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Armonie

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Academic year: 2021

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1 i ' — ---H—IL_

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI S A L E R N O FONDO CUOMO

W

X

A

825

VOL. p

(3)
(4)
(5)

C e n tr o

ARMONIE

VERSI

DI

A L F O N S O XJNfGUXTX

Bibliotecario

15^

F O N D O C U G M O o a u s i. 'g f fP

(6)
(7)

ARMONIE

VERSI

DI

A L F O N S O L I H G U I Y I

[f>> L *^2 /r ^3?/ * \ Q \

PROFESSORE DI LETTERE liRECIIIE E LATINE \ m

l o l •W . >'EL \ % \ J * 7 / < © / CcR. Stceo ^ a é é c iti c o V SALERNO STABILIMENTO T IP . NAZIONALE MDCCCLXX1V

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(9)

L- EDITORE

a

c h i

l e g g e

--- ~xx~——

Raccogliendo in un volume le poesie edite ed

inedite di Alfoiso L in g u iti, crediamo di far cosa

g ra ta a’ cultori de’ buoni studi e a tu tti coloro che

in v ari modi e da più tempo né hanno manifestato

il desiderio.

Quell’ elegante e dotto scrittore che fu il Mon­

tanari, ne fece il primo lo più vive istanze; e in

una bellissim a lettera al Ghivizzani, inserita nella

Gazzetta di Firenze ( 19 Die. 1 8 6 7 , n.° 364 ) , an­

nunziandone già prossima , come egli credeva , la

pubblicazione : Io già fin da ora, dice, nella m ia

mente sento parte della dolcezza che m i pioverà in

cuore al leggere que’ carmi pieni di alti e generosi

s p in ti e fioriti della migliore eleganza italiana, ba­

sti dire somigliantissimi agli altri, e di quella cura

vera che l’ A . suol porre nelle cose sue, e m i affido

che troveranno un eco in tutt' i c u o r i, e faranno

a lu tti manifesto che la classica poesia non è p er­

duta in Italia, ma vive tuttora e vigoreggia.

Queste poesie, pubblicate nella maggior parte o

ne’ giornali o in assai picciol numero di esemplari,

ebbero in Itailia le più liete accoglienze da effeme­

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ridi letterarie e politiche assai gravi, come il Bor-

ghini, la Gioventù, l ’ Istitutore di Torino, la N a­

zione, 1’ Opinione ec. e c ., e da uomini autorevoli

per im parzialità , acume di critica e squisitezza di

gusto, come il Manzoni, il Maffei, il Viani, il Fan-

fani, il Giuliani, il B ram billa, il T igri, ec. ec. Onde

volendo m ostrarne il carattere e l ’ indole, ci basterà

il riferir senza più, fra i moltissim i cbe potremmo,

i giudizi cbe ne diedero il F anfani, il F ornaciari, il

Capuana, il Zam belli, il Bram billa e il Fiaschi.

Ora solam ente, d ice il F a n fa n i, f Borghini, a n . /. p a g . 1 9 2 , F ir e n z e , 1 8 6 3 ) p e r isp o n ta n e a cortesia d e ll’ A. sonm i ven u ti a n o tizia questi v ersi, e senza om bra d i p ia c e n te ria e sen za tante cerim onie dico e sostengo c h e , e p e r la n o b iltà d e ’ concetti e p e r l affetto e p e r la v en a abbondante e p e r la eletta elocuzione, e p e r ogni cosa, queste son le p o ch e p o e ­ sie veram ente buone che m i sia im battuto a leggere d a p a recch i a n n i in q u a . Mi rincresce d i n o n p o ­ terne q u i d a r saggio, che sen za dubbio ciascun let­ tore m i direbbe : Avete ragione.

Il Fornaciari nella R ivista Italiana di Torino ( an.

IV , n.° 1 44, 1863 ), scrisse un ben lungo artico­

lo, in cui dopo di aver discorso della ling ua usata

dall’ A ., seguita così :

Al p o eta ita lia n o , quasi nuovo E rcole a l b iv io , d u e strade si affacciano : d a u n lato lo in v ita il p a ­ ganesim o, con le d e lizie d eg li a m en i a rg o m en ti, con

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l’ efficace im itazione della schiena n a tu ra u m a n a , co' suoi passionali irjfelli, col m ondo sensibile recalo a u n a leg g ia d ria e voluttà ideale ; d a ll' altro studia tra rlo a sè il cristianesimo con la sublim e p u rific a ­ zio n e d e ’ su o i affetti, coll' arcana g ra vità delle sue im m a g in i, con la severità d e i p rin q ip ii e delle d o t­ trin e . A l d i n i , adescali dalle lusinghe della bella n a ­ tu ra , s i lim ita n o a ritra rla con colori del lutto p a ­ g a n i, col pennello preso in p resta n za d a Omero e Virgilio, preferendo la sod d isfa zio n e dell’ arte alla lode d i p o e ta civile: e solo a pochi in g eg n i è dato d ’ innestare felicemente su questo antico tronco d i p o e sia i l ra m o degli affetti n a zio n a li e p re se n ti; a l ­ tr i , p ig lia n d o inspirazione d a lla società m oderna e li è profondam ente c ristia n a , si scordano che la n a tu ra , se vuoi essere p erfezio n a ta , non però si a c ­ concia a v e n ir distrutta o abbujata d a l vero e d a l sovru m a n o ; si scordano troppo spesso d i ciò clic p orta u n a fa n ta s ia ed un cuore italiano ; solo a p o ch i i n ­ g e g n i è dato- d i conservare il m odo d i concepire d e ’ classici, abbandonando le rem iniscenze d ella fede e d e lla so cietà antica. Questi u ltim i son p er a v v e n ­ tu ra i p iù u tili e convenienti a ll’ Ita lia e a lla p r e ­ sente g enerazione che , poco vaga d i cim ice p o e ti­ che, si a ffre tta n so lu la verso il p ro p rio civile m ig lio ­ ra m en to .

E a questi p a n n i doversi riportare il L in g u iti. Gli affetti su o i, lo scopo delle sue poesie sono V Ita lia e la R e lig io n e e la p otenza d i u n ire ta li cose che a m o lti sem brano nem iche m ortali, gliel' ha d a ta il suo cuore caldo e generoso che abbraccia im p a

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r-zia lm e n te lutto quanto è buono e bello, tutto quanto p erfezio n i l' uom o. Perciò accade d i vedere in que­ ste poesie, p e r una u n io n e tu tta n aturale e sp o n ta ­ n e a .,., accanto a g li affetti p iù v iv i d i p a tr ia , d i l i ­ bertà, d i u n ità le dottrine religiose del p e rd o n o , del soccorso agl’ in felici, della gloria d i chi soffre e m uo­ re p e r la g iu stizia , d a p p ertu tto la consolante creden­ za d e lla im m o rta lità . Lasci p u r e d i toccar questi ta ­ sti chi non sente i efficacia loro su l cuore, m a non si c o n d a n n i chi h a saputo toccarli con ta n ta n o b iltà e sin cerità d i anim o.

I l m odo d i concepire e d i lum eggiare le im m a g i­ n i

è,

si p u ò d ir sem pre, quello d e classici; sono es­ se p e r lo p iù ben d in lo rn a le : nè sla va ti i colori o sm orzalo il vigore della espressione. Se non v i tro ­ v i g ra n p o te n za d i concentrare e vib ra re il p en sie­ ro , m a p iuttosto i altra m a n iera d i svolgerlo a mo~ do d i on d a che p la cid a m en te scorre; p u re non h a i d a lam entare la n g u id e zza o p ro lissità d i stile. D ap­ p e rtu tto a p p a re certa quiete e serena calm a che è

im m a g in e d e li anim o dell' autore; il verso scorre m o­ desto m a d i v a ria a rm o n ia .

