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Disegno e realtà in un lapbook

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Academic year: 2021

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TESI DI BACHELOR DI

JUNE HOSENEDER

BACHELOR OF ARTS IN PRIMARY EDUCATION

ANNO ACCADEMICO 2017/2018

DISEGNO E REALTÀ IN UN LAPBOOK

RELATORE

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Ringrazio Mario Bottinelli Montandon, relatore della tesi e mio professore, che con la sua esperienza nel campo dell’insegnamento e dedizione per l’arte, mi ha accompagnato e consigliato

lungo questo cammino di formazione artistica.

Ringrazio i miei allievi che con entusiasmo hanno preso parte al progetto dimostrandomi, ancora una volta, l’importanza di seguire le proprie passioni.

Ringrazio Loredana, maestra di scuola elementare e di attività creative, per gli interessanti spunti di riflessione offertimi in materia di lapbook.

E ancora… un ringraziamento particolare va a tutte quelle persone che, fuori dall’ambiente scolastico, mi sono state accanto seguendo con interesse il percorso.

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June Hoseneder

Bachelor of Arts in Primary Education

Titolo lavoro

Relatore: Mario Bottinelli Montandon

Il progetto di ricerca presentato è di tipo interdisciplinare: l’educazione grafico-pittorica affianca la dimensione scientifica e quella della lingua italiana.

L’intento di questo percorso è di mostrare le potenzialità dell’educazione artistica in contesti di classe quotidiani e come, facendo capo all’arte, gli allievi possano trarre una serie di benefici a livello di comprensione autentica del sapere in gioco.

L’itinerario didattico ha avuto origine a partire dall’argomento scientifico dei cinque sensi e dal suo approfondimento graduale, nel corso dell’anno scolastico.

All’inizio dell’anno si è trattato di trovare insieme agli allievi un sistema per poter tenere traccia delle scoperte e conoscenze apprese nel corso del programma. Vista la recente novità nell’ambito della didattica dell’utilizzo dei lapbook (si veda a questo proposito il capitolo Descrizione interventi

pedagogico-didattici e disciplinari), siamo ricorsi proprio a questo strumento di rappresentazione

concettuale per fornire a tutti gli alunni, facendo riferimento alla teoria di Gardner delle intelligenze multiple, una metodologia di apprendimento per loro finora sconosciuta.

Parole chiave:

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Sommario

Abstract ... iv

Introduzione ... 1

Premessa... 1

Motivazione ... 1

Definizione dell’ambito di approfondimento e obiettivi del progetto ... 3

Descrizione contesto classe con riferimento al progetto messo in atto ... 3

Obiettivi e finalità del progetto in sintesi ... 5

Interrogativo di ricerca e quadro teorico ... 6

Progetto interdisciplinare ... 7

Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese ... 7

Competenze trasversali e ambiti di formazione generale ... 7

Area arti... 9

Area scienze naturali e dimensione ambiente ... 9

Gardner... 10

Edgar Dale, pyramid of learning ... 10

John Dewey, learning by doin... 11

James Gibson, affordance ... 11

Célestin Freinet, cooperative learning ... 12

Maria Montessori ... 12

Bruner e le tre rappresentazioni ... 12

Intelligenze ... 13

Descrizione interventi pedagogico-didattici e disciplinari ... 14

Presentazione generale ... 14

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Il lapbook ... 15

Intervento 2, il calendario con le tempistiche e gli argomenti ... 16

Intervento 3, scelta e analisi dei materiali ... 16

Intervento 4, prima raccolta concezioni generale ... 16

Intervento 5, la vista ... 17

Intervento 6, la suddivisione dei compiti e l’inizio della produzione ... 18

Intervento 7, l’osservazione dal vero ... 18

Intervento 8, le sfumature ... 19

Intervento 9, le matite colorate e la texture del supporto cartaceo ... 19

Intervento 10, la ripresa della teoria dei colori ... 20

Intervento 11, la tecnica della finestrella ... 20

Intervento 12, le tavole scientifiche ... 20

Intervento 13, il primo capitolo del lapbook ... 21

Intervento 14, l’udito e la nuova raccolta concezioni ... 21

Intervento 15, la tecnica della finestrella in bianco e nero ... 21

Intervento 16, la tecnica della finestrella a colori ... 22

Interventi precedenti la conclusione del lapbook ... 22

Metodologia e strumenti per l’analisi degli interventi ... 23

Modalità di ricerca ... 23

Metodologia di lavoro e strumenti di raccolta dati ... 23

Le raccolte concezioni ... 23

Le raccolte concezioni prima di inoltrarsi lungo una nuova tematica. ... 24

Le raccolte concezioni al termine del percorso sui cinque sensi. ... 26

I questionari personali ... 26

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Riflessione generale ... 27

Risposta all’interrogativo di ricerca e confronto con il quadro teorico ... 30

Limiti, potenzialità, possibili sviluppi e ricadute professionali ... 31

Conclusioni personali ... 33

Bibliografia, emerografia e sitografia ... 35

Allegati significativi ... 38

Allegato 1.0: la raccolta concezioni iniziale, prima di affrontare ciascuno dei sensi ... 38

Allegato 1.1: la suddivisone dei compiti ... 47

Allegato 1.2: l’osservazione dal vivo ... 48

Allegato 1.3: la sfumatura ... 49

Allegato 1.4: la texture ... 53

Allegato 1.5 e 1.6: la tecnica della finestrella in bianco e nero e a colori ... 55

Allegato 1.7: le raccolte concezioni conclusive ... 72

Allegato 1.8: i questionari personali ... 88

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Introduzione

Premessa

La creatività consiste nel mantenere nel corso della vita qualcosa che appartiene all’esperienza infantile: la capacità di creare e ricreare il mondo.

Donald Winnicott

La citazione in epigrafe è una premessa significativa al mio lavoro di tesi; effettivamente sarà capitato a tutti di sentirsi più o meno portati per qualche disciplina, di sentirsi dei bravi disegnatori, di mediocre successo o addirittura di scarso livello. I primi abbozzi di schizzi avvengono già in età prescolare e poi, con il tempo (se vengono forniti i giusti strumenti, modelli e una vasta gamma di tecniche, ma su questi temi ci soffermeremo più specificatamente nei prossimi capitoli) le basi del disegno vengono via via fatte proprie dal bambino e sarà lui stesso a stupirci con le sue opere.

Se allora, come diceva Winnicott, la creatività effettivamente nasce nel corso dell’esperienza infantile, è il caso, come docente, di permettere al bambino di trovare la sua strada nella dimensione creativa e insegnargli come, sfruttandola, si possa davvero “creare e ricreare il mondo” (Doria, 2016, p. 17). Sono stati il mio vissuto da allieva nei diversi ordini scolastici e le mie prime esperienze nel mondo dell’insegnamento, a farmi riflettere sulle potenzialità del disegno nelle attività di classe quotidiane. La lavagna come supporto di schizzi e parole, i fogli da riempire di schemi riepilogativi e bozze che illustrino l’argomento trattato; il disegno viene così visto come una risorsa da inserire in un contesto più ampio, in cui funge da aiuto ad altre materie e che consente all’allievo di acquisire più facilmente una comprensione autentica del sapere in gioco. Il disegno vuole rappresentare la realtà che ci circonda, è espressione delle nostre idee e delle nostre conoscenze.

Motivazione

Fin da quando ero allieva alle scuole elementari, sono stata attratta dalla capacità degli artisti di rappresentare la realtà circostante usando le tecniche più variegate, possedevo una sorta di diario sul quale cercavo di imitare il più fedelmente possibile ciò che mi stava attorno e, ad esempio, le illustrazioni di alcune enciclopedie naturalistiche. Con il passare del tempo il diario venne da me accantonato ma lo ripresi all’inizio di quest’anno, quando un allievo mi domandò come si disegnasse uno “squalo dal vero”. Ricorsi alle conoscenze che avevo messo in atto allora, ai tempi degli schizzi sul diario, per riuscire a

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fissare su carta un abbozzo di squalo che mi ricordasse quello disegnato anni addietro. Mi resi allora conto che la mia capacità di disegnare la sagoma del pesce non era variata di molto: si erano aggiunti alcuni dettagli rispetto al disegno d’origine, avevo applicato la tecnica della sfumatura per dare un senso di volume alla figura, ecc., ma l’idea di cosa e come schizzare su carta la richiesta del mio allievo mi veniva suggerita ancora dalla riflessione che ci avevo dedicato tempo addietro; questo perché da allora non avevo più avuto modo di sperimentare la raffigurazione di un tale animale. Grazie a una memoria/intelligenza artistica (sulla questione intelligenze mi soffermerò più avanti) mi è stato permesso di interiorizzare un metodo raffigurativo specifico, di rispondere all’interrogativo del bambino e fornire a mia volta un “modello” per i futuri disegni dell’allievo.

