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Derivati benzo(d)isotiazolici quali inibitori della Anidrasi Carbonica

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Farmacia

Corso di Laurea Specialistica in

Chimica e Tecnologia Farmaceutiche

Tesi di Laurea:

Derivati benzo(d)isotiazolici quali inibitori della Anidrasi

Carbonica

Candidata: Relatori:

Beatrice Marchi

Prof.ssa C. La Motta

Dott.ssa S. Sartini

Anno accademico 2013/2014

SSD/CHIM08

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INDICE

1. INTRODUZIONE

pag. 3 1.1 Tumori pag. 3 1.2 Ipossia pag. 7 1.3 HIF pag. 9

1.4 Anidrasi Carbonica pag. 12

1.4.1 Anidrasi Carbonica IX pag. 18

1.4.2 Anidrasi Carbonica XII pag. 26

1.5 HIF e Anidrasi Carbonica pag. 30

1.6 Inibitori Anidrasi Carbonica pag. 32 1.7 Modello del farmacoforo pag. 49

2. INTRODUZIONE ALLA PARTE

SPERIMENTALE

pag. 57

3. PARTE SPERIMENTALE

pag. 75

3.1 Materiali e Metodi 75

3.2 Procedure sintetiche, proprietà fisiche e dati

spettroscopici 76

BIBLIOGRAFIA

pag. 90

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1. INTRODUZIONE

1.1 TUMORI

Il termine neoplasia significa letteralmente “nuova crescita”. L’oncologo inglese Willis ha definito una neoplasia come “una massa abnorme di tessuto, la cui crescita supera in modo scoordinato quella dei tessuti normali e progredisce nello stesso modo eccessivo anche dopo la cessazione degli stimoli che ne hanno causato l’insorgenza”.

Infatti, a causa del fatto che le alterazioni genetiche vengono trasmesse alla progenie delle cellule tumorali, i tumori persistono anche quando lo stimolo scatenante è terminato e si ha una proliferazione cellulare sregolata ed eccessiva, indipendente dagli stimoli fisiologici di crescita.

Le cellule normali danneggiate, vengono eliminate attraverso un meccanismo di morte programmata, detto “apoptosi” (figura 1A); le cellule cancerogene, invece, evitano tale meccanismo e vanno incontro a riproduzione irregolare (figura 1B).

Figura 1

Differente comportamento delle

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La eziologia del cancro è ancora poco conosciuta, ma indicazioni sulla sua insorgenza si possono ottenere mediante studi epidemiologici che mettono in relazione fenomeni ambientali, culturali ed ereditari. È certo che il rischio di insorgenza dei tumori aumenta con l’età, a causa del fatto che con il passare degli anni si ha una maggiore esposizione ai fattori cancerogeni e contemporaneamente si ha diminuzione delle difese dell’organismo.

(Figura 2)

Figura 2

Principali fattori di rischio per la insorgenza del cancro

I tumori solidi rappresentano la maggior parte dei tumori umani e si distinguono quelli benigni da quelli maligni, entrambi caratterizzati da due componenti di base:

Parenchima

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Il primo è costituito da cellule neoplastiche, il secondo da tessuto connettivo e vasi sanguigni e rappresenta il sostegno del parenchima: è necessario, infatti, un adeguato apporto di sangue per la crescita e l’evoluzione dei tumori.

In alcuni casi è presente anche la lamina basale che separa le cellule tumorali dallo stroma, ma questa è spesso incompleta.

La crescita dei tumori maligni è accompagnata da una progressiva infiltrazione, invasione e distruzione del tessuto circostante. Le cellule cancerose penetrano nei vasi ematici e linfatici, dando origine alle

metastasi, ovvero impianti di tumori lontani dal tumore primitivo, e più

quest’ultimo è aggressivo e a rapido accrescimento, più è probabile che siano generate: questo è un elemento di differenziazione dai tumori benigni, in quanto essi non metastatizzano ma restano localizzati nella loro sede di origine.

Uno dei principali ostacoli nel trattamento del cancro è dato dal fatto che nel momento in cui un tumore solido è individuato clinicamente, esso ha già completato parte del suo ciclo vitale. Si può calcolare infatti che la cellula originaria debba andare incontro a 30 duplicazioni per produrre la più piccola massa individuabile clinicamente, dopodiché sono necessari solo 10 cicli di duplicazioni per raggiungere la dimensione massima compatibile con la vita. 14

Ad oggi, la terapia antitumorale si basa su:

Trattamento chirurgico

Radioterapia

Chemioterapia.

Il trattamento chirurgico prevede la rimozione della massa cancerosa, quando questa è circoscritta. Non risulta quindi utile quando si è già in fase di metastasi.

