GIORNALE DI STORIA DELLA MEDICINA
JOURNAL OF HISTORY OF MEDICINE
Fondato da / Founded by Luigi StroppianaArticoli/Articles
IL CULTO DELL’ACQUA SUL SORATTE: DALLA PREISTORIA AI NOSTRI GIORNI
MARIO FALCHETTI, LAURA OTTINI*
Department of Molecular Medicine, “Sapienza” University of Rome.
SUMMARY
WATER CULTS ON SORATTE MOUNT
Mount Soratte is a limestone ridge that rises on a lonely plateau of Pliocene tuff on the right of the Tiber, about forty kilometers North of Rome. Studies related to human settlements during prehistory in this territory have been sporadic and occasional.
The first evidence of prehistoric cults on mount Soratte has been found in the early Fifties when a jar, dating back to Neolithic times, was discovered in the cave of the Meri. The jar was placed in a position to be always filled of water and indicates the existence of ancient practices of worship linked to groundwater. In the Middle Ages, although caves became a step towards the Hell, dripping caves were often associated with the magical-religious and therapeutic aspects of water linked to fertility in the popular imagination. In the cave church of the Saint Romana, on the eastern slope of Mount Soratte close to Meri, there is a small marble basin near the altar and the water drips from the rock above it. This water is taken out for devotion and drunk by mothers who did not get milk from their breasts. Recently, the water of the Saint Romana would have drained as a result of an act of sacrilege, albeit unintentionally, as reported in a oral testimony.
Overall, the territory of Mount Soratte is characterized by a sharp and clear karst. This causes the water, that collects on the inside, coming out in many springs all around the valley. This water is collected to supply fountains used years ago by farmers and livestock and nowadays may represent a
cultural space of social life with the aim to build a strong link with the territory and a new awareness of the past and history of the countryside around Mount Soratte.
Geografia del Soratte
Il monte Soratte rappresenta una dorsale calcarea che si eleva solitaria su un altopiano tufaceo pliocenico posto sulla destra del Tevere, a una quarantina di chilometri a nord di Roma. La dorsale risulta composta da due parti: una occidentale ed una sud-orientale. La parte nord-occidentale è la più elevata, culminando in una serie di piccole creste separate da strette selle che conferiscono alla linea di vetta un carat-teristico andamento dentellato. L’altezza massima è raggiunta dalla cima di S. Silvestro (691 m). Una più vasta insellatura divide questa zona da quella sud-orientale costituita da tre modesti rilievi sul più alto dei quali sorge il paese di Sant’Oreste (443 m)1.
Il monte Soratte è caratterizzato da versanti non simmetrici e a diffe-rente conformazione: quello sud-occidentale è in genere acclive e acci-dentato; quello nord-orientale è nel complesso più dolce ed uniforme. Su tali versanti l’idrografia superficiale è pressoché assente: le acque piovane hanno scarsa capacità di penetrazione e si raccolgono lungo i fianchi della montagna. Inoltre, a causa del notevole grado di frattura-zione dei calcari, le acque di penetrafrattura-zione sono convogliate direttamen-te ad un livello che si trova ad una quota più bassa della zona di contatto tra la formazione calcarea e i terreni tufaceo-argillosi che circondano la dorsale2. Tutto intorno alle falde del monte sono localizzate numerose sorgenti d’acqua. Il Soratte gode di un clima temperato caratterizzato da una piovosità elevata. A causa della risalita adiabatica lungo i ver-santi del rilievo, il Soratte costituisce un punto di condensazione delle masse umide provenienti dal Mar Tirreno; la media delle precipitazioni annue è superiore ai 1100 mm3. Tali condizioni hanno permesso lo svi-luppo di un carsismo di tipo ipogeo con cavità di notevoli dimensioni a sviluppo prevalentemente verticale e denominate localmente “meri”.