Autori quali Gardner, Buzan e Ornstein, sostengono infatti che esistano diverse tipologie di intelligenze (tutte presenti in ciascuna persona ma in gradi differenti), raggruppabili in tre grandi classi: intelligenze creative, intelligenze emotive e intelligenze tradizionali. Una tipologia di intelligenza non esclude l’altra, ma vengono utilizzate simultaneamente, sviluppate e potenziate tramite l’esercizio (ad esempio, ognuno di noi sarà facilitato ad apprendere se il contenuto dell’apprendimento va incontro alla tipologia di intelligenza per la quale siamo più predisposti; anche i contenuti didattici possono essere progettati al fine di stimolare i diversi tipi di intelligenze, così da permettere a ciascun allievo di interiorizzare al meglio la conoscenza).

In questa sede mi concentrerò su quella categoria di intelligenze considerate creative, questo perché, dall’episodio del disegno dello squalo, ho cominciato a riflettere sul potenziale di questa tipologia di intelligenza e di come poterla mettere a disposizione anche di altre materie, meno artistiche e più nozionistiche come nel caso del progetto scientifico che qui illustrerò. A questo proposito alcune ricerche di settore, come Burnaford (2007) e Hardiman (2017), sostengono l’ipotesi secondo la quale integrare la dimensione artistica all’interno di un curricolo scolastico, possa fungere da agente facilitatore per dei transfer ad altri ambiti d’insegnamento-apprendimento.

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Definizione dell’ambito di approfondimento e obiettivi del

progetto

Descrizione contesto classe con riferimento al progetto messo in atto

Il progetto ha preso avvio in una classe di terza elementare della sede di Giubiasco Stazione. La classe è formata da diciotto alunni, di cui undici bambine e otto bambini.

Si tratta di una classe molto eterogenea a livello di competenze ma che accetta volentieri di partecipare a progetti e piccole sfide a lunga durata (come nel caso del progetto che qui presenterò) e che le richiede di lavorare e confrontarsi con le idee e il sentire dei compagni.

Qui di seguito elencherò alcune delle caratteristiche specifiche dei bambini / gruppi di bambini per le quali ho deciso di propendere per una o l’altra scelta didattica all’interno di questo percorso.

In classe ad esempio sono presenti due allieve ripetenti; nonostante alcuni primi momenti di sconforto per delle difficoltà incontrate lungo il loro percorso (sia a livello affettivo-emotivo che disciplinare), hanno iniziato con positività l’anno corrente mostrando ai compagni il desiderio di poter aiutare, grazie alle loro esperienze passate, chi si trova in difficoltà. Per quanto riguarda questo primo aspetto, è molto importante prevedere delle attività a gruppi, dei momenti laboratoriali, ecc. che vadano a valorizzare le due allieve che a volte ancora faticano a integrarsi nel gruppo-classe.

Per quanto riguarda alcune altre caratteristiche del gruppo-classe: sono presenti due allievi monitorati sotto il profilo della dislessia (uno dei due viene già seguito dalla docente di sostegno e da noi in classe, con degli interventi mirati per quanto concerne la lettura e la conseguente acquisizione di automatismi e per ciò che concerne la scrittura). Uno dei due bambini descritti rappresenta la figura del leader nella classe: è un allievo molto energico ma che davanti a compiti di lettura o scrittura abbandona facilmente l’esercizio. Per lui e gli altri bambini che vengono seguiti dalla docente di sostegno (quattro in totale, sia per italiano che per matematica), il disegno e le attività manuali rappresentano un’ottima variante per poter mettere in gioco i medesimi saperi ma sfruttando un canale differente: quello visivo. Un bambino viene invece seguito dalla docente per alloglotti e una bambina, dal mese di novembre, dalla docente di sostegno per quello che riguarda l’attenzione in classe e la comprensione. Per lei, come per i compagni sopra citati, le attività grafico-pittoriche possono essere d’aiuto a fissare alcuni concetti.

Per quanto riguarda nello specifico l’ambito delle attività grafico-pittoriche, gli allievi hanno avuto modo, negli anni passati, di sperimentare diverse tecniche di lavoro, dalle tempere, acquerelli e pastelli, al ritaglio di diversi materiali per fare collage, fino alla rifinitura di alcuni manufatti con ago e filo.

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Nell’elaborazione del mio prodotto conclusivo di scienze (un lapbook contenente le informazioni trattate su tutti i cinque sensi), sapevo quindi di poterli lasciare lavorare con una sufficiente autonomia in piccoli laboratori differenziati per materiali e obiettivi finali: il lapbook infatti è stato creato dalla classe intera e ciascun bambino aveva un compito specifico (dal ritaglio, alla colorazione, alla preparazione di bozze, alla cucitura, fino all’impaginazione). Quello che avevo deciso di fare, visto che si tratta di una classe molto forte per quanto concerne le attività manuali e la fantasia nell’elaborazione dei prodotti finali, è stato di introdurre la dimensione del disegno realistico, a partire da tavole scientifiche e da illustrazioni presenti in libri ed enciclopedie.

La volontà di proporre un progetto che tocca più discipline è nata dal desiderio di creare un percorso in cui i bambini possono scoprire le potenzialità dei compagni e di sé stessi e, contemporaneamente, utilizzare uno stesso stimolo per sviluppare più conoscenze e indagare diversi saperi. Si è riflettuto con gli allievi sul fatto che le diverse materie possano completarsi a vicenda e che un approccio interdisciplinare e intradisciplinare permette di osservare uno stesso fenomeno da più punti di vista e ricorrere così a canali diversi per favorire la comprensione da parte di tutti.

Il percorso è stato progettato seguendo una didattica per progetti, nel corso della quale gli allievi (con i loro interessi e i loro bisogni) sono al centro del processo di apprendimento e in cui possono lavorare in autonomia operando diverse scelte. Durante lo svolgimento dell’itinerario intervenivo lanciando nuovi stimoli, riformulando i loro pensieri e strategie per dare un filo logico all’intero progetto e procedendo con delle attività di istituzionalizzazione per fissare i concetti trattati. Per evitare che l’entusiasmo degli allievi ci portasse a uscire troppo da quello che era il percorso pensato, abbiamo deciso di tenere un diario di bordo su cui annotarci le scoperte, le fasi di lavoro svolte e le tappe che stabilivamo di volta in volta dover affrontare la lezione successiva. Il diario di bordo ci permetteva inoltre di procedere con un lavoro di fissazione dei concetti appresi in maniera piuttosto costante e di valutare insieme, strada facendo, il percorso. È stata quindi messa in atto una valutazione per l’apprendimento (Piano di studio

della scuola dell’obbligo ticinese, 2015, p. 23-24), orientata allo sviluppo dell’autoriflessione e

dell’autovalutazione nell’allievo, così come al rafforzamento della responsabilità verso il proprio apprendimento. Questo tipo di ragionamento implica la costruzione di relazioni tra processi e prodotti, raccolti in una prospettiva più globale, che vadano a rispondere alle differenti “situazioni complesse” con le quali l’allievo si trova confrontato.

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5 Obiettivi e finalità del progetto in sintesi

La creatività è mettere in connessione le cose…

Steve Jobs

Quanto in precedenza scritto, unito dalla mia volontà di valorizzare le potenzialità artistiche della classe, mi ha portato a sviluppare il percorso illustrato in questa tesi. Il progetto si propone l’obiettivo di applicare una metodologia di lavoro (in cui scienze e attività grafico-pittorica si completano a vicenda) che favorisca la comprensione autentica del sapere messo in gioco, e che illustri ai bambini che non trovano nel così detto “metodo di lavoro tradizionale”1 il giusto stimolo in considerazione delle loro caratteristiche cognitive, un’alternativa altrettanto valida per l’apprendimento. Effettivamente, se si facesse capo alla teoria delle intelligenze multiple, bisognerebbe predisporre percorsi formativi che tengano conto di tutte le peculiarità cognitive degli allievi e non uniformare il sapere a un unico rigido schema d’insegnamento.

