UNIVERSITA’ DEGLI STUDI D I PISA
FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA
DIPARTIMENTO DI MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE Scuola di Specializzazione in Ginecologia e Ostetricia
Tesi di Specializzazione:
Chemioterapia neoadiuvante dose-dense seguita da isterectomia radicale o chemio/radioterapia concomitante esclusiva per Carcinoma localmente
avanzato della cervice uterina
Relatore:
Chiar.mo Prof. Angiolo Gadducci Candidato:
Dott.ssa Cecilia Barsotti
INDICE
1. Riassunto pag. 3
2. Introduzione pag. 5
2.1 Epidemiologia pag. 5
2.2 Fattori di rischio pag. 6
2.3 Prevenzione pag. 9
2.4 Neoplasia intraepiteliale pag. 12
2.5 Carcinoma invasivo pag. 15
3. Obiettivo della tesi pag. 31
4. Materiali e metodi pag. 32
5. Metodi statistici pag. 35
6. Risultati pag. 35
7. Discussione e conclusioni pag. 40
8. Bibliografia pag. 46
9. Tabelle pag. 60
1. RIASSUNTO
Il carcinoma della cervice uterina rappresenta nell’intera popolazione femminile mondiale la terza neoplasia per incidenza e la quarta causa di morte per cancro.
Sino al 1999, la radioterapia esclusiva era il trattamento di scelta nelle pazienti con
malattia localmente avanzata. In seguito ai risultati di 5 studi randomizzati, due
meta-analisi hanno concluso che il trattamento standard è la chemio-radioterapia
concomitante [CCRT] a base di platino. Tuttavia circa il 30-40% di pazienti con
Carcinoma cervicale localmente avanzato non raggiungeva una risposta completa a seguito di CCRT. Pertanto, nel tentativo di aumentare l’outcome di queste pazienti, sono stati studiati molti approcci, come l’uso di una chemioterapia neoadiuvante [NACT] seguita da CCRT o da isterectomia radicale con risultati promettenti. Questo
studio retrospettivo è stato condotto su 30 pazienti con carcinoma della cervice
uterina localmente avanzato che sono state sottoposte a NACT dose-dense a base
di Taxolo 80 mg/m2 e Carboplatino AUC 2 settimanale per 6 cicli seguita da chirurgia
o CCRT valutate dal Multidisciplinary Committee di Ginecologia Oncologica della
Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana tra Febbraio 2015 e Luglio 2016. La NACT
seguita da isterectomia radicale è stata la strategia di trattamento più utilizzata nelle pazienti con malattia in stadio Ib2, IIa, IIb “early”, di età massima 70 anni e buon performance status, mentre la CCRT + Brachiterapia era la terapia standard per quelle con malattia in stadio IIb ”late”, III, IVa. Al termine della NACT, 16 pazienti sono state sottoposte a isterectomia radicale con linfoadenectomia pelvica, 13
concomitante a cisplatino 40 mg/m2 settimanale + brachitherapia intracavitaria o
radioterapia stereotassica. Il follow-up mediano di sopravvivenza è stato di 12 mesi.
Delle 17 pazienti sottoposte a chirurgia, una risposta clinica complessiva dopo la NACT è stata ottenuta nell’ 82.35% dei casi, il tasso di risposta patologica ottimale è stato del 17.6%, mentre per la risposta patologica subottimale con malattia residua
intracervicale è stato del 41.2%. Solo una delle 17 pazienti sottoposte a chirurgia ha
sviluppato una recidiva locale e a distanza 9 mesi dopo il primo ciclo di NACT. Le
altre 16 pazienti sono vive senza segni di malattia dopo una mediana di 12 mesi
dal primo ciclo di NACT. Questi dati sono in accordo con quelli riportati in letteratura.
Al termine della NACT, 10 delle 13 pazienti candidate a CCRT hanno ottenuto una
risposta clinica parziale, 3 una malattia stabile. Sette delle 12 pazienti che hanno
completato il trattamento con CCRT hanno conseguito una risposta completa, ma 3
di quelle in risposta completa hanno sviluppato una recidiva di malattia dopo una
mediana di 10 mesi dopo il primo ciclo di NACT. La Sopravvivenza libera da malattia
e la Sopravvivenza Globale a 6 mesi erano 91,7% e 100% , rispettivamente, mentre
a 12 mesi erano 41.7% e 91.7%. Questi risultati sono meno vantaggiosi di quelli
riportati in letteratura . Nella nostra esperienza il regime dose-dense è stato molto
ben tollerato, con una leucopenia, neutropenia e anemia G 3/4 riscontrate solo nel
16.6%, 3.3%, e 3.3% delle pazienti , e con minimi eventi avversi non ematologici, dati
sovrapponibili a quelli riportati in letteratura. I risultati preliminari di questo studio
presenta una tossicità accettabile, ottiene tassi di risposta promettenti, e non
pregiudica il trattamento standard a base di CCRT.
2. INTRODUZIONE
2.1 Epidemiologia
Il carcinoma della cervice uterina rappresenta nell’intera popolazione femminile mondiale la terza neoplasia per incidenza dopo il carcinoma della mammella e del
colon-retto e la quarta causa di morte per cancro dopo il carcinoma della mammella,
del polmone e del colon-retto (1). Secondo i dati Globocan 2008, ogni anno al mondo
vengono diagnosticati 530.000 nuovi casi di carcinoma cervicale, di cui 55.000 in Europa, e si registrano circa 275.000 decessi (2). Più dell’ 85% di questi nuovi casi e di queste morti si verificano nei paesi in via di sviluppo. L’ incidenza media annua di tale patologia varia ampiamente in rapporto alle diverse aree geografiche, con
percentuali di incidenza maggiori nei paesi in via di sviluppo, ad esempio in America
Latina, nei Caraibi ed in Africa (3,4). In dettaglio il rischio per una donna di sviluppare questa neoplasia nell’arco della sua vita è dell’1% nei Paesi industrializzati e del 3-4% in quelli in via di sviluppo. Nei paesi industrializzati la malattia viene diagnosticata
più frequentemente in stadio iniziale, mentre nei paesi in via di sviluppo l’80-90% delle pazienti sono in stadio III-IV alla presentazione (4,5). L’incidenza e la mortalità elevate, in questi paesi, sono dovute all’assenza di programmi di screening. La
mortalità per cervicocarcinoma è di circa 4/100000 in una popolazione sottoposta a
screening e circa 30/100000 in una non sottopostavisi. L’incidenza del
cervicocarcinoma , globalmente pari a 16 casi per 100.000 donne/anno, presenta valori pari a 27 casi su 100.000 donne nell’età compresa tra i 30 e i 55 anni.
2.2 Fattori di rischio
Il carcinoma cervicale ed i suoi precursori vengono attualmente associati ai seguenti fattori di rischio: inizio precoce dell’attività sessuale (esposizione al rischio di infezioni virali per un maggior lasso di tempo), partners sessuali multipli, abitudini sessuali del
partner, gravidanze multiple (meccanismi nutrizionali, cambiamenti ormonali indotti
dalla gravidanza, fattori immunologici, mantenimento della zona di trasformazione
sulla esocervice per anni), giovane età alla prima gravidanza, basso stato
socio-economico, razza, scarsa igiene sessuale, contraccettivi orali anziché contraccettivi
di barriera, carenza alimentare di betacarotene, vitamina A, vitamina C e acido folico
(6). Attualmente si ritiene che il Virus del papilloma umano (HPV) sia il più
strettamente connesso alla patogenesi del carcinoma della cervice. La prevalenza dell’HPV nelle lesioni cervicali sia intraepiteliali che invasive è superiore al 90%. Dei 70 sierotipi di Papillomavirus, 35 hanno localizzazione nel tratto genitale inferiore
ma, sulla base dei dati di prevalenza di biologia molecolare, solo alcuni sono
rischio maggiore è stata riscontrata per i genotipi 16 e 18. Si consideri che l’HPV16 presenta, a sua volta, sei varianti: l’europea (E) che è il prototipo, l’asiatica (AS), l’africana 1(AF1), l’africana2 (AF2), la nord-americana 1 (NA), l’asiatico-americana (AA). È stato riportato che le donne portatrici di HPV non europeo sono a maggior
rischio, ma il significato clinico delle diverse varianti di HPV16 è ancora poco
conosciuto. La persistenza di infezione da HPV, in paricolare il 16, gioca inoltre un
ruolo fondamentale nel determinismo della lesione intraepiteliale e nella eventuale
progressione a tumore cervicale invasivo. Nella popolazione adolescente
sessualmente attiva il tasso di prevalenza di infezione varia dal 44% al 90% ma si
associa a un elevato tasso di risoluzione spontanea entro 12-30 mesi (70-90%) (2).