Il culto dell’acqua sul Soratte nella preistoria
Studi relativi agli insediamenti umani nel territorio del Soratte nella preistoria sono stati per lungo tempo sporadici e occasionali. Si è attualmente in possesso di poche notizie grazie a fortunosi ritrova-menti o all’iniziativa di singoli studiosi o di semplici curiosi.
La prima testimonianza della presenza di culti preistorici sul Soratte è dei primi anni Cinquanta quando nella Grotta dei Meri venne ri-trovato un vaso quadriansato in impasto risalente al Neolitico4. Esso era posto in modo da rimanere sempre pieno d’acqua e testimonia l’esistenza di antiche pratiche di culto legate alle acque sotterranee5. Nell’ambito della religiosità preistorica le attestazioni della sacra-lità dell’acqua sono diffuse in tutte le culture, dalle origini ai nostri giorni. L’acqua, individuata come elemento vitale, è infatti indispen-sabile a qualsiasi forma di vita e, in ambienti ricchi di acqua, que-sta si è sempre sviluppata in forme rigogliose, spesso articolate in complesse catene alimentari. L’uomo fin dall’inizio ha dovuto ne-cessariamente frequentare simili habitat, ricchi di flora e di fauna, dove era possibile praticare le due forme economiche di sussistenza basate sul semplice sfruttamento dell’ambiente: caccia e raccolta. Le cavità carsiche sotterranee costituivano dei ripari funzionali aperti sui sottostanti corsi d’acqua, naturale richiamo delle faune presenti all’interno di tali nicchie ecologiche. D’altro canto la grotta, intesa come ventre della Terra, non poteva non suggerire l’idea del grembo materno in ambito funerario, con tutte le possibili valenze cultuali che una simile connotazione può aver determinato nella mentalità dell’uomo preistorico, in particolare in presenza di grotte “segnate” da acque sotterranee6.
Con l’avvento dell’economia produttiva del Neolitico (VII-VI mil-lennio a.C.), determinata dall’introduzione dell’agricoltura e dell’al-levamento del bestiame, l’acqua inizia ad assumere più chiaramente valenze cultuali presso le società di agricoltori-allevatori. L’acqua
acquista un grande valore simbolico fino ad essere considerata una grande forza della natura e come tale venerata per le “proprietà
vivi-ficanti, germinative, fecondanti e, in alcuni casi, medicamentose”7. Certamente anche per il Neolitico risulta difficile evidenziare eventuali connessioni tra dati archeologici, espressioni sacrali dell’acqua e culti di tipo agrario o ctonio. Solo un esame analitico dei contesti (grotte, l’acqua nelle sue diverse manifestazioni dallo stillicidio ai fiumi o la-ghi sotterranei), dei materiali (forme particolari di vasi, oggetti rituali) o di particolari elementi strutturali (fosse, focolari, resti di sacrifici vegetali o animali) può evidenziare delle correlazioni tra espressioni rituali ed effettive forme di culto o di venerazione delle acque. Sulla base della documentazione nota non risultano essere numericamente rilevanti i contesti dove sia possibile evidenziare tali correlazioni tra morfologia delle grotte, resti archeologici ed acque ipogee8.
Una delle espressioni cultuali più semplici in grotta è data dalla rac-colta delle acque di stillicidio all’interno dei vasi opportunamente sistemati in corrispondenza di formazioni stalattitiche, come nel caso dell’orcio neolitico nella Grotta dei Meri sul Monte Soratte: avvolto da concrezioni stalagmitiche, raccoglieva le acque di stillici-dio in un’area interna e di difficile accesso della grotta (Fig. 1A-C). Normalmente nel corso del Neolitico risultano essere più frequentate le grotte di tipo labirintico o con corridoi, sale e cunicoli molto inter-ni e profondi con presenza di pozze o di laghetti di acqua9.