Di poi, dopo di aver discorso di alcune poesie

in particolare, dice :

L ascia n d o stare m o lli be’ luoghi che m i si a ffa c­ cerebbero a lla m ente, restringerom m i a d u n brano d e l canto intitolato: La f i g l i a d i Je f t e, dove si co ­

nosce quanto va lg a il L in g u iti a ritra rre m esti e te­ n e ri affetti, ed esprim erli con sem p licità d i form e e colori quasi a m odo de' Greci. Nella p r im a p a rte d i

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questo canto, che è p e r avventura il p iù sp len d id o e drammatico d i tutto il lib ro , si descrivono le in certezze d i Jefte che si dibatte fr a lo sdegno p e r l'e siglio immeritato e. il desiderio d i liberar la p a tria da schiavitù: la giovinetta sua fig lia che con un i n no ispiralo lo in v ila e lo sospinge al generoso p r o posito. Il guerriero parte, m ove a Dio il funesto vo lo, e sconfìtti i nem ici, se ne ritorna verso casa trio n fante per la vittoria, m a pieno d i sin istri p resagi. La notte precedente a l suo ritorno la giovane ha mol ti sogni felici e lieti, i quali il poeta p reg a che si prolunghino tanto d a non farle sentire V arrivo del padre. Ma ella si desta, quando g ià si u d iva d a lu n gi il plauso m ilitare del glorioso drappello: non si può più tenere, e g li corre incontro. Ma oh D io! quanta diversità d affetti n e’ d ue che s' in c o n tra n o ! Ella ha da m orire. Molto ben ritratto è questo dolo roso istante, e ram m enta i incontro d Ifigenia con Agamennone tanto celebre nel d ra m m a d i E u rip id e, come qualche luogo de versi che io qui trascrivo, r i corda l' Antigone di Sofocle. Essi sono il p rin cip io della parte seconda:

Sorge un m a t lin d i p rim a v era : u n novo e c . e c .

Luigi Capuana nella R iv is ta I ta lic a di F iren ze

(Fase VI-VII; 1 8 6 5 ) , pigliando ad esam inare al­

cune tra le m oltissim e poesie che si pubblicarono

nel VI secolare anniversario di D ante, ragguagliando

il carme del L inguiti con quello del Gazzoletti di

Trento , con acuto giudizio ritrae il carattere del-

1’ uno e dell’ altro.

­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

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Devoti a u n illu m in a to clasicism o d ue scrittori ci si presentano tra i m ille poeti che cantarono il sesto centenario d a n te sc o , e sono L in g u iti e G azzoletti, g ià conosciuti in Ita lia p e r altre opere, p oetiche.

Questi d ue autori scelsero la fo rm a del carm e, co­ m e quella che è p iù atta alla severità d ell arg o m en ­ to , e perm ette nel tem po stesso d i m escolare in u n sol genere il d id a ttic o , 1’ epico e il lir ic o , secondo g li a ntichissim i esem pi d i Omero, d i Callim aco, d i P in d a ro , d i Virgilio e d i C atullo, e i m o d e rn i del Foscolo, in quei Sepolcri e in quelle Grazie stilla n ti la p iù soave am brosia d ella greca e la tin a p o e sia . Il Foscolo però si tenne sem pre strettam ente legato all' a n tic o ; il pensiero m oderno non volle esplicare con tu tta la ch ia rezza d i form a che p u r g li si con­ v ie n e ; e d , erudito non volgare e vero p o e ta , fece delle sue opere u n arduo lavoro d i co m m ettitura, che poco o nulla p re g iu d ic a a lla loro bellezza e sp o n ta ­ neità; da cui in ta n to i nostri d ue poeti hanno sa p u to saggiam ente r ig u a r d a r s i. Al Foscolo m ancava p o i u n elem ento che in essi sovrabbonda, il cristianesim o ; d o n d e queste note vive che p a io n o , uscite d a lla fo l­ la , raccogliersi e p osarsi sulle corde d ella loro ce­ tr a , p e r risuonare p o i tem prate d a l sacro sp iro e m aravigliosam ente a rm o n izza te .

In fine conchiudendo dice :

Noteremo soltanto come lo siile sia largo e flessuoso nel L in g a iti, severo e conciso nel G azzoletti; l'arte fine del verseggiare accorta a nascondersi n ell’ tino, non laiilo nell altro d a non m ostrare il soverchio limac

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labor pazientem ente messo in opera. S e n a to il m ovi

mento lirico, concettoso nel secondo, e p ien o talora d 'u n ' aura virgiliana abituale a lla sua musa; uguale e continuo nel p r im o , p iù im m aginoso nel tem po stes so e nou meno gentile. Noi ra cco m a n d ia m o a i n o stri lettori d i bere a gran sorsi quest’o n d a lim p id a e leg gera, là, alla sorgente, p e r gustarla /ino a dissetar sene, certi come siam o d i p ro c u ra r loro u n diletto raro ai dì nostri p er quelli che non hanno sm a rri to ogni senso di schietta bellezza Ma, onde r in fr a n carli d i quanto sono stati costretti a leggere alla m e tà di questo scritto, ecco pochi fra m m en ti p resi a caso, e senza pretensione d i volerli d a re p e i m ig lio ri.

Si vegga in che guisa p a rla il L in g a iti d' u n a neddoto della vita d i Dante.

U n di r a m in g o C ogli orchi al s u o i p e n s o sa m e n te m e s ti Sovra un c o lle di fo lti a lb e r i o m b ra to G iu ngevi a un c h io stro , e u n s o lita r io a n n o so P ietosam ente ti d ic e a : Che c e r c h i,

O spite ig n o to ? E lu con q u e l l a c ce n to Che d el profon d o cor le p u g n e a s c o s e A ltrui r iv e la , P a ce, r isp o n d e v i; Ma in q u ei m iti s ile n z i a te c o n te sa Era la pace. P e r e g rin e ili te r ra Errano g en ero se a lm e c h e , n a te tn età d is u g u a li, un c e n n o a rca n o Un fato ir r e s is tib ile tr a v o lg e In fiere a ssid u e lo tt e . I r r e q u ie te , Im presse il v o lto d e lle sa cr e s t ig m e

D ella sv en tu r a , v a n di lid o in lid o Sempre a n ela n d o ad u n e c c e ls a m e ta Che ognor p iù s a llo n ta n a : en tr o a q u e p etti Cosa ignota è la p a c e , a q u e ll e la b b ra ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ -’

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È stra n ie ro il sorriso. E la parola, Che a ll’ a lta idea che le rap isce, accenna, Non in te lle tta suona, o di follia,

Di sogno ha nome, e ste rile rim ane L u n g a stagion: m a a ll’ alilo di Dio Che i secoli rinnova, e ne’ dolori Un avvenir p iù splendido m a tu ra , Darà germ e in f in ito ...

Il P rof. Zambelli nella R ivista Universale di Ge­

nova ( voi. IV, pag. 3 4 6 , 1 8 6 7 , ) fa eco a tu tti

questi giudizi :

I n questi co m p o n im en ti si trova u n sincero credente delle verità cristiane, d' u n caldo am atore d elle g lo ­ rie antiche e recenti d 'I t a l i a , d 'u n ’ a n im a isp ira ta d el p a trio ttism o p iù elevalo e p iù p u ro e d ’u n a v e ­ n a d i p o esia ed u ca ta n eg li stu d i p iù eletti. I suoi p re g i poet ci sono u n artifizio d i versi che ci ric h ia ­ m a n o a l tutto quelli d el M onti e i d o lcissim i d e l n o ­ stro A rici ; u n m aneggio d i frase sem pre p u r a e scel­ tissim a, u n colorito d i sp le n d id e e p elleg rin e im m a ­ g in i, e u n a soave m e stizia n u d r ita d a lla p iù d elica ta ca rità cristiana, d a l ram m arico delle u m a n e sven tu ­ re e d a u n acceso desiderio d e l bene, tro p p e volte in e sa u d ito o im potente.

Ma la m ig lio r d ’ ogni lode n o i crediam o essere i su o i stessi versi, d e i q u a li ci d isp ia ce n o n poter a l­ legare che u n a p icco la scelta.

Dei ca rm i il p iù isp ira to

è

quello che il L in g u iti in tito la La divinità di Gesù Cristo ; tem a, a d ir vero, altam ente poetico quanto è altam ento filosofico. E g li

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10 pubblicò con nobilissim o in tendim ento n e ll’ anno stesso in cui ebbe sì sg ra zia ta pubblicità la vita fa n tastica che ne scrisse il Renan.

