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Progetto di un piccolo insediamento a Murano realizzato con tecnologie a basso impatto ambientale

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

PROGETTO DI UN PICCOLO INSEDIAMENTO A MURANO REALIZZATO CON TECNOLOGIE A BASSO IMPATTO AMBIENTALE

Scuola di Ingegneria

Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Edile- Architettura

a.a. 2017/2018 Laureanda: Elena Sulis Sato

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SOMMARIO

Introduzione ... 1

ARCHITETTURA INTESA COME PROCESSO CIRCOLARE ... 3

Verso un nuovo modello di economia ... 3

La crisi del modello lineare ... 3

Cos’è l’economia circolare ... 5

Come ottenere il vantaggio circolare ... 7

I cinque nuovi modelli di business per una crescita circolare ... 8

La scelta dei materiali da costruzione nel progetto ... 12

La situazione normativa ... 13

Park 20|20 ad Amsterdam, primo progetto di quartiere dalla culla alla culla ... 17

La certificazione Cradle to Cradle ... 19

I rifiuti come risorsa per il progetto sostenibile ... 33

Upcycling in architettura ... 33

DfD: Design for Disassembly ... 33

Tecnologia costruttiva stratificata a secco ... 33

LA SCELTA DELL’ALLUMINIO COME MATERIALE PER UN’EDILIZIA SOSTENIBILE ... 35

Dalla culla alla culla, il ciclo infinito dell’alluminio ... 36

(3)

Lavorazione ... 37

Processi di finitura ... 37

Raccolta del materiale a fine vita ... 38

Riciclo ... 39

Costruire in alluminio: da Toyo Ito a Kieran e Timberlake ... 42

Gli elementi costitutivi del sistema in alluminio di Kieran e Timberlake, analisi della Loblolly House ... 53

Fabbricazione e modellazione parametrica ... 53

Il telaio ... 54

Elementi preassemblati: solai e pareti verticali ... 60

Blocchi ... 63

PROGETTO DI UN NUCLEO RESIDENZIALE A MURANO ... 64

La Laguna Veneta e il sistema edilizio ... 64

L’intervento di De Carlo a Mazzorbo ... 79

La morfologia del nucleo realizzato ... 79

Le unità e le loro associazioni ... 80

Tradizione e innovazione ... 83

Il tessuto del progetto ... 85

I colori ... 87

Il luogo del progetto, il quartiere di San Mattia a Murano ... 88

Dati storico-morfologici ... 89

Gli interventi adiacenti precedenti di edilizia residenziale pubblica ... 90

 L'intervento comunale ... 94

Soluzione progettuale SAN MATTIA ... 98

(4)

Elementi generatori del tessuto urbano ... 102

Le unità abitative ... 106

Struttura e materiali ... 110

Conclusioni ... 116

Bibliografia ... 117

Indice delle immagini ... 120

(5)

1

INTRODUZIONE

La presente tesi si pone l’obiettivo di indagare le possibilità di

applicazione di concetti legati alla sostenibilità ambientale in termini di

soluzioni e tecnologie costruttive innovative.

In anni di studio nella mia formazione, attraverso molteplici fonti, si

sono sedimentati i concetti di “economia circolare”, “bioedilizia”, “riciclo”,

“upcycling” (riuso creativo). Sono concetti ormai divenuti un “must”

nell’architettura contemporanea che comincia a proporne esempi anche in

Italia. A questi concetti mi sono ispirata nel mio progetto, e nelle pagine che

seguono cerco di analizzare il concretizzarsi di essi nella pratica delle tecniche

di costruzione e nella scelta di produttori e fornitori per il reperimento dei

materiali sul mercato, soffermandomi particolarmente su idee guida, normative

e certificazioni innovative, progetti modello realizzati.

Oggi più che in passato si sente l’esigenza di progettare in maniera

attenta tenendo conto di alcuni fattori chiave: la salubrità dei materiali, il

reperimento delle risorse e la gestione degli scarti. Assistiamo infatti da un lato

alla crescente scarsità di risorse soprattutto in termini di materie prime, con

conseguente aumento del costo delle stesse, dall’altro all’ingigantirsi del

problema della gestione dei rifiuti. Attualmente in Italia, nonostante la

legislazione in materia, la forma più comune di eliminazione dei rifiuti è la

discarica. Gli spazi che è possibile destinare alle discariche diventano sempre

più esigui; e man mano che la protezione dell’ambiente a livello normativo si fa

più stringente i costi legati al conferimento in discarica si fanno più rilevanti.

Inoltre, in particolar modo nel caso dei materiali dannosi per l’ambiente, come

molti dei rifiuti legati al settore delle costruzioni e demolizioni, lo

smaltimento in discarica non rappresenta una soluzione a causa

dell’impossibilità in molti casi di ricorrere alla termodistruzione e ai grandi

costi relativi all’eliminazione delle sostanze nocive. L’utilizzo del riciclaggio

consente quindi di ridurre la massa di rifiuti e di recuperare parte del valore dei

(6)

2

materiali. È per questo che già in fase di progetto e produzione molte aziende

stanno sviluppando materiali che possano essere riciclati al’infinito e che siano

costituiti in tutto o in parte da materie prime seconde.

Il futuro del settore delle costruzioni passa quindi per l’innovazione

tecnologica e ambientale. Attraverso la chiave della cosiddetta “economia

circolare” diventa infatti oggi possibile guardare in modo nuovo al rilancio del

settore (anche per farlo uscire da una crisi che va avanti da dieci anni),

riducendo l’impatto degli interventi e spingendo il riciclo di materiali. Il dato

importante è che non si tratta di sogni ambientalisti ma di prospettive

chiaramente scritte nelle direttive europee e realizzate in cantieri di opere

pubbliche in Italia e all’estero, che dimostrano la concreta possibilità di ridurre

l’impatto sugli ecosistemi e di spingere, al contempo, la creazione di lavoro e di

ricerca applicata.

(7)

3

1

ARCHITETTURA INTESA COME PROCESSO

CIRCOLARE

VERSO UN NUOVO MODELLO DI ECONOMIA

La maggior parte dei prodotti che utilizziamo nella nostra vita

quotidiana sono stati fabbricati con materiali di valore la cui estrazione e

lavorazione ha richiesto un gran dispendio di energia e denaro. A fine vita, la

maggior parte di questi beni viene ammucchiata indistintamente in una

discarica, dove tutto il suo valore viene annullato. Le risorse vengono estratte,

trasformate in prodotti, vendute e infine eliminate, sepolte in qualche genere

di “tomba”, di solito una discarica o un inceneritore.

Scrivono William Mc Donough e Michael Braungart:

‹‹ Vi definiscono consumatori, ma in fondo consumate davvero poco. Un po’ di

cibo, un po’ di liquidi. Tutto resto è prodotto perché lo gettiate via quando

non vi serve più. Ma “via” dove? In realtà questo “via” non esiste.››

1

Il modello economico dominante, a partire dalla rivoluzione

industriale, è un modello di tipo “lineare”.

La crisi del modello lineare

Economia lineare è un’espressione che descrive l’attuale modello di

crescita economica, espressione in cui il termine “lineare” è riferito al flusso

“dalla culla alla tomba” seguito dalla maggior parte delle risorse naturali

1 WilliamMCDONOUGH,MichaelBRAUNGART,Dalla culla alla culla, Come

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4

(chiamato anche “prendere-produrre-buttare”)

2

. Questo flusso lineare è la

conseguenza dell’offerta storicamente conveniente e abbondante di risorse, che

ha portato le imprese e le nazioni leader a concentrarsi sulla fornitura ai clienti

di un volume sempre più elevato di beni. Nel modello lineare, l’impatto

ambientale è per lo più ignorato e gli incentivi a ridurre al minimo gli scarti

durante l’utilizzo del prodotto e a cercare di riciclarlo alla conclusione della sua

vita sono deboli. Si presta poca attenzione al fatto che i prodotti scartati siano

messi nuovamente in uso o reinseriti in un processo produttivo come materie

prime.