Questa caratteristica è presente nel sito in cui è stato rinvenuto l’or-cio sul Monte Soratte. La Grotta dei Meri consta di due piani di gallerie principali strette, ricoperte di infiorescenze di calcite che riducono ancor di più lo spazio per il passaggio. Nell’interno della grotta sono stati rinvenuti frammenti di ceramica, segno che antica-mente l’accesso era più agevole di quanto lo sia attualantica-mente10. In ef-fetti la grotta è accessibile solo con attrezzature speleologiche: l’in-gresso si trova all’interno di un pozzo profondo una decina di metri che costituisce uno dei meri.
Fig. 1 B - Sezione trasversale a livello del II Mero (2). In grigio chiaro è evidenziato il I Mero (1) in connes-sione, nella parete di sud-ovest con la Grotta dei Meri (A) che si biforca in due piani di gallerie strette (B e C). In grigio scuro è indicato lo sbocco dello scivolo che collega il I Mero con il II Mero, (modificato da SEGRE A.G. op. cit. nota 4).
Fig. 1 C - Vaso quadriansato in impasto risalente al Neolitico, (ri-prodotto da SEGRE A.G. op. cit. nota 4).
Fig. 1 A - Sezione longitudinale (nel senso del pendio) dei Meri del Monte Soratte e della Grotta dei Meri: a. Grotta dei Meri, b. I Mero, c. II Mero, d. III Mero, (modificato da LUPIA PALMIERI E. op. cit. nota 1).
Il culto dell’acqua sul Soratte: dall’avvento del cristianesimo ai nostri giorni
Con l’avvento del Cristianesimo e nel corso del Medioevo il mondo sotterraneo diviene sede delle entità diaboliche e dei percorsi diret-ti verso gli Inferi. Nell’immaginario popolare la grotta diviene pas-saggio verso l’Inferno e pertanto deve essere custodita dalla santità dell’Arcangelo San Michele. San Michele è detto anche “principe delle acque” e spesso è associato alle fonti galattofore e a culti prepo-sti alle nascite, al latte e alle capacità nutritive delle donne. Si tratta di un aspetto terapeutico e magico-religioso, legato allo stillicidio delle grotte, che si inserisce nel più vasto fenomeno, diffuso in tutta l’Eu-ropa, della venerazione delle fonti o “pocce lattaie” da parte delle donne prive di latte, “per una facile analogia tra l’acqua biancastra
dello stillicidio e il latte”11.
Il latte compare in numerosi miti: ad esempio Eracle viene allatta-to dal seno di Era divenendo così immortale, allo stesso modo la missione sovrana del faraone è garantita dal fatto che viene nutri-to con il latte di una dea condividendo la sua stessa natura divina. Anche nel mondo cristiano non mancano esempi in questo senso: San Bernardo, allattato dalla Vergine, diviene in questo modo fratel-lo adottivo di Cristo12.
Nella chiesa rupestre della Grotta di Santa Romana, sul versante est del Monte Soratte nei pressi dei meri, si trova una piccola vasca di marmo vicino l’altare e l’acqua gocciola sopra di essa dalla roccia (Fig. 2; Fig. 3). Quest’acqua viene presa e bevuta per devozione dal-le donne prive di latte dei paesi vicini13.
La pratica è ancora molto presente nella memoria delle persone an-ziane del paese di Sant’Oreste:
L’acqua, dice, che a gente partia pure da via. Quanno e femmine si parto-rivano che nun ci avevano il latte, andavanu giù, lì u muru, hai vistu, c’è na fontanella dentro alla chiesa. Andavano a beve quest’acqua. E regge pure fino a maggiu. E allura sta gente veniva puru da via, coi somari, a
Fig. 2 A - Ingresso della chiesa rupestre di S. Romana (a destra) e i ruderi del romitorio omo-nimo abbandonato alla fine del XVIII secolo (a sinistra), (riprodotto da Portone C. www. carloportone.com/photographs-2a.htm#soreste).
