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Trapianto autologo di cellule staminali periferiche con due diversi regimi di condizionamento in pazienti affetti da linfoma: analisi prospettica della incidenza e della mortalità della enterocolite (NEC).

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Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Direttore Prof. Gaetano Pierpaolo Privitera

CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA

Tesi di laurea magistrale

“Trapianto autologo di cellule staminali periferiche con due

diversi regimi di condizionamento in pazienti affetti da linfoma:

analisi prospettica della incidenza e della mortalità della

enterocolite (NEC).”

RELATORE

Chiar.mo Prof. Mario Petrini

Dott. Edoardo Benedetti

CANDIDATO

Sig. Francesco Pardini

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Abstract

Introduzione

L’enterocolite del paziente neutropenico (NEC) è una temibile complicanza ad alta mortalità che può insorgere nei pazienti sottoposti a terapia antineoplastica. La scarsa specificità della sua sintomatologia, febbre e dolore addominale, trova nella documentazione imaging, mediante eco o TC, di un ispessimento della parete intestinale superiore a 4 mm, un elemento fondamentale al fine di porre diagnosi.

Obiettivi

Lo studio si propone di determinare l’incidenza, la morbilità e la mortalità della NEC nei pazienti affetti da linfoma sottoposti a trapianto autologo di cellule staminali, confrontando i due regimi di condizionamento utilizzati per effettuare il trapianto (BEAM e FEAM); l’impatto che ha l’insorgenza di tale complicanza sui giorni di ricovero dei pazienti colpiti; la comparazione dell’efficacia dei due regimi di condizionamento sui tassi di remissione completa a 100 giorni dal trapianto, sulla PFS e sull’OS dei pazienti sottoposti ai due regimi.

Materiali e metodi

Sono stati arruolati 155 pazienti affetti da linfoma sottoposti a trapianto autologo di cellule staminali dal 2002 al maggio del 2017; ogni paziente è stato sottoposto ad un’ecografia addominale prima di ricevere la chemioterapia mediante apparecchio trasportabile Esaote My-Lab 25 munito di sonda convex con frequenza da 3.5-5 MHz per lo studio dei parenchimi addominali e dell’intestino e con sonda lineare da 7.5 MHz per l’analisi dettagliata dell’intestino. L’ ecografia è stata ripetuta quando uno o una combinazione dei seguenti sintomi è comparsa: febbre e/o diarrea e/o dolore addominale. Per la diagnosi di NEC occorreva riscontrare un ispessimento della parete intestinale superiore ai 4 mm. Qualora sia stata effettuata la diagnosi, l’ecografia è stata ripetuta nei giorni successivi, qualora insorgesse un nuovo sintomo, o prima della dimissione.

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Risultati

L’incidenza della NEC è risultata significativamente più elevata (p=0,02) nei pazienti condizionati con regime FEAM (24,7% vs 41,8%); per verificare se tale dato fosse tempo-dipendente i pazienti sono stati suddivisi in 2 blocchi temporali per ciascun condizionamento. I BEAM sono stati suddivisi in episodi diagnosticati dal 2002 al 2006 (Incidenza=11,1%) e dal 2007 al 2011 (Incidenza=36,5%). I FEAM dal 2011 al 2013 (Incidenza=43,3%) e dal 2014 al 2017 (Incidenza=40%). L’unico periodo in cui si è avuta un’incidenza inferiore di NEC (p=0,003) per quanto riguarda la significatività statistica è stato quello dal 2002 al 2006, dato correlato all’expertise ecografica che si è affinata negli anni successivi. La febbre non è risultata un elemento fondamentale per fare diagnosi, essendo assente alla diagnosi nel 28,6% dei pazienti. La mortalità complessivamente riscontrata è stata dell’8,5%.

L’analisi dei tempi di ricovero ha mostrato una durata inferiore per i pazienti che non hanno avuto NEC rispetto a quelli che l’hanno avuta (p=0,037). Anche in questo caso la valutazione è stata scorporata negli analoghi blocchi temporali. La durata dei ricoveri è risultata significativamente maggiore (p=0,014) nel gruppo di pazienti ricoverati dal 2002 al 2006, confermando la correlazione con l’expertise ecografica.

La conversione in remissione completa (CR) dello stato di malattia di pazienti non in CR al momento del trapianto non è risultata significativamente differente nei due gruppi (p=0,523).

Non si è avuto il riscontro di una differenza statisticamente significativa tra i due condizionamenti per quando riguarda la PFS (p=0,613) e l’OS (0,080)

Conclusioni

L’ecografia bed-side effettuata all’insorgenza di uno o più sintomi (febbre, dolore, diarrea), consente di effettuare una diagnosi precoce di NEC, riducendo pertanto la mortalità conseguente a tale patologia all’8,5%.

L’incremento dell’incidenza di NEC riscontrato è riconducibile al miglioramento dell’expertise ecografica.

(5)

L’aumentata expertise ecografica ha consentito di rendere i tempi di ricovero dei pazienti colpiti da NEC sovrapponibili a quelli dei pazienti che non sviluppano questa complicanza.

L’ecografia bed-side dell’intestino eseguita precocemente è pertanto da considerarsi fondamentale nel processo diagnostico della NEC.

Non ci sono differenze in termini di tassi di remissione completa, PFS, e OS tra i regimi di condizionamento BEAM e FEAM.

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INDICE

1. Introduzione: I linfomi

1

1.1 I linfomi: definizione, epidemiologia, clinica 1

1.1.1 I linfomi di Hodgkin 1

1.1.2 I linfomi non-Hodgkin 3

1.2 I linfomi: diagnosi e stadiazione 4

1.3 Il ruolo del trapianto autologo nel linfoma 11

1.3.1 Il ruolo del trapianto autologo nel linfoma di Hodgkin 11

1.3.2 Il ruolo del trapianto autologo nel linfoma follicolare 12

1.3.3 Il ruolo del trapianto autologo nel linfoma diffuso a grandi cellule B 12

1.3.4 Il ruolo del trapianto autologo nel linfoma mantellare 13

1.4 I regimi impiegati e i risultati attesi nel trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche 14

1.5 Complicanze della terapia antineoplastica 16

2. Enterocolite del paziente neutropenico

(Neutropenic enterocolitis, NEC)

18

2.1 Definizione 18

2.2 Epidemiologia e fattori di rischio 18

2.3 Fattori eziopatogenetici e fisiopatologia 20

2.4 Clinica e caratteristiche imaging eco e TC 21

2.5 Diagnosi 26

2.6 Diagnostica differenziale 28

2.7 Gestione terapeutica 33

2.8 Prognosi 37

Scopo della tesi

38

3. Materiali e metodi

38

(7)

3.2 Selezione dei pazienti 38 3.3 Analisi ecografica 40 3.4 Analisi statistica 46

4. Risultati

47

5. Discussione

59

Bibliografia

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1

1. Introduzione: I linfomi

1.1 I linfomi: definizione, epidemiologia, clinica

I linfomi sono un gruppo eterogeneo di neoplasie maligne del sistema linfoide, sono definiti come un gruppo di tumori derivanti dai linfociti, e pertanto etichettati come “neoplasie solide” del sistema immunitario1. Lo sviluppo di tale patologia è da ricondurre alla proliferazione incontrollata di un clone neoplastico linfocitario, in varie fasi della sua maturazione, ad esempio, le neoplasie a cellule B mature, presentano al loro interno numerose entità nosologiche classificate comparando l’immunofenotipo e il genotipo delle cellule tumorali con il normale sviluppo della cellula B. Pertanto questi tumori possono derivare da qualunque stadio dello sviluppo della cellula B matura2. Storicamente i linfomi vengono suddivisi in due grandi categorie, i linfomi di Hodgkin e i linfomi non Hodgkin

1.1.1 I linfomi di Hodgkin

Il linfoma di Hodgkin presenta una composizione cellulare unica nel suo genere, in cui tipicamente una minoranza di cellule B neoplastiche, dette cellule di Reed-Sternberg, (benché poi esistano una serie di varianti) si trova immersa in un contesto ricco di cellule infiammatorie3. Il linfoma di Hodgkin viene poi diviso in due sottogruppi:

 Linfoma di Hodgkin classico, a sua volta diviso in:

- Linfoma di Hodgkin classico, variante sclerosi nodulare - Linfoma di Hodgkin classico, variante a cellularità mista - Linfoma di Hodgkin classico, variante ricca in linfociti

