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Ortoressia nervosa: analisi e rilevazione delle abitudini alimentari su un campione di popolazione generale

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Academic year: 2021

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Indice

1. INTRODUZIONE ... 2

2. ORTORESSIA NERVOSA ... 16

2.1 Il comportamento ortoressico ... 23

2.2 L’ortoressia come fenomeno sociale ... 26

3. MATERIALI E METODI ... 30 3.1 Scheda socio-demografica ... 31 3.2 Scheda personale ... 31 3.3 ORTO-15 ... 32 3.4 EAT-26 ... 33 3.5 Analisi statistiche ... 34 4. RISULTATI ... 36

4.1 Analisi dei risultati... 39

4.2 Prevalenza di ortoressia nervosa e disturbi alimentari ... 42

4.3 Le domande più rilevanti del questionario ... 49

DISCUSSIONE ... 51

CONCLUSIONI ... 53

APPENDICE ... 55

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1.

INTRODUZIONE

“unhealthy obsession with healthy eating”

Nelle ultime decadi ha assunto sempre maggiore importanza il concetto di “sana alimentazione” o “alimentazione corretta” come strumento primario di promozione dello stato di salute. Si è assistito di conseguenza ad una grande diffusione di informazioni e conoscenze, più o meno fondate, relative all’alimentazione. Al contempo, paradossalmente, si è verificato però un incremento epidemico delle patologie connesse all’alimentazione, come l’obesità e i disturbi alimentari. Le pressanti indicazioni relative ai rischi di una scorretta alimentazione hanno accresciuto l’attenzione e l’allarme rispetto al rapporto con il cibo. L’alimentazione, intesa in passato come naturale fonte di energia, connessa alla convivialità e al benessere, ha assunto nuovi significati relativi alle preoccupazioni per la salute e all’uso del cibo come strumento di controllo sul peso e sulle forme del corpo [1], [2]

L’enfasi sulla necessità di un’alimentazione corretta, il progressivo affermarsi del concetto di “dieta” e del conteggio delle calorie come norme alimentari prevalenti, la crescente penalizzazione del valore “edonico” degli alimenti, la distinzione dicotomica fra cibi “buoni” e “cattivi”, hanno favorito in soggetti vulnerabili l’adozione di modalità alimentari incongrue, basate su credenze e parametri spesso arbitrari, fino a configurare stili patologici con tratti ossessivi come l’ortoressia, caratterizzata da un’attenzione estrema per il cibo biologicamente puro, e la vigoressia, caratterizzata dall’uso del cibo finalizzato all’ottenimento di una muscolatura ipertrofica [3] . In questi casi la rigida adesione alle regole alimentari autoimposte assume un ruolo pervasivo, diventa guida e pensiero dominante, finendo per condizionare e ridurre l’investimento in ogni altro altro ambito della vita sociale e di relazione.

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Non c’è dubbio che una sana alimentazione sia importante per la salute, ma estremizzare il concetto del mangiare sano può comportare la forma patologica dell’ortoressia, con ridotta qualità di vita e conseguenze negative sia sul piano psichico, con tratti ossessivo-compulsivi e disturbi dell’umore (ansia e depressione), sia sul piano fisico, con carenze nutrizionali e complicanze mediche fino a fragilità ossea (osteoporosi) e atrofia muscolare anche in soggetti giovani [4]

L'ortoressia (dal greco "orthos" che significa giusto, corretto; e "orexis", che significa appetito) è una patologia descritta per la prima volta da Steve Bratman nel 1997, definita come una “insana ossessione per un'alimentazione sana” e caratterizzata da convinzioni e preoccupazioni sulla corretta alimentazione, con un’accurata selezione degli alimenti, fino a rendere la dieta il fulcro della vita del soggetto [5]. La convinzione ossessiva che la salute dipenda in modo determinante dall'alimentazione porta l’individuo ad evitare alimenti ritenuti dannosi o impuri, adottando una dieta restrittiva con rituali rigidi che, se trasgrediti, inducono un forte senso di colpa con ulteriore inasprimento delle ferree regole alimentari scelte.

L'ortoressia come patologia riguarda un numero abbastanza limitato di persone, ma le caratteristiche di questo disturbo possono riguardare moltissime persone interessate a un'alimentazione salutistica. In particolare il comportamento ortoressico mette in discussione il giusto equilibrio tra la salute e il piacere di mangiare, sottintendendo, tra l’altro, che la rinuncia al piacere del cibo porti vantaggi in termini di salute.

Nonostante gli aspetti specifici frequentemente rilevati nella pratica clinica e le numerose evidenze riportate in letteratura, l’ortoressia non è ancora stata formalmente riconosciuta come un disturbo psichiatrico a sé stante.

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essere riconosciute le caratteristiche dell’ortoressia, con maggiore prevalenza nel genere maschile rispetto al femminile [6] .

Scopo del presente studio è stato quello di indagare le abitudini alimentari di un ampio campione di popolazione, rilevando la presenza di tratti ortoressici e le caratteristiche fenotipiche dei soggetti affetti da ortoressia, attraverso la somministrazione online di un questionario sullo stile di vita e di due test per il pre-screening di disturbi alimentari e ortoressia (EAT-26 [7] e ORTO-15 [8]).

1.1 Disturbi alimentari

“food is more than something to eat”

I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono indicati nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5) [9] come “disturbi della nutrizione

e dell’alimentazione, caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale

L’American Psychiatric Association (APA) ha pubblicato nel maggio 2013 la quinta edizione del DSM, frutto di un processo di revisione di 14 anni. Il DSM-5 ha introdotto numerose novità per cercare di migliorare la descrizione dei sintomi e dei comportamenti delle persone che soffrono di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione nel corso della loro vita.

Il DSM-5 include le seguenti categorie:

● Anoressia nervosa (anorexia nervosa)

● Bulimia nervosa (bulimia nervosa)

● Disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder)

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● Mericismo - Disturbo di ruminazione (rumination disorder)

● Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo (avoidant/restrictive

food and intake disorder)

Inoltre, sono presenti due ulteriori categorie residue che raggruppano altre forme parziali o sottosoglia di rapporto problematico con il cibo:

1. Disturbi della nutrizione o dell’alimentazione altrimenti specificati (Other Specified Feeding and Eating Disorders - OSFED) che includono cinque forme patologiche : le forme parziali o sottosoglia di anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata, il disturbo con condotte di eliminazione (purging disorder), la sindrome da alimentazione notturna (night eating syndrome).

2. Disturbi della nutrizione o dell’alimentazione non specificati (Unspecified Feeding or Eating Disorder - UFED): categoria diagnostica applicata per un disturbo della nutrizione o dell’alimentazione nelle condizioni in cui non è possibile specificarne le caratteristiche, ad esempio per mancanza di informazioni sufficienti come può accadere in un ricovero in pronto soccorso.

Anoressia nervosa (AN)

L’anoressia nervosa [3], [9], [10] insorge in genere per la progressiva riduzione dell’introito alimentare. Nella maggior parte dei casi il disturbo si instaura a seguito di una dieta ipocalorica iniziata per modificare il peso e le forme del corpo. La diminuzione dell’apporto calorico è attuata dal soggetto con una riduzione delle porzioni o attraverso l’esclusione di alcuni cibi e il salto dei pasti. Nel periodo iniziale si osserva una fase di benessere soggettivo, dovuto alla

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perdita di peso, al miglioramento della propria immagine e anche al sentimento di onnipotenza prodotto dalla capacità di controllare la fame, mentre la consapevolezza del problema è scarsa e manca una richiesta di aiuto. Questo periodo di benessere del paziente nei confronti del disturbo viene chiamata “luna di miele”. Le preoccupazioni riguardo al peso e alle forme del corpo diventano sempre più marcate e la paura di ingrassare non diminuisce con la perdita di peso. La persona valuta sé stessa in funzione dell’adesione alla dieta rigida, sovrastimando le dimensioni del proprio corpo, negando le conseguenze della perdita di peso e adottando comportamenti disfunzionali di controllo del peso e del corpo (body checking). Il pensiero del cibo è persistente e ossessivo. Con il tempo i pazienti diventano più irritabili, depressi e isolati socialmente e i sintomi ossessivo-compulsivi si aggravano. Il nucleo psicopatologico è costituito da un disturbo dell’immagine corporea, responsabile di una profonda alterazione del modo con cui il soggetto vive il rapporto con il proprio corpo e con il cibo, tale da compromettere l’elementare istinto di sopravvivenza che accomuna tutti gli esseri umani.

