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Libertà e potere del popolo in Condorcet e Constant

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Academic year: 2021

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INDICE

Introduzione p.2 PARTE I

CONDORCET

Capitolo 1. Rapporto ragione-superstizione p.8 Capitolo 2. Inganno e utilità dell'errore p.19 Capitolo 3. La dimensione istituzionale: opinione pubblica e democrazia p.30 Capitolo 4. Il dispotismo p.42 Capitolo 5. Istruzione pubblica p.51 CONDORCET E CONSTANT p.63 PARTE II

CONSTANT

Capitolo 6. Teoria del progresso p.65 Capitolo 7. Il rapporto tra il popolo e la verità p.78 Capitolo 8. Opinione pubblica p.90 Capitolo 9. Teoria politica p.100 Capitolo 10. La libertà p.113 Conclusione p.125 Bibliografia p.128

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Introduzione

«il popolo è al tempo stesso un pericolo e una possibilità: minaccia l'ordine pubblico mentre lo fonda»1

Condorcet e Constant sono due fra gli intellettuali più noti del periodo rivoluzionario francese. Entrambi possono essere considerati teorici della libertà, il “popolo” è al centro della loro riflessione, con lo scopo di dargli voce, liberandolo da superstizioni e pregiudizi: solo attraverso la ragione e liberandosi dai preconcetti l'uomo può diventare cittadino e possedere quella che noi oggi definiremmo coscienza politica. Partendo dal popolo reale e teorizzando la perfettibilità entrambi, con le dovute somiglianze e divergenze, hanno scritto dei miglioramenti dell'uomo ed hanno indicato la via per perseguirli.

Studiando le opere di Condorcet e Constant, a partire dalla loro concezione di popolo e di potere politico, ho suddiviso il loro pensiero

1 P.Rosanvallon, Il popolo introvabile, Il mulino, Urbino, 2005, p.37.

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in cinque tematiche cadauno, strettamente connesse. Iniziando da Condorcet, il primo in linea cronologica rispetto a Constant.

Il Capitolo 1 è dedicato al rapporto tra ragione e superstizione, a cui Condorcet dedicò la sua opera più importante, Abbozzo di un quadro storico dei progressi dello spirito umano. Suddividendo la storia in epoche evidenzia come sia stata la superstizione e con essa il mettere da parte la ragione che abbia creato degli uomini sottomessi ad altri ed è a partire da ciò che si dipanano molti problemi, tra cui il rapporto del popolo con la tirannide ed il problema dell'accesso alla verità da parte del popolo.

Nel capitolo 2 ho trattato del rapporto del popolo con l'inganno, riprendendo un testo di Condorcet nato in risposta ad un quesito accademico: se possa tornare utile al popolo essere ingannato. Egli si pone il problema della verità e se sia mai possibile che qualche errore torni utile agli uomini; la sua risposta sarà negativa poiché dall'errore non possono generarsi che errori.

Il capitolo 3 è dedicato alla dimensione istituzionale: la natura e la diversificazione dei poteri politici in una nazione libera per

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salvaguardarsi dalla tirannia. Avendo sempre come obiettivo la partecipazione attiva del popolo in politica, Condorcet, nel proseguire dei suoi studi inizia col trattare l'opinione pubblica, cioè quella che in mano ai cittadini dovrebbe costituire la forza del popolo. Qui però riaffiora il problema dell'allontanamento della ragione da parte del popolo e dei molteplici sforzi effettuati da chi governa per filtrare le informazioni che devono giungere ai cittadini. Gli uomini in realtà devono conoscere i principi che li governano e poterli giudicare.

Il modello proposto da Condorcet è quello della democrazia rappresentativa.

Nel capitolo 4 ho trattato del dispotismo in Condorcet, la sua teoria è esposta in uno scritto del 1789, Idee sul dispotismo ad uso di coloro che pronunciano questa parola senza comprenderla, e muove dalla convinzione che possano esserci diverse forme di dispotismo, distinguendone due in particolare: diretto e indiretto. Il punto fondamentale per Condorcet è capire che il dispotismo ha luogo ogni volta che un uomo è sottomesso ad altri, può quindi celarsi anche dietro ad una democrazia rappresentativa; non si deve commettere

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l'errore di identificare la tirannia col dispotismo.

L'ultimo capitolo sulla filosofia di Condorcet è dedicato ai suoi scritti sull'istruzione pubblica: per difendersi dalla superstizione e dalla menzogna il popolo ha uno strumento che è quello dell'istruzione, che deve essere garantita ed estesa a tutti. Partendo dalla convinzione che all'origine della disuguaglianza vi sia la subordinazione che si instaura tra colto ed incolto, Condorcet elogia l'istruzione pubblica, tenuta comunque sempre distinta da un'educazione che deve essere privata, per garantire la libertà di pensiero.

Terminata la parte su Condorcet e dopo aver scritto un breve capitolo sulle motivazioni che mi hanno portato ad accostare Condorcet e Constant, ho tentato di svolgere un lavoro in parallelo per evidenziare ancor di più quanto le tematiche dei due intellettuali fossero comuni. Anche la seconda parte si compone dunque di 5 capitoli.

Il primo dei quali è dedicato alla teoria della perfettibilità, la preoccupazione di Constant di adottare un modello teorico che avesse come premessa il progresso sociale è testimoniata anche dai suoi scritti sulle credenze religiose. La perfettibilità non era altro che la

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graduale realizzazione di ciò che Constant considerava la più importante delle passioni e dei sentimenti umani, l'aspirazione all'uguaglianza.

Il secondo capitolo è dedicato al rapporto popolo- verità, per Constant la situazione di soggetti sinceri ed illusi è una condizione reale dell'umanità, egli pensa ad esempio alla Rivoluzione francese, dove i rivoluzionari, credendo di instaurare la verità, in realtà la stavano negando.

Il terzo capitolo è dedicato all'opinione pubblica, che Constant tratta in modo completo cogliendone sia i lati positivi che quelli che possono rivelarsi perfino distruttivi, consapevole del fatto che la libertà d'opinione del popolo è strettamente legata alla libertà del governo e delle sue istituzioni.

Nel quarto capitolo ho trattato della teoria politica di Constant, dove preliminarmente è affrontata la concezione della sovranità e dell'autorità sociale. Fondamentale per Constant è porre dei limiti al potere, poiché un potere illimitato non è utile nemmeno nelle mani del popolo, anzi può causare solo mali. Egli teorizza la diversificazione

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dei poteri in reciproco controllo ed istituisce un nuovo tipo di potere “neutro” con la sola funzione di sorveglianza. In conclusione il nodo cruciale è il rapporto tra autorità e libertà, che vanno a costituire due sfere reciprocamente esclusive: la sfera della libertà e dei diritti individuali, all'interno della quale unico sovrano leggittimo è l'individuo.

Ho deciso di terminare il mio lavoro su Constant dedicando l'ultimo capitolo alla libertà. Una società di uomini liberi è il fine a cui tende l'umanità. Egli affronta questo problema riconoscendo due dimensioni diverse della libertà: quella civile e quella politica, in questo egli vede la differenza tra le società antiche, che possedevano e davano un gran valore alla libertà politica, e le società moderne, che posseggono la libertà civile e che rischiano di non lottare abbastanza per quella politica. In realtà entrambe le forme di libertà sono necessarie. La libertà politica è indispensabile, poiché, allargando lo spirito, nobilita i pensieri e stabilisce tra gli uomini una sorta di uguaglianza intellettuale.

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PARTE I CONDORCET Capitolo 1.