- Linfoma di Hodgkin classico, variante con deplezione linfocitaria

(9)

2

L’incidenza del linfoma di Hodgkin in Europa risulta essere di 2,5 casi per 100000 abitanti per il linfoma di Hodgkin classico, e di 0,3 casi per 100000 abitanti per il linfoma di Hodgkin a prevalenza linfocitaria nodulare4. Un’interessante particolarità epidemiologica è la presenza di una curva bimodale di distribuzione della malattia rispetto all’età. Essa infatti mostra due picchi di incidenza, il primo nella fascia di età tra i 20 e i 30 anni, il secondo dopo i 65 anni, con la maggioranza dei pazienti appartenenti all’età giovane-adulta5. La gran parte dei pazienti si presenta alla valutazione clinica con evidenza della malattia, più spesso con un linfonodo di dimensioni ingrandite in assenza di sintomatologia dolorosa dello stesso, o con una massa riscontrata ad un esame di imaging toracico, segni che possono essere estremamente aspecifici e risultare persino più compatibili con una patologia infettiva. Al momento della diagnosi spesso risultano presenti da mesi i sintomi cosiddetti B secondo la stadiazione di Ann-Arbor, ossia febbre (con temperatura persistente sopra 38°C), sudorazione notturna, perdita di peso (oltre il 10% del peso corporeo nei precedenti sei mesi) e prurito così come altri sintomi e segni, quali l’astenia e la linfoadenopatia a volte tale da produrre persino masse mediastiniche che determinano, a causa delle loro dimensioni, discomfort e sintomi respiratori6.

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3

1.1.2 I linfomi non Hodgkin

Sono un variegato numero di neoplasie derivanti da cellule progenitrici delle linee B e T, da cellule mature delle linee B e T, e, raramente, da cellule Natural Killer Negli Stati Uniti il linfoma non Hodgkin si posiziona al quinto posto delle neoplasie più frequentemente diagnosticate, con un’incidenza che negli anni 70-80, aumentando del 3-4% annuo è raddoppiata rispetto al periodo precedente, e che ancora oggi continua ad aumentare di circa un 1-2% all’anno, raggiungendo oggi i 10,3 e i 6,6 casi per 100000 abitanti l’anno, considerando rispettivamente il sesso maschile e il sesso femminile7 con una maggior frequenza di presentazione con l’avanzare dell’età, al punto che oggi metà delle nuove diagnosi è in soggetti che superano i 70 anni di età8.

Anche il comportamento clinico è molto variegato e dipende, in maniera importante, dalla variante istologica e dall’area di coinvolgimento della malattia, presentando a volte carattere indolente, mentre altre volte si caratterizza per una forte aggressività e rapidità di progressione.

 Le forme aggressive hanno presentazione acuta, o subacuta, caratterizzata dalla comparsa di una massa che cresce rapidamente, con la presenza dei sintomi B (sopra citati in merito al linfoma di Hodgkin) e/o con un aumento agli esami ematochimici dell’LDH sierico e dell’acido urico. Le più frequenti condizioni di linfoma aggressivo sono il linfoma diffuso a grandi cellule B, il linfoma di Burkitt, la leucemia/linfoma a cellule T dell’adulto, i linfomi/leucemie a precursori B e T9,10

 Le forme indolenti hanno presentazione insidiosa, con una massa che cresce lentamente, accompagnata da epatomegalia, splenomegalia o citopenia. Frequenti condizioni di linfoma indolente sono il linfoma follicolare, la leucemia linfatica

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4

cronica/linfoma a piccoli linfociti, il linfoma splenico della zona marginale9,11.

 Il linfoma mantellare è invece definito “indolente, ma con progressione più rapida”; esso si presenta in oltre un terzo dei casi con i sintomi B, con una linfoadenopatia evidente nel 75% dei casi, mentre nel 25% il coinvolgimento è extranodale ab

initio12.

Circa la metà dei pazienti affetti da linfoma non Hodgkin sviluppano una malattia secondaria extranodale, e tra il 10 e il 35% dei soggetti hanno alla diagnosi un linfoma extranodale primitivo9.

1.2 Linfomi: diagnosi e stadiazione

La diagnosi di linfoma parte dall’esame obiettivo, mediante la palpazione di eventuali tumefazioni nelle sedi linfonodali superficiali, ed è coadiuvata dall’esecuzione di esami imaging quali la PET-TC, soprattutto per i linfomi “avidi di FDG”13, la TC, per i meno “avidi”, e l’ecografia; gli esami di imaging presentano inoltre grande utilità nella stadiazione della malattia e nel follow-up. La diagnosi di linfoma, tuttavia, è prettamente istologica, ed è fatta mediante la biopsia completa di un linfonodo e la successiva analisi istopatologica che consentirà di definire le caratteristiche della cellula tumorale, dell’infiltrato linfonodale e il pattern di coinvolgimento linfonodale.

La modalità di stadiazione impiegata è la stadiazione secondo Ann-Arbor riportata nella Tabella 1:

(12)

5 TABELLA 1.1

Tabella 1.1 Classificazione di Ann-Arbor con modificazioni di Costwold per i linfomi14

Ciascun istotipo possiede poi una serie di criteri utili per definire la prognosi, e conseguentemente, le strategie terapeutiche.

(13)

6

 Il linfoma di Hodgkin in stadio I-II di Ann-Arbor viene ulteriormente suddiviso in linfoma a prognosi favorevole o sfavorevole, in funzione di una serie di caratteristiche che vari gruppi hanno cercato di definire, riportate nella tabella 1.2

TABELLA 1.2

Tabella 1.2 Fattori prognostici negativi nel linfoma di Hodgkin in stadio precoce.14,15

(14)

7

 Il linfoma di Hodgkin in stadio avanzato (III-IV di Ann-Arbor) invece viene stratificato mediante l’International Prognostic Score (IPS) riportato nella tabella 1.3

TABELLA 1.3

Tabella 1.3 International Prognostic Score per il Linfoma di Hodgkin.16,17

(15)

8

 Nel linfoma follicolare, principale istotipo di linfoma non Hodgkin indolente, viene utilizzato, al fine di definire la prognosi l’indice FLIPI riportato nella tabella 1.4

TABELLA 1.4

Tabella 1.4 Follicular Lymphoma International Prognostic Index.11,18

(16)

9

 Il linfoma a grandi cellule B diffuse, più frequente tipologia di linfoma non Hodgkin aggressivo, presenta invece come indice prognostico il R-IPI riportato nella tabella 1.5

TABELLA 1.5

Tabella 1.5 Revised International Prognostic Index (R-IPI) per il DLBCL. 19-21

(17)

10

 Il linfoma mantellare è dotato di un comportamento clinico unico nel suo genere, che lo pone in una posizione intermedia tra le forme indolenti e quelle aggressive; la sua stratificazione prognostica spetta ad un indice specifico per questa patologia, il MIPI, riportato nella tabella 1.6

TABELLA 1.6

(18)

11

1.3 Il ruolo del trapianto autologo nel linfoma

1.3.1 Il ruolo del trapianto autologo nel linfoma di

Hodgkin

Il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche (ASCT), nel linfoma di Hodgkin, trova due principali indicazioni: pazienti che non rispondono alla terapia di prima linea, detti “refrattari” (progressione durante il trattamento, o recidiva entro tre mesi dalla fine del trattamento), e pazienti che hanno una recidiva dopo la remissione completa.

Pertanto l’autotrapianto risulta essere lo standard di cura per i pazienti con linfoma di Hodgkin recidivato; l’intervento prevede l’esecuzione di una chemioterapia di condizionamento con schema BEAM (carmustina, citarabina, etoposide, melphalan), o FEAM24 (fotemustina, citarabina, etoposide, melphalan) a cui segue la

reinfusione delle cellule staminali (CD34) autologhe

precedentemente raccolte con un target di cellule da infondere di almeno 2x106 CD34/Kg di peso corporeo del paziente25. Il trapianto autologo è poi un’opzione terapeutica impiegabile nella malattia primariamente refrattaria, poiché, a differenza dei linfomi non-Hodgkin, in cui l’autotrapianto non risulta essere una terapia di salvataggio efficace nei tumori chemiorefrattari, nei linfomi di Hodgkin sembra essere una buona soluzione in chi non ha risposto a terapie di prima e di seconda linea26

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12

1.3.2 Il ruolo del trapianto autologo nel linfoma

follicolare

La principale indicazione al trapianto autologo nel linfoma follicolare è nei soggetti con meno di 65 anni con recidiva di malattia estesa o precoce; è stato infatti dimostrato il vantaggio in termini di PFS e di OS nei pazienti sottoposti a questa metodica, che non avevano ricevuto Rituximab in prima linea27. Anche nei pazienti sottoposti a Rituximab in prima linea è stato però confermato il vantaggio in termini di PFS e OS, se avviati a una chemioterapia ad alte dosi a cui viene fatto seguire il trapianto autologo28. Ad oggi l’autotrapianto è un trattamento, al quale vengono sottoposti i pazienti che abbiano preferibilmente, ma non necessariamente, una malattia chemiosensibile, e, preferibilmente in remissione completa al momento del trapianto29.