Lo psicologo Edward De Bono ha coniato l’espressione “pensiero laterale”, che sta ad indicare la capacità di un individuo di risolvere i problemi in maniera creativa e da diverse prospettive. De Bono sostiene che questa capacità è presente naturalmente nei bambini e deve venir alimentata e potenziata affinché possa rimanere attiva anche in futuro e non si incorra nel rischio di limitarne l’efficacia. Spetta a noi docenti il compito di sostenere questo approccio creativo di problem-solving proponendo agli alunni delle “situazioni problema” (Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese, p. 140) efficaci, significative e stimolanti che lo inducano a mobilitarsi e a creare interconnessioni tra le conoscenze apprese. In questo senso gli autori e pedagogisti Wiggins e McTighe (2004) costituiscono un punto di riferimento per quanto riguarda la progettazione basata sulle competenze. Il traguardo di un "apprendimento significativo”, secondo i due autori, deve partire dai contesti d’apprendimento e non dall’oggetto da insegnare; vanno nella stessa direzione anche le teorie costruttiviste, che asseriscono che si apprenda attraverso un continuo processo di costruzione, interpretazione, assimilazione e accomodamento delle rappresentazioni cognitive. Wiggins e McTighe suggeriscono all’insegnante

1 Con metodo di lavoro tradizionale mi riferisco a lezioni il cui contenuto viene trattato in maniera prettamente nozionistica

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l’operazionalizzazione dei propri scopi (concetto di backward design, cioè una “progettazione a ritroso” in cui il contesto d’azione è prioritario rispetto ai contenuti), l’apprendimento è innovazione e creazione e la conoscenza si alimenta e genera continuamente attraverso il suo utilizzo in un contesto e si verifica quando si attuano e sviluppano efficaci metodi di risoluzione dei problemi. L’apprendimento allora genera comprensione, una conoscenza profonda, posseduta a un livello tale da poter essere rielaborata e riutilizzata in contesti differenti. È proprio questo che fa l’educazione visiva: crea immagini e oggetti facilmente manipolabili, così il bambino-disegnatore mette in gioco le sue conoscenze reinvestendole in un’esperienza di sperimentazione significativa. Risulta quindi importante disporre di metodologie e strumenti che fungano da facilitatori per questi processi di pensiero, così da poter generare, in maniera creativa, ipotesi che possano essere messe in connessione con le conoscenze già possedute, fino a giungere all’obiettivo prefissato. Si propongono questo obiettivo, ad esempio, le mappe creative e le mappe mentali intese come strumenti di sintesi visiva.

Interrogativo di ricerca e quadro teorico

L’ambito disciplinare scelto è scaturito dall’analisi del contesto di riferimento e, a partire dalla domanda di ricerca che segue, ho progettato l’itinerario scientifico-artistico che verrà approfondito nel prossimo capitolo.

L’intervento delle attività grafico-pittoriche, in un percorso di apprendimento di una classe terza elementare, può portare dei vantaggi per quello che concerne la comprensione autentica da parte dell’allievo?

A questo proposito ho scelto di dividere il mio progetto in due nuclei centrali, l’educazione grafico-pittorica vista come “strategia per soddisfare l’esigenza dell’allievo di realizzare disegni di tipo realistico” (Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese, pp. 234-235) e l’educazione visiva come “riconoscimento di alcune funzioni dell’immagine per attribuire senso alle diverse produzioni” (ibidem). In quest’ottica il mio progetto vuole, da un lato, fornire agli allievi alcuni importanti spunti di riflessione e tecniche per il disegno figurativo e, dall’altro, fare convergere questi aspetti nella realizzazione di un’opera comune di tipo scientifico. Il progetto deve servire a testimonianza del lavoro svolto nel corso dell’anno, artistico e scientifico, e portare gli alunni a un riconoscimento delle potenzialità del disegno per la comprensione autentica dei saperi in gioco.

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7 Progetto interdisciplinare

L’approccio didattico è quello finalizzato alla costruzione attiva delle competenze del soggetto (ivi, p. 19) in una dimensione in cui le discipline interagiscono tra di loro, così da favorire una programmazione più aperta senza che vi siano delle separazioni nette fra le varie materie. Tra le finalità di un approccio interdisciplinare vi è anche lo sviluppo delle competenze trasversali come la collaborazione, l’autonomia, il pensiero creativo, ecc. L’itinerario prevede infatti la realizzazione di un progetto condiviso in cui ciascun allievo è accolto ed esprime le sue potenzialità, fungendo da risorsa per quei bambini che in quell’ambito faticano a destreggiarsi. In generale questo sistema di progettare viene spesso trascurato nella professione di docente ma gioca un ruolo di enorme potenzialità sul piano motivazionale e in merito all’aggancio a contesti di realtà. Si sollecita la “costruzione di compiti autentici, orientati a richiedere agli studenti l’impiego delle proprie conoscenze, abilità, disposizioni cognitive ed emotive per elaborare risposte a compiti significativi e agganciati a contesti reali” (Castoldi, 2010, p. 100). Tali caratteri mettono in luce la potenzialità più interessante di questo approccio didattico (basato per l’appunto su contesti reali) “nato come reazione ai limiti di astrattezza e di demotivazione tipici della didattica tradizionale” (ivi, p. 178). Per questo l’intento è quello di suscitare negli alunni la curiosità e la volontà di prendere parte al progetto in maniera costruttiva –come sostiene Philippe Meirieu –, mobilitandoli e motivandoli: progettare e realizzare un’opera, con l’aspettativa che sarà consultata ed esposta a una piccola mostra scientifica, su misura di bambino, è un tentativo che sposa proprio questo principio.

Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese

Nel mio progetto artistico-scientifico è utile citare alcuni punti presenti nel Piano di studio e che possono fungere da chiarificatori per quanto concerne l’itinerario messo in atto.

Competenze trasversali e ambiti di formazione generale

La scuola oggigiorno richiede all’allievo di saper “reinvestire in modo attivo” (Piano di studio, p. 29) quanto viene sollecitato in classe e in contesti diversi da quelli dell’aula; le competenze trasversali rivestono quindi un ruolo fondamentale per lo sviluppo globale dell’allievo e vanno sviluppate e sostenute nel progetto qui presentato.

All’interno del percorso emergono tutta una serie di competenze trasversali che ritengo opportuno considerare e che qui illustro:

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− lo sviluppo personale mette l’allievo nella situazione di assumersi delle responsabilità all’interno del percorso e di dirigere le proprie azioni in autonomia; questa competenza tocca tutti quei momenti in cui il bambino deve prendere delle decisioni in merito alla progettazione e realizzazione dei manufatti / disegni che permettono la realizzazione dell’opera finale;

− la collaborazione sollecita l’allievo a comunicare ai compagni le proprie riflessioni, a orientare le proprie strategie in un’ottica comune e, qualora necessario, a saper apportare le dovute regolazioni ai propri interventi. La progettazione e realizzazione del lapbook ha richiesto una grande capacità di comunicazione e collaborazione tra gli allievi, li ha messi nella posizione di dover sviluppare dei comportamenti solidali e di aiuto reciproco affinché il lavoro potesse essere portato a termine nella maniera prestabilita;

− la comunicazione, che si esprime sotto forma di diversi linguaggi, sensibilizza l’allievo a un’attenta analisi degli obiettivi e del destinatario a cui si riferisce, sfruttando le proprie risorse e quelle fornite dal contesto. Vale la pena menzionare il linguaggio artistico che, nel corso di questo progetto, ha un ruolo fondamentale nell’attivazione e mobilitazione delle conoscenze del bambino;

− il pensiero creativo viene esercitato e sviluppato nel momento in cui l’allievo si trova ad affrontare situazioni problematiche che ne mettono in gioco “la fantasia, l’inventiva e la flessibilità” (ivi, p. 38). È il caso del nostro progetto in cui, dopo l’identificazione del problema e la formulazione di alcune strategie risolutive, l’allievo è chiamato ad attivare risorse diverse da quelle scritte e orali per fornire una risposta al quesito iniziale. L’idea di affiancare alle scienze la progettazione e realizzazione di un lapbook si prefigge proprio questo scopo. Se vi è un dialogo tra parole e immagini, tra creazione e condivisione, permettiamo all’allievo di sviluppare il proprio pensiero creativo con maggior consapevolezza. “Il bambino è portato a sviluppare progettualità e ingegnosità, specie se stimolato da un ambiente ricco di opportunità di apprendere e confrontarsi” (ivi, p. 218); queste competenze vanno coltivate affinché favoriscano la “flessibilità mentale” (ibidem) che sta alla base dell’esplorazione autonoma e responsabile della realtà e dell’attivazione dei propri talenti;

− il pensiero riflessivo e critico permette all’allievo di riuscire a “mettere in collegamento i diversi dati informativi a disposizione attraverso connessioni, confronti” (ivi, p. 37) ecc.;

− le strategie di apprendimento sono utili in questo percorso poiché, lo ricorda il Piano di studio (p. 41), lasciano lo spazio all’allievo di progettare parte del proprio percorso d’apprendimento: riconoscendo e interpretando un compito, recuperando le proprie conoscenze / esperienze pregresse e orientando le proprie azioni anche in funzione del tempo e delle risorse contestuali.

