• Non ci sono risultati.

LA STANDARDIZZAZIONE DEL LATTE DI CAPRA NEI PROCESSI CASEARI PER LA PRODUZIONE DEL FORMAGGIO FLOR DI CAPRA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "LA STANDARDIZZAZIONE DEL LATTE DI CAPRA NEI PROCESSI CASEARI PER LA PRODUZIONE DEL FORMAGGIO FLOR DI CAPRA"

Copied!
62
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DI PISA DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Nutrizione Umana

TESI DI LAUREA

LA STANDARDIZZAZIONE DEL LATTE DI CAPRA NEI PROCESSI CASEARI PER LA PRODUZIONE DEL FORMAGGIO FLOR DI CAPRA

Relatore: Candidata:

Dott. Demontis Gian Carlo Dott.ssa Nonnis Marina

Correlatori:

Egr. Signor Angiolino Zanotti Dott.ssa Federica Deidda

(2)

1

Indice

CAPITOLO 1 ... 3

INTRODUZIONE ... 3

IL LATTE ... 3

IL LATTE DI CAPRA VS IL LATTE VACCINO ... 3

LE CARATTERISTICHE CHIMICHE DEL LATTE CAPRINO. ... 4

GRASSI ... 4

SOSTANZE AZOTATE. ... 5

ZUCCHERI. ... 5

VITAMINE. ... 6

MINERALI. ... 6

L’ASPETTO NUTRIZIONALE DEL LATTE DI CAPRA. ... 7

L’INFLUENZA DELL’ALIMENTAZIONE NELLE CAPRE DA LATTE. ... 11

FASE DI LATTAZIONE ... 11 L’AZIENDA CONI ... 12 L’ALLEVAMENTO CAPRINO. ... 15 RAZZA SAANEN ... 16 RAZZA SARDA ... 17 RAZZA ALPINA ... 17 RAZZA MALTESE ... 18

RAZZA MURCIANO GRANADINA ... 18

DIAGRAMMA DI FLUSSO E PUNTI CRITICI DI CONTROLLO (CCP-HACCP) DEL FLOR DI CAPRA 21 PROCESSO DI PRODUZIONE: ... 22

DESCRIZIONE PRODOTTO E IDENTIFICAZIONE DELLA DESTINAZIONE D’USO. ... 23

I TRATTAMENTI TERMICI DEL LATTE. ... 27

LA PASTORIZZAZIONE ... 28

RICEVIMENTO DEL LATTE E PREPARAZIONE DELLA MATERIA PRIMA ... 30

AGGIUNTA PANNA - TRATTAMENTO TERMICO/ PASTORIZZAZIONE... 31

TRASFERIMENTO ALLA POLIVALENTE E AGGIUNTA FERMENTO ... 31

AGGIUNTA CAGLIO ... 31

ROTTURA DEL COAGULO E TAGLIO DELLA CAGLIATA ... 32

(3)

2

FORMATURA ... 33

STUFATURA ... 33

SALATURA ... 34

STAGIONATURA ... 35

SCOPO DELLA TESI ... 37

CAPITOLO 2 ... 39

MATERIALI E METODI ... 39

IL CAMPIONAMENTO... 39

ANALISI CHIMICA E MICROBIOLOGICA DEI CAMPIONI ... 40

IL METODO GERBER ... 40

RILEVAZIONE DELLA PERCENTUALE DI GRASSO E PROTEINE MEDIANTE STRUMENTO MILKOSCAN™ MINOR... 42

RILEVAZIONE PH ... 42

RILEVAZIONE DELLA PERCENTUALE DI UMIDITÀ RELATIVA ... 43

ANALISI MICROBIOLOGICA DEI CAMPIONI ... 44

PREPARAZIONE DEI CAMPIONI ... 44

RICERCA DEI BATTERI COLIFORMI ... 45

CAPITOLO 3 ... 47

RISULTATI... 47

SICUREZZA ALIMENTARE... 50

VARIABILITÀ DEL PROCESSO ... 50

COMPARAZIONE DEI RISULTATI ANALITICI E DELLE RESE. ... 50

PROVE ORGANOLETTICHE E SENSORIALI ... 51

CONCLUSIONI ... 57

(4)

3

Capitolo 1

Introduzione

Il Latte

Il consumo di latte e dei suoi derivati è raccomandabile per un’alimentazione bilanciata in tutte le età, dall’infante all’anziano, in quanto è un alimento completo dal punto di vista nutrizionale. La sua importanza è dimostrata dalla funzione svolta come prima ed esclusiva fonte di nutrimento per i piccoli mammiferi ai quali fornisce tutti i principi nutritivi e una prima protezione immunologica. Si presenta come un liquido bianco e opaco, di complessa composizione e spesso dal sapore dolce e con un pH vicino alla neutralità. Il latte è il prodotto della secrezione delle ghiandole mammarie delle femmine dei mammiferi; il componente prevalente è l'acqua (circa 87%), nella quale si trovano allo stato di emulsione lipidi, allo stato di soluzione colloidale proteine, allo stato di soluzione sali minerali solubili, carboidrati, sostanze azotate non proteiche, vitamine idrosolubili, enzimi. La sua composizione varia in rapporto alla specie, razza, età dell’animale; inoltre è influenzata dal tipo di alimentazione, stato di salute, stadio di lattazione del soggetto, dalle variazioni stagionali del clima, dalla tecnica e numero delle mungiture.

Il Latte di Capra vs il Latte Vaccino

Il latte caprino è il latte, dopo quello di asina, più simile al latte umano. La composizione chimica risulta più debole in termini di grasso e proteine di quella del latte ovino e in un certo senso ricalca maggiormente quella del latte vaccino, pur differenziandosi nella natura chimica dei suoi componenti. Il latte di capra presenta un’elevata variabilità sia nella composizione sia nell’attitudine alla trasformazione casearia, in relazione alle caratteristiche peculiari della razza, all’ordine di parto, ai fattori ambientali, alle tecniche di allevamento e di alimentazione e anche al momento della lattazione. Le micelle di grasso presentano dimensioni minori rispetto a quello del latte vaccino, con una maggiore superficie esposta che favorisce i processi di lipolisi, rendendo più digeribile il latte caprino. Tale peculiarità comporta però maggiori problemi di caseificazione del latte, perché i globuli di grasso sono inglobati con maggiore difficoltà nel reticolo caseinico, ottenendo minori rese, aumentando la tendenza all’irrancidimento e conseguente maturazione più rapida dei formaggi. Il latte di

(5)

4

capra contiene inoltre percentuali superiori di acidi grassi a corta e media catena come l’acido capronico, acido caprinico, acido caprilico responsabili del caratteristico odore e sapore dei formaggi. Per confronto, il latte vaccino è caratterizzato da una composizione chimica attestata su livelli medi che in assoluto non permette rese casearie molto elevate. I formaggi prodotti con questo tipo di latte presentano una componente lipidica abbastanza ricca in acidi grassi a catena lunga (statici, non volatili) per cui dal punto di vista organolettico le sensazioni aromatiche particolarmente piccanti e pungenti si sviluppano solo dopo stagionature prolungate o maturazioni accelerate. Nel latte caprino, invece, dal punto di vista organolettico dominano le componenti volatili degli acidi grassi a catena medio-corta che però conferiscono al formaggio un quadro aromatico mediamente più fine e molto equilibrato. Le caseine sono presenti sotto forma di micelle in sospensione e precipitano quando il latte viene acidificato o per trattamento enzimatico con caglio o per centrifugazione ad alta velocità. Il diametro medio delle micelle di caseina del latte di capra è inferiore a quello del latte vaccino e ciò provoca la formazione di un coagulo più soffice e friabile. Il latte di capra presenta una composizione proteica più simile a quello umano che a quello vaccino. Il tasso di caseina è inferiore rispetto a quello bovino, mentre risulta essere superiore quello delle sieroproteine, più facilmente digeribili rispetto alla caseina e di maggiore valore biologico. Il lattosio è lo zucchero del latte e la sua concentrazione è direttamente correlata con la quantità di latte prodotto. La presenza della vitamina A come tale e non sotto forma di beta-carotene come nel latte vaccino rende il latte di capra e i formaggi derivati particolarmente bianchi. Tuttavia, la principale differenza nella composizione chimica tra il latte caprino e quello latte vaccino è il rapporto tra grassi e proteine che si accentua maggiormente nei mesi estivi, e anche la tecnologia casearia risulta dunque influenzata da queste variazioni.

Le caratteristiche chimiche del Latte Caprino.