1.3.3 Il ruolo del trapianto autologo nel linfoma diffuso

a grandi cellule B

Il trapianto autologo nel linfoma diffuso a grandi cellule B è riservato ai pazienti con recidiva di malattia che dopo essere stati trattati con una terapia di salvataggio, solitamente la DHAP (Desametasone 40 mg os/die giorni 1-4, Citarabina 2000 mg/m2 ogni 12 h, IV in 2 h di infusione il giorno 2, Cisplatino 100 mg/m2 IV infusione in 24 ore, il giorno 1) combinata a Rituximab (375 mg/m2 IV il giorno 0), qualora la malattia sia risultata sensibile a questi farmaci, ricevono una chemioterapia ad alte dosi con successivo trapianto autologo30.

Tra le terapie di condizionamento utilizzate, il protocollo BEAM, con la possibilità di utilizzare in fase di condizionamento anche il Rituximab (il giorno -2 alla dose di 375mg/m2)31. Non ci sono comunque ad oggi certezze sul regime di condizionamento più utile da usare in assenza di studi randomizzati di confronto, un altro

(20)

13

regime impiegato è il R-FEAM, che è stato dimostrato avere tossicità e tempi di attecchimento favorevoli nella comparazione con R-BEAM32.

1.3.4 Il ruolo del trapianto autologo nel linfoma

mantellare

A differenza degli altri istotipi di linfoma non Hodgkin, nel linfoma mantellare il trapianto autologo ha indicazione ad essere effettuato come terapia di prima linea, nello specifico sottogruppo del paziente giovane sintomatico: viene perciò effettuata una

chemioterapia ad alte dosi con schema HyperCVAD

(Ciclofosfamide 300 mg/m² 6 dosi/al giorno IV nei giorni 1-3, Vincristina 1,4-2 mg IV nei giorni 4-11, Doxorubicina 50 mg/m² IV nei giorni 4-5, Desametasone 40 mg/al giorno nei giorni IV o per os 1-4 e 11-14), alternato a Citarabina ad alte dosi (3 mg/m² ogni 12 ore per un totale di 4 dosi, IV, giorni 2-3), con o senza Methotrexate 200 mg/m² per 2h e poi 800 mg/m² per 22h IV, nei giorni 1-2, (esistono infatti anche protocolli che aggiungono questo farmaco). Al raggiungimento della remissione completa viene eseguito condizionamento mieloablativo con R-BEAM o R-FEAM e successivo trapianto di cellule staminali autologhe che avevano ricevuto “purging” in vivo con Rituximab, determinando una PFS a 5 anni del 66% e un OS del 70%33.

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14

1.4 I regimi impiegati e i risultati attesi nel

trapianto autologo di cellule staminali

ematopoietiche

Identificare il regime di condizionamento ottimale è fondamentale al fine di migliorare ulteriormente la prognosi dei pazienti affetti da linfoma di Hodgkin e da linfoma non Hodgkin refrattario o recidivante. Il regime di condizionamento ideale dovrebbe colpire le cellule maligne residue, con un impatto minimo sugli organi e sugli apparati sani34.

Uno dei regimi più utilizzati nel trapianto di midollo è il regime BEAM35; esso consiste nella somministrazione, a seguito di una chemioterapia ad alte dosi e il conseguente recupero di cellule staminali periferiche, di una combinazione di farmaci così disposta:

- Carmustina 300 mg/m2 x 1/die al giorno -7 dal trapianto

- Etoposide 200 mg/m2 x 1/die dal giorno – 5 al giorno -2 dal trapianto

- Citarabina 200 mg/m2 x 2/die dal giorno – 5 al giorno -2 dal trapianto

- Melphalan 140 mg/kg/die x 1/die al giorno -1 dal trapianto36,37 L’utilizzo del regime di condizionamento BEAM e il successivo trapianto di cellule staminali autologhe precedentemente raccolte, ha determinato l’attecchimento dei neutrofili (valori > 0.5 × 10⁹/L) con un tempo mediano di 10 giorni; la mortalità a 100 giorni dal trapianto è risultata pressoché inesistente38; l’impiego del BEAM nel trapianto autologo di linfoma ha dimostrato un incremento della PFS a tre anni dal 39 all’81%, e a cinque anni dal 35 al 69%35,39,40. La mortalità tossicità-correlata (TRM) del regime BEAM, è risultata in media del 10%, con variazioni dallo 0 al 18%35; come tossicità acute sono state riscontrate gravi mucositi (che talvolta

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15

hanno richiesto l’uso di nutrizione parenterale), nausea e vomito, diarrea, epatotossicità, nefrotossicità e complicanze polmonari non infettive35,41-44. La più frequente tossicità tardiva, comune a tutti i regimi che impiegano Carmustina è risultata la fibrosi polmonare con conseguente riduzione della capacità di diffusione polmonare, riscontrata in una percentuale tra il 16 e il 64% di soggetti esposti alla carmustina45.

In ragione di tali tossicità, e dei costi della carmustina sono stati sviluppati una serie di regimi di condizionamento alternativi; tra questi il regime di condizionamento FEAM, che prevede l’inserimento, in sostituzione della carmustina, della fotemustina, una cloroetilnitrosurea di terza generazione che contiene un gruppo portatore di fosfoalanina legato al radicale nitrosureico24,32. Essa viene somministrata al dosaggio di 150 mg/m2 ai giorni -7 e -6 dal trapianto; a differenza delle altre nitrosuree la fotoemustina non ha mostrato significativa tossicità polmonare mostrando tassi di PFS a due anni dal 73 all’83% e tassi di OS dall’85 all’88%24,32; i tassi di mortalità trattamento correlati sono risultati del 2-3%, e le principali tossicità riscontrate sono state mucosali e gastrointestinali. I risultati finora ottenuti hanno descritto miglioramenti nell’efficacia e nell’impatto delle tossicità di tale regime, benché la durata breve del follow-up non consenta ancora di valutarne gli effetti a lungo termine24,32.

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1.5 Complicanze della terapia antineoplastica

La chemioterapia convenzionale risulta associata a una mortalità del 15% al primo ciclo, che scende, nei cicli successivi, al 5%; essa dipende in larga parte da infezioni che insorgono durante il periodo di neutropenia. La conta dei neutrofili consente di classificare, secondo i criteri del National Cancer Institute, 5 gradi di tossicità della chemioterapia, descritti nella tabella 1.746

TABELLA 1.7

Grado Conta dei neutrofili (x10^9/L)

0 Ai limiti della norma

1 Tra 1,5 e 2

2 Tra 1 e 1,5

3 Tra 0,5 e 1

4 Sotto 0,5

Tabella 1.7 Gradi di tossicità ematologica della chemioterapia antineoplastica46

I pazienti che ricevono una chemioterapia intensiva che sviluppano neutropenia sono da ritenere, secondo le linee guida della Infectious Diseases Society of America, a rischio elevato qualora la neutropenia si protragga per oltre 7 giorni, e la conta dei neutrofili scenda sotto 100/mm3 (0,1x10^9/L), coesistendo importanti quadri di comorbilità ed instabilità clinica; qualora il quadro si risolva entro 7 giorni il rischio è definito basso47.

La chemioterapia contribuisce inoltre ad aumentare il rischio infettivo, anche a causa della citotossicità che esprime direttamente nei confronti delle cellule, soprattutto su quelle a rapida proliferazione, come quelle della mucosa intestinale; non è un caso che i siti più frequentemente coinvolti dalle infezioni siano cute, prime vie aeree e polmoni, vie urinarie e tratto gastrointestinale.

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17

Un’importante complicanza dei soggetti sottoposti a chemioterapia intensiva per linfomi è costituita dall’Enterocolite del paziente neutropenico (NEC).