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Area arti

Per quanto riguarda quest’area disciplinare, due sono i processi fondamentali a cui si fa riferimento nel progetto per descrivere i comportamenti dell’allievo di fronte al compito artistico:

Il processo poietico e il processo estetico Autore → PRODOTTO  Fruitore

Il bambino-fruitore è colui che scopre, osserva, indaga e sviluppa le proprie percezioni sensoriali nei confronti della realtà che lo circonda: ne fanno parte la percezione e la cultura che ne orientano l’azione. Nel processo poietico, invece, l’allievo è colui che manipola, modifica e ricrea la realtà secondo i propri ideali.

È grazie al processo poietico (da poièsi: potere creativo dello spirito umano e momento in cui tale potere si attua) ed estetico che l’allievo è capace di far convergere l’atto creativo nel prodotto finale.

“La realizzazione manuale di un progetto porta (…) a riflettere, a strutturare un’idea e a organizzarla in forma consequenziale e analitica” (ivi, p. 227). Le idee e percezioni della realtà del bambino vanno accolte e sostenute, ma è proprio dal secondo ciclo della scuola dell’obbligo che all’allievo si dovrebbero impartire le basi del disegno, presentando modelli e tecniche e rendendolo man mano più autonomo nella realizzazione di proprie opere. “L’aspetto didattico fondamentale consiste nell’assecondare e favorire la progressiva esigenza del bambino di passare da una rappresentazione schematica e simbolica a una più naturalistica che implica l’acquisizione di schemi più complessi e che richiede una maggiore abilità di raffigurazione” (ivi, p. 239). Se si presta particolare attenzione a questa propensione grafica del bambino, si riuscirà ad accompagnarlo attraverso la fase del cosiddetto realismo visivo al quale già lui stesso tende a far riferimento, così come concorda la letteratura psicologica dell’età evolutiva e quella del disegno infantile.

Area scienze naturali e dimensione ambiente

Il processo chiave di questa dimensione che ben si lega con l’itinerario creativo è “progettare”, qui il

Piano di studio enuncia l’importanza di una didattica per progetti che metta in luce il potenziale creativo

degli alunni in un contesto di senso in cui si “apprendere ad apprendere”. In particolare per le scienze il docente dovrebbe fornire all’allievo adeguati strumenti per organizzare e riassumere le informazioni: l’insegnamento di questa disciplina dovrebbe essere allora caratterizzato da un coinvolgimento attivo dell’allievo. “Comprendere significa acquisire la competenza di stabilire dei legami e delle relazioni tra le varie componenti della conoscenza, evitando di limitarsi al semplice accumulo delle informazioni”

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(ivi, p. 210). Pensato in quest’ottica, il progetto lapbook ben si situa all’interno della dimensione scientifica, che accorda alla disciplina artistica ampio spazio per quanto riguarda la formazione attiva dell’alunno in un progetto socioaffettivo di scoperta e interpretazione della realtà.

Qui di seguito elencherò alcuni autori di rilievo, le cui teorie possono essere prese come riferimento specifico a sostegno della mia domanda di ricerca.

Gardner

Parlando del sistema scolastico statunitense, Gardner afferma: “...nemmeno i migliori studenti delle

nostre scuole migliori conseguono una comprensione soddisfacente dei contenuti curricolari. (...) Questi giovani ottengono risultati soddisfacenti in occasione delle esercitazioni in classe e in sede di test di fine trimestre, ma quando si chiede loro di spiegare fuori della classe fenomeni relativamente semplici (…) offrono indicazioni di tutt'altro segno.” Con questo Gardner intende sostenere che l’apprendimento e la

valutazione sono in stretta connessione, e che la modalità con la quale viene effettuata la seconda, influenza la prima: più la valutazione si concentrerà sulle conoscenze e più l’apprendimento e il percorso didattico avranno la tendenza a produrre esclusivamente conoscenze (scrivo “esclusivamente” facendo riferimento al fatto che la scuola oggi richiede agli allievi sempre più capacità di mettere in relazione i saperi appresi e non solo di saperli riprodurre nella loro forma “primitiva”). Viceversa, se la valutazione richiede l’attivazione anche di altre abilità e, soprattutto, delle competenze, l’apprendimento produrrà un valore aggiunto. Il ruolo fondamentale che riveste l’insegnante in questo processo d’apprendimento è quello di operare aspirando a un apprendimento autentico, concentrandosi sulle prestazioni e sugli obiettivi di comprensione. In questo senso vuole concretizzarsi anche la realizzazione del lapbook di classe: un lavoro che richiede un’analisi continua del proprio lavoro, una valutazione costante delle fasi svolte e del proseguire dell’operato. Realizzare un lapbook significa reinterpretare le conoscenze, fissandole su carta in maniera efficace, ordinata e facilmente consultabile anche da terzi; questo significa che il sapere deve essere trasformato, organizzato e restituito in forma sintetica (per questo si tratta di costruire relazioni tra conoscenze e non utilizzare i saperi nella loro forma “primitiva”).

Edgar Dale, pyramid of learning

Il pedagogista americano Dale spiega nel libro Audio-visual methods in teaching di essersi reso conto di quanto il grado di apprendimento fosse influenzato dalle esperienze compiute dal soggetto e dalle emozioni provate nel corso di quell’esperienza. Il pedagogista rappresentò la sua ipotesi nel cosiddetto

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cono dell’apprendimento (figura 1.0): quanto minore è il coinvolgimento attivo dell’allievo, tanto

minore è la sua capacità di ricordarsi e riprodurre ciò che ha fatto. L’idea di sottoporre agli studenti la progettazione e realizzazione di un lapbook vorrebbe proprio andare incontro a questa teoria prevedendo una fase di riflessione, una di lettura e confronto con i compagni sulla questione di quanti e quali temi selezionare e presentare nell’elaborato; la sua realizzazione situa l’alunno nel piano inferiore del cono, fase durante la quale l’allievo è il protagonista attivo del suo apprendimento.

Fig. 1.0 Cono dell’apprendimento2 di Edgar Dale.

John Dewey, learning by doin

Al centro dell’apprendimento per Dewey, come si legge ne Il mio credo pedagogico, si ritrova la figura dell’allievo intento a progettare il suo percorso. Per questa teoria l’importanza sta nell’approccio “imparare facendo” dove, al contempo, vengono sviluppate competenze metacognitive (ideamento e pianificazione del progetto). Questa tipologia di lavoro, incentrata sulla costruzione di un lapbook, richiede al soggetto di gestire la progettazione con fare critico; le scelte devono essere efficaci e attente rispetto ai codici comunicativi che si intendono usare: immagini, font, brani, e via dicendo.

James Gibson, affordance

Secondo il famoso psicologo della percezione, ciascun oggetto ha una funzionalità diretta nella comprensione. Le caratteristiche fisiche degli oggetti (definiti dall’autore come affordance: dimensione,

2 Immagine tratta dal sito: https://www.researchgate.net/figure/Fig-1-The-cone-of-learning-Krivickas

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forma, orientamento, colorazione, …) suggeriscono al soggetto come utilizzarli. Quanto progettato all’interno del lapbook, sia che si tratti di immagini, di colori o parole chiave, deve aiutare il fruitore ad orientarsi con precisione nell’argomento trattato.

