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I focalizzatori nell'interlingua degli apprendenti germanofoni del corpus ICoN

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Academic year: 2021

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(1)

Corso di Laurea Magistrale in Informatica Umanistica

TESI

I focalizzatori nell’interlingua degli apprendenti germanofoni del

corpus ICoN

Candidato:

Marino Vazzana

Relatore:

Prof. Mirko Tavosanis

Correlatore: Prof.ssa Cecilia Andorno

(2)

ABSTRACT

Gli avverbi focalizzanti, o focalizzatori, rappresentano una sottoclasse di avverbi in grado di alterare, attraverso la focalizzazione di un costituente, dipendente dalla loro posizione all’interno della frase, la struttura semantica della stessa.

Lo scopo di questa tesi è quello di verificare se vi siano delle regolarità negli errori commessi nell’uso dei focalizzatori anche e solo da parte degli apprendenti germanofoni avanzati di italiano L2 del corpus realizzato dal consorzio ICoN, costituito dalle prove scritte sostenute dagli studenti del Corso di Laurea triennale in Lingua e Cultura Italiana offerto dal consorzio.

A tal fine vengono definite le proprietà generali dei focalizzatori e le specificità d’uso proprie della lingua italiana e tedesca.

Vengono affrontate, inoltre, le questioni metodologiche emerse dall’analisi dei sub-corpora di apprendenti e dalla definizione di devianza morfosintattica e di errore.

Gli errori individuati sono discussi alla luce dei riscontri su corpora di parlanti di italiano L1 quale il CORIS/CODIS, corpus di italiano scritto, e delle ricerche precedenti sull’uso dei focalizzatori da parte di apprendenti di italiano L2, in particolare Andorno (2000) e Caloi (2017).

Si procede dunque ad analizzare le proprietà distribuzionali e statistiche dei focalizzatori e degli errori commessi nel sub-corpus di apprendenti germanofoni, dimostrando da un lato l’assenza di regolarità in questo gruppo di apprendenti avanzati e dall’altro che solo il numero di lingue conosciute dagli apprendenti influisce su tale distribuzione e che vi è una tendenza generalizzata alla diminuzione della frequenza dei focalizzatori nel corso delle annualità.

(3)

INDICE

INTRODUZIONE ... 1

Ringraziamenti ... 3

1. GLI AVVERBI FOCALIZZANTI ... 4

1.1 Alcune definizioni: portata e focus ... 6

1.2 Effetto quantificativo ... 8

1.3 Scalarità ... 13

1.4 Identificatori ... 16

2. I FOCALIZZATORI IN ITALIANO ... 20

2.1 La posizione dei focalizzatori in italiano ... 20

2.2 Combinazione e coordinazione di focalizzatori in italiano ... 22

3. GLI AVVERBI FOCALIZZANTI IN TEDESCO ... 24

3.1 La struttura di base della proposizione in tedesco ... 24

3.2 La portata dei focalizzatori auch e nur in tedesco ... 27

4. CORINO (2012), UNA PROPOSTA OPERATIVA PER LO STUDIO DEI SUB-CORPORA ... 30

4.1 Il corpus VALICO ... 32

4.2 Il sotto-corpus di apprendenti germanofoni e l’analisi di Corino ... 35

5. CALOI (2017), UNO STUDIO SULL’USO DEL FOCALIZZATORE ANCHE DA PARTE DI APPRENDENTI GERMANOFONI ... 37

5.1 Il quadro teorico di riferimento ... 38

5.2 Metodologia dello studio ... 42

(4)

6. IL CORPUS ICON... 49

6.1 Il corpus ICoN ... 49

6.2 Il sotto-corpus di germanofoni ... 51

6.3 Il sotto-corpus di parlanti di italiano L1 ... 54

7. I CRITERI DI VALUTAZIONE DEGLI ERRORI DEGLI APPRENDENTI 56 8. PER UN CONFRONTO CON L’ITALIANO L1 SCRITTO: IL SOTTO-CORPUS DI STUDENTI ITALOFONI DEL COPUS ICoN E IL SOTTO-CORPUS DI ITALIANO SCRITTO CORIS/CODIS ... 60

9. GLI ERRORI DEGLI APPRENDENTI GERMANOFONI DEL CORPUS ICoN ... 64

9.1 Errori nell’uso del focalizzatore anche ... 65

9.1.1 Uso fasale di anche ... 67

9.1.2 Uso connettivo di anche ... 72

9.1.3 Violazione di regole posizionali ... 74

9.1.4 Mancata costituzione delle relazioni di portata ... 78

9.1.5 Portata di anche in posizione x1 ... 83

9.1.6 Interferenze con la L1 ... 85

9.2 Errori nell’uso del focalizzatore solo ... 89

10. PROPRIETÀ DISTRIBUZIONALI DEGLI AVVERBI FOCALIZZANTI ANCHE E SOLO ... 91

10.1 Dati aggregati su base sociolinguistica ... 94

10.2 Dati aggregati in base all’annualità ... 96

10.3 Focalizzazione contrastiva ... 98

11. FOCALIZZATORI E DEVIANZA: UNA PROPOSTA DI CODIFICA SECONDO LE LINEE GUIDA TEI/XML ... 100

(5)

11.2 Esempi ... 106

11.3 Conclusioni sullo schema di codifica ... 109

CONCLUSIONI ... 111

BIBLIOGRAFIA ...115

(6)

1

INTRODUZIONE

Lo scopo del presente lavoro è l’analisi degli errori commessi nell’uso degli avverbi focalizzanti anche e solo da parte degli apprendenti germanofoni di italiano L2 del corpus ICoN, realizzato dal consorzio omonimo a partire dalle prove d’esame scritte sostenute dagli studenti nell’ambito del Corso di Laurea triennale in Lingua e Cultura Italiana offerto dal consorzio stesso.

La motivazione alla base di tale scelta risiede nell’universalità linguistica delle operazioni indotte da tali avverbi sulla struttura informativa della frase, ossia l’addizione e la sottrazione di elementi topicali al/dal background dell’enunciato, con tutte le possibilità di comparazione e di comprensione dei processi linguistici che tale universalità offre.

Le domande che informano il presente lavoro sono:

1) Sono le proprietà distribuzionali dei focalizzatori nell’interlingua degli apprendenti determinate dalla loro L1, dall’annualità di studio o da altre caratteristiche sociolinguistiche degli apprendenti?

2) Sono la tipologia e la quantità di errori commessi dagli apprendenti correlate alla loro L1?

3) Vi è una chiara correlazione tra quantità e qualità degli errori e annualità di studio, così come rilevato, in altri ambiti, da Corino?

A queste domande si tenterà di rispondere attraverso una prima analisi del sotto-corpus di apprendenti germanofoni del sotto-corpus ICoN.

Al fine di contestualizzare l’analisi svolta, si procederà, nel corso dei capp. 1, 2 e 3, a descrivere gli avverbi focalizzanti e il loro uso, tanto in generale che nelle lingue italiana e tedesca, di particolare rilevanza per il presente lavoro.

(7)

2

Si procederà poi, nei capp. 4 e 5, a discutere di metodologia dello studio di corpora e sub-corpora di gruppi di parlanti specifici attraverso la sintesi del lavoro di Corino (2012), che ha affrontato l’evoluzione dell’interlingua degli apprendenti germanofoni del corpus VALICO, e delle peculiarità nell’uso del focalizzatore anche riscontrate da Caloi in un gruppo di apprendenti tedeschi di livello B2.

I capp. 6 e 7 sono dedicati rispettivamente alla discussione dei fattori che hanno portato alla scelta del corpus ICoN quale punto di partenza di questo lavoro e delle difficoltà connesse alla valutazione e alla classificazione degli errori commessi in generale dai parlanti e specialmente dagli apprendenti, le cui fasi dell’interlingua non sono sempre chiaramente riconducibili a forme identificabili della lingua target.

