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Studio sul rilascio di istamina e triptasi da cisatracurio in pazienti allergici e non

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Facoltà di Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea:

Studio comparativo sul rilascio di istamina e triptasi da cisatracurio in

pazienti allergici e non.

Relatore: Candidato:

Prof. Giunta Francesco Montomoli Marco

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A mia nonna,

la mia più grande sostenitrice, perché il ricordo di lei non mi abbandona mai.

Ringrazio le Donne della mia Famiglia perché mai mi mancherà il loro amore.

Un ringraziamento particolare a mio Padre ed a mio Fratello

perché hanno colmato le mie carenze

ed al Dottor Dorigo per la sua attenta e rassicurante

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Indice

Introduzione………...pag. 5

Reazioni allergiche………pag. 8

Istamina………pag. 19

Triptasi……….pag. 22

Fisiologia della giunzione muscolare e della trasmissione colinergica…………...pag. 25

Miorilassanti………pag. 32 -Bloccanti neuromuscolari depolarizzanti………...pag. 34 -Bloccanti neuromuscolari non depolarizzanti………....pag. 38 -Benzilisochinolonici………...pag. 41 -Aminosteroidei.………..pag. 44

Materiali e metodi……….. .pag. 47

Risultati………pag. 58

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Bibliografia………..pag. 63

Riassunto………..pag. 75

Appendici:

I. Protocollo………...pag. 77

II. Classificazione ASA………..pag. 78 III. Dati ottenuti ed elaborazione statistica………..pag. 79

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Introduzione

E’ nota e da tempo dibattuta la capacità di molti dei farmaci usati in anestesia di scatenare reazioni immunitarie di tipo allergico.

La reazioni di ipersensibilità si possono manifestare da una forma lieve di anafilassi localizzata, con manifestazioni cutanee di tipo eritematoso, prurito, gonfiore nella sede di inoculo o contatto con l’allergene, alla forma di anafilassi sistemica indicata come shock anafilattico.

E’ opinione comune di molti autori la pericolosità potenzialmente mortale e la totale imprevedibilità delle reazioni anafilattiche ( IgE mediate) ed anafilattoidi (IgE non mediate) scatenatesi in seguito all’esposizione del paziente a diversi allergeni presenti in sala operatoria.

L’impossibilità di poter distinguere una reazione anafilattica da un’anafilattoide sia dal punto di vista clinico che tramite indagini sierologiche ha influenzato la mia decisioni di trattarle comunemente tenuto anche conto dei medesimi mediatori infiammatori rilasciati.

La reazione anafilattica è un evento con un incidenza di 1 su 13000 operazioni, valore che scende ad 1 su 2500 tenuto conto dell’utilizzo di miorilassanti durante l’intervento. Laxenaire 1996,questo risulta essere un dato sottostimato sia per l’ampia varietà delle

manifestazioni cliniche sia per la difficoltà di diagnosi. Malinosky 2008

In linea teorica ogni molecola è in grado di scatenare una reazione anafilattica in sala operatoria, dagli antibiotici, agli ipnoinduttori, ai colloidi, ai gas alogenati fino al lattice. Una delle cause più comuni risulta essere l’utilizzo di bloccanti neuromuscolari, Mertes 2004, 65% del totale Chong 2008; tra questi quelli che risultano essere maggiormente

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implicati sono gli agonisti competitivi quali, vecuronio, atracurio, pancuronio. Karila 2005; uno studio di Malinosky 2008 evidenzia come tenuto conto della gravità della

reazione di ipersensibilità misurata tramite scala di Mueller sia il cisatracurio il più pericoloso tra quelli maggiormente utilizzati.

La tossicità dell’atracurio era già stata evidenziata in studi clinici da Thacker 1999, mentre una solida evidenzia della sua potenziale tossicità era stata dimostrata su cellule umane in vitro da Amman 2001.

La letteratura riporta numerosi casi di reazioni anafilattoidi dopo somministrazione di atracurio e cisatracurio sia negli adulti, Fisher 1999, come nei neonati, Clarkson 2001. Krombach nel 2001 pubblica un articolo sopra le reazioni anafilattoidi dopo cisatracurio

in 6 pazienti, confermando quanto affermato precedentemente.

Uno studio recente attribuisce la reazione di ipersensibilità ai miorilassanti alla struttura chimica dell’ammonio quaternario, attribuendo un possibile ruolo di sensibilizzazione verso questi al precedente utilizzo da parte del paziente di uno sciroppo mucolitico contenente Pholcodine, che possiederebbe un similarità molecolare con i curari non depolarizzanti. Harboe 2007; risultato già preannunciato da uno studio comparativo di Florvaag 2005 tra la popolazione svedese e norvegese.

Ad eccezione del lattice, nessuno delle sostanze potenzialmente allergeniche risulta essere regolarmente responsabile di rilascio di istamina e questo se da una parte rende generalmente sicura l’anestesia e lo svolgimento dell’intervento terapeutico dall’altro rende difficoltoso il poter prevedere, provenire ed intervenire efficacemente un’eventuale reazione anafilattica. Sanchez 2004

La gravità della reazione allergica e la sua manifestazione clinica risultano indipendenti dalla dose del farmaco assunto, così come l’insorgenza in un paziente rispetto ad un

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altro; tenuto conto del rischio generalmente aumentato in pazienti aventi suscettibilità già accertate; anche se alcuni studi hanno evidenziato un’incidenza di reazioni anafilattiche ed anafilattoidi pressoché identica sia in pazienti allergici che privi di tratti atopici. Mertes 2003

Con queste premesse ecco che diviene importante poter fornire uno screening per poter individuare pazienti ad alto rischio ed a questi poter fornire un medicazione preoperatoria, come l’utilizzo di antistaminici. Sanchez 2000

La necessità di avere una visione personale del fenomeno suffragata da dati precisi ha dato vita a questo studio sui curari.

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Reazioni Allergiche

L’allergia o reazione di ipersensibilità si definisce come una risposta immunitaria inappropriata nel tentativo di rimuovere un antigene.

Le molecole effettrici coinvolte (istamina, leucotrieni, prostaglandine, tnf-α, Il-1) generalmente inducono una risposta infiammatoria localizzata e subclinica che portano all’eliminazione dell’antigene senza causare un danno esteso ai tessuti dell’ospite. Se per alcuni circostanze questa risposta dovesse determinare effetti deleteri con danno significativo ai tessuti o addirittura morte ecco chi si parla di una risposta inappropriata. Le risposte di ipersensibilità possono svilupparsi in corso sia di risposte umorali sia di risposte cellulo-mediate.

Le prime sono scatenate da anticorpi o da complessi antigene-anticorpo e sono definite reazioni di ipersensibilità immediata, perché i sintomi si manifestano nel giro di minuti od ore da quando un individuo sensibilizzato incontra l’antigene.

All’interno delle reazioni di ipersensibilità immediata si possono distinguere tre categorie: ipersensibilità di tipo I ( mediate da IgE ), di tipo II ( mediata da Anticorpi) e di tipo III ( mediata da immunocomplessi) .

Esiste un ulteriore categoria, definita di tipo IV che risulta essere una reazione di ipersensibilità cellulo-mediata in quanto causata da linfociti T e che genera una reazione ritardata in riferimento al tempo di comparsa dei sintomi, alcuni giorni, rispetto all’esposizione all’antigene.

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Ipersensibilità di tipo I o IgE mediate:

Le reazioni di ipersensibilità di tipo I sono indotte da alcuni antigeni denominati allergeni e hanno tutte le caratteristiche di una risposta umorale classica; ciò che le contraddistingue è la produzione da parte delle plasmacellule di IgE..

Queste si legano ai recettori per l’Fc ad alta affinità presenti sulle mastocellule tessutali e sui basofili in circolo.

Un ulteriore esposizione allo stesso allergene induce un’aggregazione o cross-legame dell’IgE presenti sulla membrana delle mastcellule e dei basofili, inducendo la degranulazione.

I mediatori rilasciati possono determinare varie manifestazioni cliniche quali angioedema, orticaria e anafilassi. Gli antigeni più comuni sono prodotti degli insetti, pollini di piante, farmaci e alimenti.