Fig. 2 B - Planimetria della chiesa rupestre di S. Romana (riprodotta da TORO B. Lineamen-ti geologici e morfologici. In PASQUETTI A., TORO A., TORO B. Caratteri geologici, archeologici e storico artistici dell’area orientale del Monte Soratte. Geo-Archeologia 1995, 2: pp 8-17).
cavallo sopra i somari e andavano a bere quest’acqua. Se stregavanu puru gli pettu, non so, dice che li calava latte e arinnavano via ch’eranu pien’e latte. Ma mo se è vero o no. Noi non l’aricordamu si cose, ma i genitori nostri sì. Dice ch’arinnavano via co petto pien’e latte. Ma guarda che se nun ci avevanu u latte i figli se rimorivanu pure pecché mica c’eranu e possibilità d’adesso14.
Fig. 3 - Nella foto grande (a sinistra) dettaglio dell’interno della chiesa rupestre di S. Romana, (riprodotto da Cudini S. easyblog.it/photos/stefano/grotte/monte-soratte). Vista della vas-chetta alimentata dallo stillicidio (a destra): sopra, vista frontale (riprodotta da Cudini S.); sotto, vista laterale, (riprodotta da Sersanti W., http://picasaweb.google.com/WillySoratte).
Dalla testimonianza si intuisce il senso di precarietà e di sgomento per la possibile perdita o per l’assenza del latte dopo il parto. Seppure brevemente, va ricordata l’ampia articolazione di pratiche magiche e terapeutiche all’interno dell’orizzonte culturale contadino arcaico in funzione della lattazione, per propiziarne l’abbondanza e preservarne la presenza, ricorrendo, molto spesso, all’uso di acque ritenute essere dotate di particolari proprietà terapeutiche in virtù di una loro relazio-ne con il sacro.
La secrezione lattea può interrompersi per un qualsiasi incidente e improv-visamente senza alcuna giustificazione o preavviso, e la funzione può essere richiamata solo nel luogo adatto, nella ierofania locale, […]15.
Oggi il culto è andato quasi perso, limitato a una visita all’eremo una volta l’anno in occasione della ricorrenza festiva di santa Romana, il 23 febbraio, che, solitamente, viene spostata alla domenica più pros-sima16. Santa Romana da Todi, vissuta al principio del IV secolo d.C., è rievocata in un racconto ampiamente diffuso nella cultura orale del paese di Sant’Oreste. Si narra che, passando attraverso un cunicolo carsico che si sarebbe trovato nel fondo della grotta abitata dalla santa e che avrebbe attraversato il monte Soratte, santa Romana raggiun-gesse il soprastante eremo di san Silvestro per incontrare il papa e farsi confessare. La santa sarebbe stata troppo zelante e il racconto narra che il papa le disse di tornare “quando fossero fiorite le rose”. Miracolosamente, in seguito a una nevicata, le rose fiorirono in pieno inverno e così la proibizione del papa cadde17.
Il culto idrico galattoforo di santa Romana si situa pienamente all’in-terno di un orizzonte religioso diffusamente venerato nell’Italia conta-dina arcaica, il cui pantheon comprende numerose Madonne del latte, rappresentate con un seno scoperto in atto di allattare il bambino Gesù oltre a molteplici figure di sante. L’acqua di santa Romana può essere sia bevuta, sia strofinata direttamente sulle mammelle. Tale pratica,
pur essendo quasi completamente desueta, trova tuttavia sporadici casi di messa in atto, soprattutto da parte di gente proveniente da fuori Sant’Oreste, almeno secondo le attestazioni finora raccolte18.
L’antico culto di santa Romana si pone, dunque, pienamente all’inter-no del nesso simbolico che lega acqua e fertilità per quanto riguarda, in particolare, la funzione galattofora e vi si pone mediante una pratica rituale che richiama, con sufficiente chiarezza, la legge di similarità propria di molte pratiche magiche spesso in grado di esercitare effetti reali mediante un’azione psichica. Elementi come l’aspetto stillante dell’acqua carsica gocciolante nella grotta da una protuberanza stalag-mitica della roccia che evoca una mammella, il suo colore biancastro e lattescente per via dell’abbondante presenza di sali di calcio, richia-mano realisticamente la calata del latte nel seno e l’analogia tra i due fenomeni è ancora più diretta, intensa e maggiormente avvalorata dal culto in grotta della santa del Soratte.