Il cap. 8 è incentrato sulla descrizione dei sotto-corpora ICoN di apprendenti germanofoni e di apprendenti italofoni bilingui o residenti all’estero e del corpus di italiano L1 scritto CORIS/CODIS, usati, questi ultimi, come corpora di controllo al fine di valutare l’accettabilità o meno in italiano di forme individuate inizialmente come morfodevianti.

Nel cap. 9 si procederà invece all’analisi dettagliata e alla caratterizzazione di ciascuno degli errori riscontrati nell’uso dei focalizzatori anche e solo da parte degli apprendenti germanofoni del corpus ICoN.

Le proprietà distribuzionali dei focalizzatori saranno invece discusse nel cap. 10. Ottenuti in formato XML i sotto-corpora di apprendenti germanofoni e di studenti italofoni, si è proceduto al loro parsing tramite la suite per Python Natural Language

Toolkit (ntlk), al fine di analizzare statisticamente le frequenze dei focalizzatori nei dati

aggregati per studente e in base alle annualità di studio e a diverse caratteristiche sociolinguistiche degli apprendenti, per verificare eventuali differenze significative nella distribuzione dei focalizzatori nei gruppi osservati.

(8)

3

per la marcatura dei focalizzatori compatibile con le linee guida del Text Encoding

Initiative Consortium e di facile implementazione, al fine di ampliare la base di dati

disponibile sui focalizzatori.

Tra le finalità del presente lavoro è emersa, anche se non inizialmente dichiarata, la necessità di confrontarsi con problemi di ordine metodologico e tecnico connessi all’analisi dei focalizzatori su corpora di grandi dimensioni qual è ICoN, nell’auspicio che la ricerca di cui sono state gettate le basi nel presente lavoro possa proseguire nell’ottica dell’avanzamento della comprensione dei processi di focalizzazione da un punto di vista linguistico e acquisizionale.

Ringraziamenti

Si ringrazia la Prof.ssa Marianne Hepp del Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa per l’apporto dato nella discussione e nella validazione degli esempi in tedesco riportati, nonché nell’analisi degli errori commessi dagli apprendenti germanofoni del corpus ICoN.

(9)

4

1. GLI AVVERBI FOCALIZZANTI

Gli avverbi focalizzanti1, o focalizzatori, rappresentano una sottoclasse di avverbi

dal comportamento sintattico e semantico piuttosto omogeneo. La caratteristica principale che accomuna gli avverbi di questa sottoclasse risiede nelle alterazioni dell’effetto semantico che essi producono sugli enunciati, dovute tanto alla loro posizione all’interno della frase che al mutare dell’accento focale della stessa.

Per valutare l’effetto semantico dei focalizzatori sull’enunciato, ossia il loro valore focale, Cecilia Andorno si rifà alla nozione di focus come variabile, introdotta da Root2:

“The focus semantic value for a phrase is the set of propositions obtainable from the ordinary semantic value by making a substitution in the position corresponding to the focused phrase”.3

Il valore focale, quindi, “è fatto derivare dall’associazione al costituente di una variabile x, la quale rimanda ad un fascio λx di referenti alternativi e quindi ad un fascio λP(x) di proposizioni alternative”4, la cui selezione è indotta o, come nei seguenti esempi,

attraverso mezzi prosodici, o attraverso il valore semantico proprio dei diversi avverbi focalizzanti, che tratteremo estesamente più avanti, o ancora da una combinazione dei due aspetti:

1 Il quadro teorico utilizzato da Cecilia Andorno per i suoi studi sugli avverbi focalizzanti è quello di Ricca (1999), che ha studiato sistematicamente i focalizzatori servendosi dei parametri di analisi di Koenig (1991a).

2 Root (1992).

3 “Il valore focale di una frase è il set di proposizioni ottenibile a partire dal valore semantico ordinario attraverso una sostituzione nella posizione corrispondente alla frase focalizzata”. (Dove non altrimenti specificato, tutte le traduzioni sono opera dello scrivente).

4 In Andorno (2000:25) è ripresa l'impostazione di Rooth (1992), nota come multiple semantic value: ogni elemento referenziale di un enunciato è legato ad un valore semantico (ordinary semantic value) stabilito dal contesto e dai tratti semantici intrinseci. Il significato del focus semantic value in quanto variabile, invece, è ulteriormente arricchito dalla proiezione sul background di frase della gamma dei possibili referenti alternativi, sui quali esso opera una selezione.

(10)

5 (1)5

I turisti hanno visto un orso λP(x): “I turisti hanno visto x” λx: {un orso, un cervo, una gazza...}

b. I turisti hanno visto un orso λP(x): “x ha visto un orso”

λx: {I turisti, i valligiani, i guardaparco...}

La differenza tra i due esempi, altrimenti identici, risiede appunto nella loro struttura informativa, perché diverse sono le informazioni presupposte e quelle asserite. Il ruolo dei focalizzatori in questa struttura si può quindi descrivere nei termini delle modifiche apportate all’insieme λx dei possibili focus dell’enunciato.

(11)

6

1.1 Alcune definizioni: portata e focus

La portata di un focalizzatore, o scope, è la “la massima parte della proposizione che può entrare nel focus del focalizzatore”6 in base alla struttura sintattica della frase,

ovvero alla posizione del focalizzatore, definizione largamente sovrapponibile a quella della nozione di focalizzazione sintattica.

Si vedano gli esempi7:

(2) Mario ha bevuto solo due bicchieri di birra a. Mario ha bevuto solo due bicchieri di birra b. Mario ha bevuto solo due bicchieri di birra c. Mario ha bevuto solo due bicchieri di birra

Nei tre esempi, di uguale struttura sintattica, la portata del focalizzatore, coincidente con la porzione di frase sottolineata in (2a), rimane costante, mentre esistono diverse possibili interpretazioni (evidenziate in 2b e 2c) circa la struttura focale della frase, ossia l’effettiva estensione del focus, che può essere disambiguata soltanto per via intonativa o attraverso altre informazioni di contesto (focalizzazione pragmatica).

Portata e focus sono dunque due concetti distinti, ma che possono occasionalmente sovrapporsi ogni qualvolta vi sia una coincidenza tra focus pragmatico e focus sintattico, come avviene in (2a).

La nozione di focus di un focalizzatore non è da confondersi con quella di focus di frase. Sulla base di questa distinzione, si può dunque formulare un’altra definizione più specifica di focalizzatore, mutuata dalla teoria della quantificazione, che permette, come vedremo in seguito, di estendere la classe così identificata oltre i confini dell’avverbio:

6 Andorno (2000:76). L’accezione di portata utilizzata da Andorno è quella mutuata da Dimroth/Klein, ed è quella utilizzata anche nel presente lavoro.

(12)

7

“Il focalizzatore è un quantificatore che ha nella propria restrizione il focus di frase: al variare del focus varia anche la restrizione del focalizzatore”8.

(13)

8

1.2 Effetto quantificativo

Tra le loro funzioni, gli avverbi focalizzanti inducono un effetto quantificativo rispetto al focus, ossia suggerire o smentire la validità dei foci alternativi λx rispetto al focus attuale. Nel primo caso, i focalizzatori hanno effetto additivo (o inclusivo, assimilabile, in ambito logico, a quello dei quantificatori esistenziali), nel secondo hanno invece effetto restrittivo (o esclusivo, assimilabile a quello dei quantificatori negativi).

Nel caso additivo, almeno una delle proposizioni alternative del fascio λP(x) è assunta come valida, nel caso restrittivo nessuna delle proposizioni alternative è valida:

Enunciati (3) a. Ho letto anche l’introduzione b. Ho letto solo l’introduzione Frase non

focalizzata Ho letto l’introduzione Ho letto l’introduzione

λP(x) ∃x, x ≠ introduzione, (ho letto x)

~∃x, x ≠ introduzione, (ho letto x)

In italiano i focalizzatori additivi sono: anche, pure, parimenti, altresì, perfino,

persino, addirittura; i focalizzatori restrittivi sono invece: solo, soltanto, solamente, unicamente, esclusivamente, semplicemente, puramente, meramente.