Grassi

La quantità e la composizione del grasso contenuto nel latte di capra risulta estremamente variabile e influenzata da diversi fattori tra cui l’alimentazione, il periodo di lattazione e l’ordine del parto. La frazione lipidica che caratterizza la qualità nutrizionale ed organolettica del latte di capra è costituita, come per le altre specie zootecniche, quasi esclusivamente da trigliceridi (97-98%). Le altre componenti sono rappresentate

(6)

5

principalmente da fosfolipidi, glicolipidi, steroli e tracce di acidi grassi liberi, mentre è privo di caroteni. Gli acidi grassi a corta e media catena come l’acido capronico (C6), l’acido caprilico(C8) e caprinico (C10) rappresentano il 14,3% degli acidi grassi totali e conferiscono il caratteristico odore e sapore ircino al latte, ma soprattutto al formaggio di capra. I grassi si trovano sotto forma di micelle che li mantengono in emulsione nel mezzo acquoso. La frazione lipidica del latte di capra si distingue per la minore dimensione dei globuli lipidici rispetto a quelli vaccini. Tali caratteristiche lo rendono più digeribile (sono attaccate più facilmente dall’enzima lipasi intestinale) e con un maggior coefficiente di assorbimento intestinale rispetto al latte vaccino. Ricordiamo, infatti che questa tipologia di acidi grassi viene assorbita direttamente dalla mucosa intestinale e da qui veicolata al fegato senza seguire la via metabolica tipica degli acidi grassi con maggior atomi di carbonio.

Sostanze azotate.

Sono costituite per il 95% circa da proteine e in minima parte da sostanze non proteiche (urea, nucleotidi, aminoacidi liberi). La frazione proteica rappresenta di solito il 3,3% dei costituenti del latte e viene tradizionalmente indicata con il termine di “proteine totali”. Le proteine del latte di capra sono molto simili a quelle del latte bovino e come in tutti i mammiferi comprende caseine (αs1,αs2,β e κ) e sieroproteine (α-lattoalbumina, β-lattoglobulina, sieroalbumina e immunoglobuline).

Le caseine rappresentano la frazione più cospicua e sono una famiglia di fosfoproteine presenti sotto forma di micelle in sospensione. Nel latte di capra vi è un contenuto minimo della frazione α-s1 che è in parte sostituita da una frazione di α-s2, e la quota presente in quantità inferiori al latte di vacca è inoltre più ricca di amminoacidi solforati. Al contrario sono presenti alti livelli di κ-caseina e β-caseina. Nel latte di capra è presente un’elevata quantità dell’amminoacido solfonico taurina che svolge un ruolo importante nella sintesi degli acidi biliari e sull’accrescimento e sullo sviluppo cerebrale dei bambini.

Zuccheri.

Per quanto riguarda la componente glucidica, il latte di capra presenta un contenuto minore di lattosio rispetto a quello vaccino. Il lattosio è lo zucchero (disaccaride) del latte, costituito da galattosio e glucosio, da tempo noto per le sue caratteristiche nutrizionali. Esso ha un importante ruolo nell’assimilazione di calcio e minerali e la sua concentrazione è

(7)

6

direttamente correlata alla quantità di latte prodotto. Di solito è presente in minore quantità nel latte di fine lattazione o in presenza di ghiandole mammarie affette da mastiti. Al contrario gli oligosaccaridi, formati da cinque molecole di base (glucosio, galattosio, N-acetilglucosamina, fucosio, acido sialico) in varia combinazione, sono presenti in proporzioni maggiori rispetto al latte vaccino. La loro presenza ha un’importanza nutrizionale, in quanto tali carboidrati favoriscono lo sviluppo della microflora probiotica che risulta rilevante per la protezione del tratto intestinale. Infatti gran parte degli oligosaccaridi sfugge alla digestione e si ritrova nell’intestino crasso dove sembra avere un ruolo di modulazione dell’ecosistema batterico, favorendo lo sviluppo di flora bifida (Bifidobacteriumbifidum) che, a sua volta, contribuisce ad acidificare il contenuto intestinale e ad ostacolare la proliferazione di eventuali patogeni. La ricchezza degli oligosaccaridi in acido sialico suggerisce poi un loro ipotetico ruolo nello sviluppo cerebrale del neonato come precursori dei gangliosidi e delle glicoproteine sialiche.

Vitamine.

Il latte di capra è ricco di vitamine del complesso B, in particolare B1, B2 e B6, mentre il contenuto di B9 (acido folico) e B12 è mediamente inferiore al latte vaccino. La carenza dell’acido folico può causare la cosiddetta “anemia da latte di capra”. Il latte caprino contiene una quantità maggiore di vitamina A, ma è totalmente carente di carotenoidi suoi precursori.Esso è inoltre una buona fonte di niacina, tiamina, riboflavina e acido pantotenico.

Minerali.

Il latte è un importante fonte di sostanze minerali i quali si trovano nel latte sotto forma salina, ma anche nella fase colloidale legati all’interno delle micelle caseiniche. La composizione minerale del latte varia in funzione della specie, della razza, dello stadio di lattazione e di una serie di fattori ambientali e alimentari.

(8)

7

L’Aspetto Nutrizionale del Latte di Capra.

Tabella 1- Composizione Chimica e Valore Energetico del Latte di Capra per 100 g di Parte Edibile. Composizione chimica Latte di Capra

valore per 100g Note

Parte edibile (%): 100 Acqua (g): 86.3 Proteine (g): 3.9 Lipidi(g): 4.8 Colesterolo (mg): 10 Carboidrati disponibili (g): 4.7 Zuccheri solubili (g): 4.7 Energia (kcal): 76 Energia (kJ): 320 Sodio (mg): 40 Potassio (mg): 180 Ferro (mg): 0.1 Calcio (mg): 141 Fosforo (mg): 106 Magnesio (mg): 13 Zinco (mg): 0.31 Rame (mg): 0.03 Selenio (µg): 1.9 Tiamina (mg): 0.05 Riboflavina (mg): 0.11 Niacina (mg): 0.3

Vitamina A retinolo eq. (µg): 86

Vitamina C (mg): 1

Fonte: Crea_(EX-INRAN

(9)

8

Tabella 1.1 - Consumi di riferimento giornalieri per vitamine e Sali minerali.

Tabella 2 - Composizione degli Acidi Grassi nel Latte di Capra per 100 g di Parte Edibile.

Composizione Latte di Capra g/100g di parte edibile Note Lipidi totali (%) 4.8 Saturi totali (%): 3.32 C4:0÷C10:0 0 C12:0 0.22 C14:0 0.49 C16:0 1.34 C18:0 0.43 C20:0 0 C22:0 0 Monoinsaturi totali (%): 1.36 C14:1 0 C16:1 0.11 C18:1 1.25 C20:1 0 C22:1 0 Polinsaturi totali (%): 0.16 C18:2 0.11 C18:3 0.05 C20:4 0

(10)

9

C20:5 0

C22:6 0

Rapporto Polinsaturi/Saturi: 0.0 Fonte: Crea_ (EX-INRAN)

Come si evince dalla Tabella 1, il latte di capra contiene una buona quantità di sali minerali in particolare calcio e fosforo che lo rendono un valido alleato per l’adozione di una alimentazione sana e bilanciata. I due macroelementi svolgono nel nostro organismo sia una funzione plastica essendo i due principali costituenti di ossa e denti, sia una funzione dinamica. Infatti, il calcio è coinvolto nella trasmissione dell’impulso nervoso, nella contrazione e rilassamento delle cellule muscolari, nell’attivazione di alcuni ormoni, nei processi della coagulazione del sangue, nel mantenimento dell’equilibrio acido-base e una sua carenza può causare alterazioni della mineralizzazione e ossificazione delle ossa, osteoporosi, osteomalacia e rachitismo. Il fosforo oltre a contribuire assieme al calcio alla mineralizzazione delle ossa, svolge anch’esso funzioni di tipo dinamico ad esempio è un costituente di enzimi, proteine, fosfolipidi, acidi nucleici e rappresenta il costituente dei legami ad alta energia nella fosfocreatina e nell’ATP fondamentale per il metabolismo energetico.

Il fabbisogno giornaliero raccomandato di calcio e fosforo (vedi Tabella 1.1) è rispettivamente di 800 mg e di 700 mg e in percentuale 100 g di latte caprino

(vedi Tabella 1) soddisfano il 17.62 % del fabbisogno giornaliero per quanto riguarda il calcio e il 15 % per quanto riguarda quello del fosforo.

Per ciò che concerne l’aspetto relativo all’intolleranza del lattosio va sottolineato che il latte caprino contiene quasi lo stesso contenuto di zuccheri solubili del latte vaccino: 4.7% in 100g di latte caprino e 4.9% in 100g di latte vaccino (Tabelle nutrizionali Crea_ (EX-INRAN)). L’intolleranza al latte non è dovuta alla sola presenza del lattosio, ma anche le proteine contenute normalmente in questo alimento contribuiscono a renderlo una causa di irritazione per l’intestino. La maggiore tollerabilità del latte di capra dipende dalla minore presenza delle caseine di tipo alfa S-1, altamente allergizzanti, che in individui già sensibili al lattosio concorrono a far comparire la sintomatologia dell’intolleranza. Anche l’assetto lipidico contribuisce a rendere il latte caprino più digeribile del latte vaccino poiché le sue micelle di grasso, essendo più piccole, sono maggiormente assimilabili.