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2. Enterocolite del paziente neutropenico

(Neutropenic Enterocolitis, NEC)

2.1 Definizione

L’enterocolite del paziente neutropenico, anche nota come tiflite (τυφλὸς in greco antico significa cieco), è una condizione grave che colpisce pazienti immunocompromessi48. Essa è un’entità clinica descritta inizialmente nelle leucemie pediatriche, e che in seguito è stata riscontrata in pazienti adulti affetti da neoplasie ematologiche, quali leucemie, linfomi, mieloma multiplo, anemia aplastica, sindromi mielodisplastiche, ma anche in numerose altre condizioni di immunosoppressione quali l’AIDS, la terapia di tumori solidi, il trapianto di organi solidi49. Inizialmente la NEC era considerata un’affezione esclusiva dell’area ileocecale, a causa della ridotta vascolarizzazione di tale zona; successivamente è stato dimostrato che essa coinvolge anche in larga parte altre porzioni del colon50. Studi recenti che correlano le immagini raccolte mediante TC con l’istopatologia e le valutazioni cliniche mostrano che il quadro di NEC è limitato al cieco nel 28% dei casi, mentre un coinvolgimento più esteso del colon è presente nel 75% dei casi. Inoltre sono state dimostrate anormalità del piccolo intestino nel 66% dei casi51.

2.2 Epidemiologia e fattori di rischio

La reale incidenza della NEC è al momento sconosciuta, probabilmente a causa della mancanza di uniformità nella definizione della patologia, e per la comune presenza di sintomi riconducibili alla malattia in altre affezioni gastrointestinali. Alcuni studi hanno classificato la sua incidenza allo 0,8%52. Cartoni e colleghi, in uno studio retrospettivo, hanno mostrato la presenza di

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segni clinici compatibili con NEC nel 6% dei casi, con dimostrazione ecografica di ispessimento della parete intestinale nella metà di questi pazienti, ossia nel 3%53. L’incidenza della NEC, desunta da un’analisi sistematica della letteratura prodotta fino al 2004, è stata ritenuta, nei pazienti ricoverati per neoplasie ematologiche, per chemioterapia ad alte dosi in tumori solidi, o per anemia aplastica del 5,3%54. Ulteriori valutazioni in merito invece

sembrano mostrare un’incidenza molto maggiore di tale patologia, dovute anche all’aumento della varietà e dell’utilizzo di farmaci antineoplastici, al punto che essa risulta essere presente nel 50% dei pazienti neutropenici che presentano sintomi tipici, quali febbre, dolore addominale e diarrea55,56. Ad oggi il tasso di mortalità è stimato tra il 50 e il 100%57,58, con la maggior parte dei decessi dovuti a perforazione intestinale, sanguinamento, o a sepsi incontrollata con evoluzione in shock settico. Verosimilmente questi dati potranno migliorare con una diagnosi precoce, e con un tempestivo inizio di una adeguata terapia che nella maggior parte dei casi è medica ma in alcuni casi selezionati prevede l’intervento chirurgico50.

Principale, ma non esclusivo fattore di rischio nello sviluppo della patologia è la somministrazione di chemioterapia mielotossica, infatti la NEC è riportata in pazienti con leucemia acuta, specialmente se ricevono una chemioterapia citotossica intensiva ad esempio con citarabina o idarubicina; essa però è stata riportata anche in pazienti affetti da altre patologie neoplastiche quali linfomi e tumori solidi, AIDS, e si può anche verificare in pazienti con anemia aplastica o neutropenia ciclica, pur senza la somministrazione di chemioterapia citotossica. Recenti studi hanno mostrato un’associazione tra NEC e tassani (docetaxel e paclitaxel) e vinorelbina, farmaci impiegati nel trattamento di varie neoplasie, ad esempio del polmone, della mammella e dell’ovaio54,57,59-61.

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Altri farmaci comunemente impiegati nella terapia di tumori solidi quali 5-Fluorouracile, capecitabina, ciclofosfamide, ifosfamide, cisplatino, carboplatino sono risultati associati a NEC62-64.

Questi studi supportano il concetto che una chemioterapia intensiva in grado di produrre mucosite potrebbe essere associata al rischio di sviluppare NEC. In uno studio di Gil e colleghi l’incidenza della NEC nel setting del trapianto autologo è stata pari al 12%65. Altri fattori di rischio sembrano essere anomalie intestinali preesistenti quali diverticolite, infiltrazione tumorale, precedenti interventi chirurgici50.

2.3 Fattori eziopatogenetici e fisiopatologia

La patogenesi della NEC resta perlopiù sconosciuta, ed è probabilmente multifattoriale66 La stessa neutropenia risulta essere un fattore, dal momento che essa riduce la risposta immune contro l’invasione del tessuto intestinale da parte della flora microbica. Ulteriori fattori coinvolti nella patogenesi sembrano essere il danno mucosale diretto e la distruzione della normale architettura della mucosa da parte della chemioterapia antineoplastica e/o da parte delle radiazioni impiegate in radioterapia; l’infiltrazione leucemica o linfomatosa della parete; emorragie intramurali dovute a grave trombocitopenia; uno “shift” della flora microbica intestinale da semplici commensali a patogeni opportunisti, soprattutto nei pazienti ospedalizzati e in quelli recentemente trattati con terapia antimicrobica o antifungina57. L’interazione di mediatori proinfiammatori dal lume intestinale con i fattori dell’immunità innata gioca un ruolo importante nella genesi di tale sindrome clinica; è stato descritto il valore predittivo di alcuni marker quali la Proteina C Reattiva e l’interleuchina 8 in questa sindrome67. La visione diretta dell’intestino durante l’intervento chirurgico o al tavolo autoptico ne mostra l’ispessimento e l’edema, con ulcere,

(28)

21

ecchimosi ed emorragie di vario grado; le aree gravemente ulcerate possono essere ricoperte da essudati fibrinosi ricchi di detriti cellulari. La perforazione risulta essere presente nel 5-10% dei casi68. I più evidenti reperti microscopici sono l’edema di mucosa e sottomucosa, con emorragie, necrosi e uno scarsissimo essudato infiammatorio costituito di cellule mononucleate, in particolare linfociti, plasmacellule ed istiociti, ma privo di neutrofili, come logicamente consegue alla presenza di una grave neutropenia53. Come in altre infezioni addominali la NEC ha frequentemente un’eziologia polimicrobica con un ruolo patogenetico legato a molteplici specie batteriche e talvolta micotiche. Molti studi hanno mostrato l’infiltrazione nella parete intestinale o nel liquido peritoneale di bacilli Gram negativi, di cocchi Gram positivi, di batteri anaerobi e di specie di Candida. La batteriemia è presente in meno del 50% dei casi, con l’isolamento colturale di vari

microrganismi usualmente presenti nell’intestino quali

Pseudomonas Aeruginosa, Escherichia Coli, varie specie di Klebsiella, Streptococchi viridans, anaerobi quali Bacteroides e Clostridium50,61,66,69. È stata molto enfatizzata l’importanza in queste condizioni del Clostridium Septicum, suggerendo pertanto che la sepsi fulminante e la conseguente morte fosse più frequente quando questo organismo era isolato da pazienti con NEC70. Meno frequente è la fungemia con isolamento perlopiù di Candida

Albicans, ma anche di altre specie di Candida, Aspergillus, Tricosporon71.

2.4 Clinica e caratteristiche imaging eco e TC

Reperti clinici comunemente ritrovati nei pazienti affetti da NEC sono febbre, dolore addominale, distensione addominale, diarrea e sanguinamento intestinale, come mostrato dalla tabella 2.1

(29)

22 TABELLA 2.1

Tabella 2.1 Caratteristiche cliniche dell’enterocolite del paziente neutropenico72

Talvolta può essere presente ileo paralitico, ma è relativamente poco frequente. Queste manifestazioni sono non specifiche, e possono essere associate a numerose altre condizioni di patologia gastrointestinale. Occasionalmente si può avere l’assenza di una reazione febbrile, soprattutto nei pazienti gravemente immunocompromessi, o in chi riceve terapia steroidea o con altri farmaci immunosoppressori. La febbre, comunque è presente in

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23

larga parte dei pazienti, così come il dolore addominale, la cui distribuzione è però estremamente variabile. Molti pazienti hanno infatti dolore addominale diffuso, ma questi reperti possono essere limitati a quadranti specifici in funzione della localizzazione e dell’estensione del coinvolgimento addominale. La distensione addominale può essere riscontrata fino nel 66% dei pazienti. In una minoranza di pazienti i sintomi addominali possono risultare minimi, o possono evolvere nel corso del tempo. Occasionalmente le manifestazioni cliniche possono risultare in peggioramento al recupero dalla neutropenia, a causa del ripristino della risposta infiammatoria50. I pazienti necessitano di essere attentamente monitorati anche dopo il recupero dalla neutropenia poiché complicazioni quali sanguinamento, perforazioni o formazione di ascessi50.