Il modello di crescita espresso dal sistema economico e quindi dalla

maggior parte delle aziende a partire dalla rivoluzione industriale è basato

sull’uso indiscriminato di risorse non rinnovabili. Secondo l’International

Resource Panel dell’ONU “La rapida crescita urbana e industriale negli ultimi

decenni ha messo enormemente sotto pressione le risorse naturali del pianeta;

creando minacce legate alla carenza di risorse, all’inflazione dei prezzi e a

ecosistemi degradati”

3

.

In una prospettiva di abbondanza di risorse l’impatto sull’ambiente non

è visto come un grande problema dalle aziende, le quali possono continuare a

seguire l’approccio “lineare”, traendo un ottimo profitto. I clienti, a loro volta,

usano e gettano questi prodotti quando hanno svolto la loro funzione.

Tra il 1980 e il 2000, anni in cui la riflessione sul devastante impatto antropico sull’ecosistema era già diffusa, la domanda di risorse non rinnovabili come i combustibili fossili, i metalli e i minerali è aumentata del 50 per cento. L’incremento più elevato, del 75 per cento, era relativo ai minerali per l’edilizia, poiché le economie emergenti avevano intensificato gli investimenti nelle infrastrutture e negli edifici. Nei quattordici anni successivi, dal 2000 al 2014, nonostante la crisi economica in occidente, la domanda di risorse non rinnovabili ha subito un ulteriore incremento

2 PeterLACY,JacobRUTQVIST,BeatriceLAMONICA, Circular Economy. Dallo spreco

al valore, Egea, Milano 2016.

3 UNEP, “Responsible Resource Management for a Sustainable World: Findings from the

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5 dell’80 per cento, spinto per lo più dalla crescita della Cina. Le stime sul momento nel quale le risorse si esauriranno sono notoriamente incerte. Oggi però molti esperti pensano che le commodities fondamentali, cruciali ai fini della crescita economica moderna – gas petrolio, rame, cobalto, litio, argento,piombo e stagno – rischiano di esaurirsi fra 50-100 anni. Anche se nuove tecnologie di estrazione, vedi shale oil & gas per quanto riguarda i combustibili fossili, potrebbero incrementare le riserve, il calo dei livelli di concentrazione delle materie prime dei minerali grezzi e l’incremento dei costi di estrazione complicheranno gravemente l’impiego delle risorse, rallentando o bloccando la crescita economica e devastando l’ambiente.

Altro punto da considerare è che la domanda globale di acqua aumenterà del 55 per cento tra il 2000 e il 2050, anno nel quale oltre il 40 per cento della popolazione mondiale vivrà in zone afflitte da una grave carenza d’acqua. In molte aree del mondo l’acqua di falda è sempre più inquinata e va progressivamente esaurendosi.

Infine è da considerare anche la crisi dettata dal superamento dei limiti planetari fondamentali. Il riscaldamento planetario dovuto all’incremento dei gas serra, il calo complessivo della biodiversità, minacciano i “serbatoi di assorbimento planetari”.

Ad aggravare queste crisi interviene l’enorme volume di rifiuti generati dal modello lineare: un totale di 11 miliardi di tonnellate nel mondo. Solo il 25 per cento viene recuperato e reinserito nel sistema produttivo.

Cos’è l’economia circolare

Economia circolare è un’espressione che descrive in modo ampio

un’economia nella quale la crescita è sganciata dall’impiego di risorse esigue.

Questo modello, se ben concepito, può essere rigenerante. I materiali usati

sono di due tipi: biologici (rinnovabili), progettati per essere riutilizzati e

rientrare alla fine del loro ciclo di vita nella biosfera; tecnici (non rinnovabili),

progettati per passare ciclicamente dalla produzione al consumo con una

perdita minima di qualità o di valore. Le imprese che operano in un’economia

circolare mirano soprattutto a creare valore facendo leva sulla gestione delle

risorse all’interno dei mercati, invece che unicamente nella fase produttiva. In

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6

ultima analisi, la circular economy dà vita a catene del valore zero sprechi,

alimentate da energia rigenerativa (rinnovabile), e le risorse naturali sono usate

nell’ambito di circuiti connessi invece di essere consumate e scartate in base a

flussi lineari.

Il vantaggio circolare è il vantaggio competitivo conseguito dalle

imprese che adottano i principi della circular economy come elemento

fondamentale delle loro strategie di crescita. Sganciando la crescita

dall’impiego di risorse esigue, le imprese si tutelano nei confronti

dell’incremento e della volatilità dei prezzi delle commodities, diventano più

resistenti a brusche alterazioni dell’offerta e riducono la propria impronta

ambientale. Ottengono inoltre l’accesso a una gamma di strumenti atti ad

affinare la value proposition core per il cliente, poiché la loro catena del valore a

questo punto si estende al di là della progettazione, della produzione e della

vendita fino a includere l’utilizzo e il ritiro del prodotto – cioè le fasi nelle quali

viene creata la maggior parte del valore e della comodità per il cliente.

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7

Come ottenere il vantaggio circolare

Fra le principali strategie per ottenere il vantaggio circolare si possono citare le seguenti:

 Eliminazione spreco di risorse: introduzione di energia rinnovabile combustibili, prodotti chimici e materie prime organiche nei processi.

 Eliminazione di spreco di capacità: incrementare condivisione, comproprietà, co-utilizzo e altre forme di messa in comune delle risorse.

 Eliminazione di spreco di componenti di valore: incrementare riciclo, upcycling, recupero di componenti e di energia.

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8  Eliminazione di spreco di cicli di vita : promuovere a rimettere sul mercato, rigenerare, ricondizionare prodotti e risorse, fin dalla fase di produzione, affinché possano durare.

In edilizia ad esempio si possono portare avanti pratiche come il riciclo di materiali da costruzione come l’asfalto, il cemento e il cartongesso; il riutilizzo degli scarti da opere di costruzione e demolizione, nonché da altri settori, per creare nuovi materiali da costruzione; la progettazione di edifici modulari; l’affitto degli spazi inutilizzati, l’integrazione della raccolta di energia e di acqua; la creazione delle condizioni per il co-utilizzo di attrezzature, e il trasporto delle infrastrutture di impianto per esempio a gestione condivisa. Le filiere circolari idealmente non sono solo rigenerative ma anche intrinsecamente positive e non tossiche.

I cinque nuovi modelli di business per una crescita circolare

 Filiera Circolare

È un modello che offre l’accesso a input pienamente rinnovabili, riciclabili o biodegradabili in sostituzione di quelli lineari. Un esempio: l’energia rinnovabile è una risorsa essenziale come input per la catena del valore circolare di quasi tutti i prodotti, in sostituzione dell’energia non rinnovabile. I materiali di natura biologica come i prodotti biochimici o le bioplastiche, detti anche “nutrienti biologici”, possono sostituire gli input tossici e non rinnovabili e dopo l’utilizzo si degradano in tutta sicurezza in un ambiente naturale. Gli input riciclabili come i metalli e i minerali, detti anche “nutrienti sintetici”, possono essere riciclati e riutilizzati all’infinito fintantoché la catena di recupero rimane funzionale, non esiste alcuna perdita di risorse lungo la catena del valore e la risorsa non è contaminata.

 Recupero e Riciclo

Alla base di questo modello vi è la ricerca di salvaguardare, recuperare e riutilizzare le fonti nascoste negli output produttivi e nei prodotti scartati. Grazie a questo modello l’impresa cerca il valore non solo quando considera i suoi prodotti finali, ma in tutti i flussi di materiali che attraversano le proprie attività. In altre parole, tutti i sottoprodotti e i flussi degli scarti vengono ottimizzati per massimizzarne il potenziale in termini di ricavi. Le imprese oggi stanno producendo grosse quantità di rifiuti, ma stanno anche pagando a caro prezzo il privilegio di

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9 poterli gettare. È possibile che stiano buttando via un flusso di ricavi profittevole sotto forma di materiali che, rilavorati, potrebbero rappresentare un valore per altre imprese. Si possono distinguere due varianti del modello Recupero e Riciclo:

1. Recupero di prodotti giunti alla fine della loro vita utile, con l’obiettivo di riappropriarsi del loro valore in cicli chiusi (prodotti della stessa impresa) o aperti( prodotti di qualunque impresa).

