Scuola di Medicina
Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia
Tesi di Laurea Magistrale
La prevalenza della dermatite allergica da contatto nei
pazienti affetti da dermatite atopica
Relatore:
Chiar. mo Prof. Marco Romanelli
Candidato:
Matteo Biagi
RIASSUNTO ANALITICO
La dermatite atopica (DA) e la dermatite allergica da contatto (DAC) sono tra le patologie cutanee più diffuse nel mondo. L’esperienza clinica ha suggerito, negli anni, che ci potrebbe essere una possibile correlazione positiva tra le due, tuttavia, l’argomento è molto discusso in letteratura e non siamo ancora arrivati a una conclusione unanime.
La tesi ha indagato la prevalenza della DAC in pazienti adulti affetti da DA. È stato eseguito uno studio retrospettivo in 49 soggetti con DA, che hanno effettuato patch test per la diagnosi di DAC, presso l’Unità Operativa Dermatologica Pisana tra Aprile 2017 e Giugno 2020. L’obiettivo primario del lavoro è stato quello di valutare l’eventuale associazione tra i livelli ematici di IgE totali e lo sviluppo di DAC; secondariamente, sono state ricercate altre possibili correlazioni tra le due patologie, soffermandosi soprattutto sulla sensibilizzazione al nichel.
I dati a disposizione hanno mostrato come il 59% dei pazienti con DA abbia avuto positività ai patch test ad almeno una sostanza, con valori di IgE totali mediamente maggiori rispetto a quelli dei soggetti con patch test negativi. È stata rilevata una correlazione significativamente positiva con il fumo e un trend verso la significatività per le allergie alimentari; inoltre, i pazienti con entrambe le patologie hanno riferito una maggiore sintomatologia pruriginosa. Le sostanze più frequentemente positive sono risultate nichel e acari della polvere.
Lo studio ha l’obiettivo finale di migliorare il management del paziente con DA, identificando e prevenendo lo sviluppo di DAC, una delle principali comorbidità in grado di peggiorare il quadro clinico e ridurre la risposta ai trattamenti convenzionali. In tal senso, l’utilizzo dei patch test dovrebbe essere uniformato e standardizzato.
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INDICE
1. INTRODUZIONE ... 2
1.1 La dermatite allergica da contatto ... 3
1.2 Il presunto rapporto tra DA e DAC ... 5
1.3 Il rapporto tra DA e DAC da nichel... 13
1.4 La teoria dell’aptene-atopy ... 15
1.5 L’impatto della DAC sulla prognosi della DA ... 15
1.6 L’esecuzione corretta dei patch test ... 17
2. STUDIO SPERIMENTALE ... 20
2.1 Obiettivi dello studio ... 20
2.2 Materiali e metodi ... 21
2.3 Analisi dei dati ... 23
2.4 Risultati ... 23
3. DISCUSSIONE ... 28
3.1 Limiti dello studio ... 33
4. CONCLUSIONI ... 34
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1. INTRODUZIONE
La dermatite atopica (DA) (Figura 1.1) è una patologia infiammatoria cronica recidivante caratterizzata da un quadro eczematoso pruriginoso a distribuzione tipica, legato all’età e con componente rilevante di familiarità [1]. Ha una prevalenza del 20% nei bambini e dell’1-3% negli adulti, con un’incidenza che sembra essere aumentata nelle ultime decadi [2].
È legata a difetto genetico di barriera cutanea e si associa frequentemente ad asma, rinite allergica e congiuntivite allergica, che si sviluppano in successione dopo la DA nella cosiddetta “marcia atopica” [3]. Queste patologie fanno parte del concetto di “atopia”, ovvero, la predisposizione di un paziente a sviluppare reazioni di ipersensibilità di tipo I ad allergeni esterni, con iperproduzione di IgE e attivazione massiva di una risposta immunitaria di tipo Th2 [4].
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Figura 1.1 Classica eruzione eczematosa in uno dei pazienti dello studio
La DA è una delle più importanti patologie cutanee nel mondo, si associa a un impatto significativo sulla qualità di vita del paziente, valutabile mediante degli score, legato anche alle tante comorbilità [5]: oltre a quelle atopiche, già citate, è molto studiato il rapporto con la dermatite allergica da contatto.
1.1 La dermatite allergica da contatto
La dermatite allergica da contatto (DAC) (Figura 1.2) è una reazione di ipersensibilità di tipo IV causata dall’esposizione ripetuta della cute ad apteni dell’ambiente esterno a cui il paziente si è sensibilizzato, con attivazione prevalente di una risposta
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immunitaria di tipo Th1 [6]: si manifesta con il classico eczema pruriginoso e ha una prevalenza intorno al 20% [7].
La diagnosi si può fare eseguendo i patch test, ovvero applicando cerotti con serie standard di apteni sul dorso del paziente e studiando le singole reazioni in tempi successivi [8].
La localizzazione delle lesioni rispecchia le zone di contatto della cute con gli apteni: palpebre, regione periorale, mani, piedi, collo sono le zone più frequentemente colpite e sono sedi tipiche anche di DA. Questa corrispondenza indica che i pazienti con DA dovrebbero essere studiati anche per DAC; molti autori ipotizzano che ci possa essere una correlazione positiva tra DA e DAC [9].
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1.2 Il presunto rapporto tra DA e DAC
Molti studi oggi cercano di indagare questa presunta relazione perché spesso subdola e soggetta a errori di valutazione: i risultati sulla prevalenza della DAC nei pazienti con DA sono spesso contrastanti ed è incerto se il rapporto sia diretto o inverso. Nel contesto delle patologie dermatologiche, nel 1964 Epstein e Mohajerin confrontarono pazienti con DA e psoriasi ed emerse come la prevalenza della DAC fosse del 30% nei pazienti con DA e del 9% in quelli con psoriasi [10].