L’anoressia nervosa presenta una spiccata comorbidità psichiatrica. Le patologie più frequentemente associate sono la depressione, il disturbo ossessivo-compulsivo e i disturbi d’ansia, la dipendenza da alcool o da sostanze. Tra i disturbi di personalità, i più frequenti sono il disturbo borderline, l’istrionico, il narcisistico e l’evitante. La comorbidità psichiatrica tende a diminuire con il recupero del peso e la normalizzazione dell’alimentazione.

La Tabella 1 mostra criteri diagnostici dell’AN secondo il DSM-5 [1][2]:

A. Restrizione dell’introito energetico rispetto al fabbisogno tale da condurre a un peso corporeo significativamente basso in rapporto all’età, al sesso, alla traiettoria evolutiva e alla salute fisica. Si definisce significativamente basso

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un peso che sia inferiore a quello minimo normale o, nel caso dei bambini e degli adolescenti, inferiore al peso minimo atteso per l’età e il sesso.

B. Intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi, e persistere in comportamenti che interferiscono con l’aumento di peso anche quando questo è significativamente basso.

C. Le alterazioni del peso e delle forme corporee, influenza indebita del peso e delle forme del corpo sulla valutazione di sé, o persistente mancanza di riconoscimento della gravità del sottopeso corporeo attuale.

Tabella 1. I criteri diagnostici per AN secondo DSM-5.

L’ AN può’ essere di tipo Restrittivo o Bulimico/Purgativo. Si parla di anoressia di tipo Restrittivo se nel corso degli ultimi tre mesi, la persona non ha avuto episodi ricorrenti di abbuffate compulsive o di pratiche di svuotamento (cioè vomito autoindotto o abuso/uso improprio di lassativi, diuretici, o clisteri). Questo sottotipo descrive casi in cui la perdita di peso è ottenuta essenzialmente attraverso diete, digiuni e/o esercizio fisico eccessivo. Invece, se nel corso degli ultimi tre mesi, la persona ha avuto episodi ricorrenti di abbuffate compulsive o di pratiche di svuotamento (cioè vomito autoindotto o abuso/uso improprio di lassativi, diuretici o clisteri) l’Anoressia viene definita di tipo Bulimico/Purgativo. Se la diagnosi risulta positiva, il livello di gravità clinica si assegna, per gli adulti, sulla base dell’indice di massa corporea (BMI) attuale; per i bambini e gli adolescenti sulla base del percentile di BMI. Le fasce indicate in Tabella 2 derivano dalle categorie della World Health Organization per le magrezze degli adulti. Per i bambini e adolescenti si dovrebbero usare i percentili di BMI corrispondenti. Il livello di gravità può essere aumentato in funzione dei sintomi

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clinici, del grado di disabilità funzionale, e del bisogno di assistenza e sorveglianza. Lieve BMI ≥ 17 kg/m2 Moderata BMI 16-16,99 kg/m2 Grave BMI 15-15,99 kg/m2 Estrema BMI < 15 kg/m2

Tabella 2.livello gravità AN per fasce di BMI.

Bulimia nervosa (BN)

L’esordio della bulimia nervosa [3], [9], [10] si può verificare in relazione a una forte restrizione alimentare per modificare il peso e la forma del corpo, o in seguito a difficoltà personali ed emotive nel padroneggiare situazioni di perdita o di frustrazione. Il disturbo è caratterizzato da abbuffate (crisi bulimiche) e inappropriate condotte compensatorie. La maggior parte dei soggetti, per compensare il disagio seguente all’abbuffata e la paura di aumentare di peso, utilizza pratiche di compenso quali il vomito autoindotto, l’uso improprio di lassativi o di diuretici. Alla persistente attenzione per il peso e la forma del corpo si aggiunge un’alimentazione molto irregolare, che alterna pratiche dietetiche estreme e rigide (con salti di pasto, eliminazione di molti alimenti considerati ipercalorici e riduzione delle porzioni) e crisi bulimiche con o senza vomito autoindotto, seguite da sentimenti vergogna e di autosvalutazione per la mancata capacità di autocontrollo. Come per l’anoressia nervosa anche la bulimia nervosa presenta una comorbidità psichiatrica. Le patologie maggiormente associate sono I disturbi depressivi e l’abuso o la dipendenza da sostanze, ma si possono presentare anche disturbi d’ansia, la fobia sociale, il disturbo

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ossessivo-compulsivo e il disturbo di panico. Sono anche comuni disturbi di personalità, tra i quali il disturbo borderline e quello evitante. Inoltre si osservano comportamenti impulsivi come cleptomania, promiscuità sessuale, tentativi di suicidio.

I criteri diagnostici per questa patologia, secondo il DSM-5, sono mostrati nella tabella seguente.

A. Episodi ricorrenti di abbuffate compulsive. Un episodio di abbuffata compulsiva è caratterizzato da:

➢ mangiare, in un periodo circoscritto di tempo (p.e. entro un paio

d’ore), una quantità di cibo che è indubbiamente maggiore di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso arco di tempo in circostanze simili.

➢ un senso di mancanza di controllo sul mangiare durante l’episodio

(p.e. sentire di non poter smettere o controllare cosa o quanto si sta mangiando).

B. Ricorrenti comportamenti impropri di compenso diretti a prevenire aumenti di peso, come vomito autoindotto; abuso/uso improprio di lassativi, diuretici, o altri medicamenti; digiuni; o esercizio fisico eccessivo.

C. Le abbuffate compulsive e i comportamenti impropri di compenso si verificano in media almeno una volta a settimana per almeno tre mesi.

D. La valutazione di sé è indebitamente influenzata dalle forme e dal peso del corpo

E. Il disturbo non capita esclusivamente nel corso di episodi di anoressia nervosa

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Il livello di gravità, mostrato in Tabella 4, è connesso alla frequenza degli episodi di abbuffata e vomito, e può aumentare in funzione della presenza di altri sintomi e del grado di disabilità funzionale.

Lieve 1-3 episodi/settimana

Moderata 4-7 episodi/settimana

Grave 8-13 episodi/settimana

Estrema 14 episodi/settimana

Tabella 4. Gravità dei comportamenti impropri di compenso

Disturbo di alimentazione incontrollata (binge eating disorder - BED)

Entrato a far parte dei Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione solo nel DSM-5 [3], [9], [10] il Binge eating indica un modo di alimentarsi caratterizzato da abbuffate ricorrenti, nel corso delle quali l’eccesso oggettivo di cibo ingerito si associa all’esperienza soggettiva di non avere più controllo del proprio impulso a mangiare. Nel BED la presenza di ricorrenti episodi di abbuffate non è seguita dall’attuazione di pratiche compensatorie, e si associa all’obesità nella maggior parte dei casi. È un disturbo che può insorgere a qualsiasi età, dall’infanzia all’età avanzata. A differenza dell’anoressia e della bulimia, nettamente più frequenti nel genere femminile, il BED è ugualmente rappresentato in entrambi i generi, con lieve prevalenza per quello maschile. Il discontrollo dell’alimentazione presente nel BED viene spesso descritto dagli esperti come un “equivalente” depressivo, legato più a una difficoltà nel gestire le emozioni e gli impulsi che non a un bisogno di controllo del peso e della forma del corpo, che è tipico invece dell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa. Il cibo diventa così un antidolorifico, mitiga gli stati di malessere e tensione, a configurare l’emotional

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eating ovvero mangiare per placare emozioni. Se il controllo è il tema dominante

nell’anoressia nervosa e nella bulimia nervosa, nei pazienti con BED prevalgono il discontrollo, il senso di inadeguatezza e di impotenza. Un tratto ampiamente diffuso anche tra i pazienti con BED è la bassa autostima, con tendenza all’umore depresso; una bassa stima di sé espone maggiormente alla pressione ambientale verso la magrezza e quindi verso l’inizio della dieta, i cui insuccessi, associati agli episodi di abbuffata, contribuiscono a peggiorare ulteriormente la considerazione di sé.