2. Recupero di scarti e sottoprodotti del processo produttivo e delle operations dell’impresa stessa con l’obiettivo di riappropriarsi del loro valore.

1

– Recycling: significa ricomporre i prodotti fino ad arrivare alle materie

prime (che si chiameranno materie prime seconde) allo scopo di recuperarle.

Questa procedura però contiene diversi tipi di svantaggi: distrugge la maggior

parte della manodopera investita nella progettazione e nello sviluppo del

prodotto, può richiedere una consistente quantità di energia e risorse (che si

traduce in emissione di CO2), infine non sempre è possibile attuare il processo

all’infinito, poiché il prodotto riciclato può in molti casi essere di qualità

inferiore del prodotto nuovo (un esempio è il ciclo di vita della carta, non

riciclabile all’infinito).

2

– Upcycling: significa trasformare un rifiuto in un nuovo oggetto, ovvero

dare una nuova vita a un prodotto che è giunto alla fine del proprio ciclo di

vita, assegnandogli una nuova funzione diversa da quella originale. Va distinto

dal termine recycling, che descrive invece un processo di trasformazione

industriale del rifiuto.

 Estensione della Vita del Prodotto

Questo modello di business allunga il ciclo di vita utile generando fatturato attraverso la longevità invece che attraverso il volume. In questo modello si attribuisce più valore a caratteristiche dei prodotti come la capacità di durare, la qualità e la funzionalità: quanto più a lungo e quanto più intensivamente viene usato un prodotto, tanto meglio è per l’impresa che lo fornisce. Esistono molti modi di estendere la vita utile di un prodotto per generare, tra l’altro flussi di ricavi aggiuntivi. Si possono

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10 individuare 5 attività principali che permettono a un’impresa di accrescere il valore e l’utilità dei prodotti che storicamente sarebbero stati scartati, insieme all’eventuale valore residuo che contengono:

1. Costruire per la lunga durata:creare prodotti di alta qualità con un’estrema capacità di durare; scegliere come target i clienti disposti a pagare prezzi più elevati o quelli che accedono al prodotto che dura di più attraverso modelli di ricavo alternativi come il pay per service.

2. Ricondizionare: riportare i prodotti usati al loro stato originale; scegliere come target i clienti che sono sensibili ai prezzi e non hanno problemi ad acquistare prodotti come “nuovi”, spesso venduti con offerte simili a quelli nuovi in termini di garanzia e di assistenza; oppure rigenerare, attività che richiede di realizzare nuovamente il prodotto in un contesto di tipo industriale;

a. Ritirare/scambiare/ricomprare per rimettere sul mercato: ritirare prodotti venduti in passato per scambiarli o rivenderli, una pratica chiamata anche “reCommerce”; scegliere come target i clienti in cerca di un “buon affare”. Questa attività tipicamente è gestita da imprese specializzate invece che dai produttori e rivenditori primari, anche se i fornitori primari sono sempre più interessati ad attingere ai mercati di seconda, terza e quarta mano e a integrare la rivendita nella loro gamma di prodotti;

3. Aggiornare: aggiungere nuove caratteristiche, funzionalità o dettagli di moda invece di sostituire il prodotto principale; scegliere come target i clienti più interessati a consumare contenuti, funzioni e stile che i prodotti stessi;

4. Riempire di nuovo: ripristinare una funzione d’uso che si esaurisce più rapidamente del prodotto stesso, come nel caso degli imballaggi riutilizzabili; scegliere come target i segmenti presso i quali la domanda reale si indirizza a un prodotto usa e getta e a cui non interessa il “contenitore” fisico;

5. Riparare: aggiustare un prodotto rotto; scegliere come target i clienti soddisfatti dalle prestazioni del prodotto e poco interessati a sostituire un determinato articolo.

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11 Il modello si basa sulla messa in comune degli asset inutilizzati. Agevola il noleggio, la condivisione, lo scambio, il prestito, la donazione o il baratto di risorse.

 Prodotto come Servizio

È un modello che dà la priorità alle prestazioni rispetto alla proprietà. A differenza del modello di business Piattaforma di Condivisione, le imprese che si avvalgono del modello Prodotto come Servizio mantengono la proprietà del prodotto e lo offrono a uno o più clienti nell’ambito del cosiddetto “product service system. Le imprese offrono materiale e i servizi necessari per mantenerlo in uso attraverso le fasi di progettazione, utilizzo, manutenzione, riutilizzo, rigenerazione e riciclo. Il modello di business Prodotto come Servizio può assumere diverse forme:

1. Pay-for-use: i clienti acquistano un output invece di un prodotto e pagano sulla base di indicatori d’uso come i chilometri percorsi, le ore di utilizzo, le pagine stampate o i dati trasferiti;

2. Affitto: i clienti acquistano il diritto contrattuale a usare un prodotto per un periodo di tempi più lungo, tipicamente associato a diritti di accesso esclusivo e individuale;

3. Noleggio: i clienti acquistano il diritto a usare un prodotto per un breve periodo di tempo, tipicamente meno di trenta giorni. Un sistema a noleggio in genere è più flessibile di un contratto di affitto ed è possibile che non preveda l’accesso illimitato da parte del cliente;

4. Accordo basato sulle prestazioni: i clienti acquistano un servizio e un livello qualitativo prefissati e l’impresa si prende l’impegno di a garantire un risultato specifico. Per esempio può trattarsi di una “strada pulita e sgombra dalla neve”, un “clima sano all’interno dell’abitazione” o una “via cittadina ben illuminata”.

Come si traducono i concetti appena espressi parlando più specificatamente di architettura ed edilizia?

L’edilizia è uno dei settori che più si presta all’applicazione dei modelli di business circolari, in particolare dei modelli Filiera Circolare, Recupero e Riciclo, Estensione della Vita del Prodotto.

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LA SCELTA DEI MATERIALI DA COSTRUZIONE NEL

PROGETTO

Punto di partenza per poter applicare un modello di tipo circolare è sicuramente una progettazione che sia consapevole prima di tutto del ciclo di vita delle costruzioni e dei materiali che le compongono. Consapevolezza vuol dire conoscere il completo processo produttivo dei materiali che si andranno a scegliere, tenendo conto delle emissioni e dell’impatto ambientale complessivo coinvolto. Non è infatti detto che un materiale proveniente da riciclo sia in ogni caso definibile come “ecologico”, infatti molto spesso per riciclare si impiegano quantità di energia e di acqua tali da annullare o comunque ridurre drasticamente il livello di ecosostenibilità dell’intero processo.

Particolare attenzione merita la definizione di criteri che permettano di selezionare i materiali in maniera metodica e consapevole. Sicuramente particolare attenzione va posta ai seguenti punti:

Caratteristiche innovative di un prodotto, in cui si racchiudono informazioni sulle voci di capitolato e sull’identità del materiale stesso, quali ad esempio la resistenza, la conducibilità, la trasmittanza;

Trasformazione del processo produttivo, per comprendere la realizzazione di un prodotto, la filiera e il ciclo di vita del materiale e, se presente, la capacita della gestione del riciclo del prodotto da parte del produttore;

Caratteristiche ambientali, ovvero i parametri di lettura di un materiale che ci restituiscono la sua riciclabilità e il suo riuso;

• Certificazioni (tra Marcatura CE, ICEA, ANAB; marchi e enti certificatori sulla qualità del prodotto LEED; Norme UNI, Sistemi di gestione ambientale ISO 14001, Dichiarazione Ambientale EPD, PEFC e FSC (per il legno), BREEAM, CasaClima, Certificazioneignifuga EUROCLASSE, EMAS).

Chiarire queste informazioni è fondamentale per rendere credibile l’intero processo di miglioramento delle prestazioni ambientali dei materiali, perché siano

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13 leggibili e comparabili, e perfino utilizzabili come riferimenti per premialità e obblighi nei capitolati, regolamenti edilizi e nelle normative.