Rapporto ragione-superstizione

«se l'uomo vuole dominare il proprio avvenire, deve riappropriarsi del proprio passato» 2

La ragione per Condorcet non è qualcosa di astratto o astorico, ma è una ragione storicizzata che si forma con l'umanità. Il problema nasce dal fatto che l'umanità nel proprio percorso non sempre si è lasciata guidare dalla ragione e spesso ha impedito il dispiegarsi di essa. Gli uomini si sono affidati a delle superstizioni, queste consistono nel sostituire l'autorità degli altri uomini a quella della ragione, oppure l'attaccamento cieco a delle idee ricevute sin dall'infanzia e agli usi del proprio paese. Restare in preda alle superstizioni significa rimanere in una forma di schiavitù, alla quale l'uomo non è condannato, al contrario, può e deve liberarsi delle superstizioni e ciò può avvenire solo attraverso l'uso della ragione e le conoscenze.

Condorcet ha una profonda fiducia nel fatto che l'uomo possa

2.D. Grimaldi, Scienza,morale e politica in Condorcet, Roma: Japadre editore,1991, p.142.

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continuamente migliorare nel suo avvenire. In nome di questo principio, tutte le azioni umane devono essere rivolte alla liberazione dell'individuo da ogni forma di schiavitù.

Partendo quindi dalla convinzione che «la natura non ha posto alcun limite al perfezionamento delle facoltà umane»3, Condorcet si pone il problema di come l'uomo possa abbandonarsi a credenze e superstizioni, sottomettendosi alla tutela di una classe politica destinata a governare. Per cogliere le crepe dell'animo umano dove si annidano le superstizioni e le false credenze, elabora una storia dello sviluppo dello spirito dall'origine della civiltà fino alla modernità. Secondo il percorso tratteggiato da Condorcet, nella sua opera più celebre, l' Abbozzo di un quadro storico dei progressi dello spirito umano, già nella prima epoca, quando gli uomini si riuniscono in tribù, con le prime tracce di un'autorità politica, avviene una divisione in due classi: una destinata ad insegnare e l'altra a credere,«l'una vuole elevarsi al di sopra della ragione, l'altra rinuncia umilmente alla sua»4. Qui si cela l'origine della disuguaglianza delle possibilità nella

3 Condorcet, Abbozzo di un quadro storico dei progressi dello spirito umano, Torino: Einaudi, 1969,p.48.

4 Ivi, p.59.

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società, introducendo un divario tra coloro che hanno accesso alla verità e coloro che devono ricevere le conoscenze da altri. La classe che possiede le conoscenze può quindi scegliere quali trasmettere e secondo quali modalità farlo: «si perfeziona l'arte di ingannare gli uomini per depredarli e di arrogarsi sulle loro opinioni un'autorità fondata su paure e speranze chimeriche»5, nascono famiglie sacerdotali che si cristallizzano in ordini e si arrogano prerogative, si distaccano dagli uomini per meglio assoggettarli, impadronendosi in modo esclusivo della medicina e dell'astronomia al fine di soggiogare lo spirito per «non lasciarne alcuno che smascherasse la sua ipocrisia e che distruggesse la sua tirannia».6

Con lo stabilirsi della società si avverte la necessità di una legislazione. Capi e famiglie esagerarono nell'arrogarsi diritti, rendendo troppo evidente il loro predominio, il popolo non sopporta di sottostare ad un giogo così visibile e quelle medesime famiglie vengono annientate o assoggettate alla legge. Si formano le prime repubbliche.

5 Ivi, p.62. 6 Ivi, p.62.

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La prima forma di tirannia era transitoria, rinchiusa in un piccolo spazio e palese, tanto da non poter durare:

La tirannia era vista troppo da vicino, per non ispirare più orrore che terrore: e la forza come le idee non possono foggiare catene durature, a meno che i tiranni non estendano il dominio ad una distanza abbastanza grande da poter nascondere alla nazione che opprimono, dividendola, il segreto della sua potenza e della sua debolezza.7

Il dispotismo si distingue dalla tirannia transitoria, poiché sotto il primo regna il terrore e nessuno concepisce la possibilità di opporgli resistenza. C'è dispotismo tutte le volte che gli uomini sono sottoposti alla volontà arbitraria di altri uomini. Una rivolta può essere fatale a

7 Ivi, p.69.

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un despota ma non al dispotismo: si potrebbe ottenere come risultato il cambio della dinastia, senza però riuscire ad abbattere i pregiudizi che stanno alla base di un ordinamento dispotico, cambiando così solo il soggetto al potere, ma non mutando il tipo di assoggettamento.

A questo punto della storia, nella società emergono degli usurpatori con diritto esclusivo di istruire l'uomo, il progresso era un fine secondario; «non cercavano la verità che per diffondere gli errori»,8 tutto era subordinato al dominio:

poiché il fine era non istruire , ma dominare, non soltanto essi non comunicavano al popolo tutte le loro conoscenze ma alteravano con errori quelle che volevano rivelargli; essi gli insegnavano, non ciò che credevano vero, ma ciò che era loro utile.9

A furia di ingannare, anche gli ingannatori iniziarono a dimenticare le

8 Ivi, p.74. 9 Ivi,p.74.

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verità nascoste sotto le loro allegorie e finirono per essere vittime delle false opinioni di cui erano stati gli artefici. In queste osservazioni Condorcet può essere accostato a Kant: entrambi i filosofi si occuparono di trovare le motivazioni per le quali l'uomo era caduto in uno stato di minorità e come fare per uscire da questo stato, entrambi si occuparono di come l'alterazione della verità potesse incidere sulla vita sociale e politica, Kant, parlando dell'illuminismo e di come gli uomini debbano riuscire ad usare autonomamente la propria ragione, asserisce: «tanto è pericoloso seminare pregiudizi, perché questi infine si vendicano su quegli stessi che sono stati i loro artefici».10 Secondo Condorcet, questi errori continuarono a propagarsi fino al punto in cui venne ritenuto naturale l'uomo corrotto da pregiudizi e passioni fittizie.

Nella quinta epoca,giunge a trattare dell'impero romano e del sorgere del cristianesimo che ben presto divenne “un partito” molto potente. Il disprezzo per le scienze era tra le caratteristiche di questa religione «solo fantasticherie teologiche, imposture superstiziose occupano la

10 Kant, Risposta alla domanda: che cos'è l'illuminismo, in “Scritti di storia,politica e diritto”, editori laterza, Roma, 1995,p.46.

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mente degli uomini, l'intolleranza è la loro sola morale».11 Roma era la residenza del capo della religione, i preti in Occidente uniti sotto un capo eressero un potere che fece da contraltare a quello dei re. L'Europa quindi si ritrovò tra la tirannia sacerdotale ed il dispotismo militare: «questa città dominatrice impose all'universo le catene di una nuova tirannia».

In Oriente la decadenza fu più lenta, ma avvenne lo stesso tramite la figura di Maometto che riunisce le tribù arabe elevandosi a legislatore, pontefice, giudice:

egli spaccia un'accozzaglia di favole che dice di aver ricevuto dal cielo […] Si vide il genio abbandonare per la seconda volta il popolo che aveva illuminato, ed è ancora davanti alla tirannia ed alla superstizione che esso è costretto a sparire12.