Célestin Freinet, cooperative learning

L’esponente dell’attivismo pedagogico francese suggeriva, all’interno del suo metodo, alcune tecniche al fine di portare l’allievo a raccogliere e conservare il suo operato all’interno di un unico artefatto: in questo senso il lapbook ben si presta a fungere da mappa-riorganizzativa dei lavori svolti e delle esperienze vissute.

Maria Montessori

Per la pedagogista le mani sono lo strumento che permettono al bambino di soddisfare il bisogno di conoscenza e ricerca dell’ambiente che lo circonda: costruendo in maniera del tutto autonoma le proprie strutture intellettive, l’allievo impara a dare un ordine, un ritmo e un’organizzazione al lavoro. Il lapbook nasce con l’idea di essere realizzato interamente dall’allievo, pensiero che segue l’ideologia Montessoriana del “aiutami a fare da solo”. Le immagini acquistano molto valore per Montessori, in quanto favoriscono l’organizzazione spaziale, la didattica attiva (volta a dare significato all’esperienza vissuta) e la didattica estesa (che si confà ai tempi dell’alunno).

Bruner e le tre rappresentazioni

Come ipotizza questo grande autore, nell’acquisire il pensiero maturo il bambino passa attraverso tre forme di rappresentazione:

− esecutiva: la realtà viene codificata attraverso l’azione; − iconica: la realtà viene codificata attraverso le immagini;

− simbolica: la realtà viene codificata attraverso il linguaggio e altri sistemi simbolici.

Ad assumere particolare rilievo in questa tesi sarà proprio la rappresentazione iconica. Si tratta del sistema di codifica della realtà circostante più usato fino ai sei/sette anni. L’ambiente esterno è analizzato a partire da immagini visive, uditive, tattili e olfattive; metodo di indagine che incontra la prospettiva scientifica di questo itinerario (artistico-scientifico) sui cinque sensi. Nel progetto lapbook, le immagini permettono di evocare mentalmente una realtà e utilizzarla per i propri scopi. Nonostante vi possano

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essere delle fasi predominanti di una o l’altra rappresentazione, non esiste una relazione gerarchica fra le forme di pensiero precedentemente presentate, ma sono compresenti nei diversi momenti di vita del bambino. I sistemi di rappresentazione della conoscenza teorizzati da Bruner sono legati e interdipendenti: le capacità a livello simbolico presuppongono quelle a livello iconico ed esecutivo. La rappresentazione non è una semplice conservazione degli eventi vissuti nella memoria, ma riguarda i processi di codifica delle informazioni e delle regolarità esperienziali con cui esse si immagazzinano e possono essere recuperate.

Intelligenze

Diversi studiosi (tra i quali spicca Gardner), sostengono l’ipotesi che vi siano differenti tipologie di intelligenze; tra queste ve ne sono alcune che rientrano nella categoria delle intelligenze creative. “L’intelligenza creativa è la capacità di distinguersi dal modo di pensare comune. Una persona creativa

è in grado di pensare in modo nuovo perché è fluida, flessibile, originale, capace di espandere e ampliare le proprie idee. La fluidità delle idee è soprattutto velocità e facilità nel trovare soluzioni. (…) L’intelligenza creativa si basa su un pensiero più dinamico e in una classe si può trovare anche in uno studente dislessico o in uno poco brillante.” (Baldassarre, 2006, p. 70).

Le particolarità del contesto classe in cui ha preso vita il progetto e la tematica scientifica trattata si articolano lungo uno dei principi dell’intelligenza creativa, quello definito da Baldassare come “lo

sviluppo dei sensi” (ibidem); con gli allievi infatti si è trattato di indagare la realtà utilizzando i cinque

sensi e traendo, delle esperienze vissute, materiale sul quale costruire ipotesi e concretizzare un elaborato artistico finale.

L’autrice prosegue spiegando che è proprio durante la scuola dell’obbligo che gli insegnanti sollecitano maggiormente gli allievi dal punto di vista intellettuale, “a scapito di quello immaginativo e senza il

collegamento con la vita reale. (…) La fantasia riesce a penetrare nella realtà molto di più rispetto all’intelletto” (ivi, p. 71). L’intelligenza creativa va utilizzata al fine di sviluppare in maniera armonica

entrambi gli emisferi del cervello e per dare la possibilità a tutti gli allievi, a prescindere dalla tipologia di intelligenza per la quale sono predisposti, di interiorizzare al meglio le conoscenze e i saperi trattati in classe.

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Descrizione interventi pedagogico-didattici e disciplinari

Presentazione generale

Il percorso artistico-scientifico ha preso avvio già a partire dal primo mese di scuola, all’inizio del quale i bambini hanno ricevuto una lettera d’invito a partecipare, con un loro lavoro, alla mostra dei cinque sensi che si sarebbe tenuta nel mese di aprile nella sede delle scuole elementari di Giubiasco Palasio. La mostra sarebbe stata aperta a tutte le classi interessate e a un pubblico esterno, curioso di confrontarsi con questa tematica scientifica.

Visto l’entusiasmo con il quale gli allievi hanno deciso di prendere parte alla proposta, si è trattato di definire, di comune accordo, il progetto che si sarebbe voluto presentare a fine anno. Da questo momento in poi ho cercato di limitarmi al ruolo di guida, lasciando che gli allievi, in maniera responsabile, organizzassero le tappe del lavoro. Il lavoro di realizzazione del lapbook si è sempre svolto in classe (contrariamente alla parte scientifica, per la quale abbiamo usufruito di diversi spazi come la palestra, il cortile, le vie del comune, …); di volta in volta portavo in classe i materiali che potevano tornare utili alla realizzazione del lavoro o che erano gli allievi stessi a richiedere (cartoni, tempere, fogli colorati, forbici, fogli per plastificare, fogli a quadretti, pennelli, matite colorate, righelli, gomme pane, ecc.). Nei paragrafi successivi verranno presentate, in ordine cronologico e in maniera sintetica, le varie fasi dell’itinerario; per praticità (vista la durata dell’intero percorso) alcuni interventi sintetizzeranno diverse ore di lezione.

Intervento 1, la presentazione del lavoro

Agli allievi è stata proposta la partecipazione alla mostra scientifica sui cinque sensi, e lanciato l’interrogativo: “cosa vogliamo presentare?”.

I primi giorni di scuola, per riprendere alcune tematiche di italiano e matematica, mi ero aiutata con due

lapbook e quei libriccini avevano subito attirato l’attenzione della classe; così in breve si è deciso di

progettare un lapbook scientifico. Lo scopo di questo primo intervento è stato quello di presentare agli allievi l’argomento e il metodo che avremmo utilizzato per acquisire le conoscenze. In questa prima fase sono stati presentati agli allievi alcuni differenti esempi di lapbook, così che ne potessero individuare la struttura e figurarsi meglio il loro futuro compito di progettarne a loro volta uno (questa presentazione è servita anche in vista del secondo e terzo intervento, in cui è stato richiesto agli allievi di cominciare a progettare il lavoro). È stato durante questo momento introduttivo che ho presentato pure il concetto di

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lapbook che qui di seguito esplicito brevemente anche per coloro che, come noi prima di questo percorso,

vengono per la prima volta a contatto con lo strumento. Il lapbook

È difficile risalire all’origine del lapbook che è uno strumento molto utilizzato in America e nei paesi di lingua inglese, da cui deriva per l’appunto il nome. Lap significa “grembo” ma anche “piega”, il verbo

to lap significherebbe “piegare / sovrapporre” questo vuole dire che si tratta di uno strumento, una

cartelletta, un piano di lavoro, facilmente consultabile tenendolo in grembo e, voltando pagine, aprendo e chiudendone delle parti, se ne possono facilmente ritrovare le informazioni essenziali riguardo all’argomento scelto e i saperi indagati. Già in Cina nel primo secolo d.C., quando venne per la prima volta prodotta la carta, molto probabilmente le persone cominciarono a manipolarla per creare dei manufatti (in Giappone si ha ad esempio l’avvento dell’origami). Prima dell’avvento della stampa, il filosofo catalano Llull diede vita a un libro al cui interno si trovavano dei “meccanismi interattivi” (come ad esempio dei dischi di carta che il lettore avrebbe potuto far ruotare). Anche nei libri scientifici cominciano a comparire sempre più parti interattive allo scopo di illustrare più efficacemente la realtà indagata (figura 1.1). Di autore in autore, di opera in opera, si susseguirono sempre più modelli simili tra loro per la modalità di affrontare le conoscenze contenute (figure 1.2).