La radioterapia consiste nell’uso di radiazioni ionizzanti che danneggiano il DNA delle cellule tumorali, generando radicali liberi che ne alterano il

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patrimonio genetico: queste hanno scarsa capacità di riparare i propri danni e vanno quindi incontro a morte cellulare. Le cellule sane, che inevitabilmente sono colpite durante il trattamento, sono invece in gran parte in grado di ripararsi. È utilizzata quando la massa tumorale è confinata in una zona del corpo, ed è solitamente combinata con chirurgia o chemioterapia. Una grande limitazione è data dal fatto che la sua efficacia è decisamente maggiore quando è disponibile ossigeno: nei tumori solidi, quindi, la radioterapia è poco risolutiva, in quanto questi si trovano in uno stato di ipossia. L’ossigeno infatti contribuisce a rendere meno riparabile il danno causato dalle radiazioni, interagendo con ioni H⁺ che quindi non saranno più disponibili a reagire con ossidanti liberi per neutralizzarli e convertirli in H₂O.

In alcuni casi, quando i tumori hanno bassa frazione di crescita, viene ridotta la massa tumorale mediante radioterapia o chirurgia, in modo da indurre lo spostamento delle cellule dalla fase G₀ nel ciclo cellulare: a questo punto viene applicata la chemioterapia antineoplastica, che agisce solo su cellule che si trovano nel ciclo replicativo.

La chemioterapia consiste nella somministrazione per via sistemica di farmaci, solitamente in associazione per avere un effetto sinergico e combattere i fenomeni di resistenza da parte delle cellule, e permette di combattere tumore localizzato e metastatico. Questi farmaci agiscono su cellule che si trovano nel ciclo replicativo, e oltre a colpire e uccidere le cellule tumorali, agiscono purtroppo anche su cellule sane che sono in attiva replicazione come, ad esempio, quelle del bulbo pilifero, del midollo osseo, del testicolo e dell’ovaio, causando una serie di gravi effetti collaterali. È sempre più attivo il lavoro della ricerca farmaceutica, nel tentativo di individuare farmaci risolutivi che selettivamente possano bloccare e uccidere cellule tumorali, limitando gli effetti collaterali sui tessuti sani.

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Per mettere a punto nuove strategie terapeutiche mirate, la ricerca ha fermato la propria attenzione su quelle che sono le anomalie che le cellule cancerose presentano e le differenze tra cellule tumorali e cellule sane. Particolare attenzione è stata rivolta allo stato di ipossia che caratterizza le cellule dei tumori solidi e le conseguenze che esso comporta.

1.2 IPOSSIA

Con il termine ipossia, si intende la diminuzione del contenuto o della tensione di ossigeno a livello di tutto l’organismo (ipossia generalizzata) o in una regione localizzata (ipossia tissutale).

In base alla cause che la inducono, se ne possono distinguere diversi tipi:

Ipossia ipossica, causata da una ridotta pressione di O₂ alveolare o da disfunzioni nello scambio di gas a livello alveolare;

Ipossia anemica, causata da una ridotta capacità del sangue a trasportare ossigeno. Questo può derivare da una emorragia, da disfunzioni dell’emopoiesi, da una ridotta quantità di emoglobina legante ossigeno, avvelenamento da monossido di carbonio o da eccessiva produzione di metaemoglobina.

Ipossia ischemica, causata da una ridotta perfusione dei vasi. Si distingue quella che interessa singoli organi, in seguito a fenomeni di trombosi, embolie o aterosclerosi, da quella che interessa l’intero organismo in seguito a fenomeni di insufficienza cardiaca, nella quale la ridotta gettata cardiaca riduce l’apporto di ossigeno ai tessuti;

Ipossia isotossica, derivante da alterazioni della catena respiratoria mitocondriale come accade ad esempio in seguito ad avvelenamento da cianuro. 15

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Nel caso delle cellule tumorali, la loro crescita è decisamente accelerata rispetto alle cellule normali, e richiede quindi molto più ossigeno e nutrienti. A causa di difficoltà di perfusione, diffusione sanguigna e anemia, causata dal tumore stesso, il microambiente tumorale è caratterizzato da bassa concentrazione di ossigeno, pH acido e bassi livelli di glucosio. La rete vasale neoplastica, è alterata sia funzionalmente che strutturalmente e questo causa una perfusione sanguigna ridotta; inoltre a causa della rapida espansione della massa cancerosa, le cellule tumorali che si vengono a trovare ad una distanza elevata dal vaso non ricevono un adeguato rifornimento di ossigeno.

L’ipossia risulta essere una caratteristica tipica di tutti i tumori solidi e questo causa una diminuzione di efficacia della terapia antitumorale, facilitando invece il fenomeno della metastatizzazione.

Il principale meccanismo molecolare di risposta alla carenza di ossigeno da parte delle cellule, è la stabilizzazione del fattore di trascrizione indotto

dall’ipossia (HIF).

