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abstr

act

sezione monografica

The choice to adopt action research is consistent with research processes in which the ob-ject of the study relates to the construction of common functioning structures and orga-nizational learning: it becomes a flexible solution to the problem of the relationship be-tween theory and practice, bebe-tween research as a cognitive process with a logico-analyti-cal basis, and intervention, with transformative processes of relations between subjects and local institutions.

The theoretical questions are enriched by the interaction with application processes and objectives, through which the various participants actively contribute to the construction of the outcomes, improving communication and mutual learning.

Using these reflections as a starting point, this article will present a research-action path-way that originates from the innovation needs of local welfare systems whose agents deal with shared responsibility and individualized planning for and with people with disabil-ities.

In this project, the institutional structures had to become more active in meeting differ-entiated needs and in developing flexibility and integration skills, in so doing promoting evaluation and design functions that emerged from processes of co-participation between the different parties involved, including citizens with disabilities and their families. Keywords: Action research, Organizational learning, Institutional innovation, Di -sability

La scelta di adottare la ricerca-azione (RA) risulta coerente nei processi di ricerca in cui l’oggetto di studio riguardi la costruzione di strutture di funzionamento comuni e di ap-prendimento organizzativo: essa si configura come una soluzione flessibile al problema del rapporto tra teoria e pratica, tra ricerca come processo conoscitivo, a base logico-ana-litica, ed intervento, rispetto a processi trasformativi di campi di relazioni tra soggetti e istituzioni locali. Le domande di tipo teorico si arricchiscono dall’interazione con proces-si e obiettivi applicativi, in cui i diverproces-si attori coinvolti contribuiscono attivamente alla costruzione degli esiti, migliorando la comunicazione e l’apprendimento reciproco.

Ricerca-azione, apprendimento organizzativo e processi di innovazione

istituzionale nei sistemi di responsabilità condivisa per la disabilità

Action research, organizational learning and institutional innovation

processes in shared responsibility systems for disability

Nicole Bianquin

Assistant professor of Didactics and Special Education | Department of Human and Social Sci-ences | University of Bergamo (Italy) | nicole.bianquin@unibg.it

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A partire da queste riflessioni, l’articolo presenterà un percorso di ricerca-azione originato da esigenze di innovazione di sistemi locali di welfare i cui attori si occupano di respon-sabilità condivisa e di progettazione individualizzata per e con le persone con direspon-sabilità. In questo progetto, le strutture istituzionali avevano esse stesse la necessità di divenire più attive nell’incontrare i bisogni differenziati e nello sviluppare competenze di flessibilità e integrazione, promuovendo funzioni di valutazione e progettazione generati da processi di co-partecipazione tra attori diversi, compresi i cittadini con disabilità e le loro fami-glie.

Parole chiave: Ricerca-azione, Apprendimento organizzativo, Innovazione isti-tuzionale, Disabilità

Introduzione

Il focus del presente articolo è costituito dal tema dell’apprendimento or-ganizzativo, inteso come cambiamento oror-ganizzativo, e della sua stretta relazione con la ricerca-azione, come strumento metodologico a suo sup-porto. A partire da questa interconnessione, illustrata nella prima parte del contributo, e attraverso la presentazione di un percorso di ricerca con-dotto sul campo, viene messa in evidenza la complementarietà dei due discorsi teorici, apprendimento organizzativo e ricerca-azione, per l’in-terpretazione e la concretizzazione del cambiamento organizzativo e del suo direzionamento da parte degli individui.

A partire da un’analisi del concetto di organizzazione intesa come un processo generativo (Masino, 2005) che si modifica nel tempo e produce ‘conoscenza organizzativa’ e dunque come capacità del processo di auto-regolarsi, si passa all’analisi del concetto di apprendimento organizzativo (Thompson, 1967, trad. it. 1988). Esso viene concepito come sviluppo e trasformazione della conoscenza organizzativa, ossia come la capacità di un processo di regolare il proprio, continuo, mutamento verso la genera-zione di novità (Fabbri, 2003).