E d i religione delicata e sublim e si avviva anco 11 carme: T. Tasso a S. Onofrio. B en lo m ostrano i versi ove dopo aver detto quanto sia m isero il p o eta a cui s’ impallidisce il lam po d ella fed e, e che fre

me nella notte del dulibio, accennando a i dubbi d a

cui fu inquietato anche il Tasso n e i m om enti d i d e lirio circa le verità della re lig io n e , soggiunge:

... E ran o q u e s t i, I ta lo vate, i non c o m p r e si affan n i

Che i tu oi g io r n i o sr u r à r . F o l l e ti d is s e , E l i derise il m ou d o. E ra fo llia Quel puro amor che n on sa p e a di terra E per sa lire a D io l a le ti d ie d e , Infra i deliri d u n a e tà ch e p o se N el fango ogni sua c u r a , e in e b lir ia ta Di C alandra a lle in fa m i o r g ie p la u d ia ? Era fo llia q u e lla m e s tiz ia arca n a D un an im a ch e asp ira a l l in fin ito , Quel su b lim e p e n s ie r , q u e ll a lto s e n so D eteree c o se in u n a e ià ch e i l d u b b io

Ad una ad una in a r id ia u e p e tti Le soavi cred en ze? Oh ! l in fin ita A ngoscia del tu o co r q u a n d o ti parve Orba la v ila di g e n t ili a ffetti,

Quando c o l tu o p e n sie r p e c ie li erra n d o Ti cadder l a li, tra m o n tò la lu c e N el tuo d i i o in t e lle t to ; e sp a r v e I d d io , D ella b ellezza i l ra g g io sp a r v e; e o scu ra Funerea notte tu tte c o se in v o ls e A te din anzi, e il s o g g h ig n a r beffardo D el m ondo u d isti! 0 p o v ero T o r q u a to ,

­ ­ ­

(18)

XIV L EDITORE A CHI IEGGE

N e lla e te rn a c it t à , so v ra il p e n d io D u n s a c r o m o n te , è un s o lit a r io c h io s tr o , P o r to d e l l a lm e c o m b a ttu te e m e ste ; D a p r o c e llo s i flu tti iv i rip ara; U n d ì s e r e n o sp u n te r à ; la m o r ie D o g n i u m a n o d o lo r e u n ic a in terra C o n s o la tr ic e , l e p ie to s e b r a c c ia F ia c h e a te s c h iu d a ; s a p r ir a n 1 e fr e d d e L a b b ra a u n s o r r i s o ... ... A R o m a U n c e n n o ir r e s is t ib ile , u n a rca n a F o r z a l o s p in g e . A l l it a l o p o eta D a ! d o lo r e is p ir a to e d a ll a F e d e , È p u r b e l l o i l m o r ir d o v e p iù v a s te S o n o 1 o rm e d i D io , d o v e d e l m o n d o E d e l l I t a lia l a v v e n ir m a tu r a . S u l l e r o v in e m aestose e s a c r e , S u l l e to m b e d e m a r tir i, è p u r b e llo P ria d i c h iu d e r e g li o c c h i, in e b b r ia r s i N e lle m e m o r ie d e l l a n tic o o r g o g lio , N e lle sp e r a n z e d u n e t à p iù l i e t a . .

Chi leggerà queste p o esie, crediam o possa affer m a re, che se la n ostra età n o n consente il nom e d i p o e ta altro che a' n o b ilissim i d i linguaggio, d 'in g e g n o . d i sentim ento e d i a ffetto , n è concede a d essi che volgano sì ra ra facoltà fu o r che a re n d e r p iù sp len d id o e alienabile il vero, certam ente fr a questi è il L in g u ili, che noi re p u tia m o senza p iù m e rite vole del bel titolo d i poeta n azionale e cristia n o .

Il Bram billa n elle N ote B ib lio g ra fic h e inserite nella

G a z z e tta d i Como ( anno II. n .° 2 3 , 1 8 6 8 ) p ig lia

’­ ’­ -’­ ’­ ’­ ­ ­ ­

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a discorrere delle poesie del veneziano Antonio An-

geloni-Barbiani e del Linguiti ; i quali, secondo lu i,

fecero argom ento d elle loro c o m p o sizio n i tu tt' a ltro

che i consueti zim b e lli d e tta v a n ità g io v a n ile o del

{’ a d u lta am bizione, co n tin u a to ri d e l c iv il m in iste ro ,

u ltim am ente illu strato d a l F oscolo e L e o p a rd i. E v e­

nendo al Linguiti, ne esamina solo i tre canti : P e l

sesto secolare a n n iversa rio d e lla n a s c ita d i D a n te :

La G uerra p e r V in d ip e n d e n za ita lia n a , e C arlo

Poerio.

Xcl primo egli spiega le alle isp ira zio n i doli’am or civile e cristiano, che agitarono il cuore e la m ente del massimo Fiorentino: compiendo ed ornando que sto concetto con brevi ed acconci e p iso d ii in to rn o a Michelangelo, a Beatrice, a. frate Ila rio , al F erru c ci e continuando col santissimo augurio che la m e ditazione del poem'i sacro possa ricondurre sul buon cammino <gl'Italiani sviali da quel Mefistofele d e ri sore d ’ogm cosa p iù bella, che

è

lo scetticism o o d ie r no. Nel secondo dipinge i p iù celebri fa tti d ell'isto ria contemporonea; e desta in noi sensazioni c o m moventissime, rinfrescando alla nostra m em oria i n o m i d i Mestre, d i Curlatone, d i P alestra ed i m iste riosi infortunii di Custoza e di Lissa : e lo chiude parimente col volo d i veder le scienze e le lettere illuminarsi della sana fdosofia, che salva g li no m in i d a l cadere nella condizione dei bruii. Nel terzo fa maestrevolmente spiccare la lotta del bene col male, ove s'in a b issa il mistero della vita u m a n a , che E

­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

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-schilo v id e in Prom eteo torm entalo sul Caucaso; la fe d e v iv a n e l finale trionfo d ella libertà e quell’am ore d i p a t r i a — Ch' em pie a m ille la b occa, a d ie c i il p etto — , onde il chiaro N apolitano accrebbe la lu­ ce d ella sventura a d u n a casa d i m a rtiri. In questo carm e il L in g u iti ci sforza a d a m are la d elica ta e- loquenza del s e n tim e n to , che f a p oesia m olto effet- tuosa e a ttra ttiva , benché m eno abbagliante d i quel­ la che scaturisce dcdla im m a g in a zio n e.

Finalm ente per tralasciare molti altri che ci trar­

rebbero assai in lungo, il Fiaschi ( nell’ E sa m ina ­

tore di F irenze, an. I. n.° 6; 1864 ) giudicò de­

gni di assai lode i due carmi sulla Divinità di Cri­

sto e pel Sesto Centenario di Dante.

E tà pensatrice è la n o stra , e anche la p o esia e tutte le a rti fig u ra trici del bello si tingono d ’ini c o ­ lore che

è

conform e all' età. E nella terra d i N apo­ li, n ella quale l' acum e d ella facoltà speculativa

è

g ra n d e al p a r i della im m a g in a zio n e <• dell' affetto, devono spesseggiare i p o eti che cogl' idoli della fa n ­ ta sia sp len d id a m en te rivestano la id e a . Di tale s o r­ ta d i p o eti ci sem bra che sia il L in g u iti. F a n ta sia v iv a e affetto p u d ic o e p ro fo n d o , no b ili concetti e fo rm a leggiadra, e u n a onestà d 'i n te n ti n o n com u­ ne, sono le v irtù p rin c ip a li che tu ritro v i n ei su o i co m p o n im en ti p o etici. Già noto p e r a ltri versi che fu ro n o sa lu ta li con lode d a lle persone d i gusto, ha d a to , n o n

è

m olto, a lla luce questo carm e bellissim o che

è

risposta poeticam ente efficace a chi nega la d i ­

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vinUà di Cristo. Non c o ll'ir a provocatrice, ina c o l lo sdegno m agnanimo, colla p ie tà e collo sgomento d' un' anim a che si teme diseredala d' ogni m iglio re conforto, e balzata a naufragare nel dubbio d 'o gni cosa, canta in questo bel carine il poeta saler nitano; e le im m agini p iù soavi, e le p ro ve p iù elo quenti della Divnii'i d i Cristo, egli oppone alla de solatrice negazione onde questo vero s im p u g n a . B el lo è il passo seguente:

... D a lle s u b lim i Tue parole d am ore u u a d iv in a V irtù piovea che P a l m e rin n o v a v a Di p en sieri e di affetti: il tu o so r r is o Era un raggio di c iel che t iu v e s tia Gli occh i e le labbra: o g u i atto a v e a di D io La m an ifesta im pronta: a Te N a tu ra . A T e Morte ob b ed ia, d is s u g g e lla n d o A uu tuo ceu u o i s e p o lc r i. I l di m o r ia , E di rosate n u v o lette lie v i

Sparso il c ie l sorridea; p la c id e l o n d e , Le m iti d e lla sera a u re al tu o n o m e Susurravano u u in n o; il n a v ic e llo Ohe t a c co g liea , co u r em ig a r g a g lia r d o Solcava il mar di G a lile a , su p e r b o Di portar sec o un Dio: q u a n d o im p r o v v iso Una funerea n otte i l c ie lo in v o lv e : S u negri flutti m in a cc io sa in c o m b e La nottu rna p ro cella ; in im e v a l l i , In a lti m on ti or s in a b issa i l m a re,

Or si le v a in q u ie to . A lto sp a v en to I navigan ti in v a d e, ogni sem b ia n za Di p allor si d ip in ge; e T u secu ro