Attualmente non risulta più così difficile poter fare una selezione in base a questi criteri, poiché abbiamo a portata di mano una gran mole di informazioni. È così possibile fare proprio un approccio incentrato sulla sostenibilità ambientale nel settore delle costruzioni, che produca anche risparmi economici complessivi, per il ridotto uso di materia e energia. Tutto ciò che viene ora investito in innovazione consentirà in futuro di abbattere i costi di intervento e di lavorare su riqualificazioni meno invasive.

Questa prospettiva di innovazione necessita di chiari indirizzi normativi per accompagnare e accelerare i cambiamenti negli interventi in edilizia.

La situazione normativa

Attualmente la situazione è in veloce trasformazione in ambito europeo dove questa è già stata avviata da qualche anno. Un esempio è la Direttiva 31/2010, recepita con notevole ritardo in Italia, che rispetto all’energia individua una chiara traiettoria di cambiamento per il settore delle costruzioni. Dal 1° gennaio 2019 infatti tutti i nuovi edifici pubblici dell’ Unione Europea (scuole, sedi comunali, biblioteche ecc..), e dal 1° gennaio 2021 tutti quelli nuovi privati, dovranno essere “near zero energy”.

Ci troviamo quindi in una fase di transizione verso un cambiamento totale di paradigma nel campo delle costruzioni.

Di notevole importanza sono anche le direttive sul riutilizzo e riciclo dei materiali provenienti da costruzione e demolizione (C&D). La Direttiva 2008/98/CE individua chiaramente l’obiettivo, ovvero 70% di utilizzo di materiali da riciclo al 2020, e la necessità di accompagnare nei diversi Paesi attraverso specifici provvedimenti il target. Inoltre a livello europeo sono stati introdotti dei criteri per il Green Public Procurement, ossia le gare per l’acquisto di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, che rappresentano dei riferimenti imprescindibili per chiarire l’applicazione degli obiettivi ambientali e del ciclo di vita di materiali e interventi. Infine un campo di regolazione importante sarà in futuro sempre più quello dell’etichettatura di materiali naturali, locali o provenienti dal riciclo, che a

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14 livello europeo ha come riferimento la Marcatura CE dei prodotti e il Regolamento UE 305/2011.

È in particolare sul tema del riciclo che risulta importante approfondire la situazione in Italia, anche alla luce di diversi recenti provvedimenti. La Direttiva 2008/98 è infatti stata recepita con il Decreto Legislativo 205/2010, ma rimangono da affrontare diversi aspetti che dovrebbero accelerare la spinta all’utilizzo di materiali e aggregati riciclati. Inoltre nel Collegato Ambientale (Legge 221/2015), all’articolo 34, sono previste modifiche al codice dei contratti pubblici per chiarire gli obblighi per le stazioni appaltanti in materia di sostenibilità energetica e ambientale, attraverso la definizione di criteri ambientali minimi, anche in materia di “affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici e per la gestione dei cantieri della pubblica amministrazione”. Dovranno essere decreti del Ministero dell’Ambiente a definire i criteri e l’aumento progressivo del valore a base d’asta. Allo stesso modo nel Codice degli appalti (D.lgs 50/2016, articoli 17-19) sono state introdotte disposizioni per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali e agevolare il ricorso agli appalti verdi, da adottare sempre con decreti del Ministero dell’Ambiente, attraverso la valutazione dei costi del ciclo di vita, inclusa la fase di smaltimento e recupero e l’introduzione di criteri ambientali minimi negli appalti pubblici.

I primi Criteri Ambientali Minimi sono stati introdotti con Decreto del Ministero dell’Ambiente (24 Dicembre 2015) per l’affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici e per la gestione dei cantieri della pubblica amministrazione. Nel Decreto vengono illustrate le specifiche tecniche dei componenti edilizi come calcestruzzi, laterizi, prodotti in legno, di cui vengono ad esempio specificate le quantità che bisogna riciclare. I criteri inseriti nel documento si suddividono in criteri ambientali di base e criteri ambientali premiali. Ad esempio per i calcestruzzi e relativi materiali componenti confezionati in cantiere, preconfezionati e prefabbricati è previsto un contenuto minimo di materia riciclata di almeno il 5% in peso, come somma delle percentuali di materia riciclata contenuta nei singoli componenti (cemento, aggiunte, aggregati, additivi), compatibilmente con i limiti imposti dalle specifiche norme tecniche. Stessa richiesta del 5% in peso per il gesso destinato per la posa in opera delle tamponature, tramezzature e controsoffitti. Per i laterizi è previsto invece un

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15 contenuto minimo di materia riciclata di almeno il 10% in peso per le murature e i solai, mentre per coperture, pavimenti e muratura faccia vista è previsto il 5% in peso.

Gli isolanti devono contenere quantità minime di materiale riciclato misurato sul peso del prodotto finito percentuali in base alla tipologia e alla forma. Per quanto riguarda i rivestimenti e i pavimenti, sia per interni che per esterni, come per pitture e vernici i riferimenti sono i criteri ecologici e prestazionali previsti dalle norme europee relative all’assegnazione del marchio comunitario di qualità ecologica, vale a dire marchio ECOLABEL, ISO14024 - 14021. È previsto inoltre l’obbligo di un piano di gestione dei rifiuti prodotti in fase di progetto, in cui almeno il 70% dei materiali sia avviato a recupero. Il documento specifica che un appalto può essere definito “verde” dalla PA se include almeno i criteri di base. Le stazioni appaltanti sono invitate ad utilizzare anche i criteri premiali quando aggiudicano la gara con il criterio dell’offerta economicamente piu vantaggiosa.

In parallelo con la legislazione nazionale, in alcune aree del Paese si sono introdotti provvedimenti che puntano a promuovere l’utilizzo di materiali riciclati nelle costruzioni. Si tratta di obblighi, linee guida, incentivi o semplici promozioni.

La Provincia Autonoma di Trento ha approvato un capitolato tecnico per l’utilizzo di riciclati nei lavori di manutenzione pubblica, con schede prodotto e elenco prezzi, e introdotto un Piano di smaltimento dei rifiuti inerti, nel quale e stata data priorità al recupero e riciclo. La Provincia ha inoltre reso obbligatori con una delibera del 2010 gli acquisti verdi includendo anche gli aggregati riciclati, per almeno il 30% del totale.

Con la Legge n.65 del 10 novembre 2014, emanata dalla Regione Toscana, i Comuni applicano incentivi economici mediante la riduzione degli oneri di urbanizzazione in misura crescente fino ad un massimo del 70%, a seconda dei livelli di risparmio energetico, di qualità ecocompatibile dei materiali e delle tecnologie costruttive utilizzate.

La Regione Veneto promuove invece l’utilizzo di materiali ecologicamente compatibili, sulla base di requisiti minimi di valutazione, fra i quali la riciclabilità globale, la loro natura di materie prime rinnovabili, il contenuto consumo energetico richiesto per l’estrazione, produzione, distribuzione e smaltimento.

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16 Anche i Comuni possono svolgere un ruolo nello spingere i materiali provenienti dal riciclo intervenendo sui regolamenti edilizi. Sono 566 i regolamenti edilizi comunali,secondo un Rapporto dell’osservatorio E-Lab, dove si obbliga e/o si promuove l’uso di materiali da costruzione locali, naturali e riciclabili, mentre in 63 Comuni vengono proposti incentivi per realizzare edifici con materiali naturali e riciclati. I materiali locali e naturali vengono promossi in 293 Comuni. A Lignano Sabbiadoro (UD), Baranzate (MI),Mercato San Severino (SA) e Castello Molina (TN) e nei Comuni della Bassa Romagna si richiede espressamente la riciclabilità dei materiali prodotti in seguito ad opere di demolizione.

Nel Comune di Schio (VI), in tutti gli edifici di nuova costruzione, nell’eventualità della loro demolizione, deve essere garantita la riciclabilità dell’intero involucro edilizio,escludendo gli impianti, per almeno l’80%, mediante l’uso di materiali da costruzione, rivestimenti, isolanti e finiture, documentati naturali e riciclabili.

