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Pazienti e metodi: Il gruppo in studio era costituito da 70 pazienti, selezionati tra 704

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RIASSUNTO

Introduzione: Il Carcinoma Midollare della Tiroide (MTC) è un raro tumore, che origina dalle cellule C tiroidee, secernenti Calcitonina (CT) e rappresenta il 5-10% di tutti i tumori tiroidei. Il trattamento chirurgico consiste nella tiroidectomia totale (TTx), associata a linfadenectomia del compartimento centrale (CC). La CT è il marcatore più sensibile e specifico di malattia, che viene utilizzato sia per la diagnosi, che per il monitoraggio, durante il follow up dei pazienti, trattati chirurgicamente: un valore di CT basale indosabile (CTb-) è indice di remissione, mentre valori dosabili (CTb+) indicano una persistenza. I pazienti con CTb+ devono essere studiati per identificare la sede di eventuali metastasi. I pazienti che presentano valori di CTb-, invece, possono essere considerati in remissione, con un rischio di recidiva <10%, oppure possono essere sottoposti al test di stimolo della CT: se la CT dopo stimolo è <10 pg/mL (CTs-), il paziente può essere definito in remissione, con un rischio di recidiva <3% circa, mentre se la CT dopo stimolo è >10 pg/mL (CTs+), il paziente non può essere considerato in remissione, ma non è noto il rischio di recidiva.

Scopo della tesi: Lo scopo dello studio è stato quello di valutare il significato clinico dei valori di CTb+ e CTs+, la loro correlazione con l’estensione di malattia e il loro rischio di recidiva.

Pazienti e metodi: Il gruppo in studio era costituito da 70 pazienti, selezionati tra 704

pazienti, con diagnosi di MTC e trattati chirurgicamente, e con una CTb+, tra 10 e 149 pg/mL

(gruppo A, nt. 49), oppure con una CTb-, ma una CTs+ (gruppo B, nt. 21). Il valore di 150

pg/mL è stato scelto, come cut-off, perché in letteratura è riportato un aumento di incidenza di

malattia strutturale (MS) in pazienti con valori di CTb ≥ 150 pg/mL, anche se vi è disaccordo

sul valore di CTb da considerare diagnostico di MS: alcuni Autori sostengono che pazienti

con valori < 150 pg/mL possono essere considerati esenti dal rischio di MS.

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2 Risultati: Dei 70 pazienti totali in studio, 10 (14.3%) avevano un’evidenza di MS all’arruolamento: 9 (18.45) appartenevano al gruppo A (A+), mentre solo 1 (4.8%) apparteneva al gruppo B (B+). Analizzando diversi fattori, nel gruppo di pazienti in studio, è emerso che la TTx senza dissezione del CC era maggiormente associata a MS (p = 0.02), mentre lo stadio N0 era maggiormente presente tra i pazienti senza MS (p = 0.03).

All’analisi retrospettiva, comunque, è emerso che 3 pazienti, con imaging all’arruolamento negativo per MS, avevano in realtà sviluppato una MS durante il follow up, che è stata rimossa, con successiva negativizzazione dell’imaging; la CT all’evidenza della MS, in questi 3 pazienti era, rispettivamente, 185 pg/mL, 37 pg/mL e <10 pg/mL (CTs: 45 pg/mL). Su 13 pazienti: 11 (84.6%) avevano una MS cervicale (9 con linfadenopatia cervicale e 2 con recidiva di malattia cervicale) e 2 (15.4%) una MS extracervicale (metastasi epatiche +/- polmonari). Lo studio ha dimostrato quindi che il 22.4% dei pazienti con valori di CTb+, tra 10 e 149 pg/mL, e il 9.5% dei pazienti con valori di CTs+, avevano manifestato una MS.

Valutando la predittività dei valori di CTb+, tra 10 e 149 pg/mL, rispetto ai valori di CTs+, è emerso che: 1) la CTs+ presentava una Se ed un VPN del 100% , una Sp del 25.4% ed un VPP del 4%; 2) la CTb+ presentava una Se dell’81.8%, un VPN del 90.5%, una Sp del 33.3%

ed un VPP del 19.1%.

Conclusioni: Dai dati è emerso che circa il 20% dei pazienti in studio manifestava MS, per lo

più confinata alla regione cervicale. Tuttavia, la presenza di MS extracervicale, sebbene rara,

non può essere esclusa, neanche per valori di CT < 150 pg/mL. La CTs+ è risultata con un

elevato VPN, permettendo di rassicurare il paziente sulla propria remissione clinica; tuttavia il

VPP era molto basso e solo il 10% circa dei soggetti con CTs+ aveva sviluppato una MS a 5-

10 anni dalla Tx. Data la possibilità (15.4%) che nei pazienti con CTb+, < 150 pg/mL, la MS

possa essere anche extracervicale, è indicato eseguire sempre un’indagine TC TB, oltre

all’ecografia del collo, per escludere tale evenienza.

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3

1) INTRODUZIONE

1.1) Il Carcinoma Midollare della Tiroide

1.1.1) Epidemiologia e fattori di rischio del Carcinoma Midollare della Tiroide

Il Carcinoma Midollare della Tiroide (MTC) è un raro tumore che origina dalle cellule parafollicolari della tiroide, dette anche “cellule C” e rappresenta dal 5 al 10% di tutti i tumori della tiroide. [1]

Nella maggior parte dei casi, pari a circa il 70-80% di tutti i MTC, si tratta di un tumore sporadico; per il 20-30% dei casi invece il tumore è ereditario, con un pattern di trasmissione autosomico dominante ed un elevato grado di penetranza (>90%). [2]

La forma sporadica può insorgere clinicamente a qualsiasi età, ma il picco di incidenza si registra tra la quinta e la sesta decade di vita. [3]

La forma ereditaria può essere trasmessa come singola entità nosologica, la FMTC

(familial MTC), che viene considerata come una variante della MEN IIA (Multiple

Endocrine Neoplasia), di cui rappresenta circa il 35-40% dei casi. Esistono due forme di

MEN: la MEN IIA, che è la più frequente (90-95%) e la MEN IIB (5-10%). [4]

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4

1.1.2) Patogenesi: il proto-oncogene RET

Da tempo, è noto che le forme ereditarie di MTC sono determinate da una mutazione attivante del gene RET (REarranged during Transfection), localizzato sul cromosoma 10, che codifica per la proteina ret, un recettore di membrana tirosin-chinasico, espresso esclusivamente nelle cellule di derivazione neuroectodermica, tra cui le cellule C della tiroide. [5]

Questa proteina funge da recettore per una serie di fattori di crescita neurotrofici e le mutazioni puntiformi descritte nel MTC sono responsabili della sua attivazione costitutiva, con conseguente attivazione della trasduzione del segnale mediata dalla via di Ras e di Fosfatidilinositolo 3-chinasi. [6]

Le mutazioni puntiformi possono essere di tipo germinale, come nel caso delle forme ereditarie del MTC, oppure somatiche, come nel caso delle forme sporadiche. Esse sono presenti nel 98% dei pazienti con forme ereditarie di MTC e nel 45% dei casi sporadici. Nel caso delle forme sporadiche, la presenza di mutazioni è associata ad una prognosi meno favorevole. [7, 8]

Esistono vari tipi di mutazioni puntiformi, descritte nell’ambito delle forme ereditarie del MTC, a carico di diversi esoni del gene RET, principalmente gli esoni dal 10 al 16, responsabili di fenotipi più o meno aggressivi. [9]

Queste mutazioni possono essere identificate mediante l’analisi del DNA, che viene estratto generalmente dai linfociti. La ricerca delle mutazioni di RET rappresenta il mezzo diagnostico più sensibile e specifico per la diagnosi delle forme familiari, consentendo un trattamento precoce e/o profilattico del MTC e migliorando in questo modo la prognosi della malattia.[10]

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1.1.3) I prodotti di secrezione del MTC

Il MTC condivide caratteristiche biochimiche con altri tumori neuroendocrini; in particolare è in grado di produrre una serie di molecole, che possono essere evidenziate soltanto a livello immunoistochimico, oppure essere immesse nel circolo sistemico [11]. Tra queste le più significative sono la calcitonina (CT), la cromogranina A e il CEA (Antigene Carcino- Embrionario) [12]. La CT è un piccolo peptide, che si ritiene essere un inibitore fisiologico del paratormone, prodotto dalle ghiandole paratiroidi: la CT sarebbe in grado di agire a livello renale ed osseo, riducendo la calcemia ad un livello, che, a sua volta, inibisce la secrezione ormonale. Tuttavia, sia il suo eccesso, che la sua totale assenza non sembrano aver alcun impatto clinicamente rilevante sull’omeostasi fosfo-calcica [13]. Oltre al calcio extracellulare, altre sostanze, come la pentagastrina, gli agenti β-adrenergici, il GHRH ed alcuni peptidi gastroenterici, possono stimolare il rilascio di CT da parte delle cellule C. [14, 15]

Nei soggetti normali, i livelli sierici di CT sono bassi e scarsamente evidenziabili con le comuni metodiche di analisi [16]. La CT è secreta dal MTC pressoché nella totalità dei casi, pertanto è un marcatore sensibile e specifico della malattia, anche se in alcuni rari casi di MTC de-differenziato i livelli dell’ormone risultano bassi, o addirittura assenti. [17]

Proprio per l’elevata specificità, il suo dosaggio sierico, basale e dopo stimolo con calcio o pentagastrina, è utile sia per la diagnosi, che per il follow up del paziente.