Fig. 1.1 Fig. 1.2

Molto probabilmente è a partire da queste opere che ha preso avvio la produzione di lapbook. Negli Stati Uniti ad esempio, nell’ambito dello homeschooling (cioè l’istruzione impartita a casa da famigliari o conoscenti prossimi del bambino), gli apprendimenti venivano trattati con un’attenzione particolare ai bisogni del bambino (ideare, creare, manipolare, ecc.), così da evitare l’insorgere della noia e, allo stesso tempo, avvicinare lo stesso alla dimensione dello studio e dell’elaborazione individuale delle informazioni.

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Intervento 2, il calendario con le tempistiche e gli argomenti

In questa seconda lezione si è trattato di stilare con gli allievi un calendario con le tempistiche da rispettare e la suddivisione degli argomenti. Si è deciso di iniziare a occupare, approssimativamente, i mesi di agosto e settembre per affrontare la tematica della vista, ottobre per l’udito, novembre e dicembre per il tatto e gennaio per il gusto e l’olfatto, così da aver ancora il mese di febbraio per affinare le ultime cose e preparare il lavoro alla mostra. Questo momento di riflessione ha portato gli allievi alla consapevolezza del carico di lavoro e alla responsabilizzazione più in generale.

Intervento 3, scelta e analisi dei materiali

L’intervento è stato predestinato alla scelta e all’analisi dei materiali ritenuti necessari per allestire il

lapbook. In piccoli gruppi avevano il compito di completare una sorta di lista sulla quale appuntare, sotto

forma di elenco, tutti i materiali che avrebbero ritenuto necessari alla realizzazione del lavoro, sapendone motivare le scelte. Una volta raccolte tutte le liste, abbiamo preceduto con una messa in comune. Alcuni allievi non avevano preso in considerazione la dimensione del lapbook, altri avevano previsto di usare stoffe o fili metallici che poi, nella pratica, sarebbero risultati scomodi per riuscire a sfogliare il libriccino. Di comune accordo si sono scelte le dimensioni del lapbook (A3), il materiale per la copertina e le pagine, le tipologie di fogli per realizzare i disegni (carta bianca, liscia da 200 grammi circa) e, come tecniche, i pennarelli, le matite da disegno (HB / B) e le tempere (in questa occasione non sono intervenuta per orientare la loro scelta in fatto di tecniche). In classe è stata appesa una lista vuota per la richiesta di altri materiali da poter utilizzare, se ci fossimo resi conto che quelli a disposizione non erano sufficienti.

Intervento 4, prima raccolta concezioni generale

Per dare avvio al lavoro, ho proposto agli allievi una raccolta concezioni sulla vista (allegato 1.0). Per quanto riguarda la richiesta fatta, tengo a sottolineare alcuni elementi che descrivo di seguito. Il primo riguardava la strutturazione del foglio con le domande:

− la scheda era suddivisa in quattro parti, una per ciascun senso che avremmo trattato nel corso dell’anno e che quindi avremmo proceduto a completare (ogni volta come raccolta concezioni successiva) di pari passo al nostro percorso;

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− in cornice presentava i personaggi dei “Puffi”, questo per dare continuità allo sfondo motivazionale, introdotto all’inizio dell’anno, con la presenza di tutta una serie di personaggi presenti nel bosco (personaggi dei cartoni animati, gnomi, folletti, ecc.). Ho optato per questa scelta per cercare di mettere più a loro agio nell’affrontare la scheda quegli allievi che dimostrano forti sensibilità di fronte a elementi nuovi, e che vengono perciò frenati dal timore dello “sconosciuto”;

− a disposizione degli allievi vi erano solamente supporti grafici dei più vari (dalle matite colorate ai compassi), mentre non avevano la possibilità di consultare alcun materiale.

Il materiale raccolto in questa fase non è stato discusso con gli allievi ma è servito a me, per cominciare a farmi un’idea generale sulle competenze grafiche degli allievi e come base dalla quale partire per introdurre l’argomento del disegno realistico.

Intervento 5, la vista

Questo intervento vuole riassumere le lezioni sul tema della vista che abbiamo affrontato nei mesi di agosto e settembre. Visto l’ambito di ricerca “attività grafico-pittoriche” non entrerò nei dettagli per quanto riguarda la dimensione scientifica, bensì condividerò in questo lavoro le tappe artistiche che gli allievi hanno affrontato nel corso dell’itinerario.

Perché si potesse cominciare a realizzare il lapbook, infatti, mancavano le conoscenze da inserirci: da questo intervento in avanti ho iniziato a svolgere il ruolo di ricercatrice insieme agli allievi sul tema dei cinque sensi. Così, grazie a delle letture, degli esperimenti pratici, che andassero a coinvolgere l’allievo come principale attore del suo apprendimento, siamo giunti alla fine di settembre con diverso materiale conoscitivo pronto alla manipolazione grafica.

A questo punto il principale interrogativo da parte degli alunni è stato quello di chiedersi cosa, di tutto quanto era stato visto in classe, inserire nel lavoro. Per aiutarci nella prima parte della progettazione, ci è stato d’aiuto il diario di bordo che abbiamo tenuto dall’inizio del percorso per segnare, man mano che si succedevano gli interventi, quanto scoperto. Nel diario di bordo i bambini erano liberi di prendere nota di quanto trattato, utilizzando parole, schizzi o un misto fra i due. Al termine dell’argomento sulla vista, abbiamo disegnato alla lavagna una mappa concettuale con delle parole chiave sul tema. Per ciascuna delle parole chiave, abbiamo suddiviso, all’interno del primo capitolo del lapbook, gli argomenti tra gli allievi; ognuno di loro sarebbe diventato il responsabile ed esperto per quella data frazione di lavoro. C’era chi era incaricato della preparazione dei fogli per le didascalie, chi il responsabile-scrittura di un certo brano, chi faceva gli schizzi a matita del disegno, chi aveva il compito

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di colorare e chi, ancora, di decidere come impaginare l’intero lavoro. Al fine di permettere a tutti di svolgere l’intero ventaglio di compiti, a ogni fine lezione si presentava brevemente il lavoro svolto quella giornata e si scambiavano i ruoli per la volta successiva.

Intervento 6, la suddivisione dei compiti e l’inizio della produzione

Per aiutarci nella suddivisione dei compiti avevamo deciso di dare un nome a ciascun ruolo, ecco quindi quelli creati da noi:

− gli ideatori (coloro che hanno il compito di pensare cosa inserire nel lapbook); − gli scrittori (coloro che hanno il compito di dedicarsi alle didascalie);

− i disegnatori (coloro che preparano, a matita, le bozze dei disegni);

− gli addetti alla colorazione e alle decorazioni (coloro che hanno il compito di colorare i disegni e riflettere su possibili “ornamenti” grafici del lavoro);

− i responsabili dell’impaginatura (coloro che si occupano della scelta di dove inserire gli elaborati all’interno del lapbook,);

− gli arbitri (coloro che hanno il compito di supervisionare il lavoro generale e di provvedere al corretto funzionamento dei passaggi del materiale da una postazione all’altra).

Dopo la prima suddivisione dei compiti (allegato 1.1), in cui era fondamentale discutere molto bene su chi si occupasse di cosa e in quale ordine (così da evitare di creare lavori simili o aventi la stessa funzione esplicativa), si è trattato di mettersi all’opera per la realizzazione. Per facilitare a tutti il lavoro, allestivo di volta in volta su un banco tutto il materiale che avevamo ritenuto necessario per l’allestimento del progetto. Nonostante il materiale a disposizione, la prima difficoltà è emersa quando un gruppo di allievi, incaricato della raffigurazione dell’occhio, si è trovato confrontato con il foglio bianco.

Intervento 7, l’osservazione dal vero

Il lavoro del lapbook si è interrotto per tutti e ci siamo dedicati a lavorare sulle nostre competenze in materia di disegno realistico dell’occhio. La prima attività che ho proposto agli allievi è stata l’osservazione dal vero del soggetto (allegato 1.2). Ciascun bambino ha ricevuto uno specchio e con quello doveva annotare su un foglio le caratteristiche dei propri occhi. Si sono così resi conto che l’iride (il termine specifico era stato ormai acquisito) non è formata da un solo colore, ma spesso vi sono anche altre gradazioni presenti al suo interno. L’attività è servita per renderci conto della grande varietà di sfumature presenti nella realtà.