Questo attiverà una serie di geni coinvolti:

 nel rifornimento di ossigeno, favorendo la sintesi di eritropoietina a livello renale;

 nell’angiogenesi, inducendo l’attivazione del gene per il fattore di crescita endoteliale-vascolare, VEGF;

 nel mantenimento energetico, inducendo i geni per i trasportatori del glucosio GLUT;

 nella regolazione del pH del microambiente tumorale, favorendo la produzione dell’enzima Anidrasi Carbonica.

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1.3 HIF

La trascrizione genica è il processo attraverso cui le informazioni contenute nel DNA vengono trascritte enzimaticamente, per azione della RNA polimerasi, in una molecola di RNA messaggero, la cui sequenza nucleotidica dirigerà la sintesi proteica.

È un processo finemente regolato e un importante livello di controllo è dato dai fattori di trascrizione che agiscono in trans sulla trascrizione genica tramite il legame ad alcune sequenze regolatorie presenti sul DNA; riconoscono sequenze consensus altamente conservate e consentono il legame della RNA polimerasi al sito di inizio della trascrizione.

HIF, fattore di trascrizione indotto dall’ipossia, è presente in grandi quantità nelle cellule di mammifero in condizioni di carenza di ossigeno; essendo coinvolto nella promozione della angiogenesi e della attività invasiva dei tumori, è un fondamentale fattore regolatorio nelle neoplasie.

È un etero dimero costituito da una sub unità α (100-120 kDa), la cui espressione e attività sono regolate dalla concentrazione di O₂, e da una sub unità β (91-94 kDa), conosciuta anche come ARNT (“aryl hydrocarbon receptor nuclear translocator”) che è costitutivamente espressa nell’organismo. Queste sono proteine con un dominio elica-ansa-elica (bHLH) e due domini Per/ARNT/sim (PAS) per ogni sub unità, coinvolti nel legame col DNA e nella dimerizzazione.

Esistono tre differenti sub unità α, ma le più importanti e studiate sono la 1 e la 2 che sono strettamente correlate tra loro ed hanno un 48% di omologia, mentre la HIF-3α è espressa in diverse varianti splicing e il suo ruolo non è ancora ben compreso.

HIF-1α si ritrova in diversi tessuti, dimerizza con HIF-1β e si lega ad elementi di risposta all’ipossia (HREs). È ubiquitariamente espresso nell’organismo, ed è il mediatore primario dell’espressione genica indotta dall’ipossia. 9

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HIF-2α è stato identificato e clonato, ha una sequenza identica all’altro per il 48% degli amminoacidi condividendone similitudini strutturali e biochimiche ed è espresso soprattutto nel polmone, nella carotide e nell’endotelio.

È stata scoperta una parte variante di HIF-3α che inibisce il dominio PAS interagendo con la regione ammino-terminale di HIF-1α impedendone il legame con il DNA, agendo quindi da regolatore negativo.

HIF-1α possiede numerosi domini regolatori che la rendono in grado di legare molecole coinvolte nella sua attivazione o repressione.

A partire dall’estremità C-terminale di HIF-1α si individuano diversi domini, tutti regolati dall’ossigeno:

 Domini di degradazione dipedenti dall’ossigeno (ODDD), che ne mediano l’ubiquitinilazione O₂-dipendente, tramite il legame della proteina oncosoppressore Von Hippel-Lindau (pVHL). Questo legame dipende dall’idrossilazione di residui di prolina in un processo enzimatico che richiede O₂ e ferro;

 Domini PAS e domini bHLH, necessari per la dimerizzazione e per il legame con il DNA;

 Dominio stabilizzante ricco di proline/serine/treonine (PSTD);

 Domini transattivanti, TAD-N e TAD-C che legano i coattivatori trascrizionali.

Il controllo di HIF-1α è un meccanismo ossigeno-dipendente, ed è mediato dalla idrossilazione di residui di prolina e asparagina; in particolare, la stabilità di HIF-1α è controllata dalla idrossilazione della prolina, mentre la sua attività da quella della asparagina.

In condizioni di normossia, ovvero in presenza di ossigeno, una famiglia di tre prolil-idrossilasi 2-ossoglutarato dipendenti (PHD1, PHD2, PHD3), va ad idrossilare la sub unità HIF-1α su due residui di prolina (Pro 402 e Pro 564) che si trovano sul dominio ODDD e questa modifica permette il

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legame con la proteina oncosoppressore pVHL (von Hippel-Lindau) tramite interazioni a idrogeno.

A sua volta, queste interazioni causano la ubiquitinilazione di HIF-1α e la degradazione da parte del proteasoma 26S: pVHL attraverso il suo dominio β interagisce con i residui amminoacidici 532-585 di HIF-1α che corrispondono ai domini indipendenti per la degradazione proteolitica (ODDD); funziona da componente di riconoscimento per altre molecole del complesso della E3 ubiquitina ligasi, indirizzando la sub unità HIF-1α per la ubiquitinilazione e degradazione proteasomica.