Studi in vitro indicano che i ceppi ad alto rischio hanno la capacità di trasformare le
cellule in coltura e che questa capacità è correlata alla presenza di specifici oncogeni
virali (geni E6 ed E7) che costituiscono la differenza tra i ceppi ad alto e quelli a
basso rischio (7) Il DNA virale, per poter esprimere la sua attività oncogena, deve
integrarsi nel DNA della cellula ospite. Questo non avviene nelle lesioni
condilomatose e nelle lesioni precancerose di basso grado, in cui il DNA virale si
trova nel citoplasma in forma episomica (7-9). Il DNA virale si compone di tre regioni:
Upstream Regulatory Region [URR], Early region [ER] e Late region [LR]. La URR
ha funzione di regolazione sulla replicazione virale e di controllo su alcuni tratti delle
regioni Early. La regione Early consta, a sua volta, di otto regioni ed è così
denominata perchè interviene nelle prime fasi della replicazione virale. Essa regola la
è responsabile della immortalizzazione della cellula infettata e della promozione della
trasformazione neoplastica. La regione Late, che interviene nella fase tardiva della
infezione virale, si compone di due regioni, L1 ed L2, ed è responsabile della
produzione delle proteine-capside che costituiscono l’involucro virale. Perchè si verifichi la completa integrazione nel genoma cellulare occorre che il DNA virale da
circolare divenga lineare, con una rottura a livello dei tratti E1-E2. Non tutti i tipi di
HPV hanno tale capacità, infatti tale peculiarità è tipica degli HPV ad alto rischio. La
rottura del DNA nei punti suddetti comporta la perdita di controllo esercitata da E1 e
soprattutto E2 sull'attività delle regioni E6 ed E7, che iniziano una incontrollata
codificazione di proteine inibenti l'azione di due importanti geni cellulari
oncosoppressori: p53 e pRB. E6 interagisce direttamente con p53 e determina la sua
degradazione, E7 interagisce con RB e la inattiva. La funzione degli oncosoppressori
viene così a cessare e si instaura una deregolazione del ciclo cellulare (10).
La grande diffusione, l’alta percentuale di regressione spontanea ed infine il diverso picco di incidenza dell’infezione da HPV (giovane età) rispetto a quello della neoplasia invasiva (quarta-quinta decade), suggeriscono che altri fattori debbano
agire in concomitanza: HSV-2, infezioni cervicali da Chlamydia trachomatis, il
Trichomonas e taluni Mycoplasmi, fattori immunologici, fumo di sigaretta, fattori
2.3 Prevenzione
In netto contrasto con la riduzione della mortalità del cervicocarcinoma invasivo, la
frequenza di lesioni precancerose e carcinomi in stadio iniziale è molto alta.
L’incidenza e la mortalità per il tumore invasivo del collo dell’utero hanno registrato un trend in discesa negli ultimi cinquant’anni nei Paesi industrializzati grazie soprattutto alla diffusione del Pap test come test di screening per la diagnosi precoce e all’accessibilità della cervice alla colposcopia ed alla biopsia. La colposcopia consente di localizzare la lesione da cui provengono le cellule anomale, di valutare l’estensione della lesione stessa, e di effettuare una diagnosi istopatologica sulla base di biopsie mirate. Ad oggi la comprensione dei meccanismi eziopatogenetici del
cervicocarcinoma ne ha aperto nuovi scenari di prevenzione: in termini di prevenzione primaria con l’attivazione dei programmi di vaccinazione e in termini di prevenzione secondaria con l’introduzione dell’HPV-DNA test. La prevenzione del rischio oncologico sta quindi transitando da un modello morfologico ad un modello di tipo bio-molecolare. La disponibilità di kit che permettono l’ibridazione in situ di vari tipi di HPV di cui è noto il potenziale oncogenetico consente di ricercare il tipo di HPV
presente nella paziente così da ridurre i casi da sottoporre a colposcopia (2).
La positività per HPV ad alto rischio può suggerire un approfondimento diagnostico
ed un monitoraggio intensivo; la negatività del test virale , che ha un altissimo valore
predittivo negativo, consente di dilatare i tempi di sorveglianza. Negli ultimi anni è
stato dimostrato che l’HPV test è più sensibile ma meno specifico del Pap test nell’evidenziare le lesioni preneoplastiche ed il carcinoma cervicale (11-13). Per
esempio in uno studio prospettico canadese comprendente 10.154 donne, la sensibilità dell’ HPV test e del Pap test per le SIL/CIN era 94,6%(95% Intervallo di Confidenza (IC)=84,2-100%) e 55,4% (95% IC=33,6-77,2; p=0.01) rispettivamente,
e le corrispondenti specificità erano 94.1% (95% IC=93.4-94.8%) e 96,8% (95% IC=96.3-97.3; p<0.001), rispettivamente (14). L’HPV DNA test è piu sensibile della citologia del 30%, mentre i dati di sorveglianza sulla prevenzione nei confronti del
cancro indicano un aumento di protezione del 60-70%. In questo senso i limiti della
citologia sono da ascrivere soprattutto alla soggettività del test, ai falsi negativi e alla
bassa sensibilità di un singolo test. Risulta quindi razionale proporre il test più
sensibile come test primario (HPV-DNA test), mentre il più specifico (la citologia) alle
donne HPV positive (2). Nelle donne sotto i 34 anni di età lo screenng con HPV test
conduce ad una sovradiagnosi di lesioni CINII destinate a regredire (14). Molti approcci sono attualmente in studio per migliorare la specificità dell’HPV test quali la quantificazione dell’espressione dell’mRNA per i geni E6 ed E7 dell’HPV e il rilevamento del’espressione di p16 (15). L’espressione di p16 può essere cosiderato come un marker di disregolazione del ciclo cellulare.
Riveste attualmente grande interesse nell’ambito delle politiche sanitarie la vaccinazione contro l’infezione da papilloma virus umano. La immunogenicità dei papillomavirus consiste nella presentazione al sistema immunitario di capsidi virali
vuoti, cioè privi di altri prodotti genici virali, composti da L1 (proteina strutturale virale
papillomavirus specie-specifici neutralizza il virus. Esistono in commercio due tipi di
vaccini anti HPV: uno bivalente anti HPV 16 e 18 (Cervarix) e uno quadrivalente
diretto contro 4 ceppi del virus: HPV 16, 18, 11, 6 (Gardasil). Il vaccino viene
somministrato tramite una iniezione intramuscolare. Attualmente sono in fase di
studio numerosi vaccini profilattici di seconda generazione , tra i quali il vaccino
nonavalente, protettivo nei confronti di HPV 16, 18, 31, 33, 45, 52, 58, 6, 11, che dovrebbe potenzialmente prevenire l’85% dei tumori della cervice uterina. (2). Il target ideale è rappresentato dalla giovane donna in età (pre)adolescenziale
(efficacia del vaccino prossima al 100%), tuttavia anche le giovani più adulte (16-26
anni) possono trovare beneficio dalla vaccinazione dato che molte di esse sono
ancora negative per genotipi vaccinali, così come quelle donne sessualmente attive
dai 25 ai 45 anni senza evidenza di pregressa infezione da parte dei ceppi vaginali,
(efficacia contro le lesioni pretumorali del 88,7%). La scarsa o dubbia protezione dovuta all’infezione naturale avvalora il ruolo della vaccinazione anche nelle donne con pregressa infezione dai medesimi genotipi vaccinali, mentre nelle pazienti con infezione in atto la vaccinazione non ne modificherà l’esito (no effetto terapeutico) ma potrà conferire protezione verso i genotipi virali non presenti al momento dell’infezione. Benchè l’efficacia dei vaccini sia tipo-specifica è descritta anche una cross reazione verso genotipi non presenti nelle formulazioni vaccinali. È oggetto di discussione l’opportunità di ampliare l’indicazione alla vaccinazione anche al sesso maschile. La popolazione vaccinata dovrà comunque continuare ad essere
sottoposta a screening non essendo protetta contro la totalità di HPV ad alto rischio
(circa 30% dei carcinomi e circa 50% dei CIN2-3 è causato dai tipi non vaccinali).
Nonostante una bassa copertura vaccinale (intorno al 30%) lo studio del National Health and Nutrition Examination Survay ha dimostrato dopo 4 anni dall’inizio del programma vaccinale (popolazione di 14-19anni) una riduzione del 56% (95%CI,
38-69) nella prevalenza degli HPV vaccinali 6,11,16,18. Al contrario, negli altri gruppi d’età non si è osservata alcuna significativa differenza in prevalenza tra il periodo pre- e post- vaccinale(16). L’introduzione della vaccinazione HPV avrà delle rilevanti ripercussioni sull’articolazione dello screening. I programmi di screening andranno rivisti nell’ottica di una minore prevalenza di patologia come risultato del pieno regime vaccinale. Le strategie di prevenzione dunque cambieranno per la reciproca
integrazione fra programmi di screening e campagne vaccinali, tenendo anche conto
della differenza fra popolazione vaccinata e non vaccinata.