Il CEA è una glicoproteina coinvolta nell’adesione cellulare; normalmente nei soggetti sani i

livelli circolanti del CEA sono molto bassi (inferiori a 2,5 ng/ml), mentre si possono

riscontrare livelli aumentati nei pazienti affetti da diverse patologie tumorali, essendo

prodotto dalle cellule neoplastiche, in generale. Il dosaggio del CEA nel MTC è utile durante

il follow-up dei pazienti, essendo espressione della massa tumorale: il riscontro di elevati

valori di CEA, o loro rapidi incrementi, indica la progressione della malattia [11]. Non esiste

una stretta correlazione tra le concentrazioni sieriche di CEA e CT: la concentrazione del

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6 CEA è normale nei pazienti con MTC ad uno stadio pre-clinico e non aumenta se viene eseguito il test di stimolo per la CT. [18]

La cromogranina A è prodotta normalmente in basse concentrazioni dalle cellule neuroendocrine e dai neuroni peptidergici; si riscontra in concentrazioni elevate nel plasma dei pazienti con MTC, che presentano una malattia avanzata [19]. La sua produzione non è esclusiva del MTC, essendo prodotta anche da altri tumori neuroendocrini, e rappresenta perciò un marcatore poco specifico. [11, 20]

Il MTC, inoltre, è capace di sintetizzare e secernere numerose sostanze, come catecolamine, somatostatina, POMC, VIP, CGRP, neurotensina, serotonina e metaboliti dell’istamina, riscontrabili a valori elevati negli stadi avanzati della malattia, con specificità più o meno significativa e che potrebbero in parte giustificare la sintomatologia clinica, che caratterizza gli stadi avanzati, come diarrea e flushing [21]. Questo aspetto accomuna il MTC ad altri tumori neuroendocrini. Tuttavia, l’utilità clinica di questi marcatori biochimici è limitata e soltanto CT e CEA sono risultati utili markers nel follow up dei pazienti con MTC. [22]

1.1.4) Caratteristiche anatomo-patologiche

La ghiandola tiroide è costituita da due tipi principali di cellule: le cellule follicolari (99% del volume ghiandolare), che si riuniscono in follicoli, responsabili della sintesi e secrezione degli ormoni tiroidei, e le cellule parafollicolari, o cellule C (1% del volume ghiandolare), intercalate ai follicoli. [23] Le cellule C sono disperse nel parenchima tiroideo, anche se la loro densità è maggiore alla giunzione tra il terzo superiore e i due terzi inferiori.[24]

Le cellule C possono andare incontro ad iperplasia (ICC) che può distinguersi in fisiologica e

patologica. [25] La forma fisiologica è rappresentata dalla proliferazione reattiva delle cellule

C, riscontrabile nei neonati, negli anziani, nell’iperparatiroidismo, nella tiroidite linfocitaria

cronica, nonché nella neoplasia differenziata della tiroide [23].

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7 Nei soggetti affetti da MTC ereditario, l’ICC rappresenta uno stadio preneoplastico e progressivo: nella maggioranza dei pazienti con sindrome MEN II, infatti, l’ICC prelude ad un’evoluzione verso un micro-focolaio di MTC ed eventualmente a tumori di maggior dimensioni [26], essendo frequentemente presenti estese aree di ICC attorno ad un MTC, nelle sindromi MEN II. [27]

Il MTC è caratterizzato, all’esame istologico, dalla presenza di cellule fusate, rotonde o poligonali, separate da stroma fibroso, con aspetto a nido, caratteristico dei tumori endocrini. I nuclei sono generalmente monomorfi e rare sono le figure mitotiche. Il citoplasma appare eosinofilo, con aspetto finemente granulare. Depositi di amiloide sono, inoltre, caratteristicamente presenti tra le cellule tumorali nel 60-80% dei MTC. [28] (Fig. 1)

Figura 1: immagine di MTC con colorazione al Rosso Congo; si nota la presenza di depositi stromali di amiloide.

A prescindere dall’esame istologico, la diagnosi di certezza, si ottiene con la positività

all’analisi immunoistochimica per CT e/o Cromogranina A. [29]

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8 Per quanto riguarda l’aspetto macroscopico, il MTC presenta, al taglio, un colore rosso o biancastro ed una consistenza generalmente aumentata, potendo apparire ben delimitato, o grossolanamente invasivo.

1.1.5) Approccio diagnostico-terapeutico al MTC

1.1.5.a) Diagnosi

La più frequente manifestazione clinica del MTC è rappresentata da un nodulo nell’ambito di una ghiandola tiroidea normale, oppure nell’ambito di un gozzo multinodulare. L’ecografia del collo consente di apprezzare con maggior sicurezza, rispetto alla palpazione del collo, la presenza di un nodulo e di descriverne le caratteristiche che possono indurre a sospettare una patologia maligna, come l’ipoecogenicità con calcificazioni interne, il tipo di vascolarizzazione esterna e intranodulare, i margini irregolari e infiltrati, l’assenza di un contorno distinto, nonché la presenza di linfadenopatie sospette associate.[30]

Non esistono altri sintomi o segni specifici, fatta eccezione per la diarrea e/o l’eventuale flushing, che però sono presenti solo in alcuni pazienti metastatici. [31]

Un’importante metodica per identificare una neoplasia maligna della tiroide è l’esame citologico su aspirazione con ago sottile (FNAC, fine-needle aspiration cytology) del nodulo sospetto [32]. In un tipico reperto citologico di MTC le cellule sono isolate, variando da forme poligonali, a ovalari, a rotonde, a spinose; il citoplasma presenta tipiche granulazioni acidofile, evidenziabili con la colorazione di May-Grunwald-Giemsa. Si possono osservare due o più nuclei rotondi ed eccentrici e l’amiloide viene rilevata con la colorazione Rosso Congo, come materiale amorfo [33, 34].

Sebbene il pattern citologico del MTC sia generalmente tipico, diversi studi mostrano un’alta

percentuale di fallimento nel porre una diagnosi pre-chirurgica. [35, 36] (Fig. 2)

(9)

9

Figura 2: immagine citologica di MTC

Il metodo più sensibile per la diagnosi di MTC è il dosaggio della CT sierica, che dovrebbe essere effettuata in tutti i pazienti affetti da patologia nodulare tiroidea.

Diversi studi Europei, infatti, tra cui uno studio pilota condotto a Pisa dal gruppo di Elisei et al. nel 1991, hanno dimostrato che il dosaggio della CT sierica, in tutti i pazienti affetti da uno o più noduli tiroidei, presenta una sensibilità nel determinare i soggetti con MTC, maggiore rispetto alla FNAC. [37, 38]

Comunque diverse condizioni fisiologiche e patologiche, oltre al MTC, sono associate ad aumentati livelli di CT circolanti. Tra le condizioni fisiologiche, che inducono un aumento dei valori di CT circolante, ma sempre compresi nel range di normalità, sono presenti: 1) il sesso maschile; 2) l’attività fisica; 3) l’età avanzata.[26] (Tab. 1)

Tra le condizioni che inducono un aumento patologico dei livelli di CT, invece, sono presenti:

1) l’ipergastrinemia, 2) l’ipercalcemia, 3) l’insufficienza renale cronica, 4) diversi tipi di

tumori neuroendocrini (feocromocitoma, tumori endocrini entero-pancreatici, come VIPoma e

insulinoma, carcinoidi gastrici e microcitoma polmonare), dotati di produzione ectopica di

CT.

