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Definizione di una soluzione di informatizzazione nella ricezione della normativa MIFID II in un Gruppo Bancario

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Academic year: 2021

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Facoltà di Ingegneria Gestionale

Tesi di Laurea

Definizione di una soluzione di informatizzazione nella

ricezione della normativa MiFID II in un Gruppo Bancario

Relatore

Prof. Riccardo Dulmin

Candidato

Gianluca Marullo

547604

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Abstract

Il presente elaborato verte sullo svolgimento di un progetto di allineamento normativo alla MiFID II1 all’interno di uno dei primi tre gruppi bancari italiani. La normativa MiFID II obbliga tutti gli intermediari finanziari a fornire le informazioni circa i costi sostenuti dal cliente in relazione ai servizi o prodotti di investimento. Finalità del progetto quindi è la produzione di un rendiconto. L'orientamento che il progetto ha cercato di avere è quello di introdurre le informazioni sui costi, all'interno di un documento più strutturato dove risaltasse il valore della consulenza prestato e più in generale il servizio che si affianca alla vendita , all'offerta di strumenti finanziari; essenzialmente quello su cui il Gruppo Bancario si è orientato è la produzione di questi documenti dove per famiglie di prodotti venissero date informazioni sui costi del servizio e del prodotto associate a quell'ambito.

Il progetto è stato svolto dal Gruppo Bancario coadiuvato da una delle principali

Società di Consulenza Manageriale a livello globale, tra le cosiddette big four all’interno del

quale si identificano le quattro società di revisione e consulting che si spartiscono il mercato di riferimento.

Nell’elaborato saranno trattate tutte le fasi progettuali: dall’ingaggio della società di consulenza ed il tipo di approccio che il Gruppo Bancario ha adottato per relazionarsi ai consulenti, passando per la pianificazione ed implementazione del progetto, sino ad arrivare al Golive.

L’elaborato presenta, per i primi tre capitoli, una prima parte dove si introduce il settore bancario e le motivazioni che hanno spinto il legislatore ad introdurre misure più stringenti per la regolamentazione dei mercati finanziari seguita da una sezione dove viene riportata la storia normativa, dalla MiFID I alla MiFID II, sottolineando le novità introdotte dalla seconda versione della normativa; infine un capitolo dedicato alla descrizione del Gruppo Bancario.

La seconda parte dell’elaborato (capitoli dal 4 al 7) verte sul progetto che è stato svolto, trattando tutte le fasi: la pianificazione del progetto, l’ingaggio della società di consulenza,

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iv

l’analisi del contesto di riferimento, gap analysis, redazione dei business requirements sino alla fase di testing e successivamente il Go Live.

La parte finale (capitolo 8) dell’elaborato presente delle considerazioni personali.

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Indice

Introduzione ... 1

1. Il Settore Bancario ... 2

1.1. I Mercati Finanziari... 4

2. Market in Financial Instruments Directive ... 9

2.1 MiFID II ... 23

3. Il Gruppo Bancario ... 28

3.1 L’approccio del Gruppo Bancario all’utilizzo della Società di Consulenza Manageriale ... 29

3.2 L’approccio Progettuale della società di consulenza ... 32

4. Pianificazione del progetto ... 35

4.1 L’ingaggio ... 35

4.2 Stakeholder ... 35

4.3 Raccolta requisiti ... 37

4.4 Contesto di riferimento ... 40

5. Esecuzione del progetto ... 43

5.1 Gap Analysis ... 43

5.2 Quantificazione documenti da elaborare ... 77

5.3 Struttura del rendiconto... 79

5.4 Analisi costi da esporre ... 89

5.5 Stesura Business Requirements ... 93

5.6 Monitoraggio fasi di sviluppo ... 95

5.7 Fasi di testing ... 96

5.8 Principali problematiche individuate in fase di test e soluzioni adottate ... 107

5.9 Go Live ... 113

6. Strumenti a supporto delle filiali... 114

7. Probabili scenari a valle della norma ... 118

8. Conclusioni ... 130

Sitografia ... 131

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Introduzione

1

Introduzione

In un’economia caratterizzata da repentini mutamenti, saper gestire e guidare il cambiamento diventa il principale fattore in grado di garantire un vantaggio competitivo rilevante per le aziende.

Molto spesso però la complessità con cui ci si deve confrontare non permette di poter fare unicamente affidamento sulle risorse presenti all’interno dell’organizzazione; così diventa necessario avvalersi di soggetti esterni che, tramite la propria esperienza e conoscenza, possano fornire un supporto metodologico ed organizzativo per fronteggiare tali situazioni. Nell’ultimo decennio si è potuto assistere ad una sempre maggiore presenza, in organizzazioni molto differenti tra loro, di queste figure.

All’interno della realtà bancaria il cambiamento può essere necessario non solo per motivi di business, ma anche per ragioni regolamentari, che impongono agli istituti un adeguamento alla normativa entro un determinato periodo temporale. In entrambi i casi l’innovazione può essere concepita unicamente come un’imposizione e quindi subita passivamente, oppure sfruttata come un’importante opportunità di crescita e di confronto con i propri competitor. È il caso del Gruppo Bancario all’interno del quale è stato svolto il progetto oggetto del presente elaborato che, supportati da una Società Di Consulenza Managerale, ha colto l’occasione data dalla ricezione della normativa MiFID II, per ottimizzare i processi interni e di filiera.

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1. Il Settore Bancario

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1. Il Settore Bancario

Nell'ordinamento italiano l'attività bancaria è definita come l'esercizio congiunto dell'attività di raccolta di risparmio tra il pubblico e dell'attività di concessione del credito (art. 10 del Testo unico bancario, d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 e successive modificazioni e integrazioni)2.

La funzione economica primaria svolta dall’istituto bancario consiste nel trasferire risorse finanziarie (ossia, moneta) da soggetti che ne posseggono a quelli che invece ne difettano, svolgendo il ruolo di controparte con ciascuno di essi. Questa funzione, detta di

intermediazione, è esercitata attraverso la raccolta di fondi dai risparmiatori e la concessione

di prestiti a famiglie e imprese, per le loro esigenze di investimento e consumo.

Quindi l’istituto bancario svolge in sostanza tre funzioni:

1) Funzione creditizia: si esplica nell’attività di erogazione dei prestiti, come ad esempio i mutui, ad un tasso di interesse attivo3, attraverso cui si ha l’allocazione dei risparmi dei depositanti verso soggetti che chiedono credito;

2) Funzione di deposito: si esplica nel servizio che la banca rende ai propri clienti di depositare i propri risparmi per motivi di praticità e con il vantaggio di un interesse da corrispondere alla banca nella forma di interesse passivo4;

3) Funzione di intermediazione.

Inoltre, gli istituti di credito offrono servizi accessori come il cambio di valute straniere, la gestione diretta degli investimenti (gestioni patrimoniali), la custodia di valori in cassette di sicurezza, l'emissione di titoli di credito (assegni, carte di pagamento), il credito all'esportazione, il supporto per operazioni come la compravendita di titoli di stato, azioni, obbligazioni, sicav e fondi comuni di investimento. La Banca, inoltre, può svolgere attività di intermediazione di contratti assicurativi e di servizi di consulenza finanziaria e di investimento.

2 Fonte: www.bancaditalia.it

3 Corrispettivo che viene dato a chi concede l’utilizzazione dei propri mezzi finanziari. Il pagamento degli interessi

alla banca costituisce la controprestazione tipica del beneficiario di un credito ed è subordinato all’effettiva utilizzazione, totale o parziale, del credito concesso

4 Corrispettivo con il quale la banca remunera il risparmio raccolto dalla clientela nelle varie forme di depositi a

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1. Il Settore Bancario

3

Le banche svolgono un ruolo, quindi, di primo piano nelle economie di mercato, ma la loro natura e la loro operatività le espongono a numerosi rischi che possono sfociare in episodi di dissesto, anche su larga scala.

Le crisi bancarie non sono certo una novità dei nostri tempi.