Al fine di supportare intenzionalmente un processo di apprendimento organizzativo, che sia attivatore ma anche guida del processo di struttu-razione (produzione di regole dell’agire organizzativo), nella direzione di un’innovazione organizzativa concreta, l’opportunità di impiego di un metodo e di una procedura di intervento afferente all’ambito della ricer-ca-azione appare una risposta metodologica coerente. I presupposti epi-stemologici illustrati portano a prendere in considerazione un modo di fare ricerca ed intervento che consideri complementari i saperi prodotti dai soggetti che regolano i processi organizzativi in esame e i saperi

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me-todologici e disciplinari portati dal ricercatore e che provi a ricongiungere nella stessa struttura di indagine soggetti e oggetti, eventi e situazioni, pensiero e azione, determinazione concettuale e sentita della realtà (Al-bano, Fabbri, Curzi, 2011).

La ricerca-azione presentata aveva la finalità di favorire/accompagnare un cambiamento del modello di presa in carico della persona adulta con disabilità, promuovendo un processo di attivazione istituzionale parteci-pata. Il progetto ha sviluppato un nuovo modello di valutazione e co-progettazione con e per la persona adulta con disabilità che rappresenti anche una programmazione integrata a livello interistituzionale al fine di realizzare progetti di vita appropriati e rispondenti ai reali bisogni della persona. La ricerca-azione, utilizzata nel percorso di ricerca qui presenta-to, si configura come simultaneamente ricerca e intervento: un processo soggetto ad analisi e necessariamente a modifiche, una riflessione sul pro-cesso, sulle scelte attivate, sulla loro congruenza, sulle conseguenze per i soggetti che ha sfociato nell’introduzione di cambiamenti verso percorsi d’azione alternativi e in alcuni casi innovativi che sono stati sempre il frutto di scelte autonome dei soggetti coinvolti nella ricerca (Albano, 2012).

1. Fenomeno organizzazione e fenomeno apprendimento: la teoria

dell’agire organizzativo

La teoria dell’agire organizzativo si sviluppa a partire da una concezione di organizzazione intesa come forma di agire sociale – processo di azioni e decisioni – orientato secondo razionalità intenzionale e limitata verso risultati considerati soddisfacenti (Simon, 1981, trad. it. 1988; Thom-pson, 1967, trad. it. 1988; Maggi, 2003). Una teoria che non separa sog-getti e organizzazione, in una concezione non dualista ma processuale, ed in cui l’organizzazione stessa non è più intesa come una ‘macchina’, ov-vero uno strumento per fini, ma come un processo generativo (Masino, 2005). La nozione di processo incorpora il divenire e consente pertanto di pensare all’organizzazione come a una dinamica: l’organizzazione non ha un divenire, è un divenire, che si produce grazie alle capacità di gene-rare e di cambiare componenti e obiettivi. Richiamando l’autorevole espressione di Weick (1979, trad. it. 1988), oggetto di studio non è più l’organizzazione bensì l’attività di organizzare.

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L’organizzazione si modifica nel tempo producendo ‘conoscenza or-ganizzativa’, intesa come capacità del processo di auto-regolarsi da un punto di vista rappresentazionale, strutturale e pratico, in maniera con-gruente con gli obiettivi attesi e le conoscenze tecniche disponibili (Thompson, 1967, trad. it. 1988). L’ordine del processo organizzativo si modifica nel tempo (cambiamento organizzativo) e, contestualmente, può essere fatto oggetto di riflessione finalizzata attraverso una prima fa-se di valutazione fa-seguita da azioni di miglioramento. In questo fa-senso, è possibile intendere l’apprendimento organizzativo come sviluppo e tra-sformazione della conoscenza organizzativa, ossia come la capacità di un processo di regolare il proprio, continuo, mutamento verso la generazio-ne di novità (Fabbri, 2003). L’apprendimento organizzativo riguarda dunque la dinamica della conoscenza organizzativa, la modificazione del fare e del decidere all’interno del processo (Fabbri, 2003) e può avere tanto un’origine inintenzionale (Corley, Gioia, Fabbri, 2011) quanto originare da una riflessione consapevole su o intorno al proprio agire concreto e si può pertanto ridefinire come riflessione del processo su se stesso e come elemento che contribuisce a stimolare e nel contempo a regolare il mutamento del processo (Maggi, 2003). L’apprendimento or-ganizzativo in questo secondo caso può beneficiare di saperi metodolo-gici, apportati da soggetti non coinvolti nei processi inintezionali (Alba-no, Fabbri, 2010).