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10 L’ipergastrinemia stimola la sintesi e la secrezione della CT, determinandone un aumento dei livelli sierici [39]. D’altra parte la gastrina, sottoforma di pentagastrina, viene utilizzata per il test di stimolo della CT, al fine di valutare la capacità delle cellule C di secernere l’ormone[40]. Anche l’uso cronico di omeprazolo, o di farmaci derivati, può innalzare il livello di CT dopo un trattamento di 2-4 mesi [41], attraverso la costante stimolazione della secrezione di gastrina, da parte delle cellule G gastriche, indotta dal farmaco.

Il calcio è un potente secretagogo della CT, che viene correntemente utilizzato per valutare le capacità secretorie delle cellule C; condizioni che determinano un persistente aumento dei livelli di calcio plasmatici, come, ad esempio, l’iperparatiroidismo, possono condurre ad elevati livelli di CT sistemici. [26]

La clearance della CT è minore nei pazienti che presentano insufficienza renale cronica, la quale condizione può indurre un innalzamento dei livelli di CT nel sangue. [42, 43]

Quindi, di fronte a valori elevati di CT, si rende necessaria un’accurata diagnosi differenziale, prima di porre diagnosi di MTC: l’anamnesi, associata ad un buon esame obiettivo possono essere sufficienti ad escludere queste condizioni. Il test di stimolo per la secrezione di CT [44]

e la misurazione dei livelli di CT nel liquido di lavaggio dell’agoaspirato [45] possono essere

di aiuto nel discriminare le diverse condizioni.

(11)

11 Tabella 1: Condizioni di ipercalcitoninemia non correlata ad un MTC (da: Toledo, S.P., et al.–[26])

Condizioni fisiologiche

Sostanze Patologie non-tiroidee Patologie tiroidee *

Sesso Omeprazolo e

derivati

Ipergastrinemia Carcinomi tiroidei:

follicolare e papillare

Età Glucocorticoidi Ipercalcemia Tiroidite cronica autoimmune Attività fisica Β-bloccanti Insufficienza renale

Gravidanza Glucagone Tumori neuroendocrini:

CGRP feocromocitoma Enteroglucagone paraganglioma Pancreozimina VIPoma

insulinoma carcinoidi gastrici microcitomi polm.

Pancreatite acuta Carcinoma mammario Carcinoma prostatico

*in questi casi è frequente il ritrovamento di ICC associata.

1.1.5.b) Trattamento e follow up

Il trattamento di scelta del MTC consiste nella tiroidectomia totale, associata a linfadenectomia del compartimento centrale del collo. La dissezione degli altri distretti linfonodali (laterocervicali) invece dovrebbe essere eseguita solo se c’è evidenza pre- chirurgica di linfadenopatia, ottenuta mediante agoaspirato dei linfonodi sospetti all’ecografia.

Nei casi ereditari deve essere sempre effettuata, prima dell’intervento chirurgico, la

valutazione della funzione paratiroidea e della midollare surrenalica, per verificare la presenza

di iperparatiroidismo e/o feocromocitoma. Nei casi in cui sia presente il feocromocitoma,

infatti, il paziente deve essere sottoposto all’asportazione della neoformazione surrenalica

prima della tiroidectomia.

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12 In seguito all’intervento chirurgico il paziente dovrà assumere terapia con levo-tiroxina, a dosaggio sostitutivo, per correggere l’ipotiroidismo iatrogeno post-chirurgico.

Il primo step del follow up è il dosaggio di CT e CEA, a distanza di circa tre mesi dall’intervento chirurgico, dal momento che le concentrazioni basali dei marcatori, se misurate troppo precocemente, possono risultare ancora elevate, a causa del lungo tempo di dimezzamento dei due ormoni circolanti, i cui livelli possono normalizzarsi più tardivamente.[46]

I controlli periodici consistono generalmente in un esame obiettivo, nel dosaggio degli ormoni tiroidei (fT3, fT4) e dell’ormone tireostimolante (TSH) per controllare l’adeguatezza della terapia sostitutiva, nel dosaggio della CT basale e nello studio ecografico della regione del collo. Sebbene non tutti gli Autori siano d’accordo, nei casi in cui la CT risulta indosabile basalmente, l’accertamento potrà essere completato mediante il test di stimolo con calcio o pentagastrina.

Una negatività della CT, sia basale che stimolata, ai primi due test di stimolo eseguiti, risulta altamente suggestiva di remissione dalla malattia, con un tasso di recidiva molto basso, durante il follow up. A tal proposito, Modigliani et al. hanno messo in evidenza che i pazienti con una remissione biochimica di malattia, identificata con test di stimolo, hanno un tasso di sopravvivenza a 10 anni del 97,7% [47]. Contrariamente, valori dosabili di CT sono diagnostici di persistenza di malattia. Pellegriti et al. hanno osservato, in uno studio del 2003, condotto su 63 pazienti, un tasso di sopravvivenza libera da malattia a 5 anni del 61%, per i pazienti con valori post-operatori di CT basale dosabili, mentre lo stesso tasso è risultato del 90% per i pazienti con valori di CT basale indosabili, indicando comunque un tasso di recidiva del 10% in questo gruppo di pazienti. [48]

In ogni caso, sia in presenza di valori dosabili di CT basale, che dopo stimolo, il paziente

potrà essere sottoposto ad uno studio sistemico personalizzato, per ricercare la sede della

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13 malattia strutturale, ad esempio attraverso l’ecografia addominale, la tomografia computerizzata di tutto il corpo e la scintigrafia ossea.

L’esame ecografico della regione del collo è utile per indagare l’eventuale presenza di recidiva o persistenza di malattia neoplastica a livello delle logge tiroidee, o in sede paratracheale, oppure la presenza di metastasi linfonodali.

La persistenza/recidiva di malattia si presenta come una lesione nodulare, ipoecogena, marcatamente disomogenea, con contorni mal definiti e, spesso, con microcalcificazioni interne. In presenza di una lesione nodulare, sospetta per recidiva/persistenza, viene effettuato un esame citologico su agoaspirato e il dosaggio della CT su liquido di lavaggio.

L’esame ecografico è utile anche per l’individuazione di metastasi ai linfonodi cervicali. La sede più frequente di ritrovamento di malattia metastatica sono i linfonodi laterocervicali, contigui al fascio vascolo-nervoso del collo, per tutto il suo decorso e i linfonodi sovraclaveari, che sono situati nella regione omonima, dato che i linfonodi del comparto centrale sono, solitamente, già stati asportati al momento dell’intervento chirurgico. Qualora sia stato condotto il solo intervento di tiroidectomia, senza dissezione del comparto centrale, la sede più frequente di ritrovamento di malattia metastatica è a livello dei linfonodi del comparto centrale, che rappresentano i primi linfonodi infiltrati dalla neoplasia.

I linfonodi con caratteristiche patologiche (profilo rotondeggiante, ipoecogenicità e/o disomogeneità, assenza di stria reattiva interna e presenza di spot iperecogeni e calcificazioni all’interno) vengono sottoposti ad esame bioptico, come già descritto per la recidiva/persistenza.

Quando un paziente presenta valori dosabili di CT, basalmente e/o sotto stimolo, oltre

all’ecografia del collo, può essere sottoposto ad una valutazione, mediante tomografia

computerizzata (TC) total body, con mezzo di contrasto, utile in particolare per individuare

metastasi polmonari e/o linfonodali mediastiniche.

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14 La risonanza magnetica (RM) dell’addome è il gold standard per la ricerca di metastasi epatiche, tuttavia anche l’ecografia addominale può essere diagnostica. Comunque, TC, RM ed ecografia della cavità addominale sono metodiche complementari, che vengono impiegate in associazione, per aumentarne la specificità diagnostica.

Per lo studio delle lesioni ossee sospette è utile la scintigrafia con 99mTc-MDP, associata a studio radiologico mirato sull’eventuale zona di captazione.

Alle volte può essere indicata l’esecuzione di una tomografia ad emissione di positroni (PET), come completamento diagnostico, per porre diagnosi di malattia metastatica. Dopo somministrazione di 18-fluorodeossiglucosio (18-FDG), si possono osservare zone a maggiore captazione della sostanza, che indicano un’elevata attività metabolica; solitamente questo reperto è compatibile con la presenza di malattia metastatica. Tuttavia il 18-FDG è un tracciante poco sensibile e specifico, per cui sta divenendo più frequente il ricorso al Gallio, come tracciante, per individuare tumori neuroendocrini. [49]

Nel caso in cui tutte queste indagini risultino negative e la CT sia elevata parleremo di

“persistenza biochimica di malattia” e conseguentemente verrà deciso un piano di valutazione individualizzato.

