa e distanti centinaia di miglia gli uni dagli altri, si sarebbero poi trasformati in centri urbani, rimanendo, tuttavia, scollegati come da principio. L’isolamento e il senso di solitudine, dunque, persistono anche in tempi moderni e si devono, oltre che

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a ragioni puramente naturali, all’incapacità degli antichi conquistatori e delle successive classi dirigenti, che non seppero attuare un piano di popolamento efficace.

Negli anni Trenta del Novecento, l’Argentina subiva ancora le conseguenze di quelle scellerate decisioni. Martínez Estrada, infatti, descriveva l’entroterra argentino come un’enorme distesa di terra disabitata, interrotta soltanto di rado dalla presenza di piccoli agglomerati urbani, ben distanti e scollegati l’uno dall’altro:

El morador de nuestros pueblos conoce los nombres de los inmediatos, pero no los ve; el campo y el cielo no ofrecen reposo a la vista, ni al alma un punto en que descansar. La unidad de medida entre los pueblos aislados no es la vista ni el afecto, ni la rivalidad: es la medida geográfica, la milla, el kilómetro, la legua y las horas de viaje. Interviene una unidad de medida extraña al hombre, que hace advertir que hombre y mundo están construidos a escalas distintas. Sólo conciertan con la posición: el hombre está dentro de ese espacio. Ese espacio no lo circunda ni lo contiene, ni lo atrae. Más bien lo expele, impeliéndole a marchar50.

2.2.3.UNA NATURA MATRIGNA

L’uomo argentino vive dunque a stretto contatto con la natura, ma non si tratta di una natura idilliaca, di un paesaggio bucolico che lo influenza positivamente; si tratta, piuttosto, di una natura avversa, ostile, che gli incute terrore e condiziona negativamente la sua esistenza. Arriviamo, così, alla terza macrotematica di Radiografía de la pampa e, quindi, alla sua terza parte, intitolata Fuerzas primitivas.

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Era il 1845 e Domingo Faustino Sarmiento, nel suo Facundo, individuava per la prima volta un legame tra i problemi della repubblica argentina e la conformazione naturale del suo territorio:

El mal que aqueja a la República Argentina es la extensión; el desierto la rodea por todas partes, se le insinúa en las entrañas; la soledad, el despoblado sin una habitación humana, son por lo general los límites incuestionables entre unas y otras provincias51.

Quasi un secolo più tardi, Martínez Estrada trovava l’ispirazione per la stesura di Radiografía de la pampa proprio nella rilettura del Facundo e riprendeva all’interno del suo saggio molti dei temi contenuti in quest’opera capitale della letteratura argentina, tra cui appunto la visione fondamentalmente negativa del territorio nazionale, la cui eccessiva estensione fungeva da freno allo sviluppo del paese. Tuttavia, se Sarmiento era del parere che l’uomo, con i propri sforzi e la propria intelligenza, potesse sovvertire questa condizione innata e sfavorevole, Martínez Estrada non era dello stesso avviso. La visione già di per sé negativa della natura americana, che ritroviamo, oltre che all’interno del Facundo, nelle opere di tantissimi scrittori (ispano-americani e no), in Radiografía de la pampa venne ulteriormente inasprita e arricchita di un’abbondante dose di fatalismo. Martínez Estrada interpretò la natura argentina non come un ostacolo eventualmente superabile alla formazione della nazione, ma come una vera e propria forza primitiva, estremamente ostile all’uomo e in grado di far naufragare ogni suo progetto e distruggere ogni sua costruzione.

L’uomo americano è dunque vittima di un immutabile destino, che lo obbliga a lottare contro l’unico elemento reale, stabile, presente su un territorio in balia delle forze ambientali: la terra. Tuttavia, ogni sforzo

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compiuto in tale direzione risulta vano. La si può invadere, sottomettere, violentare e obbligare a produrre oltre le sue possibilità, ma a lungo andare la terra avrà sempre la meglio:

Su prisa era asincrónica con la lentitud de la naturaleza. La tierra es lenta y se la puede forzar a que dé en poco tiempo lo que acostumbra realizar por propia iniciativa sin apuros, pero a la larga la tierra tiene razón. Puede ser invadida, ultrajada en su solemne parsimonia; al fin ella invade y triunfa52.

In una simile ottica, la civiltà proposta da Sarmiento nel suo Facundo è un lontano miraggio, un sogno irraggiungibile, in quanto intrinsecamente incompatibile con il territorio americano. Soltanto ciò che si adatta alla natura può sopravvivere; tutto ciò che, invece, si azzarda a sfidarne le regole è destinato a degradarsi. Fu proprio questo il destino a cui andarono incontro tutte le opere umane realizzate in Argentina tra il XVI e il XX secolo.

Imprigionato e vessato da una natura violenta, l’uomo subì un’inevitabile metamorfosi, perdendo i suoi tratti più umani e assumendo le medesime fattezze dell’ambiente circostante. Eppure, non tutti gli uomini reagirono allo stesso modo dinanzi a questo tragico destino: gli indigeni accettarono le regole imposte dalla natura e vissero in simbiosi con essa; gli europei, invece, si illusero (e continuano a illudersi, secondo Martínez Estrada) di essere uomini liberi, di poterla addomesticare e di poter costruire su quelle fragili fondamenta una civiltà pari a quella europea.

Perché la pampa non è soltanto solitudine e isolamento: è anche illusione; illusione di avere il libero arbitrio e di poter intraprendere un percorso diverso da quello segnato dalla natura secoli addietro. Si tratta, tuttavia, di un privilegio negato all’uomo argentino: la sua esistenza è

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predeterminata dalle caratteristiche fisiche del territorio in cui vive e dalle forze primordiali che lo abitano. Non può avanzare verso il futuro, perché ogni tentativo in tal senso lo riporta inesorabilmente al punto di partenza, alla barbarie. L’uomo americano non ha futuro; non ha futuro perché non ha un passato, una storia, e non ha un passato perché non ha un futuro.

No en todos los lugares que el hombre habita se produce historia, aunque suceda algo semejante a lo que la historia propiamente dicha ha conservado en sus páginas y monumentos; también se produce etnografía. (…) La inhistoricidad del paisaje, la enorme superioridad de la naturaleza sobre el habitante y de las fuerzas ambientes sobre la voluntad, hacen flotar el hecho con la particularidad de un gesto sin responsabilidad sin genealogía y sin prole. Técnicamente en estas regiones no hubo nadie ni ocurrió nada53.

Secondo Martínez Estrada, l’America è un continente privo di storia e tutto ciò che è avvenuto sul suo territorio non è altro che un prolungamento della storia europea. L’Europa è storia; l’America è etnografia. Ciò accade perché l’uomo americano, contrariamente all’europeo, è imprigionato in un ciclo eterno, che lo riporta periodicamente al suo peccato originale, al primordiale scontro con la natura e alla ripetizione degli errori che ne seguirono. È difficile non scorgere, in una simile teoria, l’influenza di Oswald Spengler, che nel 1918 affermava:

Il mezzo per conoscere le forme morte è la legge matematica. Il mezzo per intendere le forme viventi è l’analogia. In tal guisa si distinguono, nel mondo, polarità e periodicità. Che il numero delle forme in cui si manifesta la storia mondiale sia limitato, che evi, epoche, situazioni, persone quanto a tipo si ripetano, ciò lo si è sempre saputo. (…) Ma tutto ciò doveva restare

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