2.4 Neoplasia intraepiteliale
Il carcinoma cervicale può presentarsi nella forma di carcinoma pre-invasivo CIN o
nella forma di carcinoma invasivo, a sua volta distinguibile in carcinoma
microinvasivo e carcinoma francamente invasivo. La definizione di carcinoma
preinvasivo presuppone la presenza di una lesione in cui le cellule neoplastiche non
displasia media, displasia grave e carcinoma in situ. Successivamente è stato
introdotto il concetto di CIN, che comprendeva tutte quelle anomalie citologiche ed
istologiche per cui si realizza la graduale proliferazione di cellule atipiche che
presentano una variabile potenzialità evolutiva verso il carcinoma invasivo. La CIN
veniva suddivisa in CIN I, che corrispondeva alla displasia lieve, CIN II, che si
identificava con la displasia moderata e CIN III, che comprendeva entrambe le
vecchie definizioni di displasia grave e carcinoma in situ. Il termine di “neoplasia” sottolinea la natura continua della lesione, caratterizzata da un aumento progressivo
di cellule indifferenziate a contenuto aneuploide. Una classificazione citologica più
recente prevede la suddivisione in due sole entità: la lesione intraepiteliale squamosa
di basso grado (LGSIL, low grade squamous intraepithelial neoplasia) e la lesione
intraepiteliale squamosa di alto grado (HGSIL, high grade squamous intraepithelial
neoplasia). Questa nuova classificazione include le alterazioni citopatiche da virus
(coilocitosi, discheratosi ecc..) nella LGSIL, mentre la HGSIL comprende le vecchie CIN II e CIN III. La CIN I e la lesione condilomatosa sono state accorpate in un’unica definizione data la scarsa riproducibilità diagnostica della diagnosi differenziale.
Risulta attualmente ancora difficile, a livello individuale, fornire informazioni circa la
potenzialità di evoluzione di una CIN, se non attraverso la valutazione della ploidia.
Ciò è coerente con la nuova definizione di CIN, ossia di una proliferazione
monoclonale di cellule epiteliali pavimentose abnormi caratterizzate da un
progressivo aumento numerico delle cellule indifferenziate con aneuploidia (17) . In
sono dell’11% per la CIN I e del 22% per la CIN II; i valori di progressione a carcinoma invasivo sono dell’1% per la CIN I , del 5% per la CIN II e >12% per la CIN III. Per contro, i valori di regressione sono rispettivamente del 57%, 43% e 32%. Le
lesioni precancerose si riscontrano più frequentemente nella terza-quarta decade di
vita e precedono di circa dieci anni il picco di incidenza del carcinoma in situ. La
lesione può essere uni o multifocale e possono coesistere più lesioni di diverso
grado. Per lo più è asintomatica, salvo rari casi di spotting intermestruale. Nella sua
fase preinvasiva, la neoplasia spesso non presenta quadri macroscopici tipici, ma la
sua diagnosi è citologica e/o istologica. Per quanto concerne il trattamento, la
tendenza attuale è quella di trattare le pazienti affette da neoplasia intraepiteliale in
modo il più possibile conservativo. Le lesioni a basso rischio possono essere gestite con la sola osservazione, data l’alta percentuale di regressione delle lesioni di basso grado. Tuttavia una L-SIL persistente per più di 1-2 anni o tale da presentare segni di progressione, va senz’altro trattata. Seppur con metodiche il meno possibile invalidanti, le lesioni ad alto grado vanno, invece, sempre asportate preferibilmente
con trattamenti quali elettrocoagulazione diatermica, crioterapia, vaporizzazione
laser, termocoagulazione, conizzazione. L’asportazione delle lesioni mediante ansa diatermica e la conizzazione con laser CO2 o con bisturi offrono il vantaggio di conservre integro il pezzo così da far sì che venga poi sottoposto all’esame istologico. L’asportazione delle HSIL ha un tasso di successo che oscilla tra l’80 e il 97%. Per le donne in fase preclimaterica o menopausale, soprattutto se concomita
una lesione benigna associata (fibromi, metrorragie, ecc), l’intervento terapeutico più indicato in caso di displasia grave/carcinoma in situ resta la isterectomia.
2.5. Carcinoma invasivo
Il carcinoma della cervice può insorgere a livello della portio o del canale cervicale. L’età più colpita è tra i 45 e 59 anni, cioè 10-15 anni più elevata rispetto alla massima incidenza del carcinoma in situ, anche se negli ultimi anni si è osservato un aumento
di incidenza di carcinoma invasivo in fasce di età più giovani, probabilmente in relazione ad un più precoce inizio dell’attività sessuale e alla presenza di donne provenienti dai paesi asiatici. Rispetto al carcinoma francamente invasivo, la maggior
incidenza del carcinoma microinvasivo è fra i 35 ed i 45 anni.
2.5.1 Anatomia Patologica
Dal punto di vista macroscopico il carcinoma cervicale invasivo clinicamente evidente
può presentarsi sotto diversi aspetti:
Forma ulcerativa: formazione di un ulcera scavata con necrosi centrale
Forma esofitica: aspetto “a cavolfiore”, friabile, soffice, sanguinante spontaneamente e al contatto
Forma a botte: sviluppo endocervicale della neoplasia a partire dalla giunzione squamo- colonnare
Forma esofitica bulky: everte i margini della cervice e dilata la vagina
L’istotipo più rappresentato è il carcinoma spinocellulare, che costituisce più del 90% dei carcinomi cervicali e viene suddiviso in due forme, cheratinizzante e non-cheratinizzante (forma più frequente). L’adenocarcinoma incide per l’8-10%. Esso origina dalle cripte pseudoghiandolari del canale cervicale o da residui embrionali
(residui mesonefrici o paramesonefrici) a livello della cervice uterina. Gli altri istotipi
sono raramente riscontrati nella pratica clinica. (tabella 1)
Nei carcinomi squamosi si possono distinguere tre gradi di differenziazione:
-GRADO1 (G1): tumore squamoso ben differenziato, composto da cellule di tipo
spinoso con abbondante cheratina, tendente a formare le cosiddette perle cornee
epiteliali. L’attività mitotica è scarsa, il pleomorfismo nucleare poco evidente, il citoplasma ampio. Appartiene a questo gruppo circa il 15% dei carcinomi squamosi.
-GRADO2 (G2) : tumore squamoso moderatamente differenziato, caratterizzato da
una cheratinizzazione meno evidente e da cellule simili a quelle dei normali elementi
parabasali. Maggiori l’attività mitotica e il pleomorfismo nucleare. Questo grado rappresenta il 58% dei carcinomi squamosi.
-GRADO 3 (G3) : tumore squamoso scarsamente differenziato, costituito da cellule
piccole e scure con citoplasma scarso per cui i nuclei sembrano addensati gli uni agli
altri. Non sono presenti perle epiteliali. Numerose le mitosi atipiche. Rappresenta il
2.5.2 Storia naturale
Il carcinoma cervicale si diffonde per contiguità, per continuità e per via linfatica. Più
tardive sono le metastasi per via ematogena. Per continuità diffonde al canale
cervicale, al corpo uterino e alla vagina, infiltrando più o meno profondamente la muscolare dell’istmo e del corpo uterino e talvolta l’endometrio. L’estensione al corpo dell’utero può verificarsi anche per via linfatica con interessamento del tessuto connettivo e muscolare, lasciando intatto l’endometrio. Per contiguità diffonde ai parametri, alla vescica, al retto, infiltrando gli spazi perivascolari e perineurali, fino a raggiungere ai lati la parete pelvica. Più frequente l’interessamento vescicale, perché il fornice anteriore è più stretto e il setto vescico-cervicale è più sottile di quello
vagino-rettale e perché, con maggior frequenza, il tumore insorge dal labbro
anteriore della portio (18). La mucosa vescicale si presenta, inizialmente,
edematosa, di aspetto bolloso alla cistoscopia, per la precoce ostruzione linfatica.
Successivamente viene invasa direttamente anche la mucosa stessa, pertanto si presentano cistorragie e vegetazioni neoplastiche intravescicali. L’infiltrazione sarà così facilmente diagnosticabile alla cistoscopia, ma anche con un semplice esame citologico del sedimento urinario. L’infiltrazione del retto è invece meglio diagnosticata con l’esplorazione combinata retto-vaginale.