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Secondo recenti studi sarebbe possibile una reazione di ipersensibilità di tipo I IgG mediata. Sellge 2005

Ipersensibilità di tipo II:

Le reazioni di ipersensibilità di tipo II sono caratterizzate da una citotossicità mediata da anticorpi. Un esempio paradigmatico di questo tipo di reazioni è quello che si manifesta dopo trasfusione di sangue incompatibile. Nel corso di queste trasfusioni anticorpi dell’ospite reagiscono contro antigeni estranei espressi dai globuli rossi trasfusi e ne causano la lisi.

Gli anticorpi sono anche in grado di mediare la lisi cellulare grazie a meccanismi di citotossicità anticorpo dipendente mediata da cellule ( ADCC). In questo processo le cellule citotossiche, dotate di recettori per l’Fc, si legano alla regione del Fc degli anticorpi sulle cellule bersaglio e ne promuovono la lisi. Un anticorpo legato alla cellula estranea può anche indurre opsonizzazione, permettendo ai fagociti, che esprimono recettori per l’Fc o per il C3b, di legarsi e di fagocitare le cellule ricoperte da anticorpi. Gli anticorpi coinvolti sono di tipo Ig G o Ig M.

Nel corso di alcune malattie autoimmuni vengono prodotti autoanticorpi responsabili della lisi cellulare mediante reazioni di tipo II.

Ipersensibilità di tipo III:

La reazione tra antigene e anticorpi genera immunocomplessi. Questo è un processo facilitante grazie all’intervento di cellule fagocitarie che eliminano l’antigene.

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Tuttavia in alcuni casi la formazione di immunocomplessi può determinare reazioni di ipersensibilità di tipo III con danno tissutale. In particolare sono più patogeni i complessi di dimensioni intermedie o piccole, poiché quelli di maggiori dimensioni sono più facilmente fagocitati

Il danno sarà dipendente alla quantità di immunocomplessi formatisi ed alla loro distribuzione. Se si sviluppano in circolo questi potranno depositarsi ovunque innescando una reazione in grado di richiamare in loco granulociti neutrofili. Sono proprio i neutrofili, mediante il rilascio degli enzimi contenuti nei loro granuli ad essere responsabili del danno.

Gli anticorpi che formano i complessi sono di tipo Ig G o Ig M. Le manifestazioni cliniche più comuni sono la malattia da siero e la glomerulonefrite.

Ipersensibilità di tipo IV:

La reazione di ipersensibilità di tipo IV, definita anche ritardata, si manifesta quando gli antigeni attivano i linfociti T sensibilizzati.

Questi linfociti appartengono in genere alla sottopopolazione dei linfociti Th 1, talvolta possono essere coinvolti anche i linfociti citotossici. L’antigene deve comunque essere presentato da Apc , cellule presentanti l’antigene, adeguate.

L’attivazione dei linfociti causa liberazione di varie citochine, tra cui Il-2, Ifn- γ, Tnf ß, che richiamano macrofagi nel sito di reazione. Questi vengono attivati e viene aumentata la loro efficienza fagocitaria con maggior capacità citolitica. I macrofagi riversano nei tessuti circostanti enzimi litici con danno tissutale e distruzione aspecifica delle cellule.

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La reazione viene definita ritardata perché il tempo necessario dall’attivazione dei linfociti T fino alla liberazione degli enzimi litici necessita di 48-72 ore.

La profonda differenza con la reazione di tipo III risulta nella componente principale dell’infiltrato infiammatorio qui costituito da macrofagi e non da neutrofili, differenza che spiega il diverso tempo di comparsa della risposta immunitaria. Svariate evidenze suggeriscono che questa reazione sia molto importante nel proteggere l’organismo dai parassiti e dai batteri endocellulari.

Manifestazioni cliniche:

Le reazioni di tipo I possono dare luogo a una serie di manifestazioni cliniche di diversa gravità che vanno dalla reazione anafilattica sistemica e l’asma, condizioni che possono avere conseguenze mortali, a situazioni semplicemente fastidiose per il paziente, quali la febbre da fieno e l’eczema.

L’anafilassi sistemica è caratterizzata da una sintomatologia tipo shock, spesso fatale,

che inizia pochi minuti dopo l’innesco di una reazione allergica di tipo I.

In particolare assistiamo ad una vasodilatazione sistemica e alla contrazione della muscolatura liscia come risultato dei mediatori rilasciati nel corso della reazione. I sintomi principali dell’anafilassi sistemica possono essere mucocutanei(ad es. orticaria generalizzata, prurito o vampate, edema di labbra, lingua o ugola),respiratori (ad es. dispnea, fischio-broncospasmo, stridore, riduzione del PEF, ipossiemia), cardiovascolari come l’ipotensione o sintomi di disfunzione d’organo (ad es. ipotonia o collasso,

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sincope, incontinenza), gastroenterici persistenti (ad es. dolore addominale crampiforme, vomito).

La gravità della reazione è definita dalla scala di Mueller nei seguenti gradi (0: reazioni locali estese, 1-4: reazioni sistemiche):

0: reazione cutanea senza significato clinico

I: sintomi generali (vertigine, cefalea, angoscia) + reazioni cutanee

II: oltre a 0+I, caduta della pressione arteriosa, tachicardia, sintomi

gastrointestinali

III: oltre a 0+I+II broncospasmo

IV: arresto cardiorespiratorio.

Nell’anafilassi localizzata la reazione è limitata a un tessuto o a un organo specifico,

che coinvolge spesso la superficie epiteliale a livello del sito di entrata dell’allergene. La tendenza a manifestare reazioni anafilattiche localizzate, definite atopia, è ereditaria. Le malattie associate all’atopia che affiggono il 20% della popolazione dei paesi industrializzati, comprendono un ampio spettro di patologie mediate da IgE tra cui la rinite allergica( febbre da fieno), l’asma, la dermatite atopica( eczema) e le allergie alimentari.

Dopo la fase precoce dell’ipersensibilità di tipo I, i mediatori rilasciati più tardivamente nel corso della reazione spesso inducono una reazione infiammatoria locale definita reazione ritardata. La reazione ritardata si manifesta 4-6 ore dopo l’inizio di una reazione di tipo I e persiste per 1 o 2 giorni. La reazione è caratterizzata da infiltrati di eosinofili che giocano il ruolo più importante,neutrofili, macrofagi, linfociti e basofili.

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Fisiopatologia

I meccanismi coinvolti nella degranulazione mediata da IgE iniziano quando un allergene induce il cross-legame tra le IgE ed i recettori, presenti sulla superficie delle mastacellule o basofili, a cui sono legate. Il legame delle IgE ai recettori Fc ad alta affinità non ha alcun effetto di per sé sulla cellula bersaglio. Solamente dopo che è avvenuto il cross-legame del complesso IgE-recettore, mediato dall’allergene, ha inizio il processo di degranulazione.

L’importanza del cross-legame è dimostrata dall’incapacità da parte degli allergeni monovalenti (quindi non in grado di aggregare le IgE citofiliche) di scatenare degranulazione.

I recettori possiedono alcuni domini citoplasmatici a loro volta associati ad alcune proteine tirosin-chinasi. L’aggregazione dei recettori determina la fosforilazione dei residui tirosinici che da il via ad una cascata di eventi che porta alla produzione di secondi messaggeri responsabili della degranulazione.

Assistiamo anche alla metilazione di vari fosfolipidi di membrana responsabili di una maggior fluidità di quest’ultima e alla formazione di canali Ca2 +. Si assiste così ad un maggior ingresso di ioni Ca2 + extracellulare, sia ad un loro maggior rilascio dalle riserve intracellulari del reticolo endoplasmatico.

Questo flusso causa la maggior produzione di acido arachidonico che verrà successivamente convertito in due classi di mediatori, le prostaglandine e i leucotrieni. Il Ca2 + è anche responsabile mediante l’aumentata produzione e contrazione di microfilamenti e microtubuli dello spostamento dei granuli verso la membrana plasmatica e la loro fusione.

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I mediatori che vengono rilasciati dalla degranulazione dei mastociti e dei basofili sono i responsabili, mediante i loro effetti biologici, della manifestazioni cliniche della reazione di ipersensibilità di tipo I.

Questi mediatori agiscono sia direttamente sui tessuti attivi sia mediante la modulazione di cellule effettrici quali eosinofili, neutrofili, linfociti T, monociti e piastrine.

I mediatori possono essere distinti in primari e secondari.

I mediatori primari vengono sintetizzati prima che avvenga la degranulazione e sono immagazzinati nei granuli.