In Italia, come in altri paesi del globo, gli istituti bancari hanno molto risentito la lunga e profonda crisi economica, in Italia più intensa che in altri paesi. Le particolari difficoltà di alcuni intermediari sono state aggravate da gestioni imprudenti o scorrette, che hanno determinato crisi irreversibili. I problemi del settore e la risposta del Governo e della Vigilanza hanno attirato l’attenzione di analisti, politici e mezzi d’informazione oltre che quella dei risparmiatori.

Si sono situati al centro del dibattito, oltre alle vicende di singole banche, l’aumento dei crediti deteriorati (conosciuti anche come prestiti non performanti o NPL non performing loans, NPL, sono crediti delle banche come mutui, finanziamenti e prestiti che i debitori non riescono più a ripagare regolarmente o del tutto) e l’applicazione della disciplina europea sugli aiuti di Stato e delle nuove regole sul risanamento e la risoluzione delle banche in caso di crisi.

Banca Monte dei Paschi di Siena, Veneto Banca, Banca Popolare di Vicenza, Banca delle Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara, Cassa di Risparmio di Chieti sono alcuni esempi di crack societari bancari avvenuti in Italia tra il 2015 e il 2017, ai quali, per alcuni istituti, si è fatto fronte con aumenti di capitale privati e con prestiti del settore pubblico mentre alcuni istituti sono stati posti “in risoluzione”, tale stato consente alla banca in dissesto di continuare a operare, ma lo stato “in risoluzione” è ammesso solamente nel caso in cui l’autorità di risoluzione5 giudichi la banca di “interesse pubblico”.

5 Con regolamento UE/2014/806, pienamente operativo da gennaio 2016, è stato introdotto il Meccanismo di

risoluzione unico delle banche e delle società di intermediazione mobiliare (SIM) che prestano servizi che comportano l’assunzione di rischi in proprio (Single Resolution Mechanism, SRM), complementare al Meccanismo di vigilanza unico (Single Supervisory Mechanism - SSM) con l’obiettivo di preservare la stabilità finanziaria dell’area dell’euro mediante una gestione centralizzata delle procedure di risoluzione. È altresì prevista l’istituzione di un Fondo di risoluzione unico per il finanziamento dei programmi di risoluzione (Single Resolution Fund, SRF) alimentato dai contributi degli intermediari dei paesi dell’area dell’euro con un piano di versamenti distribuito in 8 anni, senza utilizzo di denaro pubblico. Il sistema è formato dalle Autorità nazionali di risoluzione (National Resolution Authority, NRA) e dal Comitato di risoluzione unico (Single Resolution Board, SRB), un’agenzia europea per l’esercizio delle funzioni di risoluzione, nel cui board sono presenti anche i rappresentanti delle autorità nazionali. Il sistema di risoluzione unico ha l'obiettivo di assicurare la gestione ordinata delle crisi delle banche c.d. significative o con operatività transfrontaliera nell’area dell’euro e delle principali SIM, superando i problemi determinati dalla frammentazione delle procedure su base nazionale.

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1.1. I Mercati Finanziari

4

I crack societari hanno colpito in pieno gli azionisti, che hanno subito in pieno le perdite; si tratta di un esito analogo a quello subito dagli azionisti delle altre banche quotate, in Italia e all’estero. Rapportate al PIL, in Italia le perdite subite dagli azionisti delle banche sono state in complesso inferiori a quelle sopportate nel Regno Unito, in Irlanda e in Spagna.

È da sottolineare che al dissesto hanno contribuito in misura rilevante episodi di mala

gestio, comportamenti scorretti quando non fraudolenti. Infatti, per le banche poste in

risoluzione nel 2015 l’ammontare delle obbligazioni subordinate6 sottoscritte dalla clientela al dettaglio delle stesse banche è stimato in circa 350 milioni7 di euro.

Alla luce di tutti questi avvenimenti si è mosso il legislatore che, allo scopo di aumentare la tutela del risparmiatore, ha introdotto nuove misure cautelative contenute nella nuova versione della normativa MiFID.

1.1. I Mercati Finanziari

I mercati finanziari sono i "luoghi" dove è possibile acquistare o vendere strumenti

finanziari (azioni, obbligazioni, derivati, quote di fondi, polizze ecc.).

I mercati finanziari hanno il ruolo di trasferire denaro, per un periodo di tempo limitato, da chi ne ha in eccesso ed ha l’intenzione di farlo rendere (generalmente le famiglie) a chi ne ha l’esigenza e può impiegarlo in maniera produttiva (generalmente le imprese).

Gli attori principali che operano nei mercati finanziari sono:

 Le famiglie;  Le banche;  Le imprese;  Lo stato;  I Manufacturer;

6 Le obbligazioni subordinate sono titoli in cui il pagamento delle cedole ed il rimborso del capitale, in caso di particolari difficoltà finanziarie dell'emittente, dipendono dalla soddisfazione degli altri creditori non subordinati (o subordinati di livello inferiore). Proprio per questo motivo i titoli subordinati dovrebbero rendere più di un'obbligazione non subordinata dello stesso emittente con simili caratteristiche. (Fonte: Consob.it)

7 Le affermazioni riportate nel presente capitolo sono estratte da “Banche e finanza dopo la crisi: lezioni e sfide” a cura di Ignazio Visco, economista italiano, attuale Governatore della Banca d'Italia, carica che ricopre dal 1º novembre 2011.

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1.1. I Mercati Finanziari

5

 Le compagnie assicurative. Ognuno degli attori ha un ruolo:

 Le famiglie e imprese forniscono e/o richiedono il denaro;  Le banche svolgono il ruolo di intermediario, generalmente;

 I manufacturer e Compagnie assicurative “producono” i prodotti di investimento;  Lo stato, oltre a controllare il rispetto delle normative nel mercato, può ricoprire il ruolo di famiglie e imprese e manufacturer nel chiedere credito attraverso l’emissione di titoli ad esempio.

Come detto, le banche raccolgono i risparmi di molte persone che li depositano sui conti correnti dove saranno disponibili in qualsiasi momento. Allo stesso tempo, possono fare prestiti a persone fisiche o giuridiche, per tempi più o meno lunghi, questa funzione è definita “Trasformazione delle Scadenze”. Questa è una delle attività core delle banche; il rischio che corre la banca è che una o più delle imprese alla quale concede un prestito non riesca ad onorare il debito in tempo, tuttavia questa situazione viene riequilibrata da tutte le altre imprese o famiglie che ripagano il debito in tempo; la cosiddetta “Diversificazione” permette alla banca di limitare il rischio derivante dalla probabile insolvenza dei debitori. Quindi diversificando le banche riescono a mantenere a sicuro i risparmi dei propri risparmiatori e svolgere la trasformazione dei rischi.

A titolo esemplificativo, vediamo adesso un caso in cui una famiglia partecipa

quotidianamente alle attività del mercato finanziario.

Chi oggi ha un risparmio in denaro, generalmente vuole farlo fruttare senza correre tanti rischi; sceglie quindi di affidare i propri risparmi ad una banca, depositando in un c/c8 i propri risparmi così da averlo sempre a disposizione ed affidando la gestione del proprio risparmio alla banca, la quale verserà degli interessi al cliente. La banca accumula i risparmi di tanti soggetti ed utilizza l’ammontare per concedere prestiti alle imprese per svolgere la loro attività. Le imprese pagheranno un interesse alla banca e la banca spartisce l’interesse ai vari risparmiatori al netto delle commissioni per l’intermediazione.

Vi sono casi in cui risparmiatori e imprese entrano in contatto direttamente e la banca svolge solo un mero ruolo da intermediario.

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1.1. I Mercati Finanziari

6

Un primo caso è quello delle azioni: un’azione è a tutti gli effetti un titolo

rappresentativo di una quota della proprietà di una società per azioni ed il loro controvalore varia in relazione all’andamento dell’attività della società, quindi se l’azienda

va male le azioni perdono valore fino al fallimento dell’azienda ed alle perdite di tutto l’investimento degli azionisti, comportamento diametralmente opposto se l’azienda va bene.