Il Comune di Bologna incentiva, con ampliamenti di volumetria, il recupero e riutilizzo contestuale dei materiali inerti derivati dalle opere di costruzione e demolizione. Nel 2009, con la Delibera 106, e stato emanato il “Regolamento comunale per la gestione dei materiali naturali derivanti da attività di scavo e dei materiali inerti generati da attività di demolizione e costruzione”, che ha esplicitato le condizioni in base al le quali è ammesso il riutilizzo in sito al di fuori della disciplina ordinaria sui rifiuti, sia per le terre e rocce da scavo che per gli inerti da demolizione. Si tratta di una relazione contenente: la tipologia e le tecniche di produzione del materiale inerte, il cronoprogramma delle attività ed il layout di cantiere, la quantità dei materiali inerti da prodotti e riutilizzati, i tempi e le modalità del riutilizzo (con elaborati grafici), l’attestazione d’idoneità degli inerti da demolizione al riutilizzo e gli esiti degli accertamenti analitici (test di cessione). In seguito, con la modifica al Regolamento edilizio (RUE) del 2014, sono stati introdotti incentivi per la sostenibilità degli interventi edilizi, fissando livelli prestazionali migliorativi.

Per gli interventi diretti di demolizione e ricostruzione è previsto un ampliamento una tantum del volume totale esistente se si raggiungono contemporaneamente i livelli fissati dalle Schede Tecniche di Dettaglio (verifica di fattibilità tecnica, economica e ambientale dell’utilizzo di inerti da recupero di materiale da demolizione, o da riutilizzo in sito, in alternativa ai materiali prodotti da

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17 risorse non rinnovabili). Con un rapporto almeno del 15% tra il volume di inerti provenienti da impianti di recupero (o di riutilizzo in sito) ed il volume totale degli inerti, si ottiene un ampliamento pari al 10% del volume utile; con un rapporto che supera il 35% si può ottenere un ampliamento del 20% del volume totale4.

Park 20|20 ad Amsterdam, primo progetto di quartiere dalla culla alla

culla

Figura 1: Progetto del Park 20/20 ad Amsterdam.

Park 20|20 è il primo quartiere urbano commerciale dell’Olanda, interamente realizzato applicando il concetto Cradle to Cradle, dalla Culla alla Culla.

Il progetto è opera dell’architetto William McDonough, autore anche del celebre campus ultra sostenibile della NASA, che con il masterplan di Park 20|20, ha avuto modo di applicare in una grande realizzazione i principi espressi con chiarezza nel libro Dalla culla alla culla, Come conciliare tutela dell’ambiente, equità sociale e sviluppo (edito in Italia da Blu, 2003).

Situato a pochi chilometri da Amsterdam, Park 20|20 ha ricevuto diversi premi per la sua unicità e qualità, raggruppando al suo interno sei green building d’eccellenza, sede di alcuni colossi internazionali.

I sette edifici principali sono tutti progettati utilizzando materiali e sistemi certificati Cradle to Cradle, con tecnologie che semplificano gli interventi di manutenzione e lo smontaggio dei componenti.

4 Informazioni fornite dal rapporto dell’Osservatorio Recycle-Legambiente, edizione

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18 Tra gli edifici presenti si può citare la sede internazionale della FIFPro (FIFA Professional Football Players Association).

Figura 2, FIFPro, Amsterdam.

La facciata è interamente realizzata con vetro AGC e profili in alluminio certificati Cradle to Cradle. Negli interni i materiali sono stati tutti selezionati per la loro compatibilità con l’ambiente e secondo criteri di salubrità e sicurezza per gli utenti. Particolare cura è stata data all’aspetto energetico, tenendo particolare conto dell’illuminazione naturale degli ambienti. Massima attenzione è inoltre data al problema della cosiddetta sindrome dell’edificio malato, tema spesso ignorato e che McDonough ha particolarmente a cuore. Per questo è stata posta particolare cura nella scelta di materiali atossici e nella progettazione e realizzazione della ventilazione dell’edificio, nel quale è quindi costantemente presente aria fresca e pulita. È inoltre presente un sistema di gestione delle acque grigie di scarico che prevede la raccolta, il filtraggio naturale e la rimessa in circolo. Entra in gioco anche il concetto di Design for Disassembly, poiché l’edificio è realizzato principalmente in materiali tecnici come vetro, acciaio, alluminio e zinco certificati C2C realizzati in componenti che possono essere disassemblati a fine vita per essere poi riutilizzati o riciclati con un elevatissimo

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19 indice di riciclabilità. Parole chiave come riduzione di colle, leganti e materiali con componenti misti , assemblaggio a secco, sono alla base della filosofia Cradle to Cradle.

La certificazione Cradle to Cradle

In un’ottica di ricerca e valutazione degli strumenti per una progettazione William McDonough eMichael Braungart autori del libro “Dalla culla alla culla”, hanno istituito nel 1995 un ente: il McDonough Braungart Design Chemistry (MBDC), per fornire consulenza alle aziende sulla loro metodologia di progettazione e creare nuovi standard di certificazione che vanno oltre gli standard attuali delle industrie. L’ente rilascia la certificazione C2C (“Cradle to Cradle”, dalla culla alla culla), che porta con sé la valutazione di determinati prodotti tenendo conto dei principi dell’economia circolare. Questa certificazione, ancora relativamente poco conosciuta, merita sicuramente di essere presa in considerazione.

Figura 3 L’etichetta C2C

La certificazione Cradle to Cradle, abbreviato in C2C, fornisce ai produttori un sistema di rating per la valutazione e la possibilità di riduzione degli impatti ambientali conseguenti al processo di produzione. I prodotti vengono valutati

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20 sulla base di cinque criteri e in seguito al punteggio ottenuto per ciascuno dei cinque criteri, i prodotti possono ottenere cinque livelli di certificazione: base, bronzo, argento, oro o platino.

I cinque criteri di qualità sono: tipologia di materiali, riuso dei materiali, energia rinnovabile e gestione delle fonti fossili, gestione delle acque, ed equità sociale.

I produttori che ottengono la certificazione Cradle to Cradle sui loro prodotti saranno in grado di soddisfare la domanda dei sempre più numerosi clienti orientati verso prodotti che rispondono ai criteri di sostenibilità. Inoltre, lo studio condotto permette al produttore stesso di diventare consapevole dei possibili miglioramenti del prodotto.

Più precisamente i cinque criteri sono costituiti da:  Salubrità del materiale

L’obiettivo finale per tutti i prodotti è di essere fabbricati utilizzando solamente i materiali che sono stati ottimizzati e non contengano componenti chimiche sconosciute o comunque non valutate. I prodotti possono raggiungere via via livelli più alti nella certificazione quanto più aumenta la percentuale di componenti e materiali valutati e ottimizzati. I confini della valutazione si estendono alla struttura di produzione, ovvero quando è possibile si valutano anche le sostanze chimiche associate al processo produttivo.

 Riuso dei materiali

Una componente chiave del design Cradle to Cradle è il concetto che i materiali tecnici e biologici vadano considerati in una sorta di processo metabolico che mette in luce la loro potenzialità in termini di recupero. L’intenzione di questa categoria è di fornire una misura quantitativa della riciclabilità e/o compostabilità di un prodotto. Quanto più è alta la percentuale di un prodotto e/o delle sue componenti che può rientrare in un ciclo di riutilizzo o di riciclabilità tanto migliore sarà il punteggio relativo a questa categoria. È ovviamente valutato più positivamente il riutilizzo rispetto alla riciclabilità.

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21  Energia rinnovabile e gestione delle fonti fossili I prodotti certificati Cradle to Cradle sono fabbricati in un processo che impatta positivamente nell’approvvigionamento energetico, nell’equilibrio degli ecosistemi, nella comunità e che cerca di non utilizzare fonti fossili e di mantenere la vegetazione nel territorio a cui appartiene. L’intento di questa categoria è di fornire una misura quantitativa dell’apporto di energia rinnovabile che viene utilizzata nella produzione del prodotto, valutando l’intero processo a partire dall’estrazione delle materie prime fino al prodotto finito.