Gli ureteri possono venire coinvolti soprattutto nelle fasi avanzate della neoplasia e
così i legamenti uterosacrali.
Anche i parametri e la vagina possono essere interessati per via linfatica oltre che
Per via linfatica il tumore si diffonde lungo i legamenti dell’utero ove decorrono i vasi linfatici; raggiunge così i linfonodi parametriali, otturatori, iliaci comuni, iliaci
esterni ed interni, presacrali e successivamente i linfonodi paraortici.
Esiste una netta correlazione tra dimensioni del tumore e le metastasi linfonodali.
Le neoplasie più piccole tendono a metastatizzare ai linfonodi iliaci interni ed
esterni, quelli di maggiori dimensioni raggiungono anche gli iliaci comuni e i
lomboaortici. La frequenza di metastasi lomboaortiche è maggiore nelle pazienti
con malattia localmente avanzata, in pazienti con tumore a botte ed in pazienti
con interessamento dei linfonodi pelvici. La presenza di metastasi lomboaortiche
è inoltre sinonimo di diffusione sistemica della malattia. La metastatizzazione per
via linfatica a distanza interessa il mediastino e i linfonodi sovraclaveari, ma di
rado. Per via ematogena, le metastasi raggiungono polmoni, pleura, fegato ed
ossa (in genere vertebre, coste e ossa lunghe degli arti inferiori). Le metastasi
cerebrali sono rare. Descritte eccezionalmente metastasi a surreni, reni, grosso
intestino, milza, pancreas, cute.
L’adenocarcinoma cervicale, rispetto all’istotipo a cellule squamose, può dare metastasi ovariche anche negli stadi iniziali ed ha tendenza alla diffusione
2.5.3 Diagnosi e stadiazione
La diagnosi è istologica, partendo da un referto citologico cervicale positivo o dubbio.
La citologia cervico-vaginale è positiva nel 90% dei casi. Il 10% di negatività può
essere dovuto a necrosi e a coesistenza di fatti infiammatori.
L’ispezione della portio permette, se la neoplasia è avanzata, di apprezzare l’aumento del volume cervicale e la presenza di lesioni vegetanti o ulcerate, facilmente friabili e sanguinanti.
Esistono forme con portio totalmente normale all’esame obiettivo: in tali forme la crescita del tumore è prevalentemente endocervicale: il Pap test e le perdite
ematiche atipiche sono elementi che consentono la diagnosi.
Gli esami necessari alla corretta diagnosi e stadiazione prevedono:
Esame ginecologico bimanuale: consente di valutare le dimensioni del tumore e l’entità di interessamento dei parametri. La visita in narcosi può essere utile se la neoplasia sembra superare i limiti della cervice.
Colposcopia: esame di secondo livello dopo quello citologico. La diagnosi di carcinoma invasivo non richiede la colposcopia perché è chiaramente visibile ad
occhio nudo e palpabile alla esplorazione vaginale; essa tuttavia viene eseguita
per determinare i limiti della lesione, la sua estensione su portio e pareti vaginali,
e ai fini della diagnosi differenziale (infezione papillomatosa da HPV, sifiloma, tbc
ecc..) . Il carcinoma invasivo preclinico, dal canto suo, non è visibile alla semplice
ispezione ed è solo sospettabile alla colposcopia per reperti quali un puntato
Esame istologico
Radiografia del torace
TAC addomino-pelvica: è utilizzata per la stadiazione anche se talora non consente di definire adeguatamente l’estensione parametriale e di differenziare il tessuto neoplastico da quello reattivo, sottovalutando l’interessamento della parete pelvica.
RMN: è l’esame che consente di valutare con più accuratezza l’estensione della neoplasia ai fornici e ai parametri. L’interruzione precoce dell’anello stromale pericervicale all’indagine con RMN è un indicatore precoce di sconfinamento iniziale della patologia a livello pericervicale. Tuttavia , come la
TAC, identifica i linfonodi solo sulla base del volume linfonodale , non essendo
dunque in grado di distinguere i linfonodi aumentati di volume per neoplasia
da quelli iperplastici per patologie benigne. La RM sa però distinguere una
recidiva da quella che è invece una fibrosi post-radioterapica
Esame urografico: può essere riservata ai casi con dilatazione delle vie urinarie.
Cistoscopia e rettosigmioidoscopia nei casi avanzati (con evidenze di interessamento alla RMN)
Lo stadio deve essere definito clinicamente prima di qualunque terapia. Quando vi
sia dubbio , è mandatorio classificare la neoplasia allo stadio inferiore.
stadio IA e gli altri stadi. Nel primo infatti la definizione dello stadio si basa esclusivamente sull’esame anatomopatologico della conizzazione, mentre negli altri l’estensione della malattia viene valutata essenzialmente con l’esame clinico. Il carcinoma invasivo preclinico, secondo la classificazione FIGO 2009, comprende due stadi: lo stadio Ia1, quando la profondità di invasione stromale ≤3 mm e l’estensione orizzontale è ≤7mm e lo stadio IA2 quando l’invasione stromale è tra 3 e 5 mm con una estensione orizzontale ≤ 7mm. La diagnosi dello stadio IA si basa sull’esame istologico seriato di tessuto prelevato tramite conizzazione. Fondamentale è dunque il ruolo dell’anatomo-patologo che attua un sistema di processazione del cono, studiandone sistematicamente ogni sezione e ponendo attenzione nel valutare
la profondità di invasione stromale e l’estensione superficiale della neoplasia. L’interessamento dei vasi linfatici ed ematici, non modifica lo stadio. Dal 1973 la Società Americana dei Ginecologi Oncologi (SGO) ha proposto come definizione di
microcarcinoma la neoplasia cervicale con infiltrazione stromale sino a 3mm senza
evidenza di invasione degli spazi linfovascolari. (19). Nelle lesioni FIGO Ia1 (
invasione stromale < 3 mm) il rischio di metastasi linfonodali è praticamente dello 0%, in quelle in stadio FIGO Ia2 (invasione stromale fra i 3 e i 5mm) c’è un rischio del 4-8% (2). L’elemento prognostico più importante, nel carcinoma cervicale microinvasivo , è la profondità di invasione stromale, che correla direttamente con il
rischio di positività degli spazi vascolari, di metastasi linfonodali, di recidive e con
l’aumento della mortalità. L’invasione degli spazi vascolari (LVSI) è l’elemento più dibattuto per la sua reale potenzialità di fattore prognostico sfavorevole per il rischio
di recidiva (15). In una review di Creasman (20) la presenza di LVSI nelle neoplasie
cervicali iniziali non è risultata un fattore prognostico indipendente sulla
sopravvivenza globale. Il rischio di metastasi linfonodali tuttavia aumenta
significativamente in caso di LVSI (se invasione stromale <3m 4,7% vs 0,5% senza
LVSI).
Può essere difficoltosa la corretta valutazione clinica della diffusione parametriale di
malattia. Vanno classificati in stadio IIB i casi in cui vi sia interessamento del
parametrio. Vanno considerati in stadio IIIB i casi in cui si riscontrino nodularità
parametriali vicine alla parete pelvica ovvero si evidenzi una continuità neoplastica
fino alla parete pelvica. La presenza di idroureteronefrosi o di un rene escluso conseguente ad interessamento dell’uretere da parte del tumore fa classificare la neoplasia in stadio IIIB. In tabella è riportata la stadiazione FIGO del carcinoma
cervicale (TABELLA 2).
La prognosi del carcinoma cervicale dipende da diversi fattori: lo stadio clinico; le metastasi linfonodali pelviche; la dimensione del tumore; l’interessamento parametriale; il modello di crescita tumorale (sfavorevole se l’accrescimento è endofitico); le metastasi para-aortiche; l’invasione degli spazi vascolari capillaro-simili; il tipo di HPV (secondo alcuni la prognosi è peggiore se chiamato in causa l’HPV 18); l’iperespressione di COX2 (che oltre ad essere associata a invasione parametriale, a metastasi linfonodali e a diffusione locale, sembra essere un marker
all’età ed alle eventuali comorbidità. La sopravvivenza a 5 anni secondo i dati FIGO dell’ Annual Report (2006) n. 26, è del 97.5% per le pazienti in stadio Ia1, 94.8% per
lo stadio Ia2, 89.1% nello stadio Ib1, 75.7% per lo stadio Ib2, 73.4% per lo stadio IIa,
65.8% per lo stadio IIb, 39.7% per lo stadio IIIa, 41.5% per lo stadio IIIb, 22.0% per lo
stadio IVa, e 9.3% per il IVb.