L’apprendimento organizzativo inoltre non consiste esclusivamente nell’acquisizione di nuove conoscenze astratte ma, piuttosto, nel ‘diven-tare un praticante’ (Albano, Fabbri, 2010): l’apprendimento non può av-venire come solo trasferimento di rappresentazioni simboliche ma, piut-tosto, attraverso la partecipazione allo svolgimento di nuove pratiche (Cook, Brown, 1999). Se dunque come rileva Gherardi (1994), l’orga-nizzazione può essere interpretata come ‘sapere-in-azione’ e i soggetti at-tivi di un processo di apprendimento sono gli individui che operano nelle organizzazioni, allora tale apprendimento diventa ‘apprendimento orga-nizzativo’ solo quando viene messo in pratica, trapiantato in modalità operative, trasformato in cultura, istituzionalizzato entro forme di sapere trasferibili in una rete di rapporti sociali. Nelle organizzazioni le ‘comu-nità di pratiche’, intese come ambienti sociali e fisici in cui hanno luogo apprendimento e lavoro, sono, dunque, i luoghi fondamentali dell’inno-vazione (Zucchermaglio, 1995). I procedimenti sono di tipo innovativo quando si inserisce consapevolmente la ricerca della modificazione di

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al-cuni aspetti dell’organizzazione, delle teorie di riferimento o del sistema dei valori o delle tecnologie.

2. Apprendimento organizzativo e ricerca-azione in una concezione di

processo

Date queste premesse, è concepibile e auspicabile un intervento a sup-porto dell’apprendimento organizzativo, che sia attivatore e guida del processo di strutturazione nella direzione di un’innovazione organizzati-va concreta. In coerenza con le concezioni e le premesse teoriche esposte, l’opportunità di impiego di un metodo e di una procedura di intervento afferente all’ambito della ricerca-azione appare una risposta metodologi-ca coerente.

La Ricerca-Azione (d’ora in poi RA) può – a determinate condizioni – supportare l’apprendimento organizzativo per come è qui inteso. I pre-supposti epistemologici illustrati portano a prendere in considerazione un modo di fare ricerca ed intervento che consideri complementari i sa-peri prodotti dai soggetti che regolano i processi organizzativi in esame e i saperi metodologici e disciplinari portati dal ricercatore (Albano, Fab-bri, Curzi, 2011). È necessario che i soggetti coinvolti nell’analisi e nella modificazione dei processi si approprino di categorie di analisi organiz-zativa per poi proporsi essi stessi come analisti e valutatori dei processi primari in cui saranno ‘immersi’ e di cui saranno protagonisti/formatori. Tale ‘ricomposizione analitica’ dei saperi organizzativi (Albano, 2012), supera la dicotomia osservatore-osservato ed è coerente con la teoria dell’apprendimento organizzativo qui richiamata.

Il cambiamento della regolazione di un processo non può mai essere de-liberato, ex ante, da un soggetto esterno al processo prescindendo dal con-tributo regolativo che fa capo intrinsecamente ai soggetti agenti nel pro-cesso (Albano, Fabbri, Curzi, 2011). Gli attori sono chiamati a partecipare attivamente al percorso formativo e di produzione innovativa, mettendo in campo le proprie competenze professionali e la specifica esperienza lavora-tiva, in quanto esperti e portatori d’interesse con l’obiettivo personale di sviluppare nuove competenze e capacità legate all’oggetto dell’intervento formativo. Il ricercatore dunque non fa raccolta di dati ma è piuttosto il garante di un’efficace ‘attività sull’attività’ in cui i soggetti implicati nel processo sono i principali protagonisti (Albano, Fabbri, 2010).

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Promuovere un processo partecipativo attraverso percorsi endogeni al sistema, e orientati a procedure di tipo bottom-up conduce dall’azione promozionale, intesa come processo per individuare e riconoscere even-ti, situazioni, soggettività, istanze, ecc. (dati), all’attivazione, intesa co-me processo di interazione fra attori diversi, finalizzato a rielaborare i dati e produrre informazioni ed eventuali azioni (Branca, Colombo, 2003). La qualità del passaggio dalla promozione all’attivazione si lega alla possibilità che attori rappresentativi di ruoli e funzioni diversi pos-sano interagire in attività caratterizzate da sperimentazione e riflessione trasformando il processo di indagine in un veicolo di apprendimento or-ganizzativo.