Gli studi imaging radiologici sono il più attendibile strumento di diagnosi, e si sono dimostrati utili anche a predire la prognosi del paziente. La Rx diretta dell’addome è ritenuta di limitato valore diagnostico a causa della sua scarsa sensibilità e della aspecificità dei reperti73. L’ecografia ha una più ampia applicazione ed è stata utilizzata con successo per lo studio di anomalie intestinali quali la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa, e per la valutazione di complicanze intestinali nei pazienti neutropenici74,75.

Gli elementi ecotomografici di rilievo sono la dimostrazione dell’ispessimento della parete intestinale o la presenza di una massa rotondeggiante con densi echi centrali, e un’ampia periferia ipoecogena76. L’ispessimento di parete può avere anche ulteriori modalità di presentazione che vanno da una completa cancellazione del lume con impossibilità di distinguere gli strati di parete intestinale, a una diminuzione del numero di strati che si presenta con una zona a risoluzione intermedia con media ecogenicità; talvolta si possono apprezzare setti murali iperecogeni protrudere

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24

all’interno del lume; essi, come dimostrato da reperti autoptici, corrispondono a zone di parete necrotica74,77,78.

L’imaging ecografico è inoltre risultato utile per monitorare il

decorso clinico della NEC, dimostrando riduzione misurabile dell’ispessimento di parete nei pazienti che rispondono alla terapia53. L’ecografia al letto del malato deve essere preferita nei pazienti che non possono essere facilmente trasportati alle strutture di radiologia per varie ragioni, o quando l’esposizione a radiazioni ionizzanti può comportare problemi50.

Figura 2.1 Scansione ecografica: la parete del colon appare fortemente ipoecogena, priva dei fisiologici ispessimenti di parete ed ispessita (11mm), con la mancata visualizzazione del “pattern” ad “haustra”. Il lume è distorto (v. frecce bianche). Ci sono linee fortemente iperecogene che circondano la parete ispessita, compatibili con fissurazioni contenenti gas (v. frecce nere)79

(32)

25

. Figura 2.2 Scansione TC: visione del colon ascendente con la parete ispessita e gas all’interno delle strutture di parete (v. frecce)79.

Figura 2.3 Immagine ecografica raccolta nel reparto di Ematologia dell’Ospedale Santa Chiara di Pisa che mostra un ispessimento della parete intestinale di (6,6 mm, vn ≤ 4mm)

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26

Figura 2.4 Immagine TC appartenente allo stesso paziente studiato in figura 2.3. Le dimensioni della parete intestinale sono esattamente sovrapponibili.

2.5 Diagnosi

Diagnosticare la NEC, fino a poco tempo fa, è stato difficoltoso, quasi controverso, in parte per la mancanza di una chiara definizione della sindrome, così come per la mancanza di criteri diagnostici specifici. La ricerca sistematica effettuata da Gorschluter nel 2005 condotta con l’analisi di 145 articoli (64 report di singoli casi, 30 discussioni di due/tre casi, 13 reviews narrative, 34 serie di casi retrospettivi con più di tre casi, e 4 studi prospettici diagnostici) ha concluso che il termine Enterocolite del neutropenico presenta nel nome stesso tre elementi fondamentali per la diagnosi:

1. La neutropenia

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27

3. L’infiammazione deve interessare l’intestino

A questi occorre aggiungere ulteriori criteri patogenetici quali la presenza di infezione, la sua invasività e che essa non sia determinata da Clostridium difficile. Pertanto lo studio di Gorschluter classifica come criteri diagnostici per la NEC:

- Presenza di febbre (temperatura ascellare > 38°C, o rettale >38,5°C)

- Dolore addominale (quantificato in almeno grado 3 su una scala analogica visiva con gradi da 1 a 10)

- Riscontro imaging di un ispessimento della parete intestinale superiore a 4 mm in scansione trasversale, che interessa almeno 30 mm di intestino in qualunque sua porzione in scansione longitudinale54

La crescita delle informazioni sulla patologia e le sue caratteristiche imaging, e l’aumento della disponibilità della TC, hanno consentito di riadattare i criteri diagnostici, rendendoli più definiti e standardizzati; essi pertanto includono, come criteri maggiori:

- Presenza di neutropenia (neutrofili < 500*10^9/L)

- Ispessimento all’imaging ecografico o TC della parete intestinale superiore a 4 mm in scansione trasversale per un tratto di intestino lungo almeno 30 mm

- Febbre con temperatura orale o rettale > 38.3°C (un subset di pazienti potrebbe non avere febbre o presentare addirittura ipotermia)

e, come criteri minori: dolore addominale (quantificato in almeno grado 3 su una scala analogica visiva con gradi da 1 a 10),

distensione addominale, crampi addominali, diarrea,

sanguinamento gastrointestinale inferiore. È importante peraltro escludere l’infezione da Clostridium Difficile, la GVHD e altre

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28

sindromi addominali. La patologia deve essere contestualizzata mediante esame emocromocitometrico, per valutare il grado di neutropenia, le eventuali trombocitopenia e anemia; effettuare i test della coagulazione e studiare la funzione epatica e renale del paziente. Sono controindicate la RX col pasto baritato, per il rischio di perforazione ed emorragia di una parete intestinale necrotica, e la colonscopia poiché l’insufflazione e la manipolazione possono esitare in perforazione50.

2.6 Diagnostica differenziale

Numerose sono le patologie che si pongono in diagnosi differenziale con l’enterocolite del paziente neutropenico, sostanzialmente raggruppabili in tre categorie sulla base della loro eziopatogenesi, ossia infezioni opportunistiche, affezioni iatrogene, complicanze della patologia primaria; tutte queste condizioni possono presentarsi con quadri che ricordano l’addome acuto (le cui manifestazioni, proprio a causa dell’immunocompromissione, possono risultare talvolta molto sfumate)80

TABELLA 2.2

Infezioni opportunistiche

- Colite pseudomembranosa - Enterocolite del neutropenico - Colite/esofagite/gastrite da CMV - Enterite da micobatteri

- Gastrite da Criptosporidium - Colangite AIDS correlata

- Ascessi epatosplenici da

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29 Condizioni iatrogene - GVHD intestinale - Ulcera peptica da corticosteroidi/farmaci immunosoppressori - Pancreatiti da corticosteroidi

- Calcolosi renale da Indinavir (anti-HIV)

- Disturbo venoocclusivo epatico da farmaci antineoplastici

- Aggravamento di patologie

infiammatorie intestinali pregresse da radioterapia Complicanze della malattia primitiva - Perforazione intestinale - Ostruzione/invaginazione intestinale - Emorragie gastroenteriche

- Ostruzioni delle vie biliari

Tabella 2.2 cause di addome acuto nel paziente immunocompromesso80

La colite pseudomembranosa è una patologia infettiva a carico del colon causata dalle tossine prodotte da una crescita incontrastata di

Clostridium Difficile nel colon. Benché sia considerata tipicamente

una condizione causata da un eccesso di terapia antibiotica, la sua frequenza sta aumentando nei pazienti immunocompromessi. Essa si manifesta con diarrea, disidratazione, dolore addominale, febbre e leucocitosi. La maggior parte dei pazienti risulta essere asintomatica, o presenta solo sintomi lievi; nei casi gravi invece tale patologia può esitare in megacolon tossico o perforazione a causa della necrosi dell’intero segmento di colon coinvolto80. La diagnosi si basa sull’isolamento della tossina batterica su campione fecale e la presenza, alla sigmoidoscopia, delle caratteristiche placche rilevate mucosali di colore giallastro, che producono le pseudomembrane. L’imaging fornisce un grande aiuto per la diagnosi, mostrando come un importante ispessimento della

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30

mucosa colica (6-28mm), associato ad ascite consenta di fare diagnosi di colite pseudomembranosa con elevata probabilità di successo81. L’ispessimento di parete è infatti una caratteristica presente con altissima frequenza in questa patologia, benché esso non sia un segno molto specifico; caratteristico è il “segno della fisarmonica”82. L’ispessimento, nella colite pseudomembranosa presenta dimensioni medie tra gli 11 e i 15 mm, pertanto più ampio rispetto all’ispessimento medio della parete intestinale nella NEC, quantificabile intorno ai 7 mm, inoltre è tipicamente assente la pneumatosi intestinale, presente invece nel 20% dei pazienti affetti da NEC51.