2.5.4 Clinica
Il carcinoma della cervice uterina nella fase preinvasiva, o invasiva iniziale, tende ad
essere assolutamente asintomatico. La sintomatologia compare quando il tumore
penetra profondamente nello stroma. Il sintomo più comune del carcinoma invasivo è
la perdita ematica extramestruale, saltuaria, spesso post-coitale, o a seguito di
irrigazioni vaginali, minzione o defecazione. Perdite ematiche atipiche in qualunque
età sessualmente attiva sono sempre da considerarsi sospette. Possono essere
altrimenti presenti episodi menorragici o perdite ematiche in post-menopausa. Negli
stadi più avanzati, soprattutto se nel tumore si formano aree di necrosi, il
sanguinamento può diventare più abbondante e potrà successivamente anemizzare
la paziente. Altro sintomo frequente è la leucoxantorrea, sanguinolenta ma non
pruriginosa.
Il corredo sintomatologico è maggiore in fase avanzata: può comparire dolore
gravativo al fianco per interessamento degli ureteri stenosati così da condurre ad una
L’interessamento linfovascolare pelvico può determinare, per compressione, dolore e gonfiore all’arto inferiore, con frequente interessamento del nervo sciatico, che comporta il manifestarsi di un’intensa sintomatologia dolorosa.
Disturbi vescicali (disuria, stranguria, ematuria) o rettali (tenesmo) riflettono l’interessamento di queste strutture che può talora condurre a tramiti fistolosi.
Possono recidivare cistiti, pieliti, pielonefriti; insorgere pelviperitonite, sepsi. Rare le
manifestazioni purulente cervicali.
2.5.5 Trattamento
Classicamente il trattamento del cervicocarcinoma prevede la chirurgia per gli stadi Ia, Ib e IIa. L’intervento chirurgico è rappresentato dall’isterectomia radicale secondo la classificazione di Querleu-Morrow associata alla linfoadenectomia pelvica e
lomboaortica ( Querleu D, Morrow CP. Classification of radical hysterectomy. Lancet
Oncol 2008; 9:297-303.): TIPO A: Isterectomia totale extrafasciale in cui il
parametrio è sezionato medialmente all’uretere, indicata per il carcinoma invasivo preclinico quando non vi è indicazione alla conizzazione e per un HGSIL residuo alla
conizzazione; TIPO B: isterectomia radicale con parziale sezione del legamento uterosacrale e del legamento vescicouterino, l’uretere è lateralizzato ed il parametrio laterale è sezionato a livello del tunnel dell’uretere stesso ed è indicata per il trattamento del carcinoma cervicale invasivo iniziale. La radicalità di questo
così due sottogruppi di isterectomia (B1 e B2); TIPO C: la sezione del legamento
uterosacrale è a livello del retto e quella del legamento vescicouterino alla vescica, l’uretere è completamente mobilizzato, vengono asportati 15-20mm di vagina. Il tipo C corrisponde alla classica isterectomia rdicale Piver II-III. Al contrario del tipo A e B è cruciale la preservazione dell’innervazione autonomica. Si distinguono due sottotipi: C1 in cui viene identificato il nervo ipogastrico e vengono sezionati solo i
rami uterini del plesso pelvico, preservando inoltre i rami vescicali; C2 in cui vi è la
completa sezione del paracervice includendo la parte caudale della vena uterina
profonda; TIPO D: la sezione del parametrio avviene a livello della parete pelvica
includendo i vasi della parte laterale della paracervice. Per la dissezione linfonodale
vengono definiti 4 livelli corrispondenti a 4 arterie: livello 1 iliaca esterna ed interna,
livello 2 iliaca comune , livello 3 tratto aortico inframesenterico, livello 4 tratto aortico
infrarenale.
Per quanto concerne la lesione Stadio Ia1 il trattamento è, tuttavia, rappresentato dall’isterectomia extrafasciale vaginale, laparotomica o laparoscopica in assenza di fattori prognostici negativi quali l’infiltrazione degli spazi linfovascolari. In tal caso si rende invece necessaria la linfoadenectomia pelvica. Il trattamento chirurgico
conservativo con conizzazione cervicale si può considerare se la paziente ha
desiderio di prole, è disponibile un adeguato follow-up colposcopico e citologico, è
adeguatamente valutato il canale cervicale, è adeguata la valutazione
istopatologica, non c’è infiltrazione degli spazi linfovascolari, i margini di resezione chirurgica sono liberi da malattia (2). Più dibattuto il trattamento conservativo in caso
di Adenocarcinoma microinvasivo (21). Tuttavia una metanalisi su 1565 casi di
adenocarcinoma microinvasivo con 814 pazienti sottoposte a linfoadenectomia pelvica ha dimostrato una incidenza di localizzazioni metastatiche dell’1-2% confermando la conizzazione come trattamento adeguato.
Il trattamento delle lesioni stadio FIGO IA2 ( e IB1 <2cm) prevede l’isterectomia radicale tipo B (modificata) con linfoadenectomia pelvica dal momento che l’incidenza di infiltrazione paracervicale è il 1-5%, di metastasi linfonodali è il 4-10%.Tuttavia nelle giovani donne è ammesso il trattamento conservativo con
conizzazione cervicale o trachelectomia semplice/radicale e linfoadenectomia pelvica
laparoscopica( 22). La trachelectomia va riservata a pazienti in stadio IA2-IB1, con
diametro tumorale < 2 cm, limitato coinvolgimento endocervicale alla colposcopia, negatività dei linfonodi pelvici all’esame radiologico, assenza di LVSI. La negatività linfonodale è dirimente per scegliere se procedere o meno ad un intervento
conservativo di trachelectomia radicale. La linfoadenectomia pelvica laparoscopica è
pertanto svolta in un primo tempo e prevede un esame istologico estemporaneo. In
caso di referto positivo per interessamento linfonodale si procederà alla classica
isterectomia (23).
La malattia in stadio IB1-IIA < 4 cm si definisce tradizionalmente come carcinoma cervicale clinicamente evidente in stadio iniziale. L’isterectomia radicale tipo B-C1 con tecnica nerve sparing associata a linfoadenectomia pelvica e la radioterapia
ridotta morbilità a medio e lungo termine, consente il mantenimento della fertilità e la
stadiazione anatomo-chirurgica. In generale la chirurgia è preferibile anche nelle
pazienti con Adenocarcinoma. Nelle pazienti con linfonodi negativi ma positività degli
spazi linfo-vascolari o con infiltrazione profonda dello stroma, è opportuno proseguire
il trattamento con la radioterapia esterna adiuvante pelvica. Le pazienti che invece
presentano linfonodi pelvici positivi o positività dei margini di resezione chirurgica o
interessamento microscopico dei parametri è indicato aggiungere alla radioterapia
esterna adiuvante pelvica un trattamento di chemioterapia con cisplatino (40 mg/m2 settimanale). La radioterapia esclusiva è l’altra modalità terapeutica praticabile in donne con malattia in stadio IB1-IIA < 4 cm. Essa viene somministrata ad una dose
compresa tra 36 e 45 Gy in 20-25 frazioni e associata a brachiterapia endocavitaria. Quest’ ultima viene somministrata a basso dose rate (LDR) con dosi di 35-40 Gy al punto A in 1-2 frazioni, o ad alto dose rate (HDR) con dosi di 500 cGy in 4-5 sedute).
Le pazienti sottoposte a trattamento con radioterapia possono andare incontro a
complicanze, soprattutto in caso di ampio volume di irradiazione ed età avanzata. Le
complicanze immediate (primo-sesto mese dopo la fine della radioterapia)
riguardano enterocoliti con diarrea, proctosigmoidopatie acute con tenesmo e
cistopatie acute. Le complicanze tardive (3-4 anni dopo la radioterapia) sono
rappresentate da stenosi cervicali con piometra, stenosi vaginali con dispaneuria,
rettopatie e/o cistopatie, fistole retto-vaginali e/o vescico-vaginali, ostruzioni
Il carcinoma cervicale si definisce localmente avanzato nel caso degli stadi FIGO
IB2, IIA2, IIB, IIIA, IIIB, IVA. Per quanto concerne il trattamento si rimanda al
paragrafo successivo.
Pazienti allo stadio IVB possono essere trattate con la monochemioterapia a base di
cisplatino o con un regime chemioterapico di combinazione, eventualmente seguito da radioterapia o chirurgia palliativa. Importante è l’uso della chemioterapia in caso di diffusione ai linfonodi para-aortici. La radioterapia può essere utile in caso di
metastasi ossee o cerebrali. La chirurgia per il trattamento di metastasi polmonari,
epatiche o cerebrali isolate.