Criteri diagnostici del BED secondo il DSM-5:

A. Episodi ricorrenti di abbuffate compulsive. Un episodio di abbuffata compulsiva è caratterizzato da:

➢ mangiare, in un periodo circoscritto di tempo (p.e. entro un paio

d’ore), una quantità di cibo che è indubbiamente maggiore di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso arco di tempo in circostanze simili

➢ un senso di mancanza di controllo sul mangiare durante l’episodio

(p.e. sentire di non poter smettere o controllare cosa o quanto si sta mangiando).

B. Gli episodi di alimentazione incontrollata sono associati con tre (o più) dei seguenti sintomi:

➢ mangiare molto più rapidamente del normale

➢ mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni

➢ mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente

fisicamente affamati

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mangiando

➢ sentirsi disgustati verso se stessi, depressi, o molto in colpa dopo

le abbuffate.

C. È presente un disagio marcato rispetto al mangiare senza controllo

D. Il comportamento alimentare incontrollato si manifesta, in media, almeno una volta a settimana per tre mesi consecutivi.

E. L’alimentazione incontrollata non risulta associata con l’utilizzazione sistematica di comportamenti compensatori inappropriati (per es., uso di purganti, digiuno, eccessivo esercizio fisico) e non si verifica esclusivamente in corso di Anoressia Nervosa o di Bulimia Nervosa.

Tabella 5. I criteri diagnostici per la BED secondo DSM-5.

Nel BED, il livello di gravità si basa sulla frequenza media degli episodi di abbuffata e può aumentare in funzione della presenza di altri sintomi e del grado di disabilità funzionale.

Lieve 1-3 episodi/settimana

Moderata 4-7 episodi/settimana

Grave 8-13 episodi/settimana

Estrema >14 episodi/settimana

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Pica

La caratteristica fondamentale di questo disturbo consiste nella “persistente ingestione di una o più sostanze senza contenuto alimentare non commestibili” per un periodo uguale o superiore a 1 mese. Ad esempio: stoffa (xilofagia), terra (geofagia), feci (coprofagia) e ghiaccio (pagofagia). La Pica esordisce comunemente in età infantile e più raramente negli adulti. Il disturbo, in genere, non comporta danni allo sviluppo nei bambini, mentre in età adulta è maggiormente associato a disabilità intellettiva o altri disturbi mentali.[3]

Mericismo o Disturbo da ruminazione.

Questo disturbo è caratterizzato da ripetuto rigurgito di cibo per un periodo uguale o superiore a 1 mese e non attribuibile a un problema gastrointestinale o a un’altra condizione medica. Anche questo comportamento si può associare a insufficienze mentali o a disturbi psicotici. Nei bambini può essere un fenomeno transitorio.[3]

Disturbo da evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID).

ARFID viene presentato nel DMS-5 in sostituzione al disturbo della nutrizione dell’infanzia, descritto nella precedente manuale DMS-IV. Questo disturbo è tipico dell’età evolutiva ma può manifestarsi anche in età adulta.

Tale sezione comprende altre tassonomie che vengono chiamate con termini specifici: per esempio, disfagia funzionale o globus hystericus o chocking phobia (non poter mangiare cibi solidi per paura di restare soffocati), alimentazione

selettiva (limitata a pochi cibi, sempre gli stessi, di solito carboidrati come

pane-pasta-pizza), picky-fussy eating (mangiare troppo poco in modo schizzinoso e capriccioso scartando continuamente i cibi), food neophobia (evitamento fobico di

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Questa condizione finisce anche per confondersi con quelle forme di anoressia nervosa senza apparenti disturbi dell’immagine del corpo che alcuni autori chiamano non-fat phobic anorexia nervosa (anoressia nervosa senza fobia di ingrassare).

L’elenco dei criteri diagnostici per ARFID, formulati dal DSM-5, sono mostrati nella Tabella 7

A. Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione (p.e. apparente mancanza d’interesse per il cibo e il mangiare; evitamento legato a caratteristiche sensoriali del cibo; preoccupazioni legate a effetti negativi dei cibi) che si manifesta come insufficienza qualitativa (nutrienti) e/o quantitativa (calorie) dell’alimentazione rispetto al fabbisogno, associato a uno o più degli eventi seguenti:

➢ perdita significativa di peso (o, in età evolutiva, mancata crescita

ponderale/staturale)

➢ carenze nutrizionali significative

➢ dipendenza dalla nutrizione artificiale enterale o da supplementi

nutrizionali

➢ interferenza marcata con il funzionamento psico-sociale

B. Il disturbo non dipende dalla mancanza di cibo disponibile e non è legato a pratiche culturali

C. Il disturbo non è espressione di anoressia nervosa o di bulimia nervosa e non risulta presente una distorsione del rapporto con il peso e le forme del corpo

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D. Il problema alimentare non è giustificato da una malattia medica concomitante (p.e. acalasia esofagea) né da un altro disturbo mentale (p.e. delirio di veneficio)

Tabella 7. I criteri diagnostici per ARFID secondo DSM-5.

Epidemiologia dei Disturbi alimentari

Nel ventesimo secolo e specialmente nelle ultime decadi si osserva un incremento critico dell’incidenza dei disturbi alimentari. Dagli anni ‘90 la notevole accelerazione della globalizzazione di modelli e stereotipi sociali, favorita dai nuovi mezzi di comunicazione digitale, le trasformazioni culturali delle abitudini familiari e sociali del mangiare e della convivialità, hanno portato ad un marcato incremento dei disturbi alimentari (DA) con una vera e propria “epidemia sociale” e la comparsa di nuove problematiche legate alla società moderna.[2]

In Italia sono ormai circa 3 milioni le persone affette da DA, specie anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata.

Secondo le stime ufficiali, il 95,9% delle persone colpite dai disturbi alimentari sono donne. L’incidenza dell’anoressia nervosa è di almeno 8 nuovi casi per 100mila persone in un anno tra le donne, mentre per gli uomini è compresa fra 0,02 e 1,4 nuovi casi. [6]

Invece, per quanto riguarda la bulimia ogni anno si registrano 12 nuovi casi per 100mila persone tra le donne e circa 0,8 nuovi casi tra gli uomini.

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2. ORTORESSIA NERVOSA

Nelle ultime decadi è andata crescendo l’attenzione della comunità scientifica verso emergenti forme patologiche connesse ad alterazioni dell’alimentazione, diverse dalle forme “classiche” definite nel DSM-5. Tra questi nuovo disturbi rientrano l’anoressia nervosa inversa (Reverse anorexia nervosa o Vigoressia), caratterizzata da un’ossessione per lo sviluppo della propria muscolatura, e l’ortoressia nervosa.

Il termine “ortoressia” deriva da due parole appartenenti al greco classico: orthos (diritto, corretto, giusto) e orexis (appetito). Con il termine Ortoressia Nervosa (ON) si indica una forma patologica in cui si sviluppa una forma di ossessione per il cibo salutare o presunto tale [5].

A metà degli anni novanta, il primo a coniare il termine Ortoressia Nervosa fu Steven Bratman, un medico dietologo americano, affetto da questo disturbo dell’alimentazione, che, per individuare i soggetti colpiti dal disturbo, ideò un test di screening chiamato Test di Bratman [11].

L’ortoressia è un disturbo alimentare subdolo e ancora in via di definizione. Alcuni Autori ne hanno parlato come di "una malattia mascherata da virtù" [12] e gli studi a riguardo sono in continua crescita al fine di poterla collocare sul piano diagnostico rispetto ad altri disturbi [13] . In particolare la letteratura scientifica ha valutato se l’ortoressia possa essere classificata come un disturbo alimentare distinto, come un’espressione di disturbi alimentari già classificati o come una variate di disturbo ossessivo-compulsivo.

L’ortoressia nervosa non è classificata come uno specifico disturbo alimentare nel DSM-IV [14] (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder- IV) dell’APA (American Psychiatric Association’S). Nella nuova edizione del DSM-5 viene collocata insieme all’anoressia inversa all’interno dell’area del Disturbo

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evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo, categoria che indica un’anomalia della nutrizione e dell’alimentazione che si esprime attraverso una persistente incapacità di assumere un giusto apporto nutrizionale e/o energetico.