I più importanti sono l’istamina, le proteasi, enzimi contenuti nella matrice dei granuli definite anche idrolasi acide, i proteoglicani, quali l’eparina, nonché il fattore chemio tattico per i neutrofili e quello per gli eosinofili.

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I mediatori secondari possono essere sintetizzati dopo l’attivazione della mastcellula o del basofilo, oppure derivano dalla digestione enzimatica dei fosfolipidi di membrana durante il processo di de granulazione.

I mediatori secondari comprendono il fattore attivante le piastrine, PAF, i leucotrieni, le prostaglandine, la bradichinina, tutti derivanti dall’acido arachidonico e varie citochine. I mediatori secondari generalmente rinforzano gli effetti istaminici e sono importanti nel reclutamento e nell’attivazione di cellule infiammatorie nel sito di reazione.

L’essudato infiammatorio, ricco soprattutto di eosinofili, amplifica e sostiene la reazione senza ulteriore esposizione. Kuby 2001, NIAID, Baldo 1984, Pini 1991

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Reazioni pseudoallergiche

Sono reazioni abnormi causate da analgesici ed antireumatici( i farmaci antinfiammatori non steroidei), mezzi di contrasto non iodati, sulfamidici, anestetici locali e plasma expanders.

Diversi studi evidenziano come una buona parte delle manifestazioni da aumentata ipersensibilità ai miorilassanti potrebbero essere di natura anfilattoide e non anafilattica. Mertes 2003

Tali reazioni mimano i sintomi clinici delle forme a patogenesi immunologica con cui spesso hanno meccanismi patogenetici in comune, ma si verificano per un evento iniziale scatenante, che è sempre non immunologico come un’azione degranulante diretta su mastociti e basofili, l’attivazione di vie alternative del complemento indotta dalla liberazione di anafilotossine ( C3a,C4a,C5a) responsabili della degranulazione mastocitaria, presenza di sostanze contenenti di per sé istamina o precursori.

Motivo per cui a differenza delle reazioni allergiche IgE mediate, non è necessaria una precedente esposizione all’antigene per scatenare la reazione.

Diversi studi hanno, di conseguenza dimostrato, l’impossibilità di utilizzare come test probativi la comparsa di fenomeni di ipersensibilità mediante pricktest o il rast; tutti e due rivolti ad indagare la presenza in circolo di IgE. Dhonneur et al. 2004, Mertes et al. 2007

Data la medesima manifestazione clinica, risulta impossibile poter distinguere una reazione anafilattica da un’anafilattoide.

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Vari autori concordano nel dosaggio sierico congiunto di istamina e triptasi e per alcuni autori, Cottineu 1994, metilistamina urinaria. Si nota infatti un rilascio più frequente di triptasi nelle reazioni anafilattodi rispetto alle anafilattiche. Soetens2005, Milavec 2006 Le reazioni anafilattoidi intervengono soprattutto nel sesso femminile ha un’incidenza notevole (80-85 % delle reazioni pseudoallergiche).Rossi 2005

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Istamina

L’istamina si forma dall’amminoacido L-istidina ad opera dell’enzima L- istidina-decarbossilasi. Viene immagazzinata nei granuli secretori di mastociti e basofili circolanti, complessata con molecole di eparina.

I mastociti sono presenti in numerosi tessuti, ma la loro concentrazione è particolarmente elevata a livello cutaneo, polmonare e della mucosa gastroenterica. L’istamina rappresenta il principale autocoide mastocitario, e viene così definita per le particolari caratteristiche di brevità della proprio emivita che consentono la sua azione solo in stretta vicinanza delle zone di rilascio.

Quando rilasciata da mastociti e basofili, l’istamina partecipa alla fase acuta della risposta allergica che prevede il rilascio rapido di diverse sostanze contenute nei granuli preformati tra cui l’istamina stessa, il Tnf-α, l’eparina ed alcune proteasi, tra cui la triptasi.

Oltre alle reazioni allergiche IgE mediate, stimoli di varia natura sono in grado di provocare degranulazione mastocitaria e quindi massiva liberazione di istamina o, in alternativa, di agire selettivamente sui legami istamina-eparina e favorire il rilascio specifico di istamina. Tutti questi stimoli in cui viene meno la mediazione dell’IgE rientrano in quella che viene definita reazione anafilattoide o pseudoallergica.

Le azioni dell’istamina non si limitano però alla funzione mastocita ria, viene prodotta anche in elevata quantità dalle cellule eneterocromaffini della mucosa gastrica dove una Istamina

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volta rilasciata per stimolazione vagale, è responsabile del controllo della secrezione acida da parte delle cellule parietali dello stomaco.

Inoltre alcuni neuroni del sistema nervoso centrale utilizzano l’istamina come neurotrasmettitore e sono coinvolti nella termoregolazione, nel controllo delle funzioni neuroendocrine, nell’emesi e nello stato di veglia.

L’istamina viene metabolizzata ad opera di una diamminossidasi direttamente o indirettamente dopo la formazione del composto intermedio metil-istamina. Si formano in tal modo, rispettivamente, l’acido imidazolacetico e l’acido metilimidazolacetico che rappresentano i principali metaboliti dell’istamina nelle urine.

L’istamina interagisce con tre di versi sottotipi di recettori denominati H1,H2,H3.

Recentemente sono stati anche descritti recettori H4. I tre recettori H1,H2,H3, si

differenziano sulla base della diversa distribuzione e dei diversi meccanismi di trasduzione del segnale che essi attivano.

I recettori H1, così come gli altri tre tipi recettoriali per l’istamina, sono recettori legati a

proteine G, e la loro attivazione comporta stimolazione dell’attività fosfolipasi C mediante formazione di due secondi messaggeri; inositolo trifosfato, responsabile della mobilizzazione del Ca2 + dai depositi intracellulari, diacilglicerolo, attivatore endogeno della protechinasi C.

I recettori H1 sono localizzati principalmente sulle cellule che rivestono i vasi di piccolo

calibro, soprattutto le venule postcapillari.

La stimolazione dei recettori H1 a questo livello è responsabile di due specifiche

risposte; la vasodilatazione dovuta all’aumentata produzione di nitrossido che diffonde alla sottostante cellula muscolare liscia causando l’aumento del GMP ciclico

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intracellulare e di prostaciclina; l’aumento della permeabilità, secondario alla contrazione delle cellule endoteliali ed alla formazione di fessure intercellulari che consentono il passaggio di liquido e proteine plasmatiche negli spazi interstiziali. A livello della muscolatura liscia i recettori H1 mediamo una risposta di tipo contrattile.

Ciò riguarda soprattutto la muscolatura bronchiale e dell’apparato digerente.

La distribuzione dei recettori H1 a livello del SNC è ampia e interessa soprattutto la

zona chemiocettrice e l’apparato vestibolare, aree che trasmettono un segnale di tipo stimolatorio al centro del vomito e diverse aree ipotalamiche coinvolte soprattuto nel controllo dello stato di veglia.

La stimolazione dei recettori H2, anch’essi recettori accoppiati a proteine G, causa

attivazione dell’attività adenilato-ciclasica con conseguente aumento dei livelli di AMP ciclico intracellulare. La più importante localizzazione dei recettori H2 è rappresentata

dalle cellule parietali della mucosa gastrica dove controllano soprattutto la secrezione acida e, in misura minore, la secrezione di pepsina e di fattore intrinseco. A livello della muscolatura liscia cardiaca i recettori H2 mediano gli effetti inotropi e cronotropo

positivo dell’istamina. Nel sistema nervoso centrale, così come gli H1, i recettori H2

hanno una localizzazione post-sinaptica.

I recettori H3 sono anch’essi legati a proteine G, ma la loro stimolazione causa riduzione

dell’influsso di ioni Ca2 + attraverso canali del tipo N. Sono presenti prevalentemente a livello del sistema nervoso centrale e la loro localizzazione è presinaptica; pertanto, essi mediano una funzione di controllo di tipo inibitorio sul rilascio di vari neurotrasmettitori, tra cui la stessa istamina.

Haas 2008 conclude la propria ricerca affermando che l’istamina tramite recettori H1e

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memoria e l’apprendimento. Recettori H3 sono stati anche descritti a livello del

miocardio e del tratto gastroenterico.

I recettori H4 sono localizzati su cellule del sistema immunitario, in particolare

granulociti eosinofili e neutrofili e cellule CD4. E’ stato osservato che l’istamina agendo sui recettori H4 dei mastociti, ne stimola la chemiotassi implicando quindi un possibile

ruolo dell’istamina, attraverso la stimolazione di questo recettore, sull’accumulo degli stessi mastociti nella sede di reazione. Baumer 2008, Morgan 2004.