Nel caso in cui lo studio di imaging mostri, invece, la presenza di malattia cervicale o a distanza, si tratterà di “malattia strutturale” e verranno programmati, ove possibile, interventi volti alla rimozione chirurgica delle metastasi, oppure terapie sistemiche, se la malattia si mostrerà in progressione.

1.1.6) Il dosaggio della CT

La CT è un glicopeptide di 32 aminoacidi, prodotto quasi esclusivamente dalle cellule

parafollicolari della tiroide. [50, 51]

(15)

15 Il gene che codifica per la CT è localizzato sul cromosoma 11 e attraverso un meccanismo di splicing alternativo è in grado di generare due tipi distinti di mRNAs: quello per la CT e quello per il calcitonin-gene-related peptide (CGRP).[52]

In condizioni normali i due tipi di RNAs sono tessuto specifici: il mRNA per la CT si ritrova, quasi esclusivamente, all’interno della tiroide, mentre il mRNA per il CGRP si ritrova nel sistema nervoso [53]. La CT viene quindi prodotta per clivaggio a partire dalla procalcitonina, un peptide precursore, a sua volta derivato dalla preprocalcitonina.

I livelli sierici di CT possono essere rilevati con diversi metodi. Fino al 1959 circa, il dosaggio delle molecole biologiche era affidato a metodi di analisi chimica (isolamento, purificazione e concentrazione) e di dosaggio biologico su animali da esperimento. Si trattava di metodiche complesse, costose e poco sensibili. A partire dal 1960 è stata introdotta una tecnica, chiamata RIA (RadioImmunologic Assay), in grado di unire la specificità di una reazione immunologica (formazione del complesso Ag-Ab), alla sensibilità di un metodo radiochimico.

Il metodo RIA è stato molto utilizzato in passato nel dosaggio della CT sierica (range di normalità < 50 pg/mL), ma era suscettibile di artefatti, perché poteva rilevare anche proteine affini alla CT [27, 40]. Le forme immature della CT (pre-e pro-calcitonina), così come i peptidi derivanti dai processi post-traslazionali possono essere secreti in circolo e quindi essere rilevati, sia a livello sierico, sia a livello del tessuto tumorale, con interferenza nei confronti del dosaggio sierico della CT. [16, 54, 55]

L’eterogeneità molecolare della CT è soltanto uno dei fattori che può alterare i risultati dei test di laboratorio impiegati per determinarne i livelli sierici. La misurazione della concentrazione sierica della CT può variare ampiamente, perché le diverse metodiche di laboratorio impiegano antisieri che riconoscono differenti epitopi dell’ormone. [56]

Il problema degli artefatti dovuti al rilevamento dei precursori della CT sembra essere stato

risolto dall’introduzione della più recente e seconda generazione dei dosaggi

(16)

16 immunoradiometrici a due strati (IRMA, ImmunoRadioMetric Assay) [16]. Il dosaggio immunoradiometrico è stato introdotto a partire dalla fine degli anni ’60, come variante del RIA. Entrambe le metodiche, RIA ed IRMA, sono isotopiche, ricorrendo all’utilizzo di un tracciante radioattivo (soprattutto

125

I,

3

H, o

57

Co) che decade nel tempo, ma mentre nel RIA vengono rilevati gli antigeni marcati, con l’IRMA sono gli anticorpi ad essere marcati e rilevati.

Mentre il RIA è definito una metodica competitiva, l’IRMA è una metodica non competitiva, che prevede l’utilizzo di due anticorpi diversi nei confronti dell’analita da valutare [57, 58].

Gli anticorpi utilizzati nell’IRMA sono generalmente monoclonali, cioè derivanti da una sola linea cellulare e perciò specifici, in grado di rendere la metodica in genere più sensibile e specifica del RIA. Nel metodo IRMA, in cui viene calcolata una curva dose-risposta, i conteggi crescono linearmente con l’aumento della concentrazione dell’analita in esame, a differenza del RIA, in cui sono costruite curve di spiazzamento.

In genere con le metodiche “a sandwich” (IRMA) sono stati riportati diversi errori di

laboratorio. (Tab. 2) [59]

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17 Tabella 2: Interferenze nella performance degli immunodosaggi nel siero/plasma umano (da: Hoofnagle, A.N. and M.Y. Roth -[59])

Interferenze con il dosaggio Descrizione

Autoanticorpi Gli epitopi normalmente riconosciuti dagli Ab reagenti sono mascherati da autoanticorpi endogeni, che

impediscono agli Ab reagenti di legarsi agli analiti.

Interferenze da antireagenti Gli Ab di cattura e gli Ab “reporter”

sono legati dalla stessa sostanza interferente, che occupa la posizione che spetterebbe all’analita,

sostituendosi di fatto ad esso.

Effetto “hook” I siti di legame degli Ab di cattura e

“reporter” sono completamente saturati dall’analita, in modo da impedire la formazione del

“sandwich”, attraverso il legame dei due Ab alla stessa sostanza.

Scarsa concordanza tra i reagenti In alcuni soggetti possono essere presenti delle modificazioni degli epitopi “in vivo”, come nel caso delle molecole secrete da cellule tumorali, che richiedono Ab specifici in grado di riconoscere questi epitopi diversi.

In parte il problema è stato risolto dall’evoluzione tecnologica in questo ambito.

Microaggregati I prelievi ematici che non siano immediatamente centrifugati possono contenere piccoli coaguli di fibrina che possono adsorbire gli Ab del saggio, impendendone la funzione.

Nell’IRMA, applicato al dosaggio della CT, gli anticorpi monoclonali sono diretti contro una

specifica regione della forma matura di CT, diversa tra i due Ab impiegati nella metodica. Il

(18)

18 range di normalità è < 10 pg/mL, con una sensibilità funzionale

1

di 5 pg/mL, con piccole variazioni a seconda del kit a disposizione. [60, 61]

Artefatti possono essere determinati anche dalla presenza di anticorpi eterofili nel sangue dei pazienti, che possono interferire con il saggio, determinando risultati falsamente positivi [16].

Diverse ditte produttrici hanno risolto il problema aggiungendo direttamente siero di topo ai reagenti impiegati: gli antigeni di topo vanno a legare direttamente gli Ab eterofili del siero del paziente, prevenendo lo loro interferenza nel saggio. [16]

L’effetto “hook” può, invece, essere sospettato quando bassi livelli di CT sono riscontrati in pazienti con un MTC in stadio avanzato; il sospetto di questo artefatto dovrebbe indicare la necessità di una misurazione addizionale dopo una serie di diluizioni del siero del paziente.[62]

Per questa sofisticazione e per la mancata cross-reazione nei confronti dei precursori della CT, l’IRMA a due strati è stato fortemente consigliato nella routinaria misurazione della CT sierica. [16]

Nei soggetti sani l’IRMA a due strati rileva solitamente una concentrazione di CT < 10 ng/L (o <10 pg/mL), tuttavia il normale cut-off stabilito da diversi studi varia notevolmente.

Questo aspetto complica le analisi comparative tra dati derivanti da diverse fonti. Lo stesso metodo di dosaggio, ad ogni modo, dovrebbe essere utilizzato nel monitoraggio del singolo individuo. [56]

Una terza generazione di metodi per determinare la concentrazione sierica di CT è stata introdotta recentemente e sta iniziando a sostituire l’IRMA a due strati: si tratta del metodo immunochemiluminometrico (ICMA, Immunochemiluminescent Assay).

Metodologicamente, l’ICMA si basa sullo stesso principio dell’IRMA; tuttavia nell’ICMA si assiste ad una reazione chemiluminescente, piuttosto che radioattiva, tra substrati ed enzimi

1 Sensibilità funzionale: concentrazione più bassa dell’analita, per cui il coefficiente di variazione inter-assay è ≤ 20%; deve essere distinta dalla sensibilità analitica, che corrisponde alla minima quantità di analita rilevabile in un campione biologico.

(19)

19 utilizzati nel saggio: la rilevazione della luminescenza, così ottenuta, fornisce una stima della concentrazione dell’analita in causa.