Nel 1973 è stato segnalato un presunto rapporto inverso tra DAC e DA. Eseguendo i patch test per il veleno dell’edera, risultò che erano positivi solo il 15% dei pazienti atopici e ben il 61% tra i controlli. Inoltre, lo stesso studio ha ripetuto i patch test alle stesse persone circa un mese più tardi e ha trovato che, tra i soggetti precedentemente negativi, il 6% tra gli atopici e il 33% tra i controlli era diventato positivo, conseguenza di avvenuta sensibilizzazione nel primo patch test. Questi risultati fanno ipotizzare che nei pazienti con DA, l’attivazione dei linfociti Th2 potrebbe indurre una riduzione della risposta cellulo-mediata Th1, responsabile della DAC, oltre al fatto che l’esposizione ambientale al veleno dell’edera potrebbe aver prodotto negli atopici un quadro di tolleranza. Lo studio ipotizza che i pazienti con DA potrebbero avere alterazioni dell’immunità cellulo-mediata, ma non è chiaro se questo
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meccanismo sia valido solo per la DAC da veleno dell’edera o possa essere generalizzato ad altri apteni [11].
Questa presunta associazione negativa è stata confermata nel 1976: dopo aver associato positivamente i valori di IgE alla severità di malattia (il 60% dei pazienti con IgE alte aveva una dermatite severa, rispetto al 14% dei pazienti con IgE<1000 U/ml), si notò che la prevalenza della DAC ai comuni allergeni era minore nei pazienti con IgE >1000 U/ml (5%) e maggiore nelle forme moderato-lievi con IgE<1000 U/ml (19%). Inoltre, valutando solo dinitroclorobenzene (DNCB) e nitrosodimetilanilina (NMDA), i pazienti con IgE >1000 U/ml e quelli con dermatite severa risultavano più refrattari allo sviluppo di positività ai patch test [12].
Altri studi hanno analizzato gli apteni più comuni e hanno riscontrato una prevalenza importante di DAC nei pazienti con DA. Uno studio finlandese del 1992 ha analizzato 851 pazienti atopici suddivisi per età in due gruppi (19-27 e 28-41): oltre a un 24-40% di reazioni irritative, è stato rilevato un 57% di prevalenza di DAC nei pazienti più anziani e 42% nei pazienti più giovani. Indipendentemente dall’età, gli atopici con una storia più lunga di sintomi severi avevano un 67% di prevalenza di DAC, mentre solo il 25% dei pazienti con DA e almeno una comorbilità tra rinite allergica, asma o congiuntivite allergica soffriva di DAC. Gli apteni più rilevanti furono nichel, balsamo del Perù, fragranze e neomicina. Il nichel sembra essere, nei pazienti con DA, l’allergene
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responsabile della maggior parte delle DAC (fino al 25% dei casi), soprattutto nei giovani rispetto agli adulti, in relazione anche al contatto continuo con abbigliamento e gioielleria; l’incidenza delle fragranze, invece, tendeva ad aumentare con l’età del paziente, ma si riduce nei pazienti con dermatite severa. Diluendo la concentrazione delle varie sostanze nei patch test, un 50% delle reazioni diventava negativa o solo irritativa, mentre l’altra metà non subiva variazioni di reattività. La correlazione tra DA severa e DAC, in questo caso positiva, sembra essere discordante con i risultati dello studio precedente, tuttavia, devono essere considerate alcune variabili che possono alterare i risultati. Rispetto all’analisi precedente che ha valutato la severità di malattia e i valori di IgE, lo studio finlandese non ha preso in considerazione i valori delle IgE, che avrebbero potuto rappresentare un buon parametro di confronto, oltre al fatto che il concetto di “severità di malattia” potrebbe essere diverso da uno studio all’altro e costituire un possibile bias. Inoltre, gli autori finlandesi hanno riportato che molti pazienti con DA severa non sono riusciti a svolgere i patch test a causa della sintomatologia severa, per cui sono stati esclusi dalla casistica proprio coloro che avevano un impegno cutaneo importante con iperattivazione del sistema immunitario. Infine, a testimonianza del fatto che i pazienti con DA severa hanno una riduzione dell’attivazione del sistema immunitario della DAC rispetto agli altri pazienti con DA, lo studio ha mostrato come i
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pazienti con forme severe positivi ai patch test avessero soprattutto delle DAC da singoli apteni, mentre le polisensibilizzazioni fossero maggiormente presenti nei pazienti con DA lieve o moderata [13]. Quando si va a indagare il sospetto di DAC al nichel è importante chiedere ai pazienti se indossano piercing, poiché responsabili della maggior parte dei casi di positività. Uno studio recente ha mostrato, infatti, come le persone con piercing all’orecchio abbiano una maggiore prevalenza di DAC da nichel, per cui molte indagini su pazienti con DA dovrebbero essere condotte escludendo i portatori di piercing. Una possibile variabile di confondimento può essere rappresentata anche dal sesso, poiché lo studio evidenzia una maggiore presenza di DAC da nichel nei soggetti di sesso femminile, che fanno uso importante di bigiotteria contenente il metallo [14]. In India, uno studio pubblicato nel 2005 ha rilevato come il 23% dei soggetti con DA lieve-moderata abbia DAC, soprattutto da neomicina poiché molto utilizzata come antibiotico in questo paese, rispetto alla gentamicina. Studi di confronto hanno confermato che, in UK, utilizzando più spesso la gentamicina, si riscontrano percentuali maggiori di una sua sensibilizzazione rispetto alla neomicina [15].
Uno studio del 2008 svolto in Tunisia ha rilevato, invece, una prevalenza di DAC addirittura nel 50% della popolazione adulta con DA; i pazienti che avevano forme di dermatite severa e con una lunga storia di DA risultavano maggiormente positivi ai patch test,
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soprattutto a metalli e conservanti, forse per un uso cronico di farmaci topici che potrebbe averli sensibilizzati [16].