L’istamina ha un’emivita plasmatica di circa 15 minuti con un’attività farmacologica di 2 minuti.Questo, di conseguenza, è il range per effettuare un prelievo ematico per il suo dosaggio.

Il campione va conservato nel ghiaccio e la provetta deve essere pretrattata con anticoagulante.Anche in questo modo il campione non si conserva per più di 24 ore.

Triptasi

La triptasi è una serina-proteasi con peso molecolare di 134 KDa e struttura tetramerica

costituita da quattro subunità, ciascuna dotata di un sito enzimatico attivo, legate in maniera non covalente. Ne esistono due tipi: α-triptasi e ß -triptasi.

L’α triptasi è responsabile dei valori basali, in particolar modo con il suo precursore l’α pre-triptasi La ß triptasi

viene invece concentrata in modo selettivo nei granuli secretori dei mastociti e recenti β triptasi

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studi individuano una forma precursore, pre-ß triptasi responsabile dei livelli basali insieme all’ α-triptasi e mature ß-triptasi coinvolte nell’evento acuto di una reazione allergica. Caughey 2006

Vengono sintetizzate principalmente nei mastociti, dove in alcuni si riscontrano granuli contenenti oltre alle triptasi anche delle chinasi. Le funzioni biologiche del rilascio di triptasi non sono ancora state chiarite.

Infatti le ß-triptasi, in associazione al proprio recettore di tipo 2,

sono implicate nell’omeostasi respiratoria,nella contrazione e rilascio muscolare, nell’attività della muscolatura liscia gastrointestinale e nel trasporto intestinale e nella coagulazione. Payne,Kam 2004.

Giocano un ruolo fondamentale nelle reazioni allergiche venendo rilasciate dai mastociti, assieme ad altre sostanze (es. istamina, prostaglandine, leucotrieni ecc,.) a seguito di reazione anafilattica.

E’ stato già dimostrato che la triptasi è un utile marker per studiare la presenza e i meccanismi di attivazione mastocitaria in varie malattie e reazioni allergiche. In particolare,nelle reazione allergiche ai farmaci, le determinazioni seriate di triptasi si sono dimostrate utili non solo per diagnosticare shock anafilattico o anafilassi, ma anche per confermare il coinvolgimento dei mastociti nelle reazioni più lievi, seppur con un’ampia variabilità interindividuale Ordoqui 1997, Dybendal 2003. Mc Neill 2008 sottolinea nuovamente come l’importanza del dosaggio delle triptasi sieriche durante un episodio acuto di reazione di ipersensibilità debba essere enfatizzato.

Hanno una vita 90 - 120 minuti in vivo. Livelli che rientrano nei valori normali si riscontrano già dopo 12 - 14 ore dal rilascio. Il prelievo di sangue va effettuato entro 1-2 ore dalla comparsa dei sintomi o del sospetto inizio della reazione.

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La conservazione del campione è piuttosto agevole perché non è necessario congelarlo ed è stabile per 2 giorni fino a 20°C e fino a 5 giorni conservato a 4°C.Hogan et al. 1997

Sono state rilevate anche in altri fluidi corporei in corso di reazioni allergiche: nel liquido di lavaggio bronco alveolare in pazienti con asma bronchiale allergico dopo challenge allergenico,Wenzel 1988 ; nel liquido di lavaggio nasale nella rinite allergica dopo challenge allergenico Juliussun 1991; nel liquido di bolla cutanea in corso di dermatite atopica Shalit 1988; nelle lacrime nella congiuntivite primaverile, anche nelle fasi di remissione, ed in quella allergica, dopo challenge allergenico Magrini 1996. I valori sierici normali delle triptasi mature sono circa 1 ng/ml; tenuto conto anche dei precursori pre triptasi il valore basale è tra 1-15 ng/ml; valori superiori sono indicativi o di uno stato di mastocitosi o di un aumentata liberazione di tali proteasi per reazione allergica o pseudoallergica. Schwartz 2004

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Fisiologia della giunzione neuro-muscolare

La giunzione neuromuscolare è costituita dalle terminazioni nervose provenienti dai grandi motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale e dalle fibre muscolari. Le terminazioni nervose formano in prossimità della fibra un complesso di invaginazioni definite bottoni terminali. L’intera struttura costituita da queste tre parti prende il nome di placca motrice e risulta essere isolata dall’esterno ad opera di alcune cellule di Schwann.

Bottone sinaptico

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Le singole invaginazioni prendono il nome di doccia sinaptica e lo spazio tra quest’ultime e la membrana della fibra muscolare spazio sinaptico.

Nel bottone terminale sono presenti numerosi mitocondri che forniscono energia destinata prevalentemente alla sintesi del mediatore eccitatorio, l’acetilcolina, Ach, responsabile della stimolazione della fibra muscolare.

L’acetilcolina viene sintetizzata nel citoplasma del bottone terminale e rapidamente accumulata all’interno di numerose piccole vescicole . All’interno della spazio sinaptico troviamo anche un sottile strato di fibre reticolari definito lamina basale dove si trovano aderenti grandi quantità di enzimi in grado di degradare l’Ach: le acetilcolinesterasi. Quando un impulso nervoso raggiunge la giunzione neuromuscolare abbiamo lo svuotamento delle vescicole contenenti Ach nello spazio sinaptico.

Sulla superficie interna della membrana del nervo ci sono degli ispessimenti densi lineari, ai lati dei quali si incontrano canali Ca2 + voltaggio-dipendenti. Quando il potenziale d’azione raggiunge il bottone terminale,questi canali si aprono consentendo l’ingresso di grandi quantità di Calcio all’interno di questo. Gli ioni calcio esercitano un’attrazione sulle vescicole di Ach guidandole verso la membrana del nervo e favorendo così il loro svuotamento nello spazio sinaptico mediante un processo di esocitosi. A livello della membrana post-sinaptica l’acetilcolina interagisce con alcuni recettori. Questi in realtà sono canali ionici la cui apertura dipende dalla presenza di Ach.

Ogni recettore è un complesso proteico del peso molecolare di 275000 Kd, composto da 5 subunità proteiche: due proteine α, una β, una δ, una γ; nell’adulto la subunità γ è sostituita da un’unità ε. Miller et al. 2003, Bowman 2006

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Le subunità sono disposte l’una di fianco all’altra a formare un canale tubulare e

attraversano completamente la membrana.

Il canale rimane chiuso finché due molecole di Ach non si legano alle due subunità α. Questo determina una modificazione conformazionale del canale, con un aumento del suo diametro, tale da consentire il facile passaggio attraverso la sua apertura dei principali ioni positivi: sodio ed in misura minore potassio e calcio.

Gli ioni negativi non riescono invece a passare a causa delle forti cariche negative presenti all’imboccatura del canale.

Il gran flusso di ioni sodio all’interno della fibra determina una variazione del potenziale locale, definito potenziale di placca, che a sua volta darà l’avvio ad un potenziale d’azione che provocherà la contrazione del muscolo.

Una volta liberata nello spazio sinaptico, l’Ach continua ad attivare il proprio canale fino a che permane in questo luogo,in genere alcuni millisecondi. Tuttavia essa viene

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velocemente rimossa in due modi: la maggior parte dell’Ach viene distrutta dall’enzima acetilcolinesterasi che si trova ancorato alla lamina basale; una piccola parte diffonde all’esterno dello spazio sinaptico.

L’ampiezza del potenziale generato è direttamente proporzionale alla quantità di acetilcolina liberata. Se il potenziale è basso non si ha propagazione dell’impulso. Quando di contro il potenziale è elevato, la membrana muscolare adiacente viene depolarizzata al suo valore soglia e l’impulso si propaga lungo l’intera fibra muscolare. La propagazione è agevolata dall’esistenza di tubuli trasversi che penetrano nello spessore della fibra muscolare attraversandola da una faccia all’altra.

Questo processo, noto come accoppiamento eccitazione-contrazione, dà inizio alla contrazione neuromuscolare.

Come abbiamo già detto alla base della trasmissione dell’impulso dal motoneurone spinale alla fibra muscolare vi è il rilascio dell’acetilcolina.