Dalla composizione degli acidi grassi (vedi Tabella 2) si può notare che il contenuto di lipidi totali è 4.8% ma è interessante vedere la ripartizione di questi grassi. Da uno studio condotto

(11)

10

dal Dipartimento di Biologia Sperimentale dell’Università di Cagliari emerge che i prodotti lattiero caseari e in particolare i prodotti ovini e caprini, sono particolarmente ricchi dell’acido grasso polinsaturo caratteristico dei ruminanti, ovvero l’acido linoleico coniugato (CLA). Il CLA, presenta delle proprietà biologiche importanti in diversi modelli sperimentali. Questi effetti sono stati riscontrati relativamente di recente, di conseguenza i dati sull’uomo sono ancora limitati. Il CLA è presente in vari alimenti in quanto deriva dalla parziale idrogenazione dei grassi, la quale può avvenire anche naturalmente (bioidrogenazione) ad opera del batterio anaerobio Butirivibrio fibrisolvens presente normalmente nel rumine. Nei prodotti lattiero-caseari e nelle carni dei ruminanti, l’isomero c9-t11 rappresenta circa il 90% del CLA totale. La grande attenzione rivolta al CLA è stata favorita dal fatto che numerosi esperimenti hanno messo in evidenza un’attività anticancerogena nei confronti di diversi tessuti. Pare inoltre che questa molecola sia capace di modulare la sintesi degli eicosanoidi e di svolgere un’azione antiaterogena, antiadipogena e antidiabetica. È stato dimostrato che negli animali trattati con CLA si ha una diminuzione del colesterolo totale, delle LDL e dei trigliceridi nel plasma ed inoltre un numero minore di lesioni sulla superficie aortica. Un altro importante effetto riconosciuto al CLA è legato alla sua possibile attività positiva verso la sindrome metabolica conseguente all’obesità viscerale. È stato visto che il CLA è capace di normalizzare l’intolleranza al glucosio, di migliorare l’iperinsulinemia e di ridurre i trigliceridi e gli acidi grassi liberi circolanti nei ratti obesi e diabetici. Le diverse attività biologiche del CLA potrebbero essere ricondotte alla sua capacità di influenzare il metabolismo lipidico. Diversi studi hanno anche dimostrato che un maggior apporto di erba fresca aumenta i livelli nel latte oltre che del CLA e del vaccenico, anche di alfa linolenico (ALA), precursore di omega-3 a lunga catena come l’EPA e il DHA. Quindi si può ipotizzare un effetto sinergico dell’ALA con il CLA. L’importanza attribuita ai prodotti lattiero caseari di origine ovina e caprina crescerebbe ulteriormente se fosse assunto come agente preventivo, con alimenti importanti per il loro valore nutrizionale acquisendo le caratteristiche di alimento funzionale, e non più quella di alimento da evitare. È quindi necessario sviluppare strategie alimentari per i ruminanti, con abbondante presenza di substrati, per aumentare i livelli di questi acidi grassi nel latte e ottenere un prodotto “funzionale” che presenterebbe le caratteristiche ideali come agente preventivo per diverse patologie.

(12)

11

L’influenza dell’alimentazione nelle Capre da Latte.

Le capre allevate per la produzione di latte presentano fabbisogni alimentari ben precisi in funzione delle diverse fasi della vita e del ciclo riproduttivo. Per questo motivo è necessario conoscere in modo approfondito le esigenze nutrizionali degli animali allevati, allo scopo di formulare diete che possano soddisfare tali esigenze e che possano aiutare a prevenire determinate patologie quali malattie metaboliche o carenze. L’alimentazione delle capre adulte varia con il ciclo riproduttivo, dalla messa in asciutta alla fine della lattazione successiva.

Fase di Lattazione

La fase di lattazione è quella che avviene subito dopo il parto. In questa fase il tipo di alimentazione varia in base a diversi fattori quali il clima, la distanza percorsa dall’animale per raggiungere il pascolo e fare ritorno in stalla, dalla quantità e qualità di latte prodotto in termini di contenuto lipidico-proteico e dall’aumento del peso della capra nella fase di accrescimento. Nella prima fase di lattazione, ovvero tra il 45° e il 60° giorno, l’ingestione alimentare deve essere ridotta poiché il rumine è ancora ‘ostacolato’ dall’utero in regressione e non è al massimo delle sue capacità. Viceversa, durante il picco della produzione di latte l’animale avrà esigenze nutrizionali maggiori e la razione sarà simile a quella somministrata nel periodo di gravidanza.

La seconda fase prevede una produzione di latte costante che si protrae per diversi mesi sino alla gravidanza successiva e in tale fase la razione alimentare di foraggi può essere nuovamente massimizzata poiché il rumine riacquista il suo volume iniziale. Le diete devono essere tali da aiutare a prevenire determinate patologie, quali malattie metaboliche o carenze, e devono prevenire eventuali ingrassamenti degli animali. Le carenze potrebbero causare un calo delle produzioni di latte, mentre le sovralimentazioni potrebbero causare oltre che infertilità delle capre anche dei costi di produzione inutili. L’ultima fase è quella che coincide con la prima fase della gravidanza nella quale si assiste ad un calo della produzione di latte sino ad arrivare all’asciutta negli ultimi due mesi di gravidanza. In questo periodo le esigenze nutrizionali calano sia perché viene meno la produzione di latte sia per evitare ingrassamenti eccessivi dell’animale che potrebbe causargli eventuali patologie come la tossiemia gravica o la chetosi subito dopo il parto. In media una capra adulta in lattazione ingerisce una quantità di circa 2 kg di sostanza secca che può anche aumentare in relazione alla grandezza

(13)

12

dell’animale. Gli alimenti che vengono impiegati più comunemente durante il periodo di lattazione sono il fieno di loietto, il fieno di medica, il silomais, un mangime composto e in alcuni periodi dell’anno erba del pascolo.

L’Azienda Coni

Un Conferitore Aziendale di Latte Caprino

L’azienda Coni è ubicata nelle campagne di un piccolo paese del Sud Sardegna (Nurallao) e da diversi anni conferisce il latte delle sue capre presso la nostra Azienda.

Il suo bestiame geneticamente selezionato rappresenta nel territorio sardo un’eccellenza e per questo il suo bacino di vendita non si limita al solo territorio nazionale, ma si estende anche in paesi quali Siria, Israele, Francia. Infatti, il fine principale dell’Azienda Coni è quello di allevare dei capretti che andranno successivamente venduti come miglioratori di razza e tali vendite rappresentano il principale reddito aziendale (circa 60.000 euro di fatturato annuo per la vendita di capretti maschi). La genetica del bestiame proviene dall’Olanda e dall’Inghilterra.

Nonostante la scrupolosa attenzione nell’alimentazione e nella cura del benessere animale, anche il latte caprino proveniente dall’Azienda Coni risente, come per il resto dei conferitori aziendali, della stagionalità che porta sistematicamente ad una variazione nel trimestre estivo del rapporto lipidico-proteico.

In questa Azienda l’alimentazione ricopre un ruolo rilevante in tutte le fasi di sviluppo degli animali a partire dallo svezzamento e accrescimento per quanto riguarda gli animali destinati alla vendita, sino ad arrivare alla fase di lattazione per gli animali deputati alla produzione e

(14)

13

vendita di latte. La formulazione delle razioni per i caprini viene messa in atto con l’impiego del software di razionamento ‘Assis.T alimentazione’ (CRPA-MIPAF 2002). La procedura prevede il calcolo dei fabbisogni in ciascuna fase fisiologica e la formulazione della miglior razione possibile che possa soddisfare tali fabbisogni. Il bilanciamento e la corretta formulazione della razione avviene soprattutto sulla base della sostanza secca, dell’energia e delle proteine.

Successivamente si effettua la somministrazione degli alimenti, nella maggior parte dei casi attraverso la miscelazione e distribuzione con carro Unifeed, ad eccezione dell’erba che, nei periodi in cui presente in Azienda viene pascolata dagli animali. La tecnica Unifeed che letteralmente significa ‘piatto unico’ permette di somministrare all’animale una razione costante e bilanciata durante tutto l’anno e di utilizzare una vasta gamma di alimenti, limitandone la selezione da parte degli animali. Nutrizionalmente tale tecnica determina un pH ruminale costante, una maggiore ingestione di sostanza secca insieme ad un’assimilazione completa da parte degli animali. Ciò fa in modo che si abbia una curva di lattazione più costante con maggiori produzioni di latte e un maggior contenuto lipidico e proteico, riducendo nel contempo le patologie legate a errori alimentari (es. mastiti). A differenza di quanto accade con gli ovini da latte per i quali il pascolo rappresenta la razione base, per i caprini di questa azienda esso rappresenta un complemento alla razione Unifeed in quanto gli animali pascolano per brevissimi periodi di tempo durante la giornata. Nonostante ciò anche una piccola quota di pascolamento è importante perché consente un approvvigionamento di sostanza secca e principi nutritivi a basso costo.