Un secondo caso si ha quando il risparmiatore presta direttamente i propri risparmi ad un’impresa o allo stato; in questo caso il risparmiatore non partecipa a guadagni o perdite ma diventa semplicemente un creditore. È il caso delle obbligazioni. L’impresa che emette obbligazioni ottiene un prestito da molti risparmiatori e investitori che scelgono di farle credito. Le obbligazioni hanno una scadenza alla quale il capitale prestato viene rimborsato e nel periodo di tempo che va dalla loro emissione al rimborso, pagano degli interessi; interessi che vengono accumulati dai risparmiatori. Esistono diversi tipi di obbligazioni ma ciò che li accomuna è il cosiddetto “rischio di default”, cioè il rischio che il debitore non riesca ad onorare il proprio debito, in toto o in parte, nei confronti dei creditori. Due esempi famosi sono stati l’Argentina nel 2002 e dell’azienda Parmalat nel 2003.

Sino ad ora abbiamo visto solo alcune delle operazioni tipiche dei mercati finanziari.

Si possono verificare, ad esempio, inversioni di ruolo tra imprese e famiglie o a fare da imprenditore, e quindi chiedere credito agli istituti bancari, può essere lo Stato, ad esempio per la costruzione di infrastrutture.

Sapersi muovere con cautela nei mercati finanziari ed occuparsi dei propri risparmi non è un’attività semplice; richiede molto tempo, conoscenza ed esperienza. Ecco allora che

entrano in gioco i Manufacturer, ovvero gestori professionisti che muovendosi come un unico grande investitore, raccolgono il risparmio di tanti piccoli investitori, generalmente attraverso l’intermediazione degli istituti bancari. Lo strumento che utilizzano sono i fondi comuni di

investimento. Uno dei vantaggi che offrono i fondi comuni rispetto ai risparmi dei singoli

risparmiatori è che possono comprare un gran numero di azioni ed obbligazioni di tante diverse aziende, adottando una strategia di diversificazione dell’investimento volto a ridurre il rischio. Tuttavia, i fondi di investimento non sono tutti uguali, variano in relazione al tipo di azioni ed obbligazioni che lo compongono, creando un profilo di rischio per il fondo che dovrebbe essere in linea con i profili di rischio di tutti gli investitori che investono su quel fondo. I risparmiatori che partecipano ai fondi comuni, pagano una commissione alla società che gestisce il fondo in proporzione all’importo che hanno investito.

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1.1. I Mercati Finanziari

7

Esistono anche molti altri prodotti finanziari che possono essere acquistati, venduti e/o scambiati nei mercati finanziari.

Ai fini di una completa comprensione del presente elaborato, si riporta una breve descrizione dei prodotti finanziari alla quale si farà riferimento nelle pagine successive:

 Polizze: sono strumenti finanziari che si configurano come strumenti in grado di soddisfare le “esigenze di sicurezza" da parte dei risparmiatori. Le polizze assicurative sono, generalmente, raggruppate in categorie o rami assicurativi che contemplano rischi similari.

Ogni ramo prevede tecniche differenti di gestione della forma assicurativa, condizioni generali e particolari, principi differenti.

Due sono i rami principali di distinzione: il “Ramo danni” e il “Ramo vita”. i. Le polizze del “Ramo danni” tutelano l’assicurato da eventi che possono

danneggiare singoli beni del suo patrimonio (ad esempio la casa o l’auto), le sue possibilità di guadagno, il patrimonio nel suo complesso o la sua persona;

ii. Le polizze “Ramo vita” prevedono l'obbligo per l’assicuratore di versare a uno o più beneficiari, indicati nel contratto di assicurazione, un capitale o una rendita qualora si verifichi un evento attinente la vita dell'assicurato o del contraente (le due figure possono coincidere) come morte o invalidità. Le polizze vita sono caratterizzate da sei rami di cui il ramo primo, terzo e quinto sono strumenti tipicamente utilizzati principalmente per la gestione del risparmio. Il ramo primo e quinto utilizza la così detta “gestione separata9” grazie alla quale l’assicurato ha una garanzia di “consolidamento annuo della prestazione” e, di conseguenza, di un capitale minimo a scadenza, mentre le polizze di ramo terzo prevedono che il “rischio finanziario” sia a carico del sottoscrittore. La sentenza n. 10333 del 2018 della Corte di Cassazione ha ribadito che un contratto di assicurazione sulla vita dove non sia presente la garanzia di restituzione di un capitale a scadenza deve essere considerato a tutti gli effetti uno

9Si tratta di fondi creati appositamente dalle società di assicurazione e distinti da quelli della compagnia nei

quali vengono investiti i capitali dei clienti assicurati. Questo significa che se la compagnia di assicurazione fallisce, il capitale accantonato con le polizze è garantito ai clienti. ( Fonte: Banca d’Italia)

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8

strumento d’investimento puramente finanziario, con tutte le conseguenze del caso.

 I prodotti derivati: chiamati anche derivati, devono il loro nome alla loro natura, il loro valore deriva dall’andamento del valore di un’attività cioè al verificarsi o meno, nel futuro, di un evento oggettivamente osservabile10.

L’evento, ovvero l’attività, possono essere di qualsiasi natura o genere e costituiscono il cosiddetto sottostante del derivato. L’utilizzo degli strumenti derivati ha principalmente tre finalità:

i. finalità di arbitraggio: cioè il conseguimento di un profitto, privo di

rischio, operando transazioni combinate sia sul sottostante sia sul derivato allo scopo di cogliere eventuali differenze di valorizzazione;

ii. copertura, o hedging, cioè ridurre il rischio finanziario legato ad un

portafoglio esistente;

iii. finalità speculativa, cioè assumere posizioni di rischio allo scopo di

ottenere un profitto.

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2. Market in Financial Instruments Directive

9

2. Market in Financial Instruments Directive

L’introduzione della MiFID I, approvata dal Parlamento Europeo nell’aprile del 2004, ha sostituito ed abroga la precedente Investment Services Directive (Direttiva 93/22/CEE, cd. ISD), innovando radicalmente il quadro giuridico comunitario in tema di offerta di servizi di investimento; con tale normativa è stato avviato un processo di rafforzamento dei presidi a

tutela degli investitori nell’erogazione dei servizi d’investimento.

Tra i diversi presidi introdotti è stato definito un iter propedeutico all’erogazione dei servizi d’investimento, basato su un processo di classificazione della clientela e su una verifica di appropriatezza oppure adeguatezza delle operazioni, a seconda della tipologia di servizio d’investimento erogato

Successivamente all’entrata in vigore della MiFID I, la valutazione di adeguatezza richiesta in caso di erogazione dei servizi di consulenza oppure gestione patrimoniale si è

evoluta nel tempo anche sulla spinta di ulteriori normative di Livello 3 italiane ed europee (comunicazioni Consob11 ed Orientamenti ESMA12).

MiFID I (Art. 26 Reg. Int. 16190 / 2007) ha previsto un impianto di graduazione delle

misure di tutela degli investitori in funzione della classificazione loro attribuita, dove questa costituisce il primo step per l'erogazione del servizio di investimento. La clientela è stata classificata in:

 Controparti Professionali:

o Enti Pubblici: Governi nazionali e uffici corrispondenti, Banche Centrali, Organizzazioni sovranazionali a carattere pubblico;

o Privati: imprese di grandi dimensioni che ottemperano a determinati requisiti di natura quantitativa:

11 La Commissione nazionale per le società e la Borsa, istituita con la legge 7 giugno 1974, n. 216, è l'organo di

controllo del mercato finanziario italiano. È un'autorità amministrativa indipendente, dotata di autonoma personalità giuridica e piena autonomia la cui attività è rivolta alla tutela degli investitori, all'efficienza, alla trasparenza e allo sviluppo del mercato mobiliare italiano. (Fonte consob.it)

12 European Security and Markets Authority, fondato 1 gennaio del 2011, è un'autorità indipendente dell'UE che contribuisce a salvaguardare la stabilità del sistema finanziario dell'Unione europea rafforzando la protezione degli investitori e promuovendo mercati finanziari stabili e ordinati. (Fonte: https://www.esma.europa.eu)

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2. Market in Financial Instruments Directive 10 • Totale di bilancio: 20 mln/€; • Fatturato netto: 40 mln/€; • Fondi propri: 2 mln/€;  Controparti Qualificati:

o Soggetti autorizzati o regolamentati per operare nei mercati finanziari ad esclusione degli agenti di cambio (è un intermediario finanziario il quale ricerca e acquista, per conto del cliente, nel mercato di riferimento, il prodotto che offre il miglior rapporto qualità-prezzo. i quali non possono essere Controparti Qualificate);

 Clientela al dettaglio:

o Categoria residuale a cui appartengono tutte le persone fisiche e giuridiche non in possesso dei requisiti per essere ricomprese tra le Controparti Professionali / Qualificate.