Alcuni focalizzatori non hanno intrinsecamente valore additivo o restrittivo e il loro valore è suggerito dal contesto. Ad esempio, addirittura ha valore additivo nei casi in cui sia introdotto da una congiunzione additiva, come e (4a). In caso contrario (4b), l’effetto additivo viene attenuato in favore dell’effetto scalare (descritto in seguito):

(14)

9

(4) a. Ho vinto lo scrittoio e addirittura il personal computer

b. Speravo di vincere lo scrittoio e ho vinto addirittura il personal computer

Al contrario, anche e perfino portano intrinsecamente il valore quantificativo, e tendono quindi ad escludere contesti non additivi (5), anche se perfino si presta ad un indebolimento indotto dall’effetto scalare (6):

(5) Speravo di vincere lo scrittoio e ho vinto perfino/anche il personal computer (6) Gianni, va’ subito a dormire! Perfino/Anche Michele è già a letto!

Questa distinzione ricorre anche tra i quantificatori restrittivi. In generale, i quantificatori dotati di significato intrinseco sono detti inerenti, mentre quelli che possono assumere valore quantificatore soltanto in dipendenza dal contesto sono detti compatibili.

È da notare come i focalizzatori additivi, contrariamente, ad esempio, all’avverbio fasale ancora, non consentano la somma incrementale di elementi della stessa classe, ma veicolino anzi l’idea di additività tra elementi disomogenei9. Per questo motivo i

focalizzatori additivi non possono occorrere con fuoco ristretto su un aggettivo quantificatore:

(7) *Sono anche due i litri di vino che ha bevuto10

Come già visto per l’additivo addirittura (4a), anche per alcuni focalizzatori restrittivi l’effetto quantificativo può essere attenuato dal contesto o dall’emergenza dell’effetto scalare. È il caso dei focalizzatori solo, soltanto, e solamente, che consentono una doppia interpretazione:

9 Andorno (2000:91).

10 L’enunciato sarebbe però valido nel caso in cui il fuoco fosse di tipo contro-presupposizionale, ossia intervenisse a correggere un enunciato precedente, o anche nel caso in cui anche avesse valore suppositivo.

(15)

10

(8) Verrò solo/soltanto/solamente lunedì (“non altri giorni che lunedì” oppure “non prima di lunedì”)

D’altro canto, vi sono invece alcuni avverbi focalizzanti inerentemente quantificativi. Tra di essi troviamo unicamente ed esclusivamente che, oltre a non subire attenuazioni di significato in base al contesto (9a), possono anzi essere rafforzati dalla coordinazione con il focalizzatore solo (9b).

(9) a. Verrò unicamente/esclusivamente lunedì (“non altri giorni che lunedì”) b. Verrò solo ed esclusivamente lunedì (“non altri giorni che lunedì”)

I restrittivi puramente, meramente e semplicemente hanno invece un valore prevalentemente qualitativo, ed operano di preferenza sui sintagmi verbali e preposizionali modali e causali, su aggettivi e SN in funzione predicativa o su intere frasi subordinate:

(10)11 a. Mario ha semplicemente portato un regalo

b. Questo quadro ha puramente un valore storico

I focalizzatori soprattutto, specialmente e particolarmente sono stati meno studiati ed hanno uno status più incerto nella letteratura di settore. Alcuni studiosi, come Quirk12,

li collocano nella classe dei particolarizzanti, ossia focalizzatori che hanno una funzione solo parzialmente additiva, il cui effetto è quello di restringere l’asserzione principalmente al focus, ma senza escludere le altre proposizioni del fascio λP(x), combinando pienamente la quantificazione con l’effetto scalare:

(11) Tenevo a parlarti soprattutto della festa di Matteo

11 Andorno (2000:86). 12 Quirk (1972).

(16)

11

Anche sul caso del focalizzatore almeno non vi è consenso. Ricca13 ha visto nella

sua attribuzione alla categoria degli additivi un eccessivo indebolimento della nozione di additività stessa, ed ha proposto per il suo inquadramento una terza categoria, quella di

non restrittività.

Analizzando il tipo di selezione effettuato dall’operatore almeno, Andorno nota che il fascio di proposizioni λP(x) ottenuto è analogo a quello dei focalizzatori additivi14:

(12) Almeno Gianni è arrivato

λP(x) di tipo ∃x, x ≠ Gianni, (x è arrivato) (È arrivato Gianni e qualcun altro)

Specularmente, i focalizzatori al massimo, al più e tutt’al più, anch’essi di status incerto, generano un fascio di proposizioni alternative analogo a quello dei focalizzatori restrittivi:

(13) È arrivato al massimo Gianni

λP(x) di tipo ~∃x, x ≠ Gianni, (x è arrivato) (È arrivato solo Gianni)

Data la loro peculiarità, Andorno propone per questi focalizzatori la categoria di

limitativi, in quanto, in termini insiemistici, essi rappresentano l’estremo inferiore e

superiore: “l’insieme delle persone che sono arrivate è costituito al minimo (12) / al massimo (13) da Gianni” 15.

Dall’insieme degli esempi visti finora, appare evidente come i focalizzatori svolgano il loro ruolo attraverso la relazione che si genera tra le presupposizioni di fondo e le asserzioni di un enunciato focalizzato. Il loro effetto è infatti quello di mettere sullo

13 Ricca (1999). 14 Andorno (2000:62). 15 Andorno (2000:62).

(17)

12

sfondo dell’enunciato una proposizione aperta P(x). La validità di questa presupposizione rimane valida anche in caso di smentita dell’enunciato:

(14)

a. Solo Mario è stato promosso b. Non è vero che solo Mario è stato promosso

i. Qualcuno è stato promosso

(15)

a. Anche Mario è stato promosso b. Non è vero che anche Mario è stato promosso

i. Qualcuno è stato promosso

Il modo in cui i focalizzatori additivi e restrittivi operano, per quanto simile, è però asimmetrico. I focalizzatori restrittivi hanno infatti l’effetto di dare per assodata anche la rispettiva frase priva di focalizzatore, ed anzi asseriscono l’unicità del candidato al ruolo di focus. I focalizzatori additivi invece asseriscono la veridicità dell’enunciato relativo alla validità dei foci alternativi, ed è questo enunciato che non viene smentito in caso di negazione.

Da ciò consegue che un focalizzatore additivo può avere una negazione nella propria portata (e difatti esistono anche gli additivi negativi quali neanche, nemmeno, e

neppure), ma, contrariamente a quanto accade per i restrittivi, un focalizzatore additivo

non può essere nella portata di una negazione:

(16) *Non anche Mario è stato promosso

In questo caso, infatti, l’enunciato non può smentire l’inferenza che altre persone siano state promosse, in quanto fa parte delle presupposizioni, e non smentisce neanche la promozione di Mario, in quanto l’additivo anche non apporta nuovi contributi all’asserzione, la cui validità non è in discussione.

(18)

13

1.3 Scalarità

La scalarità è un effetto valutativo introdotto da alcuni avverbi focalizzanti. L’esempio (17) chiarisce il tipo di valutazione in oggetto:

(17) Hakkinen ha guadagnato solo due secondi

Rispetto alla frase priva di focalizzatore, l’enunciato (17) introduce tanto l’idea che due secondi siano pochi, sia che Hakkinen sia stato lento rispetto ad una velocità ottimale presupposta dall’enunciato. Nel senso scalare, infatti, i focalizzatori operano su un fascio di proposizioni ordinali e rappresentano gli estremi della scala di valori associata all’enunciato: gli estremi inferiori sono marcati dai focalizzatori restrittivi, gli estremi superiori dagli additivi.

I focalizzatori scalari operano quindi inserendo l’enunciato in fuoco in un insieme ordinato di enunciati (E) strutturalmente simili, diversi per il solo valore assunto dal referente r occorrente in focus, tale che <E(r1) implica E(r2) implica.... E(rn)>16. Questa

catena direzionata di inferenze palesa la relazione tra l’enunciato e la scala di valori ad esso sottesa. Il verso della catena inferenziale è segnalato dal segno del focalizzatore.