T ra n q u illo dorm i in s u lla pop p a. U n g r id o , U n u lu la to li risc u o te; assorgi

­ ­ ­ '

(22)

M aestoso nel volto, e pace imponi A gl’ irati elem enti; e a q u el divino Invitto cenno il m ar s ’ appaiana, e tace

L ’ ira de’ nem bi. »

E gregiam ente ritra tta è la resurrezione del figlio della ved o va d i Naim ; sto ria soave, che li ric o rd a i d ip in ti d e ll’ Angelico. Non dirò come d ip in g a Iti m o rte d el R edentore, e come con su b lim i p a ro le ra p ­ p re se n ti S a n G iovanni E va n g elista , cui balena in tutta la sua luce V in fin ità d i Colui che m o rì crocifisso. L a sto ria d el cristianesim o nascente, il p u llu la re d e l­ le p r im e eresie, il com parire d ’ Ario d in a n z i a l Con­ cilio d i Nicea, il trionfo delle dottrine ortodosse in quello sollenncm enle afferm ate, sono lu tti q u a d ri con­ d o tti con m ano m aestra. Ma che d ire d ella visione im ita ta , creando, d a u n autore tedesco, che è la v i­ sibile istoria d e ll'a n im a che non crede in u n Dio d i am ore? Quanto rappresentarono con p iù sin istra lu ­ ce i p e n n e lli d e ’ p iù fieri p itto r i, balena i n quella tetra im m a g in a zio n e. Ci duole che n o n la possiam o q u i, p er i ang u stia , trascrivere. Non possiam o p e r altro astenerci d a l rip o rta rn e i p a s s i se g u e n ti:

Infra 1’ o scu ra ec. ee.

D ai versi recati p o trà il lettore argom entare i p r e ­ g i d e ll'in te ro p o e m e tto , e g iu d ic a re d e ll’ingegno, d el m agistero e d e ll’ a nim o dell’ illustre L in g u iti, che isp ira n d o si a questo tem a si fece benem erito delle let­ tere, d ella p a tr ia e d e lla religione.

Ecco ora u n bel carm e su Dante, con o n d a p ie n a d i verso, con alti concetti, e im a g in i d i d elica ta bel­ lezza; in so m m a tale, d a ric o rd a rc i g li a ltri carissi­ m i poem etti d e l Linguiti. Il com ponim ento scritto in

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isciolli ( metro prediletto all' a u to r e ), è lutto in ce lebrare F Alighieri come rigeneratore d ’ Ita lia n eg li ordini letterari e p o litic i, m a p e r modo che il v e r so si mantenga sem pre alto nelle regioni poetiche . e dipinga p iù che non disserti. Che in questa sp e cie di tem i, d a i v e rse g g ia to ri, n o n d a i p o e ti veri, si trascorre spesso alle lu n g a g g in i d i riflessioni p r o saiche. Onde è lode non piccola, chi vo g lia tra tta rli bene davvero, il serbar p a r i la bilancia tra la ra gione, la fantasia e 1' affetto. Per questi m eriti noi vorremmo riferire il concetto d i tutto il p o em a : m a ripugnando dallo sciupare in u n a brutta prosa un canto nella musica sua sì v e n u sto , ci contenterem o di darne uno o due p e zzi, che ci sono sem brati d ei p iù desiderabili alle persone d ottim o gusto. Nei ve r si seguenti ecco come è descritto 1' accoram ento d i Dante per la morte d i B eatrice, e il rissare in c iv i le dei Fiorentini discordi.

« Ma a Te, so r tito Ad a ltissim e c o se , a n cor m a n ca v a De la sventura la co ro n a . E D io Che neg li affanni 1’ a n im e r in n o v a , E in a llo le s o lle v a , a la tu a v ita D iè com pagno il d o lo r e . O H c o m e b e llo L avvenir t a rrid ea, q u a n d o v e d e s ti Di Beatrice im p a llid ir s u l v is o D ella b ellezza i l r a g g io , e p o c a terra Farsi co lei che d am orosa C am m a Il tuo p ensier nu triva, e s c o lo r ito Ti parve i l fior di g io v in e z z a , e im m e n so Deserto il m ondo. E ch e se n tir fu il tu o , Quando vedesti per fratern e g a r e La tua città pa rtita ? A d o lc i affetti

­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

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E ra chiuso ogni core; in ogni fronte B alenava il pensier d ella vendetta, Ogni parola m inacciosa; orrenda

T ra que’ che u n m uro ed u n a fossa serra , Inferocia la p u g n a; era il fratello Dal fratello trafitto E nou s ’ u d ia F ra tan te forsennate ire u n a voce

Che,, pace, a llo r g ridasse. »

Dopo le quali cose ci confermiamo nel pensiero

clie molti faranno buon viso alla pubblicazione delle

Armonie. Sappiamo bene che parecchi sorridendo di

noi, ci vuol altro che poesia a’ tempi nostri, ci ri­

peteranno. Senza dubbio, la filosofia s c e ttic a , la po­

litica partigiana, il giornalismo beffardo inaridiscono

negli animi mano mano che vi sp u n ta n o , i teneri

fiori di delicati e gentili s e n tim e n ti, e gli spiriti

m ercantili annebbiano agli occhi del popolo la luce

dell’ ideale. Ma appunto per questo noi pensiamo

che ora sia più che mai necessaria 1’ opera del poe­

ta . Quando un arido positivismo e un grossolano

materialismo minacciano di spegnere i nobili affetti,

i magnanimi istinti e le immortali speranze dell’uo-

ino ; resterà sempre la poesia custode del sacro fuo­

co, e sarà come l ’ arca salvatrice in mezzo all’ uni­

versale naufragio.

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i e 0 1 ti e 10 l> 0 -0 -jj. . 1°

e-P S X C H E n>

Errava Psiche vedova d e s e rta ,

De’suoi fati pensosa. II suo crin d ’ oro S’ era infoscato : quel soave lum e, Che tremolando ardea negli occhi s u o i, Erasi spento : il vivido incarnato Delle sue guance nel color morìa Di pallida conchiglia : il niveo còllo . Cominciava sull’ omero a piegarsi :

Da’ sembianti, da tu tta la p erso n a ' • De} suo cor.tralucea. l’ intima lotta. . Dal dì che agli ocòhi suoi d’ Ero il sorriso

Per sempre s’ involò, pace non eb b e, Sparve il lieto.screii de la sua vita. Quanto sofferse ! in qual barbara terra , In qual deserta piaggia , in qual rem ota Isola non lasciò' le sanguinose

Orme de’ piedi suoi ? ’-Qiial- erm o altare IV’on udì le sue preci? a qual cortina Non inchiese il suo fa to ? Ove credea Che spirasse l’ arcana aura di D io , . 0 si aprisse dinanzi a m ortai guardo

Il velo del futuro , il pie’ movea.

Quanto sofferse ! a lei. che tutte in petto < Delle cose le lagrime accogliea >

Nessun compianse; e. spesso udì lo scherno

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-Di quella gente c h e , n ell’ onda im pura Delle terren e voluttà sommersa ,

Non intende 1’ arcana ansia d ’ un’ alma Che aspira all’ infinito, e non ha 1’ ale. Quanto sofferse ! un dì sull’ erm e ascese Caucasee ru p i ; e quivi l ’ indomato Titano cui prem ea l ’ ira d ’ un Dio , Obbliando p e r poco i suoi dolori , E bbe di lei pietà : cadranno , o Psiche , Queste catene infrante , e nuovi fati A rrideranno al m o n d o , e a’ dolci amplessi T u d ’ Ero to rn era i. Così da nuova

Spem e incorala si rim ise in v ia , E ro cercando p er deserti im m e n si, P e r città popolose. E dopo lunga Stagion si avvenne su' nevosi alpestri Gioghi dell’ Emo, fra selvagge tu rb e , Che, senza nozze , tribunali ed a r e , Anelanti alle strage , alla r a p in a , Erravan p e r la selva. Al suol rivolti Avean gli s g u a r d i, avean gli animi chiusi Dell’ affetto alla luce e del pensiero. Povera Psiche ! e qual desio condusse Lei sì gentil fra quell’ um ane belve ? Il suo dolor, la m ite indole sua Tanto difforme d a quei feri is tin ti, Q uell’ aspirare ad un ignoto b e n e , Destavano in quei cuori una feroce Ir a indom ata. Un dì, m entre tentava Colla parola che conquide i p e tli, Toglier dal s a n g u e , ed a più miti voglie

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Ricondur gl’ infelici, un ululato , Un ruggito si udi. Già le nodose

Clave brandian quei tru c5, irti i capcgli , Sitibondi di sangue ; ella si stava

In tre p id a, qual martire , e serena Aspettando la m o rte , allor che apparve E si fe’ scudo alla pietosa un biondo (2) Pallido giovinetto , a cui sul viso Erano Torme d’ un dolor recente, Che dalle sue sventure appreso aveva A compiangere i mesti. Ecco, a vederlo Attoniti ristanno, e dalla nova

Virtù rapiti delle dolci note,

Che si traean seguaci anche le selve Ad ascoltare intente, a’piedi suoi Cadon pentiti. E poi che la serena Alba dell'intelletto in quelle rudi Menti si accese, e si destò l'arcano Senso dell’infinito, a lei d’intorno S’affollavan le turbe ognor com prese D’amor, di riverenza e di desio Di somigliarle; e se fermata avesse Quivi sua stanza, a lei che, dal dolore Purificata, non so che divino

Avea negli atti e nc’scm bianli, i prim i Altari avrian sacrato e i primi voti. Ma senza posa la cacciava il fato Di terra in te rra , come del deserto Il vento arida foglia. E a’bei palmeti Dell’Egitto si volse, alle superbe Tombe de’ Re, d’ oscuri segni im presse.