L’innovazione sociale può dunque essere compresa e attivata se da una parte il ricercatore tiene conto del significato che riveste il progetto per coloro che ne sono coinvolti e dall’altra parte se vi è partecipazione, intesa come comprensione, flessibilità e disponibilità al cambiamento, da parte degli attori direttamente interessati; questo intreccio diviene dunque un dato essenziale, soprattutto, quando l’indagine mira alla risoluzione di problemi di natura pratica. In questi termini si tratta evidentemente di costruire un ‘ponte’ tra ricerca e pratica (Hallinan, 1996).

3. Ricerca-Azione, una commistione feconda fra teoria e applicazione

pratica

Alcuni specifici contributi (Reason, Bradbury, 2001; Minardi, Cifiello, 2005) sottolineano il potenziale della RA in relazione al superamento delle difficoltà della ricerca sociale e educativa ad intrecciarsi significati-vamente con la dimensione dell’intervento. Per Minardi e Cifiello (2005, p. 31), in particolare, la RA costituisce «una soluzione flessibile al proble-ma del rapporto tra teoria e pratica sociale, tra ricerca come processo co-noscitivo, a base logico-analitica, ed intervento come processo trasforma-tivo di campi di relazioni tra soggetti e istituzioni sociali». Il tentatrasforma-tivo di Lewin (1946), il primo ad adottare il termine action research, era proprio quello di costruire un fecondo rapporto reciproco tra teoria e prassi, es-sendo ben cosciente di stare teorizzando una non abituale ‘commistione’ fra ricerca pura ed applicazione pratica e affermando che l’indagine scien-tifica può essere messa a disposizione della risoluzione di problemi con-creti, rafforzando, attraverso sperimentazioni rigorose in contesti

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natura-li, «quell’approccio razionale ai problemi sociali pratici che è una delle esigenze fondamentali per la loro risoluzione» (Lewin 1946, p. 68). Il po-tenziale della RA risiederebbe dunque in un tentativo di ripensamento del metodo scientifico, che provi a ricongiungere nella stessa struttura di indagine soggetti e oggetti, eventi e situazioni, pensiero e azione, deter-minazione concettuale e sentita della realtà (Villa, 2008).

Come ha chiarito Kurt Lewin la ricerca-azione è composta da una spi-rale di passaggi, ognuno dei quali forma un processo ciclico di program-mazione, azione e indagine sui risultati dell’azione (1946). Non vi è par-tecipazione seguita dalla ricerca e quindi dall’azione, ma piccoli e conti-nui cicli di riflessione partecipativa sull’azione. Un eventuale cambia-mento che non avviene solo alla fine o successivamente, ma nel corso di tutto il percorso di ricerca, una presenza massiva di ‘ripresa e ritorno’ nel-le e sulnel-le diverse fasi.

Amerio, De Piccoli e Miglietta (2000) sostengono che la doppia na-tura, scientifica e pratica della RA è strettamente connessa al potere di controllo sul processo sperimentale che si può determinare attraverso la cooperazione fra ricercatore e gruppo oggetto di indagine, migliorando-ne la comunicaziomigliorando-ne reciproca e il reciproco apprendimento e conside-rando inoltre la situazione ambientale con un’importanza almeno pari a quella dell’oggetto (Lewin, 1946). L’apprendimento e il cambiamento di contesto sono elementi fondanti della RA e si commistionano a vi-cenda: l’apprendimento in relazione ad un contesto implica un suo mu-tamento, cioè un cambiamento definibile come ‘organizzativo’ (Villa 2008).

4. Caso-studio: elaborazione e sperimentazione di un nuovo modello

di responsabilità condivisa e progettazione per la persona adulta

con disabilità

La ricerca ha preso avvio da esigenze di innovazione presenti in un sistema locale di welfare i cui attori si occupano principalmente di politiche sociali in relazione alla disabilità. Il percorso di ricerca in oggetto si inserisce in questo complesso quadro di trasformazione dei sistemi di welfare ed una di questa è la necessità di ridisegnare e organizzare le forme di governo e intervento in modo più flessibile (Bailey 2015) verso approcci maggior-mente personalizzati e multidimensionali, contestualizzati e orien tati

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al-l’empowerment dei cittadini (Lødemel, Moreira 2014). Per le strutture istituzionali si pone infatti la necessità di divenire esse stesse più attive nell’incontrare bisogni differenziati, nello sviluppare competenze, flessi-bilità e capacità integrative, e nel promuovere forme di coordinamento, programmazione e valutazione attraverso la predisposizione di processi di co-partecipazione tra attori diversi afferenti a politiche e livelli istituzio-nali differenti, compresi quelli della vita quotidiana dei cittadini, delle fa-miglie e delle comunità locali (Villa, 2007).