11 Condorcet, op. cit.,p.109. 12 Ivi, p.116.

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Ci fu poi l'epoca delle forti proteste contro i sacerdoti per i loro comportamenti, è il periodo della Santa inquisizione, delle crociate e dei templari:

il carattere di quest'epoca fu di aver disposto lo spirito umano alla rivoluzione che la scoperta della stampa doveva portare e di preparare il terreno che le età seguenti dovevano coprire di un raccolto ricco ed abbondante.13

Sorge la stampa e la facilità di leggere fa accrescere e diffondere i mezzi per istruirsi, attraverso le maggiori conoscenze si forma quella che è definita “opinione pubblica” «così si vide elevarsi, in favore della ragione e della giustizia, un tribunale indipendente da tutti i poteri, al quale è difficile nascondere qualcosa ed impossibile sfuggire».14

13 Ivi, p.127. 14 Ivi, p.129.

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I nuovi errori vengono combattuti sul nascere prima di imporsi sugli spiriti: «La stampa può diffondere una luce indipendente e pura».15 Nella ricostruzione di Condorcet, Lutero è colui che dimostra che le istituzioni della chiesa non erano il cristianesimo, ma la depravazione di esso. Mentre il popolo inizia ad interrogarsi sulla reale autorità dei preti, i re si posero alla difesa della religione cristiana, poiché temevano che, se il popolo avesse disvelato i motivi di un falso dominio in cose religiose, avrebbe presto compiuto il passo successivo, quello di scoprire la falsità nascosta dietro l'autorità politica:

il dispotismo ha il suo istinto ed aveva rivelato ai re che gli uomini, dopo aver sottoposto i pregiudizi religiosi all'esame della ragione, vi avrebbero sottoposto anche i pregiudizi politici, che illuminati dalle usurpazioni dei papi avrebbero finito per

15 Ivi, p.130.

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volerlo essere sulle usurpazioni dei re.16

Questa fu l'epoca delle guerre sacre, dei massacri religiosi e del popolamento del nuovo mondo, ovunque ragione ed autorità si disputarono il predominio. Fu in questo momento che dovette nascere lo spirito critico:

ogni uomo prima di dissipare gli errori altrui, doveva cominciare col riconoscere i propri; prima di lottare contro le difficoltà che la natura oppone alla scoperta della verità, aveva bisogno di ricreare la propria intelligenza17

In quest'età lo spirito umano non fu libero, ma capì che era stato creato per esserlo.

Non si può più distinguere semplicemente tra una classe che comanda

16 Ivi, p.134. 17 Ivi, p.144.

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ed una che obbedisce è necessario distinguere tra una classe di ingannatori ed una di ingannati.

«Condorcet considera l'uguaglianza di fatto lo scopo ultimo dell'arte sociale»,18la sua realizzazione è il compito che l'umanità deve svolgere:

In Condorcet l'uguaglianza diventa il fulcro che mette in luce i nessi scopertamente politici che legano l'individuo al comune e si trasforma nell'elemento da cui indagare non solo la legittimità del potere ma anche differenze di genere, classe, status.19

Per poter ottenere l'uguaglianza sociale, gli uomini non devono fare altro che affidarsi alla ragione:«Bisogna dunque sempre tener presente che noi non possiamo far recedere il male che in misura dell'accrescimento della nostra conoscenza».20

18 G. Durante, Condorcet, gli sguardi dell'illuminista, Dedalo, Bari 2009, p.8. 19 Ivi, p.9.

20 D. Grimaldi, op. cit., p.170.

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Gli uomini quindi, non devono permettere che sia solo uno o una classe ad avere accesso alla verità, altrimenti quel vero potrebbe essere contraffatto ed alle volte potrebbe avvenire che, gli stessi ingannatori ricadano sotto il loro giogo e che la verità venga persa ed «una volta che il vero sfugge, è impossibile recuperarlo».21

Per le stesse motivazioni non può in nessun modo tornare utile che il governo inganni il popolo su alcuna cosa.

21 Hume, Sull'origine naturale della religione, editore laterza: Roma-Bari,2007, p.51.

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Capitolo 2.

Inganno e utilità dell'errore.

«L'opinione che alcuni errori possono esser utili è la più pericolosa degli errori nocivi e racchiude in se tutti gli altri».22

L'inganno usa la realtà per creare un vantaggio che consiste nel ritagliarsi un accesso alla verità e precluderlo agli altri. Esso ha un preciso elemento di consapevolezza, presente nell'ingannatore ed assente nell'ingannato. L'inganno si basa sullo sfruttamento utilitaristico di un accesso privato alla verità per porre l'altro in una situazione di svantaggio. I tre caratteri principali dell'inganno sono: relazione, asimmetria, vantaggio.

Affinché l'oppressione possa essere utile all'oppressore, bisogna che l'oppresso sia abbandonato alla superstizione o privato della ragione. Lo stato di minorità non è mai causa di politiche che lo consacrino ma sempre effetto.

22 Condorcet, Bisogna ingannare gli uomini?, dispensa tradotta dal prof. Paoletti,p.128.

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Occupandosi di questo tipo di alterazione della verità,il problema che si pone Condorcet è quello dell'inganno a fin di bene. Può esistere un inganno che avvantaggi gli ingannati?

In risposta ad un quesito accademico23, Condorcet scrive un testo dove si chiede se sia utile ingannare il popolo. Il testo si compone di due parti. La prima pone l'accento sulla presunta utilità di introdurre nuovi errori, la seconda riguarda il comportamento da tenere con gli errori che ci sono.

Secondo il filosofo, quando ci si addentra in uno studio che riguarda la possibile utilità dell'alterazione della verità in politica, la prima domanda a cui si deve rispondere è in cosa consista l'utilità dell'errore. Quali possono essere le utilità? Condorcet, quindi, prova a rispondere a questo quesito, sperimentando vari casi e valutando caso per caso se l'errore sia utile:

Come primo punto, Condorcet stabilisce che l'utilità generale dell'errore non esiste, c'è un nesso di implicazione tra vero ed utile. Dalla verità non può discendere il falso, ogni verità conduce ad una

23 Il quesito universitario posto a Condorcet era: è utile agli uomini essere ingannati?, egli risponde scrivendo un breve saggio dal titolo Bisogna ingannare il popolo?

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verità. L'obiezione che può essere opposta a ciò è che nella realtà, a volte avviene che dal vero discenda il falso, ma quando questo accade, ciò è dovuto all'applicazione errata del vero che può essere causata da una mancanza di conoscenza, quindi è il ragionamento erroneo che ha come conseguenza il falso malgrado si proceda a partire da una verità. La filosofia serve a tutelare l'applicazione della verità.

da una verità si deduce l'errore solo ragionando in modo erroneo; ed ogni ragionamento erroneo presuppone una falsa premessa. L'errore non può essere frutto della verità ma solo di una falsa opinione, da cui scaturiscono false conclusioni.24

Anche se alcuni filosofi precedenti a Condorcet credevano in un inganno strutturale e permanente, altri come per esempio Machiavelli

24 Ivi, p.78.

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ritenevano l'inganno una componente produttiva della politica, l'idea di Machiavelli è che il mondo è fatto di luci ed ombre e la luce piena non ci sarà mai; la politica deve fare i conti con questa opacità e trovare il modo per rendere questa opacità produttiva, non potendo mai eliminarla. Condorcet ritiene che l'inganno non possa essere né produttivo né permanente poiché l'asimmetria dell'accesso alla verità non può durare immutata a lungo, ma tende a crollare. Col perdurare di un inganno del quale solo alcuni sono consapevoli, si potranno verificare diversi scenari o gli oppressi si ribellano e trovano accesso alla verità o gli stessi potenti, alla lunga, risultano coinvolti nel loro stesso inganno: «l'equilibrio tra quella parte della nazione che conosce la verità e l'altra, mantenuta nell'errore non può durare a lungo o gli schiavi giungono a comprendere la verità o i dominatori abbrutiscono»25.

L' inganno è essenzialmente instabile, non può strutturarsi in un impalcatura durevole. È temporaneo, parassitario rispetto alla dimensione di verità e di realtà, non può essere un principio di

25 Ivi, p.82.

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organizzazione politica poiché nega se stesso.

Continuando nella ricerca di altre apparenti utilità dell'inganno ci si imbatte nell'utilità strumentale della credenza,che consiste nel far credere a verità contro-intuitive sostenendole attraverso errori; nell'utilità strumentale dell'azione,che consiste nel far agire secondo verità, ma convincendo e persuadendo tramite errori. Condorcet nega l'utilità dell'errore anche in casi come questi. La prima questione ha due inconvenienti:

il primo è che appena gli uomini si rendessero conto della falsità delle opinioni messe a sostegno della verità , sarebbero indotti a rifiutare l'una e le altre. Il secondo è che con ogni probabilità gli uomini incaricati di diffondere la verità tra il popolo queste false opinioni, invece di usarle come sostegno alla verità le utilizzerebbero per

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confermare errori perniciosi26

La seconda questione è più importante, i motivi erronei sono come i falsi principi, un uomo scoprendo la falsità delle motivazioni rischierebbe di perdere ogni senso di giustizia.