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E dentro un tem pio innanzi a una velala M isteriosa, immagine in ginocchi

Di lagrim e soffusa : « oh mi rivela Ove -si asconda l’am or m io! » Nessuna Voce a quel grido di dolor rispose. P u r d’ animo non c a d d e : anzi lìdenle Il cammin proseguì. P er la rem ota Indica reg 'io n , p e r quelle selve Preziose d ’ aromi errò lunghi anni P ereg rin a d ’am o re , in fin che un giorno Pensosa s’ inoltrò dove un canuto

Sacerdote di Brama a piè d ’ un’ ara M editando vegliava. 0 sacerdote ,

Psiche gli disse , ad acquetar 1’ ambascia Che mi rode il p e n s ie r, valga la tua Voce isp irata. E il veglio, a cui la fredda Scienza avea nel cor spento ogni dolce Ogni pietoso affetto , a q u ell’ accento Di sì novo dolore intenerito

A consolar la mesta il labbro aperse. Ahi ! ma insiem còlle m istiche parole Scendea .di Psiche in petto una più densa O m bra di duolo, e l’ intimo sconforto Dalla pallida fronte trasparia';

Ch’ ei parlando d’ un Dio che non a sc o lta , t h è non risponde a ’ gemili de’ c u ò r i, Ad u na ad una disperdea le sue P iù 1 sublimi speranze. E qui venivi, Povera Psiche ! a dom andar d ’ am ore ? Ove il p ensier delira , e nel finito L’ Infinito vanisceV un vuotò nome

(29)

Amor diviene ; altrove , o P sic h e , altrove Cerca quel ver che i tuoi pensieri acqueti. Salve, Ellenica t e r r a , ove alle menti Nella luce del bello apparve Iddio , Pria che di nostra umanità vestito A rinnovar scendesse uomini e cose , Pari a quel lume che diffonde in cielo I! sol pria d’ apparir sull’ orizzonte : Tu sei sacra ad ogni anima che il vero Ama ed il bello ; e chi sopra le vette Del Golgota adorò 1’ orme d’ un Dio , Sull’ Acropoli viene, e dell’ umano Spirto ammira i trionli e superbisce. Salve , o Patria di Pindaro e d ’ Omero ! Psiche a te venne, e sotto il tuo beato Cielo spirar le parve aure più pure E il profumo sentir di quell' eliso Ove l’ inebbiiàr gli amplessi d’ Ero Invisibile sposo. Un di solenne

Si festeggiava in Deio, e dalle s p ia g g e , Dall’ isole vicine un’ infinita

Moltitudine accorse. Erano bionde Vispe fanciulle, e giovanetti, vaghi D’ un fuggevol sorriso o d’ un saluto ; Erano vecchi che pensosi in volto AI fatidico Iddio venian chiedendo , Se 1’ alma, emersa dal corporeo velo, Nell’ aer si dissolva, o se donata D’ immortai giovinezza oltre il sepolcro Viva libero spirto. Era una turba D’ infelici ,* di vedove , di madri

(30)

Orbe di fig li, e d’ orfani deserti,

Che oppressi e stanchi da m ortali affanni Chiedean pace fra 1’ are. Ahi ! nel dolore Si desta il senso d ell’ eteree cose

Nella gioia sopito ; e verso il cielo , Quando ci prem e la s v e n tu ra , il guardo Ed il p en sier si leva. E ran com piuti I sacri r iti, e il popolo chiedea L’ arm onia delle Muse. Avventurati Eran quei tem pi allor che sacra cosa E ra 1’ arte de’ c a rm i, allor che al h e llo , Come l’ aquila al s o l, l ’alm a tendea. Ed ecco all’ om bra di m irabil palm a Sotto 1’ ara di Febo un venerando Veglio apparir, cui splende sulla fronte II nimbo de’ poeti. Un indistinto Mormorio si diffonde , e p a r lontana Inquieta m a re a ; fra gl’iterati

Plausi il sacro im m ortai nome risuona Del poeta di Sm irne. Ecco ispirato Intuona un canto ; e tutto a lui d’ intorno D’ omeri denso il popolo si q u e ta ,

E beve avido i carm i; « I num i al pianto « Condannano il m ortai. Stanno di Giove « Sul lim itar due d o g li, uno del b e n e , « L’ altro del m ale. Oh m isero colui « A chi sol porge del funesto vaso « Il num e avverso! irrequieto sem pre

k Ei va ramingo p er la te rra (3). » A questi Misteriosi accenti un suon di pianto

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Che atteggiata di lagrime e dolore: Vedi, o Poeta; una son’io cui Giove Del soave liquor non una sola

Stilla versò; se de’poeti al guardo Iddio dischiuse le segrete cose , A me rivela, o Vate, in qual remota Parte dell’oceano o della terra Ritrovi alfin la desiata pace.

S p era, o bella in felice, a lei dicea Il Meonio c a n to r, spera , non sem pre Andrai raminga. Quell’ ignota al volgo Splendida età, che solo entro le menti De’poeti ragiona, a la mortale

Famiglia arriderà; sovra la terra Ero un dì rivedrai. Con questa speme Proseguendo animosa il suo viaggio, Interrogò l’oracolo di Delfo;

E dal fondo del tempio una solenne Parola risuonò : « Cerca in Alene Il più saggio degli uomini; un’ arcana Voce dentro gli parla, e della vita Gli ardui misteri a lui rivela. » E Psiche Nella città di Pallade sen venne.

Cadea la sera : avea vuotato il Giusto La mortifera tazza : era compiuto Il più sublime sacrifizio. Mesto D’ Alene era l’ aspello ; in ogni fronte Quel terrore a p p a ria , quello sgomento Che invader suole i p e tti, allor che il sole Per subitana ecclissi il capo asc o n d e, E p ar che in lutto la natura gema

(32)

p s i c h e

Spenta p e r sem pre la diurna luce. Un triste grido errava intorno : estinta Sovra la te rra è la v irtù ; quel n o m e , Argomento di riso in su lle s c e n e , R ipetere si udia, come se fosse

Nome d’ un Dio. Nel carcere che in tem pio P area converso, intorno alla m ortale Sua spoglia erano accolti i pochi eletti, Che cogli occhi di lagrim e velati

L’ estrem o addio ne u d ir, che da’ suoi lab b ri Raccolsero il fuggente ultimo spirto.

Ei non piangevan più ; su’ volti im presso Avean quel dubbio che ne’p e t^ e s tin g u e La sublim e speranza, a cui sorride D all’ om bre del sepolcro il primo raggio D’ un più bello avvenire. È ver che il sofo Nell’ ore estrem e, con serena calma Ragionando d ell’anima im m ortale, La nostra spem e alzò ; ma la p a ro la , Dell’ um ana ragion che corte ha 1’ ali, R ivelatrice, non affida i cuori.