Tra gli autori più attivi in questo ambito citiamo Thyssen. In uno studio pubblicato nel 2012, ha valutato la relazione tra DA e DAC escludendo alcuni apteni per evitare possibili bias: oltre al nichel, largamente presente in abbigliamento e bigiotteria, anche il thimerosal non è stato considerato per alcuni calcoli, poiché è una sostanza contenuta nei vaccini, a cui è esposto il paziente in età precoce. Si evidenzia come, tra i pazienti affetti da DA, abbiamo un 13% di prevalenza di DAC con predominanza di sensibilizzazione da nichel, thimerosal, colofonia e fragranze mix, ma si scende al 9% se escludiamo nichel e thimerosal [17]. Lo stesso autore, infatti, aveva notato tre anni prima come ci fosse stato un importante decremento della prevalenza di DAC da thimerosal nella popolazione generale, probabilmente dovuto alla rimozione dell’aptene dai vaccini, motivo per cui eventuali positività a questo aptene devono essere interpretate sulla base della storia di vaccini del paziente [18].
In un’analisi successiva, Thyssen et al. confermarono una prevalenza minore di DAC nei pazienti con DA severa se confrontati con i controlli; in coloro che avevano una DA lieve-moderata vi era una prevalenza del 17% della DAC, mentre tra i pazienti con forme severe si trovava una prevalenza del 27% in chi aveva solo DA (OR:0.70) e del 20% nei soggetti con DA e asma (24% nei pazienti
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con solo asma), in generale con un’associazione inversa tra DAC e le forme severe di DA e asma. L’unico aptene significativo in questo studio erano le fragranze, contenute nei prodotti topici usati per la DA, la cui DAC mostrava OR:1.45 nei pazienti con DA lieve-moderata. Un possibile bias dello studio è il fatto che i pazienti con DA severa sono stati inseriti in un database nazionale, rispetto a quelli con DA lieve-moderata, che invece sono stati valutati solo dal medico curante o da specialisti. L’odds ratio ci permette comunque di arrivare alle conclusioni, confermando una relazione negativa tra DAC e DA severa e una parziale relazione positiva nei pazienti con DA lieve-moderata [19].
Una metanalisi del 2017 ha analizzato 74 studi, di cui 5, analizzando la popolazione generale, hanno rilevato una prevalenza della DAC del 30% nei pazienti con DA rispetto al 23% di quelli senza. In 31 componenti della metanalisi, invece, sono stati eseguiti studi caso-controllo di atopici e non, e si è trovata una prevalenza media di DAC leggermente più alta nei pazienti non atopici (55%) rispetto agli atopici (50%). Questo ci fa capire come, analizzando casualmente pazienti dalla popolazione generale, ci sia una correlazione diretta tra DA e DAC, mentre, studiando gruppi di atopici e non, che avevano avuto una diretta indicazione allo svolgimento dei patch test, la correlazione sia addirittura inversa. Essendo una metanalisi, tuttavia, ci sono differenze tra i vari studi riguardo ai criteri di diagnosi di DA, alla possibilità di diagnosi non
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fatte, alla storia di IgE elevate, alla severità di malattia, alle modalità di esecuzione dei patch test, che possono alterare i risultati [20]. Una prevalenza del 25-30% è confermata in uno studio pubblicato nel 2018 in Corea, dove, analizzando le caratteristiche di un gruppo di pazienti coreani con DA, viene anche ipotizzato che il sesso femminile, l’età adulta, il late-onset, una storia familiare o personale di DAC e una DA in forma di prurigo nodulare possano essere criteri di maggiore rischio di DAC nei pazienti con DA; in particolare i soggetti di sesso femminile >14 anni e di sesso maschile >20 anni hanno maggiore probabilità di ottenere una positività dei patch test [21].
Uno studio retrospettivo di 30 anni del 2019 ha riportato una prevalenza del 74% di DAC in pazienti con DA e del 70% in quelli senza, confermando la relazione positiva tra DA e DAC. Soffermandosi sui singoli apteni, ha notato che fragranze mix (OR:1.19), imidazolidinile urea (OR:1.53), sesquiterpene lactone mix (OR:1.44), tixocortolo (OR:1.88), lanolina (OR:1.56) e neomicina (OR:1.27) erano più spesso positivi nei pazienti con DA, essendo contenuti nei prodotti maggiormente usati dai pazienti atopici [22]. Anche uno studio condotto in Cina nel 2019 ha studiato l’impatto della DAC ai metalli e ai conservanti nei pazienti con DA, confermando la correlazione positiva tra le due patologie, con un 78% di prevalenza di DAC nei pazienti con DA, rispetto al 67% in quelli senza DA; nei soggetti atopici risulta frequente, in questo
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caso, la sensibilizzazione a nichel, cobalto e, soprattutto, a conservanti [23].
La lanolina è un aptene da tenere molto in considerazione: si trova in cosmetici e corticosteroidi topici e uno studio del 2017 ha mostrato un aumento della prevalenza della DAC da lanolina nei pazienti con DA, tra il 2004 e il 2015. Questo fenomeno può essere spiegato con l’aumentato uso di questi prodotti negli atopici, soprattutto sul volto, dove la DAC da lanolina si manifesta maggiormente, oltre all’importante impiego di medicazioni contenenti questa sostanza nei pazienti con ulcere agli arti inferiori. Lo studio, tuttavia, ha messo in risalto anche che la reattività a questo aptene è stata studiata usando due veicoli diversi (lanolina Alcol o lanolina Amerchol) con i quali si sono ottenute prevalenze diverse, sebbene in entrambi i casi abbiamo assistito a un incremento della prevalenza nel tempo. Il problema allora è che, se alcune serie di patch test utilizzano solo un veicolo per la lanolina, si potrebbe incorrere in falsi negativi con mancata diagnosi di DAC [24].
Studiando ancora la popolazione degli atopici, è stato indagato se l’atopia respiratoria possa rappresentare una variabile significativa: uno studio recente ha mostrato come bambini e adolescenti con DA e atopia respiratoria abbiano facilmente patch test positivi (OR:2.33), mentre non sono state rilevate differenze significative negli adulti (OR:1.13); tra i pazienti over 18 con atopia respiratoria,
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i lavoratori che avevano un contatto cronico con apteni erano maggiormente sottoposti a DAC (OR:1.47) [25].
Nella maggior parte dei casi la letteratura è concorde nell’associare positivamente DA e DAC, tuttavia, molti bias e variabili di confondimento possono rappresentare differenze importanti tra i vari studi, con il rischio di alterate interpretazioni dei risultati.