Se l’ortoressia si manifesta nel corso di un altro disturbo alimentare può richiedere attenzione clinica quando il disturbo non è transitorio, dura nel tempo e quando ha un impatto significativamente negativo sulla vita.

Moroze et al. [15], basandosi sulla revisione della letteratura [8], [12] , hanno proposto quattro criteri diagnostici per l’ortoressia (Tabella 8), sottolineando la necessità che siano confermati da ulteriori studi di validazione prima di essere accettati in una futura versione del DSM.

A. Preoccupazione ossessiva per il consumo di "cibi sani", concentrandosi sulle preoccupazioni relative alla qualità e alla composizione dei pasti (due o più dei seguenti):

➢ Consumare una dieta squilibrata dal punto di vista nutrizionale a

causa delle preoccupanti convinzioni sulla "purezza" del cibo. ➢ Preoccupazione e preoccupazioni per il consumo di cibi impuri o

malsani e degli effetti della qualità e della composizione degli alimenti sulla salute fisica o emotiva o su entrambi.

➢ Evitare con rigidità gli alimenti ritenuti "malati" dal paziente, che

possono includere alimenti contenenti grassi, conservanti, additivi alimentari, prodotti animali o altri ingredienti considerati non sani dal soggetto.

➢ Per le persone che non sono professionisti del settore alimentare,

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dedicata alla lettura, all'acquisizione e alla preparazione di specifici tipi di alimenti in base alla qualità e alla composizione percepite. ➢ Sentimenti e preoccupazioni colpevoli dopo le trasgressioni in cui

si consumano cibi "malsani" o "impuri". ➢ Intolleranza alle credenze dell'altro cibo.

➢ Spendere somme eccessive di denaro in relazione al proprio

reddito sugli alimenti a causa della loro qualità e composizione percepite.

B. La preoccupazione ossessiva diventa compromessa da uno dei seguenti fattori:

➢ Compromissione della salute fisica a causa di squilibri nutrizionali,

ad esempio, lo sviluppo di malnutrizione a causa di una dieta squilibrata.

➢ Grave sofferenza o compromissione del funzionamento sociale,

accademico o professionale a causa di pensieri e comportamenti ossessivi che si concentrano sulle convinzioni del paziente riguardo all'alimentazione "sana".

C. Il disturbo non è semplicemente una esacerbazione dei sintomi di un altro disturbo come il disturbo ossessivo-compulsivo o della schizofrenia o un altro disturbo psicotico.

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D. Il comportamento non è meglio rappresentato dall'osservazione esclusiva dell'osservanza religiosa ortodossa organizzata o quando le preoccupazioni relative alle esigenze alimentari speciali sono in relazione a allergie alimentari o condizioni mediche che richiedono una dieta specifica.

Tabella 8. I criteri diagnostici per ON secondo Moroze et al.

Nello specifico il criterio B, in Tabella 8, si riferisce alla disfunzione causata dalle preoccupazioni ossessive per la salute fisica e dai comportamenti motivati dalle credenze del paziente riguardo al “mangiar sano”, che conducono ad una dieta sbilanciata e provocano un grave disagio e una grave compromissione delle funzioni sociali, accademiche o lavorative. [16] Questa descrizione appare allineata con quella descritta nel DSM-5 [9] riguardo ai disturbi dell’alimentazione e della nutrizione[16]:

Per alcuni autori [17] l’ortoressia può rappresentare una condizione premorbosa di un disturbo dell'alimentazione conclamato, mentre per altri [5], [8], [18] può essere considerata un’entità diagnostica distinta [12].

Dunn e Bratman [11] hanno indicato altri criteri diagnostici mostrati nella tabella seguente.

A. Preoccupazione mentale ossessiva e comportamento compulsivo riguardo a una dieta restrittiva che l'individuo ritiene sia salutare.

B. Violazioni dietetiche che causano una paura esagerata della malattia, senso di impurità e sentimenti di vergogna.

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C. Regole alimentari che aumentano nel tempo e includono la completa eliminazione di interi gruppi di alimenti e frequenti digiuni o purificazioni nel tentativo di purificare il corpo.

D. Malnutrizione e corrispondenti complicazioni mediche derivanti da una dieta severamente restrittiva.

E. Menomazioni nel funzionamento personale, sociale, professionale o accademico derivanti dalla loro preoccupazione ossessiva e dal comportamento compulsivo.

F. La loro autostima e soddisfazione dipendono eccessivamente dalla loro stretta aderenza alla loro dieta restrittiva.

Tabella 9. I criteri diagnostici per ON secondo Dunn e Bratman

La proposta di Dunn e Bratman è basata su criteri che permettono di identificare l’ON come entità patologica distinta che non include caratteristiche come il disagio del corpo, l’insoddisfazione generale per il corpo e il peso corporeo, l’evitamento e i comportamenti compulsivi di controllo del corpo.

Anche se l’ON può essere associata alla perdita di peso, a causa di scelte alimentari incongrue, il desiderio di perdere peso non è l’obiettivo primario del comportamento alimentare, e il calo ponderale è secondario, conseguenza di un'eccessiva preoccupazione per un'alimentazione sana.

L’ON è descritta nel Manuale per la Cura e la Prevenzione dei Disturbi Alimentari (SISDCA) [19] come eccessiva preoccupazione per i cibi “impuri”, con aspetti comuni all’Anoressia Nervosa e al Disturbo Ossessivo Compulsivo, e non ascrivibile al gruppo dei disturbi Avoidant/Restrictive Food Intake Disorder

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(ARFID), classificati nel DSM-5, che comportano un evitamento di certi cibi in risposta ad eventi traumatici o per paura dello sviluppo di situazioni avverse. I confini diagnostici con altri disturbi, come l’anoressia e il disturbo ossessivo-compulsivo, sembrano ancora poco chiari. Gli individui con ortoressia nervosa (ON) e anoressia (AN) condividono caratteristiche comuni come perfezionismo, ansia e il controllo estremo sul loro ambiente e sulla loro dieta [20], [21]; in entrambi i disturbi sono presenti l’aderenza alla dieta come elemento “marcatore” di autodisciplina e la trasgressione alimentare come fallimento dell’ autocontrollo. Per entrambi i disturbi c’è scarsa consapevolezza della condizione, con frequente negazione del malfunzionamento che ne deriva [11].

Anche nell’ON possono essere presenti insoddisfazione corporea e alta preoccupazione per il sovrappeso, aspetti prevalente nelle donne ma non negli uomini [22], nonché abitudini di vita che includono maggiore attività fisica e sportiva [23]–[27] . Peraltro nell’ON la preoccupazione per il cibo come strumento di controllo del peso corporeo non è così distintiva come in AN e BN [28] e, come detto, a differenza di AN e BN, la motivazione non appare essere quella di perdere peso, ma piuttosto, secondo alcuni Autori, quella di raggiungere una sensazione di perfezione o purezza [12]

I soggetti con ON presentano sintomi simili a quelli del disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) [21]: hanno pensieri intrusivi e ricorrenti sul cibo e sulla salute in momenti inappropriati, preoccupazioni per la contaminazione e l’impurità degli alimenti, forte bisogno di preparare il cibo e consumarlo secondo specifici rituali [12], il tempo investito in altre attività si riduce, poiché l’aderenza allo stretto regime alimentare interferisce con la normale routine di vita [8], [16].

Le caratteristiche in comune tra ON, AN e DOC sono evidenziate nel diagramma di Venn sottostante (Figura 1): perfezionismo, rigidità di pensiero, tratti d’ansia, alterato funzionamento, memoria di lavoro deficitaria e scarsa capacità di

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Figura 1. Diagramma di Venn sono con le caratteristiche di tre disturbi: Ortoressia nervosa (ON), Anoressia nervosa (AN) e disturbo ossessivo compulsivo (DOC).

Zamora et al [29] hanno sottolineato che i meccanismi ossessivo-compulsivi nei pazienti con ON possono corrispondere alla rigidità e al perfezionismo tipici dell’anoressia restrittiva.

Arusoĝlu et al. [30] hanno dimostrato inoltre una significativa correlazione tra la presenza di sintomi DOC e maggiore presenza di tratti ortoressici.