A questo punto Condorcet introduce “l'entusiasmo”, concetto chiave nella sua filosofia politica. Qui si limita a riferirsi ad esso come emozione necessaria per spingere all'azione. L'entusiasmo, nello sviluppo del pensiero di Condorcet, consisterebbe nel rappresentarsi con forza e in una sola volta, tutti i mali che nasceranno per noi e per gli altri da una cattiva azione; non sarebbe un errore ma una maniera più rapida, più intera di vedere la verità; perciò disporre gli uomini a tale entusiasmo non significherebbe ingannarli.

Molto importante in tutto il pensiero di Condorcet è la convinzione che il filosofo ha del fatto che non esistano soggetti minori,come ad esempio si riteneva che fossero le donne, o almeno che non esistano soggetti la cui minorità sia data per natura e permanentemente, il

26 Ivi, p.84-85.

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popolo non è minore nella sua essenza ma è reso minore per conseguenza di condizioni storiche.

Nessuno nasce con uno spirito distorto[...] Se quasi sempre lo spirito popolare devia dalla retta ragione ciò non è conseguenza dell'ignoranza, ma dei molteplici sforzi compiuti per fomentare la stupidità e la follia del popolo27.

A volte, si è ritenuto che per riparare a vecchi errori fosse necessario aggiungerne di altri che possano aiutare gli uomini a raggiungere il vero, ma poiché il male è causato dagli errori è insensato aggiungerne di altri per riparare ai danni fatti dai vecchi, sarebbe più semplice e sicuramente consigliabile distruggere gli errori esistenti e restaurare la verità. Con queste osservazioni si chiude la prima parte del testo

27 Ivi,p.92.

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dedicato all'inganno in politica. Nella seconda parte Condorcet, continua a sostenere che dall'errore non segue mai l'utile, quindi si deve assolutamente evitare la formazione e la divulgazione di nuovi errori; ma, per quel che riguarda gli errori già presenti, ci sono casi in cui non è utile comunicare immediatamente tutta la verità. Ci sono casi in cui sarebbe controproducente comunicare la verità senza limitazioni «Non basta fare il bene ma bisogna farlo bene»28. Condorcet riconosce quattro eccezioni, quattro casi in cui si può tacere il vero:

• Dio garante della morale, quando la morale di un popolo si basa su una religione, seppur ciò sia errato, non bisogna sradicare tale religione se prima non si è instaurata una morale fondata sulla ragione.

• diritto politico di resistenza, questo non può essere discusso tranne che nei paesi in cui la forza pubblica appartenga al popolo.

• diritto al segreto, cioè la possibilità di tacere quelle verità che

28 Ivi, p..108.

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potrebbero impedire o ritardare il progresso della verità.

• diritto al progresso, quando si tratta di verità utili tanto al popolo quanto ai tiranni, prima di diffondere tali verità bisogna assicurarsi che sia il popolo a percepirle, altrimenti potrebbero divenire nuove armi per perpetrare il giogo dell'oppressione.

Questi sono tutti casi in cui si ammette l'alterazione della verità nella forma dell'omissione, l'unica ammessa da Condorcet. «Ci sono pochi casi in cui è utile tacere la verità, nessuno in cui sia necessario sviarla»29 . Egli nel suo programma di affermazione della virtù legata

alla verità, a differenza di altri autori settecenteschi quali ad esempio Kant che non conosce eccezione alcuna al dovere di dire la verità, ammette dei casi in cui è lecito tacere il vero. Ma devono essere sempre non azioni, si può cioè tacere il vero ma in nessun caso è lecito contraffarlo, affermando il falso si altera, non agendo si tace. Esiste una sottile linea di demarcazione tra il dire il falso ed il non dire il vero.

29 Ivi,p.120.

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Da queste riflessioni si giunge alla conclusione che nessun errore è utile agli uomini e che nessuno dovrebbe sostenere gli errori a discapito della verità. «L'errore è un male pubblico e diffonderlo è un delitto»30.

A questo punto ci si può chiedere come facciano allora a sopravvivere falsità e superstizioni. La risposta che dà Condorcet è che questi errori sono sostenuti da "potenti interessati" che, per difendere i loro interessi, hanno trovato il modo di convincere il popolo che quegli errori sono necessari. Il popolo continua ad essere posto sotto il giogo dell'inganno per l'utilità personale di alcuni.

La conclusione a cui giunge Condorcet, per risolvere il problema dell'alterazione della verità nella politica è, a mio parere, un po' debole perché la soluzione di tutto questo consisterebbe nell'affidare la guida di un popolo ad un sovrano illuminato:

Una nazione ben governata è quella in cui il capo del governo compie egli stesso le

30 Ivi,p.122.

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proprie mansioni o le affida ad uomini illuminati e virtuosi che non accettano le cariche ministeriali per arricchirsi e guadagnare credito e favori bensì per fare il bene del paese e acquistare gloria; altrimenti principe e nazione saranno preda di chi ha interesse di accecarli per poterli dominare più facilmente.31

Per riconoscere questo tipo di persone un sovrano dovrebbe rivolgersi a coloro che ritengono sempre utile la verità, ritenendo che se qualcuno lo facesse per ipocrisia ne diverrebbe presto la vittima.

È una soluzione un po' fine a stessa perché la garanzia che questi uomini siano interessati alla verità non si può ottenere, si può sempre ricadere in nuovi inganni e anche qualora gli uomini scelti per governare avessero le più buone intenzioni come premesse del loro agire, non si può essere certi che non si corromperanno col passare del

31 Ivi,p.127.

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tempo. Ma questi sono problemi che egli non affronta, lasciandoli così irrisolti.

Per cercare di capire meglio quali sono le soluzioni contenute nella filosofia di Condorcet in merito all'inganno, a ciò che il popolo può fare per liberarsi da esso e soprattutto quale sia il potere politico che ha realmente il popolo, bisogna analizzare la dimensione istituzionale. Per salvaguardarsi dalla tirannia in una nazione libera è necessaria una diversificazione dei poteri politici. Un ruolo molto importante nella democrazia è giocato dall'opinione pubblica. Un problema che per Condorcet diviene molto rilevante quando si tratta di democrazia è quello della maggioranza. Pur riconoscendo l'importanza di essa ciò che critica è la concezione della sua infallibilità.

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Capitolo 3.

La dimensione istituzionale: opinione pubblica e democrazia

«Si è formata l'opinione pubblica[...] così si vide elevarsi, in favore della ragione un tribunale indipendente da tutti i poteri, al quale è difficile nascondere qualcosa ed impossibile sfuggire»32

Avendo sempre come obiettivo la partecipazione attiva del popolo in politica, Condorcet nel proseguire dei suoi studi inizia col trattare l'opinione pubblica, cioè quella che in mano ai cittadini dovrebbe costituire la forza del popolo. Il concetto di opinione pubblica si diffonde in Europa tra il diciassettesimo ed il diciottesimo secolo e la sua formazione è strettamente collegata alla costruzione della società moderna, complessa ed articolata nella quale gli individui possano esprimere, in quanto collettività, giudizi sia sulla politica che su altri temi culturali. Per capire come egli utilizzi questo termine e cosa stia a significare soprattutto nella Francia dell'epoca, è utile rinviare al testo classico di Habermas, che fornisce una ricostruzione di tale concetto. Il concetto di opinione pubblica nasce e subito si polarizza nella stessa

32

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Francia su due distinte posizioni, quella dei fisiocrati e quella del Contratto sociale roussoviano:

Con i fisiocratici l'opinione pubblica assume il significato rigoroso di un'opinione che mediante la discussione critica e nell'ambito della sfera pubblica, si depura fino a diventare autentica opinione33.