Data la grandissima importanza che riveste nella fisiologia della latta-zione il fattore psichico, si mette in rilievo il fatto che l’impiego di queste acque può risultare veramente efficace, essendo dominato dal concetto di magia omeopatica (acque biancastre per sali di calcio, azione omeopa-tica del liquido che scorre, protuberanze di grotte a forma di mammelle ecc.), dalla fede religiosa (santi taumaturghi, acque sacre, cappelle votive ecc.) e dai riti che l’accompagnano. Non si esclude, per certe acque, anche un’azione farmacologica vera e propria dovuta al contatto prolungato con sostanze ricche di ormoni galattogeni, come la follicolina riscontrata non solo nel regno vegetale, ma anche in quello minerale come nella torba, nel carbone, nel petrolio19.
Non si può stabilire, allo stato attuale, quando è cominciato a deca-dere il culto dell’acqua di santa Romana. Nella memoria popolare esiste, tuttavia, un preciso segno di tale decadenza, formalizzato in un racconto che sembra mostrare i tratti della narrazione mitica. L’acqua di santa Romana si sarebbe prosciugata in seguito a un atto sacrilego, seppure involontario:
Dice che doppu, un omu ci ha portatu na somara, dice che pioveva, è annatu dentro a ripararsi e l’ha fatta beve e lì s’è asciuttata sta fontana, non ci sta più l’acqua. C’è un sassu grande che c’è la fontana, ma non c’è più l’acqua. Prima ce n’era tanta, m’aricordu che ci so stata e ci aggiu bevutu. Dice che è da quella volta che s’è asciuttata20.
Il rito profano attuale: il “Giro delle Fonti”
Le vicende idriche di Sant’Oreste sono strettamente legate alla natura del territorio del monte Soratte, caratterizzata da un forte ed eviden-te carsismo che fa sì che l’acqua che si raccoglie al suo ineviden-terno, fuo-riesca a valle tutto intorno ai suoi piedi, in numerose sorgenti, la cui acqua viene raccolta per alimentare fontane, molte delle quali anche con ampi fontanili e abbeveratoi. Tali sorgenti hanno costituito una fonte di approvvigionamento idrico per i contadini e per il bestiame, diventando luoghi di un’intensa vita sociale nella campagna intor-no a Sant’Oreste. Questo “anello” di risorgenze d’acqua costituisce l’insieme delle “fonti” che vengono visitate nell’ormai usuale “Giro delle fonti”, che da più di quarant’anni viene organizzato alla fine del mese di agosto21.
La pratica del “Giro delle fonti” nacque dall’idea di un gruppo di ami-ci, appassionati delle escursioni in campagna. Oggi questa esperienza escursionistica è diventata una vera e propria “tradizione”, cui tutti gli abitanti di Sant’Oreste hanno contribuito partecipandovi almeno una volta. Nel corso del tempo il “Giro delle fonti” si è evoluto e ha su-bito alcune modificazioni di modalità e di intenti. Negli ultimi tempi si è andata affermando la riscoperta dell’acqua come risorsa, che in passato era stata un po’ dimenticata. Ciò per cercare di sensibilizzare l’Amministrazione locale e i proprietari dei terreni su cui le fonti sono collocate ad aver maggiore cura delle fontane stesse. Comunque l’or-ganizzazione e lo svolgimento dell’evento focalizzano l’attenzione sul territorio e sull’acqua per riscoprire il territorio e queste sorgenti, le bellezze ambientali e storico-artistiche della Riserva naturalistica del monte Soratte.