Infortunata peregrina ! un’ altra Spem e in cor ti m entiva! Irreq u ieta

Studiosa del ver spesso venia

F ra le selve accadem iche, o su ll’erm e Sacre ru p i del Sunio a quel divino,

Che andò più presso al segno ove non giunge Voi di niente m o rtale, e d a’ suoi labbri Desiosa p en d ea : ne’ detti suoi

Un’ arcana virtude e ra nascosa Che le rapiva l’anima: sovente

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Balenarle parea del ver la luce; Ma tosto di più dense ombre ravvolta Scendea la notte alla delusa. E in questo Alternar di speranze e disinganni

La mesta errò per 1’ universo ; e quanti Affanni vide ! e quante dolorose

Vicende ! Il grido del valor latino E de’ mille trionfi in riva al Tebro Trasse la peregrina. Erano i tristi Di che a Roma di mali ordine immenso Apprestavano i fati: orridi segni

Ne dier la terra e il cielo : ignote stelle Mandar luce sanguigna : e rra r fur viste Per la secreta notte ombre di morti Silenziose : sull’ aitar di Vesta Il sacro foco in duo p arli la fiamma Predicendo discordie ; oltre il costume Divampò l’ Etna , e 1’ augure spiando Il volo degli augelli a’ tristi annunzi Impallidiva. Un’ ira fratricida Ardea ne’ petti ; le romane schiere In sè medesme converlian le spade A cui soggiacque 1’ universo. Ed ella, D’ imminenti sciagure in cor presaga , Nuova Cassandra, errava intorno : pace , P ace , gridando. Invano. Ahi ! la funesla All’ ausonio valor campagna vide

Da’ monti di F ilip p i, il disperato Grido ascoltò dell’ ultimo Romano ; Vide 1’ alta ruina e le mutate

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Parve colpa il suo pianto ; e nell' ebbrezza Della vittoria di catene avvinse

La m agnanima donna. Ahi ! fatta schiava P er lunghi anni soffrì‘l’ im pero e l ’ onte D’ u n ’ altera m atrona. Alla è la notte , E Roma di sè stessa e d e ’ suoi fati Obliviosa , improvvida folleggia. Fervono i b a l l i , fumano le m ense Ne’ superbi tr ic lin i, e p er le vie Fescennina licenza e r r a , e nel vasto Anfiteatro è 1’ uom d all’ uomo ucciso, E quella vista di feroce gioia

Gli occhi inebbria ed i cuori. E un alto obblio Dell’ antica alterezza , un abbandono

D’ ogni nobile istinto: in una sola Alma sorvive ancor la sacra fiamma De’ magnanimi affetti ; è Psiche. In queste Ore sente più vivo e più crudele

L’ intelletto de’ m a li, e desiosa Geme nel suo d o lo re : E ro , tu vivi: Una voce s e g r e ta , un sentimento Indefinito e languido mi parla

Di te ; ma dove sei ? Stanca s’ addorm e Sul suo giaciglio ; e , vision soave , Una diva sembianza le sorride

Al cui cenno si sciolgono i suoi ceppi : E sulta Psiche , e al suono delle scosse Catene si ridesta. Im pallidisce

L’ ultim a stella in c ie lo , e la natu ra P a r che inneggi a Colui che vide in sogno; E volge il guardo irreq u iela intorno : —

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Che c erch i, o Psiche? Un’ amorosa mano Che questi ceppi in fra n g a , e colmi il voto Che nel mio cor si aperse , e mi ridoni Della smarrita giovinezza il riso.

Oh vieni ! e gli occhi tuoi si allegreranno Del Redentor presente. Un dolce riso Gli fiorisce le labbra ; una possente Virtù d’ amor dagli occhi suoi sfavilla Che ogni anima rapisce. Ovunque è pianto, Si sofferma pietoso ; or dalle cieche Menti le nebbie dell’ e rio r disperde , Or gl’ infermi ris a n a , o r degli estinti L’ anime evoca, e agli amorosi am plessi De’ lor cari li rende. In foco d’ ira

Mai quel suo volto non si a c c e n d e , o solo Per fulminar gl’ ip o c riti, i su p erb i.

Sopra i vedovi cuori aura soave Scende la sua p aro la: a me venite, Anime oppresse : io vi darò conforto Ne’ vostri affanni. E venne Psiche, e il vide. Fra le palme che ombreggiano le vie Dell’ umile Retania, il Redentore Procedea fra le turbe , a lui devote, In teneri colloqui, il dì che pianse Sovra la tomba d’ un estinto am ico , E mosso dalle lagrime di due Sorelle che l’ amavano, dal sonno

Della morte il riscosse. Ansante , oppressa Dalle vigilie stanca e dal cam m ino, Fende Psiche la calca , e si avvicina Al Nazareno, e de’ suoi piè la polve

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-Baciando, lagrim ando e sospirando : 0 P ieto so , anche a me la tua parola Sia datricc di vita: il tuo sorriso Scenda sull’ agitata anim a m ia Come iride di pace ; e sì dicendo

Ne abbracciava i g in o cch i, e il Redentore Seguim i, le dicea; sovra la te rra

A raccendere am or venn’io. Sublime P ortenlo! Innanzi all’infinito Amore Psiche che Amor c h ie d e a , la desiata Pace trovò; d’ affetti e di pensieri Si sentì rinnovata; alle sue labbra Il sorriso tornò d e ll’ innocenza. Le rifiorì negli atti e n e’ sembianti Q uell’ eterea beltà che nel pensiero Balenava d e ll'italo P o e ta ,

Quando cantò d ell’ alm a sem plicetta , Ch’ esce di mano a lui che la vagheggia A guisa di fanciulla.

E tram utale Le sue gram aglie nella bianca stola Di novella c red en te, ella per tutto Il Redenlor seguiva, infra gli osanna De’ suoi miti trionfi, infra gli scherni D’ un popolo beffardo ; e ne accogliea Le im m ortali d ottrine. E poi che vide, Sulla vetta del Golgota, p er sem pre De’ celesti occhi suoi m uto il sorriso ; Un dolor senza n o m e , una sublime Mestizia in cor le piovve : a la sua m ente Parve esilio la t e r r a , e patria il cielo.

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Ma la divina immagine amorosa

Del R edentor, nel suo pensiero im p re ssa , Ne’ dubbi della vita e negli affanni

Le fu luce e conforto ; e sperò sem pre Nella promessa delle sue parole. E quando una crudele ira frem ea Su la giovine chiesa , ella pietosa

Conforlatrice per 1’ oscura notte Delle carceri errava , e nell’ estrem e Ore si fea compagna a’ generosi Testimoni del Ver ; pietosamente Ne raccoglieva il sàngue, e sulle tombe Fiori spargeva e v.’ appendea corone . Di mistico amaranto,. Un dì solenne Por te si volge, o Roma. Umile in, Vista Per le superbe vie de’ tuoi trionfi Annunziator di rivelati veri

Uri Galileo si aggira. È inerm e , ignudo D’ ogni umano argomentò r"e p u r si sente . Libero, e fòrte : che si affida in Quei

Alla cui voce intrepido e .securo Camminò sopra F o n d e. Ei fallo segno All’ ira d’ un tiran n o , e chiesto .a morie Non maledice alcuno, armi non chiama Vendicatrici, ma sereno in volto Alla città s’ invola, e un peregrino (4) Incontra a cui dagli atti, e da’ sembianti Spira un’ aura divina ; e dove vai T ulio. solingo’, o buon m aestro. A Roma Traggo a morir per te. Rinnovellato ■ D’ uii ardir sovrumano, E i'to rn a e m uore,

-—

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E m orendo trionfa. Un ilebil grido, Un singhiozzar frequente odesi intanto P e r le obhliate catacombe ; e Psiche Si leva in atto di p a rla r : dal volto Iddio balena che 1’ accende e move : — P erche gemete ? L’ inno del trionfo Sulla tom ba del m artire s ’ intuoni ! Ei vive ! ei vive ! e mansueto , inerm e Re della pace , immagine del Dio Che,, largitor di non m ortali regni, Regni m ortali a conquistar non venne; Non sovra genti debellate e sch iav e, Ma su’ liberi cuori e g l’ intelletti Avrà libero im pero. Ei sovra il monte Ove lo pose Iddio , libero e scarco D’ ogni cura te r r e n a , am ore e luce Spande sull’ universo ] a lui rivolte In un affetto, in un pensier concordi Stanno tutte le genti. — E qui le strida Si rinnovano e i pianti. — Alzate il g u a rd o ,

Psiche ripiglia in estasi rapita : Soave v isione, ecco egli scende Con segno di vittoria incoronato ! Ecco su noi si affisa ! il braccio move Di benedire in atto, e sorridendo A quei che piangon , benedice , a quelli Che pianger fanno, a lutti. E ran discese In quegli oscuri sotleranei c h io s tri, Non vedute dal popolo credente Im m erso nel d o lo re , arm ate turbe La strage a rinnovar ; ma la possente

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Parola che da’ labbri uscia di Psiche, Tutta segnata dell’ interna stam pa, Li soggiogò, li vinse. Umiliati

Caddero a piè d’ un’ ara ; o generosa, Così rivolti a lei dicean nel p ia n to , Di noi pietà ti m ova, e quella luce Che a’ tuoi sguardi so rrid e, a noi rivela, E nel porto securo ove tu s e i .