 Gestione delle acque

L’acqua è una risorsa scarsa e preziosa. I produttori vengono valutati in base alla loro comprensione e alla responsabilità circa i prelievi, i consumi e gli scarichi di acqua all'interno dell’ambiente locale e vengono premiati per l'innovazione in termini di conservazione e qualità degli scarichi.

L'intento di questa categoria è di fornire una misura quantitativa e qualitativa dell'uso dell'acqua direttamente correlata alla fabbricazione del prodotto certificato.

 Equità sociale

I produttori dei manufatti certificati C2C si sforzano di garantire che vengano fatti progressi verso il sostegno delle operazioni aziendali che proteggono la catena del valore e contribuiscono a tutti gli interessi degli stakeholder, inclusi dipendenti, clienti, membri della comunità e ambiente. L’intenzione di questa categoria è fornire una misura quantitativa dell’impatto che la produzione di un bene ha sulle persone e sulla comunità e include alcune misure di impatto ambientale generale. I requisiti si applicano alla struttura o alle strutture in cui viene fabbricato il bene finale, se non diversamente specificato.

Più nello specifico si propongono di seguito le tabelle relative riassuntive a ciascun criterio presentate nel documento relativo agli standard dei prodotti (C2C Certified Product Standardv.3.1).

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25 I materiali certificati sono in continuo aumento, attualmente sono presenti ben 178 prodotti certificati per quanto riguarda solamente il settore delle costruzioni. Gran parte dei prodotti sono tedeschi, danesi e olandesi, ma sono presenti anche molti beni di aziende che operano a livello internazionale. Di seguito, per farsi un’idea più chiara, vengono presentati tramite delle sintetiche schede alcuni prodotti certificati.

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I RIFIUTI COME RISORSA PER IL PROGETTO SOSTENIBILE

Upcycling in architettura

Upcycling, come già accennato, significa utilizzare elementi costruttivi provenienti da demolizioni, “così come sono”, senza passare per un trattamento industriale. Concetto e pratica rivoluzionaria che probabilmente informerà di sé l’architettura nei decenni a venire. L’ottica del recycling quando una committenza lungimirante lo consentirà (e sembra che la normativa di tanti comuni che cito altrove sia in grado di stimolarla), darà un impulso creativo all’architettura.Se si parte infatti con l’ottica di progettare in base a materiali ed elementi costruttivi disponibili direttamente da demolizioni, il progetto potrà guadagnare molto in originalità.

Tuttavia attualmente, per l’inesistente reperibilità di elementi utili dalle demolizioni, per i nuovi progetti l’upcycling può solo suggerire nuove tecniche costruttive che in effetti vanno affermandosi.

DfD: Design for Disassembly

E’ la tecnica elettiva alla quale mi sono ispirata per il mio progetto. In sintesi si tratta di progettare in modo che l’opera sia assemblata alla struttura portante con tecniche che rendano semplice il disassemblaggio degli elementi costitutivi sia per interventi di manutenzione che alla fine del ciclo di vita. Il processo costruttivo di queste opere prevede un assemblaggio di tipo meccanico a secco dei vari elementi mediante giunti progettati per i vari e differenti nodi strutturali.

Tecnologia costruttiva stratificata a secco

La tecnica del sistema costruttivo a secco, obbligata per quanto concerne l’ottica dell’upcycling, porta con sé altri grandi vantaggi:

 Un cantiere più elementare e più pulito rispetto a quelli necessari per edifici realizzati con le tecniche tradizionali a umido, perché i vari componenti giungono dai fornitori pronti all’assemblaggio;

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34  minori disagi per le zone limitrofe al cantiere;

 fondazioni meno invasive e più leggere e quindiminore impatto ambientale e tempi di costruzione ridotti.

Tutti vantaggi questi che determinano rilevanti risparmi sui tempi e quindi sui costi di realizzazione dell’opera.

Centro focale della tecnologia a secco è la struttura portante. Nelle pagine che seguono cerco di illustrare anche con un esempio importante la mia scelta dell’alluminio, non solo per la struttura ma anche per vari altri componenti.

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2

LA SCELTA DELL’ALLUMINIO COME MATERIALE

PER UN’EDILIZIA SOSTENIBILE

Fra le schede presentate di materiali certificati C2C sono presenti le leghe di alluminio Alcoa. L’alluminio di per sé è un materiale che si inquadra molto bene in un’ottica di riutilizzo e riciclo. È infatti riciclabile al cento per cento, è facilmente lavorabile ed ha una temperatura di fusione molto bassa rispetto all’acciaio.

L’alluminio è un materiale molto giovane, ottenuto per la prima volta nel 1854. La produzione industriale dell’alluminio ha però avuto un decollo a partire dagli anni ’50 del secolo scorso. La prima applicazione nota dell’alluminio nella costruzione di edifici risale al 1898, quando la cupola della chiesa di San Gioacchino a Roma venne rivestita con lamine di alluminio. L’Empire State Building a New York, risalente al 1931, fu il primo edificio nel quale venne impiegato l’alluminio anodizzato.

L'alluminio viene usato in molte industrie per la fabbricazione di milioni di prodotti diversi ed è molto importante per l'economia mondiale. Componenti strutturali fatti in alluminio sono vitali per l'industria aerospaziale e molto importanti in altri campi dei trasporti e delle costruzioni nei quali leggerezza, durata e resistenza sono necessarie. L’alluminio viene oggi utilizzato per molteplici applicazioni anche nell’edilizia e nelle costruzioni, basti pensare che è il materiale principalmente utilizzato per la realizzazione di facciate continue, telai per serramenti ed altre strutture vetrate. Viene ampiamente utilizzato per la realizzazione di persiane avvolgibili, porte, rivestimenti esterni e coperture, soffitti sospesi, pareti a pannelli e divisorie, apparecchiature per il riscaldamento e la ventilazione, dispositivi di schermatura solare, proiettori luminosi ed interi edifici prefabbricati. Anche strutture quali living quarter per impianti offshore, ponti per elicotteri, balaustre, impalcature e scale sono ormai comunemente realizzate in alluminio.

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36

DALLA CULLA ALLA CULLA, IL CICLO INFINITO

DELL’ALLUMINIO

Abbondanza e disponibilità del materiale

Attualmente più della metà dell’alluminio prodotto in Europa deriva da materie prime riciclate e questo andamento è in continua crescita. Il processo di riciclaggio dell’alluminio richiede una quantità di energia pari al 5% di quella consumata per la produzione primaria. Questo rende particolarmente vantaggioso ricorrere al riciclo per questo materiale. Nei prossimi paragrafi spiego come avviene il riciclo dei prodotti in alluminio per l’edilizia. A causa della lunga vita utile degli edifici e dei veicoli per il trasporto, la quantità di alluminio disponibile da rottame è oggi limitata a quanto è stato immesso sul mercato molti anni fa. Poiché tali volumi sono di gran lunga inferiori rispetto alla domanda del mercato, l’alluminio mancante deve essere ottenuto tramite la produzione primaria. L'alluminio è uno degli elementi più diffusi sulla crosta terrestre (8,3% in peso), terzo dopo ossigeno (45,5%) e silicio (25,7%) e paragonabile al ferro (6,2%) e al calcio (4,6%).In natura si trova in minerali dove è sempre combinato con altri elementi (in particolare: zolfo, silicio e ossigeno).

Uno dei minerali più ricchi di alluminio è la bauxite, una roccia dal colore rosso bruno o giallo, diffusa soprattutto negli Stati Uniti, in Russia, Guyana, Ungheria e nei territori dell'ex Jugoslavia. La bauxite contiene circa il 45-60% di alluminio ed è il minerale maggiormente utilizzato per la produzione di alluminio.