I fisiocrati distinguono uno spazio pubblico per la società da uno spazio pubblico per lo Stato e nelle loro concezioni è ferrea la distinzione tra governanti ed intellettuali. Gli intellettuali dovrebbero guidare l'opinione pubblica, illuminare il popolo ed i regnanti, ma al governo spetterebbe il compito di tradurre in legge ed in pratica le idee illuminate:

D'altra parte Rousseau fonda con tutta la chiarezza desiderabile l'autodeterminazione democratica del pubblico, collega la volonté générale con una opinion publique che

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coincide con la opinion irriflessa34.

Secondo Rousseau, l'unica cosa utile per guidare l'interesse generale è il buon senso, il dibattito pubblico, l'argomentare razionale mediato dalla stampa, dai salotti, condurrebbe invece al trionfo dell'eloquenza, degli interessi particolari, sulla semplicità delle opinioni intese come 'costumi radicati':

l'opinione pubblica, cosa sconosciuta ai nostri politici, ma da cui dipende il successo di tutte le altre: cosa di cui il grande legislatore si occupa in segreto, mentre sembra limitarsi a regolamenti particolari che non sono che la curvatura della volta, di cui le consuetudini, più lente a formarsi costituiscono infine l'incontrollabile chiave35.

In questa prospettiva la concezione dell'opinione pubblica in Condorcet diviene di particolare interesse, posizione che si connoterebbe come una sintesi tra le due opposte posizioni viste

34 Ivi,119.

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finora.

Condorcet, come ho già detto nei capitoli precedenti, crede nel fatto che la sottomissione alla legge ed all'autorità pubblica da parte dei cittadini dipenda dalla loro conformità alla ragione. Egli individua nel popolo un soggetto attivo della legislazione dello Stato.

Nel testo Abbozzo di un quadro storico dei progressi dello spirito umano, l'opinione pubblica è descritta come motore pulsante nella fase del progresso della ragione, cioè in quella contemporanea all'autore, l'Illuminismo.

Per Condorcet l'opinione pubblica ha delle enormi potenzialità e deve rivendicare il proprio diritto di essere un tribunale della ragione, ed è al vaglio di essa che dovrebbero presentarsi tutte le decisioni pubbliche. I cittadini hanno il diritto di conoscere i principi che li governano ed anche quello di intervenire qualora non li ritengano giusti.

Qui riemerge il problema dell'allontanamento dalla ragione da parte del popolo e dell'inganno al quale il popolo viene sottoposto, poiché viene reso incapace di giudicare fatti e principi per ignoranza e per i molteplici sforzi attuati a filtrare le informazioni che devono arrivare al popolo e le modalità in base alle quali devono giungervi.

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libero dibattito, le libere opinioni e soprattutto la libertà di stampa. Laddove per stampa si intende l'intera produzione editoriale. Questo sarà un punto su cui Condorcet e molti altri autori settecenteschi batteranno molto e cioè sul grande mezzo di espressione della libertà che può e deve essere la stampa. I luoghi del libero dibattito sono i salotti culturali. Emblematiche sono le associazioni nate in Francia in quegli anni, fra tutte la “Société de 1789” della quale Condorcet fu tra i fondatori. Egli è fermamente convinto del necessario trionfo della verità.

Affinché si possa realizzare un simile modello di società è necessaria un'informazione libera ed esauriente, un dibattito pubblico altrettanto libero e degli individui dispersi non influenzabili da quelli che egli definisce gli «chefs d'opinion» e non organizzati in partiti o fazioni permanenti che tendono ad inquinare un processo di formazione libera e critica.

Il modello che propone Condorcet si basa su due principi che si oppongono a quelli che vigevano nella Francia dell' Ancien Régime: quello della pubblicità opposto alla segretezza, e quello della ragione contrapposto all'arbitrio e al pregiudizio. Ecco che ritornano i temi fondanti della sua filosofia, la lotta al pregiudizio e alla superstizione e l'affermazione della verità a discapito di tutte le possibili alterazioni di

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essa. Ovviamente questo sistema non è esente da eventuali problemi e degenerazioni.

È chiaro che tutto si complica se l'amministrazione dello Stato non è trasparente o la stampa è sottoposta a censura.

Non sono solo la segretezza e la censura a nuocere alla libertà dell'opinione pubblica, ma altri fattori che agiscono in modo più subdolo; Condorcet ne indica quattro che portano il popolo a prendere decisioni errate:

Si possono ridurre a quattro le cause delle decisioni false: l'interesse, la corruzione, le passioni e l'errore. L'interesse può essere personale, oppure del ceto professionale, o di una funzione pubblica nel posto che si occupa, o quello, infine , dello stesso Corpo legislativo. Le passioni possono essere private o pubbliche. L'errore può nascere dall'ignoranza, dai pregiudizi, oppure dalla difficoltà di raggiungere una decisione.36

36 Condorcet, Lettere di un borghese di Newheaven, Alfredo Guida editore, Casoria (Na) 1998, p.20.

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L'attività giornalistica di Condorcet nel periodo rivoluzionario non si limitava ad informare dettagliatamente su ciò che avveniva nel parlamento ma egli cercava di utilizzare il mezzo a sua disposizione come uno strumento per diffondere le sue idee e le sue posizioni politiche.

Il filosofo individua negli Stati Uniti un modello concreto delle sue teorie, tanto da scrivere un testo De l'influence de la Révolution Americaine sur l'Europe. Secondo questo testo la libertà di informazione e di espressione è realizzata nel modello americano. Per ciò che concerne la democrazia e il sistema democratico, Condorcet, nelle Lettere di un borghese di New Haven, delinea un modello di democrazia rappresentativa.

Democrazia rappresentativa[...] che nel momento in cui viene usato per la prima volta si offre con un carico inatteso e dirompente di ambiguità concettuale e semantica che ne rende la traduzione in termini operativi apparentemente assai semplice e in realtà profondamente

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complessa.37

Anche questo sistema può avere al suo interno dei mal funzionamenti se non si interviene sulla forma di elezioni. Il problema centrale rimane sempre lo stesso e cioè che un popolo non istruito e che rimane in balia di superstizioni e pregiudizi, difficilmente sarà in grado di prendere decisioni sagge, ancor più difficilmente riuscirà a scegliere i propri rappresentanti, ma sicuramente sarà molto sensibile. Una democrazia così costituita e così basata su pregiudizi degenererebbe presto in demagogia. Quello di Condorcet non è un giudizio radicale o una condanna di una parte dell'umanità che dovrebbe essere esclusa dal voto, ma è solo una delle problematiche che possono sorgere quando il diritto di voto viene concesso ad individui incapaci di discernimento. Detto ciò egli sostiene anche che sia lecito sostenere che non è mai esistita una vera repubblica, poiché le donne sono sempre state ingiustamente escluse dal voto: «la giustizia richiederebbe che si smettesse di escludere le donne dal diritto di cittadinanza».38

Il filosofo francese fissa alcuni punti necessari in una costituzione per evitare alcuni inconvenienti, quali avere pretese di leggi fondamentali

37 ivi, introduzione di L.Migliorini,p.6. 38 Ivi, p.30.

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o affidare un'autorità assoluta ed illimitata ad un corpo dello stato «ogni corpo che abbia il potere illimitato di fare le proprie leggi è pericoloso per la libertà quale che sia la sua forma»39. Il filosofo propone un modello dove la legge disciplinerebbe solo ciò che deve essere sottoposto ad una regola comune, che avrebbe come fondamento la ragione, le cui regole siano conformi al diritto ed alla ragione. Nel modello di progresso che propone Condorcet l'ultima spinta dovrebbe provenire dall'istruzione, che ha il compito di formare dei cittadini liberi ed indipendenti, liberati da quella forma di dipendenza che deriva dall'ignoranza.