Tra le numerosi fonti della Riserva naturalistica del monte Soratte, almeno due meritano rilievo: l’Acqua Forte in località Saletti, nel ter-ritorio di Ponzano, e la fonte di Follonica posta sul versante occiden-tale del Monte Soratte22.
L’Acqua Forte è un sito con una sorgente di acqua ferruginosa che possiede proprietà terapeutiche e che, dove sgorga, lascia un intenso e “inquietante” colore di ruggine. In questa località, in un edificio in passato adibito all’imbottigliamento dell’acqua, è stata allestita una struttura museale a tema demo-etno-antropologico. La presenza di acqua ferruginosa ai piedi del Soratte, ritenuta in passato eviden-temente pericolosa, è ricordata in un passo della Storia naturale di Plinio il Vecchio: “Varro ad Soracten in fonte, cuius sit latitudo
quat-tuor pedum; sole oriente eum exundare ferventi similem; aves, quae degustaverint, iuxta mortuas iacere” 23.
La fonte Fellonica o Follonica, collocata ai piedi del monte Soratte, all’incrocio della via Civitellese con la provinciale che scende dal paese, è stata sicuramente il principale luogo di approvvigionamento e di utilizzo d’acqua degli abitanti di Sant’Oreste per lungo tempo. A partire dal 1611, la sorgente, già strutturata come fontana, è stata an-che dotata di un grande fontanile e di un altrettanto grande lavatoio. La struttura, più volte restaurata, porta oggi l’iscrizione dell’ultimo inter-vento avvenuto nel 1899, ad opera dell’allora sindaco Filippo Leoni24. Il “Giro delle fonti” è una delle attività culturali promosse dalla co-munità di Sant’Oreste e orientate da un forte legame con il territorio, che si esprime attraverso la sua lettura secondo numerosi punti di vi-sta. Il territorio, infatti, non è solo interpretato come spazio abitati-vo (coltivazione della terra, suo uso come pascolo) ma anche come spazio culturale: il senso dei luoghi è volto alla loro ricapitolazione in maniera che essi possano acquistare un nuovo significato alla cui base vi sia una forte consapevolezza del passato e della storia. Per far ciò vengono consultate non solo fonti scritte, ma anche, e soprattutto, quelle orali, le persone anziane che hanno vissuto nei periodi in cui le
località dove si trovano le fontane erano normalmente abitate. Si trat-ta, dunque, di una vera e propria costruzione o ri-costruzione sociale dei luoghi: ciò avviene sia mediante il lavoro effettuato dai gruppi che organizzano i diversi eventi, sia attraverso la circolazione di notizie stimolata dall’approssimarsi dell’evento o in seguito alla sua conclu-sione. Questo lavoro di costruzione sociale dei luoghi si amplia sia in senso spaziale, attraverso un continuo dialogo con i santorestesi che non vivono stabilmente in paese, sia in senso temporale, spingendosi cioè fino a un’intensa comunicazione morti-vivi, tramite la rievocazio-ne furievocazio-nebre di chi aveva partecipato con passiorievocazio-ne rievocazio-negli anni precedenti al “Giro delle fonti”. Questo lavoro, uscendo dal più ristretto ambito sociale paesano, si proietta anche verso una possibile promozione tu-ristica e ambientale per la valorizzazione del paesaggio santorestese25.