Il progetto di ricerca promosso ha assunto una connotazione collabo-rativa e partecipata fin dai suoi esordi in base a metodi propri della ricer-ca-azione lewiniana. L’approccio della ricerricer-ca-azione ha reso possibile il coniugare aspettative e obiettivi di conoscenza scientifica e di cambia-mento istituzionale (Stringer, 2014), valorizzando capacità e saperi di ti-po scientifico, esperto e professionale in percorsi integrati. La RA ha pro-mosso e sostenuto le condizioni di auto-riflessività di un sistema accom-pagnando i processi di auto-organizzazione e apprendimento organizza-tivo. L’output finale si configura in un’attivazione istituzionale orientata all’innovazione delle pratiche dove il cambiamento parte dalla capacità dell’organizzazione di osservare e di ripensare se stessa.

La RA, utilizzata nel percorso di ricerca qui presentato, si configura come simultaneamente ricerca e intervento: un processo soggetto ad ana-lisi e necessariamente a modifiche, una riflessione sul processo, sulle scel-te attivascel-te, sulla loro congruenza, sulle conseguenze per i soggetti (Alba-no, 2012). Successivamente, è stata attuata la valutazione di questi cam-biamenti, intesa come l’inizio di una nuova analisi, comprendente anche delle nuove esigenze di formazione, delle necessità di successive cono-scenze disciplinari, di altre fasi e dell’emergere di nuovi segmenti di pro-cesso da investigare.

Finalità del progetto di ricerca-azione

Il progetto di ricerca-azione qui presentato brevemente è stato promosso dall’Assessorato Sanità, Salute e Politiche Sociali della Valle d’Aosta in collaborazione con l’Università della Valle d’Aosta e ha avuto l’obiettivo di sviluppare un nuovo modello di valutazione e progettazione (o meglio co-valutazione e co-progettazione) per la persona adulta con disabilità sul territorio regionale e si è attivato in contemporanea all’istituzione sul

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ter-ritorio dell’Unità di Valutazione Multidimensionale della Disabilità1 e istituzione della figura di Case manager2.

L’obiettivo del presente percorso di ricerca è stato quello di produrre un modello regionale di co-valutazione multidimensionale e multi-pro-spettica (profilo di funzionamento) e di co-progettazione (progetto di vi-ta) con e per la persona adulta con disabilità che rappresenti anche una programmazione integrata a livello interistituzionale (Regione, Azienda Unità Sanitaria Locale VdA, privato sociale, enti locali, eccetera) al fine di realizzare progetti di vita appropriati e rispondenti ai reali bisogni della persona. L’obiettivo generale dell’azione dell’UVMDi è rappresentato dall’individuare e dal garantire l’attuazione della migliore soluzione pos-sibile con e per la persona adulta con disabilità, soluzione che incontri le istanze, i bisogni e i desideri della persona stessa e ne rispetti la libertà di scelta. Il progetto deve inoltre coniugare i bisogni della persona e della sua famiglia con la rete territoriale dei servizi e le opportunità presenti sul territorio. In relazione a questo è opportuno sottolineare come l’UVMDi funge da strumento di monitoraggio della rete dei servizi presenti sul ter-ritorio e fornisce informazioni per il suo futuro sviluppo, supportando e favorendo un uso più corretto ed appropriato delle risorse presenti nel territorio e segnalando mancanze o bisogni che non hanno ancora trova-to rispondenza nella direzione di una maggiore flessibilità dei servizi al fi-ne di realizzare realmente progetti rispondenti alle esigenze del cittadino.