L’imperativo dell’Azienda Coni: Prevenire è meglio che curare.

Un altro aspetto fondamentale sul quale si base l’Azienda Coni è il piano sanitario aziendale. Nell’allevamento il piano vaccinale riveste un ruolo fondamentale per prevenire eventuali patologie. Dal punto di vista sanitario risulta fondamentale la diagnosi di gravidanza con ecografo portatile che, oltre a dare indirizzi particolari sulla gestione dei gruppi in stadi diversi di gravidanza, permette di effettuare un adeguato piano vaccinale alle capre gestanti tale da avere il picco di immunoglobuline al momento della produzione anticorpale colostrale.

Per la prevenzione sia gli animali adulti che quelli da rimonta vengono trattati con antiparassitari ad alto spettro contro cestodi, strongili gastro-intestinali e metastrongili polmonari. Nei giovani soggetti vengono privilegiati i trattamenti contro la

(15)

14

MonieziaExpansa (cestode che può provocare diarrea e calo delle produzioni in caso di infezione massiva) e contro la coccidiosi data da Eimeriaspp (infezione protozooaria che causa nei giovani capretti un’enterite con diarrea da mal assorbimento).

Gli adulti e i capretti vengono vaccinati per prevenire la Pasteurellosi e le Clostridiosi. La prima provoca una grave sintomatologia respiratoria con febbre, anoressia, abbattimento, tosse persistente. Nonostante i trattamenti antibiotici causa la morte di numerosi soggetti e gli animali gravemente colpiti in fase giovanile non arriveranno ad uno sviluppo morfologico adeguato rimanendo deficitari dal punto di vista produttivo rispetto a soggetti della stessa età che non abbiano contratto tale malattia infettiva. La Clostridiosi viene causata da batteri anaerobi tossigeni responsabili di gravi gastro-enterotossiemie. Tali batteri vivono abituali nell’intestino dei ruminanti in una sorta di equilibrio ospite-parassita, ma se tale equilibrio viene meno si può sviluppare la malattia. Le cause scatenanti, come ad esempio l’eccessiva assunzione di concentrati quali cereali o mangimi o erba fredda, provocano un squilibrio nell’apparato digerente che porta ad un’eccessiva proliferazione dei clostridi con conseguente rilascio di tossine che vengono trasportate attraverso il torrente circolatorio provocando danni soprattutto a livello del fegato, cuore, reni, sistema nervoso. I sintomi sono variabili: morte improvvisa, febbre alta, abbattimento del sensorio, anoressia, sino alla manifestazione di sintomi nervosi come decubito laterale, contrazioni e movimenti di pedalamento degli arti sino alla presenza di scariche diarroiche.

Per la profilassi vaccinali si utilizzano anacolture polivalenti e anatossine.

Gli animali colpiti da particolari infezioni (più frequenti le malattie dell’apparato mammario) necessitano di trattamenti e cure veterinarie che richiedono l’impiego di farmaci specifici. Nel latte destinato all’alimentazione umana la loro presenza è vietata, per cui ad ogni campionatura bisogna procedere alla ricerca di eventuali residui. Tale prova prende il nome di ricerca di inibenti, in quanto i presidi medicinali bloccano o rallentano lo sviluppo dei microrganismi nel latte. In questa azienda gli animali sottoposti a trattamento antibiotico vengono tracciati con il colore rosso e vengono munti esclusivamente a mano per un periodo che corrisponde a una volta e mezzo il tempo di sospensione dell’antibiotico. Infatti, affinché il latte sia negativo agli inibenti, è strettamente necessario rispettare i tempi di sospensione dei presidi medicinali impiegati.

In conclusione si può affermare come l’attenzione dell’azienda Coni al benessere animale, in termini di alimentazione e prevenzione sanitaria, rappresenti un parametro fondamentale poiché contribuisce direttamente e indirettamente alla salubrità e qualità dei prodotti

(16)

15 0 200000 400000 600000 800000 1000000

GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC

2012 2013 2014 2015 2016 2017 alimentari. L’allevamento caprino.

La capra è il primo animale da allevamento ad essere stato addomesticato, probabilmente nella zona mesopotamica circa 10.000 anni fa, intorno all’8000 A.C., ed è il primo che è stato utilizzato per la produzione di prodotti alimentari. Della capra venivano consumati il latte, la carne e utilizzate le pelli, ma è solo nel 18° secolo che in Europa l’allevamento caprino ha raggiunto un punto di forza nel settore lattiero-caseario con la selezione di razze specializzate per la produzione di latte. Il primo produttore di latte caprino in Europa è la Francia con oltre 604 mila tonnellate; seguono la Spagna con 477 mila, la Grecia con 351 mila e poi l’Olanda con 256 mila, l’Ucraina con 248 mila e la Russia con 243 mila. L’Italia si ferma a 28,5 mila tonnellate di latte.

La Banca dati Nazionale dell’anagrafica zootecnica del ministero della Salute ci dice che in Sardegna è Cagliari la provincia nella quale sono presenti il maggior numero di capi, 73 mila 564. A seguire Nuoro con 53mila 733 e la provincia dell’Ogliastra con 43mila 555 capi. In Sardegna sono 303 gli stabilimenti riconosciuti per la trasformazione lattiero casearia e 63 di questi ritirano latte di capra, che rappresenta quindi una produzione importante in ambito regionale.

Nella nostra Azienda, dal periodo che va dal 2012 al 2017, la raccolta di latte caprino ha seguito un trend sempre in crescita arrivando al massimo picco nella primavera del 2017 (vedi grafico).

Questa specie ha una notevole importanza nella zootecnica isolana, essendo capace di sfruttare le risorse foraggere naturali di vaste zone, soprattutto in aree marginali di collina o

(17)

16

montagna, non utilizzabili da altre specie animali. Le razze presenti in Sardegna sono la Camosciata delle Alpi (Alpina), la Saanen, la Sarda, la Maltese e la Murciano Granadina. Le razze prevalenti sono la Maltese, la Sarda e la Saanen.Si tratta di animali con prevalente attitudine lattifera, dotati di buona rusticità e capaci di utilizzare le scarse risorse del territorio come la natura del suolo, l’altitudine, la scarsa disponibilità di foraggio. Il sistema di allevamento più diffuso e quello brado e semi-brado con utilizzazione diretta dell’erba dei pascoli naturali e soprattutto dei prodotti della macchia mediterranea. La mungitura si protrae per 5-6 mesi dopo la separazione dei capretti e viene praticata uno o due volte al giorno a seconda del livello produttivo. La produzioni medie oscillano tra i 120 e 300 kg in relazione alle condizioni di allevamento e al genotipo degli animali. I tenori di grasso e proteine risultano mediamente elevati, ma sono notevolmente variabili in funzione del genotipo e delle condizioni di allevamento.

Razza Saanen È una razza originaria della Svizzera che si è diffusa in molti paesi europei e extra europei. E’ ad attitudine lattifera e molto produttiva in termini quantitativi. I capi adulti arrivano a produrre 900 litri di latte in 300 giorni. Presenta un aspetto slanciato, ha una testa piccola, leggera e fine, profilo fronto-nasale rettilineo, orecchie lunghe; il maschio ha la barba e possono presentare o meno corna. Le femmine arrivano a pesare circa 70 Kg e i maschi oltre gli 80/100 Kg. Il mantello è bianco o rosato ed è la tipica razza da allevamento intensivo.

(18)

17

Razza Sarda La capra Sarda è una razza locale allevata quasi esclusivamente in Sardegna. È una razza autoctona di media taglia incrociata nel tempo con altre razze, in particolare con la Maltese; il mantello può avere una

colorazione variabile ma è più

frequentemente il colore bianco e grigio. È caratterizzata da un profilo fronto-nasale quasi rettilineo, le orecchie di media lunghezza e larghezza con portamento quasi orizzontale. Le corna possono essere presenti o assenti. È dotata di buona rusticità e ciò la rende capace di utilizzare al meglio le scarse risorse foraggere e la ridotta disponibilità di acqua nei mesi estivi. Ha una discreta attitudine lattifera: la produzione media di latte è circa 200 litri per lattazione, 160 litri per le primipare e circa 225 litri per le pluripare. Viene allevata in allevamenti medi o grandi, prevalentemente allo stato semi-estensivo o intensivo con l’utilizzazione diretta dell’erba dei pascoli naturali o dei prodotti della macchia Mediterranea.

Razza Alpina Questa razza è originaria della Svizzera, detta anche

scamosciata per il mantello simile a quello del camoscio. È una razza di taglia medio grande, la testa relativamente piccola, leggera e fine, il profilo fronto-nasale rettilineo e i maschi spesso presentano una caratteristica barba sotto il mento, le orecchie sono lunghe, pendenti di lato e le corna possono essere assenti o presenti. La produzione di latte è variabile: in media le pluripare producono circa 528 litri di latte per lattazione. È una razza che viene allevata in piccoli, medi e grandi allevamenti sia allo stato semi- stabulato che in strutture a stabulazione permanente.