Conclusioni
Il monte Soratte, per la sua struttura e la sua posizione, ha rappresen-tato un importante riferimento geografico e culturale lungo il corso medio-basso del Tevere. Testimonianze della presenza umana nella zona risalgono al neolitico e si protraggono fino ai nostri giorni. La documentazione, archeologica e testuale, non è continua, ma per-mette, ordinata in senso cronologico, di tratteggiare le linee genera-li dell’evoluzione culturale dell’area del Soratte. Come riportato in questo lavoro, il culto dell’acqua ha perso progressivamente il suo significato magico-religioso per assumerne uno più antropologico-culturale, nel senso di essere divenuto un mezzo per recuperare il contatto con il territorio e con la storia che lo ha modellato, ed in base a questo promuoverlo dal punto di vista turistico-culturale. La ricchezza culturale dell’area del Soratte si manifesta grazie alla presenza e all’evoluzione di numerose tradizioni che hanno basi in parte leggendarie in parte storiche e che studi recenti stanno valutan-do approfonditamente. La comprensione dell’evoluzione delle tradi-zioni magico-religiose connesse all’acqua è stata possibile unendo
dati da testimonianze archeologiche (scoperta ed esplorazione di siti archeologici) e da testimonianze testuali (orali e loro trascrizioni). Il recupero della storia di una località come la zona del Monte Soratte, i cui i dati sono sparsi e cronologicamente distanti, implica un pro-getto che abbia come obiettivi la conoscenza come coscienza di se medesimi e questa come condizione per una migliore qualità della vita e dei rapporti interpersonali allargati. Un recupero visto come una ricerca (storica) che fornisca un quadro generale che possa essere arricchito a sua volta da ulteriori studi26. In sintesi, una ricerca delle radici e del futuro che appartiene ad una comunità.
BIBLIOGRAFIA E NOTE
1. LUPIA PALMIERI E., Il carsismo ipogeo del Monte Soratte (Lazio). Boll. Soc. Geol. It. 1966; 86: 71-89.
2. LUPIA PALMIERI E., op. cit. nota 1. 3. LUPIA PALMIERI E., op. cit. nota 1.
4. SEGRE A. G. Orcio rinvenuto al Monte Soratte presso Roma. BPI, VIII (1951-52), pag. 136-139; cfr. LUPIA PALMIERI E., op. cit. nota 1.
5. BELARDELLI C. Appunti sulla Protostoria di Sant’Oreste. In: “Sant’Oreste
e il suo territorio”, pp. 65-73. A cura Regione Lazio, Assessorato alla
Cul-tura, Spettacolo, Sport e Turismo. Ed. Rubbettino, Soveria Mannelli (Catan-zaro) 2003.
6. BIANCO S., Il culto delle acque nella preistoria. Archeologia dell’acqua in Basilicata, Potenza 1999, p.13-24. http://www.old.consiglio.basilicata.it/pub-blicazioni/ARCHEOLOGIA%20DELLE%20ACQUE/Bianco.pdf
7. BIANCO S., op. cit. nota 6; BERNABEI M., GRIFONI CREMONESI R.
I culti delle acque nella preistoria italiana. Rivista di scienze preistoriche
1995-96; 47: 331-366.
8. BERNABEI M., GRIFONI CREMONESI R., op. cit. nota 7, pag 331. 9. BIANCO S., op. cit. nota 6; GRIFONI CREMONESI R. Notes on some cultic
aspects of Italian Prehistory. Documenta Praehistorica 2007; 34: 221-229.