1.3 Il rapporto tra DA e DAC da nichel
Tra le sostanze più spesso citate negli studi precedenti emerge il nichel.
La DAC da nichel risulta essere una delle più frequenti nel mondo, ha una prevalenza del 18-20% nella popolazione generale: uno studio americano ha trovato che è maggiormente frequente nei giovani, nei soggetti di sesso femminile e, soprattutto, negli atopici, suggerendo una possibile correlazione positiva. Le principali fonti di nichel risultano essere bigiotteria, cibo, abbigliamento e cosmetici. Lo studio ha riportato ciò come possibili variabili di confondimento nella correlazione tra DAC da nichel e DA [26].
La perdita della filaggrina presente nei pazienti con DA espone la pelle a disidratazione con permeabilità aumentata a microbi, irritanti e potenziali allergeni. È stata rilevata una correlazione positiva tra la mutazione della proteina e la DAC da nichel,
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soprattutto nei pazienti che hanno avuto reazioni irritative indossando gioielli e nei soggetti di sesso femminile. L’alterazione di barriera presente nella DA può predisporre a sensibilizzazione e, in presenza di fattori ambientali, come piercing, indumenti e gioielli, si può manifestare la DAC [27].
Un’analisi pubblicata nel 2015 ha indagato le concentrazioni di nichel nel siero di pazienti con DA intrinseca, DA estrinseca e senza DA e ha trovato che gli atopici hanno concentrazioni sieriche maggiori del metallo, in particolare le forme intrinseche hanno i valori più alti, a prescindere dall’avvenuta o meno sensibilizzazione cutanea del paziente. Somministrando a questi pazienti un carico di nichel con della cioccolata, i pazienti con DA intrinseca subivano un incremento maggiore delle concentrazioni nel sangue rispetto agli altri. I dati suggeriscono che, nei pazienti atopici e, soprattutto, nelle forme di DA intrinseca, un’allergia sistemica al metallo può precedere le manifestazioni cutanee della DAC e della DA [28]. In questo senso, alcuni autori sostengono che la DAC da nichel potrebbe rappresentare un possibile marker di atopia. Uno studio italiano del 1992 ha suggerito questa ipotesi, poiché, valutando 447 pazienti con DAC da nichel, trovò che il 51% erano atopici. Questo gruppo di ricerca considerava “atopici” non solo i pazienti con manifestazioni cutanee e/o respiratorie, ma anche coloro che erano positivi ai prick test e RAST. I pazienti con DAC da nichel furono paragonati con 342 pazienti con DAC da altri apteni e 336 volontari
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sani e si notò che la prevalenza di atopia in questi ultimi due gruppi era minore, rispettivamente 39% e 34% [29].
1.4 La teoria dell’aptene-atopy
Per spiegare alcuni possibili rapporti tra DA e DAC, alcuni studi hanno lavorato sull’ “ipotesi aptene-atopia”, secondo la quale un’esposizione sistemica (orale, cutanea o respiratoria) protratta ad apteni, in gravidanza o durante il primo anno di vita, può predisporre allo sviluppo di una risposta immunitaria che indirizza verso uno stato atopico successivo, giustificando possibili correlazioni tra i due tipi di dermatite [30].
Inoltre, studiando l’esposizione agli allergeni in età adulta, uno studio ha osservato come un contatto cronico con gli allergeni producesse esordio e/o riesacerbazioni di DA [31].
1.5 L’impatto della DAC sulla prognosi della DA
Uno studio finlandese ha studiato una popolazione di 801 pazienti con DA, a cui è stata diagnosticata DAC nel 40% dei casi. Valutando gli stessi soggetti a 16 anni di distanza per studiare l’andamento delle due patologie, si è notato come la storia naturale della DA non si sia modificata conoscendo e curando la DAC, ma l’evitamento degli allergeni trovati positivi nei patch test ha contribuito ad un
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miglioramento significativo della sintomatologia della DA, con un aumentato numero dei pazienti liberi da sintomi al follow up [32]. Un’altra indagine ha valutato l’impatto del dupilumab sui patch test, ma non ha spiegato se la soppressione di IL4-R influenzasse la risposta della DAC. È stato visto come, fatti i test prima e durante la terapia, la maggior parte delle reazioni rimaneva conservata e solo il 10 % delle precedenti positività è scomparso dopo l’inizio del dupilumab in 7 pazienti, senza differenze significative tra i singoli apteni: 3 di questi erano anche immunodeficienti (uno aveva riduzione di IgG1, IgG2 e CD8, un altro aveva linfocitopenia B e T, e il terzo ipogammagobulinemia). Solo pochi soggetti, con l’uso del farmaco anti-IL4R, hanno avuto una remissione della DAC, mentre la maggior parte delle reazioni sono state mantenute durante la terapia, con casi di recidiva eczematosa a livello di mani, volto, collo, che sono migliorati solo con l’evitamento dell’allergene. Il dupilumab, quindi, sembra avere un impatto variabile sulla DAC, che possiamo giustificare con le complesse relazioni immunitarie tra DA e DAC [33].
Gli stessi autori hanno anche indagato il rapporto tra il dupilumab e la dermatite palpebrale. Su 48 pazienti adulti con DA a cui è stato somministrato questo farmaco, il 30% ha sviluppato eczema palpebrale, con conseguente indicazione ai patch test. È stata confermata una DAC soprattutto a fragranze e conservanti in tutti i pazienti testati, ma importante è il fatto che tutti avevano una
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storia di dermatite palpebrale e hanno subito un drastico miglioramento solo con l’evitamento dell’allergene. In questo caso, si è ipotizzato che il farmaco potesse essere coinvolto in recidive eczematose, e confermato che, bloccando IL-4R, non viene influenzato l’andamento della DAC [34].
1.6 L’esecuzione corretta dei patch test
Nonostante molti studi associno positivamente le due patologie, la DAC è spesso sottodiagnosticata nella popolazione atopica e il problema può essere rappresentato dalla mancata esecuzione dei patch test quando necessario.