Per azione del fattore inibente HIF-1 (FIH) avviene la idrossilazione di residui di asparagina, che comporta la inibizione della attività di HIF-1α. Viene infatti represso il dominio transattivatorio C-terminale (TAD-C) che impedisce il reclutamento di proteine coattivatrici CBP/p300. 9

FIH appartiene alla famiglia delle idrossilasi 2-ossoglutarato-dipendenti; in presenza di ossigeno, questa proteina va ad idrossilare un residuo di asparagina (Asn 803 in HIF1-α e Asn 851 in HIF-2α) conservato all’interno del dominio transattivatorio C-terminale. In questo modo viene impedita l’interazione del dominio transattivatorio C-terminale di HIF-1α con il dominio CH-1 ricco di istidine e proline del coattivatore p300, riducendo così l’attività trascrizionale delle subunità di HIF che non sono state degradate.

In condizioni di ipossia, viene inibito il legame del fattore indotto dall’ipossia con la proteina oncosoppressore von Hippel Lindau.

HIF-1α viene stabilizzato e trasloca dal citoplasma al nucleo, dove dimerizza con HIF-1β divenendo così un complesso trascrizionalmente attivo (HIF-1); a questo punto avremo la trascrizione di tutti i geni target contenenti i siti HRE. (Figura 3)

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12 Figura 3

Comportamento di HIF in condizioni di ipossia o normossia

1.4 ANIDRASI CARBONICA

La Anidrasi Carbonica è un metallo-enzima appartenente alla classe delle

Liasi, enzimi che catalizzano la rottura di diversi legami chimici attraverso

processi differenti dall'idrolisi e dalla ossidazione, spesso producendo un nuovo doppio legame o una nuova struttura aromatica; differiscono dagli

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altri enzimi in quanto necessitano di un solo substrato per catalizzare la reazione in una direzione e di due substrati per catalizzarla in senso inverso. L’Anidrasi Carbonica fu scoperta nel 1932, ed è stata considerata subito una proteina di ampio interesse, in quanto catalizza una reazione fondamentale per i processi fisiologici ed è uno degli enzimi più veloci: il valore di Kcat supera infatti il valore di 1x106 s⁻¹.

Richiede zinco per esercitare la sua azione, catalizza la reazione reversibile tra anidride carbonica e acqua per dare acido carbonico, il quale in soluzione si dissocia velocemente in protoni e ioni bicarbonato (HCO₃⁻):

H₂O + CO₂ ↔ H₂CO₃ ↔ H⁺ + HCO₃⁻

Figura 4

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La Anidrasi Carbonica è presente sia nei procarioti che negli eucarioti, è un enzima ubiquitario codificato da quattro famiglie (α-, β-, γ- e δ- CA) non correlate tra loro, eccetto per la presenza dello ione Zinco nel sito catalitico. Nei mammiferi, tutte le isoforme appartengono alla famiglia α e ne sono state isolate 16, di cui 13 hanno attività catalitica, che differiscono per proprietà fisiche, cinetiche, per localizzazione subcellulare, per distribuzione tessuto specifica e per la sensibilità agli inibitori.

Si distinguono:

 Forme citosoliche ( CA I,CA II,CA III,CA VII,CA XIII);

 Proteine di membrana (CA IV, CA IX, CA XII, CA XIV, CA XV);

 Isoforme mitocondriali (CA VA e CA VB);

 Isoforma secreta nella saliva e nel latte (CA VI).

 Tre forme acatalitiche, chiamate proteine CA-correlate (CARPs: CARP VIII, CARP X, CARP XI), che sembrano essere forme citosoliche.

In condizioni fisiologiche, la Anidrasi Carbonica è deputata a mantenere entro certi limiti alcuni parametri biochimici per un buon funzionamento dell’organismo, ovvero è coinvolta nell’omeostasi.

In particolare partecipa ai processi di:

 respirazione cellulare;

 trasporto di CO₂ e bicarbonato tra tessuti e polmone;

 controllo del pH;

 omeostasi della CO₂;

 secrezione di elettroliti in vari tessuti e organi;

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I meccanismi acido-base includono una serie di sistemi biologici che permettono di mantenere il pH extracellulare intorno a 7.4 e il pH intracellulare (che è di solito leggermente meno basico) intono a 7.2.

Principalmente due fattori concorrono a rendere acido il pH all’interno delle cellule:

 le differenze di potenziale di membrana, più negativo dal lato del citoplasma, che fa si che i protoni per attrazione elettrostatica siano richiamati all’interno della cellula;

 la produzione di acido lattico, carbonico, solforico e fosforico dal metabolismo cellulare.

Il nostro organismo, in condizioni fisiologiche, mette quindi in atto sistemi di regolazione specifici per tamponare il pH, perché un pH troppo acido potrebbe compromettere la funzione, la crescita e la divisione cellulare e indurre di conseguenza il meccanismo dell’apoptosi.

In particolare, le cellule hanno sviluppato vari meccanismi di trasporto di membrana per eliminare gli acidi a livello extracellulare.