Ovviamente la scala di valori non è né universale né oggettiva, e neanche inerente al focalizzatore, ma dipende dal giudizio del parlante, come si evince dall’esempio (18), che pur utilizzando lo stesso avverbio e mantenendo inalterate le inferenze generate, produce un significato diametralmente opposto a quello dell’esempio (17), intendendo in questo caso che il pilota sia stato più veloce rispetto alle aspettative presupposte dall’enunciato.

16 Questa notazione riprende quella di informatività introdotta da Kay in Kay (1990) e che si realizza nell’assioma “un enunciato p è più informativo di un enunciato q se p implica q”.

(19)

14 (18) Hakkinen ha perso solo due secondi

I focalizzatori additivi hanno la funzione di sottolineare l’accettabilità e l’inclusione all’interno della catena inferenziale di tutte le inferenze consentite a partire da quella data, mentre i focalizzatori restrittivi sottolineano invece la non accettabilità e l’esclusione di tutte le inferenze non consentite a partire da quella data. I focalizzatori scalari sono:

Additivi: anche, pure, persino, perfino, addirittura.

Restrittivi: solo, soltanto, solamente, semplicemente, puramente, meramente.

Anche l’effetto scalare può essere inerente ad un focalizzatore o compatibile con esso: tra gli additivi, perfino e addirittura sono scalari inerenti. Anche e pure, invece, possono produrre un effetto scalare solo in contesti particolari, come nelle esclamazioni:

(19) Anche/pure un bambino saprebbe farlo!

Tra i focalizzatori restrittivi, appena è inerentemente scalare, ma quasi tutti i focalizzatori sono scalari compatibili, con rare eccezioni desuete quali, ad esempio,

parimenti.

I focalizzatori che abbiamo definito particolarizzanti, e che sono inerentemente scalari, inducono un diverso tipo di scalarità, basata non più sulle aspettative del parlante rispetto all’evento bensì sull’intensità dell’evento in fuoco, detta comparativa:

(20) Perfino Mario è stato soddisfatto (ossia “l’evento è stato tale da soddisfare Mario, abitualmente difficile da accontentare”).

(20)

15

Soprattutto, invece, istituisce una comparazione di un secondo tipo, a livello non

di evento ma di rilevanza relativa delle parti del discorso. Il suo fuoco è quindi su tutta la proposizione ed assume il ruolo di connettivo testuale:

(21)

16

1.4 Identificatori

Fanno parte degli identificatori i focalizzatori quali proprio, esattamente,

precisamente, appunto, in persona e l’aggettivo stesso.

Tra questi, soltanto proprio e appunto condividono tutte le caratteristiche di mobilità, di varietà di elementi in fuoco e di interrelazione con il focus di frase tipiche dei focalizzatori, mentre gli altri hanno regole di occorrenza tali da rimanere ai margini della classe degli avverbi focalizzanti.

Nello specifico, precisamente ed esattamente occorrono di preferenza nella posizione immediatamente precedente al sintagma di riferimento e non in posizione interausiliare. In persona è invece limitato alla sola posizione immediatamente seguente al sintagma in fuoco:

(22) Alla riunione è venuto il direttore in persona

Stesso, in quanto aggettivo, è confinato ai sintagmi nominali e preposizionali, che

può sia precedere che seguire:

(23) a. Il professore stesso ha rivisto l’impostazione della tesi b. Lo stesso professore ha rivisto l’impostazione della tesi

Un’ulteriore sottoclasse di avverbi è costituita dagli identificatori anaforici, che hanno la funzione di enfatizzare l’identità fra due referenti occorrenti in due diverse proposizioni dello stesso enunciato, siano essi persone, o istanti o periodi temporali:

(24) - Hai già in mente qualcuno per la nuova sede? - Potremmo mandarci Gianni

- Pensavo proprio/appunto/precisamente a lui i. Pensavo alla persona che hai nominato

(22)

17

Nel caso di referenti temporali, però, gli avverbi soprattutto, proprio, e appunto assumono valore fasale e non focale:

(25) Sto proprio/appunto partendo

Il focalizzatore proprio, in particolare, può avere anche un valore avversativo, soprattutto quando usato in funzione enfatica o ironica. In questa sua duplicità esso può essere accostato ad appunto. Il primo serve a marcare l’opinione dell’emittente, mentre il secondo si concentra su quella dell’interlocutore:

(26) a. - Mario è un bravo ragazzo. Non meritava di finire così - Proprio

b. - Mario è un bravo ragazzo. Non meritava di finire così - Appunto

Tra gli identificatori anaforici distinguiamo dunque tra proprio, che ha effetto enfatico compatibile, ed appunto, precisamente, ed esattamente, che non producono nessun effetto enfatico.

Una sottoclasse degli identificatori è costituita dagli intensificatori, che qualificano il referente in focus come centrale, ossia più rilevante dei referenti alternativi, visti come più periferici e meno rilevanti. La sottoclasse raccoglie stesso, in persona, e

proprio.

Stesso e in persona consentono delle inferenze additive, ossia qualificano il focus

come il più valido tra un ventaglio di focus alternativi, e possono infatti essere spesso sostituiti dagli additivi scalari, cui si avvicinano:

(27) a. Il direttore stesso/in persona si è congratulato, non solo i colleghi b. Perfino/anche il direttore si è congratulato, non solo i colleghi

(23)

18

Esaminate le varie sottoclassi dei focalizzatori, è utile notare come i più diffusi di essi siano anche, pure, solo, proprio e appunto, indipendentemente dalle varietà diatopiche o diafasiche prese in considerazione da Andorno17.

Come strumento di riferimento rapido, inseriamo di seguito la tavola sinottica delle sottoclassi dei focalizzatori, così come presentata da Andorno18:

Additivi Scalari compatibili: Anche, pure

Scalari inerenti: Addirittura, ben; perfino, persino; (già) Non scalari: Parimenti, altresì; (ancora)

Additivi negativi Neanche, nemmeno, neppure

Restrittivi Scalari compatibili: Solo, soltanto, solamente; puramente, meramente, semplicemente

Scalari inerenti: (Appena)

Non scalari: Esclusivamente, unicamente

Particolarizzanti Soprattutto; particolarmente,

specialmente, principalmente

Limitativi Massimali:

Minimali:

Al massimo, al più, tutt’al più. Almeno.

17 Andorno (2000:82-3).

18 Andorno (1999:75). In Andorno (2000) la tabella viene omessa in favore di una più snella mutuata da Ricca (1999), in modo da partire “dall’analisi degli elementi centrali e più caratteristici della classe” (Andorno (2000:80)), prendendo in considerazione in un secondo momento i focalizzatori più peculiari. Ad ogni modo, la stessa classificazione è riportata per esteso in Andorno (2000:83-88).

(24)

19 Identificatori enfatici Anaforici: Anaforici-intensificatori: Intensificatori:

Appunto; precisamente, esattamente. Proprio.

Stesso, in persona.

(25)

20

2. I FOCALIZZATORI IN ITALIANO

2.1 La posizione dei focalizzatori in italiano

La posizione reciproca di focalizzatore e fuoco in italiano dipende in larga parte dalla natura sintattica del costituente in fuoco:

- Sintagmi nominali e preposizionali: il focalizzatore può immediatamente precederli, estendendo il suo campo sull’intero sintagma:

(28) a. Anche MARIO ha parlato con Anna della festa b. Mario ha parlato anche DELLA FESTA con Anna

Inoltre, il focalizzatore solo può varcare i confini del sintagma diventando aggettivo con la medesima funzione focalizzante:

(29) a. Solo la dieta VEGETARIANA mi si addice b. La sola dieta VEGETARIANA mi si addice

- Sintagmi verbali: il focalizzatore può occorrere anche in posizione interausiliaria, dove, in caso di intonazione non marcata (ossia con accento in posizione finale), estende il suo campo all’intero sintagma verbale, come visto nell’esempio (2b).