(19)

18

Razza Maltese La razza maltese ha le sue lontane origini nel versante medio- orientale del bacino del Mediterraneo. È una razza di taglia media con

mantello di colore bianco con testa

relativamente piccola e leggera, profilo fronte- nasale rettilineo, le orecchie sono lunghe, larghe e pendenti con la tendenza ad avere le estremità rivolte verso l’esterno, le corna possono essere presenti o assenti.

Anche questa razza ha una buona attitudine lattifera: le produzioni medie sono di circa 243 litri per le primipare e 377 litri per le pluripare. Normalmente viene allevata in piccoli, medi e grandi allevamenti, allo stato brado, semibrado e stabulato e si adatta bene al sistema stallino intensivo.

Razza Murciano Granadina È originaria del sud-est della Spagna. La sua rusticità la rende una razza di grande interesse per i paesi caldi e aridi. È una razza di taglia media, con testa leggera con profilo dritto, con orecchie piccole e quasi orizzontali. È caratterizzata da buone produzioni di latte circa 900 kg. Viene allevata in sistemi estensivi ma anche semi-estensivi e intensivi.

Il Piano HACCP

L’HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) è un sistema di autocontrollo che ogni operatore del settore alimentare deve mettere in atto al fine di valutare pericoli e rischi e stabilire misure di controllo per prevenire l’insorgere di problemi che possano compromettere la sicurezza dell’alimento per la salute dei consumatori.

(20)

19

atte a controllare le condizioni operative dell’industria alimentare in modo da garantire condizioni ambientali favorevoli alla produzione di alimenti salubri. I prerequisiti necessari sono:

- norme di buona fabbricazione; - norme di buona prassi igienica; - procedure operative standard (SOP);

- procedure operative standard di sanificazione (SSOP).

Una volta appurati e garantiti i prerequisiti, si può procedere con l’elaborazione del piano HACCP che si articola in cinque fasi preliminari e in sette principi fondamentati.

Fasi preliminari:

1. Formazione dell’HACCP team, costituito da diverse figure professionali, sia interne che esterne all’azienda, con competenze nel settore chimico, microbiologico, tossicologico ecc.

2. Descrizione del prodotto, dal punto di vista chimico-fisico e igienico-sanitario, e del processo produttivo a cui è sottoposto, compresa la descrizione delle metodiche di conservazione e della shelf-life.

3. Identificazione della destinazione d’uso del prodotto che comprende la definizione delle modalità d’uso del prodotto (previa cottura o consumata tal quale), il target di destinazione e la categoria di consumatori a cui è destinato.

4. Costruzione del diagramma di flusso ossia una rappresentazione schematica di tutte le fasi che costituiscono il processo produttivo, a partire dalla materia prima fino al prodotto finale. Esso deve essere verificato mediante un’ispezione dell’intero processo produttivo.

5. Elaborazione piano dei prerequisiti.

I sette principi fondamentali:

1° Principio: analisi dei pericoli associati ad ogni fase del processo produttivo analizzato e valutazione del rischio in base alla gravità intrinseca e alla probabilità di accadimento.

(21)

20

almeno di due livelli (CCP1 e CCP2). I CCP1 sono rappresentati da una procedura o fase del processo in cui il pericolo può essere eliminato mentre i CCP2 sono fasi del processo o procedure in cui il pericolo non viene eliminato ma viene tenuto sotto controllo.

Un Punto Critico di Controllo, per essere definito tale, deve essere facilmente misurabile, rapidamente misurabile e prevedibile. In caso contrario, si tratta di un PRPo (programma operativo dei prerequisiti).

- 3° Principio: determinazione del limite critico, per ogni Punto Critico di Controllo, che separa l’accettabilità dall’inaccettabilità e che deve essere osservato per assicurare che ogni punto critico sia sotto controllo.

- 4° Principio: Monitoraggio dei Punti Critici di Controllo, necessario per capire se un CCP è effettivamente sotto controllo o meno.

- 5° Principio: Determinazione delle misure correttive da applicare in caso di deviazione di un CCP.

- 6° Principio: Determinazione delle procedure di verifica atte a valutare la conformità del piano HACCP e a stabilire il corretto funzionamento del medesimo.

(22)

21

Diagramma di Flusso e Punti Critici di Controllo (CCP-HACCP) del Flor di Capra

Documento: Diagramma di Flusso PIANO HACCP Pag. 1 di 1

Emissione-Prodotto: Flor di Capra Sostituisce:

HACCP - PRPo = prequisito operativo: misura specifica di controllo mirato ad un pericolo. Al PRPo è correlata ad una operazione di processo, ma non ha le caratteristiche per essere classificato come un CCP.

N.B. Aggiunta di Panna Caprina Revisione HACCP per produzioni prova.

PROCESSO DI PRODUZIONE

Salamoia

Ambiente Impianti e materiali

2. Coagulazione

8. Rivoltamento e sosta nei castelletti /carrelli Reparto

produzione formaggi

Fase del processo

Responsabilità

INDICA IL PERICOLO DI UN PUNTO CRITICO DI CONTROLLO (CCP o PRPo)

3. Rottura della cagliata

Ingredienti Utenze 1. Latte in polivalente con ingredienti 6. Formatura 9. Stufatura, acidificazione Cella stoccaggio 4.Semi-cottura cagliata Caglio liquido di vitello Fermenti liofilizzati 10. Rivoltamento 12. Sosta e rivoltamenti 13. Salatura in salamoia 20. Incartonamento e pallettizzazione 18. Porzionatura e confezionamento in atmosfera protettiva. 21.Stoccaggio refrigerato (cella picking) Cella Koopmans Immissione CO2 14.Stagionatura 16. FORMA INTERA: confezionamento sottovuoto 17. Porzionatura in Mezza Forma e confezionamento sotto vuoto

Formatore Chalon Megard Acciaio inox - teflon

7. Eventuale rifinitura manuale prodotto negli stampi Castelletti / carrelli Acciaio inox 11. Rientro in stufatura Camera calda stufatura Produzione formaggi Produzione formaggi Locale Salamoie 15. Affinatura Locale Confez. 16.1. Stoccaggio refrigerato e sconfezionamento Locale spedizione Cella piking Acqua potabile riscaldata Sale Acqua Vapore Vapore

Trattamento crosta con Natamicina (E 235)

Trattamento in crosta con soluzione acquosa acidi grassi /

oli vegetali

Caldaia in acciaio inox

Stampi in materiale plastico

Griglie metalliche

Magazzino automatico Brikman (trattamento

superficiale)

Film multistrato (ATP) Sacco plastico

Cella di raffreddamento Aria

fredda

Confezionatrice Leonardo per porzionato in Atmosf. protettiva Confezionatrice Saccardo in acciaio inox e polimeri

flessibili

(sottovuoto forma intera)

Porzionatrice Gelmini in acciaio inox e polimeri flessibili

18.1.Stoccaggio refrigerato Operatore Produzione formaggi Operatore Magazzino Operatore confezionamento Magazziniere Operatore spedizione 5. Spurgo cagliata Siero dolce per ricotta Spugnatura superficiale Sfridi per Form. fusi e/o grattugiati

19. Esame al Metal detector

CCP Corpi estranei 3

22. Spedizione

Sfridi per Form. fusi e/o grattugiati Cella

stufatura

Locale spedizione

A. Ricevimento Latte crudo Caprino B. Stoccaggio refrigerato D. Pastorizzazione Panna Caprina C. aggiunta ingredienti lattieri 19. TRATTAMENTO TERMICO PASTORIZZAZIONE 2 PRESENZA DI INIBENTI 1

(23)

22

Processo di Produzione:

Documento: Diagramma di Flusso PIANO HACCP Pag. 1 di 1

Emissione-Prodotto: Flor di Capra Sostituisce:

HACCP -

PRPo = prequisito operativo: misura specifica di controllo mirato ad un pericolo. Al PRPo è correlata ad una operazione di processo, ma non ha le caratteristiche per essere classificato come un CCP.

N.B. Aggiunta di Panna Caprina Revisione HACCP per produzioni prova.