Con l’ICMA i range di normalità dei livelli di CT sono <5 pg/mL nelle donne e <8.5 pg/mL negli uomini, mentre la sensibilità funzionale è 2 pg/mL, con differenze a seconda del kit utilizzato. [26]

ICMA ed IRMA quindi sono metodi di dosaggio ampiamente disponibili e sensibili, che impiegano due anticorpi per identificare la forma monomerica della molecola di CT; di conseguenza sono i due metodi più utilizzati al momento. [26]

1.1.7) Test di stimolo alla pentagastrina

Soggetti che presentano elevati valori basali di CT sierica, senza una chiara diagnosi citologica di MTC, dovrebbero essere sottoposti ad un test di stimolo con Pentagastrina (Pg) o calcio. Il test di stimolo permette di distinguere la quota di CT secreta da parte delle cellule C, dalle altre fonti di secrezione di CT, oppure da artefatti di laboratorio [63, 64]. Infatti, mentre è possibile osservare un significativo incremento della concentrazione sierica di CT nei pazienti affetti da MTC [65, 66], l’assenza di un aumento significativo dei livelli di CT dopo test di stimolo è fortemente suggestivo sia di una falsa positività della CT basale, dovuta ad artefatti di laboratorio, sia di un’origine dell’ipercalcitoninemia non attribuibile a tireopatie.

Un aumento dei livelli della CT sierica dopo stimolo, anche se inferiore a quello che si ottiene

nei pazienti con MTC, può essere osservato nei pazienti con tiroidite o con un micro-focolaio

di carcinoma papillare della tiroide: entrambe le condizioni infatti possono essere associate ad

ICC.

(20)

20 Il test alla Pg prevede la somministrazione intravenosa di 0.5 μg/kg della sostanza [54]. La concentrazione sierica di CT viene misurata prima dell’infusione (concentrazione basale) e, successivamente, dopo 2 minuti, dopo 5 minuti e infine dopo 15 minuti [16, 54].(Tab. 3) Il test alla Pg presenta due limiti fondamentali: 1) i diversi effetti collaterali (nausea, vomito, epigastralgia, urgenza defecatoria, eruzioni cutanee, lipotimia, accelerazione dei battiti cardiaci ed altri effetti meno comuni); 2) la scarsa disponibilità della sostanza.

Sono stati condotti diversi studi per stabilire il cut-off del picco sierico di CT da considerare in grado di distinguere la presenza di un MTC, dalla semplice ICC o dalle altre ipercalcitoninemie non correlate ad un MTC. Secondo alcuni Autori un test alla Pg deve essere considerato diagnostico di MTC quando il picco sierico di CT supera almeno 3 volte il suo livello basale, a prescindere dall’effettivo valore di quest’ultimo [67]. Secondo altri Autori invece un picco sierico di CT > 100 pg/mL deve essere considerato di per sé diagnostico di MTC [66]. Per quanto riguarda i valori di picco compresi tra 60 e 100 pg/mL, esiste una “zona grigia”, in cui l’esame istologico del pezzo operatorio può non essere in grado di individuare la presenza di foci di MTC. Un picco sierico < 60 pg/mL non è invece diagnostico né per un MTC, né per un’ICC, dato che soggetti sani possono presentare un incremento dei livelli sierici di CT, dopo stimolo con la Pg, fino a valori di 50-60 pg/mL.[68](Tab. 4)

La Pg induce un aumento della secrezione di CT più limitato (≤ 2 volte il valore basale) nei

pazienti affetti da altri tipi di tumore neuroendocrino, come ad esempio un tumore

gastroenteropancreatico. [69]

(21)

21

1.1.8) Test al calcio

In alternativa all’impiego della Pg, per stimolare la secrezione di CT da parte delle cellule C in caso di ICC o di MTC, esiste il test al calcio, che prevede la somministrazione endovenosa di calcio.

Sia negli individui sani, che nei soggetti affetti da patologia a carico delle cellule C, livelli di CT sierica, misurati dopo somministrazione di 25 mg/kg di calcio gluconato, raggiungono pressoché gli stessi valori indotti con il test alla Pg. [54] (Tab. 4)

Il test al calcio è molto ben tollerato da parte dei pazienti, essendo sprovvisto di effetti collaterali maggiori; comunque al momento mancano studi controllati di confronto tra il test alla Pg e il test al calcio e l’interpretazione dei risultati ottenuti con il test al calcio non è così ben definita, come lo è invece per il test alla Pg. [16]

Tabella 3: Caratteristiche principali del test di stimolo alla Pg e al calcio. (da: Elisei, R.-[16])

Test di stimolo alla pentagastrina

Test di stimolo al calcio

Prodotto commerciale Pentagastrin, 500 μg/2 mL, per ogni ampolla

Calcio gluconato Dose di somministrazione 0.5 μg/kg 25 mg/kg (pari a 2.5

mg/kg di Calcio elementare) Modalità di somministrazione Intravenosa rapida (1

minuto)

Intravenosa (50 mL in 10 minuti) Prelievi ematici Basale, +2min, +5min,

+15min

Basale, +5min,

+10min, +20min

Preparazione del paziente 6 ore di digiuno 6 ore di digiuno

(22)

22 Tabella 4: Valori di riferimento del picco di CT e relativo significato clinico.

Picco di CT sotto stimolo (ng/L o pg/mL)

Significato clinico

< 60 Assenza di patologia a carico delle

cellule C

60-100 Significato indeterminato (probabile falso positivo)

>100 MTC possibile

1.1.9) Significato prognostico della CT nel MTC

Valori persistentemente elevati di CT sierica (≥ 10 pg/mL, metodo IRMA) dopo la tiroidectomia indicano la presenza di tessuto tumorale residuo [54]. La negativizzazione dei livelli di CT sierica dopo chirurgia però si ottiene solitamente dopo 4 settimane circa dall’intervento, in maniera dipendente dai valori pre-operatori [70]. Di conseguenza il dosaggio della CT sierica post-operatoria dovrebbe essere posticipato almeno al secondo- terzo mese dopo la chirurgia. Se i valori di CT basale sono indosabili, secondo alcuni Autori non vi è necessità di stimolarne la secrezione, mentre altri Autori suggeriscono di eseguire un test di stimolazione per confermare l’assenza di persistenti, seppur piccoli, foci di malattia.

[11]. Ad ogni modo, questi pazienti necessitano di essere sottoposti ugualmente ad un

programma di follow up, comprendente il dosaggio periodico della CT sierica basale,

associato all’ecografia del collo, perché è stato riportato che in una piccola percentuale di

questi pazienti, solitamente inferiore al 5%, la malattia andrà incontro a recidiva. Modigliani

et al. infatti hanno dimostrato che il 4.9% dei pazienti, con valori basali di CT indosabili,

presentano, durante il follow up, un’elevazione di tali valori. Secondo Kebebew et al. inoltre

pazienti con elevati valori di CT post-intervento, ma senza evidenza di malattia strutturale,

(23)

23 presentano una malattia occulta, pur mantenendo un elevato tasso di sopravvivenza [31, 47].(Tab. 5)

Lo stesso atteggiamento clinico dovrebbe essere riservato ai pazienti che presentano livelli di CT basale indosabili ed una loro elevazione dopo test di stimolazione [56].

Il reperto di valori dosabili di CT post-intervento è comunque compatibile con una lunga sopravvivenza dei pazienti [48, 71]. Infatti, nei pazienti che presentano elevati valori di CT sierica basale, senza evidenza di malattia strutturale, il tasso di malattia strutturale a 10 anni, come riportato in alcuni studi, è circa il 40%, ma la sopravvivenza generale è > 85% [48].

La probabilità di sviluppare metastasi locali o a distanza è correlata ai livelli basali di CT sierica: concentrazioni sieriche di CT < 150 pg/mL, secondo alcuni Autori, potrebbero indicare la presenza di una malattia confinata alla regione cervicale [56]. Per quanto riguarda i pazienti che presentano valori basali di CT sierica > 150 pg/mL, la probabilità di presentare una metastasi a distanza aumenta notevolmente, in relazione ai livelli progressivamente maggiori di CT.

In entrambe le condizioni suddette può essere intrapreso uno studio di imaging sistemico, comprendente la valutazione polmonare, epatica e scheletrica, oltre all’ecografia del collo.[11]

Le linee guida dell’ATA (American Association of Thyroid), pubblicate nel 2009, infatti,

suggeriscono l’esecuzione di indagini sistemiche, alla ricerca di eventuali metastasi, quando i

livelli di CT basale sono ≥ 150 pg/mL, essendo maggiore la probabilità di riscontrare una

metastasi a distanza; per quanto attiene, invece, ai livelli di CT basale < 150 pg/mL, viene

suggerito di eseguire soltanto l’ecografia del collo, data la scarsa probabilità che la malattia

sia sconfinata al di fuori della regione cervicale. In quest’ultimo caso, comunque, l’impiego di

indagini diagnostiche sistemiche è contemplato per ottenere una stadiazione basale dei

pazienti, da confrontare con un eventuale studio di imaging condotto successivamente. [72]

(24)

24 Tabella 5: Rilevanza clinica e limiti del dosaggio basale della CT nella

patologia delle cellule C. (da: Costante, G., et al.-[44])

Indicazioni Interesse clinico Limiti Valori basali di riferimento Screening e/o

Diagnosi

Identificazione precoce di MTC, con sensibilità maggiore rispetto alla FNAC.