Peraltro l’ON differisce dall’AN per quanto riguarda la prevalenza di genere e il peso corporeo. Nella AN un BMI basso è criterio diagnostico per il disturbo e c’è maggiore prevalenza nel genere femminile con un rapporto medio 9:1[31]–[33] . Al contrario, una recente Review della letteratura [25] ha evidenziato che l’ON non presenta nessuna correlazione tra BMI e sintomi tipici del disturbo così come

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non ci sono significative differenze tra uomini e donne, mostrando semmai una leggera maggiore prevalenza nel genere maschile.

Pur con questi limiti sul piano diagnostico e nosografico, la maggior parte degli Autori concorda sul fatto che l'ON possa comunque costituire un importante fattore di rischio per la salute mentale e fisica, sottolineando l’importanza e la necessità di sviluppare strumenti diagnostici più specifici, in modo da facilitare una comprensione approfondita di questo disturbo [31].

2.1 Il comportamento ortoressico

L’ortoressia, come altre forme di disturbo alimentare, ha come focus principale l’ossessione per il cibo.

Le manifestazioni fenotipiche di un soggetto con ortoressia riguardano i seguenti aspetti [34]:

Qualità degli alimenti: la focalizzazione è primariamente sulla

“qualità” degli alimenti, a differenza di altre forme di disturbo alimentare in cui il focus è posto primariamente sulla “quantità” e solo secondariamente sulla “qualità”.

Paura della “contaminazione”: pensiero ricorrente e pervasivo sul

fatto che il cibo possa essere “contaminato” da svariati elementi, con un timore può sfociare in una forma di ipocondria.

Programmazione: per assicurarsi di mangiare solamente cibi sani e

puri, i soggetti con ortoressia dedicano molte ore al giorno a studiare gli alimenti da consumare, a pianificare e preparare i pasti.

Depurazione: la paura della contaminazione e l’ipocondria indotta

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teme di aver ingerito cibi considerati non salutari, potendo per questo ricorrere al vomito autoindotto, o all’assunzione ripetuta di purganti. ➢ Severità: la persona con ortoressia mostra estrema severità con sé

stessa, con autoprescrizione di ferree regole alimentari, intransigenza nel rispetto delle stesse, e marcato senso di colpa nel caso di trasgressioni, con ulteriore progressivo irrigidimento nel tempo.

Le conseguenze dell’ortoressia si manifestano, come già accennato, sia sul piano fisico, sia su quello psicologico.

Sul versante fisico, le preoccupazioni e le scelte alimentari spesso incongrue, per quanto motivate in senso “salutista”, possono causare carenze nutrizionali man mano più severe, quali squilibri elettrolitici, deficit di vitamine e altri micronutrienti che, nelle forme estreme, possono sfociare in fragilità ossea (osteoporosi) e atrofie muscolari anche in giovane età.

Ugualmente pericoloso, nei soggetti con ortoressia, può essere il rischio di una patologia da abuso di integratori alimentari [15] .

Sul versante psicologico, lo stato emotivo di fondo della persona con ortoressia nervosa è caratterizzato da un atteggiamento di tipo ossessivo-compulsivo, su cui possono innestarsi depressione e senso di colpa, con un costante stato di ansia, legato al timore che il contatto con i cibi da lui ritenuti insani possa causare danni alla salute.

L’ossessione nei confronti del cibo non di rado si associa ad altre forme maniacali, come l’ossessione per l’esercizio fisico, per la pulizia, per le cure estetiche. Spesso l’ortoressia convive con un pregiudizio patologico verso i farmaci e non è raro che questa patologia celi anche la paura delle malattie e dell’invecchiamento.

(25)

suo stile alimentare, ma spesso finisce per rifuggire la convivialità e trovarsi isolato, peggiorando il suo quadro psicopatologico.[34]

I soggetti con sintomi ortoressici mostrano in genere convinzioni nutrizionali stereotipate, che danno maggiore importanza alla salubrità e alle proprietà nutrizionali degli alimenti piuttosto che al gusto e al piacere del cibo [27] .

In alcuni casi, sostenuta da credenze religiose o preoccupazioni riguardo all’agricoltura sostenibile, alla protezione dell’ambiente o alla salvaguardia degli animali [35] c’è una focalizzazione rigorosa sul vegetarianismo biologico privo di caseina, sul veganesimo e sull’uso di cibo crudo, fino a convinzioni irrealistiche, se non addirittura magiche, nei confronti delle proprietà di certi alimenti.

In genere comunque le preoccupazioni pervasive nei confronti del cibo sono espressi da comportamenti ossessivi sul controllo della qualità degli alimenti: ad esempio se le proprietà nutrizionali sono perse durante la cottura, o se sono stati aggiunti micronutrienti, aromi artificiali, conservanti, se c’è contaminazione da pesticidi nei prodotti dell’agricoltura o da ormoni negli animali da allevamento, se nell’imballaggio e nella lavorazione ci sono componenti cancerogeni derivati dalla plastica, se le etichette informano adeguatamente sulla qualità degli ingredienti, se la filiera di lavorazione è lunga o corta o a chilometro zero. Spesso tutto ciò conduce a complessi rituali con tempistiche molto lunghe che coinvolgono la preparazione dei pasti, governati da regole precise sugli orari, sui tempi di esecuzione delle cotture e sull’associazione degli alimenti (ritenendo ad esempio che la massima digestione di un alimento avvenga ad una certa distanza di tempo dall’ingestione di un altro) [12], Oltre a quello dedicato alla preparazione dei pasti, una grande quantità di tempo è occupata anche da pensieri intrusivi sui difetti degli alimenti e sulle minacce per la salute, potendo sfociare in un marcato malfunzionamento nell’ambito relazionale, scolastico, lavorativo [12], [15], [16],

(26)

Secondo Brytek-Matera [22] i soggetti con Ortoressia Nervosa mettono in atto dei veri e propri rituali ossessivi, che possono essere suddivisi in quattro fasi

1. forte preoccupazione al pensiero di cosa mangiare, con conseguente pianificazione dei pasti con diversi giorni di anticipo, nel tentativo di evitare i cibi ritenuti dannosi (ad es., cibi contenenti pesticidi residui o ingredienti geneticamente modificati o “artificiali”, oppure ricchi di un componente ritenuto insano come lo zucchero o il sale);

2. impiego di una grande quantità di tempo nella ricerca e nell’acquisto degli alimenti a scapito di altre attività;

3. preparazione del cibo secondo procedure particolari ritenute esenti da rischi per la salute (ad es., cottura particolare dei cibi o utilizzo di un certo tipo di stoviglie);

4. sentimenti di soddisfazione e autostima oppure di colpa e forte disagio a seconda dell’avere o meno rispettato le regole auto-imposte.

Come afferma Bratman [37] , “una persona che riempie le giornate mangiando

tofu e biscotti a base di quinoa può sentirsi altrettanto pia di chi ha dedicato tutta la vita ad aiutare i senza tetto”, ma di fronte ad uno strappo alla regola la stessa

persona si trova a dover affrontare forti sensi di colpa, e spesso si punisce mettendo in atto restrizioni ancora più severe.

2.2 L’ortoressia come fenomeno sociale

L’atto biologico fondamentale dell’alimentazione, negli ultimi decenni, è stata studiata e analizzata in vari campi, dalla medicina all’antropologia.

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Il diffondersi dell’uso di social-media e l'intensificarsi di programmi televisivi dedicati all’alimentazione hanno ampliato la diffusione di informazioni, più o meno corrette, sull’alimentazione.

La grande abbondanza di cibo disponibile nelle società del benessere e il frequente eccessivo introito energetico giornaliero hanno aumentato i rischi connessi all’alimentazione e hanno innescato, nei soggetti più sensibili, complessi meccanismi psichici, problematizzando l’esperienza dell’alimentazione e della nutrizione [38].