In generale, nel caso in cui il focalizzatore sia posposto al fuoco, è il focalizzatore ad assumere l’accento. Questa configurazione è consentita soprattutto in caso di posizione preverbale del soggetto:

(26)

21

La posizione postverbale del focalizzatore produce invece risultati di dubbia accettabilità, come:

(31) *Mario ha parlato con Anna della festa ANCHE

Nel parlato, ad ogni modo, una focalizzazione pragmatica, anziché sintattica, può essere segnalata per via intonativa, tramite un’accentazione marcata del fuoco:

(32) Mario ha solo bevuto due bicchieri di birra

(33) (Quanta birra ha bevuto Mario?) Ha solo bevuto due bicchieri di birra

Nel parlato informale, i focalizzatori possono essere altresì dislocati a destra attraverso una forte cesura intonativa e i suoi referenti devono essere segnalati da un forte accento focale:

(27)

22

2.2 Combinazione e coordinazione di focalizzatori in italiano

In italiano, come in tedesco, esiste inoltre la possibilità di combinare, in alcuni casi, due focalizzatori, nella forma FOC. + FOC.: “un focalizzatore può [...] operare su un altro focalizzatore. Alcune di queste combinazioni sono anzi frequenti e possono dar luogo a nessi di significato autonomo, come il tipo anche solo in italiano (cfr. il tedesco

auch nur)”19, come nell’esempio:

(35) Puoi aiutarmi, anche solo per qualche giorno?

In italiano, però, tali possibilità combinatorie sembrano applicabili soltanto ai focalizzatori appartenenti alle classi polarizzate in base agli attributi di additività e restrittività, ossia quella dei quantificatori e quella degli scalari, e tra questi solo a membri di segno opposto della stessa classe.

Questa configurazione, già evidenziata, relativamente alla classe dei quantificatori, nell’esempio (35), è attestata anche nell’uso dei focalizzatori scalari, come negli esempi di tipo giornalistico e letterario (36) e (37).

(36) In una realtà dove persino semplicemente sessuare nel modo giusto l’appellativo è complicato come potrebbe essere facile vivere e agire quell’incarico?20

(37) È come il continuo montare di una marea, rapido a volte, a volte lento, o addirittura

appena percepibile21.

19 Andorno (2000:52).

20 Lanfranco, M. "Valore alle donne", in Sud De-Genere, 2010, URL: https://suddegenere.wordpress.com/2010/11/07/valore-alle-donne/.

(28)

23

Sembra invece esclusa la possibilità di combinare focalizzatori di classi diverse (38), della stessa classe ma di segno uguale (39), o di classi ulteriori alle due evidenziate (40).

(38) *Anche unicamente Gianni è arrivato

(39) *Addirittura persino Gianni è arrivato

(40) *Persino al massimo Gianni è arrivato

Come brevemente accennato22, gli avverbi della classe dei particolarizzanti, di cui

l’avverbio soprattutto fa parte, hanno un significato intrinsecamente scalare23

relativamente all’intensità dell’evento trattato o del suo grado di rilevanza nel discorso. Questo status sembra dunque incompatibile con la combinazione con un focalizzatore di polarità uguale e di classe diversa quale anche.

È invece possibile la coordinazione fra i due avverbi, come nell’esempio24:

(41) Penso a me stesso, ma anche e soprattutto a voi

22 Vedi p. 8.

23 Andorno (2000:61). 24 Andorno (2000:52).

(29)

24

3. GLI AVVERBI FOCALIZZANTI IN TEDESCO

3.1 La struttura di base della proposizione in tedesco

Per meglio comprendere le differenze nell’utilizzo dei focalizzatori in tedesco, e valutare eventuali errori dovuti all’interferenza da parte degli apprendenti di madrelingua tedesca del corpus ICoN, procederemo prima ad illustrare la peculiare struttura di base di questa lingua.

A differenza dell’italiano, che è una lingua SVO, il tedesco è una lingua SOV e presenta un ordinamento diverso dei costituenti della frase. La struttura di base della proposizione in tedesco, schematizzata in figura [1], mostra delle differenze marcate rispetto a quella italiana.

x1 V1 x2, x3, x4... V2

MITTELFELD

VERBKLAMMER

Gli elementi che la compongono sono:

- X1: è l’elemento che occupa la prima posizione della frase, tipicamente costituito

da un sintagma nominale, da un sintagma avverbiale, da un prosintagma (quali i pronomi personali) o da una proposizione subordinata.

- Verbalklammer: è la parentesi verbale e corrisponde al sintagma verbale. Essa

comprende tre campi sintattici della frase:

(30)

25

1) V1 o VFIN: è la posizione sintattica occupata dal verbo flesso. Nel caso in cui il

verbo sia coniugato in uno dei tempi semplici, il verbo, che occupa tendenzialmente la posizione finale (V2), risale fino a questa posizione. I pronomi

si trovano sempre in posizione adiacente al verbo (anteposta o posposta).

2) Mittelfeld: è la posizione sintattica riservata ai complementi, indicati in figura con x2, x3,x4,.... La loro obbligatorietà dipende dalla struttura argomentale del

verbo.

3)V2 o VNFIN: questa posizione può essere occupata da diversi elementi:

- Ø: è la traccia del verbo che, nel caso dei verbi semplici, risale dalla

posizione finale tipica del tedesco fino alla posizione V1.

(42) Ich mag Äpfel Ø (“Mi piacciono le mele”)

- Dal verbo di modo indefinito: ha la funzione di veicolare le informazioni

semantiche del verbo.

(43) Ich bin gestern zum Park gegangen (“Ieri sono andato al parco”)

- Da una particella separabile del verbo:

(44) Ich rufe dich an (“Ti telefono”)

- Altri elementi: sostantivi (45), avverbi (46) o aggettivi (47) che

costituiscono parte integrante di verbi polirematici endocentrici.

(45) Der Mieter gab die Übersetzung des Vertrags in Auftrag (“L’inquilino ha commissionato la traduzione del contratto”)

(31)

26

(32)

27

3.2 La portata dei focalizzatori auch e nur in tedesco

Le considerazioni generali fatte sui focalizzatori nei capitoli precedenti rimangono valide anche per quanto riguarda la lingua tedesca. Vi sono tuttavia alcune differenze riguardanti la portata dei focalizzatori dipendenti dalla diversa struttura di base della lingua tedesca vista poc’anzi.

In generale, possiamo dire che in tedesco:

- I focalizzatori non compaiono mai isolatamente in posizione x1 o post-V2. - Un focalizzatore può essere separato dal costituente in fuoco soltanto da

altri operatori di portata, come ad esempio la negazione.

- La portata dei focalizzatori si estende sul costituente immediatamente a

destra.

Alcuni focalizzatori godono tuttavia di particolari proprietà posizionali. In considerazione delle finalità del presente lavoro, analizzeremo in dettaglio le caratteristiche di portata dell’avverbio auch (“anche”) e nur (“solo”).

Come in italiano, auch/anche ha delle posizioni di portata ampia e gode dunque di una maggiore mobilità posizionale all’interno della frase25.

Se anteposto a x1, auch ha portata soltanto su x1:

(48) Auch ich bin müde (“Anche io sono stanco”)

La posizione di portata ampia è quella adiacente o posposta a V1. In questo caso

la portata può estendersi:

(33)

28

- Sull’intero predicato:

(49) Ich kann auch Englisch sprechen (“So anche parlare l’inglese” [tra le altre cose che so fare])

- Su parte di esso:

(50) Ich kann auch Englisch sprechen (“So anche parlare l’inglese” [oltre ad altre lingue che conosco])

- In casi specifici, la portata può estendersi su x1, tipicamente nel caso in cui il

focalizzatore sia posposto ad una copula e la posizione x1 sia occupata da un sintagma

nominale soggetto. Questa configurazione è segnalata per via intonativa grazie ad un’accentazione ascendente sul fuoco e discendente sul focalizzatore, chiamato bridge

accent26:

(51) ↑Anna ist ↓auch heute gekommen

Le ambiguità sulla portata generate da questa posizione del focalizzatore auch possono essere risolte soltanto per via intonativa.

Per quanto riguarda l’avverbio focalizzante tedesco nur, esso corrisponde ai focalizzatori italiani solo e soltanto. Rispetto al caso di auch, le differenze d’uso nelle due lingue sono meno marcate, e riguardano per lo più i casi di adiacenza a destra.