PROCESSO DI PRODUZIONE

Salamoia

Ambiente Impianti e materiali

2. Coagulazione

8. Rivoltamento e sosta nei castelletti /carrelli Reparto

produzione formaggi

Fase del processo

Responsabilità

INDICA IL PERICOLO DI UN PUNTO CRITICO DI CONTROLLO (CCP o PRPo)

3. Rottura della cagliata

Ingredienti Utenze 1. Latte in polivalente con ingredienti 6. Formatura 9. Stufatura, acidificazione Cella stoccaggio 4.Semi-cottura cagliata Caglio liquido di vitello Fermenti liofilizzati 10. Rivoltamento 12. Sosta e rivoltamenti 13. Salatura in salamoia 20. Incartonamento e pallettizzazione 18. Porzionatura e confezionamento in atmosfera protettiva. 21.Stoccaggio refrigerato (cella picking) Cella Koopmans Immissione CO2 14.Stagionatura 16. FORMA INTERA: confezionamento sottovuoto 17. Porzionatura in Mezza Forma e confezionamento sotto vuoto

Formatore Chalon Megard Acciaio inox - teflon

7. Eventuale rifinitura manuale prodotto negli stampi Castelletti / carrelli Acciaio inox 11. Rientro in stufatura Camera calda stufatura Produzione formaggi Produzione formaggi Locale Salamoie 15. Affinatura Locale Confez. 16.1. Stoccaggio refrigerato e sconfezionamento Locale spedizione Cella piking Acqua potabile riscaldata Sale Acqua Vapore Vapore

Trattamento crosta con Natamicina (E 235)

Trattamento in crosta con soluzione acquosa acidi grassi /

oli vegetali

Caldaia in acciaio inox

Stampi in materiale plastico

Griglie metalliche

Magazzino automatico Brikman (trattamento

superficiale)

Film multistrato (ATP) Sacco plastico

Cella di raffreddamento Aria

fredda

Confezionatrice Leonardo per porzionato in Atmosf. protettiva Confezionatrice Saccardo in acciaio inox e polimeri

flessibili

(sottovuoto forma intera)

Porzionatrice Gelmini in acciaio inox e polimeri flessibili

18.1.Stoccaggio refrigerato Operatore Produzione formaggi Operatore Magazzino Operatore confezionamento Magazziniere Operatore spedizione 5. Spurgo cagliata Siero dolce per ricotta Spugnatura superficiale Sfridi per Form. fusi e/o grattugiati

19. Esame al Metal detector

CCP Corpi estranei 3

22. Spedizione

Sfridi per Form. fusi e/o grattugiati Cella

stufatura

Locale spedizione

A. Ricevimento Latte crudo Caprino B. Stoccaggio refrigerato D. Pastorizzazione Panna Caprina C. aggiunta ingredienti lattieri 19. TRATTAMENTO TERMICO PASTORIZZAZIONE 2 PRESENZA DI INIBENTI 1

(24)

23

Descrizione Prodotto e Identificazione della destinazione d’uso.

Informazioni Logistiche e caratteristiche di confezionamento Logistics Information and packaging characteristics

Codice prodotto Item Code

G09

EAN prodotto EAN code Product

2209757

EAN imballo

EAN code Packaging

98003046460017-98003046460024 Codice TARIC TARIC Code 04069086 Codice HS Tipo confezione/formato

Type of packing/format peso variabile

Cylindrical shape 22, nacked crust, variable weight

Unità di vendita/Sale Unit Pezzo

One piece

Tipo di imballo/Type of pack Cartone Carton box

N° unità per imballo Number of units per pack

2

N° imballi per strato Number of packs per layer

7

N° strati per pallet

Number of layers per pallet

7

N° imballi per pallet Number of packs per pallet

49

N° unità per pallet Number of units per pallet

(25)

24 Misure cm ( LxBxH) Size cm (LengthxWidthxHeight) Confezione 10-12 Package Imballo (43,2x22,5x13,5) Packing Pallet (80x 120 x108,5) Pallet Peso netto in kg / (Net weight) kg >3,000<4,000

Tara confezione in g/Tare package (g) Crosta nuda/Crust Naked Peso lordo confezione in kg

Package Gross weight(kg)

>3,000 < 4,000

Tara imballo in g /Tare pack (g) 340

Peso lordo imballo in Kg/Pack gross weight(Kg) 7,340 Peso netto pallet in Kg/Pallet net weight (Kg) 343 Peso lordo pallet in Kg/Pallet gross weight (kg) 379,660

Identificazione Lotto/Batch number AA/GGG-BATCH DI LAVORAZIONE /

YY-DDD-BATCH PROCESSING

Caratteristiche del prodotto/Product Characteristics Origine /Provenienza

Origin/Provenance

Origine del latte: Italia Origin of milk: Italy Bollo CE/Bollo CE IT 20 096CE / IT 20 096CE Descrizione del prodotto

Product description

Formaggio caprino semi-stagionato Hard Goat’s cheese

Ingredienti Ingredients

Latte di capra, sale, caglio Goat’s milk, salt, rennet Sostanze che provocano allergie

e intolleranze

Substances that cause allergies and intolerances

LATTE/LATTOSIO

MILK/LACTOSE

OGM/OGM Assenti/Absents

Radiazioni ionizzanti Ionizing radiations

Assenti Absents Scadenza/TMC

Shelf life/ Expiry date

Da consumarsi preferibilmente entro il 120 gg Best before 120 days

Modalità di trasporto Transport conditions

Temperatura controllata da +1° C a +8°C con automezzi refrigerati idonei

Controlled temperature between +1°C and +8°C with suitable refrigerated vehicles Modalità di conservazione

Storage conditions

Conservare in frigorifero da +1° C a +8°C Keep refrigerated between +1°C and +8°C

(26)

25 Destinazione d’uso

Use

Prodotto indicato per tutte le categorie di consumatori ad eccezione di coloro che sono allergici al latte e intolleranti al lattosio

This product is suitable for all consumers except for those who are allergic to milk and intolerant to lactose/ Crosta non edibile, trattato in superficie con conservante E235/ Cheese inedible rind, surface treated with a preservative E235

Modalità d’uso/Suggestions Pronto al consumo/Ready for consumption Dichiarazione Nutrizionale per 100g

/Nutritional Information 100 g

Caratteristiche Chimico-Fisiche Chemical-physical characteristics

Energia/Energy KJ 1561 / Kcal 376 Grasso sulla s.s.%/ Fat on dry matter % 46 Grassi/Fat g 30 Umidità % Humidity% 35 di cui saturi/of which saturated g 22 Sostanza secca %/Dry Matter % 65 Carboidrati/Carbohydrates g 1,5 AW/AW 0,95 di cui zuccheri/of which sugar g 0,4 pH/pH 5,15 Proteine/Proteins g 25 Brix%/Brix%

Sale /Salt g 2,5 Viscosità/Viscosity

Fibre/Fiber Peso specifico 15°C o 25°C/

Specific weight 15°C or 25°C Calcio/ Calcium mg 728

Caratteristiche microbiologiche/Microbiological characteristics Carica Batterica Totale

Total microbial count

- Escherichia Coli Escherichia Coli  100 ufc/g  100 cfu/g Enterobatteriaceae Enterobatteriaceae  100 ufc/g  100 cfu/g

Stafilococchi coagulasi positivi Staphylococchus positive coagulase  10 ufc/g  10 cfu/g Listeria Monocytogenes Listeria Monocytogenes Assente in 25g Absent in 25g

Caratteristiche organolettiche/Organoleptic characteristics

Aspetto/Appearance Crosta liscia/ Smooth rind Consistenza/Texture Compatta/Compact

Colore/Colour Bianco leggermente

paglierino/Straw coloured white

Struttura/Structure Solida/Solid

Odore/Smell Caratteristico/Characteristic Tipo di pasta/ Type of paste Semi-dura/ soft-hard Sapore/Taste Dolce aromatica/Sweet aromatic Stagionatura/Aging 45 gg/ 45 days

Altri parametri tecnologici/Other technological parameters Trattamento termico (tempo/temperatura)

Thermal treatment ≥ 72°C per 15” ≥ 72°C for 15” Temperatura di coagulazione Temperature of coagulation 38°C

(27)

26 Fermenti

Fermentation

Ceppi batterici selezionati liofilizzati / Selected lyophilized bacteria

Caglio Rennet Liquido di vitello Liquid veal Tipo di rottura Breaking-up Mais-Nocciola Corn-Hazelnut pH dopo 24h

pH calculated After 24hours Temperatura/Umidità stagionatura

Temperature/Humidity of the seasoning process

8°C, 85% U.R.

Salatura: Salting

(28)

27

I trattamenti termici del latte.

Il lattedestinato al consumo umano diretto deve aver subito, in un’impresa che tratta il latte, almeno un trattamento termico ammesso (legge n.169/89). Lo scopo è ridurre e/o eliminare gli agenti patogeni e quelli responsabili di eventuali alterazioni al latte, garantendone la sicurezza e migliorandone la conservabilità senza, o con la minima possibile, riduzione o modifica delle sue caratteristiche compositive e nutritive; si sfrutta il calore per la sua azione battericida e l’effetto di inattivazione sugli enzimi. Nel settore lattiero- caseario si applicano diversi tipi di trattamento termici corrispondenti a diversi livelli di abbattimento microbico e di conseguenza si ottengono prodotti con diversi tempi di conservabilità. Infatti in funzione della conservabilità richiesta, i trattamenti impiegati vanno da blande termizzazioni, che conferiscono al latte una durata di alcuni giorni, fino a severe sterilizzazioni, che permettono di arrivare a 12 mesi e oltre di shelf life. I vari trattamenti termici a cui il latte può essere sottoposto, differenziati dalle temperature e dai tempi impiegati sono riportati nella tabella 3.