10. LUPIA PALMIERI E., op. cit. nota 1.
12. CHEVALIER J., GHEERBRANT A. Dizionario dei simboli. II voll., Rizzoli ed., Milano (1986).
13. DE CAROLIS V.M. Il Monte Soratte e i suoi Santuari. Roma, 1950, pp. 278-287; CORRAIN C., RITTATORE F., ZAMPINI P. Fonti e grotte lattaie
nell’Europa Occidentale. Etnoiatria 1967; I, 2, Varese; INNAMORATI F. Brevi note sulla origine siriaca del culto di S. Romana, praticato nelle grotte omonime di Tignano e del monte Soratte e sulla frequentazione della grotta di Titignano fra il XV e il XVIII secolo. Atti del Simposio Internazionale sulla
Protostoria della Speleologia, Città di Castello 13/14 settembre 1991, pp. 171-179, ed. Nuova Prhomos, Città di Castello (PG), 1993. http://spazioinwind. libero.it/folkgrotte/lattaie.htm
14. “L’acqua, si dice che la gente veniva anche da lontano. Quando le donne
parto-rivano e non avevano il latte, andavano lì giù, al muro, hai visto, c’è una fonta-nella dentro la chiesa. Andavano a bere quell’acqua. Rimane fino a maggio. E allora questa gente veniva pure da lontano, a cavallo dei somari e andavano a bere quest’acqua. Se la strofinavano pure sul petto, non so, dicono che il latte gli calava e andavano via piene di latte. Ora, se è vero o no. Noi non le ricordiamo queste cose, ma i genitori nostri si. Dicono che andavano via piene di latte. Ma guarda che se non ci avevi il latte i figli morivano perché non c’erano le possibi-lità di adesso.” Maria Mazzanti, 11 ottobre 2000. RICCI A. Il culto dell’acqua.
A cura di Associazione Pro Loco ed Avventura Soratte, S. Oreste (Roma), 2005. 15. Cfr. RICCI A., op. cit. nota 14; DINI V. Il potere della antiche madri.
Fecon-dità e culti delle acque nella cultura subalterna toscana. Torino, Bollati
Borin-ghieri, 1980, pp. 16-17 e 31 e segg.; DE MARTINO E. Sud e magia. Milano, Feltrinelli, 1976, pp. 41-48.
16. www.avventurasoratte.com
17. Cfr. DE CAROLIS V.M., op. cit. nota 13, pp. 102-104, 279-280 e 287; Cfr. RICCI A., op. cit. nota 14..
18. Cfr. RICCI A., op. cit. nota 14. Cfr DINI V op. cit. nota 15.
19. Cfr. DINI V., op. cit. nota 15; FARANDA L. Prodigio, fascinazione e metamorfosi
del latte. In: DI ROSA M. (a cura di), Salute e malattia nella cultura delle classi subalterne del Mezzogiorno. Atti del convegno tenuto a Napoli nel 1987, Napoli,
Guida, 1990, pp. 285-296; cfr. CORRAIN C. et al., op. cit. nota 13, p. 31 e p. 38. 20. “Si dice che dopo, un uomo ci ha portato una somara, pioveva, è andato
den-tro a ripararsi e l’ha fatta bere lì e s’è asciugata la fontana, non c’è più acqua. Prima ce n’era tanta, mi ricordo che ci sono stata e ci ho bevuto. Si dice che è da quella volta che s’è asciugata”. Antonia, 2 settembre, 2000. Cfr. RICCI A.,
21. ZOZI F. Il giro delle fonti: storia e vicende. www.prolocosantoreste.com/ fonti.htm. Cfr. RICCI A., op. cit. nota 14.
22. Cfr. RICCI A., op. cit. nota 14; cfr. ZOZI F., op. cit. nota 21.
23. “Secondo Varrone, una fonte vicino al Soratte, larga quattro piedi, al sorgere
del sole essa trabocca, come se bollisse; gli uccelli che l’hanno assaggiata giacciono nei pressi, morti”. GAIO PLINIO SECONDO, Storia naturale. IV
vol. Medicina e Farmacologia. Torino, Einaudi, 1986, p. 488 e 489. 24. Cfr. DE CAROLIS V.M., op. cit. nota 13; cfr. RICCI A., op. cit. nota 14. 25. FELD S., BASSO K.H. (a cura di), Senses of Place. School of American
Research Press, Santa Fe (USA), 1996; STROPPA C. (a cura di), Territorio,
ambiente, nuovi bisogni sociali. Napoli, Liguori, 1993; SIMONICCA A., Turismo e società complesse. Roma, Meltemi, 2004.
26. PRINCIPE I. (a cura di), Argusto. Documenti di storia locale. Cosenza, Due Emme, 1992.
Correspondence should be addressed to:
Laura Ottini, Department of Molecular Medicine, “Sapienza” University of Rome, Viale Regina Elena, 324, 00161, Rome, Italy.