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19 Intervento 8, le sfumature

A partire dalla tematica delle sfumature, ho richiesto agli allievi di scegliere un colore soltanto (non ho specificato se utilizzare matite colorate, acquerelli, tempere o altro) e di provare a riempire con più sfumature possibili un riquadro bianco (allegato 1.3). Per svolgere questo lavoro sono state scelte soltanto le tempere e le matite colorate. Chi aveva scelto le tempere si è presto reso conto che un colore soltanto non era sufficiente e che bisognava aggiungere qualcosa; mentre chi lavorava con le matite colorate si è accorto che si riusciva a sfumare premendo più o meno la matita sul foglio.

Le due scoperte sono state condivise a gruppo intero e chi prima si era dedicato a una tecnica, ora avrebbe svolto l’altra, e viceversa; al termine abbiamo riflettuto sui vantaggi di una o l’altra tecnica.

Gli alunni hanno deciso che, per essere più precisi nei disegni, avrebbero proseguito soltanto con la tecnica delle matite colorate, tecnica che secondo loro si avvicinava maggiormente a “degli effetti veri” (espressione usata da U., allievo del 2009, maggio). Anche le altre considerazioni hanno fatto propendere gli allievi per la seconda tecnica: “Con la pittura ho paura di sbagliare, va sempre dappertutto” (allieva A., 2008, ottobre), “È troppo scura (riferito alla tempera), non riesco a coprire poco e se metto l’acqua

bagno tutto e rovino il foglio” (allieva Al., 2008, ottobre). Allievo D (2009, luglio) al suo compagno:

“Viene in su quando ne metto troppa e se sbaglio non posso cancellare!”. Allievo C (2009, aprile):

“Possiamo metterci il bianco però e poi ci passo sopra di nuovo”. D: “Sì, ma se sbagli? Non è mica come la matita che calchi e puoi fare le prove…”.

Intervento 9, le matite colorate e la texture del supporto cartaceo

Ci siamo concentrati con gli allievi sulla sfumatura con le matite colorate (allegato 1.4) e all’utilizzo del bianco come facilitatore della stesura del colore sul foglio. Agli allievi ho presentato diverse tipologie di fogli (texture o grana diversa) e ho richiesto loro di sfumare, a partire dall’alto del riquadro verso il basso, utilizzando una sola matita colorata. Ma per quanto la carta potesse essere liscia, il foglio presenta sempre degli “avvallamenti” sui quali il colore si distribuisce in maniera non del tutto omogenea rispetto alle altre parti del foglio (come ad esempio nelle “valli”). Per far fronte a questa situazione, ho chiesto agli alunni di pensare e provare a mettere in atto una strategia per distribuire in maniera più uniforme il colore. Per l’effetto di campitura uniforme i bambini hanno premuto con più forza la matita sul foglio, perdendo però in questo modo l’effetto sfumato. Abbiamo allora introdotto l’uso del colore bianco che ci permetteva di ottenere delle sfumature anche con tonalità più delicate, evitando in questo modo di abbondare di colore, caricando eccessivamente il foglio. Con lo svantaggio però di impallidire il colore originale. Quest’attività è quindi servita a imparare una nuova tecnica (utilizzo della matita bianca,

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spesso sottovalutata) e a stabilire che la texture del foglio prescelto svolge un ruolo molto importante nella definizione della qualità finale del disegno.

Intervento 10, la ripresa della teoria dei colori

Per chi entra nel mondo del disegno è importante imparare a conoscere e studiare i colori primari e le varie combinazioni di tali colori. Così, nel corso di questa lezione, grazie sia alle tempere (che rendono facile il lavoro di mescolanza) sia alle matite colorate, ci siamo dedicati alla realizzazione dei differenti colori ottenibili dall’unione di quelli primari. La teoria del colore era già stata affrontata dalla classe negli anni passati e quindi per me si è trattato soltanto di riprenderla.

Intervento 11, la tecnica della finestrella

Ai bambini è stata presentata la “tecnica della finestrella” (allegato 1.5). Questo procedimento grafico-pittorico consiste nella selezione, da parte della docente, di una o più parti di un’immagine che vengono coperte da riquadri bianchi (l’originale sarà quindi privo di alcuni dettagli). Il compito dell’allievo è quello di completare le finestrelle (da qui il nome della tecnica), cercando di riprodurre nel modo più fedele possibile il disegno di partenza. Questa tecnica introduce il bambino in maniera graduale alla selezione dei colori, ai chiaroscuri e alle sfumature, senza impegnarlo da subito nella realizzazione di un disegno realistico da zero. Ciascun allievo aveva a disposizione una scatola, da diciotto, di matite colorate (una gamma di colori più che sufficiente per realizzare i nostri disegni), una gomma da cancellare, un righello e l’originale dei soggetti da completare (senza quindi le finestrelle bianche). Durante questa prima lezione i bambini potevano procedere per tentativi ed errori e, nel corso della lezione seguente, dopo aver ripreso assieme i disegni svolti e averli commentati al fine di migliorarne la tecnica, si sono dedicati allo svolgimento del lavoro finale.

Intervento 12, le tavole scientifiche

Per procedere nella produzione del lapbook occorreva forzatamente munire i bambini di strumenti sufficienti per riuscire a realizzare, in maniera autonoma, dei disegni realistici completi. Agli allievi ho quindi fornito illustrazioni di libri scientifici, fotografie e altri materiali relativi al senso della vista, chiedendo loro di scegliere quelli più utili alla nostra produzione. Così, di tutto il materiale a disposizione, abbiamo effettuato una cernita ipotizzandone il concreto utilizzo all’interno del primo capitolo del lapbook. Durante questo intervento gli alunni si sono messi all’opera, a piccoli gruppi,

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avviando la realizzazione dei disegni realistici. Come all’inizio, alcuni erano incaricati nella creazione della figura-contorno del disegno, altri nella creazione e altri ancora nella scrittura delle didascalie. In ogni laboratorio si sono succedute diverse fasi di lavoro, con la possibilità di scambiarsi i ruoli, aiutarsi a vicenda o consigliarsi.

Intervento 13, il primo capitolo del lapbook

È stato ripreso il lavoro sul lapbook, e sono stati scelti i disegni da inserire nel libro. I lavori realizzati hanno trovato spazio secondo un criterio concordato da tutti gli allievi. Una volta scoperta l’esistenza delle tavole scientifiche, hanno deciso di realizzarne anche loro tramite il disegno, valorizzandole per grandezza o mettendole in risalto utilizzando di volta in volta sistemi differenti. Non sempre hanno voluto utilizzare i template (particolari cartellette di forme e grandezze differenti per raccogliere le conoscenze) perché a loro avviso avrebbero nascosto i disegni che invece dovevano godere di visibilità per attirare l’attenzione.

Intervento 14, l’udito e la nuova raccolta concezioni

La creazione del nuovo capitolo sul senso dell’udito è stata preceduta da una nuova raccolta concezioni (allegato 1.0) che mi ha permesso di verificare le competenze degli allievi in fatto di disegno “dell’organo orecchio”. Gli interventi scientifici hanno seguito la stessa modalità utilizzata nell’affrontare il senso della vista: esperimenti, letture di differenti generi e via dicendo. Al termine della raccolta di conoscenze ci siamo ritrovati pronti ad affrontare anche la seconda parte del lavoro.

Intervento 15, la tecnica della finestrella in bianco e nero

L’orecchio, contrariamente all’occhio che nell’iride presenta molti colori, richiede l’utilizzo di una gamma cromatica più ristretta. È per questo che, prima di inoltrarci nella nuova produzione di disegni, abbiamo lavorato ancora con la “tecnica della finestrella” (allegato 1.6), dapprima solo con la matita in grafite HB / B e in seguito con le matite colorate. L’esercizio è servito a rendere gli allievi consapevoli della quantità di zone d’ombra e chiaroscuro dell’orecchio esterno. Durante l’esercitazione gli alunni avevano a disposizione la matita, un righello e la gomma pane (che ha permesso di dare luce a determinate zone).

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22 Intervento 16, la tecnica della finestrella a colori

Ho ripreso la “tecnica della finestrella” ma questa volta a colori (allegato 1.6). Anche qui, come nelle esercitazioni precedenti, a un momento di lavoro individuale di sperimentazione ne è seguito uno di istituzionalizzazione e quindi uno di ripresa del disegno e conclusione dello stesso.