Questa è sintetizzata a partire dalla colina e dall’acetil-coenzima A per opera della colinacetiltransferasi, enzima specifico dei neuroni colinergici.

Ora l’acetilcolina viene immagazzinata all’interno di vescicole pronte per il suo svuotamento all’interno dello spazio sinaptico.

La quantità dell’acetilcolina liberata, oltre ad essere una funzione della frequenza e intensità degli stimoli nervosi che depolarizzano le terminazioni, è modulata da recettori presinaptici muscarinici e nicotinici; i primi riducendo i secondi aumentando il suo rilascio.

Infatti l’acetilcolina liberata per esocitosi si lega a recettori pre- e post- sinaptici muscarinici e nicotinici, dopodiché una parte viene inattivata dalle colinesterasi mentre una parte allontanata.

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Le colinesterasi esistenti sono due: l’acetilcolinesterasi e la butirrilcolinesterasi. Due entità ben distinte codificate da geni diversi, con una diversa distribuzione nei tessuti e differenti funzioni. La prima è presente nei tessuti nervosi periferici e centrali con lo scopo di inattivare rapidamente l’Ach, la seconda è presente nel plasma e nei tessuti nervosi e non nervosi e la sua funzione è ancora in parte sconosciuta.

I recettori dell’Ach si dividono, difatti, in muscarinici e nicotinici.

I primi sono recettori accoppiati alla proteina G, per mezzo della quale modulano diversi meccanismi di trasduzione. Ne sono stati identificati 5 sottotipi con distribuzione eterogenea in vari organi e tessuti e funzioni differenti.

I recettori M1 ("neuronali") sono presenti principalmente nel SNC, nei neuroni periferici

e nelle cellule parietali dello stomaco. Sono responsabili di effetti eccitatori, causando aumento della secrezione gastrica conseguente a stimolazione vagale.

I recettori M2 ("cardiaci") sono presenti nel cuore e anche sulle terminazioni

presinaptiche di neuroni periferici e centrali. Il loro effetto, di natura inibitoria, è responsabile dell'inibizione vagale del cuore, e dell'inibizione presinaptica che si verifica nel SNC e in quello periferico.

I recettori M3 ("ghiandolari, muscolatura liscia") determinano essenzialmente effetti

eccitatori, quali la stimolazione della secrezione ghiandolare e la contrazione della muscolatura liscia dei visceri.

I recettori M4 ed M5 sono confinati prevalentemente nel SNC, e il loro ruolo funzionale

non è stato ancora chiarito completamente.

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Come abbiamo già avuto modo di descrivere, i recettori nicotinici sono composti da subunità differenti che insieme costituiscono un canale transmembrana responsabile del passaggio di grandi quantità di Sodio.

Il tipo gangliare è presente sui neuroni post-gangliari ed in alcuni neuroni colinergici presinaptici; il neuronale è ampiamente diffusi a livello cerebrale mentre il tipo muscolare si trova sulle membrane postsinaptiche della placca neuromuscolare. Recettori per l’Ach sono presenti, inoltre, sulle cellule perigiunzionali dell’apparato neuromuscolare.

L’attivazione dei recettori localizzati sulle terminazioni presinaptiche mobilizza ulteriore neurotrasmettitore per il successivo rilascio; i recettori siti sulle cellule perigiunzionali non partecipano in genere alla trasmissione neuromuscolare. Blaber 1973

Il blocco farmacologico della placca motrice, e quindi della trasmissione neuromuscolare, si realizza con l’impiego dei miorilassanti.

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I miorilassanti

I farmaci che interferiscono sulla trasmissione tra terminazioni nervose motorie e membrana del muscolo scheletrico vengono definite sostanze ad azione bloccante neuromuscolare.

I farmaci così denominanti costituiscono una classe particolare della categoria più generale dei miorilassanti, fra i quali si potrebbe includere l’alcool etilico.

Il termine miorilassante è spesso impiegato in modo generico per definire qualsiasi sostanza ad azione di blocco neuromuscolare.

Il loro studio inizia con la scoperta del curaro nel sedicesimo secolo a seguito dell’esplorazione dell’Amazzonia. Questo veleno di cui erano intinte le frecce degli indigeni portava a morte la preda per paralisi dei muscoli scheletrici e blocco della respirazione.

Il principio attivo di quella sostanza era la tubocurarina, la quale fu isolata nel 1935 e dalla quale si ottennero una serie di anestetici e spasmolitici. Il primo utilizzo di un curaro come anestetico si deve a Griffith e Johnson nel 1942.

Per quanto grande sia la varietà della struttura complessiva in tutte le sostanze di questa classe farmacologica ricorrono alcune caratteristiche simili: possiedono due teste cationiche indispensabili per l’interazione con il recettore nicotinico, un ammonio quaternario che determina la loro azione curarizzante ed uno o più azoti quaternari responsabili della loro idrosolubilità e scarsa liposolubilità. A questo si deve l’incapacità del curaro di attraversare la barriera ematoencefalica, le membrane cellulari e la placenta, e determina la sua eliminazione renale.

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Ad oggi i bloccanti neuromuscolari si classificano in due categorie: i depolarizzanti ed i non depolarizzanti.

La trasmissione dello stimolo al muscolo vede l'arrivo dell'impulso nervoso alla terminazione colinergica, che quindi permette l'ingresso del calcio nella terminazione e il conseguente rilascio di acetilcolina, che agisce sui recettori nicotinici presenti sulla placca motrice del muscolo, permettendo la contrazione. Tutti i bloccanti neuromuscolari sono strutturalmente simili all'acetilcolina o ne contengono la struttura.

I farmaci depolarizzanti, il cui prototipo invece è la Succinilcolina, fungono, se in elevate quantità, da agonisti depolarizzanti: mimano l’azione dell'acetilcolina, ma sono metabolizzati più lentamente dalle colinesterasi, perciò le membrane muscolari restano

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depolarizzate più a lungo e non riescono rispondere ad ulteriori stimoli, ottenendo il blocco muscolare.

Il meccanismo d’azione delle sostanze non depolarizzanti, consiste nella competizione con il mediatore per i recettori post-sinaptici. Se viene impegnato un numero sufficiente di recettori, il numero attivato dal mediatore è troppo piccolo per portare alla produzione di un potenziale di placca abbastanza intenso da raggiungere la soglia di attivazione dell’adiacente membrana elettrica eccitabile. Non si verifica allora la trasmissione.

Bloccanti neuromuscolari depolarizzanti:

Farmacocinetica:

La succinilcolina, prototipo delle sostanze depolarizzanti, presenta caratteristiche che si riscontrano in tutta la classe dei farmaci a cui appartiene.

Risulta essere un eccellente substrato per la psuedocolinesterasi plasmatica venendo rapidamente metabolizzata, mediante idrolisi, non appena somministrata. (Da qui la necessità di somministrare quantità di farmaco maggiori per poter raggiungere l’effetto desiderato poiché solamente una minima parte raggiunge la giunzione neuromuscolare) La sua azione si esaurisce in 6 minuti alle dosi abitualmente somministrate.

Il prodotto dell’idrolisi è la succinilmonocolina, la quale possiede ancora in parte azione farmacologica, per poi venir degradata ad acido succinico e colina.

Una parte riesce a raggiungere i tessuti e diffondendo attraverso la membrana capillare si pone al riparo dall’enzima plasmatico. A questo punto man mano che diminuisce la

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sua concentrazione plasmatica il farmaco diffonde nuovamente nel plasma, viene idrolizzato ed escreto dal rene. Alcuni studi suggeriscono che la breve emivita plasmatica della succinilcolina sia, per questo, legata più al suo diffondersi esternamente ai vasi più che alla sua rapida metabolizzazione. Kato 1999

Il blocco può essere prolungato, quindi potenziato, in pazienti che presentino varianti genetiche anomale di pseudocolinesterasi, in parte riconoscibili dal test del numero di dibucaina. I valori di riferimento di una normale inibizione da dibucaina sono tra il 75 ed il 100%, il test non è routinario tenuto conto però che non tutte le varianti enzimatiche sono dibucaina resistenti.

Farmacodinamica:

Le sostanze depolarizzanti, come già è stato accennato, agiscono come agonisti stabili, cioè a dire che differiscono dal mediatore acetilcolina soltanto per la durata d’azione e non per il meccanismo d’azione. Agendo sul recettore nicotinico determinano una depolarizzazione della regione della placca terminale che risulta essere a lungo più persistente del mediatore naturale.