Uno studio olandese ha studiato un gruppo di bambini e adulti con DA recidivante, e ha notato che la maggior parte di questi pazienti, sottoposti a patch test, era positiva, in particolare l’86% degli adulti risultava sensibilizzato ad almeno un aptene, con frequenti casi di polisensibilizzazione [35].
Non esistono linee guida ufficiali per lo svolgimento dei patch test, ma una review del 2016 ha stilato una serie di raccomandazioni: questi esami dovrebbero essere eseguiti nei pazienti atopici in situazioni che fanno sospettare una DAC, ovvero quando il quadro dermatologico peggiora nonostante le terapie topiche, se recidiva spesso, nei casi ad esordio in età adolescenziale o adulta, se ha distribuzione atipica (eczema alle mani, palpebre, piedi, o cheilite),
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o nei pazienti con dermatite severa che devono iniziare una terapia immunosoppressiva. Per poter interpretare correttamente i risultati, non bisognerebbe assumere, prima dei patch test, farmaci come ciclosporina > 2g/kg/die, prednisone > 10mg/die, steroidi topici per evitare falsi negativi. A questo scopo, gli esami andrebbero eseguiti in periodi di assenza di dermatite importante, altrimenti si incorrerebbe in un aumentato rischio di reazioni irritative e riduzione della risposta allergica [36].
La positività in alcuni casi sopraggiunge dopo 1 settimana dall’applicazione dei patch test, e non al terzo o quarto giorno. Questo indica che il rischio di avere sottodiagnosi è importante, e tenere i patch test anche fino a 7 giorni dall’iniziale applicazione dei cerotti può aumentare la possibilità di avere veri positivi e veri negativi, annullando l’incidenza delle reazioni irritative, che si manifestano nelle fasi precoci. Il ritardo della reazione potrebbe dipendere dagli allergeni, tuttavia i dati ci dicono che il 13% delle positività risulta solo dopo 7 giorni e non prima, soprattutto apteni contenuti in emollienti e corticosteroidi [37].
Oltre al rischio di falsi negativi, deve essere considerato il rischio di falsi positivi. Uno studio finlandese ha riscontrato un 20-40% di reazioni irritative, come semplice eritema e talvolta in forma follicolare, soprattutto in soggetti con storia di dermatite irritativa. Le reazioni irritative risultavano maggiori in pazienti con DA moderata e severa, ma presenti anche tra i non DA: le irritazioni più
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frequenti erano a propilene e fragranze. Lo studio ha evidenziato anche che, utilizzando concentrazioni diverse di apteni nei patch test, le risposte possono alterarsi[13].
Infine, un’indaginedel 2003, lavorando sui patch test in pazienti con e senza DA, ha mostrato come i soggetti atopici abbiano una maggiore prevalenza di reazioni irritative, soprattutto nel giorno 1 dopo l’applicazione del cerotto, che poi vanno affievolendosi nella maggior parte dei casi. Le reazioni allergiche sono maggiormente presenti negli atopici, ma mostrano un minor indice di reattività rispetto ai controlli, e si sviluppano soprattutto dal giorno 3 [38]. In generale, sono tante le condizioni degli atopici che possono predisporre allo sviluppo di DAC. La maggior parte dei dati associa positivamente la DAC alla DA, tuttavia sembra che le diagnosi di DAC siano spesso sottostimate, e ciò potrebbe rendere conto delle differenze tra i vari studi. Solo uniformando i criteri è possibile riuscire a rafforzare questa presunta relazione tra le due patologie.
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2. STUDIO SPERIMENTALE
2.1 Obiettivi dello studio
Lo studio ha valutato la correlazione tra DA e DAC, considerando pazienti adulti atopici che hanno effettuato patch test.
L’obiettivo primario è stato quello di valutare i valori ematici di IgE totali ed associarli, nei soggetti con DA studiati, alla presenza o meno di DAC.
Secondariamente, abbiamo analizzato l’impatto di altre variabili sull’insorgenza di sensibilizzazioni, come genere, età, fumo, familiarità per atopia, esordio di DA, severità di malattia, presenza di prurito e comorbilità.
Infine, essendo la DAC da nichel una delle più citate in letteratura, l’indagine ha valutato l’importanza di questa sensibilizzazione nei pazienti con DA e il suo ruolo come possibile marker di atopia. Lo studio è volto ad implementare i dati sulla relazione tra DA e DAC per migliorare il management ambulatoriale del paziente con DA, essendo la DAC una delle principali comorbilità.
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2.2 Materiali e metodi
È stato condotto uno studio osservazionale retrospettivo includendo 49 pazienti adulti (età>18 anni) con diagnosi di DA secondo i criteri di Hanifin e Raika revisione 2003 dell’American Academy of Dermatology, che hanno fatto accesso all’Unità Operativa dermatologica pisana tra Aprile 2017 e Giugno 2020. I dati dei singoli pazienti sono stati raccolti in Database access con la seguente struttura: genere, età, fumo, familiarità per atopia, esordio di malattia (early o late onset [39]), comorbilità, score EASI, NRS prurito e NRS sonno della patologia, IgE totali e terapie effettuate. I pazienti hanno effettuato successive visite a causa di incompleta risoluzione del quadro cutaneo nonostante le terapie, per cui sono stati eseguiti patch test nel sospetto di concomitante DAC.
È stata utilizzata la serie standard della società italiana di dermatologia allergologica, professionale e ambientale (SIDAPA) contenente 28 apteni, a cui sono stati addizionati Dermatophagoides farinae e Dermatophagoides pteronyssinus (Figura 2.1). I cerotti sono stati rimossi 2 giorni dopo, con valutazione delle reazioni a 48 e 72 ore dall’applicazione; infine, i pazienti sono stati avvisati di controllare le aree di adesione dei patch test e di comunicare eventuali ulteriori eruzioni cutanee insorte nei 4 giorni successivi. La positività del test è stata valutata
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sulla comparsa di una reattività cutanea in forma di eritema (+), eritema e vescicole (++) o eritema, vescicole e bolle (+++). I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi (DAC e no-DAC) per capire se ci potessero essere associazioni tra DA e DAC.