Un’altra condizione ad interessamento gastroenterico che nel paziente immunodepresso entra in diagnosi differenziale con la NEC è la colite da CMV; il CMV può colpire qualunque porzione del tratto gastrointestinale, ma il colon è la porzione più colpita. Il virus determina una infiammazione dei piccoli vasi che può progredire fino a dare ischemia focale e conseguente necrosi della parete intestinale. Anche in questa patologia si può apprezzare un ispessimento della parete intestinale, associato a “mesenteric stranding”83. La caratteristica più importante della colite da CMV è la presenza di edema murale, con profonde ulcerazioni della parete, elemento fortemente dirimente nella diagnostica differenziale.

Molto importante per la diagnostica differenziale è senza dubbio la

GVHD intestinale, che avviene quando linfociti T

immunocompetenti vengono introdotti in un ricevente

immunocompromesso. La condizione di GVHD acuta si verifica nei primi 100 giorni dal trapianto allogenico di midollo, e presenta caratteristiche clinicamente significative in una percentuale variabile di pazienti che oscilla tra il 15 e il 50%84. L’intestino è

uno degli organi più frequentemente coinvolti, assieme alla cute e al fegato. I sintomi addominali con cui si manifesta sono

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31

francamente aspecifici e richiedono l’esecuzione di esami imaging al fine di contestualizzarli85. La più comune anomalia è un ispessimento di parete che può essere discontinuo e può colpire in maniera indistinta il piccolo e il grande intestino; l’ansa intestinale prossimale alla porzione di parete ispessita si presenta solitamente dilatata. L’ispessimento del piccolo intestino è presente nel 100% dei casi, mentre il grosso intestino si trova ispessito nel 59% dei casi; il “mesenteric stranding” nelle porzioni adiacenti a quelle ispessite viene riscontrato nel 73% dei casi; l’enhancement contrastografico della mucosa nel 54% dei casi; è tipico un ingrandimento dei “vasa recta” mentre raro il riscontro di linfoadenopatie.

Le differenze tra le condizioni sopra riportate e la NEC sono riassunte nella tabella 2.3

TABELLA 2.3 Enterocolite del neutropenico Colite Pseudomembranosa Colite da CMV GVHD intestinale Ispessimento parete (%) 100 (7mm) 86 (11-15 mm) 92 (15 mm) 100 (tenue) 59 (colon) Nodularità parete (%) 2% 38% Contrast enhancement (%) 28 18(target enhancement) 29 (target enhancement) 54 Dilatazione parete (%) 38 14 23-86 Mesenteric Stranding (%) 51 (pronunciato) 45 (leggero) 92 73 Ascite (%) 43 38 42 28-45

Distribuzione Colon destro +- intestino tenue

Pancolite (46%) <5% pancolite 40% intestino

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32 Reperti normali (%) 14 8 Caratteristiche discriminanti Pneumatosi intestinale (20%) Segno della fisarmonica Ulcerazioni profonde, adenopatie (16%) Splenomegalia (36%), edema periportale (36%), GB enhancement di parete (23%)

Tabella 2.3 Reperti TC nel paziente immunocompromesso80

Lo studio prospettico effettuato nel 2002 da Gorschluter ha analizzato 62 episodi di neutropenia correlata alla chemioterapia con lo scopo di comprendere l’incidenza e l’eziologia delle infezioni addominali e stabilire il valore prognostico di un utilizzo in combinazione dell’ecografia e dei dati microbiologici in pazienti che presentano febbre, diarrea e dolore addominale. I reperti ecografici, integrati ai dati ottenuti mediante analisi microbiologiche hanno consentito di stabilire che:

I. L’ispessimento intestinale deve essere considerato quale segno correlato a patologie infettive, mentre è assente nelle mucositi dovute a chemioterapia;

II. Virus e batteri tipicamente coinvolti nelle infezioni intestinali (ad esempio Shigella, Salmonella, Yersinia,

Escherichia Coli emorragico) e il Criptosporidium sono

raramente coinvolti

III. Le infezioni addominali potrebbero essere sottostimate in pazienti che non vengono sottoposti a ecografia in presenza di dolore addominale60.

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33

2.7 Gestione terapeutica

La gestione terapeutica di questa patologia è evoluta nel corso degli anni grazie alla crescita dell’esperienza clinica a riguardo, e i sostanziali miglioramenti nelle terapie di supporto in genere. Inizialmente la NEC era considerata una complicanza terminale in pazienti con leucemia, con alti tassi di morbidità e mortalità59,68. Nel 1979 Varki ha riportato di aver effettuato con successo un intervento chirurgico (emicolectomia destra e anastomosi ileocolica) in un paziente con leucemia linfoblastica acuta che ha sviluppato NEC86. Gli autori attribuirono il successo alla rapidità dell’intervento effettuato determinando la remissione completa in seguito al mantenimento della terapia antineoplastica. Sulla base di questo e di vari report similari per contenuto, i medici furono portati a ritenere utile un rapido e aggressivo intervento chirurgico in tutti i pazienti con NEC, basandosi sul fatto che nella maggior parte dei pazienti si sarebbe andati avanti, verso l’ispessimento dell’intera parete colica, con conseguenti emorragie, necrosi e perforazione, che avrebbero coinvolto in maniera particolare il cieco. Il miglioramento delle cure di supporto, tuttavia, ha fatto sì che studi più recenti abbiano dimostrato il successo di una gestione conservativa, non chirurgica, dei pazienti con NEC50. L’intervento chirurgico resta una possibilità terapeutica in pazienti che rispondono a determinati criteri proposti per la prima volta da Shamberger, costituiti da:

- Sanguinamento gastrointestinale che continua nonostante la correzione di coagulopatie, trombocitopenia, neutropenia;

- Aria libera in cavità peritoneale, indicativa di perforazione intestinale;

- Peggioramento delle condizioni cliniche nonostante gestione terapeutica ottimale;

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34

- Sviluppo di altre patologie che richiedono intervento chirurgico (ad esempio appendicite, colecistite)87.

L’assenza di tali criteri depone a favore di una strategia terapeutica conservativa. Recentemente è stata portata avanti la possibilità che la prognosi divenga migliore qualora si riesca a differire l’eventuale intervento chirurgico a seguito del recupero dalla neutropenia55. Le opzioni terapeutiche di supporto generale includono la messa a riposo dell’intestino, con aspirazione naso-gastrica, nutrizione parenterale se necessario e somministrazione di liquidi per via endovenosa; in pazienti con grave piastrinopenia si può procedere a trasfusione di piastrine. Pazienti che sviluppano coagulopatie necessitano di correzione delle stesse; l’uso di fattori stimolanti le colonie granulocitarie (G-CSF) accelera la ripresa dei neutrofili e può risultare utile in alcuni soggetti, soprattutto in considerazione della potenziale gravità della patologia88,89; il ruolo delle trasfusioni di granulociti e dei fattori di crescita ematopoietici non è stato adeguatamente studiato, e rimane controverso, dal momento che potrebbe esserci un effetto negativo sull’integrità della parete intestinale dovuto all’aumentata risposta infiammatoria che segue la ricostituzione immunitaria; trasfusioni di granulociti possono essere efficaci in pazienti selezionati, che hanno una profonda e prolungata neutropenia, ma non può essere raccomandato routinariamente50.