Questa persistente depolarizzazione della placca terminale si estende alla membrana muscolare elettricamente eccitabile. Come conseguenza si avrà la produzione di un potenziale d’azione, clinicamente presente come fascicolazione. Tuttavia la membrana circostante raggiungerà subito uno stato di accomodazione. Le membrane continuano così a rimanere depolarizzate ed incapaci di rispondere ad ulteriori stimoli, situazione che clinicamente corrisponde all’insorgere di una paralisi flaccida.

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Dopo l’iniziale fase depolarizzante segue una chiamata di desensibilizzazione. Questa è caratterizzata da una ripolarizzazione ma finché è presente la sostanza agonista i canali si trovano in un prolungato stato di chiusura e la membrana rimane desensibilizzata. L’azione farmacologica rilevante risulta essere il blocco del canale e non l’azione sul recettore.

I bloccanti neuromuscolari depolarizzanti causano diverse reazioni per le loro caratteristiche farmacologiche:

- si assiste ad un aumento dei livelli di potassiemia dai muscoli scheletrici. Una somministrazione di 100 mg eleva il potassio di 0,5 meq/L. Questa valore è destinato ad aumentare ulteriormente in pazienti con ustioni estese, traumi massivi o malattie neuromuscolari acute. L’aumentato numero di recettori extragiunzionali in muscoli denervati o inutilizzati li rende maggiormente sensibili alla succinilcolina e fa sì che aumenti il rilascio di potassio rispetto a quelli giunzionali. Inoltre l’aumento di potassio talora può dare luogo ad aritmie, quali bradicardie, blocco sinusale o arresto cardiaco; - Possono inoltre causare un aumento della pressione intraoculare, fenomeno attribuito ad una duratura contrazione dei muscoli estrinseci dell’occhio o ad una dilatazione dei vasi corioidei. L’aumento della pressione intraoculare dopo singola somministrazione è breve, motivo per cui non sembrerebbe particolarmente controindicato il suo utilizzo, sarebbe tuttavia prudente una particolare attenzione in pazienti a rischio.

- Si può assistere ad un aumento della pressione endogastrica con rischio di vomito e di polmonite ab ingestis.

- Inoltre viene riferito nel 10% dei casi dolore muscolare secondario al danno prodotto durante la fascicolazione e confermato da mioglobinuria. Il meccanismo per cui si

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manifesta la mialgia è tutt’ora sconosciuto, studi non hanno dimostrato l’evidenza di una risposta infiammatoria. Schreiber 2003.

- Ulteriore grave rischio è l’Ipertermia Maligna: malattia genetica a trasmissione dominante.

Studi di genetica molecolare hanno dimostrato che il difetto primario risiede nel canale del calcio del muscolo scheletrico Il gene che codifica per questa proteina, si trova sul cromosoma 19q. Nella sua espressione clinica è un'affezione rara.

Si può stimare che l'incidenza globale si collochi intorno a 1:15000 anestesie nella popolazione pediatrica e 1:50000 in quell’ adulta, con una lieve predisposizione per il sesso maschile e per l'età pediatrica, senza peraltro che siano riconoscibili dei fattori di predittività. I farmaci scatenanti, anestetici alogenati o appunto miorilassanti, nei soggetti suscettibili provocano una prolungata apertura dei canali del calcio con un aumento abnorme della concentrazione di tale ione nel citoplasma della fibrocellula muscolare. Il flusso non regolato di calcio provoca una contrazione muscolare patologica ed aumenta l'attività metabolica dei muscoli. I muscoli attivati in tali condizioni consumano energia e quindi un'eccessiva quantità di ossigeno, con conseguente emissione di calore, acqua, anidride carbonica e lattati. La produzione di energia diventa insufficiente e viene meno l'integrità della membrana cellulare, proteine quali Creatinchinasi (CPK) e mioglobina si liberano nel sangue.

L'aumento di potassio nel sangue provoca tachicardia e tachiaritmia fino all'arresto cardiaco, se non si interviene tempestivamente. La mancanza di ossigeno può causare danni cerebrali; l'aumento di anidride carbonica nel sangue stimola una respirazione rapida e profonda.

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La mioglobina si sposta dalle cellule dei muscoli nei reni dove può causare un'insufficienza renale acuta.

Il rilascio di grandi quantità di calore da parte dei muscoli sottoposti ad eccessiva attività provoca l'innalzamento della temperatura del paziente più rapidamente di quanto il sistema naturale di termoregolazione possa tenere sotto controllo. Nel giro di pochi minuti può verificarsi un aumento a 41°C ed oltre.

La comparsa di uno spasmo del muscolo massetere immediatamente dopo la somministrazione dell’anestetico potrebbe rappresentare un segno prodromico dello sviluppo dell’Ipertensione Maligna. Halliday 2008

Bloccanti neuromuscolari non depolarizzanti:

I farmaci non depolarizzanti, di cui il capostipite è la d-Tubocurarina, bloccano la trasmissione

neuromuscolare.

Agendo da antagonisti, competono con l’acetilcolina ed impediscono il suo accesso al recettore nicotinico.

Non determinano depolarizzazione,

bensì bloccano il recettore nello stato disattivo, impedendo che questo venga stimolato dall’Ach.

d-Tubocurarina

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Quando l’agonista competitivo occupa l’80-90 % dei recettori nicotinici, l’azione del trasmettitore naturale è totalmente inibita. La paralisi si risolve quando la concentrazione dell’Ach a livello della sinapsi neuromuscolare supera quello dell’agente miorilassante.

Questa caratteristica è alla base del fading, fenomeno per cui assistiamo ad una graduale insorgenza e risoluzione del blocco.

Stimolazioni ripetute determinano contrazioni muscolari progressivamente più deboli e ciò può essere sfruttato per determinare qualitativamente l’intensità del blocco.

I miorilassanti non depolarizzanti a dosi maggiori si legano inoltre ai recettori nicotinici presinaptici, ed in particolare bloccando i canali per il Sodio, inibendo anche il rilascio di Ach, oltre che competendo per il legame con il recettore. AnaesthesiaUK 2004, Bhatt 2006

Gli effetti del curaro si traducono in ipotonia muscolare, riduzione della motilità stessa ed infine paralisi flaccida. I muscoli scheletrici non sono tutti contemporaneamente colpiti: interessa prima le estremità del corpo, quindi la faringe ed i muscoli della testa ed infine i muscoli intercostali ed il diaframma.

L’insorgenza differenziale della paralisi può essere spiegata sia considerando la diversa innervazione dei muscoli (gli ultimi sono composti da un minor numero di fibre maggiormente ampie) sia per la loro differente vascolarizzazione.

Il ripristino della funzionalità dei muscoli avviene di solito in ordine inverso rispetto a quello della paralisi, ovvero con un andamento centrifugo, dal tronco agli arti.

Il metabolismo degli agenti non depolarizzanti avviene a livello epatico tranne che nel caso di alcuni derivati benzilisochinolonici, la cui particolare struttura favorisce la loro

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degradazione spontanea della molecola in condizioni di temperatura e pH corporei e del mivacurio, che viene metabolizzato dalle pseudocolinesterasi plasmatiche.

I miorilassanti non depolarizzanti devono essere somministrati per via endovenosa. Alcuni composti (atracurio, mivacurio) possono determinare liberazione di istamina una volta nel torrente circolatorio, pertanto devono essere somministrati lentamente.

I curari competitivi non attraversano la barriera ematoencefalica non determinando effetti centrali, possiedono però una minima attività ganglioplegica, in particolare il mivacurio ed atracurio. Con questo si intende una capacità bloccante sul sistema nervoso autonomo, che conduce ad importanti effetti riguardanti il sistema cardiovascolare. Il blocco dai gangli simpatici provoca una marcata caduta della pressione arteriosa, conseguente a vasodilatazione arteriolare, dovuta a sua volta al blocco dei riflessi cardiovascolari.

La somministrazione di dosi maggiori di quelle consigliate determina una più rapida insorgenza dell’effetto ma a scapito di una maggiore durata d’azione. Con le dosi consigliate l’effetto insorge dopo circa un paio di minuti. La durata d’azione e l’entità dell’effetto degli agenti miorilassanti non depolarizzanti è prolungata dagli anestetici inalatori, dagli aminoglicosidi e dalle patologie neuromuscolari oltre che dalle condizioni cliniche che ritardano il metabolismo dei farmaci somministrati.