Sono andate diffondendosi, di conseguenza, anche stili alimentari selettivi, come le diete vegetariane o vegane, e nuove forme di “integralismo salutista”, come le diete crudiste e carb, insieme all’offerta di alimenti gluten-free, sugar-free,

no-ogm, no oil palm.[39]

Su queste basi alcuni autori hanno parlato del configurarsi di una “società ortoressica”, termine coniato da Nicolosi (…) ispirato dagli scritti di Steve Bratman [40]

I comportamenti tipici dell’ortoressia (alimentazione restrittiva, selezione dei cibi, controllo ossessivo di ingredienti ed etichette dei prodotti alimentari, rinuncia ad eventi sociali che prevedano il consumo di cibo, ecc) raramente si fondano su reali competenze scientifiche (derivando piuttosto da convinzioni generiche, passaparola, informazioni dal web, ecc) e rispondono in genere a stati emotivi negativi, a paure e preoccupazioni, più o meno infondate, relative alla salute fisica.

In particolare il web rappresenta una fonte ormai primaria di informazioni sull’alimentazione, ben il 54% dei consumatori utilizza social-media per scoprire e condividere “esperienze” alimentari e il 42% li utilizza per avere consigli alimentari. In un recente articolo è stata rilevata la correlazione tra ortoressia e Instagram [41] , il bisogno di condividere su Instagram immagini sul cibo viene

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propria alimentazione. L’hashtag #food (Figura 2) è ad esempio uno dei siti più seguiti e influenti sulle scelte alimentari degli utenti; uno studio sul tag #fitispiration (Figura 2) su Instagram, che si propone di favorire l'esercizio fisico e una sana alimentazione ha rilevato come l’esposizione a immagini di corpi ipertonici e sottili possa avere effetti negativi sull’immagine corporea dell’utente. [42]. In generale gli utenti abituali dei social network sono propensi a seguire i consigli nutrizionali di vari “influencer” e “blogger”, che possono favorire l’accentuarsi di sintomi psicopatologici relativi all’alimentazione, fino al configurarsi di disturbi alimentari maggiori come AN [41] e anche di altre psicopatologie [43] .

Figura 2. Ricerca dei tag #food e #fitispiration su Instagram.

Un ultimo aspetto sociale da segnalare è il senso di forza che deriva dal ricorso ai comportamenti ortoressici, come ben descritto da Oberle e al[25] , includendo il senso di superiorità nei confronti degli altri come un criterio distintivo dell’ortoressia e sottolineando come l’ossessione per il cibo sano rappresenti

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un’“automedicazione” che protegge dal senso di inadeguatezza sociale e può spingere a giudizi critici e feroci nei confronti di altri esseri umani, come traspare dalla citazione seguente:

“Le persone che ci accusano di ortoressia sono persone ignoranti, schiave del sistema economico-sociale-bancario-farmaceutico-alimentare-industriale attuale; io sono fiero di dire ad alta voce che tutto dipende dall’alimentazione, anche il peccato originale è nato da un atto errato di alimentarsi (ma non era di certo la mela). L’umano dovrebbe essere l’animale più intelligente, eppure lavora e si ritrova in catene per alimentarsi.”

e ancora:

“Mangiare cibo spazzatura abbassa il vostro livello intellettivo rendendovi più facili da controllare. Questo cibo scompiglia letteralmente la vostra mente, intorpidendo i vostri sensi con il glutammato monosodico, l’aspartame ed estratti di lievito […] il cibo morto spegne i livelli superiori della coscienza […]” [37]

Resta in senso paradigmatico la straordinaria testimonianza di Steve Bratman, lo studioso che ha descritto la propria esperienza di ortoressia e che per primo ha dato il nome a questo disturbo:

“Dopo un anno circa di questo regime auto-imposto, mi sentivo leggero, con la

mente sgombra, pieno di energie, forte e dalla parte del giusto. Consideravo le miserabili, dissolute anime che ingoiavano biscotti con gocce di cioccolato e patatine come meri animali ridotti al soddisfare la loro brama gustativa. Ma non ero compiaciuto della mia virtù. Sentendo come un obbligo l’illuminare i miei deboli fratelli, istruivo continuamente amici e familiari sulla dannosità dei cibi raffinati e processati e sulla pericolosità di pesticidi e fertilizzanti artificiali.”

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In questa descrizione leggiamo il senso di epifania e l’esperienza di forza che possono derivare dal comportamento ortoressico, che però non appaiono duraturi, prosegue infatti Bratman :

“Gradualmente, comunque, iniziai a sentire che c’era qualcosa di sbagliato. Il bisogno di ottenere cibo privo di carne, grassi o composti chimici artificiali mise quasi tutta la socialità legata al cibo fuori dalla mia portata. Inoltre, pensieri intrusivi di cavolini si frapponevano fra me e la buona conversazione. La cosa più sconvolgente di tutte, forse, era che cominciavo a sentire che la poesia nella mia vita era diminuita. Tutto quello a cui riuscivo a pensare era il cibo.” [37]

Nei disturbi del comportamento alimentare il cibo viene infatti utilizzato per comunicare un disagio difficile da esprimere altrimenti e in questo senso la riflessione proposta non ha il fine di demonizzare alcune pratiche alimentari piuttosto che altre, ma quello di accendere una luce sulla possibilità che alcuni disagi possano trovare nascondiglio e rifugio dietro un’appartenenza culturale legittimante e al tempo stesso rassicurante.

3. MATERIALI E METODI

L’indagine è stata condotta dal mese di Ottobre 2018 a Gennaio 2019 su un campione di 733 soggetti di nazionalità italiana. I partecipanti, previo consenso informato ai sensi del D. Lgs. n.196 del 30 giugno 2003, hanno risposto gratuitamente on-line ad un questionario multidimensionale. I dati raccolti sono stati utilizzati esclusivamente per scopi di studio, sono stati conservati in modo

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sicuro ed è stata rimossa qualsiasi informazione che permetta di identificare i partecipanti.

L’invito di partecipazione allo studio è stato diffuso tramite messaggi privati, pubblicazioni in bacheca e social media; la somministrazione del questionario, creato con google form, è avvenuta attraverso il collegato ipertestuale sulle principali piattaforme web, come Instagram e Facebook.

Il questionario proposto denominato “Indagine sulle abitudini alimentari della

popolazione” è suddiviso in quattro sezioni.

La prima sezione è una breve scheda anagrafica con informazioni socio-demografiche. La seconda sezione, denominata scheda personale (Tabella 10 dell’appendice), raccoglie le domande sulle abitudini alimentari. La terza sezione propone le domande dell’ORTO-15 [8] (Tabella 11 dell’appendice) e la quarta sezione quelle dell’EAT-26 [7] (Eating Attitude Test - Tabella 13 dell’appendice).

3.1 Scheda socio-demografica

La scheda raccoglie informazioni relative a sesso, età e livello di istruzione (diploma scuola superiore di primo grado, diploma scuola superiore di secondo grado e laurea); ai partecipanti laureati è stato chiesto di indicare l’area di specializzazione tra umanistica, giuridico-economica, scientifica e medico-sanitaria.

3.2 Scheda personale

La scheda personale è composta da 19 item a risposta multipla (tabella 10 appendice).

(32)

I primi tre item valutano l’attività fisica svolta durante la settimana e l’utilizzo di app per monitorarla, mentre alcune domande si riferiscono ai trend alimentari e l’acquisto nei supermercati biologici. Una sezione delle domande indaga sull’alimentazione vegetariana, vegana e senza glutine.

Mentre i restanti item riguardano l’utilizzo dei social-media, nei quali viene chiesto ai partecipanti se seguono pagine/profili sull’alimentazione e personal trainer.

3.3 ORTO-15

L’ORTO-15, test sviluppato nel 2005 e validato da Donini et al [5], è composto da 15 item (tabella 11 in appendice) a risposta multipla (sempre, spesso, qualche volta, mai). Gli item dell’ORTO-15 hanno lo scopo di indagare gli aspetti caratteristici del comportamento ortoressico: la presenza delle alterazioni nella scelta, acquisto, preparazione e consumo degli alimenti e la presenza degli aspetti ossessivi, cognitivi ed emotivi, tipici del disturbo. [8]

Nello studio originale di validazione del test sono state prese in considerazione entrambe le caratteristiche, individuate rispettivamente tramite un questionario sulle abitudini alimentari e il Minnesota Multiphasic Personality Inventory. Su queste basi tra i 404 soggetti del campione studiato furono individuati quattro sottogruppi: soggetti senza tratti ossessivi-compulsivi e con un normale atteggiamento alimentare, soggetti con una normale condotta alimentare ma positivi ai tratti ossessivi-compulsivi, soggetti senza tratti ossessivi-compulsivi ma con atteggiamento alimentare “salutare” e infine i soggetti con entrambe le alterazioni presenti, indicati come soggetti con tratto “ortoressici”, dopo conferma al confronto con un gruppo di controllo, che ha evidenziato efficacia, buone sensibilità e specificità [8].