In presenza di una massa tumorale, le cellule cancerose sviluppano un ambiente acido a causa della elevata attività metabolica che le caratterizza e quindi, allo stesso tempo, mettono a punto sistemi di compensazione per contrastare l’acidosi, spesso regolati dal fattore HIF-1α. Tra questi si ritrovano:

 trasportatori del bicarbonato (H⁺-ATPasi, V-type);

 trasportatori delle molecole monocarbossilate (MCT1 e MCT4);

 scambiatore Na⁺/H⁺ (NHE1);

 sintesi di Anidrasi Carbonica: un ruolo particolarmente importante è svolto, nelle cellule tumorali, dalle isoforme CA IX e CA XII.

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In questo modo, le cellule tumorali mantengono un pH ottimale per la loro sopravvivenza, crescita, proliferazione e sviluppo.

Svolgendo un ruolo cruciale nei processi fisiologici e fisio-patologici, la Anidrasi Carbonica rappresenta un interessante target in ambito biomedico. Dal punto di vista patologico, è coinvolta nel riassorbimento osseo e nella calcificazione, nell’insorgenza di tumori e molti altri processi.

La cristallografia a raggi X ha mostrato che lo Zinco (II) è situato nella parte inferiore del sito attivo, è coordinato da tre residui di istidina (His94, His96, His119) e una molecola di acqua o ione idrossido.

Il legame dello zinco con l’acqua è inoltre impegnato in una interazione a idrogeno con la porzione idrossilica della Thr199 che a sua volta è collegata con la porzione carbossilato di Glu106: queste interazioni aumentano la nucleofilicità del legame zinco-acqua, e orientano il substrato in una localizzazione favorevole all’attacco nucleofilo.

La forma attiva dell’enzima è quella in cui lo zinco è legato allo ione idrossido: questo forte nucleofilo attacca la molecola di CO₂ legata in una tasca idrofobica nelle vicinanze, portando alla formazione di bicarbonato coordinato con lo zinco. Il bicarbonato sarà quindi sostituito da una molecola di acqua e liberato in soluzione, portando alla forma acida dell’enzima con l’acqua coordinata con lo zinco che è cataliticamente inattiva. (Figura 5)

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17 Figura 5

Sito attivo dell’enzima

Per rigenerare la forma basica, avviene una reazione di trasferimento di protoni dal sito attivo all’ambiente, che saranno riassorbiti da alcuni sistemi tampone presenti al di fuori del sito catalitico:

(EZn⁺⁺-OH⁻) + CO₂ ↔ (EZn⁺⁺-HCO₃⁻) ↔ (EZn⁺⁺-OH₂) + HCO₃⁻ ↔ (EZn⁺⁺-OH⁻) + H⁺

Lo step limitante la velocità di reazione è quello che prevede il trasferimento del protone per rigenerare la specie zinco-idrossido dell’enzima.

Nelle isoforme cataliticamente molto attive, come la CA II, CA IV, CA VII, CA IX, il processo è assistito da un gruppo di residui di istidina posti all’entrata del sito attivo che sporgono dal bordo del sito stesso sulla superficie dell’enzima, assicurando un efficiente trasferimento del protone, soprattutto per la CA II. 3

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È stato mostrato che due isoforme sono particolarmente espresse nei tessuti tumorali, dove sono coinvolte in processi cruciali per la progressione del cancro e la risposta alla terapia. La prima isoforma trovata associata ai tumori è la CA IX e successivamente anche la CA XII si è mostrata iperespressa nelle cellule cancerose oltre che espressa in un’ampia gamma di tessuti normali. Queste due isoforme sono inoltre importanti nel trasporto di ioni attraverso membrane biologiche e nella secrezione di elettroliti in tessuti e organi, in quanto sono associate a scambiatori anionici o a cotrasportatori Na⁺/HCO₃⁻, con i quali formano complessi proteici in cui due proteine sono in stretto contatto fisico e funzionale.

1.4.1 ANIDRASI CARBONICA IX

Questa isoforma, appartenente alla classe α della Anidrasi Carbonica, è peculiare in quanto è espressa in un numero limitato di tessuti normali; è principalmente localizzata nei tessuti gastrici, intestinali, della mucosa biliare e sulla superficie basolaterale delle cellule epiteliali, dove è deputata a mantenere l’equilibrio acido-base, regolare la secrezione di fluidi, la respirazione, l’adesione e la proliferazione cellulare, ed è coinvolta nei processi di genesi di tumori.

Originariamente nominata “proteina MN”, questa isoforma fu identificata nel 1992 utilizzando un anticorpo monoclonale (M75) come antigene di membrana regolato dalla densità in una linea cellulare HeLa di carcinoma alla cervice uterina.