Nella democrazia rappresentativa, il cittadino di Condorcet non esaurisce le sue funzioni una volta eletti i rappresentanti, ma mantiene la sua sovranità anche dopo aver delegato le sue volontà. Una sovranità potenziale che può trovare espressione nel diritto di critica. Un'opinione pubblica che si istituzionalizza mantenendo intatto il diritto di critica verso i propri rappresentanti.

Quello su cui maggiormente si batte Condorcet in merito alla democrazia è l'inutilità e il rischio che comporta la divisione del potere legislativo in differenti corpi, poiché dividerlo serve solo a rendere il corpo legislativo più complesso e meno comprensibile:

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I politici di professione sono, poi , interessati a difendere tutto ciò che è complicato: ogni ceto ha il suo genere di ciarlataneria e quella dei politici consiste nel presentare la loro scienza come una specie di dottrina occulta di cui solo gli adepti posseggono la chiave; […] più una Costituzione è complicata più essa offre risorse agli intrighi ed ai sofismi40

Condorcet viene ricordato dai posteri come teorico del progresso perché le sue opere sono attraversate da un ottimismo illuministico.

Tutte le azioni umane devono essere rivolte alla liberazione dell'uomo da ogni forma di schiavitù e ignoranza ed al trionfo della democrazia come riscatto dall'ignoranza e dalla barbarie. La giustizia sociale, l'uguaglianza giuridica, la democrazia

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appunto, devono imporsi come diritti dell'uomo nella sua universalità e non come mascherati privilegi per i capi, come garanzia dei più deboli e non come forma vuote per giustificare l'egemonia delle élites.41

Egli crede in un potere libero dal giogo del potere monarchico o governativo, ma questo si può ottenere solo attraverso un'istruzione indipendente dall'autorità politica o religiosa. «perché la scienza è per sua natura nemica dell'autorità e lo scienziato in quanto tale, è una minaccia naturale per tutti coloro che hanno ambizioni di dominio»42 . Il filosofo francese profila così una scienza sociale, che deve offrire un modello di progresso continuo. L'idea di fondo è quella di dare alle scienze morali la stessa rigorosità delle scienze fisiche.

L'obbiettivo di Condorcet è quello di trasformare la discussione politica in decisione scientifica, di ricomporre e ristrutturare l'organizzazione sociale nella

41 D.Grimaldi, op.cit., p.9. 42 Ivi,p.37.

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forma di una nazione di cittadini illuminati, uguali davanti alla legge, partecipi della vita, della decisione e del bene comune. Di conciliare,in ultima analisi, razionalità e sovranità, basandosi su una concezione universalistica dell'uomo.43

Più di altri contemporanei, Condorcet investi le sue energie nella costruzione di una società di uguali, attribuendole addirittura un carattere di certezza scientifica.

Da qui l'impegno costante per eliminare qualsiasi tipo di disuguaglianza tra uomo e donna, tra bianchi e neri, tra sovrano e suddito. L'intenzione del filosofo è quella di eliminare le disuguaglianze che derivano principalmente da una differenza culturale, da abolire grazie ad un programma di istruzione pubblica, estesa a tutti.

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Capitolo 4. Il dispotismo

«c'è dispotismo tutte le volte che gli uomini hanno dei padroni, cioè sono sottomessi alla volontà arbitraria di altri uomini».44

Condorcet nella sua teoria sul dispotismo, esposta in uno scritto del 1789 Idee sul dispotismo ad uso di coloro che pronunciano questa parola senza comprenderla, muove dal presupposto che parlare del dispotismo di uno solo su un intero popolo o nazione è quasi da considerarsi come un'astrazione intellettuale, ma il dispotismo di un piccolo gruppo di persone su una moltitudine è molto probabile e la storia ci ha offerto e continua ad offrirci molti esempi. Delinea due principali cause del dispotismo: la facilità con cui può riunirsi un piccolo gruppo e le ricchezze di cui questo gruppo dispone per comprare nuove forze. Anche laddove ci sia un solo uomo a governare, se si guarda più a fondo si nota che tutto il potere gli è dato anche dall'appoggio di un numero limitato di persone che condividono con lui il medesimo potere. Il dispotismo può assumere diverse forme:

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principalmente si può distinguere in dispotismo di diritto e di fatto o diretto e indiretto, anche se queste due forme stanno quasi sempre insieme sotto lo stesso identico potere dispotico.

Il dispotismo diretto ha luogo in tutti i paesi dove i rappresentanti dei cittadini non esercitano il diritto negativo più esteso e non hanno strumenti sufficienti per far cambiare le leggi che considerano contrarie alla ragione ed alla giustizia. Il dispotismo indiretto esiste quando, malgrado il voto della legge, la rappresentanza non è uguale e reale, o quando si è assoggettati a un'autorità che non è stabilita dalla legge.45

Così il dispotismo diretto può avvenire anche in una democrazia rappresentativa, esso esiste perché non si lascia al popolo lo strumento legale per la resistenza ad una legge che esso può ritenere ingiusta, quindi si limita la sovranità del popolo all'elezione dei suoi rappresentanti per poi metterlo da parte, eludendo la possibilità di

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partecipazione attiva alla politica. Una volta scelti i propri rappresentanti il popolo deve poter intervenire nelle decisioni importanti alla vita pubblica, deve comunque poter cambiare idea sui rappresentanti che ha scelto se questi si rivelano incapaci o interessanti, deve insomma avere il potere di sentirsi deluso da essi e di esprimere la propria delusione.

«Poteri diretti ed indiretti formano, nei diversi paesi, un corpo di cittadini la cui arbitraria volontà comanda il resto della nazione; e spesso tra tanti padroni essa non sa a chi obbedisce»46

Molti hanno onorato come libertà l'anarchia prodotta dalla discordia che può sorgere tra i diversi poteri in conflitto, ma «uno schiavo che avesse due padroni, spesso divisi tra di loro, cesserebbe di essere schiavo? Sarebbe forse più felice che se avesse un solo padrone?». Questa riflessione ci fa notare l'assurdità del sistema su cui molti uomini si sono basati per fondare ciò che ritenevano fosse la libertà. Indubbiamente è molto più semplice liberare una nazione da un dispotismo diretto che da uno indiretto; il primo è più visibile e palese il secondo è quello che causa più sofferenza ma che viene appena percepito e il più delle volte non riconosciuto come dispotismo.

Il dispotismo indiretto può essere quello causato dallo stesso corpo

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legislativo, dal governo, da ministri della religione, dai tribunali, da persone di affari o dalla plebaglia.

Quella del corpo legislativo si verifica quando la rappresentanza del popolo cessa di essere reale o è iniqua, ciò scaturisce dalle modalità in cui la legge prescrive l'elezione dei rappresentanti del popolo. Per salvaguardarsi da ciò il popolo deve comunque mantenere intatto il potere di resistenza ed i rappresentanti devono essere eletti per un periodo di tempo determinato in modo che il loro operato possa essere messo spesso in discussione. Il potere dei preti, invece è fondato su una opinione e la libertà di culto e di stampa è un rimedio più che sufficiente, in modo tale che i preti potranno esercitare la tirannia solo su popoli incolti guidati dalla superstizione, mentre nei popoli illuminati questo dispotismo si confonde con la plebaglia:

Nei paesi dove la religione è libera, la divisione dei preti in diverse sette sminuisce il loro credito, e in quelli dove la stampa è libera non è più dai soli preti che la plebaglia trae le sue opinioni; d'altra parte la paura di passare per sciocchi o ipocriti

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impedisce ai grandi uomini di unirsi ai preti.47

Il dispotismo peggiore è quello esercitato dai tribunali poiché per esercitarlo utilizzano la legge che dovrebbe essere il più grande strumento della libertà. Anche in questo caso il modo per combattere questa forma di limitazione della libertà individuale, è quello dell'elezione dei giudici, di rendere il loro mandato a tempo determinato e separare i tribunali civili da quelli penali.