(33)

Alla risposta per ogni item del test corrisponde un valore da 1 a 4 a seconda della frequenza (sempre, spesso, qualche volta, mai). L’associazione tra punteggio e risposta per ciascun item è riportata in tabella 12 in appendice. La somma dei punti risultata dalle risposte alle domande dà il risultato finale del test.

Come punteggio finale indicativo della presenza di tratti ortoressici sono stati proposti differenti cut-off (<35,<40,<45). Anche se attualmente è in corso una revisione del test, a seguito di qualche segnalazione sulla possibile sovrastima della prevalenza del disturbo in determinati casi [10], [49], [50], un punteggio finale inferiore a 35 è quello più utilizzato in letteratura per una migliore capacità predittiva [22], [24], [27], [48]–[50].

In questo studio è stato pertanto scelto un punteggio inferiore a 35 come indicatore della presenza di tratti ortoressici.

3.4 EAT-26

L’Eating Attitude Test 26 (EAT-26) [7] è la versione ridotta dell’EAT-40 [44], ideato da Garner e Garfinkel come strumento di valutazione dei sintomi caratteristici dell’anoressia nervosa e come indicatore prognostico. Viene utilizzato anche nello screening preliminare di popolazioni non cliniche al fine di identificare soggetti a rischio per disturbi del comportamento alimentare.

La versione con 26 item (tabella 13 in appendice) è composta da tre sottoscale che misurano rispettivamente: l’intensità di evitamento di cibi ad alto contenuto calorico e il desiderio di magrezza (scala D – “dieting”); la presenza di sintomi bulimici e l’intensità delle preoccupazioni rispetto al cibo (scala B – “bulimia”); il grado di autocontrollo sull’alimentazione e sulla percezione di pressioni esterne relative al peso corporeo (scala OC - “oral control”).

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L'intensità degli atteggiamenti viene indicata scegliendo una delle sei opzioni possibili: mai, raramente, a volte, spesso, molto spesso e sempre. Le prime tre risposte hanno un punteggio pari a zero, mentre le altre tre risposte hanno rispettivamente punteggio progressivo da 1 a 3, ad eccezione dell'ultima domanda che ha punteggi inversi. E’ possibile valutare il punteggio totale ottenuto per ogni sottoscala (dalla somma dei punti relativi agli item attribuiti alla sottoscala) e la somma complessiva del punteggio relativo ai 26 item dà il risultato finale del test. Un punteggio totale uguale e/o superiore a 20 è considerato un indicatore di un possibile disturbo alimentare.

3.5 Analisi statistiche

Con il calcolo della correlazione di Pearson [45] è stata misurata l’associazione tra i punteggi ORTO-15 e EAT-26 (punteggio totale e parziale delle sottoscale), ovvero il grado in cui le due variabili si “muovono assieme”. Valore vicino a -1 implica un'associazione negativa, invece valore maggiore di zero indica un'associazione positiva (tabella 14).

Dimensione Interpretazione della correlazione

.90 a 1.00 (da -.90 a -1.00) Correlazione molto alta positiva (negativa)

.70 a .90 (da -.70 a -.90) Correlazione positiva (negativa) elevata

.50 a .70 (da -.50 a -.70) Correlazione positiva (negativa) moderata

.30 a .50 (da -.30 a -.50) Bassa correlazione positiva (negativa) Da .00 a .30 (.00 a -.30) Correlazione trascurabile Tabella 14 Correlazione di Pearson

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La concordanza tra la positività dei due test è stata valutata utilizzando i coefficienti Kappa statistici di Cohen [46] e l'accordo percentuale. La misura K di concordanza secondo Cohen è una misura generalmente robusta per stimare l'accordo tra diversi stimatori. L’indice di Cohen corregge la concordanza osservata sottraendola a quella prevedibile per effetto casuale. Normalmente il valore di K varia tra 0 e 1. I valori di kappa inferiori a 0,40 rappresentavano una scarsa concordanza, valori compresi tra 0,40 e 0,75 buoni e valori superiori a 0,75 sono considerati eccellenti .

È stato utilizzato il test χ2 di indipendenza per verificare l’esistenza di una relazione tra le domande e il T-Test per confrontare le risposte medie date alle varie domande dai diversi sottocampioni.

La prevalenza di attitudini e comportamenti più rilevanti per ortoressia, di fatto gli item nei questionari più indicativi della presenza di tratti ortoressici, è stata valutata usando la metodologia del Random Forest [47] con variabile (target) di positività del test dell’ORTO-15 (cut-off <35). L’utilizzo del Random Forest è un metodo robusto di selezione delle domande più importanti in quanto esse vengono valutate su centinaia di alberi decisionali con permutazioni casuali dei dati di input; gli alberi decisionali sono dei modelli che hanno l’obiettivo di ottenere una segmentazione gerarchica di un insieme di dati mediante l’individuazione di “regole” che sfruttano la relazione esistente tra una classe di appartenenza e le variabili di input. L’idea di base è quella di partizionare ricorsivamente i dati di partenza in gruppi sempre più fini, cioè di numerosità inferiore, e sempre più omogenei internamente (rispetto alla distribuzione della variabile target). L'omogeneità dei sotto-campioni viene valutata attraverso l’indice Gini, il quale viene usato come criterio di selezione delle domande più importanti durante il processo di costruzione dell'albero. Una domanda rilevante

(36)

abbastanza omogenei; se i dati sono distribuiti in modo omogeneo su tutte le risposte, l’indice di Gini sarà basso, viceversa, in caso di distribuzione eterogenea l'indice sarà elevato.

I risultati dei questionari sono stati analizzati utilizzando RapidMiner Studio, KNIME e Microsoft Excel.

4. RISULTATI

Dei 733 soggetti arruolati, 522 (71.2%) sono di genere femminile e 211 (28.8%) di genere maschile; oltre il 60% dei partecipanti è nella fascia di età tra i 20 e i 39 anni. I risultati delle risposte alle diverse sezioni del questionario sono stati valutati prima per l’intero campione e poi per i gruppi di soggetti risultati positivi al test per presenza di ortoressia e al test per possibile presenza di disturbo alimentare. Per l’intero campione i punteggi finali per ORTO-15 variano da 25 a 48 (media 38.3, SD 4.0) e per EAT-26 da 0 a 52 (media 6.8, SD 7.8). Nel testo la positività all’ORTO-15 (punteggio totale inferiore a 35) sarà indicata con ON (Orthorexia Nervosa) e la positività all’EAT-26 (punteggio totale superiore a 20) sarà indicata con ED (Eating Disorder).

(37)

Figura 3. Distribuzione dei punteggi EAT-26 e ORT-15 dei questionari.

La correlazione di Pearson r = -0.51 (p < .001) mostra un andamento inverso tra i punteggi dei due test (tabella 14) [44]. Nel sottogruppo di soggetti positivi all’ORTO-15 si evidenziano delle correlazioni positive tra le sottoscale dell’EAT-26 (figura 4), in particolare c’è una moderata correlazione tra la sottoscala dieta (scala D) e bulimia-preoccupazione del cibo (scala B) e inoltre vi è una lieve correlazione negativa tra punteggio ORTO-15 e la sottoscala EAT-26 del controllo orale (scala C). Al contrario nel sottogruppo di soggetti positivi all’EAT-26 si rieva una lieve correlazione negativa tra la scala B e scala C ( figura 4).

(38)

Figura 4. EAT-26 score medio e matrici di correlazione di Pearson nei gruppi: ON, ED e positivi ad entrambi i test.

L'accordo percentuale dei due test è dell'83,6% e la Kappa di Cohen è di 0.27 indica un accordo scarso tra i risultati dei due test.