Da quel momento fu dimostrato in vitro che l’espressione dell’antigene MN era correlato con il fenotipo tumorigenico di cellule somatiche ibride tra HeLa e fibroblasti umani normali. Tali studi rivelarono il legame tra la proteina MN e il cancro, suggerendone l’utilità come biomarker tumorale.13 Per isolare e valutare l’espressione di CA IX, sono stati amplificati cDNA di tale isoforma tramite reazioni a catena della polimerasi (PCR), a partire

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da una libreria gastrica umana di cDNA (Clontech). È stata poi eseguita una seconda amplificazione sui cDNA per isolare il dominio CA di CAIX e sono stati introdotti siti di restrizione endonucleasici per clonare in vettori di clonazione batterici T7.

Il risultante vettore di espressione CA IX è stato espresso in ceppi di

Escherichia Coli BL21(DE3)pLysS.1

L’analisi della codifica del cDNA per la proteina MN rivelò la composizione del dominio.

È una proteina di membrana di 54/58 kDa, con una complessa organizzazione. A differenza di altre isoforme della Anidrasi Carbonica, che possiedono una unica catena polipeptidica comprendente il dominio catalitico, la CA IX è una proteina multi dominio con un sito catalitico extracellulare.

È costituita da 459 aminoacidi e può essere suddivisa in cinque regioni:

 una coda intracitosolica, la cui funzione è ancora sconosciuta (figura 6, in verde),

un breve segmento transmembrana (figura 6, in giallo);

 un dominio catalitico extracellulare, che mostra una elevata omologia con il dominio catalitico delle altre isoforme della CA (figura 6, in blu);

 un dominio proteoglicano-simile, unico della isoforma IX, che è cruciale per i processi di adesione cellulare in cui questa proteina è coinvolta (figura 6, in viola);

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20 Figura 6

Anidrasi carbonica IX

Il dominio catalitico dell’enzima è extracellulare e consiste di 257 amminoacidi, di cui il 36% è una sequenza identica alla isoforma II, la quale è cataliticamente molto efficiente. 1

La struttura cristallina del dominio catalitico della CA IX permette di giustificare le varie funzioni osservate per i diversi domini catalitici di questa proteina. Esso appare come un dominio globulare compatto con una forma ovoidale e dimensioni di circa 47 x 35 x 42 Å. La sua struttura rivela la presenza di una piega, caratteristica di altre forme della Anidrasi Carbonica per le quali è stata risolta la struttura tridimensionale, nella quale dieci filamenti antiparalleli foglietto-β costituiscono il core della molecola. I residui di Cys23 e Cys203 instaurano un ponte disolfuro intramolecolare, comune a tutte le forme della CA associate a membrana (CA IV, CA XII, CA XIV e CA XV). Questo ponte disolfuro gioca un ruolo importante nella stabilizzazione del legame cis-peptidico tra i residui di Pro201 e Pro202 e quindi nell’orientamento dell’anello polipeptidico contenente Thr199:

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quest’ultimo residuo supporta la catalisi orientando correttamente la specie nucleofila Zn⁺⁺-idrossido attraverso interazioni a idrogeno.

Il sito attivo è localizzato in una cavità conica che si estende dalla superficie al centro della proteina.

È delimitato da due regioni distinte: una idrofobica, costituita da residui di Leu91, Val121, Val131, Leu135, Leu141, Val143, Leu198 e Pro202, e una regione idrofilica costituita da Arg58, Arg60, Asn62, His64, Ser65, Gln67, Thr69 e Gln92.

Il lato superiore del sito attivo è delimitato da tre residui di Arg (Arg58, Arg60 e Arg130), i quali non sono conservati negli altri membri della famiglia delle αCA: poiché il dominio PG è ricco di amminoacidi carichi negativamente, è stato ipotizzato che esso potesse interagire con i residui amminoacidici di Arginina carichi positivamente che delimitano il sito attivo, controllando stericamente l’accesso del substrato o partecipando alla reazione di trasferimento protonico, agendo così da protezione che apre e chiude il sito catalitico dell’enzima.

Lo ione Zinco (II) è localizzato in fondo alla cavità ed è coordinato da tre residui di istidina e da una molecola di acqua, che per deprotonazione assistita dal sito attivo His64 viene condotto alla forma Zinco-idrossido. Dati cristallografici confermano la natura dimerica dell’enzima, già dedotta in esperimenti precedenti. (Figura 7)

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22 Figura 7

Dimero, risultante da un ponte disolfuro intramolecolare mediato da Cys41 tra due monomeri.

Il dimero, la cui area di interfaccia si estende su oltre 1578.6 Å, è stabilizzato da diverse interazioni di Van der Waals e da due legami a idrogeno coinvolgenti la catena laterale di Arg137 e l’ossigeno del gruppo carbonilico di un residuo di Ala127 e il suo assemblaggio avviene grazie a ponti disolfuro intermolecolari.

Le regioni N-terminali di entrambi i monomeri sono localizzati sulla stessa faccia del dimero, mentre entrambe le regioni C-terminali sono situate sulla faccia opposta.