Noi pure accogli. Il nuovo alto trionfo Empì di meraviglia e di stupore

La cristiade famiglia ; e d’ improvviso Si volse il pianto in lieti osanna a quella Mira virtù che come duttil cera

Move i petti più d u r i, e su v’ im prim e Le forme eterne dell’ eterno esemplo. A così belle intenta opre d’ amore Visse ignorata e nell’ obblio secura

Psiche infino a quel dì, che in Campidoglio Vittoriosa si levò la croce.

Quando d’ Europa disertando il seno Un torrente di barbari discese , Unni, Vandali, Goti e Longobardi

A cui dritto era il sangue , e gloria e vanto Il non aver pietade ; unico asilo ,

Unico porto agl’ infelici , a’ vinti

Eran gli ermi, il deserto, i claustri ; e quivi, Lungi dal furiar delle tem peste,

Ogni anima gentile, ogni sdegnoso Spirto fuggiva, e ritrovava almeno La libertà del pianto. Ivi fra’ nem bi Illesa ognora ardea la sacra lam pa

(40)

Che tanto ci sublimo. E Psiche allora , Poscia .che vide il foro e il Campidoglio Profanato d a’ b a rb a ri, e fra l’ ombre Crescenti im pallidir 1’ ultimo raggio

Del pensiero Ialino in Te, (5) che in petto Serbavi acceso il trino am or di Plato Come face in un tem pio ; a’ dolci am plessi Della bella Rachele (6) in un deserto Degli affanni a cercar venne l’obblio , Venne a cercar la p a c e ; e quivi oscura Visse i di fra romite aure tr a n q u ille ,

Contenta n e'p e n sie r contem plativi. Ma come auge! che su ll’aperta frasca Previene il tem p o , e con affetto ardente Il sol che allegri la n atu ra, aspetta. Fiso guardando? co’-suoi voli Psiche L’.alba affrettava d ’avvenir più bello. Età de’cavalieri e degli amori , Segno a superbi im m eritati o ltrag g i,

Segno a slolidi voli, io che respiro

L’aura dei tem pi n u ovi, ed a’ trionfi,. Alle conquiste del pensiero e su lto , Io non sospiro a te ; l’onda del. tempo Irrevocabil fu g g c 'ò tulio innova.. Io non sospiro a te ; ma de lo scherno JYòn fia che; avventi su di te gli s tr a li,

SuHa tua fede in g e n u a , su ’luoi Infantili costum i. Erano rozzi

I tuoi Costumi, ma l ’am o r, ma il culto Della donna ogni cosa ingentilia;

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Per Io gran m ar dell’essere; ma ignoti Erano i dubbi e le segrete lotte Ch’or le menti affaticano ed i cuori. Queta posava la ragione umana Infra gli amplessi della fed e, come Innocente fanciulla che s’addorm e Sovra il seno materno , e rosei sogni Aleggian sul suo capo. E Psiche allora Yivea di quel pensier che negli acuti Archi apparia de’ templi e nelle volte Che salivano al ciel, di quell’amore Che trasse tante peregrine genti Al sepolcro di Cristo. Oh quante volte, Giunte le p a lm e , al ciel rivolti gli occhi Cui dal casto raggiar d’ u n ’ alma pu ra Crescea splendore, in estasi rapita Parea dicesse a Dio: d ’ altro n o n caline! Così leggiadra e d’ umiltà vestita, In sì caro e soave atto d’am ore Il Beato da Fiesole la vide,

E ispirata la man corse al pen n ello , E la ritrasse, e le dipinte forme Genuflesso adorò.

Ma dall’ antiche Auree virtù degenere si volse

Un secolo funesto, allor che l ’ ira Prevalea sull’ amore , e la feroce Vendetta sul perdono. Erano i tristi

Tempi che avare ambiziose voglie A poco a poco rampollar ne’ petti , Ch’ eran tempio di Dio ; quando a

la terra

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‘ Q uegli occhi si conversero che p ria E ran levati in alto. Allor da’ cieli Q uel gemito si udì eh’ esce dal fondo D’ un cuor che si ram m arca. O pere bieche Y edea Psiche p e r tutto e im peratrice Degli eventi la fo r z a , e la ragione Muta ed oppressa. 0 giorni gloriosi Della chiesa nascente , o venerati Pontefici di R o m a , o Lino, o C leto , Invan fra quelle dense ombre la luce Psiche chiedea de’ vostri esem pli. A voi Umiltà , povertà furono 1’ ale

Onde saliste sì sublim e. In erm e E povere p areti infra le oscure Catacombe eran l ’ are ignude p ietre Sovra 1’ u rn e d e’ m a r tir i, di legno E rano i nappi dove si rinnova L’ am oroso m istero ; erano d’ oro Solo i vostri costum i. E ra con voi Lo spirito di Dio che libertate

E ard ir n e’ petti v’ infondeva , e spesso Anco fra’ ceppi in orrid a prigione L ibera risonava onnipossente La paro la di Dio su’ vostri lab b ri. T ratti da m ani scellerate a m orte, 1 sereni d ell’ anim a serbaste

Negli occhi e ne’ sem bianti ; anzi agli stessi C arnefici, agli stessi em pi tiranni

Volgevate m orendo u n pio s o r r is o , Una parola di perdono. 0 giorni Della chiesa nascente , e perchè mai

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Così veloci dileguaste ?

Intanto

Languian nel cor di Psiche ad una ad una l e primiere credenze. Ahi! la funesta Aura del dubbio i più soavi affetti E i gentili dell’ alma impeli estinse , E sparì 1’ armonia che nel suo volto, In tutta la persona era diffusa. Un orrido deserto a lei d’ intorno Nuovamente si a p e rs e , e circonfuso Di tenebre più dense al suo pensiero

Si offrì 1’ enigma d ella vita. Allora A quel freddo si volse arido vero Onde spesso si coglie am aro fru tto , E fra’ deliri di superba scola

Anch’essa delirò. Poi, quando ultrice Ira a terra gitlò templi ed a lta r i, E le cose più sacre e venerate Una ruina involse; alla vendetta Dell’ oppressa ragion sorrise , e parve Dell’ Amor suo dimentica. Inquieta

Riprende il suo cam m ino, invan cercando Una risposta che i suoi dubbi a c q u e ti, Invan tentando col pensiero audace

Sciorre l’ arcano del dolor. Sovente Un tedio il cor le a s s a le , e indefinito Scoramento la vince. Ahi che a sè stesso

Il cor non b a sta , e misero ed angusto Al pensier ch’ogni lim ite disdegna, È l’ universo ! Ore vi son che i petti Preme un desìo di sovrumane c o s e ,

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E ci sorgono in cor m isteriosi Afletti che respirano un' arcana

Aura di m ondi ignoti ; e m al suo grado Al ciel si leva la m ortai p upilla , E si bagna di pianto. Un dì sedea Presso alle rive del Caistro , e in quella Deserta solitudine al pensiero

Le tornavano i d ì , quando beala S u ll’ ali d ell’ am or di cielo in cielo Insino a Dio saliva ; c , rim em brando , O gnor più si a ttris ta v a , allor che un dolce Canto a ferir la venne. Un bianco cigno Presso a m o r i r , più liete e più soavi Mettea le sue m e lo d i, (7) e sospirando Psiche così dicea : Gentile a u g e llo , Tu t’ allegri in m o rir, qual se m igrassi A p iù splendido cielo ; e le p iù dolci Noie t ’ispira una soave spem e

Di più lieto avvenire ; ed io che in sorte Ebbi un core più vasto , io raccapriccio Al pensiero del nulla ; a me nessuna Speme dal ciel sorride ; e qui di pianto Le si gonfiano gli occhi.