Verso gli investitori classificati come clienti al dettaglio, l’intermediario è tenuto a garantire il più alto livello di tutela (Figura 1: Livello di competenza, livello di tutela da garantire alla clientela).

Figure 1 Livello di competenza, livello di tutela da garantire alla clientela

Il 3 gennaio 2018 è entrata in vigore la nuova direttiva europea che disciplina i mercati degli strumenti finanziari (Direttiva 2014/65/UE), nota come MiFID II, dall’acronimo inglese di Markets in Financial Instruments Directive II.

La nuova direttiva rimpiazza , dopo più di dieci anni, la precedente normativi MiFID I (Direttiva 2004/39/CE), che pur avendo avuto il merito di dare all’Europa un allineamento molto dettagliato sui mercati finanziari, premessa per creare un mercato finanziario integrato, ed avere dato il via a molti cambiamenti nel campo dell’intermediazione finanziaria, si era

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2. Market in Financial Instruments Directive

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dimostrata non sufficiente alla tutela del risparmiatore europeo e poco efficace a fornire loro totale trasparenza sulle contrattazioni.

MiFID appariva come l’usbergo decisivo contro i comportamenti misleading dell’industria finanziaria. Ma si è rivelata inutile per arginare i casi di risparmio tradito per mano di reti finanziarie che avevano necessità di incassare liquidità nel più breve tempo possibili e senza troppe garanzie da dare alla clientela.

L’obiettivo della nuova versione della MIFID è quello di rendere molto più chiari e comprensibili i processi di investimento e gli stessi mercati finanziari. In questo modo si

otterrà una maggiore coscienza e fiducia nel settore da parte degli investitori; infatti il settore dei mercati finanziari, da parecchi anni oramai, non gode di una buona reputazione e dalla maggior parte dei risparmiatori veniva visto come “un mondo misterioso e dalle logiche

incomprensibili”; quindi l’obiettivo primario della norma è mettere a disposizione un maggior

numero di informazioni e tutele per chi investe e nuove regole per tutte le imprese e intermediari dell’Unione Europea attivi nella distribuzione o negoziazione di strumenti finanziari.

Con la direttiva MiFID II di fatto vengono sviluppati i contenuti e le disposizioni della MIFID I, soprattutto in termini di specifiche su servizi di investimento, protezione

investitore consulenza e miglioramento delle comunicazioni e scambi tra le parti coinvolte.

I crack bancari e finanziari degli ultimi anni che si sono succeduti in Italia e all’estero (default Argentina , Lehman Brothers13) hanno trascinato nel baratro milioni di risparmiatori, che hanno visto andare in fumo i loro risparmi e investimenti in azioni, obbligazioni e titoli vari. A fare i calcoli di questo bagno di sangue legati ai principali default registrati a partire dall’anno 2000 è il Codacons: oltre 1,2 milioni di risparmiatori italiani coinvolti, con una

perdita media di 35.154 euro a testa. (Tabella 1)

13 È stata una società attiva nei servizi finanziari a livello globale. Era uno dei primari operatori del mercato

dei titoli di stato statunitense. Il 15 settembre 2008 la società ha annunciato l'intenzione di avvalersi del Chapter 11 del Bankruptcy Code statunitense (una procedura che si attua in caso di fallimento) annunciando debiti bancari per 613 miliardi di dollari, debiti obbligazionari per 155 miliardi e attività per un valore di 639 miliardi. Si tratta della più grande bancarotta nella storia degli Stati Uniti. La società è ancora esistente, fino al completamento della procedura di bancarotta.

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2. Market in Financial Instruments Directive

12 Risparmiatori

coinvolti

Perdite in euro Anno

Banca Popolare di Vicenza 1118.994 8.750.000.000 2015/2016 Veneto Banca 87.502 6.500.000.000 2015/2016 Carife, Carichieti, Banca Marche, Banca Etruria 12.500 431.000.000 2015/2016 Lehman Brothers 100.000 3.200.000.000 2008 Finmatica 25.000 350.000.000 2004 Finmek 13.850 250.000.000 2004

Cerruti Finance- Fin Part- Olcese

28.500 800.000.000 2004

La Veggia Finance 8.300 300.000.000 2004

Parmalat 110.000 6.5000.000.000 2003

Giacomelli 110.000 6.500.000.000 2003

My Way – For You 190.000 2.850.000.000 2003

Cirio 35.000 1.200.000.000 2002

Bond Argentina 440.000 2.500.000.000 2001

Bipop-Caire 73.500 10.000.000.000 2001

Totale 1.249.646 43.931.000.000

Tabella 1: Dettaglio Risparmiatori coinvolti, perdite in euro per fallimenti societari. Fonte CODACONS

La MIFID II si pone come obiettivo, tra gli altri, di arginare il verificarsi di questi scenari che la storia degli ultimi anni ci ha fatto conoscere.

Ad oggi il processo di valutazione dell’Adeguatezza per un risparmiatore che investe, può essere suddiviso in due macro fasi:

1) Prima dell’investimento; 2) Durante e dopo l’investimento.

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2. Market in Financial Instruments Directive

13

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2. Market in Financial Instruments Directive

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Figura 2.2 Dopo l’investimento

Il punto focale del processo di investimento è lo svolgimento del questionario di profilazione MiFID. I tre punti cardine del questionario MiFID riguardano:

1. Gli obiettivi dell’investimento;

2. La situazione finanziaria e patrimoniale;

3. L’esperienza finanziaria del cliente, ovvero dell’aspirante investitore o trader.

Ecco di seguito le domande che compongono il questionario MiFID.

1. Età

Le risposte possibili sono: A. meno di 30 anni; B. da 31 a 40; C. da 41 a 50; D. oltre 50; E. non risponde.

È ovvio che per effettuare operazioni con strumenti finanziari si debba essere maggiorenni. In relazione all’età del risparmiatore varia il profilo di rischio. 2. Professione

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2. Market in Financial Instruments Directive

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A. lavoratore autonomo/libero; B. professionista;

C. lavoratore dipendente/subordinato con contratto a tempo indeterminato D. occupato con tempo determinato/a progetto;

E. pensionato; F. non occupato; G. dirigente; H. studente; I. artigiano; J. commerciante; K. imprenditore; L. altro.

Il lavoro svolto può avere la sua importanza nell’ottica di una maggiore comprensione delle conoscenze finanziarie del cliente che compila il questionario MiFID.

3. Livello di istruzione Le risposte possibili sono:

A. nessun titolo di studio; B. licenza elementare; C. licenza media;

D. diploma di scuola superiore; E. laurea;

F. non risponde.

Un maggiore livello di istruzione permette, nella maggior parte dei casi, più consapevolezza riguardo alle dinamiche dei mercati finanziari, soprattutto per quel che riguarda una formazione di base economica.

4. Aggiornamento sui mercati finanziari Le opzioni di risposta possibili sono:

A. non sono aggiornato;

B. mi aggiorno regolarmente una volta al mese; C. mi aggiorno regolarmente una volta a settimana; D. mi aggiorno regolarmente ogni giorno;

(22)

2. Market in Financial Instruments Directive

16

E. non risponde.

L’aggiornamento è una componente fondamentale, d’importanza pari a quella della teoria. La conoscenza teorica riveste soltanto una parte dell’esperienza che un aspirante investitore o trader deve avere al fine di essere maggiormente consapevole del proprio investimento.