In italiano, infatti, l’adiacenza a destra dell’avverbio solo è possibile se l’adiacenza è di tipo stretto e solo dopo un pronome personale:

26 Andorno (2000:200). Nonostante esista questa possibilità, Dimorth e Dittman, in DimrothDittmar (1998), rilevano, dallo studio di un corpus costituito dalle produzioni di cinquanta parlanti nativi, una netta tendenza all’utilizzo di auch con portata post-verbale.

(34)

29 (52) Solo/soltanto Mario può deciderlo Può deciderlo lui solo/soltanto *Mario solo/soltanto può deciderlo

Per quanto riguarda l’avverbio focalizzante soltanto, dall’interrogazione del corpus CORIS emerge invece una maggiore tolleranza per l’adiacenza a destra. Selezionando un caso esemplare facilmente ricercabile attraverso gli strumenti messi a disposizione dall’interfaccia di interrogazione del corpus CODIS, ossia tutte le occorrenze di soltanto in posizione finale27, è stato rilevato che tale uso si attesta sul 2,53% del totale

delle occorrenze del focalizzatore.

Anche nel caso di nur (“solo/soltanto”) in tedesco sono possibili costruzioni con il focalizzatore nur dislocato a destra in cui il vincolo di adiacenza non è strettamente mantenuto:

(53) Das soeben Gesagte negiert diesen Fortschritt nicht, es relativiert ihn nur Quanto appena detto non nega questi progressi, li relativizza soltanto/solo

27 Il dato è stato ricavato attraverso l’interrogazione del corpus tramite la chiave di ricerca [word="soltanto" & pos="ADV"] [pos="P_EOS" | word="\,"].

(35)

30

4. CORINO (2012), UNA PROPOSTA OPERATIVA PER LO

STUDIO DEI SUB-CORPORA

In Italiano di tedeschi: Una ricerca corpus based28, Corino, già curatrice di un

corpus di apprendenti di italiano L2, parte dallo studio del sotto-corpus di produzioni di studenti germanofoni del corpus VALICO per discutere sulle “modalità di organizzazione del discorso di un particolare gruppo di apprendenti, per confrontarli con altri apprendenti, per verificare se l’uso della lingua straniera determina in qualche modo l’attuazione di strategie di evitamento che non sono presenti in testi elaborati da scriventi di lingua madre”29.

La ricerca di Corino muove dalla prospettiva della linguistica acquisizionale, intesa però in un senso più ampio di quello ormai consolidato nella letteratura precedente, in particolare in Giacalone Ramat (2003), dove l’analisi si concentra sull’apprendimento spontaneo.

Corino considera invece anche le specificità dell’apprendimento guidato, cercando però di trovare i punti di contatto con l’acquisizione: le due forme di contatto con una lingua “non procedono quindi su binari diversi senza mai intersecarsi, al contrario si considerano situazioni ibride che determinano in una certa misura un passaggio tra acquisizione e apprendimento, cioè il fatto che sapere una cosa può trasformarsi in sapere

fare quella cosa, ovvero saper applicare la regola nei contesti opportuni senza pensarci e

in maniera appropriata”30 .

Un ulteriore elemento di differenza tra l’accezione classica di linguistica acquisizionale e quella che ne dà Corino nel suo lavoro consiste nelle modalità di analisi

28 Corino (2012). 29 Corino (2012:6). 30 Corino (2012:29),

(36)

31

dei testi: nello studio i soggetti non vengono seguiti in senso longitudinale per un dato arco di tempo, i testi studiati sono invece aggregati per annualità di produzione.

(37)

32

4.1 Il corpus VALICO

Il corpus VALICO (Varietà Apprendimento Lingua Italiana Corpus Online), consta di 382.09831 token ottenuti a partire da testi scritti di apprendenti di italiano L2.

I motivi principali che hanno portato Corino alla scelta del corpus VALICO risiedono nella sua accessibilità online e negli strumenti di ricerca avanzati forniti dall’interfaccia32.

I testi sono infatti annotati tramite POS-tagset, e selezionabili in base alla consegna e a diversi attributi degli apprendenti, quali età, paese di provenienza, lingua madre, tipo di istruzione, annualità ed eventuale città di permanenza in Italia.

I testi presenti in VALICO sono stati tutti elicitati a partire da cinque fumetti dal numero di vignette variabile (Scontro, Amore, Equivoco, Sogno, Stazione)33.

Per mitigare gli effetti di una consegna basata sulla letteratura sequenziale sulla

coesione testuale degli elaborati prodotti dagli apprendenti, i fumetti sono stati corredati di una consegna linguistica che definisce le caratteristiche narrative attese: “non devi descrivere i disegni uno per uno perché anche una persona che non vede le figure deve capire cosa è successo”.

La consegna è tanto più determinante in quanto “la non-narrazione diventa la forma tipica delle strategie di evitamento messe in atto da apprendenti iniziali che non sono in grado di gestire il raccordo tra le vignette” 34.

31 Statistiche. GRANVALICO, VALICO, VINCA in cifre, URL: http://www.valico.org/stat.html. 32 Corino (2012:5).

33 Le vignette sono presentate in Corino (2012:185-189) o URL: http://www.valico.org/vignette.html. 34 Corino (2012:13).

(38)

33

Il comune stimolo iconico offre al ricercatore maggiori possibilità di comparazione dei testi dal punto di vista lessicale e della gerarchizzazione sintattica degli eventi da un punto di vista testuale.

Figura 2 - "Stazione", esempio di fumetto utilizzato nell'elicitazione dei testi di VALICO

Infatti, nonostante la soggettività insita nella traduzione intersemiotica, “i contenuti, la trama, persino parte del lessico sono predeterminati. La traduzione intersemiotica, ossia quella da un medium a un altro, si profila quindi come la scelta migliore per raggiungere quel bilanciamento del corpus in termini di tipologia testuale, qualità della lingua e contenuti comparabili”35.

Accanto ad un nucleo ben consolidato di elementi e tratti presente negli elaborati relativi a ciascuna consegna, un elemento di variabilità è invece offerto dalle diverse inferenze degli apprendenti circa gli elementi mancanti nei fumetti, espressi in forma

(39)

34

implicita e aperta nel margine e necessari al fine di ricostruire la concatenazione degli eventi.

Gli apprendenti inseriscono infatti nella narrazione alcuni elementi arbitrari non espliciti nelle vignette, come ad esempio sviluppi ulteriori a quelli mostrati nell’ultimo riquadro o motivazioni esplicite dei comportamenti dei personaggi. Tali elementi sono spesso condizionati dalle caratteristiche socioculturali degli apprendenti36.

Grazie alla sua funzione di raccordo e di avanzamento della storia, il margine sarebbe dunque da considerarsi come parte integrante della narrazione.

Le caratteristiche evidenziate comportano però anche degli svantaggi. Da un lato esse limitano la varietà lessicale del testo generando un livellamento fra studenti appartenenti ad annualità e a livelli linguistici differenti. In questo modo la varietà lessicale viene parzialmente svuotata della sua funzione di indicatore della competenza linguistica degli apprendenti.

Dall’altro lato, nonostante la definizione della consegna, esse incidono sulle strategie di coesione testuale in termini di movimento referenziale, generando, a causa della sequenzialità dei fumetti, una grande mole di riprese anaforiche piene e di focalizzazioni ripetute su elementi che potrebbero essere omessi dopo l’incipit.

Le stesse vignette e le stesse consegne utilizzate nell’elicitazione dei testi del corpus VALICO costituiscono inoltre la base del corpus collegato VINCA (Varietà di

Italiano di Nativi Corpus Appaiato), costituito da testi di madrelingua italiana, che

fornisce un utile strumento di comparazione per l’analisi del corpus VALICO.

(40)

35

4.2 Il sotto-corpus di apprendenti germanofoni e l’analisi di Corino

Lo studio di Corino ha per oggetto le varietà di apprendimento di studenti germanofoni. Il campione include infatti, oltre a studenti di lingua tedesca, apprendenti monolingui provenienti dalla Svizzera, dall’Austria, dall’Alto Adige e studenti bilingue provenienti da Francia e Inghilterra.