Il modello ha assunto come framework concettuale quello proposto dalla Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (OMS, 2001, 2007) in particolare per la definizione del profilo di funzionamento e il modello della Qualità di Vita con un ac-cento posto sulla dimensione dell’autodeterminazione come criterio fon-damentale nella pianificazione di interventi individualizzati efficaci e nel-l’organizzazione di servizi di qualità (Gómez, Verdugo, Arias, Navas, Schalock, 2013; Schalock, Bonham, Verdugo, 2008). La logica che sta al-la base del progetto è una logica di rete piuttosto che una logica gerarchi-ca che sappia garantire ed attivare processi di negoziazione e

comparteci-1 DGR 8/20comparteci-18 ‘Piano di interventi e servizi a favore delle persone con disabilità’ e DGR 75/2018 ‘Approvazione della costituzione dell’Unità di Valutazione Multidi-mensionale della Disabilità – UVMDi’.

2 Ai sensi dell’art. 8 della L.r. 14/2008 e in esecuzione della Deliberazione della Giun-ta Regionale n.8 in daGiun-ta 8/01/2018.

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pazione piuttosto che di imposizione burocratica con l’obiettivo ultimo di incentivare l’inclusione della società civile nei processi decisionali e nelle fasi di programmazione. Questa prospettiva che enfatizza il valore dell’inclusione e della partecipazione e vede nelle partnership tra una plu-ralità di attori coinvolti anche nella fase progettuale diviene anche una strategia mirata a prevenire potenziali conflitti e veti e a raggiungere il più ampio consenso possibile.

Il modello di valutazione e progettazione ideato, realizzato e speri-mentato dall’UVMDi, e revisionato alla luce degli esiti della sperimenta-zione, viene attualmente utilizzato per strutturare e monitorare, grazie anche all’attivazione della figura del case manager, il progetto di vita della persona adulta con disabilità sul territorio regionale.

Disegno della ricerca e esiti

Il disegno della ricerca-azione ha previsto la realizzazione di un percorso ciclico di strutturazione – analisi – sperimentazione – rielaborazione (tutt’ora in corso) di natura collaborativa tra ricercatore e membri del-l’UVMDi, ovvero attori sociali che rappresentano le istituzioni che sul territorio si occupano di persone adulte con disabilità.

Il percorso si è sviluppato in quattro fasi principali di seguito descritte. 1. Avvio: il tavolo di lavoro, costituito da tutti i membri nominati all’in-terno dell’UVMDi e dal ricercatore, si è assunto il ruolo di ideazione del modello, di promozione del percorso e di strutturazione degli stru-menti e ha fin dai suoi esordi condiviso, anche con le istituzioni di ri-ferimento e con i responsabili dirigenziali e politici del sistema locale, le decisioni relative a obiettivi, tempi, modi e contenuti, individuan-do, in particolare, i livelli decisionali coinvolgibili, i vincoli strutturali e di processo e gli oggetti/contenuti di lavoro.

2. Indagine preliminare: analisi critica e sperimentazione di modelli e strumenti pre-esistenti sul territorio nazionale specificamente ideati per la persona adulta con disabilità e analisi delle procedure in essere sul territorio regionale.

3. Percorso di attivazione istituzionale: elaborazione del modello e degli strumenti ad esso correlati condividendo un framework concettuale di riferimento (sia socio-pedagogico sia metodologico) a partire dalle specificità, dalle risorse e dai bisogni del contesto regionale.

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4. Percorso di sperimentazione istituzionale: il modello ed in particolare gli strumenti sono stati sperimentati in diverse fasi a partire da campioni predefiniti e successivamente modificati alla luce degli esiti ottenuti. In particolare, gli strumenti hanno subito notevoli modificazioni nel corso del tempo e nelle diverse fasi di sperimentazione, grazie ad un percorso ciclico tra analisi – utilizzo – rianalisi – modificazione. 5. Innovazione istituzionale: messa a regime del modello regionale di

co-valutazione multidimensionale e multi-prospettica (profilo di funzio-namento) e di co-progettazione (progetto di vita) con e per la persona adulta con disabilità.

6. Socializzazione degli esiti: il percorso si è concluso con la restituzione degli esiti di percorso (processo e risultati) ai responsabili politici del sistema locale di interventi e alla comunità.

I risultati del processo possono essere brevemente sintetizzati seguito. – Modello di co-valutazione e di co-progettazione con i relativi stru-menti (come ad esempio profilo di funzionamento della persona e il progetto di vita) denominato ‘Valutazione e progettazione multidisci-plinare e multi-prospettica della persona adulta con disabilità’ (Sche-da UVMDi).