Il dispotismo della plebe non è un dispotismo in sé poiché è solo l'agente di un altro potere, questa forma di dispotismo in realtà non esiste se non per l'utilità di altri poteri dispotici che sono alla guida di una nazione o anche solo dei partiti che, dividendosi questi poteri, sperano di trarne profitto. In altre circostanze la plebe, attaccata com'è ai propri pregiudizi, utilizza il proprio dispotismo solo su ciò che concerne la religione: «Sebbene questo dispotismo sia pericoloso, in nessun luogo si vedono gli altri poteri accordarsi per distruggerlo; è una risorsa che coloro che sono più deboli vogliono risparmiarsi».48 Ci sono tre fattori che concorrono a rendere la plebe così pericolosa: la facilità di riunirla, la sua ignoranza e la sua ferocia. Quindi per

47 Ivi, p.68. 48 Ivi, p.75.

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prevenire gli effetti bisogna attaccare queste tre cause. Per ciò che riguarda la facilità di riunirsi, Condorcet individua due soluzioni, la prima è quella di aumentare l'industria, aumentando così il numero del popolo e diminuendo quello della plebe, il secondo modo è quello di suddividere la città in quartieri, che potrebbero riunirsi sulla base degli interessi comuni.

Per diminuire l'ignoranza occorre dare libertà alla stampa e istituire un solido apparato di aiuti per l'istruzione pubblica.

La ferocia nasce dall'ignoranza e dalla miseria; eliminando questi fattori si eliminerebbe anche la loro conseguenza:

Queste semplici osservazioni sono sufficienti a mostrare come coloro che credono di distruggere realmente il dispotismo distruggendo gli ordini arbitrari del Governo sono lontani dal conoscere tutta la vastità di questo flagello. Parlando sempre di pesi da opporre al dispotismo, dimenticano che lo stesso dispotismo serve contrappesi agli altri e che, per agire di conseguenza, essi dovrebbero desiderarne la

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conservazione.49

Condorcet chiarisce che dispotismo non è assolutamente sinonimo di tirannia, ma sono due forme di dominio ben distinte. Con tirannia si intendere ogni violazione dei diritti degli uomini, che può essere operata illegalmente o legalmente in nome della potenza pubblica, essa può esistere indipendentemente dal dispotismo, è l'uso e l'abuso di un potere illegittimo.

Secondo il filosofo francese l'unico modo per prevenire la tirannia e quello di salvaguardare i diritti degli uomini; per fare ciò occorre che gli uomini conoscano i propri diritti e il miglior modo per far sì che tutti conoscano ciò che è un proprio diritto è quello di redigere una dichiarazione contenente tutti i diritti dei cittadini di una nazione, di chiarirli nei minimi dettagli e di esporre pubblicamente questa dichiarazione. Accanto a tale dichiarazione bisogna chiarire ed esplicitare le modalità attraverso le quali un articolo può essere aggiunto, modificato o abrogato; poiché l'umanità continuerà a progredire e con essa progrediranno i diritti e la conoscenza di questi diritti.

Quelli che Condorcet identifica come diritti inviolabili degli uomini

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sono tre:

• la sicurezza e la libertà della propria persona;

• la sicurezza e la libertà della proprietà;

• l'eguaglianza, che è il diritto che esclude tutte le disuguaglianze che non siano conseguenza della natura dell'uomo.

Ad esempio, avere disuguaglianza nelle ricchezze è naturale tra gli uomini, perché nella libertà della persona c'è anche il diritto di accumulare, però questa ineguaglianza diviene contraria al diritto naturale se è dovuta ad una legge positiva.

I diritti degli uomini sono conosciuti da tutti gli uomini illuminati ma percepirne tutta la vastità è un'impresa difficile: nessun popolo è mai riuscito ad avere una dichiarazione esaustiva dei diritti degli uomini «tanto l'abitudine ha reso familiari all'uomo le sue catene»50.

Secondo Condorcet, il modo migliore per ottenere una dichiarazione dei diritti esaustiva sarebbe quello di farne scrivere separatamente una ad ogni uomo illuminato: facendole pubblicare tutte e comparandole tra loro si avrebbe lo strumento migliore per conoscerli tutti, forse non nell'estensione più assoluta di tali diritti, ma sicuramente nella massima estensione a cui lo stato attuale del progresso dei lumi nell'umanità consente di portarli.

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Più una dichiarazione dei diritti sarà estesa e completa, più sarà chiara e precisa e più la nazione che l'avrà riconosciuta, che vi sarà legata per principio, per opinione, sarà sicura di essere al riparo da ogni tirannia, poiché qualsiasi tirannia che attaccasse in modo evidente uno di questi diritti vedrebbe levarsi contro un'opposizione generale.51

Una dichiarazione dei diritti ha il vantaggio di assicurare la tranquillità generale, poiché nessuno può ritenersi offeso da un'innovazione, se questa è utile al progresso e non lede alcuno dei diritti compresi nella dichiarazione.

Una dichiarazione dei diritti è il più grande strumento di libertà per il popolo, ed al contempo la più grande arma a favore della tranquillità pubblica.

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Capitolo 5.

Istruzione pubblica

«in nessun luogo l'uomo degradato,abbrutito dalla miseria è uguale all'uomo che ha ricevuto un'accurata educazione».52

Tutta la filosofia di Condorcet è volta a combattere la trascendenza del potere, il suo pensiero si sviluppa in modo tale da ricercare tutti i rimedi possibili ad essa. Ho già mostrato nei capitoli precedenti quanto egli ritenga importante la partecipazione attiva del popolo in politica, quanto sia fondamentale il ruolo che l'opinione pubblica deve svolgere. Ora non resta che trattare il modo in cui egli ritenga che si debba combattere ogni forma di strapotere. L'antidoto fornito da Condorcet contro pregiudizi, superstizione e sottomissione cieca ad una qualsivoglia autorità, è quello dell'istruzione pubblica. La tesi di fondo è la ferma convinzione che all'origine di ogni disuguaglianza vi sia la sottomissione spontanea che sorge tra le persone colte e quelle non istruite:

Ogni singolo individuo, al di là del suo

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status sociale o della sua identità di genere, deve poter esercitare liberamente la ragione, esprimere giudizi critici, appellarsi al suo intelletto senza doversi affidare ciecamente alle diverse corporazioni di dotti ed esperti che conservano il monopolio del sapere e delle professioni.53

Da buon illuminista egli ritiene che ogni autorità debba essere sottoposta al tribunale della ragione. Una ragione che non è idolatrata come se fosse oggetto di culto, né tanto meno è un corpo di verità prestabilite che devono essere dogmaticamente accettate. La ragione è giudizio critico, non una verità metafisica che trascende dal reale, ma una verità immanente che vive e si costruisce con gli individui e la loro interazione, una verità che nasce, si sviluppa e si trasforma nella conoscenza dell'altro. Questi presupposti filosofici si concretizzano nell'idea di un'istruzione pubblica.

«Il più potente strumento per tentare un'armonizzazione delle contraddizioni tra eguaglianza e differenze è per Condorcet la massima diffusione di un'istruzione pubblica e laica estesa a tutti i

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cittadini».54

Credendo fermamente nel fatto che siano le qualità individuali a doversi sviluppare e che queste siano diverse in ogni soggetto, Condorcet distingue nettamente questo tipo di istruzione dall'educazione nazionale, che punta a un livellamento delle menti, tanto propugnata in quegli anni dai giacobini e che dal 1793 prenderà il sopravvento per il volere di Robespierre. L'istruzione contrapposta all'educazione, dove per istruzione si intende soprattutto fornire gli strumenti della critica.