5. Frequenza di operatività sui titoli Le opzioni di risposta possibili sono:

A. almeno settimanale;

B. almeno mensile o trimestrale C. non risponde.

Per frequenza si intende quella che solitamente già esiste.

6. Tipologia di prodotti finanziari su cui si investe o si è investito in passato Le opzioni di risposta possibili sono:

A. nessuna;

B. strumenti del mercato monetario;

C. strumenti del mercato monetario/obbligazioni non strutturate o strutturate non complesse;

D. idem come sopra con l’aggiunta di fondi comuni d’investimento o Sicav conformi alla normativa europea;

E. idem come sopra con l’aggiunta di azioni o prodotti finanziari assicurativi;

F. anche altri fondi comuni d’investimento o Sicav non conformi alla normativa europea/obbligazioni strutturate complesse/derivati,

G. non risponde.

È una domanda che riguarda l’esperienza pratica, occorre specificare su quale tipologia di prodotto finanziario si è investito in passato o si investe attualmente.

7. Tipologie di servizi finanziari conosciuti Le opzioni di risposta possibili sono:

A. nessuna;

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2. Market in Financial Instruments Directive

17

C. collocamento e compravendita;

D. collocamento compravendita e gestione portafogli; E. non risponde.

Apparentemente una domanda teorica, ma questa domanda può essere interpretabile come “Quali tipologie di servizi finanziari conosce?”.

8. Tipologie di prodotti finanziari conosciuti Le opzioni di risposta possibili sono:

A. strumenti del mercato monetario;

B. strumenti del mercato monetario/obbligazioni non strutturate o strutturate non complesse;

C. idem come sopra con l’aggiunta di fondi comuni d’investimento o Sicav conformi alla normativa europea;

D. idem come sopra con l’aggiunta di azioni o prodotti finanziari assicurativi;

E. anche altri fondi comuni d’investimento o Sicav non conformi alla normativa europea/obbligazioni strutturate complesse/derivati;

F. non risponde.

Questa domanda costituisce la versione teorica della precedente sui prodotti finanziari su cui il risparmiatore investe o su cui ha investito.

9. Fonte di reddito

Le possibili opzioni di risposta sono: A. solo reddito da lavoro/pensione;

B. reddito da lavoro/pensione e da immobili; C. solo da immobili;

D. altro (società/ente/associazione); E. non risponde.

Questa domanda da una parte è per richiesta di informazioni allo scopo di valutare l’adeguatezza, dall’altra serve per far confrontare il cliente con il proprio profilo.

10. Capacità reddituale annua netta Le opzioni di risposta possibili sono:

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2. Market in Financial Instruments Directive 18 A. meno di 20.000 euro; B. 20.000 euro – 40.000 euro; C. 40.000 euro – 70.000 euro; D. oltre 70.000 euro;

E. società/ente/associazione con disponibilità inferiori a 150.000 euro; F. società/ente/associazione con disponibilità superiori a 150.000 euro; G. non risponde.

Come la domanda precedente anche questa domanda ha lo scopo sia di raccogliere informazioni per la valutazione di adeguatezza sia per confrontare il cliente con il proprio profilo.

11. Consistenza patrimoniale (immobili, liquidità, prodotti finanziari) Le opzioni possibili di risposta sono:

A. inferiore a 200.000 euro; B. 200.000 euro – 500.000 euro; C. 500.000 – 1.000.000 euro; D. 1.000.000 – 3.000.000 euro; E. oltre 3.000.000 euro; F. non risponde.

Questa domanda ha lo scopo di indagare la struttura portante del potenziale investitore o trader.

12. Capacità di risparmio sul reddito annuo netto Le opzioni possibili di risposta sono:

A. nulla; B. meno del 10%; C. tra il 10% e il 30%; D. oltre il 30%; E. società/ente/associazione; F. non risponde.

Con tale domanda si testa e si rende cosciente il risparmiatore della sua capacità, in percentuale, di risparmiare.

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2. Market in Financial Instruments Directive

19

13. Percentuale dei risparmi che viene investita in prodotti finanziari Le opzioni di risposta possibili sono:

A. nulla;

B. meno del 10%; C. dal 10% al 30%; D. più del 30%; E. non risponde.

Con tale domanda si entra nello specifico chiedendo che percentuale dei propri risparmi vengano impiegati per investimenti in prodotti finanziari.

14. Investimenti in beni immobili

Le opzioni id risposta possibili sono: A. nulla;

B. casa di proprietà;

C. casa di proprietà e seconda casa;

D. immobili inerenti a società/ente/associazione; E. non risponde.

Simile alla precedente domanda ma riguardante i beni immobili e non si fa riferimento ai risparmi.

15. Debiti nel medio e lungo termine Le opzioni di risposta possibile sono:

A. meno di 30.000 euro; B. da 30.000 a 50.000 euro; C. da 50.000 a 80.000 euro; D. oltre 80.000 euro; E. non risponde.

Tale domanda riguarda le eventuali passività pendenti sul cliente.

16. Obiettivo dei propri investimenti Le opzioni di risposta possibili sono:

A. conservazione del patrimonio;

B. proteggere nel tempo il capitale investito e ricevere flussi di cassa periodici (cedole, dividendi…) accettando rischi contenuti;

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2. Market in Financial Instruments Directive

20

C. crescita del capitale nel medio-lungo periodo pur accettando il rischio di oscillazioni di valore nel breve periodo;

D. crescita significativa del capitale nel medio-lungo periodo sopportando anche forti oscillazioni di valore;

E. non risponde.

Questa domanda pone il cliente dinanzi alle motivazioni da cui fa partire la sua volontà di investire. In più è importante per comprendere quali strumenti finanziario sia più idoneo alle esigenze del cliente.

17. Periodo di tempo per cui si pianifica di mantenere l’investimento Le opzioni di risposta possibili sono:

A. meno di un anno; B. tra un anno e tre anni; C. tra tre e cinque anni; D. più di cinque anni; E. non risponde.

Questa domanda ha lo scopo di rendere il risparmiatore consapevole di quali strumenti finanziario siano più idonei al proprio obiettivo d’investimento o di trading.

18. Reazione ai movimenti negativi di mercato Le opzioni di risposta possibili sono:

A. disinvesto immediatamente perché non sono disposto ad accettare ulteriori perdite;

B. mantengo l’investimento in attesa che recuperi valore; C. attendo un guadagno di valore rispetto all’investimento;

D. aumento il mio investimento per acquistare quotazioni più favorevoli; E. non risponde.

Domanda di tipo psicologico. Il mercato così come può dare soddisfazioni, può anche muoversi in modo contrario alle proprie aspettative. La domanda pone il potenziale cliente davanti al proprio modo di reagire ad un movimento di mercato che vada contro le sue previsioni.

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2. Market in Financial Instruments Directive

21

Di seguito sono riportati i profili di investimento 14 possibili.

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2. Market in Financial Instruments Directive

22

Figura 3 Profili di rischio (valori dei grafici percentuali)

In relazione al profilo di investimento ottenuto (Figura 3), il consulente finanziario è tenuto a proporre al cliente dei prodotti finanziari in linea con il profilo di rischio uscente dal questionario MiFID, all’obiettivo di non esporre ad eccessivi rischi un profilo che non è adatto a quel prodotto di investimento (Product governance).

Secondo quanto esposto dalla MIFID I, da parte del consulente finanziario doveva esserci la totale trasparenza, lealtà ed etica nel rapporto con il risparmiatore; infatti, nel caso in cui il consulente finanziario avesse proposto un prodotto non in linea con il profilo di adeguatezza del risparmiatore, se fosse stato particolarmente convincente, il risparmiatore avrebbe potuto firmare l’acquisto di quel prodotto esponendo il proprio risparmio a dei rischi che sia non ne era a conoscenza e sia non era nelle condizioni di affrontare, senza che nessuna autorità di vigilanza potesse intervenire tempestivamente per tutelare il risparmiatore.