Le aree oggetto di nuove attività estrattive sono bilanciate dalla riconversione e dal recupero di aree minerarie già esistenti: per il 98% delle miniere è previsto un piano di recupero e si stima che le aree restituite alla foresta saranno più estese di quelle originariamente occupate dalla vegetazione prima dell’insediamento delle attività estrattive5. L’alluminio primario si ottiene tramite elettrolisi dell’allumina

5EUROPEAN ALUMINIUM ASSOCIATION, Sostenibilità dell’alluminio in edilizia, 20 gennaio

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37 (ossido di alluminio) estratta dalla bauxite. In Europa, le emissioni totali di gas serra nella produzione dell’alluminio sono diminuite del 45% dal 1990 al 2005.

Lavorazione

Per quanto riguarda i processi di trasformazione dell’alluminio si hanno differenti lavorazioni a seconda del tipo di prodotto che si vuole ottenere.

I prodotti dalla geometria piana in alluminio si ottengono tramite il processo di laminazione, attraverso il quale dei formati di alluminio di grandi dimensioni, detti placche, vengono introdotti in un laminatoio per essere trasformati in lamiere di alluminio. Le lamiere possono essere di diversi spessori(si possono ottenere spessori sino a 0.007 mm). Il processo generalmente inizia con una laminazione a caldo, che fa passare avanti e indietro il blocco di alluminio attraverso un rullo riduttore. La laminazione finale avviene invece a freddo. Le lamiere possono essere sottoposte a formatura, per essere impiegate ad esempio come pannelli di rivestimento o scuretti avvolgibili, mentre il nastro viene solitamente impiegato per essere accoppiato ad altri materiali (ad esempio a materiali isolanti).

L’alluminio può essere impiegato in tutti i processi di colata dei metalli. I metodi più frequentemente usati sono la pressocolata, la colata per gravità in forme permanenti e la colata in forme di sabbia. I getti possono essere realizzati praticamente in qualunque forma e questo offre a progettisti ed architetti un materiale flessibile con cui lavorare, che presenta poche restrizioni in fase progettuale.

I profilati di alluminio si ottengono tramite il processo di estrusione, che consiste nello spingere una billetta cilindrica di alluminio preriscaldata attraverso uno stampo sagomato. La facilità di estrusione delle leghe di alluminio rende possibile l’ottenimento di sezioni di forma molto complessa.

Processi di finitura

Uno dei pochissimi materiali che possono essere lasciati allo stato naturale e che non necessitano di finitura è l’alluminio. Questi subisce una ossidazione naturale per effetto dell’esposizione all’aria: la sottilissima pellicola di ossido che si viene a formare lo protegge da ulteriori ossidazioni. L’anodizzazione è un procedimento elettrochimico col quale si rafforza la pellicola prodotta dall’ossidazione naturale sulla

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38 superficie dell’alluminio, ne aumenta la durezza e la resistenza a corrosione ed abrasione. L’anodizzazione conferisce una finitura superficiale argento-opaco, molto decorativa, e tramite l’aggiunta di vernici metalliche allo strato anodizzato consente di ottenere superfici colorate. L’anodizzazione completa corrisponde solitamente ad uno strato anodizzato avente uno spessore di circa 15-20μm, mentre la pre-anodizzazione si limita ad uno spessore di 5-10μm. I due rivestimenti descritti di seguito possono essere applicati con o senza pre-anodizzazione. La verniciatura a polvere viene usata principalmente per i profilati, ma può essere impiegata anche per i prodotti laminati. È un tipo di vernice che viene applicata sotto forma di polvere a secco. La vernice viene solitamente applicata elettrostaticamente e poi vulcanizzata a caldo per formare una “pellicola”. La polvere in questione può essere un polimero termoplastico o termoindurente. Questa tecnica consente di ottenere un’ampia gamma di colori e di gradi di brillantezza. La verniciatura di nastri di alluminio in continuo (coil coating) è il processo più utilizzato per i laminati di alluminio. L’alluminio arriva dal laminatoio sotto forma di bobine (coil). Queste vengono posizionate all’inizio della linea di verniciatura, quindi vengono srotolate a velocità costante, passano attraverso un pretrattamento, vari bagni di verniciatura e forni di vulcanizzazione, ed infine vengono riavvolte. I pannelli compositi sono un’importante applicazione delle lamiere verniciate tramite coil coating, quali ad esempio i pannelli a sandwich costituiti da due lamiere di alluminio fissate ad uno strato di polietilene. Sono facili da piegare e da curvare, pertanto possono essere impiegati per realizzare rivestimenti, coperture, articoli da esposizione ed applicazioni caratterizzanti della corporate identity.

Raccolta del materiale a fine vita

Da uno studio dalla Delft University of Technology è risultato che l’alluminio impiegato nel settore delle costruzioni edilizie presenta un indice di recupero a fine vita molto interessante.

Gli indici di raccolta dell’alluminio, in base a dati raccolti da un ampio campione di edifici ad uso commerciale e residenziale in 6 Paesi europei, hanno superato spesso il 96%, dato molto significativo a conferma del valore e della conservazione del materiale alla fine del ciclo di vita dei prodotti in alluminio. I prodotti in alluminio così raccolti vengono poi riutilizzati o riciclati.

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Riciclo

I rottami di alluminio possono infatti essere riciclati ripetutamente senza perdere proprietà o valore: da qui l’elevato valore intrinseco dell’alluminio come forte incentivo economico al riciclo di questo materiale. Inoltre, l’energia necessaria per ottenere l’alluminio dal riciclo è spesso inferiore al 5% dell’energia richiesta per la produzione primaria: un ovvio ed indiscutibile vantaggio ecologico. In molti casi, l’alluminio è combinato ad altri materiali, quali acciaio o materie plastiche, che vengono per lo più separati meccanicamente dall’alluminio prima della fusione, tramite un processo di triturazione seguito da corrente parassita e separazione con mezzo denso (sink float). L’alluminio può essere fuso da raffinatori (refiners) o da rifusori (remelters).

• I rifusori trattano principalmente rottami in leghe da lavorazione plastica in forni a suola secca per produrre billette o placche per laminazione.

• I raffinatori fondono tutti i tipi di rottame, incluse le leghe miste ed i rottami sporchi, in forni ribaltabili, che fondono e raffinano rottami d’alluminio sotto uno strato di sale. I raffinatori producono principalmente leghe per getti per le fonderie.

Con il progresso della tecnologia, un numero sempre maggiore di rifusori è ora in grado di lavorare rottami verniciati e contenenti polimeri, quasi senza ricorrere a processi preparatori. Ciò è possibile tramite l’utilizzo di un forno a doppia camera: le finiture dell’alluminio (come ad esempio le vernici) vengono bruciate nella prima camera e le emissioni di gas vengono raccolte tramite apparecchiature di trattamento dei fumi ad elevata efficienza. La seconda camera è invece adibita al trattamento termico per la fusione dell’alluminio.

L’alluminio allo stato liquido può essere trasportato direttamente alle fonderie oppure colato sotto forma di lingotti, billette per estrusione o placche per laminazione, pronto per iniziare una nuova vita. Ne conviene che il ciclo di vita di un prodotto in alluminio non è rappresentato dalla usuale sequenza “from the cradle to the grave” (“dalla culla alla tomba”), bensì da quello che possiamo definire come un processo “cradle to cradle” (“dalla culla alla culla”).

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40 A seguire alcuni schemi ad illustrare l’odierno riciclo di prodotti d’alluminio per l’edilizia.

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COSTRUIRE IN ALLUMINIO: DA TOYO ITO A KIERAN E

TIMBERLAKE

L’alluminio è un materiale molto usato in architettura ma praticamente in tutti i casi soltanto per gli elementi di finitura, come serramenti e rivestimenti. L’impiego dell’alluminio con funzione strutturale, al di là di elementi come impalcature o alcune strutture di collegamento verticale, in edilizia è ancora poco o per niente diffuso. Questo è dovuto soprattutto alla bassa resistenza del materiale rispetto all’acciaio. Tuttavia l’alluminio può presentare alcuni vantaggi, al di là di quelli legati alla durabilità e a tutte le considerazioni fatte sul ciclo di vita. È infatti un materiale estremamente leggero e maneggevole e offre una possibilità pressoché infinita per quanto riguarda la forma delle sezioni. Di seguito si propongono due esempi che corrispondono a due differenti approcci al problema della struttura e all’uso dell’alluminio: la casa a Sakurajosui di Toyo Ito, in cui l’alluminio è utilizzato in pressoché tutti gli elementi costitutivi della casa e presenta dei profili personalizzati, e la casa Loblolly degli architetti Kieran e Timberlake, in cui l’alluminio costituisce parte degli elementi strutturali (pilastri e travi, mentre i solai e le pareti perimetrali sono in altro materiale), e vengono impiegati profili già sul mercato. Il secondo caso verrà poi approfondito più nel dettaglio nel prossimo paragrafo, per analizzarne tutti gli aspetti legati al concetto di prefabbricazione e assemblaggio.