2.5.6 Trattamento del carcinoma cervicale localmente avanzato
Il trattamento del carcinoma cervicale localmente avanzato ha subito una svolta
negli ultimi anni grazie ai risultati di 5 studi randomizzati pubblicati tra il 1999 e il
2000 (24-28). La chemioradioterapia concomitante esclusiva [CCRT] seguita da
brachiterapia rappresenta lo standard di cura per questa patologia, e recenti
metanalisi di studi randomizzati hanno confermato che questo approccio terapeutico migliora significativamente l’outcome clinico delle pazienti rispetto alla radioterapia [RT] esclusiva da sola (29-34). Il cisplatino [CDDP] 40 mg/m2 settimanale
concomitante a RT è la migliore opzione terapeutica con la più bassa tossicità tra
l’impiego di fasci esterni fino ad una una dose totale d 50.4 Gy con frazionamento convenzionale e con tecnica conformazionale , seguiti da brachiterapia. Questa può
essere effettuata con regime low-dose rate [LDR] (35 Gy in 24-36 ore) o con regime
high- dose rate [HDR] (500 cGy per 4-5 sedute). I volumi, la geometria delle
sorgenti, il calcolo del piano di trattamento e la prescrizione della dose seguono
regole comuni in entrambi i regimi.
Circa 30-40% di pazienti con carcinoma cervicale localmente avanzato non va
incontro a risposta completa dopo CCRT (38). Pertanto nel tentativo di migliorare l’outcome di queste pazienti sono stati studiati diversi approcci, quali l’uso della chemioterapia neoadiuvante [NACT] prima della CCRT, l’uso della chemioterapia adiuvante dopo CCRT, e l’uso della NACT seguita da isterectomia radicale. La metanalisi di 18 studi comprendenti 2074 pazienti con cervicocarcinoma localmente
avanzato ha confrontato NACT seguita da RT versus la stessa RT da sola e ha
evidenziato un trend in termini di sopravvivenza globale [OS] per il braccio NACT
quando la durata di un ciclo di chemioterapia era <14 giorni (HR=0.83, 95%
CI=0.69-1.00) o l’intensità di dose del CDDP era >25 mg/m2/ settimana (HR=0.91, 95% CI=0.78-1.05) (39). Al contrario studi che hanno utilizzato cicli di chemioterapia di
durata >14 giorni (HR=1.25, 95% CI=1.07-1.46) o con intensità di dose del CDDP
<25mg/m2/settimana (HR=1.35, 95% CI=1.11-1.64) hanno evidenziato un effetto
detrimentale della NACT. Cinque studi randomizzati sembrano mostrare un impatto
positivo della chemioterapia adiuvante dopo CCRT, con un beneficio assoluto in
dovrebbe essere ulteriormente valutato , soprattutto in pazienti con tumore “bulky”, , linfonodi positivi, o malattia in stadio III-IVa (38).
La NACT seguita da chirurgia ha conseguito risultati interessanti nel carcinoma
cervicale, essendo associata ad una riduzione del diametro e a un down-staging della neoaplasia , ad una riduzione dell’ interessamento dei linfonodi e dei parametri, a un aumento dell’operabilità, e ad un miglior controllo delle metastasi a distanza (38, 43-60). La chirurgia viene effettuata dopo 3-5 settimane dall’ultimo ciclo di chemioterapia e consiste nell’isterectomia radicale con linfoadenectomia pelvica. La linfoadenectomia lomboaortica è indicata solo in caso di positività dei linfonodi all’imaging pre-operatorio o alla palpazione intraoperatoria e/o linfonodi pelvici “bulky”.
The meta-analyses of randomized trials showed that NACT followed by radical
hysterectomy significantly improved progression-free survival [PFS] and OS
compared with primary radical hysterectomy (38) and that NACT followed by radical
hysterectomy was associated with a significantly better PFS and OS compared with
definitive RT.
Le metanalisi di studi randomizzati ha dimostrato che la NACT seguita da
isterectomia radicale migliora significativamente la sopravvivenza libera da
progressione [PFS] rispetto all’ isterectomia radicale primaria (61) e che la NACT seguita da isterectomia radicale si associa una PFS e ad una OS significativamente
utilizzati per la NACT (45, 46, 48-52, 56-58, 60, 62-67). La combinazione di
ifosfamide, Taxolo [TAX] e CDDP ha ottenuto il più alto tasso di risposta patologica
ottimale, associato tuttavia ad una non tracurabile tossicità ematologica e
neurologica. (46,52,57). Lo studio randomizzato di fase III JCOG0505 comprendente
253 pazienti con carcinoma cervicale metastatico o recidivante, ha dimostrato che
TAX + Carboplatino [CBDCA] ogni 3 settimane [q21] non era inferiore a TAX +
CCDP q21 in termini di OS (17.5 mesi versus 18.3 mesi), mentre mostrava una più
bassa incidenza di neutropenia grado [G] 4, neutropenia febbrile G 3/4, elevazione della creatinina e nausea/vomito (68). E’ stato dimostrato che la combinazione TAX + CBDCA è un regime molto attivo con una accettabile tossicità anche nel setting
NACT (66,67,69,70). Recentemente alcuni autori hanno mostrato la fattibilità e la buona attività clinica di una NACT con regime dose–dense a base di TAX + CBDCA settimanale prima di isterectomia radicale o CCRT definitiva nel carcinoma della
cervice uterina localmente avanzato (59, 71-73).
3.OBIETTIVO DELLA TESI
Lo scopo di questo studio retrospettivo è stato quello di valutare i risultati preliminari della nostra esperienza con l’uso della NACT dose-dense seguita da isterectomia radicale o CCRT in pazienti con cervicocarcinoma localmente avanzato.
4. MATERIALI E METODI
Questo studio retrospettivo è stato condotto su 30 pazienti con carcinoma della
cervice uterina a cellule squamose o adenocarcinoma che sono state sottoposte a
NACT dose-dense a base di CBDCA+TAX seguita da chirurgia o CCRT dopo attenta
valutazione da parte del Gruppo Oncologico Multidisciplinare (GOM) della Azienda
Ospedaliera Universitaria Pisana (AOUP) tra Febbraio 2015 e Luglio 2016. La
valutazione pre-trattamento comprendeva anamnesi, esame obiettivo, visita
ginecologica, colposcopia, biopsia, esami ematochimici , radiografia del torace,
tomografia computerizzata (TC) addomino pelvica e/o risonanza magnetica nucleare
(RMN). La cistoscopia e/o la rettoscopia sono state eseguite solo in presenza di un
sospetto clinico o radiologico di coinvolgimento di vescica o retto. Ulteriori
accertamenti sono stati eseguiti quando necessario . La stadiazione clinica è stata
eseguita secondo il sistema adottato dalla International Federetion of Gynecology
and Obstetrics (FIGO). Lo stadio Ib2-Iva in 29 pazienti e IB1 in una oaziente .
La NACT seguita da isterectomia radicale era la strategia di trattamento più utilizzata
nelle donne con malattia in stadio Ib2, IIa e IIb “early” (coinvolgimento parametriale limitato), di età massima 70 anni e buon performance status, mentre la CCRT + BCT
era la terapia standard per quelle con malattia in stadio IIb ”late” (coinvolgimento massivo del parametrio), III, IVa. Dopo la NACT, 16 pazienti sono state sottoposte a
dapprima a linfoadenectomia pelvica laparoscopica con esame istologico negativo, e
successivamente a NACT seguita da conizzazione per preservare la fertilità.
Le 30 pazienti in studio sono state trattate con la chemioterapia dose-dense a base
di TAX 80 mg/m2 + Carboplatino AUC 2 ( area sotto la curva tempo-concentrazione
di 2 mg x min/ml) ogni settimana per 6 cicli.
La valutazione clinica vaginale e pelvica, la TC addomino-pelvica e/o la RMN pelvica
sono state ripetute 2-3 settimane dopo il completamento della NACT. La risposta
alla NACT è stata determinata in base Response Evaluation Criteria in Solid
Tumors (RECIST) versione 1.1 (74), mentre gli eventi avversi sono stati clasificati
secondo la Common Terminology Criteria for Adverse Events (CTCAE) Version 4.0
(Published: May 28, 2009 (v4.03: June 14, 2010).
La risposta patologica è stata valutata come riportato in un precedente lavoro (58). La risposta completa e’ stata definita la scomparsa completa del tumore nella cervice con linfonodi negativi;la risposta parziale ottimale e’ stata definita una persistenza di malattia residua sulla cervice con invasione stromale <3 mm( incluso il carcinoma in
situ) e linfonodi negativi; risposta parziale subottimale e’ stata definita come una persistenza di malattia residua con un’invasione stromale >3 mm sul pezzo operatorio e linfonodi negativi (malattia residua intra-cervicale), o linfonodi positivi
con parametri e/o margini chirurgici positivi o negativi (malattia residua
extra-cervicale con linfonodi positivi), o parametri e/o margini chirurgici positivi con
linfonodi negativi (malattia residua extra-cervicale con linfonodi negativi). La risposta
ottimale. Il management postoperatorio è stato stabilito individualmente sulla base
dei risultati istologici sul pezzo operatorio, della età e delle condizioni generali della
paziente, a seguito di una discussione esaustiva con la paziente stessa da parte dei
membri del GOM.