L’insorgenza d’azione dei miorilassanti non depolarizzanti è meno rapida di quella della succinilcolina. Questi farmaci possono essere classificati, in base alla loro durata, in miorilassanti ad azione rapida (15-30 minuti), intermedia (30-40 minuti) e lunga (60-120 minuti), nonostante la durata dell’attività dipenda dalla dose. I farmaci ad azione breve o intermedia, come l’atracurio e il vecuronio, sono utilizzati più spesso di quelli a lunga durata come il pancuronio.

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I miorilassanti non depolarizzanti non hanno proprietà analgesiche o sedative e non sembrano essere fattori scatenanti per ipertermia maligna.

Nei pazienti in terapia intensiva, che richiedono l’intubazione tracheale e ventilazione meccanica, il miorilassante non depolarizzante deve essere scelto in base alla velocità di comparsa, alla durata dell'azione ed ai suoi effetti indesiderati. Il rocuronio ha una rapida insorgenza d’azione e può facilitare l’intubazione. Atracurio e cisatracurio sono più adatti quando è richiesta una lunga azione miorilassante poiché la loro emivita non è legata a eliminazione per via epatica o renale.

Un ulteriore classificazione distingue i curari in due famiglie:

- benzilisochinolonici, che includono atracurio, cisatracurio e mivacurio

- amminosteroidei che includono pancuronio, rocuronio e vecuronio.

I primi discendenti della d-tubocurarina si distinguono da questa per una minor durata d’azione e per minor capacità ganglioplegica ed istaminoliberatrice;

L’atracurio è una miscela racemica di 10 isomeri, fu sintetizzato nel 1974 da Dewar. Subisce immediatamente un’intensa metabolizzazione tanto che solo il 10 % viene escreto per via renale non modificato. Parte del farmaco somministrato degrada spontaneamente nel plasma in condizioni fisiologiche di temperatura e pH, secondo la reazione di Hofmann. Il resto del farmaco è metabolizzato dal fegato e da esterasi plasmatiche mediante una reazione di idrolisi. Questo farmaco, pertanto, può essere impiegato in pazienti con insufficienza epatica e renale, senza che la sua durata d’azione risulti significativamente prolungata.

Uno dei principali metaboliti dell’atracurio, la laudanosina, anche se non possiede proprietà bloccanti neuromuscolari, può determinare gravi complicazioni, quali la

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comparsa di convulsioni; fenomeno causato dalla sua lenta metabolizzazione, quindi aumentata possibilità d’accumulo, e dalla capacità di attraversare la barriera ematoencefalica. Questo rischio risulta diventare ragguardevole nell’utilizzo prolungato del farmaco ed in pazienti con problemi neurologici.

La somministrazione endovenosa deve essere effettuata lentamente, poiché può indurre liberazione di istamina, nell’1-2% dei pazienti, la quale si manifesta come una reazione anafilattoide (vasodilatazione periferica, tachicardia, ipotensione, rash cutanei, collasso cardiocircolatorio).

Sebbene produca pochi effetti circolatori diretti, l’assenza del blocco vagale pone il paziente a rischio di bradicardia durante l’anestesia. AnaesthesiaUK 2004

L’atracurio deve essere conservato a temperatura di refrigerazione, per evitare la degradazione spontanea del principio attivo.

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La durata d’azione è di 25-30 minuti ed il tempo necessario per riacquistare la normale funzione neuromuscolare è simile al vecuronio. L’accumulo del farmaco in forma attiva è scarso, pertanto può essere somministrato in infusione monitorando l’entità del blocco.

Voss 2002, consiglia l’utilizzo dell’atracurio in pazienti pediatrici (2-12 anni) da

intubare al posto del cistracurio anche se quest’ultimo è più propenso a reazioni cutanee allergiche, orticaria.

Il cisatracurio o meglio precisato besilato di cisatracurio è un singolo isomero cis dell’atracurio dotato di maggior potere racemico. Ha una durata d’azione leggermente più lunga, 30 minuti, con un onset di 2-3 minuti. L’ED 95( dose richiesta per produrre nel 95% dei pazienti la soppressione della contrazione del muscolo) si ha a 0.05-1 mg/kg sebbene venga utilizzata una dose da 2 a 4 volte superiore per l’intubazione tracheale poiché accelera l’onset del bloccaggio. La durata del blocco è dose dipendente mentre non lo è il tempo di recupero.

Garantisce una maggior stabilità cardiovascolare in quanto non induce generalmente la liberazione di istamina. Soukup 1996

Inoltre è stata dimostrata una sua capacità antifibrillatoria grazie all’azione sui recettori muscarinici di tipo 2. Patterson 2008

La dose impiegata è circa la metà di quella dell’atracurio, risultando 4-5 volte più potente; la produzione di laudanosina è sensibilmente ridotta.

Il metabolismo è molto simile all’atracurio seguendo per la maggior parte (77%) la reazione di Hoffman e venendo degradata dall’esterasi plasmatiche nella rimanente, con

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un metabolismo organo-dipendente. Ortiz 1998 I meccanismi emodinamici risultano essere i medesimi nell’uomo e nella donna. Adamus 2008

Alcuni studi hanno dimostrato casi di tachifilassi, cioè una rapida assuefazione all’uso ripetuto del farmaco, in terapia intensiva. Haddad 2008

Il mivacurio è un miorilassante a breve durata d’azione (10-20 minuti) che viene metabolizzato dall’enzima pseudocolinesterasi plasmatico pertanto la durata del blocco è aumentata nei pazienti con deficit di questi enzimi.

Il mivacurio può determinare liberazione d’istamina in caso di somministrazione endovenosa rapida con possibile effetti cardiovascolari. Non è associato ad attività vagolitica o bloccante gangliare. L’antagonismo del blocco con neostigmina od edrofonio non abbrevia in modo significativo la ripresa della funzione neuromuscolare.

La seconda famiglia riguarda gli amminosteroidi, il cui prototipo risulta essere il

pancuronio, introdotto in commercio nel 1964, miorilassante a lunga durata d’azione

sprovvisto di attività ormonale e utilizzato in passato in terapia intensiva per la ventilazione meccanica a lungo termine.

Parte della dose somministrata viene metabolizzata, mentre il resto viene escreto in forma non modificata dal rene.

Il metabolismo come per gli altri amino steroidi consiste nell’idrossilazione epatica. La durata d’azione del farmaco è significativamente prolungata dall’insufficienza renale. Gli effetti cardiovascolari del pancuronio sono alla base del suo ritiro dal commercio determinando aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa. La durata

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d’azione varia, secondo la dose somministrata da circa 30 minuti a 60-90 minuti.

Il vecuronio è un derivato aminosteroide come il pancuronio, ma è sprovvisto degli effetti cardiocircolatori del pancuronio. L’accumulo dopo somministrazione ripetute è minore che nel caso del pancuronio. È circa un terzo più potente che il pancuronio, la durata del blocco muscolare prodotto dal vecuronio è più breve che quello del pancuronio ad iniziali equipotenti dosi.

L’ED 90 si ha a 0.057 mg/Kg. FDA informations

Si lega moderatamente alle proteine plasmatiche. Il farmaco viene eliminato prevalentemente mediante escrezione biliare dopo desacetilazione epatica. Alcuni suoi metaboliti, tra cui il 3- desacetilvecuronio, mantengono proprietà bloccanti neuromuscolari. Un 15-20 % della sostanza viene eliminata per via renale. In associazione con forti dosi di oppioide sono stati documentati casi di bradicardia mentre non risulta nessun effetto ganglioplegico.

Viene commercializzato come polvere da ricostituire e la soluzione ricostituita non è particolarmente stabile. Pertanto dovrebbe essere utilizzata entro 24 ore, se conservata a temperatura ambiente. Le soluzioni conservate per tempi più lunghi possono perdere parte della loro efficacia. L’effetto dura circa 35- 45 minuti e la durata della paralisi può essere maggiore in pazienti con insufficienza renale o epatica.

Il rocuronio esercita effetti entro 2 minuti dalla somministrazione, con velocità dose dipendente e tra i miorilassanti competitivi è quello a più rapido inizio d'azione. Si considera a durata d’azione intermedia, circa 30 minuti.. La dose di somministrazione è 0.6 mg/Kg.