La base degli apprendenti è abbastanza variegata dal punto di vista sociolinguistico, con una grande variabilità di età e titolo di studio conseguito.

I testi presenti nel sub-corpus sono 332 e sono stati raccolti tra il 2003 e il 2007 in tutte le località di provenienza sopraelencate. Per 39 di essi (l’11,74%), non sono disponibili informazioni circa l’annualità di produzione. L’informazione mancante, se da un lato impedisce il tipo di analisi proposto, può essere parzialmente integrata sulla base degli altri dati sociolinguistici che accompagnano i testi. La loro distribuzione fra le varie annualità e le varie consegne risulta abbastanza omogenea37.

I testi non sono allineati per livello linguistico: lo stadio dell’interlingua degli apprendenti è influenzato anche da fattori esterni all’annualità di corso, quali la tipologia e l’intensità del corso stesso e la permanenza o meno degli apprendenti in contesti di bagno linguistico.

Se da un lato l’aggregazione dei testi per livello linguistico avrebbe portato a risultati più esportabili, l’obiettivo dello studio non è l’analisi del livello di competenza linguistica bensì fornire strumenti utili alla comprensione delle difficoltà che si possono trovare nell’insegnamento della lingua italiana a studenti stranieri e della complessità dell’interlingua.

(41)

36

L’analisi condotta è frutto dell’intersezione di più variabili e tiene conto dell’annualità di studio, delle altre lingue conosciute, del luogo di produzione del testo, dell’età degli apprendenti e dei diversi stimoli iconici di elicitazione.

I testi vengono analizzati su più livelli: essi vengono valutati internamente e sono comparati con le produzioni di altri apprendenti, con le produzioni di parlanti di italiano L1 (grazie al corpus appaiato VINCA) e con testi di apprendenti, elicitati nello stesso modo, scritti nella loro L1.

Il saggio di Corino attenziona l’interlingua degli studenti germanofoni soprattutto in relazione alle strategie di deissi e di movimento referenziale, ai tempi verbali e alla loro sequenza, alla sintassi del periodo e alla distribuzione dei contenuti fra frasi principali e subordinate.

Un’ottica dunque diversa da quella del presente lavoro, ma che fornisce spunti importanti sia dal punto di vista metodologico che da quello teorico.

Di particolare rilievo sono le considerazioni circa le differenti strategie di organizzazione del discorso tra italiano e tedesco: quest’ultimo tende a formare frasi più brevi e più segmentate, con evidenti ricadute sulle strategie di coesione e di connessione testuale utilizzate dagli apprendenti.

Come visto nel primo capitolo, queste strategie hanno ricadute anche sull’uso dei focalizzatori, e in particolare dell’additivo anche, non esplicitamente trattate da Corino, che andranno considerate nell’analisi del sub-corpus tedesco del corpus ICoN.

Rilevanti sono anche le indicazioni metodologiche circa il trattamento di un sub-corpus e dei livelli di analisi applicabili.

(42)

37

5.

CALOI (2017), UNO STUDIO SULL’USO DEL FOCALIZZATORE ANCHE

DA PARTE DI APPRENDENTI GERMANOFONI

Nel saggio Additive focus particles in German-speaking learners of Italian as

L238, Caloi si occupa dell’acquisizione dell’avverbio focalizzante anche da parte di

apprendenti germanofoni di italiano L2.

Lo studio trae la sua origine dalla constatazione dei frequenti errori di posizionamento del focalizzatore compiuti dagli apprendenti nel parlato spontaneo.

Lo scopo è quello di raccogliere sperimentalmente “data on the acquisition of the AF anche in order to provide a quantitative and qualitative analysis of the preference used by learners with respect to the placement of the AF in the sentence word order”39

La ricerca è informata da due questioni principali:

1. Which word-order strategies do L2 learners prefer for the use of the AF anche? 1.1 Is there any asymmetry with respect to the different constituents the AF can take

scope over (eg. Subject-DPs, Object-DPs and predicates)?

2. How are strategies syntactically implemented in the interlanguage?

2.1 To what extent does the L1 grammar constrain the output in L2 in the considered empirical domain?

2.2 Which characteristics of the target language are detectable in the output?40

38 Caloi (2017).

39 Caloi (2017:238): “dati sull’acquisizione dell’avverbio focalizzante anche al fine di fornire un’analisi quantitativa e qualitativa sulle preferenze mostrate dagli apprendenti nel posizionamento del focalizzatore all’interno della frase”.

40“1. Quali sono le strategie di ordinamento della frase preferite dagli apprendenti nell’uso del focalizzatore anche?

1.1 Sono presenti delle asimmetrie [d’uso] rispetto ai diversi tipi di costituente in fuoco? (ad esempio, Sintagmi Determinativi (SD) soggetto, SD oggetto e predicati)?

(43)

38

5.1 Il quadro teorico di riferimento

Per la definizione dell’esperimento e la valutazione dei risultati ottenuti, Caloi si muove all’interno del quadro teorico della sintassi generativa, e, in particolare, della

Teoria X’ (X-barra), proposta per la prima volta in Chomsky (1970) e successivamente

adattata alla struttura delle frasi focalizzate in Kayne (1998) e in Munaro (2012).

La Teoria X-barra mira a definire e descrivere la struttura interna dei diversi tipi di sintagmi. In base ad essa, dato un qualsiasi sintagma X esso può essere rappresentato tramite il diagramma ad albero:

Figura 3 - Schema X-barra della struttura del sintagma lessicale

In questo schema l’elemento X rappresenta la testa del sintagma, mentre le barre (indicate solitamente come apici per motivi tipografici) indicano le proiezioni della testa all’interno del sintagma.

Lo schema X-barra comprende la presenza di due proiezioni della testa sintagmatica opzionali: quella dello Specificatore e quella del Complemento, indicati in figura rispettivamente come SPEC e COMPL.

2. Come sono implementate sintatticamente queste strategie nell’interlingua?

2.1 A quale livello la grammatica della L1 vincola la produzione nella L2 nel dominio empirico considerato?

(44)

39

La testa X si combina con i complementi per formare la proiezione intermedia X’. A sua volta X’ si combina con gli specificatori per formare la proiezione massimale X’’, ossia quella sintagmatica.

Questa struttura consente di rappresentare graficamente il fatto che tra i costituenti di un sintagma esiste una gerarchia di complessità crescente, indicata dal numero delle barre.

Di seguito si può vedere l’albero ricavato dall’applicazione dello schema X-barra alla frase d’esempio “tutta la sua descrizione dei fatti”41:

Figura 4 - Schema X-barra della frase "tutta la sua descrizione dei fatti"

41 Esempio tratto dalle dispense per gli studenti universitari della Prof.ssa Barbara Corpini, URL:

(45)

40

Ad un livello di astrazione più elevato, lo schema X-barra può essere applicato anche all’analisi e alla rappresentazione della struttura dell’intera frase.

Contrariamente a quanto avviene a livello sintagmatico, tale struttura, e dunque la tipologia della relativa frase, non è definita sulla base delle categorie lessicali viste poc’anzi, quanto sulla base di categorie funzionali, quali ad esempio le marche morfologiche della flessione (tra cui l’accordo, il tempo e l’aspetto) e le marche di subordinazione e quelle focali, espresse rispettivamente dal Sintagma di Flessione (IP, da

Inflectional Phrase), dal Sintagma del Complementatore (CP, da Complementer Phrase).

La struttura sintagmatica della frase (al di sopra del vP) è pertanto la seguente:

Figura 5 - Schema X-barra della struttura della frase

Munaro42 utilizza lo schema X-barra per la sua analisi delle proprietà

distribuzionali dei focalizzatori in diversi dialetti italiani43, concentrandosi in particolare

sulle relazioni tra le proiezioni funzionali del Sintagma del Focus (FocP, da Focus Phrase) e gli altri sintagmi funzionali.