La pronta somministrazione di una terapia antimicrobica ad ampio spettro è fondamentale in tutti i pazienti con NEC; la scelta dei farmaci da impiegare dipende dalle caratteristiche epidemiologiche della flora microbica locale, dalla sua suscettibilità o resistenza ai vari agenti e dall’esposizione pregressa a terapie antibiotiche che potrebbero aver selezionato cloni resistenti, ma tale scelta non può prescindere dal garantire copertura nei confronti di batteri Gram negativi a sede enterica quali Pseudomonas Aeruginosa ed

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35

monoterapia con farmaci quali meropenem, imipenem, e piperacillina/tazobactam possa risultare adeguata in alcuni pazienti, è opportuno preferire regimi di combinazione, soprattutto in pazienti, sospettati oppure con evidenza colturale di una colonizzazione ad opera di patogeni farmacoresistenti (bacilli Gram negativi ESBL, enterococchi vancomicina-resistenti, MRSA, patogeni MDR); non è invece raccomandata una terapia antimicotica empirica, dal momento che l’incidenza di NEC ad opera di funghi con azione invasiva è ritenuta essere intorno al 5%71; diventa pertanto ragionevole aggiungere una terapia

antifungina qualora in 72-96 ore una potente terapia antibatterica non riesca a determinare evidenti miglioramenti clinici. La Infectious Disease Society of America, nel 2003 ha stabilito nelle sue linee guida, di preferire, nel paziente neutropenico o con infezioni addominali, l’utilizzo di farmaci con azione ad ampio

spettro, quali Meropenem, Piperacillina/Tazobactam,

Imipenem/Cilastatina, Ciprofloxacina associata a Metronidazolo, o una cefalosporina di terza o di quarta generazione con Metronidazolo; ad oggi, in mancanza di studi randomizzati dedicati all’Enterocolite del paziente neutropenico, sembra coerente concludere di utilizzare per tale patologia le scelte terapeutiche destinate alla febbre di origine sconosciuta (FUO), in ragione della pessima prognosi della NEC91,92.

Risulta ragionevole anche inserire una terapia contro il Clostridium

Difficile, qualora non si possa escludere un’infezione a suo carico;

le emocolture risultano positive nel 18-44% e possono essere un utile strumento per guidare la scelta terapeutica57. Le misure di supporto e la terapia antimicrobica devono essere proseguite fino alla piena risoluzione delle manifestazioni cliniche e laboratoristiche, inclusa la normalizzazione della temperatura corporea, il recupero dalla neutropenia e dalla trombocitopenia, il ripristino di un normale transito intestinale, la scomparsa

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dell’eventuale batteriemia presente. I pazienti dovrebbero essere attentamente monitorati ripetendo esami di imaging, al fine di determinare l’ispessimento di parete intestinale assieme al miglioramento delle condizioni cliniche durante la malattia93. L’algoritmo per la gestione della NEC è rappresentato in figura 2.5

Figura 2.5 Algoritmo diagnostico suggerito per la gestione dell’enterocolite del paziente neutropenico50

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2.8 Prognosi

Il tasso di mortalità è variato nel tempo, in funzione dei cambiamenti dei criteri diagnostici; inizialmente era stimato un rischio di mortalità del 50-100%94; studi recenti, tuttavia, hanno dimostrato un miglioramento della prognosi, grazie alla diagnosi e all’intervento terapeutico precoci95; uno studio che analizzava la prognosi di pazienti affetti da neoplasia, ammessi ad un’unità di terapia intensiva, ha dimostrato una mortalità del 45,3%; secondo questo studio rappresentavano fattori predittivi di morte il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche, la necessità di ventilazione meccanica, le infezioni microbiologicamente documentate, la necessità di una terapia dialitica; due invece le variabili considerate associate alla sopravvivenza in ospedale: l’età superiore a 70 anni e una diagnosi di NEC96. Il tasso di mortalità è

stato ritenuto significativamente più alto in pazienti con ispessimento della parete intestinale > 10 mm (52,9%), rispetto a pazienti con ispessimento < 10 mm (4,2%)53,97. Non sono state notate differenze per quanto concerne la durata della neutropenia prima di sviluppare i sintomi, né per l’intervallo che trascorre dall’inizio della terapia antineoplastica e la comparsa di sintomatologia riconducibile a NEC, né è stata dimostrata una correlazione con l’entità e la durata della neutropenia, ossia per una conta di neutrofili < 500/mm3 o < 100/mm353.

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38

SCOPO DELLA TESI

In questo studio prospettico abbiamo voluto accertare se vi siano differenze statisticamente significative tra due diversi regimi di chemioterapia utilizzati per il trapianto autologo in pazienti affetti da Linfoma (Hodgkin e non-Hodgkin)

In particolare se vi siano differenze in termini di:

1. Incidenza della enterocolite del paziente neutropenico

2. Differenze di morbilità e di mortalità correlata alla NEC e Non-NEC

3. Differenza nei tempi di ricovero tra i pazienti che sviluppano NEC ed i pazienti che non hanno tale complicanza; verifica di una eventuale differenza tra i due regimi di condizionamento nel tempo di ricovero

4. Risposte al trattamento (tasso di remissione completa)

5. Efficacia del regime di condizionamento (PFS e OS)

3. MATERIALI E METODI

3.1 Introduzione

Questo è uno studio prospettico e l’inizio dell’arruolamento è stato nell’anno 2002.

I pazienti prima di essere sottoposti a chemioterapia ad alte dosi e reinfusione di cellule staminali autologhe hanno tutti firmato un consenso informato.

Il Centro Trapianti della U.O. di Ematologia Universitaria di Pisa è membro del GITMO (Gruppo Italiano Trapianti di Midollo) che

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afferisce all’EBMT (European Society for Blood and Marrow Transplantation) ed è identificato dal codice CIC795.

Ciascun paziente che viene inserito in un programma trapianti di midollo, viene inserito nel database europeo.

Il Centro trapianti di midollo della U.O. di Ematologia d Pisa è accreditato JACIE (Joint Accreditation Committee ISCT EBMT).

Lo studio è stato sottoposto ed approvato dal Comitato Etico della AOUP.

3.2 Selezione dei pazienti

Abbiamo arruolato nello studio tutti i pazienti con linfoma di Hodgkin (27 pazienti con BEAM, 23 con FEAM) e Linfoma non Hodgkin (69 pazienti con R-BEAM, 32 con R-FEAM) sottoposti a trapianto autologo dal 2002 al maggio 2017. (1 paziente è stato trapiantato con BEAM per sclerosi multipla).

I pazienti erano ricaduti o erano in remissione parziale dopo una prima linea di chemioterapia; sono pertanto stati sottoposti ad una chemioterapia di salvataggio con recupero di cellule staminali autologhe, ristadiazione per verificare la chemiosensibilità e la risposta al “salvataggio” e successivo trapianto autologo.

Ciascun paziente è stato ricoverato in una camera a bassa carica microbica.

Dal 2002 al febbraio 2011 il regime di condizionamento (chemioterapia pre-trapianto) impiegato è stato il BEAM.

Dal marzo 2011 al maggio 2017 invece è stato utilizzato il regime FEAM.

Al termine del condizionamento ciascun paziente ha ricevuto un adeguato numero di cellule staminali periferiche (> 2.0 x106 CD34/Kg).

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40

L’attecchimento è stato definito seguendo le direttive EBMT che definiscono come attecchimento dei neutrofili: il primo di tre giorni consecutivi con neutrofili > 500/µL, leucociti > 1000/µL e piastrine >20.000/µL (in assenza di trasfusione per almeno 7 giorni precedenti)

Per quanto riguarda la profilassi antibiotica, i pazienti arruolati nello studio sino al 2014 hanno ricevuto una profilassi con Levofloxacina 500mg al giorno e Fluconazolo 400 mg al giorno dal primo giorno post trapianto sino all’attecchimento; Aciclovir 400mg due volte al giorno fino al giorno +90 post trapianto, e

Cotrimossazolo/Trimetoprim 2 compresse/die per 2

volte/settimana, dal giorno dell’attecchimento fino al giorno +90

Dal 2014 ad oggi 2017 i pazienti sono stati tutti sottoposti a trapianto in assenza di profilassi con Levofloxacina e Fluconazolo. La profilassi con Aciclovir e Cotrimossazolo/Trimetoprim è invece rimasta invariata.

3.3 Analisi ecografica

Ogni paziente ricoverato per esser sottoposto a trapianto autologo è stato sottoposto ad una ecografia addominale prima di ricevere la chemioterapia.

Metodologia dell’esame:

Lo studio ecografico è stato fatto analizzando gli organi addominali e l’intestino98,99.

La metodologia utilizzata è stata sempre la stessa per evitare bias, avvalendosi pertanto di una ecografia bed-side eseguita mediante apparecchio trasportabile Esaote My-Lab 25 munito di sonda convex con frequenza da 3.5-5 MHz per lo studio dei parenchimi addominali e dell’intestino e con sonda lineare da 7.5 MHz per l’analisi dettagliata dell’intestino.