Basso valore predittivo positivo.

Necessità di ridosare la CT usando un test di stimolo.

Normali:<10pg/

mL.

Indeterminati:

10-100 pg/mL.

Suggestivi di MTC: >100 pg/mL.

Follow up e giudizio prognostico

Identificazione dei pazienti con malattia residua.

Correlazione con l’estensione del tumore.

Correlazione tra il tempo di

raddoppiamento della CT e la sopravvivenza del paziente.

Mancanza di correlazione certa con l’estensione tumorale e lo studio di imaging, per i bassi valori di CT basale.

Artefatti di laboratorio dovuti all’effetto

“hook”.

Assenza di tessuto tumorale residuo:<10 pg/mL.

Possibile localizzazione locale di malattia (ad esempio a livello cervicale): <150 pg/mL.

Possibile presenza di metastasi a distanza: >150 pg/mL.

Risposta al trattamento

Valutazione della risposta ad un trattamento sistemico.

Mancata correlazione con

l’estensione tumorale e lo studio di imaging.

Artefatti di laboratorio dovuti all’effetto

“hook”.

Non stabiliti.

(25)

25

2) SCOPO DELLA TESI

Lo scopo della tesi è stato quello di valutare il significato clinico dei valori dosabili di CT a livello basale (< 150 pg/mL), rispetto a quelli dosabili dopo stimolo, l’eventuale loro correlazione con l’estensione di malattia e il rischio di recidiva.

Ad oggi, infatti, l’utilità di eseguire il test di stimolo, nei casi con CT post-intervento indosabile, viene messa in discussione da numerosi studi. [47, 48]

A tal fine, abbiamo analizzato l’andamento clinico, a breve e a lungo termine, di un gruppo di

pazienti, affetti da MTC, trattati chirurgicamente e seguiti, durante il follow up, presso lo

stesso Centro, di cui sono stati valutati i livelli di CT basale e dopo stimolo.

(26)

26

3) PAZIENTI E METODI

3.1) Gruppi di pazienti

Ai fini dello studio, sono stati analizzati retrospettivamente 704 pazienti con diagnosi di MTC, trattati chirurgicamente e seguiti, durante il follow up, presso il Dipartimento di Endocrinologia di Pisa. I criteri di inclusione sono stati: 1) un valore di CT, all’ultimo controllo effettuato, dosabile basalmente, ma < 150 pg/mL, oppure dosabile dopo stimolo con Pg o calcio; 2) un follow up minimo di 4 anni (44 mesi).

Dei 704 pazienti iniziali, 262 presentavano, all’ultimo controllo, un valore di CT basale ≥ 150 pg/mL, associato alla presenza di malattia strutturale (MS), evidenziabile a livello di imaging locale o sistemico e per questo sono stati definiti “malati”; 372 presentavano un livello di CT costantemente indosabile, sia basalmente, che dopo stimolo, in assenza di malattia clinicamente evidente e per questo sono stati definiti “in remissione clinica”; infine 70 pazienti rientravano nei criteri di inclusione.

Quest’ultimo gruppo rappresentava il gruppo di studio finale, che è stato ulteriormente suddiviso in due sottogruppi: 49 pazienti (gruppo A) possedevano, all’ultimo controllo effettuato, un livello di CT basale dosabile (CTb+), tra 10 e 149 pg/mL; i restanti 21 pazienti (gruppo B) possedevano all’ultimo controllo un livello di CT basale indosabile (CTb-) ed una CT stimolata dosabile, a valori variabili (CTs+).

Di tutti i 70 pazienti, sono stati valutati i valori di CT, basale e/o sotto stimolo e l’imaging,

eseguiti per ciascun controllo, a partire dal primo effettuato dopo l’intervento chirurgico.

(27)

27 Figura 3: Distribuzione dei pazienti con diagnosi di MTC, trattati chirurgicamente e in follow up, in base allo stato clinico e biochimico al momento dell’osservazione.

3.2) Metodi

Il follow up dei pazienti in studio comprendeva, ad ogni controllo: 1) la visita medica; 2) un prelievo venoso, con dosaggio di TSH, FT

3

, FT

4

, per valutare l’adeguatezza della terapia sostitutiva con Levotiroxina, e CT; 3) in base alle necessità, l’eventuale test di stimolazione della CT, con Pg o calcio; 4) l’esame ecografico della regione del collo e, nei pazienti in cui vi fosse indicazione, lo studio di imaging sistemico, con TC total body e/o RM dell’addome e/o scintigrafia ossea.

Tutti questi dati sono stati ricavati retrospettivamente, a partire da un database elettronico, che viene aggiornato ad ogni controllo; inoltre, sono state consultate le cartelle cliniche cartacee, di ciascun paziente.

I dati ottenuti sono stati quindi inseriti in un file per calcoli statistici (Statview 1992-1998), per l’analisi statistica dei risultati.

52.8%

37.2%

9.9%

REMISSIONE CLINICA MALATI

PZ IN STUDIO

(28)

28

3.2.1) Lesioni metastatiche nei pazienti in studio

Nei pazienti in studio sono state considerate metastatiche le lesioni, ovunque distribuite, il cui sospetto sia stato confermato dall’esame citologico e/o istologico, o, comunque, con caratteristiche fortemente suggestive e che, monitorate nel tempo, abbiano manifestato un andamento evolutivo.

3.2.2) Stadiazione anatomo-patologica

La stadiazione anatomo-patologica è stata ricavata dal referto anatomo-patologico, per i pazienti di cui era disponibile il documento in cartella clinica, oppure stabilita in base ai dati in possesso, ove questi lo abbiano consentito.

Ad ogni modo, la stadiazione a cui si è fatto riferimento, per ciascun paziente, è stata la TNM

(Tumor-Node-Metastasis), redatta nel 2002. [73]

(29)

29 Tabella 6: TNM 2002.

T

Tx Tumore impossibile da accertare.

T0 Assenza di tumore.

T1 Tumore di dimensioni massime ≤ 20 mm, limitato alla tiroide.

T2 Tumore tra 20 e 40 mm di dimensioni massime, limitato alla tiroide.

T3 Tumore > 40 mm, oppure di qualsiasi dimensione, con minima invasione extratiroidea (al muscolo sterno-cleido-mastoideo o ai

tessuti molli peritiroidei).

T4 Tumore di qualsiasi dimensione, con diffusa infiltrazione dei tessuti/organi peri-tiroidei (ad esempio, laringe, trachea, esofago,

nervo ricorrente ed altri).

N

Nx Stato linfonodale non valutabile.

N0 Assenza di metastasi linfonodali.

N1 Metastasi linfonodali regionali (pretracheali, paratracheali, prelaringee), ma anche mediastiniche, bilaterali/unilaterali.

M

Mx Stato metastatico non valutabile.

M0 Metastasi assenti.

M1 Metastasi a distanza presenti.

(30)

30

3.3) Analisi statistica

Per capire se le differenze osservate nei diversi sottogruppi fossero statisticamente significative, sono stati impiegati il test del “chi-quadro”, di verifica dell’ipotesi e il test “t di Student” a dati appaiati, per confrontare le medie di valori ottenuti.

Per valutare la predittività del dosaggio basale della CT, rispetto a quella del test di stimolo, nella comparsa di MS, durante il follow up dei pazienti in studio, sono stati calcolati, per entrambe le metodiche: 1) sensibilità (Se)

2

; 2) specificità (Sp)

3

; 3) valore predittivo positivo (VPP)

4

; 4) valore predittivo negativo (VPN)

5

. In particolare sono stati considerati diversi valori di cut off arbitrari per le due metodiche, al fine di valutare quale, tra i livelli di cut off, correlasse maggiormente con lo sviluppo e l’estensione di malattia.

È stato calcolato poi l’intervallo di confidenza (calcolo dell’errore standard) al 95.45%, che rappresenta un buon indice di precisione della stima dei valori.