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43  Casa a Sakurajosui, Toyo Ito

L’architettura probabilmente più conosciuta che presenta struttura interamente in alluminio è la casa a Sakurajosui di Toyo Ito, a Tokyo, completata nell’anno 2000.

Figura 4 Casa a Sakurajosui, Toyo Ito. Fotografia di Tomio Ohashi

È una casa su due piani; al piano terreno ci sono tutte le funzioni, bagno, cucina, soggiorno, solarium, camera da letto, al piano superiore la camera degli ospiti e un altro piccolo bagno. Le trasparenze e la continuità scandita dai materiali nelle superfici rendono lo spazio aperto, luminoso e fluido. L’ampio uso di sottili pannelli nervati, che incassa in maniera distribuita le azioni rende possibile la riduzione delle dimensioni degli elementi strutturali.

Di seguito sono presentate alcune schede di analisi della morfologia strutturale, per meglio comprendere il funzionamento della struttura.

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Figura 6 Casa a Sakurajosui,Toyo Ito: Piante, prospetto sud, sezione trasversal, prospetto est, sezione longitudinale.

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48  Casa Loblolly

La casa Loblolly è una casa che esprime molte esigenze legate all’abitare. Ispirata a quello che è il desiderio giovanile ricorrente di costruire case sugli alberi, raccoglie in sé l’intento di integrarsi totalmente con l’ambiente circostante, un bosco di pini che si affaccia sulla spiaggia. Il tutto è ottenuto principalmente dal suo essere sorretta da una struttura in pali di legno fino al primo piano, come fossero alberi, e dalle ampie vetrate che si affacciano direttamente sul mare.

Di seguito alcune immagini e le schede di analisi della morfologia strutturale.

Figura 7: Casa Loblolly, Kieran-Timberlake, esterno. Fotografia di Peter Aaron/OTTO

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Figura 9: Casa Loblolly, Kieran-Timberlake, interno.Fotografia di Peter Aaron/OTTO

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GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DEL SISTEMA IN ALLUMINIO DI

KIERAN E TIMBERLAKE, ANALISI DELLA LOBLOLLY HOUSE

La casa Loblolly è pensata per integrarsi nell’ambiente circostante non soltanto a livello concettuale ed estetico tramite l’uso del legno nei pali di sostegno e nei rivestimenti, ma anche per rispettare l’ambiente naturale in cui si trova. Il fatto di essere sospesa dal livello del terreno da pali è un elemento interessante di approccio al rispetto dell’ambiente, evitando l’aggressività della cementificazione e andando nella direzione di un’etica ambientale.

La sfida di questo progetto sta in molteplici aspetti: da un lato quello ambientale, con tutte le conseguenze del caso, dall’altro quello della semplificazione e velocizzazione nella costruzione, facendo inoltre ricorso a modeste risorse economiche. Queste esigenze, difficili da conciliare, trovano nella casa Loblolly delle soluzioni molto interessanti.

Fabbricazione e modellazione parametrica

Generalmente le abitazioni sono costituite da centinaia di parti, che sono trasportate separatamente verso il sito di costruzione e messe insieme a mano, in un processo di lunghissima durata, costo, e impatto ambientale. Per la casa Loblolly, invece, si è voluto utilizzare componenti prefabbricate, riducendo al minimo le operazioni in cantiere. È stato ridotto ai minimi termini il numero di elementi da assemblare in cantiere, fino a ridurlo essenzialmente a pochissimi elementi architettonici: il telaio strutturale, i solai e le pareti prefabbricate, i blocchi dei servizi. Ogni elemento – e la sua connessione con gli altri elementi- è stato modellato a un alto livello di dettaglio tramite il ricorso alla modellazione parametrica. Tale modellazione al tempo, nel 2004, era in uno stadio nascente e ha richiesto dei notevoli sforzi, ma ha reso possibile la realizzazione di un modello molto accurato dell’edificio in ogni sua parte e si è dimostrato estremamente adatto alla filosofia del preassemblaggio degli elementi, anche in un’ottica di design for disassembly (l’edificio infatti così come è stato assemblato può essere disassemblato con la stessa facilità).

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54 I gruppi di elementi sono stati fabbricati in officina, anticipando il loro successivo ancoraggio al telaio in alluminio che li avrebbe alla fine sostenuti e connessi. Diversamente dai processi tradizionali, nei quali la costruzione prende corpo dal terreno per poi salire nei vari livelli, nella casa Loblolly i vari elementi sono stati preparati contemporaneamente, trasferendo il settanta per cento degli sforzi alla fabbrica anziché al cantiere. Tutti gli impianti sono stati preintegrati nel pavimento e nei soffitti. Si sono impiegati dei pacchetti prefabbricati contenenti solaio e pavimento radiante, con predisposti tutti gli impianti di distribuzione e scarico delle acque, di ventilazione ed elettrico. L’uso della modellazione parametrica ha consentito, oltre che di definire precisamente tutti gli elementi del sistema, di andare al di là della semplice rappresentazione, con la simulazione di tutti gli aspetti dell’edificio, da quello termico a quello strutturale.

Il telaio

Il telaio strutturale viene chiamato da Kieran e Timberlake non con la parola “frame” , ma con il termine “scaffold” che vuol dire proprio impalcatura, ponteggio. Questo per sottolineare il fatto che proprio di una impalcatura si tratta. A differenza dei ponteggi però, questa è una struttura permanente. Una delle caratteristiche peculiari del sistema costruttivo utilizzato è il fatto che vengono impiegati degli elementi in alluminio commerciali e non appositamente progettati. Gli elementi in commercio non sono progettati per l’edilizia ma per strutture di sostegno di vario genere per l’industria ecc. (piani di lavoro, carrelli, strutture per il posizionamento di macchinari industriali e così via). Lo sforzo principale è risultato quindi quello di cercare di progettare un sistema che potesse funzionare su una scala più grande, che è quella dell’edificio.

I sistemi costruttivi in acciaio utilizzano nei nodi strutturali, per le connessioni fra gli elementi, delle saldature o delle piastre imbullonate.

I sistemi in alluminio sostanzialmente sfruttano la geometria delle sezioni, che presentano delle scanalature a T nei profili estrusi.

Come si può vedere dall’immagina a fianco di un profilo generico in alluminio, il canale è

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55 quello che permetterà l’inserimento del sistema di connessione.

L’assemblaggio sarà quindi possibile inserendo dei bulloni sagomati all’interno della scanalatura, che una volta posizionati vengono fatti ruotare su se stessi. Il concetto è molto semplice, ma nel caso del telaio della casa gli elementi di collegamento presentano delle caratteristiche aggiuntive per consentire il trasferimento di tutte le caratteristiche della sollecitazione.

Nel caso in esame infatti, sono presenti dei connettori tipo squadrette ad L progettate appositamente che presentano gli elementi a T come nell’immagine appena presentata ma anche delle sagomature per la trasmissione degli sforzi di taglio, che andranno a inserirsi in fori praticati all’interno del profilo.

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Figura 13: Elementi in acciaio a L per la connessione trave-pilastro nella casa Loblolly

Altri elementi progettati appositamente sono i connettori a Z per il sostegno dei solai prefabbricati (vedere la scheda sulla morfologia strutturale) e le strutture di controvento, sempre in acciaio.

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Figura 15:Vista di un nodo strutturale con gli elementi a L di collegamento fra i profili.

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