Queste scenari si sono verificati nel nostro paese all’interno di grandi e piccole realtà finanziarie, le quali necessitavano di liquidità per far fronte agli ingenti investimenti o per rimpiazzare perdite nel mercato e quindi proponevano prodotti finanziari non in linea al profilo di rischio del cliente (ad esempio obbligazioni subordinate od obbligazioni strutturate15), perché più profittevoli per la banca.

15 Le obbligazioni strutturate sono titoli costituiti da un'obbligazione e una o più componenti definite derivative,

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2.1 MiFID II

23

A valle del Questionario MiFID si avrà la profilatura del cliente che può rientrare in uno dei seguenti profili di rischio.

2.1 MiFID II

La normativa MiFID II è composta da 96 articoli suddivisi in 7 titoli, ognuno dei quali dedicato ad un aspetto specifico16.

Il primo titolo riguarda l’elenco dei soggetti che rientrano nell’ambito di applicazione della norma: imprese di investimento (incluse banche che offrano servizi di investimento),

gestori del mercato, mercati regolamentati, imprese di paesi terzi che operano sul territorio europeo per mezzo di una succursale. Sono invece esentati dalla nuova normativa: imprese di assicurazione, coloro che negoziano sui mercati regolamentati per conto proprio (ad eccezione dei market maker, degli individui che utilizzano tecniche di negoziazione ad alta frequenza e di quelli che operano in strumenti derivati). Tuttavia i prodotti di investimento a base assicurativa sono stati oggetto di un’altra specifica direttiva, che per molti versi ricalca la MiFID II: la direttiva 2016/97 che prende il nome di IDD (Insurance Distribution Directive).

Il secondo titolo tratta delle condizioni per l’autorizzazione (e revoca) all’esercizio dei

servizi d’investimento. La product governance impone agli intermediari un assetto organizzativo e regole di comportamento volte alla tutela del risparmiatore nell’atto della creazione, offerta e distribuzione dei prodotti finanziari. In particolare, l’offerta di servizi, operazioni e prodotti deve essere conforme al profilo di rischio, alle caratteristiche e alle esigenze dei clienti. L’intermediario deve poi evitare di remunerare o valutare le prestazioni del proprio personale in maniera incompatibile con il suo dovere di agire nel migliore interesse dei clienti (concetto di best execution). In particolare, esso deve evitare meccanismi di incentivazione e target di vendita che inducano il personale a raccomandare uno specifico strumento di investimento, che sia in contrasto con l’interesse del cliente. La direttiva affronta

vere e proprie, ma ciò che differisce è il rendimento, che è regolato sulla base di parametri collegati al verificarsi o meno di certi eventi previsti nel contratto.

16 Le informazioni contenute nel presente capitolo sono estratte da “MiFID II. Quali tutele per il risparmiatore Osservatorio Monetario 3/2018”, a cura di: Angelo Baglioni, Ezio Castagna, Rony Hamaui, Rossella Leidi,

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2.1 MiFID II

24

anche il macro-tema della trasparenza e dell’informativa che deve essere sempre orientata alla tutela del risparmiatore.

Il titolo terzo tratta delle autorizzazioni necessarie ai mercati regolamentati per

operare, compresi i requisiti gestionali e organizzativi, le modalità di accesso agli stessi e le condizioni di ammissione e sospensione degli strumenti finanziari.

Il titolo quarto comprende la negoziazione di strumenti derivati su merci e detta le

modalità per il calcolo e controllo dei limiti di posizione, nonché le procedure che portano alla formazione dei prezzi al fine di evitare abusi di mercato.

Il titolo quinto tratta delle informazioni ex-ante ed ex-post che i mercati regolamentati,

i sistemi multilaterali di negoziazione e i sistemi organizzati di negoziazione devono fornire. Queste devono essere il più possibile chiare, trasparenti, omogenee e tempestive.

Il titolo sesto raccoglie la disciplina riguardante le autorità di vigilanza, compreso

l’elenco di sanzioni applicabili in caso di trasgressione, che devono essere pubblicate.

Il titolo settimo riguarda gli atti delegati e le disposizioni finali.

Le novità introdotte dalla MiFID II sono molto numerose e toccano diversi campi.

Ponendo l’attenzione solo agli aspetti inerenti all’intermediazione finanziaria, lasciando da parte quelle riguardanti i mercati, in questo ambito quattro sono i principali cambiamenti che sono da sottolineare:

1) Un primo aspetto ha a che fare con la consulenza finanziaria e i possibili conflitti d’interesse che essa può nascondere. In particolare, il legislatore europeo si è preoccupato della presenza di accordi di retrocessione delle commissioni fra gestore e distributore/consulente di strumenti finanziari. Questi infatti possono far sì che gli interessi dell’investitore vengano messi in secondo piano dal consulente interessato a percepire le suddette commissioni dal gestore. Al fine di evitare ogni forma di distorsione nel comportamento degli intermediari, la MiFID II (art. 24) introduce la

figura del consulente indipendente, la cui unica retribuzione sono le commissioni

pagate direttamente dal cliente per i servizi resi, mentre gli è vietato percepire commissioni o altri benefici dai gestori e fornitori, a eccezione dei benefici non monetari di entità minima che possono migliorare la qualità del servizio offerto.

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2.1 MiFID II

25

Ad ulteriore tutela del risparmiatore, la MiFID II prevede che egli sia informato in tempo utile, ovvero prima della prestazione del servizio, se la consulenza verrà fornita su base indipendente o meno e se esistano altri rapporti contrattuali in grado di compromettere la valutazione. Inoltre una impresa d’investimento che offra il servizio di consulenza indipendente deve essere in grado di valutare un’ampia varietà di strumenti, garantendo una buona diversificazione in termini di emittenti e strumenti; essa non può limitarsi a consigliare strumenti finanziari emessi dall’impresa stessa o da altre e più in particolare la normativa prevede alcuni obblighi informativi da ottemperare in fase di collocamento del servizio: il collocatore non indipendente potrà continuare a ricevere delle commissioni ma il loro ammontare dovrà essere immediatamente reso noto all’investitore (ex-ante) in maniera chiara e dettagliata. In definitiva, dopo un lungo braccio di ferro fra i paesi che volevano contemplare solo la figura del consulente indipendente e paesi che avevano paura di una riforma così radicale sui loro sistemi bancari, ha prevalso una linea mediana. A questo proposito è bene ricordare che nel contesto europeo, il divieto assoluto a ricevere incentivi è già previsto e attuato in UK, Svezia e Danimarca.

2) Un secondo importante cambiamento introdotto dalla MiFID II ha a che fare col

principio di adeguatezza (art. 25): gli intermediari devono essere in grado di raccomandare gli strumenti finanziari adeguati al cliente, soprattutto in funzione

della sua tolleranza al rischio e della sua capacità di sostenere perdite.

In questo ambito, la direttiva europea introduce il concetto di product governance, per il quale si impone ai gestori l’obbligo, per ogni prodotto offerto, di individuare un

target market, ovvero un segmento di clientela adeguato in termini di esigenze,

caratteristiche e obiettivi. Nella sostanza i Manufacturers (produttori di strumenti finanziari) dovranno indicare uno specifico mercato di riferimento già in fase di creazione del prodotto finanziario, distinguendo tra target di mercato positivo e

negativo. Verso quest’ultimo vigerà un divieto assoluto alla distribuzione. La

normativa prevede poi una fase di controllo nella quale si dovrà verificare l’adeguatezza nel prodotto in termini di rischio/rendimento, anche alla luce di precise analisi di scenario.