E , invan percorsa L’ Asia di n u o v o , nel desìo si accese Di riveder le italiche contrade. E poi che pianse su lle um ane sorti Nella città di R om olo, a la bella Partenope si v o ls e , a’ seni azzurri Del c i e l , del m a r e , all' isole ridenti Sparse pel golfo , all’ aer profum ato

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Un conforto cercando. Oh d o v e , o P s ic h e , Il piè movesti ? Q u i, (8) dove fra tanto Sorriso di natura a Dio si leva

Un’ armonia di musica infinita , Qui da’ tiranni sì rinnega Iddio ;

Qui dove il ciel non spira altro che amore L’ odio i petti contrista. Era un mattino Mesto d’ autunno, e d’ aggruppate nubi Un velo il sol. copriva ; e qualche raggio Vincitor delle nubi i campi intorno Yestìa d’ infausta lu c e , e Psiche errava Fra le reliquie di città sepolta

A’ piedi del Vesevo ; e in quel deserto Nell’ intimo del cor s’ attrista e geme Sulla ruina d’ ogni sua sp e ra n z a ,

Quando improvviso occorre agli occhi suoi Il -cantor di Consalvo. Avea la fronte Solcata dal dolore, ove di fosca Luce ancor balenavano i pensieri Che il solitario fior della ginestra Ispirato gli avea ; da’ suoi sembianti Più grave un’ aura di tristezza uscìa, Che da quelle silenti erme ruine. Alme sorelle nel d o lo r, sorelle Nell’ angoscia del dubbio, irrequiete Erranti peregrine, aquile altere

C ui, tronche l’ a l i , sia conteso il volo , Si rincontrar per le deserte vie

D’ un’ estinta città. L’ italo vate

La peregrina riconobbe, e , o Psiche , Nascemmo al pianto, disse ; arcano è tutto

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F u o r che il nostro dolor ; sovra la tom ba Il n u lla siede. Un mal represso pianto Bagnò di Psiche la p u p illa ; ahi tanta Sentia pietà dell’ italo poeta,

E lla si degna di pietade! E quale Avvi sventura alla sventura uguale Che prem e 1’ alm a del poeta, a cui Nella notte del dubbio il ciel si chiude ? Ella nata a vagar p e r l ’ infinito

Acquetarsi non può nelle fugaci De’ sensi voluttà. Dite a costei Che bellezza e virtù son vane forme ; Dite che circoscritto è il viver suo Nell’ um ile pianeta, ove deserta Si sente ; e boreal gelida notte

Fia che scenda sovr’ essa, e con sue nebbie L’ attristi e la disfiori. Ahi! da quel giorno In più cupo dolor Psiche s’ im m erse. Invano al suo pensiero, agli occhi suoi M ergellina sorride ; invan da’poggi Move di Pausilippo au ra odorata. Tutte le cose si spogliar p e r lei Dell’ antica sem bianza, e sem bran tu tte Di gram aglia vestite. A lei dinante Stassi ognora la fronte del poeta Innanzi tem po c o rru g ata; ognora Quelle parole ascolta : « Arcano è tutto

F u o r che il nostro dolore. » In q uesta angoscia Un pietoso la vide; e sorgi, o Psiche,

Apri a la speme il cor, le disse ; un Sofo, Novello E dippo, ha svolto della vita

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L’ oscuro enigma; a lui ti volgi. Ei solo Ti potrà rivelare onde proceda

L’ umana stirpe, a quale ultimo intento La spinga il fato e la natura; e Psiche Con infinito ardor corse ad udirne L’ oracolo vantato. Ei prim a irrise Con gelido sogghigno i suoi dolori, I suoi sospiri arcani ; e poscia, tolto Dio dalla culla delle cose, Iddio Dalle tombe rimosso, ei con deliri Sillogismi parlò d’ un’ indefessa Virtù segreta, e d’ un perenne arcano Mutamento di forme, onde una sola

Specie si veste, e ognor di grado in grado Più sublime si leva. Udiva Psiche

Siccome trasognata; e quando 1’ uomo, L’ opra più bella dalle mani uscita Dell’ Artefice eterno, al sozzo urango Disse fratello; un grido di spavento Ella mise dal petto, e disdegnando E fremendo partì. Come potea Ella cui disse un’ ispirata voce :

Nata a lormar l’ angelica farfalla, Delle labbra divine alito sei ! Ella che nell’ orgoglio del pensiero Osò delira pareggiarsi a Dio,

Come potea spogliarsi in poco d ’ ora D’ ogni nobile istinto, e, chiuse 1’ ale Dello spirto che anela all’ infinito, Radere il suol fra le cognate belve? Ed ora stanca de’ suoi lunghi errori.

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E dalle lotte del pensiero affranta, A Te sospira, a Te, Madre de’ santi, CLo co’ m isteri tuoi rispondi- al voto Che ognun sente nel cor, benché confuso Spesso e ignoto ci sia; che accondiscendi A nostre facoltadi, e sotto forme

Sensate ascondi le celesti cose ; Che p iù sereni e liberi orizzonti Dischiudi all’ intelletto; a Te sospira, E ricovrarsi alfin sotto le grandi Ali vorrebbe della tua difesa.

Ma quel dissidio fra la terra e il cielo La tu rb a e la contrista. Oh sulla te rra , Agitata da tanti odii, risuoni

La paro la di pace ! Arda nel tem pio La sacra fiamma che ne guida al cielo ; Arda la face in mano al sapiente, Che investigando ad uno ad un rivela Di n atu ra i m isteri, e p era il sogno Di chi vagheggia col pensier la notte De’ barbarici tem pi. Amicamente Alle conquiste dell’ età novella, Alle vittorie del pensiero umano Religi'on so rrid a; a’ generosi Sublim i affetti benedica, al santo Amor di p atria, al nobile disdegno

D’ ogni turpe servaggio, e sovra i troni

Consacri i Re cui delle genti il voto Liberam ente elesse, e il fero orgoglio F reni di chi fa piangere; fra tante O rride dissonanze alfin trionfi

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Quello Spirto d’ amor, che sugli oscuri Abissi errando in armonia compose I discordi elementi. Egli p e r sem pre

Chiuda 1’ empio mercato ove si vende L’ immagine di Dio; le spade infranga E in pacifiche falci le converta, In vomeri innocenti. Unica guerra Al cieco error si m ova, a le selvagge Forze ribelli, e di vittoria il nome Non si dia che al trionfo dello spirto, C he, doma la natura e vinti i mostri Dell’ ignoranza, si sollevi a Dio E a Lui consacri la c o ro n a , a Lui I trofei della pace. In fra le genti A fraterno convivio insieme a c c o lte , D’opre leggiadre e di gentili affetti Una gara magnanima si accenda; E in tutto il rinnovato orbe risuoni II cantico che inneggia alle beate Nozze di Psiche e d’ E r o , e ricongiunga Un’ iride d’ amor la Terra al Ciclo.

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NOTE

(1) Una d elle p iù b e lle alleg o rie che a m m iran si appresso l ’an­ tic h ità pagana, è certam ente q u e lla di P sich e. R a p ita da Zef- firo e condotta in luogo lieto e re m o to , si disposò ad Am ore, d i cui erasi in v ag h ita. P er lungo tem po g o d ette di ogui m an iera di delizie e di vo lu ttà in q u e ll’ am eno ritiro . T u tto quiv i a le i sorrideva ; in v isib ili c rea tu re d i tu tto la provvedevano che fosse m estieri a’ suoi bisogni e a’ suoi d i le t ti , e n e lle v uote e soli­ ta rie ore del giorno l ’ allietav an o con arm onie d i so v ru m an a dolcezza. U na cosa però d im in u iv a la gioia d elle su e delizie, ed era l ’espresso divieto di vedere A m o re , dovendo rim a n e r p ag a a goderlo nel silenzio e fra le te n e b re d e lla n o tte . D e l

che e lla per aicu n tem po si tenne c o n te n ta ; m a poi, fosse don­ nesca cu rio sità, fossero le istigazioni d e lle sorelle invidiose d i tan ta fortu n a, si lasciò vincere dal desiderio di conoscere l ’au ­ to re m isterioso d e’ suoi d ile tti. Onde, non curando i voleri di Am ore, in q u e lla che q u esti dorm iva, recatosi fra le m an i u n a lam p ad a , osò di affissare lo sg u ard o su lle vietate sem bianze. R iconosce C u p id o , e com presa da m ara v ig lia si fa a co n sid e­ ra rlo ; di che non è a dire q u a n to in lei crescesse e divenisse sm aniosa la bram a di a b b rac cia rlo . Ma c h e? Amore, si rid esta, e forte sdegnato, batten d o le ali fuggi, e lasciò in perpetuo ab­ bandono la m isera. Or q u a le dovette essere lo sgom ento di que­ sta sv e n tu ra ta fa n c iu lla ! q u an to n e dovette rim an ere s m a rrita e dolorosa, allo rch é da colui che e lla am ava tan to e che m o­ stra v a di a v erla tan to c a ra , si vide d ’ im provviso a b b a n d o n a ta ; E lla tan to inesperta di p a tire, d a q u e sta prim a e su b itan ea p e r- cossa confusa , va ricercan d o traso g n a ta , come e perchè tan te c are dolcezze si fossero da lei d ile g u a te . P erd u to il suo unico b en e, e lla si sen te sola n e l m ondo ; m a non ha p e rd u to ancora la speranza di r itr o v a r lo : onde cogli occhi sp enti di ogni alle­ grezza e col volto atteg g iato a profonda m estizia, lo va rich ie­

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