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2.3 Analisi dei dati
I dati sono stati inseriti in un unico file Excel e sottoposti ad analisi statistica.
I dati categorici sono stati descritti con la frequenza assoluta e percentuale, quelli continui con la media e la deviazione standard. Per analizzare le variabili qualitative e quantitative, sono stati impiegati rispettivamente il test chi quadrato e il test t di Student per campioni indipendenti a due code. La significatività è stata fissata a 0.05.
L’elaborazione dei dati è stata condotta con la tecnologia SPSS versione 26.
2.4 Risultati
È emerso che, tra i pazienti con DA sottoposti a patch test, il 59% ha una concomitante DAC, esito di avvenuta sensibilizzazione ad almeno un aptene presente nella serie dei patch test, mentre il 41% dei pazienti è risultato negativo (Figura 2.2).
Figura 2.2 Prevalenza di DAC in pazienti con DA
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I dati epidemiologici del nostro studio contestualizzati con i risultati sono riportati in Tabella 2.1.
Età, genere, familiarità per atopia e late onset non hanno mostrato differenze significative tra le due categorie di pazienti. Il fumo si è dimostrato essere correlato positivamente con l’insorgenza di DAC (p<0.05): su 20 pazienti fumatori presenti nello studio, 16 hanno DAC, mentre tra i 29 non fumatori, 13 hanno DAC e 16 no.
Tabella 2.1 Dati epidemiologici dei pazienti con DA sottoposti a patch test
No DAC DAC p NO DAC DAC p Genere 0.580 Familiarità per atopia 0.567 M 7 8 No 12 15 F 13 21 Si 8 14
Età 0.592 Late onset 0.567
Media 43.2 40.5 No 8 14
DS 18.8 16.6 Si 12 15
Fumo 0.014
No 16 13
Si 4 16
Come mostrato in Tabella 2.2, nell’ambito delle comorbilità, asma, rinite e congiuntivite allergica non sono risultate positivamente associate alla presenza di DAC, mentre la presenza di allergie alimentari ha mostrato un trend positivo di significatività
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(p=0.133): su 10 persone con allergie alimentari, 8 hanno anche DAC, mentre tra i 39 pazienti senza allergie alimentari, 18 persone sono risultate negative ai patch test e 21 positive.
Tabella 2.2 Dati di comorbilità nei pazienti con DA studiati
NO DAC DAC p Asma 0.270 No 16 19 Si 4 10 Rinite allergica 0.721 No 10 13 Si 10 16 Congiuntivite allergica 0.694 No 12 19 Si 8 10
Almeno una comorbilità atopica 0.970
No 7 10 Si 13 19 Allergie alimentari 0.133 No 18 21 Si 2 8
Gli esami di laboratorio e gli score analizzati sono riportati in Tabella 2.3.
Studiando i valori di IgE totali, quali elemento primario da correlare con la presenza di DAC nei pazienti con DA, è stato notato che la concentrazione ematica media, nei pazienti con DAC, è 1180 (± 2801) U/ml, mentre nei pazienti senza DAC è 357 (± 432) U/ml. Questa correlazione mostra un trend importante verso la significatività (p=0.130).
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I pazienti sono stati valutati clinicamente usando lo score EASI, che indaga la severità di malattia, e le scale NRS prurito e NRS sonno per il sintomo del prurito. L’indice EASI non mostra differenze sostanziali tra i due gruppi, tuttavia è stato visto che i pazienti con entrambe le patologie hanno una maggiore componente pruriginosa. NRS prurito valuta il sintomo durante la giornata e mostra un trend positivo (p=0.182), mentre NRS sonno, che studia la presenza di prurito durante la notte tale da disturbare il riposo, è significativamente correlato a DAC (p<0.05).
Tabella 2.3 Score ed esami di laboratorio dei pazienti con DA con e senza DAC
NO DAC DAC p EASI 0.807 Lieve 7 12 Moderato 8 9 Severo 5 8 NRS prurito 0.182 Media 5.4 6.6 DS 2.8 3.3 NRS sonno 0.039 Media 2.3 4.3 DS 2.9 3.5 IgE quantitative 0.130 Media 357 1180 DS 432 2801
In Tabella 2.4, è stata analizzata la prevalenza delle singole positività dei patch test ed è stato rilevato che nichel e acari della polvere sono gli apteni più spesso sensibilizzanti: il 58,62 % dei pazienti ha mostrato positività ad almeno uno di questi due apteni.
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Rispetto alle 29 persone con patch test positivi, 8 pazienti sono risultati positivi al nichel (27,58%), 7 agli acari della polvere (24,14 %) e 2 ad entrambi (6,90 %); solo 12 soggetti sono sensibilizzati a sostanze diverse da nichel e acari (41,38 %).
Tabella 2.4 Prevalenza della DAC da nichel e acari della polvere secondo la casistica
Frequenza assoluta (%) Aptene Statistica Acari 5 (17.24) Acari+altro 2 (6.90) Nichel 4 (13.79) Nichel+altro 4 (13.79) Nichel+Acari 1 (3.45) Nichel+Acari+altro 1 (3.45)
Totale nichel e/o acari 17 (58.62)
Altro 12 (41.38)
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3. DISCUSSIONE
Lo studio ha confermato che i pazienti con DA recidivante hanno spesso una concomitante DAC e facilmente possono essere sensibilizzati ad almeno un aptene. La prevalenza del 59% di patch test positivi nei soggetti con DA analizzati riflette i risultati ottenuti in letteratura su popolazioni simili: una metanalisi del 2017 aveva riscontrato, nei 31 studi svolti su pazienti indirizzati a patch test per presenza di eczema non risolto, una prevalenza media del 50% negli atopici e del 55% nei non atopici, mentre i 5 studi fatti sulla popolazione generale avevano evidenziato prevalenze rispettivamente del 30% e del 23% [20].
Da questo punto di vista, lo studio ha analizzato solo pazienti con DA e i risultati ci suggeriscono che, tra coloro che hanno recidiva cutanea di malattia nonostante le terapie, è consigliabile eseguire i patch test, poiché è molto probabile una concomitante sensibilizzazione, causa di riacutizzazione di DA.