42 Munaro (2012).

(46)

41

I risultati di tale analisi fornirebbero, secondo Munaro, “evidenza empirica a favore dell’ipotesi che i focalizzatori possano essere generati in due diverse posizioni strutturali, e cioè come teste di proiezioni [del Sintagma] di Focus collocate alla periferia sinistra di ciascuna frase, la più alta delle quali all’interno della frase CP, e la più bassa al

left edge (“margine sinistro”) della frase vP”44.

Le due posizioni individuate da Munaro per le proiezioni funzionali di Focus sono esemplificate nel seguente diagramma ad albero45:

Figura 6 - Diagramma ad albero della struttura della frase focalizzata

Anche Caloi concorda con l’ipotesi dell’esistenza di una struttura prototipica della frase focalizzata, e il suo esperimento “builds strongly on the assumption of a specific structure for sentences that include dedicated positions for the realization of specific and semantic functions”46.

44 Munaro (2012:120). 45 Tratto da Caloi (2017:242).

46 Caloi (2017:241): “si fonda sul presupposto di una struttura frasale specifica che includa posizioni riservate per la realizzazione di funzioni semantiche e specifiche”.

(47)

42

5.2 Metodologia dello studio

Lo studio è stato condotto tramite la somministrazione a 12 soggetti di madrelingua tedesca di un test di giudizio di grammaticalità a risposta multipla.

I partecipanti sono stati selezionati in base a requisiti stringenti. I soggetti dovevano essere infatti madrelingua tedeschi cresciuti in un contesto monolingue e aver appreso l’italiano in patria in contesti formali, ma senza studi o istruzioni specifici sull’uso dei focalizzatori in italiano. I partecipanti, inoltre, non dovevano aver risieduto in Italia per più di sei settimane.

Il contatto dei partecipanti con la lingua italiana è compreso tra 20 e 45 mesi, con una media di 25. Il loro livello di competenza linguistica in italiano è B1/B247.

Per valutare i risultati emersi dalle prove dei partecipanti madrelingua, ad essi è stato affiancato un gruppo di controllo costituito da 5 parlanti di madrelingua italiana, un gruppo “rather homogenous with respect to the spoken variety of standard Italian, namely they all come from the Northeast of Italy”48.

I quesiti proposti sono 45 più 45 quesiti buffer. Ciascuno di essi consiste in un enunciato introduttivo e in un seguito. L’enunciato è strutturato in modo da fornire al soggetto informazioni riguardo il contesto, al fine di generare un condizionamento circa il dominio di applicazione dell’avverbio focale nel seguito, presentato in tre diverse versioni che si differenziano esclusivamente per la posizione di anche.

Le tre versioni hanno tre diversi gradi di accettabilità in italiano:

47 Caloi (2017:250).

48 Caloi (2017:256). Un gruppo “piuttosto omogeneo riguardo alla varietà parlata di italiano standard, ossia tutti provenienti dall’Italia nord-orientale”.

(48)

43

1. Target: corrisponde all’ordinamento prototipico in italiano standard: il focalizzatore precede immediatamente il focus.

2. Acceptable: corrisponde a un ordinamento in cui il focalizzatore occupa una posizione accettata e utilizzata dai parlanti nativi in modo non preferenziale. 3. Ungrammatical: corrisponde a un ordinamento considerato agrammaticale dai

parlanti nativi.

Negli esempi le tre versioni verranno indicate rispettivamente come b, b’ e b’’.

Ai soggetti sono state proposte tre tipologie di quesito in cui gli enunciati introduttivi si differenziano per il costituente focale indotto nel seguito:

(54) Portata sul SDet soggetto:

a. La nonna ha preparato una torta

b. Anche la mamma ha preparato una torta b’. La mamma anche ha preparato una torta b’’. La mamma ha anche preparato una torta

(55) Portata sul SDet oggetto:

a. La mamma ha preparato il pane b. Ha preparato anche una torta b’. Ha anche preparato una torta b’’. Anche ha preparato una torta

(56) Portata sul SV:

a. La mamma ha lavato i piatti b. Ha anche preparato una torta b’. Ha preparato anche una torta b’’. Anche ha preparato una torta

(49)

44

I soggetti avevano a disposizione un tempo di 30 minuti per completare la prova, e potevano selezionare una sola risposta per ciascun quesito.

(50)

45

5.3 I risultati della ricerca

Pur con le limitazioni dovute all’esiguità del campione e ai metodi di elicitazione, che massimizzano la comparabilità a scapito dell’analisi in contesti d’uso reali, i risultati ottenuti da Caloi mostrano delle regolarità nelle strategie di ordinamento della frase utilizzate da parte degli apprendenti.

Caloi procede dapprima dall’analisi dei dati aggregati per tipologia:

- Portata su SDet soggetto: per questa tipologia di quesito, i soggetti del gruppo di

controllo hanno selezionato la risposta target, ossia quella in cui il focalizzatore precede immediatamente il SDet soggetto, il 100% delle volte.

Di contro i soggetti tedescofoni hanno mostrato una maggiore variabilità. Essi hanno selezionato l’opzione standard soltanto nel 66% dei casi, valore comunque “beyond chance level”49. Le opzioni sub-standard, con anche anteposto all’ausiliario, e

agrammaticali, con anche in posizione interausiliaria, sono state selezionate entrambe nel 17% dei casi.

- Portata su SV: in questo caso anche i soggetti appartenenti al gruppo di controllo

hanno mostrato un certo grado di variabilità. Essi hanno scelto l’opzione standard, ossia quella con il focalizzatore in posizione interausiliaria, da cui il focalizzatore estende la sua portata sull’intero SV, nell’84% dei casi e quella agrammaticale, ossia con il focalizzatore anteposto al verbo ausiliario, nel restante 16%.

I soggetti tedescofoni hanno raggiunto risultati nettamente peggiori, selezionando l’opzione standard soltanto il 45% delle volte, contro il 25% dell’opzione sub-standard e il 30% di quella agrammaticale.

- Portata su Sintagma Determinativo oggetto: i dati relativi a questa tipologia

mostrano per i due gruppi risultati simili a quanto detto circa la tipologia precedente.

(51)

46

I soggetti nativi hanno selezionato l’opzione standard, ossia quella con il focalizzatore anteposto al SDet soggetto, nell’85% dei casi e quella agrammaticale, ossia quella con anche preposto al verbo ausiliario, nel restante 15%.

Di contro, i soggetti tedescofoni hanno selezionato l’opzione standard soltanto nel 30% dei casi, quella sub-standard, ossia con focalizzatore in posizione interausiliaria, nel 45% dei casi e quella agrammaticale nel restante 30%.

I dati relativi agli enunciati con il focalizzatore anche con portata sul SDet oggetto, i soggetti tedescofoni mostrano in generale una buona padronanza della sintassi della LT.

Questi risultati sono in accordo con quelli riportati da Andorno e Del Turco in uno studio cross-linguistico del 2015 sul posizionamento dei focalizzatori in enunciati con portata su SDet soggetto da parte di apprendenti italofoni di tedesco L2 e apprendenti germanofoni di italiano L2. L’analisi è stata condotta su un corpus di produzioni orali elicitate tramite il retelling di un breve video50.

Il campione tedescofono, costituito da nove soggetti che hanno risieduto in Italia per un massimo di sei mesi, ha dimostrato anch’esso risultati consistenti51 nell’utilizzo

del corretto ordinamento [anche SN SV], dimostrando però di non comprenderne appieno la struttura prosodica: “[…] data also suggest that the acquisition of the target-like positional patterns precedes the acquisition of the prosodic ones. This is true […] for the adjacent initial position in Italian: German learners adopt this position, but they fail to deaccent the particle”52.

50 Andorno-Del Turco (2015:61). 51 Andorno-Del Turco (2015:70).

52 Andorno-Del Turco (2015:75). “i dati suggeriscono anche che l’acquisizione dello schema posizionale target precede quello prosodico. Ciò è vero […] per la posizione iniziale adiacente in italiano: gli apprendenti tedeschi utilizzano questa posizione senza però disaccentare la particella [focale]”.

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