TIPO DI LATTE TRATTAMENTO TERMICO OBIETTIVO

Termizzato 57-68°C per 15-20 sec Stabilizzazione del latte crudo;

Pastorizzato 72°C per 15 sec

Abbattimento di tutti i germi patogeni; migliore conservabilità a basse temperature.

Alto pastorizzato >80°C per circa 10-20 sec

Prolungamento della conservabilità a basse temperature.

Sterilizzato nei contenitori 110-120° per 18-22 min

Prolungamento della conservabilità a temperatura ambiente per 180 giorni

Sterilizzato UHT 130-150°C per 1-3 sec

Prolungamento della conservabilità a temperatura ambiente per 90 giorni

(29)

28

La Pastorizzazione

La pastorizzazione è un processo di risanamento termico, a temperature inferiori a 100°C, idoneo ad assicurare la distruzione di tutti i microrganismi patogeni (es. Mycobacterium tubercolosis, Brucella abortus) e di parte rilevante della flora microbica saprofita, con limitate alterazioni delle caratteristiche chimiche, fisiche e organolettiche del latte. Con questo trattamento termico si produce un abbattimento della carica microbica del 97-99%, escludendo le spore e i microrganismi termoresistenti che sopravvivono a tale processo. I fattori che influenzano l’efficacia del trattamento sono due: la carica microbica iniziale, che deve essere bassa per ottimizzare il trattamento, ed il binomio tempo-temperatura. Vi sono vari tipi di pastorizzazione: lenta e rapida.

Nella pastorizzazione bassa o lenta (L.T.L.T.), il latte raggiunge la temperatura di 65°C per circa 30 minuti. Ma questa tecnica ormai è stata abbandonata per il lungo tempo impiegato e per l’alto costo. La pastorizzazione alta o rapida (H.T.S.T.) avviene a temperature tra i 72-80°C per circa 15 secondi.

Le alte temperature permettono di inattivare microbi nocivi come Escherichia Coli, ma anche particolari enzimi del latte quali la fosfatasi alcalina. Proprio per questo il controllo dell’efficacia del trattamento termico viene effettuata tramite la ricerca analitica della Fosfatasi alcalina, la cui prova deve dare esito negativo mentre la lattoperossidasi deve risultare positiva. La fosfatasi alcalina è infatti un enzima termolabile che viene completamente inattivato a temperature intorno ai 62°C, mentre la persistenza della lattoperossidasi nel latte pastorizzato è adottata come indice di buona qualità del prodotto in quanto è inattivata da trattamenti termici ad alta temperatura (80°C), quindi a condizioni più drastiche di quelle necessarie per un normale processo di pastorizzazione. Per salvaguardare i molteplici aspetti qualitativi del latte, nelle legislazioni di vari paesi e nelle norme comunitarie sono stati introdotti parametri analitici di controllo delle condizioni minime di trattamento. Secondo quanto riportato dalla legge 169 del 3 maggio 1989 e nel DPR 54/97, il latte pastorizzato deve possedere le seguenti caratteristiche:

1. essere ottenuto mediante un trattamento che comporti un’elevata temperatura per un breve periodo di tempo o mediante trattamento di pastorizzazione che impieghi diverse combinazioni di tempo e temperatura raggiungendo un effetto equivalente; 2. presentare una reazione negativa alla prova della fosfatasi e positiva alla prova della

perossidasi;

(30)

29

alla prova della perossidasi a condizione che sulle confezioni venga riportata un’indicazione con la dicitura pastorizzato a temperatura elevata;

4. al trattamento termico deve seguire un rapido raffreddamento che porti il latte nel più breve tempo possibile ad una temperatura non superiore ai 6°C;

5. deve avere un contenuto in sieroproteine solubili non denaturate non inferiore all’11% delle proteine totali, e non inferiore al 14% delle proteine totali nel latte fresco pastorizzato, e non inferiore al 15,5% delle proteine totali nel latte fresco pastorizzato di alta qualità.

La pastorizzazione degli alimenti liquidi si compie tramite scambiatori di calore che possono essere tubolari, a superficie raschiata oppure a piastre che sono costituiti da piastre metalliche sovrapposte, su cui scorre da un lato il liquido da trattare, dall’altro un fluido riscaldato a temperatura richiesta; i due fluidi vengono fatti scorrere in direzioni opposte e in sottili strati, in modo da rendere più efficiente lo scambio termico e assicurarsi che tutto il liquido alimentare raggiunga la temperatura voluta. Il funzionamento di un pastorizzatore, può essere riassunto come segue:

 Preriscaldamento del latte per circolazione del latte freddo nelle piastre in controcorrente con il latte caldo pastorizzato;

 Riscaldamento di pastorizzazione vera e propria con acqua calda o vapore;

 Mantenimento del latte a temperatura di pastorizzazione per il tempo necessario mediante circolazione dello stesso nella sezione di sosta;

 Raffreddamento del latte pastorizzato per cessione del calore al latte freddo in arrivo;  Raffreddamento finale del latte con acqua fredda circolante tra le piastre nella sezione

(31)

30

Processo di Produzione del Formaggio

La tecnologia casearia ha come scopo quello di regolare le variazioni fisiche-chimiche-batteriologiche del latte idonee a trasformarlo in cagliata e successivamente in formaggio da fresco a stagionato. I parametri che esercitano un’influenza più o meno positiva sulla produzione del formaggio sono: la temperatura, l’umidità, le attrezzature, l’ambiente, il tempo e l’esperienza del casaro.

Ricevimento del Latte e Preparazione della Materia Prima

Il latte crudo arriva in Azienda, dopo la mungitura degli animali attraverso dei tir refrigerati. Il latte ricevuto in ingresso viene sottoposto a una serie di analisi prima di essere destinato alle diverse aree di lavorazione. Il primo parametro rilevato è la temperatura che è essenziale affinché il latte conservi le sue caratteristiche organolettiche; successivamente viene determinato il pH per verificare lo stato di freschezza del latte e l’acidità che viene espressa in gradi Soxhelt-Henkel i quali corrispondono agli ml di NaOH 0.25 N necessari per neutralizzare 100 ml di latte (6-8 SH°/100 in un latte caprino conforme); l’indice crioscopico o punto di congelamento del latte viene calcolato dal crioscopio di Beckmann, il quale opera misurando la temperatura alla quale congela il latte raffreddandolo in un bagno fino a -7 °C. Si ottiene l’indice crioscopico sottraendo il dato ricavato dalla misurazione con la temperatura di congelamento dell’acqua. Il valore che si dovrà ottenere per giudicare il latte conforme è -0.55: risultati superiori a questo limite, quindi tendenzialmente più vicini allo zero, possono rivelare eventuali annacquamenti. Nel latte in ingresso vengono inoltre eseguite delle analisi atte a ricercare l’eventuale presenza di sostanze inibenti (antibiotici) sia con il metodo rapido Betastar che con il metodo più lungo Delvotest.

Attraverso dei kits basati sul principio immunocromatografico, nel formato di striscia-test, viene eseguita la determinazione della presenza di latte vaccino nel latte ovino o caprino oppure di latte caprino nel latte di pecora.

Inoltre con lo strumento MilkoScan™ Minor vengono determinatele componenti principali quali Grasso, Proteine e Lattosio. Solo dopo che l’esito delle analisi descritte viene giudicato conforme, si può procedere allo svincolo del latte e al suo trasferimento nei tank di stoccaggio.

Il latte destinato alla produzione del formaggio viene stoccato ad una temperatura di circa 4 °C in serbatoi refrigerati localizzati nell’area del Reparto Produzione Formaggi. In base alla pianificazione della produzione giornaliera, il latte viene prelevato dai tank tramite mezzi

(32)

31 meccanici e inviato nello scambiatore a piastre.

Aggiunta Panna - Trattamento termico/ Pastorizzazione

Prima dell’avvio del trattamento termico si procede al risciacquo e alla sanificazione degli attrezzi e dell’impianto. È a questo livello che si è aggiunta la panna per la standardizzazione del Formaggio Flor di Capra in modo tale che anch’essa subisse il processo di pastorizzazione. L’aggiunta di quest’ultima per ogni lotto di produzione è stata effettuata in quantità proporzionale alle caratteristiche del latte utilizzato permettendo di mantenere costante il rapporto grasso/proteine ai livelli considerati ottimali.

La fase della pastorizzazione, come già descritto precedentemente, prevede l’applicazione di un trattamento termico mediante il quale si eliminano tutti i batteri patogeni eventualmente presenti nel latte crudo, e nel nostro caso, anche nella panna.

Trasferimento alla Polivalente e Aggiunta Fermento

Durante il trattamento termico, che avviene nel pastorizzatore, il latte raggiunge la temperatura impostata a cui segue una sosta di circa 60 secondi; nello stesso impianto il latte caldo entra in contatto con delle piastre che contengono del vapore freddo e continua il suo percorso fino a raggiungere la caldaia di coagulazione detta appunto polivalente. In base alla tipologia di prodotto da realizzare si stabilisce il tipo e la quantità di fermenti da inoculare all’interno della vasca di coagulazione. Tale processo regola le fasi di acidificazione e maturazione del latte dalla caldaia alla stagionatura. Le colture utilizzate sono fermenti ad inoculo diretto in caldaia. A seconda della temperatura di sviluppo ottimale i fermenti si dividono in:

 Termofili (temperatura ottimale di sviluppo 35-46 °C);  Mesofili (temperatura ottimale di sviluppo 25-36 °C)

I fermenti utlizzati per la produzione del Formaggio Flor di Capra sono dei ceppi batterici liofilizzati.