Come già detto, lo scopo primario è stato quello di indagare l’associazione tra IgE totali e presenza di DAC in pazienti con DA: la casistica ha mostrato un trend importante verso la significatività riguardo al rapporto tra DAC e IgE totali, con una media di IgE maggiore nei pazienti con DAC. Sono pochi i dati di letteratura con cui poter confrontare i risultati, tuttavia essi contrastano con quanto affermato nel 1976 da Forsbeck, il quale, studiando la DAC
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da DNCB e NMDA, trovò che le positività ai patch test erano minori con IgE >1000 U/ml e maggiori con IgE< 1000 U/ml [12]. Le differenze potrebbero dipendere dal fatto che sono stati usati allergeni diversi e i patch test sono stati applicati, nello studio citato, anche sul dorso eczematoso di pazienti con dermatite generalizzata. La presenza di dermatite sulle aree di applicazione dei patch test potrebbe aver inficiato sui risultati e sulla loro interpretazione.
Rispetto ad alcuni articoli di letteratura che hanno associato positivamente alcune caratteristiche dei pazienti alla presenza di DAC, il genere, l’età, il late onset della DA, la severità di malattia e la presenza di comorbilità atopiche non hanno mostrato una correlazione significativa con la positività dei patch test. Una possibile spiegazione può essere rappresentata dalla bassa numerosità del campione. Si può notare, infatti, che, riguardo al genere, su 34 donne presenti nel campione, 21 hanno DAC e 13 no, mentre su 29 pazienti totali con DA e DAC, 21 sono di sesso femminile e 8 di sesso maschile. Il sesso, allora, sembra apparentemente poter essere correlato alla presenza di DAC, come affermato anche da altri autori [21], tuttavia la limitata ampiezza della popolazione studiata non ha permesso di ottenere risultati significativi.
Il fumo si è dimostrato una variabile di associazione tra DA e DAC significativa (p<0.05): rispetto a 20 pazienti fumatori sottoposti a
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patch test, 16 hanno DAC. Una recente metanalisi americana ha preso in esame 27 articoli per cercare una possibile correlazione tra il fumo, la DAC, la dermatite irritativa da contatto (DIC) e la presenza di eczema delle mani. Tra gli 8 che hanno studiato DAC e DIC, 7 hanno fatto emergere un’associazione significativa con il fumo, mentre tra i 19 studi che hanno analizzato l’eczema delle mani, 9 hanno avuto esito positivo, 3 hanno avuto risultati incerti e 7 hanno rilevato un’associazione negativa [40].
Il fumo rappresenta un fattore di rischio anche per l’insorgenza di DA. Una metanalisi americana del 2016 ha indagato l’uso di tabacco in studi passati e ha concluso che sia l’esposizione attiva che quella passiva sono più frequenti nei pazienti con DA, rispetto a quelli senza [41].
Il fumo allora è un fattore di rischio comune tra DA e DAC e ciò spiega l’importante prevalenza di questa variabile nei pazienti con patch test positivi dello studio. Le sigarette e il tabacco contengono sostanze potenzialmente sensibilizzanti, compreso il nichel, quindi è sempre necessario, nei pazienti con dermatite recidivante e, soprattutto con eczema delle mani, considerare un possibile ruolo del fumo. In alcuni casi, laddove non si riesca a individuare altre concause di esposizione agli allergeni, può essere utile svolgere, oltre alle serie normali, anche patch test con gli apteni contenuti nelle sigarette e nel tabacco per verificare se il paziente è sensibilizzato a queste sostanze.
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Thyssen, nel 2010, ha riportato risultati molto importanti sull’associazione tra il fumo e la sensibilizzazione da nichel: tutti i fumatori avevano una prevalenza maggiore di DAC da nichel rispetto ai non fumatori. Adattando i risultati al genere, egli ha notato anche che esso non influenzava l’incidenza di DAC nei fumatori, per cui concluse che il fumo è un fattore di rischio indipendente dal sesso per l’insorgenza di DAC da nichel [42]. A conferma di questo, Stojanovic, analizzando il sangue e le urine dei pazienti fumatori e non, ha rilevato una concentrazione molto maggiore di nichel nei fumatori [43].
Da questo punto di vista, non sono state tratte significative correlazioni a causa della limitata numerosità del campione. Il nichel è l’aptene risultato più spesso positivo nei patch test. È stato ipotizzato che questo metallo possa essere un possibile marker di atopia [29]: l’indagine condotta ha avvalorato questa ipotesi, mostrando che esso è l’aptene più spesso sensibilizzante i pazienti atopici e ritrovando diversi elementi in comune tra la DAC da nichel e la DA.
Gli acari della polvere sono stati la seconda sostanza maggiormente sensibilizzante i pazienti: su 29 patch test positivi, 9 hanno positività all’acaro della polvere. Questo risultato conferma i dati di letteratura, dove questo tipo di sensibilizzazione è molto frequente nei pazienti con DA. Uno studio svedese, in pazienti con DA, ha eseguito RAST, skin prick test (SPT) e patch test per gli acari
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della polvere, e ha ricercato possibili correlazioni con la severità di malattia, la storia clinica e le comorbilità respiratorie. I RAST sono risultati positivi nel 56% dei casi, gli SPT nel 24% e i patch test nel 47%; non sono state rilevate associazioni significative con la severità di malattia. L’analisi ha voluto mettere in risalto il fatto che ci sono spesso discordanze, negli atopici, tra RAST, SPT e patch test [44].
Non sono state ritrovate associazioni significative tra DAC e severità di malattia, tuttavia è stato notato come i pazienti con DA e DAC abbiano una componente pruriginosa maggiore. Questa correlazione può essere spiegata dal fatto che entrambe le patologie hanno, tra le loro peculiarità, il sintomo del prurito, quindi nel momento in cui si sovrappongono, i singoli indici diventano additivi e si ottiene uno score NRS medio maggiore rispetto a quello dei pazienti con solo DA.