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Possiede profilo farmacocinetico simile al vecuronio ma con minor volume di distribuzione, una minor durata d’azione ed un’azione più rapida e per il quale gioca un ruolo importante la funzionalità epatica potendo influenzare sia la sua captazione quanto la sua metabolizzazione. Questo modificherà anche l’onset, la durata d’azione e l’emivita.

Ha effetti cardiovascolari minimi ( meno dell’1% dei pazienti sviluppa aritmia,tachicardia); alte dosi hanno effetti vagolitici.

Potrebbe essere associato ad aumento delle resistenze arteriolari polmonari. FDA informations

Le donne risultano essere più sensibili degli uomini al singolo bolo di rocuronio, con un onset più breve ed una durata d’azione maggiore. Adamus 2008

Gli ultimi farmaci aminosteroidei introdotti sul mercato sono il Pipecuronio nel 1991 ed il Rapacuronio nel 1999, con caratteristiche analoghe ai precedenti.

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Materiali e Metodi

Lo scopo dello studio è di stabilire se esista una reazione di ipersensibilità in seguito all’induzione dell’anestesia, ed in particolare uno studio comparativo per indagare sulle possibile differenze esistenti in pazienti con diatesi allergica e pazienti privi di atopie, dopo somministrazione di miorilassanti.

Il miorilassante preso in esame è il cisatracurio, bloccante neuromuscolare non depolarizzante appartenente alla classe dei benzilisochinolonici.

La scelta è ricaduta su un agonista competitivo, in quanto questa classe viene indicata da diversi studi come il primo responsabile di reazioni allergiche in pazienti anestetizzati e sul cisatracurio, in particolare, poiché farmaco più recentemente introdotto sul mercato, 1995, e per l’ampio utilizzo con il quale viene impiegato in sala operatoria grazie al suo rapido onset, circa 3 mins, la sua durata intermedia, gli scarsi effetti cardiocircolatori; tutte caratteristiche che lo rendono estremamente versatile. Inoltre uno studio ha evidenziato che tra le reazioni allergiche in sala operatoria quella da cisatracurio mostrasse la maggior gravità, valore IV nella scala di Mueller.

Gli screening più utilizzati per poter individuare lo svilupparsi di reazioni di ipersensibilità risultano essere il skin test, l’istamina plasmatica, la metilistamina urinaria, il dosaggio delle triptasi e delle IgE sieriche specifiche.

L’ottimo valore diagnostico delle triptasi congiunto alle IgE specifiche viene espresso da Dybendal nel 2003; tuttavia uno studio dimostra un’assenza di variazione di valori nel dosaggio dell’IgE in campioni prelevato prima, durante, dopo la reazione allergica all’utilizzo di miorilassanti Guttormsen 2007 ed inoltre risulta essere uno studio estremamente dispendioso e complesso.

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Per ultimo la misurazione dell’IgE è da effettuare 6 settimane dopo l’eventuale evento scatenante la reazione di ipersensibilità, caratteristica che rende complesso l’iter protocollare.

Il valore predittivo dello skin test se da una parte contribuisce a ridurre il rischio individuando pazienti allergici ai miorilassanti dall’altra non risulta essere altamente specifica, con casi di falsi negativi Fraser 2005; questo è da attribuirsi alle caratteristiche chimiche dei miorilassanti che risultano avere un effetto vasodilatatore locale SIIARTI 2007 ed inoltre, una buona parte delle reazioni allergiche al cisatracurio, non sono IgE mediate ma rientrano in quelle che vengono definite reazione anafilattoidi. Questa caratteristica rende poco utili ai nostri fini sia il prick test sia la già menzionata conta dell’ IgE.

Secondo uno studio di Escolano et al. 2002 l’indagine congiunta di istamina sierica e/o metil-istamina urinaria e triptasi plasmatica risultano essere fortemente associati alla severità della reazione allergica.

Nonostante non esistano ancora studi che identifichino con certezza marker diagnostici affidabili, il nostro studio prenderà in esame la ricerca combinata di istamina e triptasi sieriche.

Per inteso, Schwartz 2004 ipotizza che sia possibile una reazione di ipersensibilità senza stimolazione dei basofili e quindi nessun movimento delle triptasi.

Per completezza d’informazione e per poter discernerne con sicurezza le reazioni al miorilassante, i marcatori dell’infiammazione sono stati dosati anche dopo somministrazione di propofol e fentanest nonché un dosaggio basale per poter aver un valore di riferimento.

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Metodologia.

I dati raccolti derivano da prelievi plasmatici di pazienti ricoverati nel reparto di Chirurgia Generale IV dell’ospedale Santa Chiara di Pisa sottoposti ad interventi in anestesia generale.

Il protocollo utilizzato ha previsto tre prelievi, effettuati prima della somministrazione dei farmaci, valore basale, dopo induzione con il propofol ed infine dopo somministrazione del curaro.

Soggetti esaminati

Abbiamo individuato 22 pazienti di età compresa tra i 16 e gli 82 anni 14 donne ed 8 uomini.

Di questi 11, presentano un’accertata storia di ipersensibilità a vari allergeni: farmaci, alimenti, insetti, polveri, mentre i rimanenti 11 non risultano avere una diatesi di allergie.

Tutti presentavano un rischio anestesiologico basso ( ASA 1 e 2 ) e buone condizioni generali di salute.

Non sono stati inclusi né bambini né donne in gravidanza al fine di non falsare i risultati e, evidentemente, sono stati scartati quei pazienti con certezza o sospetto di allergia al cisatracurio.

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Raccolta dati

La suddivisione in due gruppi distinti in base alla presenza o meno di una storia positiva

ad allergie ci permette di poter confrontare la differente risposta immune al cisatracurio.

Nei pazienti non allergici l’antibiotico è stato somministrato un’ora prima dell’intervento, per evitare che il probabile

rilascio di istamina a suddetto farmaco influisse sui livelli misurati, assicurando ugualmente un’adeguata copertura durante e dopo l’intervento.

Il prelievo basale è stato quindi effettuato prima della somministrazione di antibiotico, in corsia al letto dei pazienti, mentre i successivi due prelievi in sala operatoria, precisamente in un tempo compreso tra i 2 e 3 minuti dall’iniezione del propofol e fentanest, tra 3 e 5 minuti dalla somministrazione del miorilassante.

Nel caso dei pazienti allergici, per una questione di sicurezza, si è preferito somministrare l’antibiotico in sala operatoria dopo l’ultimo prelievo; questo per evitare che una possibile reazione anafilattica all’antibiotico avvenisse in corsia.

Protocollo Studio Curari

1° prelievo basale

Induzione: FENTANEST 2 γ /Kg + PROPOFOL 2 mg/Kg

2° prelievo a 3’ dalla somministrazione del Propofol Curaro: NIMBEX 0,2 mg/Kg

3° prelievo a 3’ dalla somministrazione del curaro Mantenimento con Sevoflurano

Fentanest 2,5 γ /Kg all’incisione

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In ambedue i casi il terzo prelievo risulta essere selettivo nell’indagare un’eventuale risposta al curaro, infatti anche nell’eventualità che l’antibiotico somministrato nei pazienti non allergici determini una reazione questa verrebbe monitorata dal secondo prelievo effettuato un’ora dopo la sua somministrazione e quindi esattamente sul picco delle triptasi.

Dosaggi

Ogni campione di sangue, fresco o conservato in ghiaccio, è stato portato nei due laboratori che hanno collaborato a questo studio. Il Laboratorio di Analisi Clinica e l’Unità ospedaliera di Medicina Nucleare.

Il dosaggio dell’istamina avviene tramite RIA ( Radio Immuno Assay), con metodo radioimmunologico competitivo. L’istamina contenuta nei calibratori, nei campioni e nei controlli viene acilata con un primo passaggio chimico. Così modificati, calibratori, campioni e controlli vengono incubati con istamina acetilata e marcata con I125 in provette sensibilizzate con un anticorpo antistamina. Dopo l’incubazione le provette vengono aspirate e la radioattività legate alle provette, che è inversamente proporzionale alla concentrazione di istamina in campioni e calibratori, viene misurata in un contatore gamma. Le concentrazioni di ogni singole campione si ottengono per interpolazione della curva di taratura.

Il dosaggio della triptasi avviene con il metodo fluoro enzimatico FEIA ( Fluorescenze Enzime Immuno Assay). Il campione centrifugato viene incubato con anticorpi anti-triptasi e successivamente con anticorpi marcati con fluoresceina diretti contro i primi anticorpi.

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