Le pazienti che sono state sottoposte a CCRT hanno ricevuto una RT fasci esterni
di 50.4 Gy (in 25-28 frazioni) concomitante a CDDP 40 mg/m2 settimanale + BCT intracavitaria. La RT fasci esterni e’ stata eseguita con fotoni X energia 15 MV con una tecnica a campi multipli conformati (angoli gantry a 0°, 90°, 180° and 270°)
oppure con tecnica VMAT (Volumetric Modulated Arc Therapy) con fotoni X energia
6MV. Il volume target della pelvi da irradiare e’ stato disegnato su una TC di centraggio. Quando alla TC mostrava l’interessamento dei linfonodi pelvici e paraaortici, lo spazio paraortico veniva incluso nel volume di trattamento (45 Gy).
Successivamente, veniva eseguito un boost di brachiterapia HDR con un applicatore
Fletcher-Williamson a tre vie (Nucletron B.V., Veenendaal, Netherlands). Il piano di
trattamento veniva fatto su una TC di centraggio con il sistema di pianificazione di
trattamento Nucletron Brachytherapy v14.2 (Nucletron B.V., Veenendaal,
Netherlands). La dose prescritta per il volume target ad alto rischio era di 20-25 Gy
suddivise in frazioni di 5-7 Gy. Le dosi su retto e vescica erano stabilite sulla base di
istogrammi dose volume basati su TC di centraggio e valutate in base ai punti
specificati dalla International Commission on Radiation Units and Measurements
quelle pazienti in cui non era possibile posizionare adeguatamente l’ applicatore vaginale per motivi anatomici.
La valutazione clinica e ginecologica e la TC addomino-pelvica sono state ripetute
8-12 settimane dopo il completamento della RT . Le tossicità indotte dalla RT sono
state valutate secondo i Radiation Therapy Oncology Group/EORTC Criteria (76).
Le pazienti sono state sottoposte a follow-up periodico mediante esami clinici e
radiologici fino alla loro morte o a Dicembre 2016. Il follow up mediano delle pazienti sopravviventi e’ stato di 12 mesi (range, 3-22 mesi).
5. METODI STATISTICI
Il tempo intercorso tra il primo ciclo di NACT e la recidiva è stato definito come PFS. Il tempo intercorso tra il primo ciclo di NACT e la morte o l’ultima visita è stato definito come OS. Le analisi statistiche sono state condotte con il software package SAS,
release 6.7. Le funzioni di sopravvivenza sono state valutate secondo il metodo di
Kaplan-Meier.
6. RISULTATI
a.Caratteristiche delle pazienti
Una paziente con diagnosi di adenocarcinoma all’esame istologico della biopsia eseguita prima del trattamento e’ risultata avere un tumore misto adenocarcinoma + tumore neuroendocrino a piccole cellule di alto grado (SCNEC) all’esame istologico definitivo sul pezzo di isterectomia dopo NACT.
Le pazienti che sono state sottoposte a CCRT presentavano un più alto stadio e un
maggiore volume tumorale rispetto a quelle che erano state trattate con chirurgia.
Tutte le 6 pazienti con stadio di malattia IIIb-IV hanno ricevuto CCRT dopo la NACT,
mentre tutte le 7 pazienti con malattia in stadio Ib2 sono state sottoposte a
isterectomia radicale.
b. Outcome clinico delle pazienti sottoposte a chirurgia
Per quanto riguarda le 17 pazienti sottoposte a chirurgia, la risposta clinica alla
NACT è stata completa in 6 e parziale in 8, con un tasso di risposta obiettiva del
82.35% (tabella 4). Tre pazienti hanno presentato una malattia stabile.
La risposta patologica è stata completa in 2 pazienti e parziale ottimale in 1, con un
tasso di risposta patologica ottimale di 17.6%, e parziale subottimale in 11 ( 64.7%).
Tre pazienti hanno riportato nessuna risposta . Una delle pazienti con risposta
patologica completa era quella in stadio Ib1 che è stata sottoposta a conizzazione.
Per quanto concerne la risposta parziale subottimale, 7 (41.2%) hanno riportato una
malattia residua intracervicale ( ypT1a2 = 1; ypT1b1 con spazi linfovascolari [LVSI]
positivi. Complessivamente linfonodi istologicamente positivi, parametri positivi e
margini chirurgici positivi sono stati trovati in 2 (11.8%), 3 (17.6%) e 1 (5.9%) delle 17
pazienti.
Le 2 pazienti in risposta patologica completa e la paziente con malattia residua
intracervicale ypT1a2 non hanno ricevuto alcun trattamento adiuvante. La paziente
con risposta ottimale parziale sta attualmente eseguendo chemioterapia adiuvante
con TAX (175 mg/m2) + CBDCA AUC 5 q21.
Delle 6 pazienti con malattia residua intracervicale ypT1b1, 5 hanno ricevuto un
trattamento con CCRT adiuvante (seguita da BCT in 1 caso per il coinvolgimento
istmico) e una ha ricevuto RT esterna pelvica adiuvantesenza CDDP concomitante
Delle 7 pazienti con malattia residua extracervicale o con nessuna risposta sul
pezzo operatorio, 6 sono state sottoposte a CCRT adiuvante (seguita da
brachiterapia in 3 casi), e una con istologia mista ( adenocarcinoma e SCNEC) a
chemioterapia adiuvante con CDDP (80mg/m2 giorno1) + Etoposide (100mg/m2
giorno 1-3) q21.
Solo una (5.9%) delle 17 pazienti che hanno subito la chirurgia ha poi sviluppato una
recidiva locale e a distanza (peritoneo e osso) nove mesi dopo il primo ciclo di
NACT. Le altre 16 pazienti sono viventi con nessuna evidenza di malattia [NED]
c. Clinical outcome delle pazienti sottoposte a CCRT
Dieci pazienti (76.9%) hanno riportato una risposta clinica parziale e 3 una malattia
stabile dopo NACT (Tabella 5). Una paziente ha sospeso precocemente la CCRT
alla dose totale di 3600 cGy poichè ha sviluppato embolia polmonare e polmonite
bilaterale da Aspergillus. Questa paziente e’ andata incontro a progressione in pelvi, nei linfonodi aortici e nelle ossa a distanza di 6 mesi dal primo ciclo di NACT
ed è morta di malattia 4 mesi dopo. La BCT e un boost con tecnica stereotassica
sono state somministrate in 9 e 3 pazienti, rispettivamente, dopo la CCRT.
Dodici pazienti hanno completato il trattamento programmato e, a seguito di una
rivalutazione clinica e radiologica, una risposta completa è stata ottenuta in 7 pazienti
(58.3%), una risposta parziale in 4 (33.3%), e una progressione di malattia in 1
(8.3%).
Delle 7 pazienti in risposta completa, 3 erano viventi e NED dopo 11,13 e 20 mesi
rispetivamente dal primo ciclclo di NACT; una è morta per un carcinoma gastrico intercorrente dopo 16 mesi dall’inizio della NACT senza nessuna evidenza clinica di malattia cervicale recidivante; 3 hanno sviluppato una recidiva di malattia dopo 10
mesi (linfonodi aortici) , 9 mesi (pelvi e linfonodi aortici), 15mesi (pelvi) dal primo
ciclo di NACT. Tutte e tre le pazienti sono morte di malattia dopo 7, 8 e 7 mesi,
rispettivamente, dallo sviluppo della recidiva. Delle 4 pazienti in risposta parziale, 2
sono vive con malattia rispettivamente dopo 5 e 14 mesi dall’inizio della NACT e le altre 2 sono morte di malattia dopo 13 e 19 mesi. La paziente che è progredita
della NACT . Nelle pazienti trattate con CCRT La PFS e la OS a 6 mesi erano 91,7%
e 100% , rispettivamente, e a 12 mesi erano 41.7% e 91.7%.
d.Tossicità
Ventisette delle 30 pazienti (90%) hanno completato tutti i 6 cicli di NACT La dose
del TAX è stata ridotta da 80 a 60 mg/m2 in una paziente dopo il primo ciclo a causa dell’aumento della bilirubina. Tre pazienti hanno interrotto la NACT dopo il quinto ciclo per una neutropenia persistente G3/4 (n.2) o per polmonite (n.1). Le tossicità
piu severe durante la NACT e durante la CCRT sono riportate nella tabella 6.