Questa organizzazione strutturale, permette un posizionamento concomitante di entrambi i domini PG all’ingresso delle fenditure del sito attivo, orientandoli verso l’ambiente extracellulare per mediare l’interazione con la cellula, e di entrambe le porzioni C-terminali transmembrana per il corretto ancoraggio della CA IX alla membrana cellulare stessa. In modo particolare, la posizione della porzione PG all’estremità del sito attivo suggerisce un ulteriore ruolo di questo dominio nell’assistenza alla catalisi mediata dal dominio CA.

Questa ipotesi è confermata da esperimenti cinetici, che dimostrano l’influenza del dominio PG sul profilo pH-dipendente dei valori di Kcat/Km

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per la idratazione della CO₂: la presenza del dominio PG assicura una efficienza catalitica per valori di pH bassi, ovvero in condizioni di acidità. Per comprenderne appieno i ruoli fisiologici che svolge, sono stati fatti studi quantitativi sulla catalisi e la inibizione di tale enzima. In particolare, è stato sfruttato lo scambio dell’¹⁸O tra CO₂ e H₂O per caratterizzare le costanti di velocità di catalisi della forma umana della CA IX e della sua inibizione da parte di classici inibitori di tale enzima: da questi studi è emerso che la isoforma IX è molto efficiente nel catalizzare la reazione di idratazione della CO₂ ed è fortemente inibito dalle solfonammidi. La sua capacità catalitica è paragonabile a quella della efficiente isoforma II, con Kcat=3.8 x 10⁵ s⁻¹ e Kcat/Km=1.5 x 10⁸ M⁻¹ s⁻¹.

Recentemente è stata riportata la dipendenza dell’attività di CA IX dal pH. La curva di titolazione relativa al costrutto proteico costituito solo dal dominio catalitico CA IX mostra un punto di flesso per un valore di pKa pari a 7.01: questo risultato è simile a quello osservato per gli altri enzimi contenenti unicamente il dominio catalitico CA, per i quali il valore di pKa è compreso tra 6.90 e 7.10. Al contrario, la stessa curva di titolazione per il costrutto proteico costituito sia dal dominio CA che dal dominio PG, mostrano un punto di flesso per un valore di pKa pari a 6.49. 13 (Figura 8)

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24 pH

Figura 8

Variazione di Kcat/Km per la proteina ricombinante CA IX in dipendenza del pH. In fig.A è riportata la

variazione per il costrutto costituito dai domini CA e PG (pKa=6.49). In fig.B la curva di titolazione per il costrutto con

solo il dominio catalitico (pKa=7.01).

La costante di inibizione Ki, descrive come alcuni dei classici composti solfonamidici (acetazolamide 1 e etossazolamide 2) inibiscano fortemente la CA IX con valori Ki comparabili con quelli della CA II, bersaglio specifico di tali farmaci. 7

(25)

25 S N N O HN S O O NH2 S N O S NH2 O O 1 2 Acetazolamide Etossazolamide

È stata osservata una elevata espressione della isoforma IX in tessuti tumorali che normalmente non la esprimono, suggerendo che potesse essere utilizzata come biomarker tumorale e come target nella terapia del cancro. (Figura 9)

Figura 9

Espressione della CA IX nei tessuti tumorali e normali

L’espressione di CA IX, che tendenzialmente aumenta nei tumori solidi, diminuisce nei carcinomi dello stomaco, dove normalmente è espresso,

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26

probabilmente a causa di cambiamenti neoplastici che coinvolgono dedifferenziazione; anche nei tumori dell’epitelio biliare l’espressione di CA IX diminuisce all’aumentare del grado di malignità. È stata rilevata la sua presenza anche nelle normali cellule pancreatiche duttali e acinose; essa aumenta in aree iperplastiche e persiste in alcune forme di tumore pancreatico maligno.

CA IX è presente nell’epitelio intestinale e la sua espressione aumenta nell’adenoma colo-rettale in superficie, e sia in superficie che in profondità nei carcinomi maligni.

L’unico organo che non mostra la presenza di CA IX, né in condizioni normali che in caso di tumore, è la prostata.

Ne è invece rilevata una alta espressione nel tumore alla cervice uterina, cervello, esofago, polmone, seno e rene. 4

1.4.2 ANIDRASI CARBONICA XII

L’anidrasi carbonica XII è una glicoproteina di membrana di massa molecolare 39,448 Da. È costituita da:

 porzione extracellulare N terminale, comprendente un peptide segnale di 29 amminoacidi e il dominio catalitico di 261 aa;

 porzione α-elica transmembrana, formata da 26 aa;

 coda intracellulare C-terminale di 29 amminoacidi, con due siti di fosforilazione.