Rispetto all’intero campione 129 soggetti (17,6%) risultano positivi al test ORTO-15 (punteggio inferiore a 35) indicativo della presenza di tratti ortoressici; 55 soggetti (7.50%) risultano positivi all’EAT-26 (punteggio maggiore e/o uguale a 20) indicativo della possibile presenza di un disturbo alimentare; 32 soggetti sono risultati positivi sia all’ORTO-15 che all’EAT-26 (Figura 5).

(39)

.

Figura 5: Numerosità dei due gruppi che presentano la positività all’ORTO-15 e EAT-26.

4.1 Analisi dei risultati

Nella media dei punteggi totali all’ORTO-15 e all’EAT-26 per l’intero campione non si sono rilevate differenze significative né rispetto al genere (tabella 15), né rispetto alle diverse fasce di età (tabella 16) o alla zona di provenienza geografica (tabella 17).

Tabella 15. Medie e DS all’ORTO-15 e EAT-26 per genere.

(40)

Tabella 17. Medie e DS all’ORTO-15 e EAT-26 per provenienza geografica.

Analogamente, valutando la media totale dei punteggi ai due test ORTO-15 e EAT-26 tra i soggetti laureati del campione, non si rilevano differenze significative relativamente ai diversi indirizzi di studio. (tabella 18).

Tabella 18 Le medie e le deviazioni standard dei punteggi dell’ORTO-15 e dell’EAT-26 per indirizzi di laurea.

Valutando il punteggio totale al test ORTO-15 per l’intero campione, nel gruppo di soggetti che scaricano spesso “app” per monitorare l’attività fisica e le calorie (Tabella 19) si rileva una leggera tendenza a maggiori tratti ortoressici (score 35.44) rispetto a chi se ne astiene (score 38.95), sia pure senza una differenza significativa; più evidente è invece la differenza nel punteggio all’EAT-26, con maggiore probabilità di disturbo alimentare per chi abitualmente utilizza queste

(41)

“app” (score 13.63) rispetto a chi dichiara di non utilizzarne mai (score 5.05).

Tabella 19. Le medie e le deviazioni standard dei punteggi dell’ORTO-15 e dell’EAT-26 delle risposte “mai” e “spesso” alle domande: “Scarichi app per monitorare l’attività fisica svolta?” e “Scarichi app per contare calorie durante la giornata?”.

Risultati analoghi, con differenze più significative, si rilevano anche per il gruppo di soggetti che segue pagine sull’alimentazione nei social-media e preferisce cibi dietetici (tabella 20), questo gruppo mostra infatti punteggi medi più indicativi di ortoressia e di rischio di disturbo alimentare (29.27 nell’ORTO-15 e 32.36 nell’EAT-26) rispetto a chi dichiara di non essere interessato (40.74 all’ORTO-15 e 3.5 all’EAT-26). La differenza tra le due domande risulta statisticamente significativa (p-value< 0.0001 del T-test), inoltre esiste una relazione di dipendenza tra i due item (p-value <0.0001 del Chi-square test).

Tabella 20. Le medie e le deviazioni standard dell’ORTO-15 e EAT-26 delle risposte “mai” e “spesso” alle domande: “mangio cibi dietetici?” e “Segui pagine/profili

sull'alimentazione nei Social-media?”.

Infine, abbiamo valutato lo score medio dei partecipanti che mangiano abitualmente cibi dietetici ed evitano i fast-food (tabella 21), i quali presentano uno score medio ai due test pari a 30 per l’ORTO-15 e 31.1 per l’EAT-26, inoltre risulta esserci una relazione di dipendenza tra le due domande con p-value <0.05 del Chi-square test

(42)

.

Tabella 21. Le medie e le deviazioni standard del punteggio dell’ORTO-15 e dell’EAT-26 delle risposte “mai” e “sempre” alle domande: “Mangio cibi dietetici?” e “Consumi pasti nei

4.2 Prevalenza di ortoressia nervosa e disturbi

alimentari

Tra tutti i soggetti del campione (733) 129 soggetti (17,6%) sono risultati positivi alla presenza dei tratti ortoressici (cut-off<35) e 55 soggetti (7.5%) hanno mostrato positività all’EAT-26 (cut-off ≥ 20).

Riferendosi al gruppo di soggetti di genere femminile (n. 522), 91 partecipanti presentano tratti ortoressici e 55 partecipanti presentano positività al test dei disturbi alimentari; tra i soggetti di genere femminile dell’intero campione la percentuale di prevalenza per ortoressia nervosa è del 17,4% (ON) e per i disturbi alimentari del 9,6% (ED). Nel gruppo di soggetti maschi (n. 211) è emerso che 38 partecipanti presentano positività all’ORTO-15 e solo 5 all’EAT-26; tra i maschi dell’intero campione la prevalenza risulta rispettivamente del 18% per i tratti ortoressici e del 2,4% per i disturbi alimentari. (Figura 6).

(43)

Figura 6: Sottocampioni dei maschi e delle femmine (TOT) con le relative prevalenze dei disturbi (percentuale ON e ED in grassetto).

Studiando i risultati ai due test nei soggetti dell’intero campione separati in gruppi per fasce di età si evidenzia che i tratti ortoressici sono omogeneamente distribuiti, mentre la probabilità di disturbo alimentare appare meno presente nella fascia oltre i 40 anni. Nel dettaglio si elencano di seguito i risultati riportati nella Figura 7.

● nella fascia di età 18-19 sono presenti in totale 12 soggetti di cui un soggetto positivo all’ORTO-15 ed un soggetto positivo all’EAT-26. La prevalenza per entrambi i disturbi è pari a 8,3%;

● la fascia 20-29 è composta da 442 partecipanti di cui 86 presentano tratti ortoressici e 37 mostrano un disturbo alimentare. La prevalenza nei due disturbi è rispettivamente 19,4% per l’ortoressia e 8,4% per i disturbi alimentari.

● nella fascia 30-39 con 175 soggetti, 27 presentano tratti ortoressici e 14 presentano un disturbo alimentare. La prevalenza dell’ortoressia è 15,4% e del disturbo alimentare 8%.

● nella fascia 40-49 è composta da 72 soggetti di cui 11 presentano positività all’ORTO-15 e 2 partecipanti mostrano positività all’EAT-26. La prevalenza nei due test è rispettivamente del 15,2% per l’ortoressia e 2,8% per il disturbo alimentare.

(44)

● nella fascia 50-59 con 25 partecipanti, 4 mostrano positività all’ORTO-15 e 2 all’EAT-26. La prevalenza dell’ortoressia è del 16% e nei disturbi alimentari è del 8%.

● nella fascia oltre i 60 anni, presenti 7 soggetti di cui solo uno presenta positività all’EAT-26.

Figura 7: Sottocampioni delle fasce di età con le relative prevalenze dei disturbi (in grassetto).

Studiando i risultati ai due test nei soggetti dell’intero campione separati in gruppi per provenienza geografica si evidenzia che sia la presenza di tratti ortoressici che

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la probabilità di disturbo alimentare sono rilevabili in misura lievemente maggiore nel Sud e nelle Isole (Figura 8)

Figura 8: Sottocampioni della provenienza geografica con le relative prevalenze dei disturbi (in grassetto).

Studiando i risultati ai due test nei soggetti dell’intero campione separati in gruppi per disciplina di laurea si evidenzia che sia la presenza di tratti ortoressici che la probabilità di disturbo alimentare sono rilevabili in misura maggiore (con significatività statistica) nell’area umanistica e giuridico-economica rispetto all’area scientifica e medico-sanitaria (Figura 9)

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Figura 9: Sottocampioni degli indirizzi di laurea con le relative prevalenze dei disturbi (in grassetto).

Ulteriori valutazioni sono state fatte per alcuni altri sottogruppi di soggetti.

Ad esempio elevata prevalenza di tratti ortoressici e di probabilità di disturbo alimentare si ritrovano nel gruppo di soggetti che usano Apps per monitorare costantemente l’attività fisica (n.83 con prevalenza di ortoressia nel 31.3% e di disturbo alimentare nel 18.1%), così come nel gruppo di soggetti che usano abitudinariamente apps per contare calorie (n. 70 con prevalenza di ortoressia del 40% e del 18% per il disturbo alimentare).

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