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L'IDEOLOGIA INGLESE: J. Bentham (P. Scolari)

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Academic year: 2021

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Jeremy Bentham

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Opere

- Un frammento sul governo (1776) - Difesa dell’usura (1787)

- Introduzione ai principi della morale e della legislazione (1789) - La tattica parlamentare (1816)

- Teoria delle finzioni (1824) - Deontologia (postuma)

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LA VITA

- Esercita la professione di avvocato, ma la abbandona presto, disgustato da tutto quanto, nelle leggi, gli appariva oscuro e irrazionale e perciò dannoso per gli uomini.

- Invece le leggi dovrebbero mirare a rendersi utili a essi.

- La sua vocazione era dunque lavorare per la felicità degli uomini = capire ciò che per essi era utile.

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LA VITA (2)

- Seguì con entusiasmo gli avvenimenti della Rivoluzione Francese, contribuendo a essa con alcuni scritti.

- Fu proclamato cittadino francese (1792).

- Attenzione verso la riforma del sistema penitenziario (riforma ispirata dal principio dell’utilità sociale, anziché quello della responsabilità morale).

- Conosce James Mill (1808), che diventa il suo migliore discepolo. I due, con il figlio di James – John Stuart Mill – collaborano nella pubblicazione della Westminster Review.

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PIACERE E DOLORE

Contro i sentimentalisti e contro i sostenitori dell’obbligazione morale, afferma che l’unico movente dell’azione umana è sempre la ricerca del

piacere e la fuga dal dolore, anticipati come conseguenze di un certo modo

di agire, che allora l’uomo, in quanto ha interesse, è sospinto a eleggere.

La ragione deve fare chiaramente apparire il movente tale quale è, tenendo conto anche delle conseguenze indirette e remote. L’uomo non potrà mai sentire il dovere di fare ciò che non ha interesse a fare.

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«MASSIMIZZARE»

Scopo fondamentale della morale è quello di procurare la «maggior felicità

possibile per il maggior numero possibile di individui» (mutuata da Cesare

Beccaria).

un’azione è buona quando è utile, cioè quando contribuisce alla felicità

comune, procurando piacere o evitando dolore al maggior numero di persone possibili.

(7)

LA VIRTÙ

Se dunque il piacere e la felicità sono l’unico fine genuino e l’unico movente efficace delle azioni umane, la «virtù» sarà quella forma di condotta che è più adatta a raggiungerlo in modo permanente: «prudenza» per il raggiungimento della felicità individuale, «benevolenza» per la felicità degli altri.

(8)

Perché l’utilitarismo egoistico, quando è razionalmente illuminato, è anche utilitarismo sociale?

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DALL’INDIVIDUALE AL SOCIALE

Accordo alla luce della ragione: essa mostra che, per raggiungere la felicità individuale, il metodo migliore è quello di procurare la felicità degli altri, purché però si faccia un calcolo esatto delle conseguenze meno prossime e meno dirette (sanzioni), senza lasciarsi sedurre dall’attrattiva delle conseguenze immediate (tentazioni).

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UN GUADAGNO PER TUTTI

Non c’è alcun sacrificio definitivo: si instaura un permanente scambio di servigi in cui tutti hanno da guadagnare e nessuno ha da perdere definitivamente.

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UNA MORALE «MISURATA»

Un egoismo regolarizzato che ritiene possa essere portato a un rigore quasi matematico, in quanto il confronto ha sempre sostanzialmente carattere

quantitativo (non qualitativo) e permette perciò una vera e propria misura.

Piaceri e dolori sono spesso commisti; inoltre vi sono piaceri che si escludono a vicenda  occorrono perciò criteri precisi per effettuare un

«bilancio» morale, un «calcolo» del piacere complessivo che le varie azioni

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MISURARE PIACERI E DOLORI

Caratteristiche dei piaceri e dei dolori: intensità, durata, certezza, prossimità, fecondità (possibilità di produrre altri piaceri), purezza (incapacità di produrre dolore), estensione (numero di persone alle quali un dato piacere è capace di estendersi).

Un piacere che presenti tutti questi caratteri è senz’altro un bene, e deve essere assunto come il fine non solo dell’attività morale, ma anche di quella sociale e politica.

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BENTHAM FILANTROPO

Solo l’estensione implica il riferimento a molti soggetti e perciò essa soltanto possiede quel carattere sociale che è il più importante.

(14)

4 PRINCIPI UTILITARISTICI

1. Nessuno può agire, né può essere tenuto ad agire, quando ad agire non abbia nessun personale interesse.

2. L’interesse individuale dell’agente e quello degli altri uomini sono intimamente connessi e l’interesse degli altri vale bensì per il

singolo, ma solo in quanto lo fa suo.

3. La razionalità flessibile alle circostanze è un elemento costitutivo della bontà morale delle azioni e disposizioni umane volontarie.

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UTILITARISMO E POLITICA

Tutta l’attività politica deve dirigersi verso un unico scopo, il principio dell’«utilità sociale». Soltanto la «massimizzazione della felicità» del maggior numero e la «minimizzazione della sua infelicità» giustifica quella «coercizione» senza la quale la legge, in senso giuridico, non esisterebbe.

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MINIMIZZARE LA COERCIZIONE

Tale coercizione non trova alcun limite nei «diritti naturali» dell’individuo, che non esistono. La libertà è la condizione dell’individuo non costretto, non un suo diritto: la coercizione trova perciò il proprio limite nella sua stessa ragione d’essere. Poiché essa diminuisce i piaceri dell’individuo e gli produce dolori è di per sé un male, per quanto necessario, e dev’essere ridotta a quel minimo che riesce utile al maggior numero.

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DIRITTO E UTILITARISMO

Il diritto rappresenta il mezzo principale per costruire un assetto sociale rispondente al principio di utilità. La riforma giuridica trova il suo sbocco nella codificazione, ossia in un corpo completo di leggi chiare, certe, coerenti e dunque idonee a favorire il calcolo felicifico.

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