– Modello di standardizzazione del processo, con la definizione esatta dei flussi relativi alle procedure di ingresso e di passaggio interni al processo di valutazione, progettazione, attivazione e ri-valutazione del progetto.

– Mappatura dettagliata dei servizi, delle strutture e delle attività attual-mente presenti sul territorio regionale e rivolti all’adulto con disabilità al fine di monitorare e ricomporre le risorse presenti e renderle dispo-nibili. Tale mappatura è funzionale all’UVMDi per co-costruire insie-me alla persona con disabilità e alla famiglia il progetto di vita della persona con disabilità dagli obiettivi definiti come prioritari sulla base del suo Profilo di Funzionamento.

5. Discussioni e conclusioni

Nel percorso qui descritto la riflessione teorica, che si è innestata su alcuni assunti epistemologici propri della pedagogia speciale e dell’inclusione, e la ricerca di soluzioni pratiche hanno potuto procedere di pari passo,

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nu-trendosi reciprocamente in tentativi di ‘reciproca confutazione’ e ‘recipro-coapprendimento’, grazie alla possibilità di operare direttamente.

Il percorso di RA si è messo a disposizione di un apprendimento or-ganizzativo in quanto si è avvalso, fin dalle primissime fasi, della dimen-sione pratica, trasferendo concetti, presupposti epistemologici e riflessio-ni in modalità operative e strutturali, formalizzando forme di sapere tra-sferibili in una specifica rete di rapporti istituzionali e sociali. Nelle orga-nizzazioni le ‘comunità di pratiche’, come potremmo intendere quella costituita all’interno della RA e che tutt’ora si potrebbe interpretare an-cora così, sono intese come ambienti sociali e fisici in cui hanno luogo apprendimento e lavoro e che divengono, dunque, i luoghi fondamentali dell’innovazione (Zucchermaglio, 1995). I partecipanti al percorso di RA si sono infatti fin da subito messi a disposizione di un percorso di cam-biamento, condividendo il framework concettuale e ponendosi in condi-zione di auto-riflessività rispetto a schemi interpretativi consueti, ponen-do anche in discussione apprendimenti sperimentati e consolidati. Gli at-tori partecipanti al percorso di RA si sono appropriati di categorie di ana-lisi organizzativa e di elementi concettuali specifici inerenti i costrutti fondanti del progetto per proporsi attualmente essi stessi come analisti e valutatori di processi in cui si sono immersi, assumendo un ruolo di pro-tagonisti e di formatori a disposizione della struttura organizzativa. In questo senso i partecipanti sono stati i destinatari dell’apprendimento or-ganizzativo ma essi sono stati al tempo stesso gli artefici di questa produ-zione di nuova conoscenza, mettendo in campo le loro competenze pro-fessionali e la specifica esperienza lavorativa, in quanto esperti e portatori d’interesse con l’obiettivo personale di sviluppare nuove competenze e capacità legate all’oggetto dell’intervento formativo

È difficile che l’individuazione di nuovi punti di riferimento oltre il modello gerarchico-amministrativo possa semplicemente venire imposto da un punto al vertice del sistema (processo di top-down), che rischierebbe di essere esso stesso prodotto e produttore di quel tipo di frammentazione che il percorso aveva l’obiettivo di contrastare. Grazie quindi ad in percor-so (bottom-up) che fin dall’inizio ha visto coinvolti gli operatori del terri-torio in termini decisionali questo non è avvenuto, ma anzi ha generato lo viluppo di una nuova e maggiore riflessività collettiva e il riconoscimento di nuove identità (Pizzorno, 1996) ponendo i partecipanti nelle condizioni di interagire con i processi istituzionali e politici a più alto livello.

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proces-so che rimandano al fatto di come sia possibile, grazie a percorsi inten-zionali di cambiamento organizzativo generati da percorsi di RA, favorire una maggiore integrazione delle politiche, promuovere l’attivazione isti-tuzionale e attualizzare processi di governance. Dall’altro, in termini di prodotti, il percorso di RA restituisce un modello di valutazione e co-progettazione con e per la persona adulta con disabilità con i relativi stru-menti attuativi attualmente in uso nel territorio regionale.

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