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41

L’apparecchio è anche munito di tecnologia specifica CNTI che consente di utilizzare il mezzo di contrasto ecografico quando necessario.

L’ecografo è munito di stampante e di un apposito carrello trasportatore che ne rende facile l’accesso bed-side per i pazienti ricoverati.

I pazienti pertanto non lasciano la camera a bassa carica microbica durante l’indagine ecografica.

I dati ottenuti dalla analisi ecografica sono stati descritti e salvati nel database dedicato, della nostra U.O. di Ematologia.

Ogni eventuale anomalia ecografica apprezzata, è stata descritta nel referto e le immagini salvate nel pc interno all’ecografo e poi esportate nel database per non perdere informazioni e per un’analisi successiva.

L’analisi dei pazienti è stata condotta dal medesimo operatore membro e docente e coordinatore di Servizio della Scuola Italiana di ecografia di base e di emergenza-urgenza SIUMB.

I pazienti sono stati pertanto analizzati prima di ricevere la chemioterapia di induzione.

L’esame ecografico addominale pre-trapianto è sempre stato esteso anche all’intestino (tenue e colon100).

L’ ecografia è stata ripetuta quando uno o una combinazione dei seguenti sintomi è comparsa: febbre e/o diarrea e/o dolore addominale

Per la definizione di NEC abbiamo utilizzato i parametri suggeriti da Gorschluter60:

Febbre e/o presenza di almeno uno dei sintomi addominali: diarrea o dolore addominale. Doveva poi essere presente il riscontro ecografico di un ispessimento della parete intestinale > 4 mm

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Se i requisiti venivano soddisfatti ed un paziente veniva diagnosticato come affetto da NEC l’ecografia veniva ripetuta nei giorni successivi nel caso vi fosse la comparsa di un nuovo sintomo oppure, in caso di stabilità del paziente, veniva ripetuta in dimissione per verificare lo stato dell’intestino.

I parametri da noi analizzati sono stati:

1. Presenza/assenza di patologia degli organi addominali

2. Presenza/assenza di liquido libero in addome

3. Distensione delle anse dell’intestino

4. Motilità, definita come: normo-peristalsi, iper-peristalsi, assenza di peristalsi

5. Contenuto (solido, liquido, misto)

6. Spessore della parete intestinale: misurato dalla sierosa all’interfaccia mucosa-lume. Definito patologico se > 4mm

7. Sede/i del tratto coinvolto (digiuno, ileo, cieco, colon ascendente, trasverso discendente, sigma, retto)

8. Stratificazione della parete intestinale101,102: dall’esterno verso il lume verificando la presenza dei 5 strati ecografici riconoscibili: sierosa, muscolare, sottomucosa, mucosa, interfaccia mucosa-lume. Ecograficamente appaiono come (rispettivamente) iperecogeno, ipoecogeno, iperecogeno, ipoecogeno, iperecogeno. La assenza di stratificazione della parete intestinale in caso di NEC indica una flogosi maggiore rispetto ad un medesimo ispessimento di parete ma con stratificazione conservata

9. Lunghezza del tratto coinvolto

Le scansioni utilizzate per definire i parametri della parete intestinale di cui sopra sono sempre scansioni sia longitudinali che trasversali sull’ansa coinvolta

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1. Non è necessario che il paziente sia sottoposto ad alcuna preparazione.

2. Non è richiesto il digiuno

3. L’analisi viene prima condotta mediante sonda convex e successivamente, una volta individuata una potenziale area intestinale patologica viene condotta l’analisi mediante sonda lineare per una maggior definizione dei dettagli

4. La sonda viene posta sull’addome con una graduale compressione in modo da spostare l’aria che potrebbe rendere difficoltoso l’esame

5. Eventuali immagini ritenute patologiche, venivano salvate

nell’hard-disk interno dell’apparecchio ecografico e

successivamente esportate nel nostro data-base. Le relative fotografie venivano invece inserite in cartella assieme al referto ecografico

Il gruppo di pazienti diagnosticati come NEC è stato il nostro gruppo di studio.

Abbiamo inoltre utilizzato un gruppo di controllo per verificare che un ispessimento della parete intestinale fosse patognomonico di NEC e non si riscontrasse anche in assenza di segni/sintomi addominali.

Come gruppo di controllo abbiamo pertanto utilizzato pazienti neutropenici in assenza di sintomi intestinali e/o febbre. Nel gruppo di controllo sono stati studiati dal 2003 al 2017 N= 509 pazienti.

I pazienti erano:

a. Pazienti con linfoma che dovevano essere ristadiati in corso di chemioterapia (non sottoposti a trapianto autologo) mediante ecografia. L’eco è stata eseguita dopo almeno 3 giorni di neutropenia, in assenza di sintomi addominali.

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b. Pazienti con leucemia acuta, in assenza di sintomi, dopo almeno 3 giorni di neutropenia legata alla chemioterapia

c. Pazienti sottoposti a trapianto autologo o allogenico, con diarrea secretiva, dovuta alla mucosite intestinale legata alla chemioterapia, in assenza di sintomi intestinali, salvo la diarrea, e di infezioni documentate da coprocolture ripetute.

L’ecografia bed-side è stata sempre eseguita entro 12 ora dall’inizio di una eventuale sintomatologia addominale.

Nei casi nei quali sia stato necessario verificare se la porzione intestinale colpita fosse ischemica o vi fosse una intensa flogosi o vi fossero aree necrotiche nel contesto della parete stessa, che potessero suggerire un potenziale pericolo di perforazione, abbiamo utilizzato il mezzo di contrasto ecografico (mdc) di seconda generazione (SonoVue®).

Il mdc è costituito da microbolle di un gas inerte (esafluoruro di zolfo) con un guscio di fosfolipidi. Tali microbolle sono blood-pool, non escono dal letto vascolare e ciascuna bollicina ha un diametro pari ad un globulo rosso. Pertanto passano il letto vascolare polmonare e si distribuiscono sino alla rete capillare. Vengono eliminate mediante il respiro (in 11 minuti circa) ed il guscio di fosfolipidi viene metabolizzato dal fegato. Dopo 11 minuti circa il mdc non è più presente nel paziente. Non viene eliminato dal rene e pertanto è utilizzabile sia nei pazienti in insufficienza renale che nei pazienti che hanno allergia al mdc iodato utilizzato dalla TC.

Il mdc viene somministrato previo consenso informato. Viene fatto un bolo mediante accesso periferico o centrale, seguito da un flush di 5-10 cc si soluzione fisiologica. Viene quindi acquisita una clip di almeno 2 minuti di registrazione. Viene analizzata l’area di interesse rilevata dall’ ecografia convenzionale. L’ingresso del mdc

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nell’intestino avviene dopo circa 10 secondi dall’iniezione (questa fase arteriosa viene definita wash-in) con dismissione del mdc durante la successiva fase venosa (wash-out)103. Tale indagine consente di verificare (fino al letto capillare) la vascolarizzazione della parete dell’ansa intestinale patologica, la distribuzione del flusso sanguigno agli strati della parete, ed eventuali aree di necrosi/ascessuali. In caso di riscontro di microbolle nel lume intestinale, la CEUS diventa una evidenza della fragilità della mucosa intestinale con fuoriuscita del mdc da capillari beanti.

Una volta posta la diagnosi di NEC in entrambi i gruppi, stante per definizione la presenza di neutropenia, i pazienti iniziano immediatamente un trattamento (protocollo interno della nostra U.O. di Ematologia ideato appositamente per i casi di NEC) volto a coprire Gram positivi, Gram negativi, anaerobi, funghi. La terapia viene iniziata empiricamente, in attesa di emocolture (in caso di febbre) o rilievi colturali da feci o tamponi rettali. La terapia antifungina deve coprire la candida soprattutto ceppi potenzialmente resistenti agli azoli, e l’Aspergillus, anche se questo è più raro.

I pazienti ricevono inoltre: fattore di crescita granulocitario, riposo intestinale mediante nutrizione parenterale totale, trasfusioni di emazie concentrate, piastrine ed eventualmente di plasma fresco congelato per necessità. In casi di sepsi severa con febbre non controllata sono stati infusi anticorpi arricchiti in IgM e trasfusione di granulociti da donatori volontari

La ricerca di eventuali patogeni responsabili della sintomatologia dei pazienti di questo studio è stata fatta mediante

1. emocolture seriate sia da catetere venoso centrale (se presente) che da sangue periferico (secondo una istruzione operativa del nostro Reparto di Ematologia).

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