Interventi precedenti la conclusione del lapbook

Ciascun argomento scientifico è stato affrontato, dal punto di vista grafico-pittorico, con la stessa modalità: raccolta concezione iniziale, lavoro con la tecnica della finestrella (allenamento e realizzazione), lavoro di osservazione a partire da illustrazioni / tavole scientifiche / fotografie / ecc., riflessione di classe in merito alla tecnica appresa e realizzazione del nuovo capitolo del lapbook. Ogni capitolo ha richiesto le seguenti attività: suddivisione dei compiti a grande gruppo, momenti di valutazione d’insieme, apporto di regolazioni, didascalie (bozze e stesure finali), discussioni concernenti lo svolgimento del lavoro affrontato di volta in volta, compilazione del questionario personale, ecc.).

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Metodologia e strumenti per l’analisi degli interventi

Modalità di ricerca

Nel corso di questo lavoro di ricerca la raccolta dati è stata di tipo qualitativo, viste anche le particolarità del progetto da me elaborato. La metodologia consiste nell’indagine approfondita di aspetti legati alla raffigurazione, da parte degli alunni, di oggetti della realtà.

Si tratta in parte anche di una ricerca-azione, considerato il ruolo centrale ricoperto dagli studenti nel ricercare, tramite collaborazioni, risposte idonee al soddisfacimento di problemi / esigenze specifiche. Colui che conduce l’indagine si basa sull’osservazione dei fatti (è una ricerca empirica secondo L. Ricolfi perché l’osservazione sarà la prova della realtà e il ricercatore opera direttamente sul contesto interagendo con il campione di riferimento). La mia ricerca ha dato importanza ai bisogni dei bambini mettendo le loro peculiarità al centro dell’indagine.

Metodologia di lavoro e strumenti di raccolta dati

Per la rilevazione dei dati mi sono basata principalmente su due strumenti: le raccolte concezioni (poste nei momenti antecedenti alla tematica che si voleva andare ad affrontare) e il questionario personale conclusivo (uno strumento che mi ha permesso di confrontare i singoli allievi con le loro produzioni iniziali e finali).

Qui di seguito illustrerò brevemente le caratteristiche dei due strumenti di raccolta dati e la motivazione per la quale ho deciso di attivarmi in questo modo.

Le raccolte concezioni

Le raccolte sono state di due differenti tipologie, qui di seguito le illustro nell’ordine in cui sono state proposte agli allievi nel corso del progetto (quelle svolte prima di cominciare un nuovo argomento e quella svolta al termine del percorso, una volta affrontati tutti e cinque i sensi).

Per entrambe le tipologie di raccolte gli allievi non avevano a disposizione altro al di fuori di materiali “artistici” (colori di vario tipo, righello, compasso e via dicendo).

Il tempo di esecuzione nei due casi è stato differente (visto anche lo spazio a disposizione per l’inserimento della risposta e il periodo dell’anno in cui facevo la richiesta, inizio e fine anno); nel caso

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della prima raccolta, quindi, per le singole compilature dei riquadri, è stato di quindici minuti, invece per la seconda raccolta la classe poteva lavorare fino a un’unità didattica di tempo.

Le raccolte concezioni prima di inoltrarsi lungo una nuova tematica.

Come spiegato nel capitolo “descrizione interventi pedagogico-didattici e disciplinari” (p. 20), le raccolte concezioni3 prima dell’introduzione alla tematica, per non rischiare di influenzare le rappresentazioni dei bambini, sono state presentate ai bambini ogni qual volta si trattava di iniziare un nuovo senso; questo per permettere a me docente di verificare le conoscenze dei bambini in entrata e per consentire un primo approccio degli allievi con l’argomento che avremmo trattato di lì a breve.

La scheda che avrebbe raccolto i saperi dei singoli era stata da me suddivisa in quattro riquadri.

Nel primo riquadro chiedevo all’alunno di inserire “quello che si ricordava” (nel caso in cui avesse già avuto modo di trattare la tematica, superficialmente o nel dettaglio, in un contesto extrascolastico o non), o “quello che sapeva” a proposito della vista. Le altre tre parti della scheda erano suddivise nello stesso modo ma ciascuna con l’interrogativo relativo al nuovo senso.

Appositamente avevo scelto di non predisporre dei quadretti o delle righe nello spazio di risposta ma lasciarlo vuoto (in bianco quindi) per non suggerire all’allievo una risposta scritta. Lo spazio bianco si prefiggeva per l’appunto lo scopo di lasciare libertà di scelta al bambino sulla modalità di restituzione del compito assegnato.

Ritengo opportuno aprire qui un breve inciso sulla mia volontà, fin dai primi interventi, di rompere il contratto didattico esistente fra docente e allievo.

Il contratto didattico, secondo la Teoria delle situazioni didattiche (Brousseau, 1986), mette al centro le aspettative (spesso implicite) che una data situazione didattica può provocare nel docente, così come negli allievi. D’Amore riporta l’affermazione di Brousseau a questo proposito: “In una situazione

d’insegnamento l’accesso a un compito si fa attraverso un’interpretazione delle domande poste, delle informazioni fornite, degli obblighi imposti che sono costanti nel modo di insegnare del maestro. Queste abitudini del maestro attese dall’allievo e i comportamenti dell’allievo attesi dal docente costituiscono il contratto didattico.” (D’Amore, 2006, p. 1).

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Il mio intento nel corso di tutto l’itinerario è stato quello di non forzare gli allievi a esprimere su carta, tramite scrittura, le loro conoscenze, bensì di lasciare che fossero i bambini stessi a scegliere la modalità espressiva che meglio avrebbe fatto al caso loro (che si trattasse di scrivere, disegnare o le due assieme). Come allievi si è abituati a interpretare la presenza di “righe” o “quadretti” su un foglio come la richiesta, da parte del docente, di fornire una risposta scritta secondo il codice alfanumerico e, viceversa, interpretare la presenza di uno spazio bianco su un foglio da disegno come la richiesta (implicita) di schizzare qualcosa.

È per questo che si riconosce al contratto didattico un ruolo centrale e per nulla trascurabile nell’apprendimento degli allievi. È auspicabile che come docenti ci si interroghi, nel momento in cui vi è l’intenzionalità di proporre un’attività da svolgere in classe, su cosa gli allievi si aspettano di dover fare e, specialmente, si presti attenzione ai comportamenti individuali affinché si possano riconoscere atteggiamenti del tipo: “come mi devo comportare / cosa devo fare per soddisfare la richiesta del maestro?”. È altresì utile essere chiari con gli allievi su quali siano le modalità di lavoro che si vogliono adottare (da entrambe le parti) nel corso di un progetto e quali le aspettative di fronte a determinati compiti; in sostanza, è doveroso affrontare in sede di discussione con la classe il tema delle aspettative attese. È in quest’ottica che ho progettato la serie dei miei interventi, così da mettere il più possibile al centro l’allievo e le sue conoscenze, senza che nella risoluzione dei compiti la mia presenza di docente influisse troppo sulla risposta data dai bambini.

La scheda della raccolta concezioni era sempre la medesima (questo anche per favorire una continuità del lavoro, facilmente accessibile per la raccolta dei dati in un secondo momento) e, di volta in volta, si provvedeva a riempire il nuovo riquadro tematico. Ho deciso di procedere in questo modo per mostrare agli allievi che la scheda non veniva da me corretta (quindi valutata) ma che erano loro stessi a costruire le basi del loro percorso.

Al termine di ciascuna compilazione prevedevo un momento di messa in comune, dove i bambini avevano modo di presentare al resto della classe quello che si erano segnati sulla scheda in merito al determinato senso. Dopo ogni fase di messa in comune, lasciavo che la scheda fosse conservata in classe dagli allievi (ancora una volta per non esternare miei atteggiamenti giudicanti di fronte alle loro conoscenze, ancora in divenire). Ho notato con piacere che intervenivano nella discussione in maniera costruttiva, con la voglia di scoprire cose nuove e proseguire nel “percorso lapbook” per arricchire il loro bagaglio di conoscenze. Allieva E., nel corso di uno dei momenti di discussione con il vicino di banco: “Ma magari dopo è vero che è fatto così per davvero con questa forma o forse anche no (riferendosi a un compagno che commentava l’occhio che aveva disegnato) ma poi lo vedo quando lo

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