Le linee guida da seguire per l’identificazione del mercato obiettivo sono state indicate in maniera più precisa dall’Esma (European Securities and Markets Authority) sulla base di due criteri specifici: la “tolleranza al rischio” e la “capacità di sostenere le

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2.1 MiFID II

26

perdite”. Pertanto, non sarà più possibile adottare prassi pregiudizievoli per gli interessi

della clientela, facendo leva sulle preferenze dichiarate dal cliente verso soluzioni di investimento potenzialmente più performanti, ma si dovranno tenere in maggiore considerazione le necessità di quegli investitori che non sono in grado di valutare con consapevolezza la qualità dei prodotti offerti

Al fine di specificare meglio l’adeguatezza, è prevista una revisione degli attuali

questionari di profilazione, già previsti dalla MiFID I. In questo ambito, dovranno

essere valutate periodicamente: la tolleranza al rischio dell’investitore (anche attraverso indicatori numerici di avversione al rischio), la sua capacità di sostenere perdite, le sue conoscenze ed esperienze in materia di investimenti finanziari. Le imprese di investimento devono anche informare i clienti se esse intendano fornire una valutazione periodica della adeguatezza degli strumenti finanziari ad essi raccomandati nell’ambito del servizio di consulenza. Il principio di adeguatezza trova un suo complemento in quello di idoneità. Le imprese di investimento devono garantire che il personale

addetto alla consulenza abbia le necessarie competenze per prestare questo servizio.

3) L’obbligo alla trasparenza sui costi dei prodotti e servizi è un’altra delle novità

principali della MiFID II.

In particolare, la normativa europea precisa che tutti i costi vadano dettagliatamente rappresentati al cliente distinguendo tra costi del servizio, costi associati al prodotto e

commissioni di retrocessione. Tutte le componenti vanno esplicitate sia in termini

percentuali che in valore assoluto, al fine di fa comprendere agli investitori la vera portata. Il legislatore distingue poi tra informativa ex-ante, una tantum ed ex-post. La prima deve indicare in modo dettagliato tutti gli aspetti relativi all’ampiezza dell’offerta e alla frequenza con cui l’intermediario valuterà l’adeguatezza dei prodotti e dovrà specificare, come detto in precedenza, se la consulenza viene effettuata su base indipendente o meno. L’investitore inoltre dovrà conoscere le sedi di esecuzione degli ordini, le strategie di investimento consigliate, il perimetro di azione dell’intermediario e dei servizi offerti, oltre a informazioni specifiche sui prodotti proposti. Le informazioni sugli strumenti e sulle strategie di investimento proposte devono comprendere anche le avvertenze sui rischi ad essi associati. L’informativa una tantum sarà invece fornita a discrezione e su richiesta specifica del cliente. Infine, l’informativa

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2.1 MiFID II

27

ex-post, con cadenza almeno annuale, dovrà fornire nel dettaglio i costi sostenuti relativamente ai singoli prodotti e al portafoglio complessivo. Il gestore dovrà anche mostrare l’incidenza del costo sostenuto sul rendimento effettivo in forma analitica.

4) Un’ulteriore novità riguarda i costi di ricerca, che d’ora in avanti dovranno essere scorporati dai costi di esecuzione delle transazioni e potranno essere addebitati solo se siano stati definiti in anticipo in sede di budget. Così molti intermediari hanno deciso di sostenere questi costi senza riversarli sul cliente.

Il seguente elaborato andrà a vertere sull’implementazione dell’informativa ex post

all’interno di un Gruppo Bancario nato pochi anni fa dopo una serie di fusioni tra istituti di

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3. Il Gruppo Bancario

28

3. Il Gruppo Bancario

Il Gruppo Bancario all’interno del quale è stato svolto il progetto si è costituito negli ultimi anni a seguito di una serie di fusioni tra diversi istituti operanti in diversi ambiti del settore bancario, come ad esempio: private banking, investment banking, asset management, banca assurance e credito al consumo.

Da questa fusione nasce una realtà solida, redditiva e affidabile, consolidandosi in uno

dei primi tre Gruppi Bancari Italiani. Una rete capillare al servizio di famiglie e imprese,

marchi riconosciuti e una profonda conoscenza del mercato sono alla base della forza del Gruppo Bancario.

Il modello di business del Gruppo Bancario mette al centro non solo clienti, azionisti e stakeholder ma anche le proprie persone e le loro competenze, sostenute da una formazione costante. Il Gruppo Bancario ha come obiettivo quello di generare una redditività sostenibile nel tempo e di promuovere lo sviluppo dei territori in cui opera.

Gli obiettivi che hanno portato i diversi istituti a decidere di avviare un processo di fusione e di acquisizione sono riconducibili ai seguenti aspetti:

a) L’ottenimento economie di scala;

b) Lo sfruttamento di risorse complementari (per es. delle reti di vendita in aree geografiche diverse, accesso ad ambiti diversi del settore);

c) La riduzione del carico fiscale (per es., grazie al riporto delle perdite dell’acquisito – ove consentito – e/o al rinvio del pagamento delle imposte che si verifica tipicamente quando si acquista un’impresa in crescita, per cui si riduce il carico fiscale annuo e lo si rinvia al momento del realizzo dei capital gains);

d) L’eliminazione delle inefficienze, spesso dovute a un management inadeguato.

Tali obiettivi in ultima analisi possono essere riassunti più generale con l’obiettivo di

sfruttamento delle sinergie potenziali derivanti dall’unione di più società.

Una delle criticità maggiori riscontrate nella progettazione delle fusioni aziendali è stata la gestione della migrazione dei dati dei clienti dai sistemi privati di ogni istituto bancario ad un sistema comune a tutto il gruppo bancario. È stata quindi operata una profonda riorganizzazione aziendale, integrando verticalmente un fornitore di sistemi informatici il quale

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3.1 L’approccio del Gruppo Bancario all’utilizzo della Società di Consulenza Manageriale

29

avrà il ruolo di gestore della mole di dati provenienti dai diversi istituti bancari, allo scopo di metterli a disposizione per le varie operazioni bancarie ai singoli istituti dando la visibilità a tutti i soggetti del gruppo.

3.1 L’approccio del Gruppo Bancario all’utilizzo

della Società di Consulenza Manageriale

Un’azienda nell’implementare un progetto di allineamento normativo, o per qualsiasi altro progetto, come ad esempio: introduzione di tecnologie, scelta ed implementazione di un sistema di gestione, attività di training o per gestione del cambiamento, può fare affidamento ad una società di consulenza terza che la supporti in tutte le fasi del progetto.

L’attività di supporto svolta dalla Società Di Consulenza al cliente si può esprimere attraverso due tipologie di intervento: progettuale e di supporto.

L'intervento progettuale consiste nella redazione di un progetto contenente la descrizione degli interventi necessari per risolvere un determinato problema aziendale.

L'intervento di supporto, invece, si esplicita attraverso l'affiancamento dell’azienda cliente e dei suoi collaboratori allo scopo di fornire consigli, formazione e addestramento nella realizzazione del progetto o nell'espletamento del proprio ruolo.

La differenza tra queste due tipologie sta nel diverso impegno contrattuale assunto dalla società di consulenza. Gruppo Bancario Sistemi Informatici Banca C Banca B Banca A

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3.1 L’approccio del Gruppo Bancario all’utilizzo della Società di Consulenza Manageriale

30

Il primo tipo di intervento è finalizzato alla soluzione di un problema aziendale e consente pertanto una precisa quantificazione a priori dei modi, tempi e costi dell'azione consulenziale. Il secondo tipo di intervento è caratterizzato dal rapporto tra cliente e consulente, per cui il primo richiede una presenza prolungata, anche se non continua, di esperti a fianco del proprio management. Questa forma di consulenza ha l'inconveniente di non poter definire esattamente a priori quantità e frequenza dell'apporto consulenziale, e talvolta nemmeno le caratteristiche qualitative.

Nella gestione della relazione Cliente-Società di consulenza, quattro sono le possibili opzioni di gestione della relazione:

1. Approccio alla carta: in questo caso è il cliente a gestire il progetto, i consulenti sono coinvolti nel progetto solo in casi eccezionali, nei casi in cui il cliente si trovi in situazioni che difficilmente riesce a gestire.

Questo tipo di approccio se da un lato risulta il più economico, dall’altro espone l’azienda a potenziali rischi e perdita di opportunità, infatti l’utilizzo della società consulenza benché sia oneroso per l’azienda, permette di:

i. sfruttare il know how di professionisti esperti nel settore di riferimento del progetto;

ii. avere benchmarking, in quanto è molto probabile che la società di consulenza abbia svolto progetti molto simili in altre realtà e possa quindi dare un aiuto concreto alla migliore implementazione del progetto ed anche a introdurre potenziali miglioramenti anche se out scope dal progetto;

iii. non togliere risorse aziendali dalla attività core dell’azienda. Generalmente questo tipo di approccio richiede tempi di progetto lunghi.