«Pubblico» inteso come divisione delle risorse e delle possibilità, come immanenza dei diritti che conferisce una base concreta all'autonomia dei singoli, contro «nazionale» inteso come apparenza e identità, come sacrificio e dedizione, come precetto dell'amore per l'ordine costituito.55

Quest'idea di pubblico fornisce anche una netta separazione tra un'istruzione di tipo pubblico da una di tipo statale: paradossalmente

54 Ivi,p.19.

55 Condorcet, Elogio dell'istruzione pubblica, manifestolibri, Roma 2002,introduzione di M.Bascetta, p.10.

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è lo stato con le sue leggi a dover garantire il carattere non statale dell'istruzione. Ciò significa sostenere l'autonomia del sapere dall'autorità politica, in modo che essa sia garante di libertà, che conferisca il potere di giudicare, criticare e legittimare il potere vigente. La sfera pubblica non è quella in cui si ha un bene comune già costituito da accettare passivamente, ma è quella in cui si può criticare il bene comune e così facendo, costruirlo. E nessuna autorità che sia di tipo religioso o politico può ritenersi depositaria di tale conoscenza.

All'istruzione privata deve essere concesso di poter competere con quella pubblica, di modo che essa possa essere un termine di paragone ed uno stimolo.

Questa impostazione rispecchia la teoria della perfettibilità, l'idea di progresso continuo del genere umano che attraversa tutto il pensiero di Condorcet, idea del tutto antitetica al sapere concesso ad un gruppo esclusivo della società fondato soprattutto sul segreto e sull'esclusione.

È l'idea di un sapere prodotto collettivamente e fruito pubblicamente, fondato su una verità che altro non è se non l'autonomia della conoscenza, sottoposta a

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un processo ininterrotto di verifica. Il sapere, insomma, è il bene comune per eccellenza, il linguaggio razionale della collettività. E l'istruzione pubblica è lo strumento che ne fornisce l'accesso, rendendolo così effettivo.56

L'istruzione deve rimanere sempre autonoma da tutto. La conoscenza e il meccanismo di diffusione di essa devono essere libere tanto dallo stato quanto dal mercato.

Nel 1791 Condorcet redige il testo Mémoires sur l'istruction publique, composto da cinque memorie.

Il testo inizia con l'affermazione che l'istruzione pubblica è un dovere e che le differenze possono sussistere anzi devono esistere però non devono essere differenze che creano dipendenza:

È da temere quel livello di ignoranza in cui l'uomo in balia del ciarlatano che vorrà sedurlo, non potendo difendere da se i suoi interessi è obbligato a consegnarsi

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ciecamente a delle guide che non può né giudicare né scegliere; questo stato di dipendenza servile che ne è conseguenza, sussiste presso quasi tutti i popoli per quanto riguarda le grandi masse per le quali la libertà e l'uguaglianza non possono che essere parole scritte nei loro codici e non diritti dei quali essi sappiano godere57

L'istruzione pubblica ha come fine il perfezionamento dell'uomo, mettendo gli uomini intelligenti in grado di sviluppare il loro genio e preparando le nuove generazioni sulla scorta della cultura appresa dalle generazioni precedenti. Per ottimizzare questo tipo di istruzione dovrebbe essere suddivisa in gradi, secondo le qualità e le tempistiche di ciascuno. Esiste però una profonda distinzione tra istruzione ed educazione:

L'uso del termine istruzione invece che educazione, nel titolo dell'opera voleva proprio sottolineare che lo stato doveva

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intervenire soltanto per trasmettere le conoscenze esistenti alle nuove generazioni, astenendosi dal tentare troppo attivamente di formare il loro spirito.58

L'educazione contiene le opinioni morali e politiche, che non possono essere oggetto di un insegnamento pubblico, poiché se si rendessero tali si lederebbe la libertà di opinione degli individui.

Colui che, entrando nella società, vi porta le opinioni che gli ha dato l'educazione ricevuta, non è più un uomo libero: egli è lo schiavo dei suoi maestri; ed i suoi ferri sono tanto difficili da rompere, perché egli stesso non li sente e crede di obbedire alla sua ragione, quando invece non fa che sottomettersi ad un altro.59

Il fatto che l'educazione sia demandata per la maggior parte alla famiglia non significa che Condorcet ritenga che nell'ambito

58 B.Fontana, Benjamin Constant e il pensiero post-rivoluzionario, Baldini&Castoldi, Varese 1996, p.68.

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domestico non possano sorgere pregiudizi; ritiene però che questo tipo di pregiudizi stiano nell'ordine naturale delle cose e che con una solida istruzione che estenda le cognizioni possano essere facilmente combattuti. Un altro punto che Condorcet tiene a sottolineare è che l'insegnamento morale deve essere totalmente scisso da quello religioso.

Il fine dell'istruzione deve essere sempre la verità, ecco perché non deve esserci un corpo di dottrine che deve essere insegnato esclusivamente.

È di somma importanza che il potere pubblico non detti la dottrina comune del momento, come una verità eterna;di modo che non faccia dell'istruzione un mezzo atto a consacrare i pregiudizi che gli sono utili, e non trasformi in strumento di potere ciò che deve essere la barriera più sicura contro ogni potere ingiusto.60

L'istruzione deve essere poi la medesima sia per gli uomini che per le

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donne, poiché le donne hanno gli stessi diritti degli uomini e quindi devono possedere gli stessi strumenti di conoscenza.

Secondo la struttura tracciata da Condorcet, dovrebbero esistere tre gradi di istruzione, tutti della durata di quattro anni. Nella sua proposta lo Stato dovrebbe fare in modo di garantire a tutti il primo grado di istruzione, in cui accanto a lettura, scrittura ed aritmetica si insegnassero le basi del sistema legislativo in modo tale da consentire, a ciascun cittadino, di conoscere diritti e doveri, così che possa difendere i primi ed eseguire i secondi.

L'istruzione della politica non deve limitarsi allo studio della legge ma si devono studiare i principi che stanno a fondamento di ogni legislazione in modo tale che si possano fornire al popolo gli strumenti di critica necessari anche a contestare o modificare una legge: ogni lezione di politica diverrà così lezione di giustizia.

Alla stessa stregua l'insegnamento della morale non deve limitarsi a delle regole da seguire, ma deve abituare gli uomini a riflettere sulle proprie azioni ed a giudicarle: «È necessario, se non perfezionare, almeno conservare il senso morale che hanno ricevuto per natura e che l'istruzione ha sviluppato».61

Il periodo in cui Condorcet scrive è ancora dominato da una cultura

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rurale, da una popolazione agricola, dove il sapere è nelle mani di pochi eletti. Secondo il filosofo, all'economia rurale si devono aggiungere altre conoscenze come quella veterinaria utile per il bestiame.

«Bisognerà soprattutto insegnare ad istruirsi per mezzo dei libri»62. Nella quarta memoria Condorcet sostiene la divisione dei lavoratori in due classi ben distinte: della prima categoria fanno parte quelle attività che recano un immediato beneficio a colui che le esercita, della seconda quelle occupazioni che si rivolgono all'interesse generale. «Vi sono invece professioni, la cui utilità comune sembra esserne il fine principale. Coloro che le abbracciano, consacrano tempo e lavoro alla società intera: perciò esse sono funzioni pubbliche».63

Mestieri che devono, quindi, essere resi completamente autonomi tanto dall'interesse particolare quanto dall'autorità.

In tutto il testo Condorcet fa una descrizione di una complessa struttura gerarchica, dei gradi e dei modi in cui devono essere impartite le lezioni; il fine unico rimane sempre l'autonomia e la pubblicità dell'istruzione, poiché solo attraverso il mezzo della conoscenza l'uomo può abbandonare pregiudizi e superstizioni per essere pienamente libero.

62 Ivi, p.153. 63 Ivi, p.179.

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