Durante la NACT una leucopenia, una neutropenia e una anemia G3/4 si sono
verificate rispettivamente nel 3.3%, 16.6% e 3.3% delle pazienti , mentre non è stata
osservata nessuna trobocitopenia di qualsiasi grado (tabella 6a). Tre pazienti (10%)
hanno eseguito trasfusioni di sangue e in 6 (20%) sono stati utilizzati fattori stimplanti
la crescita di colonie granulocitarie. La perdita di capelli era la tossicità non
ematologica più frequente: 23 (76.6%) pazienti avevano una alopecia di grado 3.
Nausea e vomito G2 e epatotossicità G1 (elevazione transitoria di transaminasi o
bilirubina) si sono riscontrate in 1 (3.3%) e 2 (6.6%) donne, rispettivamente .
Nessuna paziente ha sviluppato una neuropatia periferica di grado >2 e non si sono
verificati decessi durante il trattamento.
Durante CCRT leucopenia, neutropenia, trombocitopenia e diarrea G 3-4 si sono
7. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Il trattamento standard per il carcinoma cervicale localmente avanzato è
rappresentato da CCRT + brachiterapia (29-34). Una metanalisi di 13 studi che
confrontava la CCRT versus la RT da sola ha dimostrato che la CCRT aumentava
significativamente la sopravvivenza libera da malattia a 5 anni (HR= 0.78, 95% CI=
0.70-0.87), la sopravvivenza libera da malattia locoregionale a 5 anni (HR= 0.76,
95% CI= 0.68-0.86), la sopravvivenza libera da metastasi a 5 anni (HR= 0.81, 95%
CI= 0.72-0.91), e la OS a 5 anni (HR=0.81, 95% CI= 0.71-0.91), con un beneficio
assoluto del 8%, 9%, 7% e 6%, rispettivamente (32). Dunque la CCRT riduceva sia
le recidive locali sia le recidive a distanza, il che suggerisce che la chemioterapia
concomitante ha sia una azione di radiosensibilizzante sia effetti citotossici
sistemici. Il beneficio assoluto della OS a 5 anni per il braccio CCRT diminuiva dal
10% per gli stadi Ib-IIa, al 7% per lo stadio IIb e al 3% per gli stadi III-IVa. La tossicità
ematologica e gastrointestinale erano di maggiore entità con la CCRT, mentre i dati
disponibili erano insufficienti per una analisi sulla tossicità tardiva.
Un approccio terapeutico che utilizza la NACT prima della isterectomia radicale è
stato ampiamente studiato, soprattutto in Argentina, Italia, Giappone, Corea del Sud
e Cina (43-58, 60).
La metanalisi di 6 studi randomizzati che includevano 1078 pazienti con malattia
0.61-0.93) e il rischio di morte (HR= 0.77, 95% CI= 0.62-0.96) rispetto alla
isterectomia radicale primaria (61). Anche se non significative, le percentuali di
recidiva a distanza (OR= 0.72, 95% CI= 0.45- 1.14) e di resezione radicale (OR=
1.55, 95% CI= 0.96-2.50) erano in favore della NACT. La metanalisi di 5 studi
randomizzati che includevano 872 pazienti con cervicocarcinoma localmente
avanzato ha dimostrato che il trattamento chemio-chirurgico era associato ad una
una migliore sopravvivenza globale libera da malattia (HR= 0.68, 95% CI=
0.56-0.82), ad una migliore sopravvivenza libera da malattia loco-regionale (HR= 0.68,
95% CI= 0.56-0.82), ad una migliore sopravvivenza libera da metastasi (HR= 0.63; 95% CI= 0.52-0.78), e ad una migliore OS (HR= 0.65, 95% CI= 0.53–0.80) rispetto al trattamento con RT esclusiva, anche se vi erano alcune differenze tra gli studi (39).
In un trial multicentrico italiano, le pazienti del braccio NACT avevano una migliore
PFS e OS se la malattia era in stadio Ib2-IIb (59.7% versus 46.7%,p=0.02, e 64.7%
versus 46.4%, p=0.005), mentre l’ utocome clinico era simile nei nei due gruppi di
trattamento nello stadio III (49).
Lo studio randomizzato dell’ EORTC (protocol 55994), recentemente chiuso, ha confrontato nel carcinoma cervicale in stadio FIGO IB2-IIb la NACT a base di CDDP
seguita da chirurgia radicale versus la CCRT. Due ulteriori studi che confrontano la
CCRT versus la NACT seguita da chirurgia sono tutt’ora in corso in India (NCT00193739) e in Tailandia (NCT01000415).
Differenti regimi a base di CDDP sono stati utilizzati per la NACT (45, 46, 48-52, 56-58, 60, 62-67). Recentemente, la NACT “dose-dense” a base di TAX + CBDCA con
schedula settimanale ha ottenuto risultati molto promettenti con tossicità accettabile
sia nelle pazienti che sono state sottoposte a isterectomia radicale sia in quelle che
hanno ricevuto la CCRT (71-73).
Il TAX “dose-dense” settimanale permette ad una più alta percentuale di cellule tumorali di entrare nella fase vulnerabile del loro ciclo cellulare quando sono presenti
concentrazioni citotossiche di TAX e, soprattutto, le basse dosi ed i brevi tempi di
infusione possono ridurre la mielodepressione e le altre tossicità associate alla
schedula trisettimanale standard (77). Concentrazioni di TAX e cellule apoptotiche
sono state trovate nei tessuti di carcinoma cervicale di pazienti trattate con schedula settimanale fino a 6-7 giorni dopo l’ultima somministrazione (78).
Mori et al. (71) hanno riportato che la NACT a base di TAX (60 mg/m2) + CBDCA
(AUC 2) settimanale per 6 cicli ha ottenuto una risposta clinica completa e una
risposta parziale in 2 e 24, rispettivamente, di 30 pazienti con carcinoma cervicale in
stadio Ib2-IIIb, con un tasso di risposta globale del 86.7%. Ventotto pazienti sono
state quindi sottoposte a isterectomia radicale, seguita da RT adiuvante in 13 casi
con fattori di rischio alto . LA PFS e OS a 5 anni erano rispettivamente 78.6% e
81.8% nell’intera serie, e, rispettivamente, 79.2% e 83.1% nelle pazienti in stadio Ib2-IIB . Tali risultati erano paragonabili a quelli ottenuti nelle pazienti con le stesse
caratteristiche cliniche sottoposte a CCRT. Nello studio di Singh et al. (72) che
comprendeva 28 pazienti in stadio FIGO IIb-IVa sottoposte a NACT a base di TAX
di risposta globale del 67.8%. Ventiquattro pazienti, dopo la NACT, hanno intrapreso
CCRT, e, di queste, 23 (82.1%) hanno ottenuto una risposta completa, e 22 erano
ancora in risposta completa dopo un follow-up mediano di 12 mesi (range, 7-24
mesi). Una neutropenia di grado 3-4 è stata riscontrata nel 32.2% e nel 29% delle
pazienti durante NACT e CCRT rispettivamente. Inoltre, nausea, vomito e diarrea di
grado 3 si sono presentati nel 8%, 8%, e 16% dei casi, rispettivamente, durante
CCRT. Nello studio di fase II di McCormack et al. (73), 46 pazienti in stadio FIGO Ib2
-IVa sono state sottoposte a NACT con TAX (80 mg/m2) e CBDCA (AUC2) settimanali
per 6 cicli seguita da CCRT. Le percentuali di risposta globale erano 70% dopo
NACT e 85% dopo CCRT, e le percentuali di OS erano 91% a 6 mesi, 80% a 1 anno,
e 67% sia a 3 che a 5 anni, con nessun decesso o progressione di malattia tra 3 e 5
anni. Complessivamente, eventi avversi G3-4 (soprattutto ematologici) si sono
verificati nel 20% durante la NACT e nel 52% delle pazienti durante CCRT. I risultati di questo studio mostrano che la NACT “dose-dense” ha una tossicità accettabile che non compromette il trattamento standard con CCRT.
Nella nostra esperienza preliminare , 30 pazienti sono state sottoposte a NACT “dose-dense” con TAX - CBDCA settimanale seguita da chirurgia o CCRT a seconda dello stadio alla diagnosi. Tutte le pazienti in stadio IIIb-IV hanno ricevuto CCRT,
mentre tutte quelle in stadio Ib2 sono state sottoposte a isterectomia radicale.
Delle 17 pazienti trattate con chirurgia, il tasso di risposta clinica globale era l’ 82.3%, in linea con quello riportato da Mori et al. (71) .Solo una di queste 17 pazienti ad oggi