2. Approccio Turnkey: letteralmente “chiavi in mano”; è un approccio diametralmente opposto al primo. In questo caso il cliente si affida totalmente alla società di consulenza nello svolgimento del progetto. Il cliente ingaggia la società di consulenza esponendo le linee guida e l’obiettivo del progetto e successivamente sarà la società di consulenza a svolgere tutte le analisi del caso e l’individuazione di alternative per la risoluzione di problemi o opportunità da cogliere ed il cliente sarà solo chiamato a scegliere.

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3.1 L’approccio del Gruppo Bancario all’utilizzo della Società di Consulenza Manageriale

31

Questa soluzione risulta evidentemente molto più onerosa rispetto alla prima in quanto vi è una richiesta full time della società di consulenza ed il commitment del cliente è quasi zero.

Tuttavia è una soluzione da adottare solo nel caso in qui l’azienda non abbia completamente risorse e capacità da dedicare al progetto in quanto il rischio è che potrebbe esporsi a comportamenti opportunistici della società di consulenza. Succede infatti che quando un’azienda decide di utilizzare un approccio Turnkey, ingaggi una seconda, o anche più, società di consulenza che svolga una parte del progetto in modo da evitare l’accentramento del progetto su di un'unica società.

Generalmente tale tipo di approccio richiede tempi di progetto molto più bassi rispetto al primo approccio visto.

3. Approccio Bilanciato: è il giusto compromesso tra le prime due alternative, vi è una perfetta collaborazione tra l’azienda e la società di consulenza. Vi è cooperazione, sforzi condivisi, tempi e costi che mediano i primi due approcci. Tale alternativa è scelta dall’azienda nel caso in cui vi siano delle risorse con know how tale da permettere lo svolgimento di alcune fasi del progetto o comunque collaborare in modo proficuo con i consulenti.

4. Approccio Customer Driven: ultima alternativa in cui il cliente massimizza le risorse interne coinvolgendo poche risorse esterne. È una soluzione economica ma espone l’azienda al congelamento del AS IS e ad una bassa spinta all’innovazione.

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3.2 L’approccio Progettuale della società di consulenza

32

Figure 5 Approccio alla consulenza

A valle di valutazioni effettuate dal Gruppo Bancario, queste hanno portate ad adottare un approccio bilanciato mediando tempi, costi, rischi e commitment aziendale ed ottimizzando l’efficienza.

3.2 L’approccio Progettuale della società di

consulenza

La Società Di Consulenza, basandosi sulla consolidata esperienza in progetti di introduzione tecnologie e su progetti di allineamento normativo, ha giudicato di fondamentale importanza l’impostazione del lavoro, questo avrà le seguenti linee guida:

 Approccio sinergico con le funzioni IT del Gruppo Bancario ed identificazione dei

business requirements e sfruttamento del know-how della società di consulenza per

ridurre il più possibile la fase di diagnosi; 0 20 40 60 80 100 Costi Tempi Efficienza Rischi Commitment aziendale

Approcci alla consulenza

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3.2 L’approccio Progettuale della società di consulenza

33

 Approccio pragmatico che riesca a individuare il giusto trade off tra i must have entro le scadenze imposte dalla normativa e le evoluzioni alle soluzioni individuate, posticipabili al 2020;

 Corretta metodologia che permetta una visione chiara e completa, sin dalla fase embrionale del progetto, degli interventi da mettere in atto, delle scelte strategiche da prendere e dei possibili scenari che si possano presentare.

Il connubio di questi tre fattori porterà ad equilibrare lo sforzo aziendale ed i risultati raggiunti.

(40)

3.2 L’approccio Progettuale della società di consulenza

34

Figure 6.2: Linee guida approccio Società di consulenza

30/07

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4. Pianificazione del progetto

35

Interni

Esterni

4. Pianificazione del progetto

4.1 L’ingaggio

La Società di Consulenza Manageriale ingaggiata dal Gruppo Bancario ha iniziato lo svolgimento del progetto nel mese di gennaio del 2019. Già da marzo del 2018 il Gruppo Bancario aveva tentato di implementare il progetto internamente ma l’elevata complessità manageriale ed operativa del progetto aggiunta alla normale attività del Gruppo non hanno permesso lo svolgimento, con successo, del progetto.

4.2 Stakeholder

Allo scopo di inquadrare meglio il progetto e definire le parti coinvolte, è stata svolta un’analisi volta ad individuare i principali stakeholder, interni ed esterni, sui quali il progetto potrà avere un impatto.

Sono stati individuati i seguenti:

 Istituti Bancari del Gruppo  Personale del Gruppo

 Società di formazione del personale  Società Di Consulenza Manageriale  Consob

 Risparmiatore  Manufacturer

 Compagnie Assicurative  Sindacati

Il progetto ha coinvolto diverse funzioni aziendali del Gruppo Bancario, Gruppo Bancario formato da tre diversi Istituti Bancari che nonostante i procedimenti di fusione

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4.2 Stakeholder

36

registrano nel personale un forte senso di appartenenza all’istituto bancario originario ( ciò farà emergere delle complessità, ad esempio, nella successiva fase di mappatura del nuovo processo di rendicontazione dei costi in quanto ogni istituto bancario aveva un processo di mappatura dei costi differente ed in quanto i rendiconti dovevano uscire tutte con la stessa firma del Gruppo Bancario è risultato necessario allineare i processi di mappatura e calcolo delle valorizzazioni delle voci di costo, performance, saldi ecc alla best excecution individuata tra gli istituti bancari del gruppo; ciò ha richiesto molti sforzi, soprattutto per vincere la ritenzione al cambiamento riscontrata nel personale); è risultato quindi necessario dare sin da subito una strutturazione all’organizzazione di progetto, come di seguito riportato.

Figure 7 Organizzazione di Progetto Comitato guida

Ha il compito di: approvare le linee guida strategiche; decidere, tra le soluzioni proposte, quella che possa meglio far superare eventuali conflitti che si presenteranno in corso al progetto; verificare il rispetto delle deadline.

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4.3 Raccolta requisiti

37 Sponsor di progetto

È colui che sostiene all’interno del Gruppo Bancario l’importanza del progetto ed aiuti il personale a superare la ritenzione al cambiamento, esso ha il compito di monitorare il progetto in tutte le sue fasi ed indirizzarlo per la risoluzione di problematiche operative; figura che fa parte del comitato guida.

Leader di progetto

Ha il compito di monitorare il rispetto delle tempistiche rispetto al piano di progetto, coordinare operativamente le attività di progetto; programmare e gestire le risorse dedicate al progetto

PMO

Ha il compito di coordinare ed organizzare i vari cantieri di lavoro del progetto; rendicontare e documentare tutte le fasi del progetto e le evidenze emerse; problem solving e apportare soluzioni che possano esemplificare il processo decisionale del comitato guida; registrazione dei rischi, problemi, ritardi.

Workstream

È il ruolo più operativo della struttura di progetto (operatività day by day), ha il compito di analizzare e definire i requisiti e formalizzare gli output delle fasi progettuali documentando ogni evidenza emersa.

4.3 Raccolta requisiti

Nella fase iniziale del progetto è stata svolta un’analisi volta a individuare i principali aspetti che la normativa introduce e individuare gli aspetti sui quali questi impattavano.

L’analisi inziale ha portato a mappare la normativa, in particolare ci si è orientati sulla sezione oggetto del progetto e cioè l’informativa ex post. L’analisi dei requisiti, nel caso particolare del progetto MIFID II, è stata guidata dalla normativa in quanto questa ha indirizzato la Società di Consulenza ed il Gruppo Bancario a prendere delle scelte mirate per quanto riguarda la fase dell’individuazione del TO BE nella Gap Analysis ( cfr. capitolo 5.1).

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