Aggiunta caglio

La coagulazione del latte è il passaggio tecnologico principale e il più delicato, durante il quale la materia prima si trasforma passando dallo stato liquido o di soluzione allo stato solido o di gelatina dovuto a una parte delle proteine. Infatti le molecole di caseine, grazie

(33)

32

all’acidificazione del latte (coagulazione prevalentemente acido-lattica) e/o all’intervento dell’enzima chimosina presente nel caglio (coagulazione prevalentemente presamica), a temperatura tra i 25 e i 30/35 °C, si destabilizzano creando dei legami fra di loro. Il reticolo gelatinoso che si forma ingloba buona parte degli altri componenti principali: grassi, sali minerali, vitamine, microrganismi e parte dell’acqua. L’aggiunta del caglio viene fatta sia in base alla tipologia di prodotto da realizzare, sia in base alle caratteristiche di pH e acidità del latte, che influenzano i tempi di presa e d’indurimento della cagliata. Come dice la parola stessa il caglio è una sostanza che ha la capacità di coagulare il latte. A seconda della provenienza si divide in:

Caglio animale (da stomaci di bovino, agnello, capretto). Caglio microbico (estratto da microbi).

Il caglio può essere sotto forma di polvere, liquido ed in pasta. I principali componenti del caglio sono la chimosina e la pepsina. Il nostro prodotto viene realizzato con aggiunta di caglio che presenta un rapporto di chimosina/pepsina di 75/25: quantità che viene appunto utilizzata per formaggi a stagionatura più lunga. Il caglio viene normalmente aggiunto dopo circa dieci minuti dall’inoculo fermenti, tempo utile all’idratazione degli stessi. Dopo l’aggiunta del caglio occorre fermare il movimento rotatorio del latte. Ha così inizio la fase di coagulazione che si divide in:

Fase di presa (nella quale il latte passa dallo stato liquido a quello gelatinoso)

Fase di indurimento (tempo necessario per arrivare alla consistenza del coagulo prevista per il tipo di lavorazione).

Il tempo di coagulazione è il tempo che intercorre tra l’aggiunta del caglio e il raggiungimento della giusta consistenza della cagliata.

Rottura del Coagulo e Taglio della Cagliata

Il latte è una sostanza liquida che grazie all’azione/effetto della chimosina presente nel caglio si trasforma in stato gelatinoso/budinoso.

I tempi di presa e di coagulazione (che avviene ad una temperatura di 34 °C) rientrano nelle schede di ricetta di ogni prodotto. Quando la cagliata raggiunge la consistenza desiderata si procede ad impostare la giusta velocità di rotazione degli organi di taglio della polivalente. Attraverso la rottura della cagliata avviene la separazione della parte solida, ovvero la cagliata vera e propria, dalla parte liquida, ovvero il siero. La cagliata diventerà formaggio

(34)

33

mentre il siero che viene allontanato dalla caldaia viene destinato alla produzione della ricotta. La dimensione della rottura della cagliata va in base al glomerulo caseoso che si vuole ottenere. Per i formaggi a pasta molle la rottura è grossolana (40-50 mm), mentre invece per i formaggi a pasta dura e granulosa è più fine (3-4 mm). Il taglio della cagliata del Flor di capra è la cosiddetta a chicco di mais proprio perché essendo un formaggio semi-stagionato necessita di una rottura più fine per agevolare la sineresi o spurgo del glomerulo caseoso.

Riscaldamento Cagliata

Il riscaldamento indiretto della cagliata o cottura della cagliata caratterizza la sineresi del granulo di cagliata. Questa fase aiuta a far uscire dalla massa caseosa il siero e restringe il diametro della micella caseinica rendendola più elastica e morbida e il formaggio più consistente. In base al ciclo di lavorazione programmato, la cagliata viene riscaldata in agitazione all’interno della polivalente attraverso l’utilizzo del vapore, sino al raggiungimento della temperatura desiderata. Nel caso del nostro prodotto la temperatura di riscaldamento avviene a circa 38°C.

Formatura

La cagliata spurgata dal siero al punto desiderato, viene immessa in stampi o fascere dove inizia a legare e a prendere una forma ben definita. La formatura prevede le seguenti fasi: Selezione del formato dello stampo

Immissione omogenea della cagliata all’interno degli stampi

Ribaltamento della cagliata negli stampi con lo scopo di rendere omogenea la pasta e favorire lo spurgo.

L’estrazione avviene tramite convogliamento della cagliata e siero nel macchinario automatizzato (ChalonMegard) che la disporrà direttamente all’interno degli stampi.

Stufatura

La cagliata dopo formatura viene trasferita all’interno della camera di stufatura che avviene ad una temperatura di circa 30-40 °C al fin di favorire la sineresi della cagliata e la proliferazione della flora microbica selezionata. L’esposizione del formaggio a temperatura

(35)

34

e umidità elevate serve a far proseguire contemporaneamente, in modo armonico, l’acidificazione e lo spurgo del siero, per ottenere un tenore di pH della cagliata ed acidità del siero finale di sgrondo come previsto dai valori ottimali della tecnologia utilizzata. Durante questa fase si effettuano circa 3-4 ribaltamenti del formaggio al fine di ottenere un uguale spurgo sulle due facce. L’azione combinata di acidificazione e spurgo è realizzata abbinando la stufatura che determina una forte spinta di acidificazione dovuta all’azione dei batteri e la sosta del formaggio a temperatura ambiente favorendo così la flora microbica mesofila. I valori di acidità finale variano a seconda della tipologia di formaggio prodotta. Una buona acidificazione nelle 3-4 ore che seguono l’estrazione ostacola lo sviluppo di microrganismi inquinanti. Al termine del processo di stufatura, per ciò che concerne il Flor di Capra, dopo che si è raggiunto il pH desiderato (circa 5.50) il prodotto viene estratto dalla camera calda e sistemato in area di lavorazione a temperatura ambiente nella quale subirà un ulteriore ribaltamento. Il pH ora sarà di circa 5.10.

Salatura

La salatura del formaggio consiste nel trattamento con una soluzione di acqua e sale, detta appunto salamoia. La salatura in salamoia può avvenire sulla superficie o per immersione sin quando non si è raggiunto il valore di acidità richiesta dal tipo di tecnologia. La salatura ha lo scopo di:

Bloccare il ciclo di acidificazione Dare sapidità al prodotto

Rallentare lo sviluppo di tutti i microrganismi.

Nel caso del nostro Flor di Capra, esso viene lasciato in salamoia per 24 ore alla temperatura di 10 °C e grado di salinità pari a 22 gradi Baumé. A tal proposito la salamoia è sottoposta a controlli quotidiani di tre importanti parametri quali:

Grado di salinità con valori compresi tra 16 e 23 °Bè

Controllo dell’acidità (il pH deve essere compreso tra 4,9-5.3) Controllo della temperatura (circa 13-15 °C)

Il tempo di permanenza dei formaggi in salamoia dipende dalla dimensione dei formaggi;,i formaggi dalle maggiori dimensioni necessitano di un prolungamento del tempo di mantenimento in salamoia. La permanenza dipende inoltre sia dalla consistenza, intesa come umidità (poiché i formaggi a lunga stagionatura si salano più lentamente), sia dal grado di

Riferimenti

Documenti correlati

Structured languages do not need a real parsing, since the syntax-tree associated with their sentences is already ”embed- ded” therein; thus, their recognizing automata only have to

Giovanni Villani fa comparire sulla scena del delitto, oltre al seminatore di discordie Mosca Lamberti, anche Lambertuccio degli Amidei, padre della ragazza che Buondelmonte

At the microscopic evaluation, the colon of animals treated with DNBS + amitriptyline and DNBS + otilonium bromide showed the same type of alterations observed in

However the first reports conducted on patients affected by idiopathic uveitis has failed to demonstrate a role for this gene in this disease; two stud- ies conducted on a large

In our series of 145 patients undergoing IC, female patients present greater burden than male patients in cognitive functioning, as well in future perspective, but

coli O157:H7 during production and ripening period of Formaggelle di capra (a traditional goat cheese of Insubria region, in Northern Italy) by using artificially contaminated

Nasce da qui l'esigenza di una diversificazione produttiva (realizzabile soprattutto dalle PMI) in grado di coinvolgere e rilanciare l'intero settore lattiero

308Miglioramento dell’efficienza biologica delle produzioni animali 309 Stress ambientali nelle produzioni animali.. Qualificazione del sistema alimentare nell'allevamento della capra