2 Se: capacità di identificare correttamente i soggetti con MS.

3 Sp: capacità di identificare correttamente i soggetti senza MS.

4 VPP: probabilità che un soggetto con CT dosabile, basalmente o al picco, abbia realmente una MS.

5 VPN: probabilità che un soggetto con CT indosabile, o test di stimolo negativo, sia realmente esente da MS.

(31)

31

4) RISULTATI

4.1) Caratteristiche dei pazienti

4.1.1) Pazienti totali in studio

Nei pazienti in studio (nt. 70) il follow up medio, rispetto all’intervento chirurgico, è risultato di 126.9 ± 63.6 mesi, con una mediana di 107.5 mesi (circa 9 anni) ed un range di 44-356 mesi.

L’età al momento dell’intervento chirurgico è risultata di 48.7 ± 13.5 anni, con una mediana di 49.5 anni ed un range di 15-77 anni.

Su 70 pazienti totali, 50 (71.5%) erano di sesso femminile e 20 (28.5%) di sesso maschile.(Tab.7)

Per quanto riguarda la stadiazione anatomo-patologica, l’informazione era nota per 66/70 pazienti: in 31/66 (47%) la malattia era di stadio T1, in 23/66 (34.8%) di stadio T2, in 10/66 (15.2%) di stadio T3 ed in 2/66 (3%) di stadio T4. Di questi 66 pazienti, inoltre, 14/66 (21.2%) presentavano uno stadio Nx, 21/66 (31.8%) uno stadio N0 e 31/66 (47%) uno stadio N1.

Per quanto riguarda il tipo di intervento chirurgico eseguito, l’informazione era nota per 67

pazienti e, in particolare, 19/67 (28.4%) erano stati sottoposti ad intervento di tiroidectomia

totale (TTx), associata o meno a dissezione del comparto laterocervicale (LC) dei linfonodi

del collo, ma senza dissezione del comparto centrale (CC), mentre 48/67 (71.6%) erano stati

sottoposti anche alla dissezione del CC. (Tab. 8; Fig. 4)

(32)

32 Tabella 7: Pazienti in studio (A+ e B+: MS al momento dell’osservazione; A- e B-: non evidenza di MS).

Gruppo Numero pazienti

(nt 70)

Donne (nt 50)

Uomini (nt 20)

A A+ 9 6 3

A- 40 28 12

B B+ 1 0 1

B- 20 16 4

Tabella 8: Caratteristiche dei pazienti totali in studio (TNM).

TNM (nt 66)

T N

T1 T2 T3 T4 Nx N0 N1

31 (47%)

23 (34.8%)

10 (15.2%)

2 (3%)

14 (21.2%)

21 (31.8%)

31

(47%)

(33)

33 Figura 4: Distribuzione del TNM nei pazienti totali in studio.

4.1.2) Pazienti del gruppo A

I pazienti del gruppo A (nt. 49) presentavano all’ultimo controllo effettuato un valore di CT basale dosabile, compreso tra 10 e 149 pg/mL, come richiesto dal criterio di inclusione.

La durata del follow up, rispetto all’intervento chirurgico, in questo gruppo di pazienti è risultata di 128.6 ± 62.5 mesi, con una mediana di 107 mesi (circa 9 anni) ed un range di 44- 321 mesi.

L’età al momento dell’intervento chirurgico è risultata di 47.7 ± 13.2 anni, con una mediana di 48 anni ed un range di 15-77 anni.

Su 49 pazienti totali, 34 (69.4%) erano di sesso femminile e 15 (30.6%) di sesso maschile.

TNM

T1

9 N0Mx 15 N1Mx

7 NxMx

T2

9 N0Mx 11 N1Mx

3 NxMx

T3

3 N0Mx 4 N1Mx 3 NxMx

T4

1 N1Mx 1 NxMx

(34)

34 Per quanto riguarda la stadiazione, è stato possibile ricavare l’informazione per 46 pazienti sui 49 totali: 20/46 (43.5%) avevano uno stadio T1 (5 T1N0Mx, 11 T1N1Mx, 4 T1NxMx); 16/46 (34.8%) uno stadio T2 (6 T2N0Mx, 9 T2N1Mx, 1 T2NxMx), 8/46 (17.4%) uno stadio T3 (1 T3N0Mx, 4 T3N1Mx, 3 T3NxMx), 2/46 (4.3%) uno stadio T4 (1 T4NxMx, 1 T4N1Mx).

Il tipo di intervento chirurgico effettuato era noto per 46 pazienti; 13/46 (28.3%) erano stati sottoposti a TTx, associata o meno a dissezione LC, ma senza dissezione del CC dei linfonodi del collo, mentre 33/46 (71.7%) avevano subito anche la dissezione del CC.

Gruppo A+ (nt. 9/49 pazienti): comprendeva i pazienti con MS, al momento dell’osservazione (18.4%) (Tab.9). Il follow up, rispetto all’intervento chirurgico, è risultato di 134.7 ± 64.3 mesi, con una mediana di 123 mesi (circa 10 anni) ed un range di 48-267 mesi. L’età media al momento dell’intervento chirurgico è risultata di 49.6 ± 7.8 anni, con una mediana di 48 anni ed un range di 39-59 anni. Dei 9 pazienti, 6 (66.7%) erano di sesso femminile e 3 (33.3%) di sesso maschile.

Per quanto concerne la stadiazione anatomo-patologica, i pazienti erano così distribuiti: 4 T1 (2 T1N1Mx, 2 T1NxMx), 2 T2N1Mx, 3 T3 (1 T3N1Mx, 2 T3NxMx).

Su 9 pazienti, 6 (66.7%) erano stati sottoposti ad intervento di TTx, senza dissezione del CC, mentre 3 (33.3%) avevano subito anche la dissezione del CC.

Gruppo A- (nt. 40/49 pazienti): comprendeva i pazienti senza MS al momento dell’osservazione (81.6%). Il follow up, rispetto all’intervento chirurgico, è risultato di 127.2

± 62.7 mesi, con una mediana di 103.5 mesi (circa 9 anni) ed un range di 44-321 mesi; l’età media al momento dell’intervento è risultata di 47.3 ± 14.2, con una mediana di 47.5 anni ed un range di 15-77 anni. Erano presenti 28 donne (70%) e 12 uomini (30%);

Per quanto riguarda la stadiazione anatomo-patologica, l’informazione era nota per 37/40

pazienti, che risultavano così distribuiti: 16/37 con stadio T1 (5 T1N0Mx, 9 T1N1Mx, 2

(35)

35 T1NxMx), 14/37 con stadio T2 (6 T2N0Mx, 7 T2N1Mx, 1 T2NxMx), 5/37 con stadio T3 (1 T3N0Mx, 3 T3N1Mx, 1 T3NxMx), 2/37 con stadio T4 (1 T4NxMx, 1 T4N1M1).

Di 37/40 pazienti era noto il tipo di intervento chirurgico eseguito: 7/37 (18.9%) avevano subito una TTx, senza dissezione del CC, mentre 30/37 (81.1%) avevano subito anche la dissezione del CC dei linfonodi del collo.

4.1.3) Pazienti del gruppo B

I pazienti del gruppo B (nt. 21 pazienti) presentavano all’ultimo controllo valori di CT indosabile basalmente, ma dosabile dopo test di stimolo, come richiesto dai criteri di inclusione.

La durata del follow up, rispetto all’intervento chirurgico, è risultata di 122.8 ± 67.5 mesi, con una mediana di 108 mesi (9 anni) ed un range di 48-356 mesi.

L’età al momento dell’intervento chirurgico è risultata di 50.9 ± 14.1 anni, con una mediana di 56 anni ed un range di 22-70 anni.

Dei 21 pazienti totali, 16 (76.2%) erano di sesso femminile e 5 (23.8%) di sesso maschile.

Di 20 pazienti era disponibile la stadiazione anatomo-patologica: 11/20 (55%) presentavano uno stadio T1 (4 T1N0Mx, 4 T1N1Mx, 3 T1NxMx), 7/20 (35%) uno stadio T2 (3 T2N0Mx, 2 T2N1Mx, 2 T2NxMx) e 2/20 pazienti (10%) uno stadio T3N0Mx.

Dei 21 pazienti del gruppo, 6 (28.6%) erano stati sottoposti a TTx, senza dissezione del CC dei linfonodi del collo, mentre per i restanti 15 pazienti (71.4%) l’intervento comprendeva anche la dissezione del CC.