Infine, è stata rilevata una relazione significativa tra la presenza di allergie alimentari e la positività ai patch test. Questa associazione ha fatto ipotizzare che la risposta immunitaria indotta dall’ingestione di apteni del cibo possa tradursi in reazioni di ipersensibilità di tipo IV, con eczema cutaneo: come per gli aeroallergeni, è stata documentata una discordanza anche tra SPT e patch test per le allergie alimentari [45]. In questo senso, è stato possibile dedurre che l’allergia alimentare potrebbe manifestarsi sia come reazione di ipersensibilità di tipo I, che come reazione
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ritardata di tipo IV, poiché all’interno degli alimenti si possono trovare apteni sensibilizzanti come nichel, balsamo del Perù e fragranze, spesso causa di DAC nei pazienti con allergia alimentare.
3.1 Limiti dello studio
La bassa numerosità del campione ha rappresentato un limite dello studio: alcune associazioni citate potrebbero essere rafforzate con un numero maggiore di pazienti. Nonostante questo, i dati raccolti devono essere considerati più attendibili rispetto a quelli riportati in alcune metananalisi che hanno valutato soggetti dalla popolazione generale.
I pazienti hanno fatto accesso in un centro di riferimento, quale l’Unità dermatologica pisana, formato da medici esperti nella gestione della DA e della DAC, che sono in grado di fare diagnosi corrette e di fornire dati più precisi rispetto a quelli raccolti dalla popolazione generale, spesso basati solo su elementi anamnestici e analizzati da personale non specializzato.
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4. CONCLUSIONI
Il rapporto tra DA e DAC è un argomento oggi molto controverso. La letteratura non è ancora riuscita a raggiungere conclusioni concordanti a causa dei tanti elementi di variabilità delle singole analisi. Con lo studio condotto, l’obiettivo principale è stato quello di ottenere spunti per migliorare il management ambulatoriale dei pazienti con DA, anche se la limitata numerosità del campione ha impedito di ottenere evidenze solide; per questo motivo, questo deve essere considerato uno studio-pilota che si propone di essere ampliato successivamente per implementare i dati a disposizione e raggiungere risultati più precisi.
L’importante prevalenza di DAC nei pazienti con DA suggerisce di prendere in considerazione sempre più spesso l’eventualità di una concomitanza tra le due patologie. Da questo punto di vista, lo studio ha analizzato solo pazienti con DA: tra coloro che hanno recidiva cutanea di malattia nonostante le terapie, è necessario eseguire i patch test poiché è molto probabile una concomitante sensibilizzazione, causa di riacutizzazione di DA.
L’indagine, tuttavia, ha offerto anche alcuni elementi per poter sospettare più facilmente e precocemente la DAC, ed eventualmente iniziare a valutarla già al momento della diagnosi di DA. L’approccio deve essere diverso a seconda dei dosaggi ematici di IgE totali del paziente: i pazienti con valori elevati devono essere
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indagati per concomitanti sensibilizzazioni, in modo tale da scoprire precocemente la presenza di DAC e curarla per evitare riacutizzazioni di DA.
Il fumo rappresenta un fattore di rischio comune sia per DA che per DAC. I pazienti con DA devono essere incentivati a cessare di fumare per ridurre la probabilità di sviluppare DAC; inoltre, i soggetti con dermatite recidivante, soprattutto alle mani, dopo aver escluso positività ai più comuni allergeni, devono essere studiati con patch test specifici contenenti le sostanze potenzialmente sensibilizzanti della nicotina e del tabacco, come il nichel.
Nei pazienti adulti con DA, anche la sensibilizzazione all’acaro della polvere deve sempre essere considerata, essendo uno degli apteni più spesso positivi nei patch test e causa di riacutizzazioni. Inoltre, deve essere consigliato lo svolgimento di questi esami in integrazione con RAST e SPT, poiché, essendo responsabile di forme diverse di ipersensibilità, l’acaro della polvere è comunemente associato sia ad atopia respiratoria che a riacutizzazioni cutanee, caratteri tipici di DA. Lo stesso ragionamento deve essere praticato per le allergie alimentari: nei pazienti con DA, è importante riuscire a cogliere precocemente possibili sensibilizzazioni ad apteni del cibo, oltre alle allergie IgE-mediate. Anche in questo caso, RAST, SPT e patch test non devono escludersi l’un l’altro poiché i loro risultati rappresentano tre espressioni diverse dell’attività di un agente
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esterno nell’organismo di un paziente atopico. Gli studi di letteratura hanno mostrato una discreta discordanza tra i risultati di questi esami per cui un pannello completo può permettere di cogliere qualsiasi sfumatura dell’allergia, potendo intervenire nel miglior modo possibile.
In conclusione, ciò che è emerso dallo studio è che, essendo rilevante la prevalenza di DAC nei pazienti adulti con DA, è molto importante riuscire a sospettare e diagnosticare eventuali sensibilizzazioni precocemente: l’obiettivo deve essere quello di intraprendere un trattamento basato su farmaci per la DA ed evitamento degli allergeni positivi nei patch test.
Un ampio pannello comprendente RAST, SPT e patch test ai comuni allergeni dovrebbe essere sempre integrato nei pazienti con DA per inquadrare completamente il soggetto.
Nelle forme di DA con IgE alte, i patch test dovrebbero essere eseguiti per escludere eventuali sensibilizzazioni, tuttavia, nelle forme recidivanti dovrebbero essere testati anche apteni più specifici in base al paziente, analizzando anamnesticamente le sostanze a cui più probabilmente potrebbe essere in contatto durante la vita quotidiana.
La DA è una patologia estremamente complessa caratterizzata da alterazioni del sistema immunitario ancora poco conosciute. La qualità di vita dei pazienti spesso può essere compromessa e molto
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impattanti possono essere le comorbilità psichiatriche che ne derivano.
L’obiettivo finale dello studio è stato quello di migliorare il management del paziente con DA identificando e prevenendo lo sviluppo di DAC, una delle principali comorbidità in grado di peggiorare il quadro clinico e ridurre la risposta ai trattamenti convenzionali. In tal senso, l’utilizzo dei patch test dovrebbe essere uniformato e standardizzato.
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