Gruppo B+ (nt. 1/21 pazienti): un solo paziente, di sesso maschile, presentava MS al

momento dell’osservazione (4.8%); l’età al momento dell’intervento chirurgico (TTx, con

dissezione del CC dei linfonodi cervicali) era 48 anni. Il follow up totale, rispetto

(36)

36 all’intervento chirurgico, era di 95 mesi (circa 8 anni) e la stadiazione anatomo-patologica era T1N1Mx. (Tab.10)

Gruppo B- (nt. 20/21 pazienti): comprendeva i pazienti senza MS al momento dell’osservazione (95.2%). Il follow up, rispetto all’intervento chirurgico, è risultato di 124.2

± 68.9 mesi, con una mediana di 108.5 mesi (circa 9 anni) ed un range di 48-356 mesi. L’età al momento dell’intervento chirurgico è risultata di 51 ± 14.5 anni, con una mediana di 56.5 anni ed un range di 22-70 anni. Il gruppo era costituito da 16 donne (80%) e 4 uomini (20%).

Dal punto di vista della stadiazione anatomo-patologica, di 19 pazienti era nota l’informazione: 10/19 (52.6%) presentavano uno stadio T1 (4 T1N0Mx, 3 T1N1Mx, 3 T1NxMx), 7/19 (36.9%) uno stadio T2 (3 T2N0Mx, 2 T2N1Mx, 2 T2NxMx) e 2/19 pazienti (10.5%) uno stadio T3N0Mx.

Su 20 pazienti totali, 6 (30%) erano stati sottoposti ad un intervento di TTx, senza dissezione

del CC e 14 (70%) anche a dissezione del CC.

(37)

37 Tabella 9: Pazienti del gruppo A+.

Pazienti Tipo Tx TNM

Follow up totale (mesi)

Tipo di MS

Valore della CT (pg/mL)

associato

A1 TTx T3N1Mx 123

Metastasi epatiche e polmonari

73

A2 TTx+CC T2N1Mx 116 Metastasi epatiche 111

A3 TTx T3NxMx 135

Persistenza o Recidiva di malattia cervicale

113

A4 TTx T3NxMx 48

Persistenza o Recidiva di malattia cervicale

21

A5 TTx T1N1Mx 101

Linfadenopatia cervicale

130

A6 TTx T1NxMx 96

Linfadenopatia cervicale

22

A7 TTx+CC T1N1Mx 123

Linfadenopatia cervicale

89

A8 TTx T1NxMx 267

Linfadenopatia cervicale

90

A9 TTx+CC T2N1Mx 204

Linfadenopatia cervicale

100

(38)

38 Tabella 10: Pazienti del gruppo B+.

Pazienti Tipo Tx TNM

Follow up totale (mesi)

Tipo di MS

Valore della CT (pg/mL) associato

B1 TTx+CC T1N1Mx 95

Linfadenopatia cervicale

0-picco 10

4.1.4) Pazienti totali con MS

Dei 70 pazienti in studio, 10 (14.3%) avevano un’evidenza di MS, al momento dell’osservazione. Dalla ricostruzione retrospettiva della storia clinica dei 70 pazienti totali, è emerso, inoltre, che 3/70 pazienti, diversi dai 10 suddetti, avevano sviluppato una MS durante il follow up, che non era più evidente al momento dell’osservazione, perché asportata, con successiva negativizzazione delle indagini diagnostiche effettuate. Di questi ulteriori 3 pazienti, 1 aveva una CTb- e una CTs+ all’evidenza di MS, mentre gli altri 2 avevano una CTb+ (37 pg/mL e 185 pg/mL, rispettivamente), all’evidenza di MS. Per tutti i 3 pazienti suddetti la MS consisteva in una linfadenopatia cervicale. (Tab.11)

In tutto, quindi, 13/70 pazienti (18.6%) avevano mostrato una MS, durante il follow up.

La durata del follow up, rispetto all’intervento chirurgico, in questi 13 pazienti, è risultata di 136 ± 58.5 mesi, con una mediana di 123 mesi (circa 10 anni) ed un range di 48-267 mesi.

L’età al momento della Tx è risultata di 47.6 ± 7.7 anni, con una mediana di 48 anni ed un

range di 37-59 anni. Dei 13 pazienti, 6 (46.1%) erano di sesso maschile e gli altri 7 di sesso

femminile (53.9%).

(39)

39 Per quanto riguarda la stadiazione anatomo-patologica, su 13 pazienti totali, 7 (53.9%) si presentavano con uno stadio T1 (1 T1N0Mx, 3 T1NxMx, 3 T1N1Mx), 2 (15.4%) con uno stadio T2N1Mx, 3 pazienti (23%) con uno stadio T3 (2 T3NxMx, 1 T3N1Mx) e 1 paziente (7.7%) con uno stadio T4N1Mx.

Su 13 pazienti totali, inoltre, 7 (53.9%) erano stati sottoposti ad un intervento di TTx, associata o meno a dissezione LC, ma senza dissezione del CC, mentre gli altri 6 (46.1%) avevano subito anche una dissezione del CC dei linfonodi del collo.

In tutto, 9/13 pazienti (69.2%) avevano sviluppato una linfadenopatia cervicale; 2/13 pazienti (15.4%) avevano una recidiva o persistenza di malattia a livello cervicale; 1/13 (7.7%) aveva metastasi epatiche; infine 1 paziente (7.7%) aveva sviluppato metastasi epatiche e polmonari.

Tabella 11: Caratteristiche dei 3 pazienti con MS durante il follow up, ma imaging negativo per MS all’osservazione.

Pazienti Tipo Tx TNM

Follow up totale (mesi)

Tipo di MS

Valore della CT (pg/mL)

associato

FU1 TTx+CC T1N0Mx 101

Linfadenopatia cervicale

185

FU2 TTx+CC T4N1Mx 146

Linfadenopatia cervicale

37

FU3 TTx T1NxMx 206

Linfadenopatia cervicale

0-picco 45

(40)

40

4.1.5) Differenze tra gruppi

Confronto tra i gruppi A e B: come mostrato in Tabella 12, non vi era alcuna differenza statisticamente significativa tra i pazienti che presentavano una CTb+, tra 10 e 149 pg/mL, e quelli che presentavano una CTb- e una CTs+. Considerando, quindi, che nessun paziente aveva una malattia metastatica evidente al momento della diagnosi e del primo intervento, nessuna delle caratteristiche anatomo-patologiche e cliniche analizzate avrebbero potuto predire la positività o meno del valore basale di CT, rispetto alla positività del valore stimolato.

Tabella 12: Pazienti dei gruppi A e B, a confronto.

Gruppo A (nt. 49)

Gruppo B

(nt. 21) p

Follow up (mesi)

Media 128.6±62.5 124.2±68.9

0.6

Mediana 107 108.5

Range 44-321 48-356

Età alla Tx (anni)

Media 47.7±13.2 51±14.5

0.6

Mediana 48 56.5

Range 15-77 22-70

Sesso F 34 (69.4%) 16 (76.2%)

M 15 (30.6%) 5 (23.8%) 0.6

T

T1 20 (43.5%) 11 (55%)

T2 16 (34.8%) 7 (35%) 0.7

T3 8 (17.4%) 2 (10%)

T4 2 (4.3%) 0

N

Nx 9 (19.6%) 5 (25%)

0.1

N0 12 (26%) 9 (45%)

N1 25 (54.4%) 6 (30%)

Tipo di intervento

TTx 13 (28.3%) 6 (28.6%) TTx+CC 33 (71.7%) 15 (71.4%) 0.8

(TNM: informazione nota per 46/49 pazienti del gruppo A e per 20/21 pazienti

del gruppo B. Tipo di intervento chirurgico: informazione nota per 46/49

pazienti del gruppo A e per tutti i pazienti del gruppo B).

(41)

41 Confronto tra i gruppi A+ e A-: dallo studio è emerso che non esistevano differenze statisticamente significative per i vari parametri esaminati, fatta eccezione per il tipo di intervento chirurgico e lo stadio N. (Tab. 13)

Per quanto riguarda il tipo di intervento chirurgico, i pazienti del gruppo A+ avevano subito un intervento di TTx, senza dissezione del CC, in una percentuale maggiore di circa il 50%

rispetto al gruppo A-, dove le dissezioni del CC erano state maggiormente eseguite (p =

0.004). La quota di pazienti con stadio Nx era, ovviamente, maggiore nel gruppo A+, di circa

il 30% rispetto al gruppo A- (p = 0.04), essendo che molti dei pazienti del gruppo A+ non

avevano subito la dissezione del CC dei linfonodi del collo, senza la quale lo stato di

invasione linfonodale non è valutabile (p = 0.01). Tuttavia, nel gruppo A+, tra coloro che

erano stati sottoposti anche alla dissezione del CC, non erano presenti pazienti con stadio N0,

che invece erano presenti nel gruppo A- (p = 0.04).

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