Due monomeri di CA XII si associano a formare un dimero, in cui l’estremità C-terminale è ancorata alla membrana, il sito attivo si trova sul lato extracellulare e presenta una composizione amminoacidica simile alle altre isoforme della Anidrasi Carbonica, mentre la porzione transmembrana rappresenta l’elemento di differenziazione.

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27

La CA XII presenta due siti di glicosilazione in superficie, a livello di Asn52 e Asn136, e un ponte disolfuro tra Cys23 e Cys203. Lo Zinco (II) si trova nella profondità della cavità ed è stabilizzato da legami con His64 (che svolge il ruolo di proton shuttle per la CA XII, ovvero è fondamentale per il trasferimento protonico), His96, His119, una molecola di acqua e uno ione acetato; l’ossigeno dello ione acetato è a sua volta legato tramite interazioni a idrogeno con la molecola di acqua e con il gruppo NH della Thr199.

L’orientamento dello ione acetato mima la posizione del bicarbonato, ed entrambi stabiliscono interazioni con la tasca idrofobica, costituita da residui di Val121, Leu141, Leu198, Val207, Trp209.

I primi studi riguardo tale isoforma mostrarono che l’mRNA della CA XII ha un livello di espressione molto basso nei normali tessuti del pancreas, colon, prostata, ovaia, testicoli, cervello, rene e polmoni.

Successivamente fu poi trovata l’espressione della proteina CA XII nei tessuti dell’endometrio, del colon e del rene, suggerendo un importante ruolo fisiologico di questo enzima nel trasporto ionico e nella concentrazione dei fluidi.

Sono stati condotti studi per rivelare l’attività catalitica della isoforma in questione, dai quali è emerso che essa ha una attività catalitica per la idratazione della CO2 simile alla CA I e alla forma CA IV. Rispetto alle

isoforme CA II e CA IX risulta essere meno attiva, ma la sua attività catalitica sembra essere significativa nei processi di oncogenesi.

La isoforma XII è infatti la seconda isoforma, dopo la CA IX, associata ai tumori solidi.

È stata identificata in una linea cellulare umana di tumore al rene (RCC), ed è stato a tal proposito dimostrato che si trova iperepressa nel 10% dei pazienti affetti da tale forma tumorale.

È stata successivamente osservata una forte espressione della isoforma XII in molti tumori, in alcuni casi in coespressione due con la isoforma IX,

(28)

28

principalmente nelle aree perinecrotiche, in accordo col fatto che entrambe le isoforme sono indotte dall’ipossia.17

Principalmente si trova iperespressa nei carcinomi al seno, ovaie, utero, polmoni, cervello, dove contribuisce a mantenere il pH nelle cellule tumorali, favorendo così il loro sviluppo.

È stato inizialmente studiato l’andamento di questo enzima nel carcinoma al seno tramite la tecnica di immunostaining, una tecnica che consente la visualizzazione di una determinata proteina in un tessuto attraverso l’utilizzo di specifici anticorpi. Da questi studi è emerso che in alcuni pazienti è maggiore l’espressione di CA XII rispetto ad altri.

Si è quindi cercato di capire la relazione tra la proteina ed alcuni parametri clinico-patologici, come la gravità del tumore e la presenza di zone necrotiche. Da questi studi è emerso che si accentua la sua espressione nelle cellule adiacenti le aree necrotiche, probabilmente a causa del fatto che qui vi è particolarmente attivo il fattore indotto dall’ipossia, HIF, a causa della bassa disponibilità di ossigeno.

Alcuni tumori che risultano positivi alla CA XII possono dare origine a risultati positivi di maggiore probabilità di sopravvivenza del paziente o comunque diminuzione di recidive, come mostrato in figura 10.

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29 Figura 10

Relazione tra probabilità di sopravvivenza del paziente e espressione di CA XII nei tumori

Inoltre l’espressione della isoforma XII risulta accentuata nei pazienti affetti da glaucoma, patologia caratterizzata da un aumento della pressione endooculare, in concentrazioni 5 volte superiori alla norma.

Attraverso immunostaining, utilizzando anticorpi specifici, è stata analizzata l’espressione e la distribuzione di questa isoforma in sezioni tissutali dell’occhio.

Tramite northern blot invece ne è stata analizzata l’espressione in colture di cellule epiteliali ciliari non pigmentate (NPE) in occhi sani e malati. I risultati sono stati messi a confronto con quelli dati dall’analisi della isoforma IX.

In fase gestazionale, in condizioni fisiologiche, tra la 15° e la 20° settimana, sono presenti entrambe le isoforme IX e XII nell’epitelio ciliare non pigmentato, nell’endotelio corneale e nell’epitelio del cristallino; la membrana che limita l’interno della retina invece esprime solo la CA XII, che scompare dopo la nascita mentre cornea, cristallino e corpo ciliare riducono fortemente l’espressione dell’enzima.

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Persiste nell’adulto, anche se in concentrazioni minori rispetto alla fase gestazionale, la espressione di CA XII nell’epitelio non pigmentato ciliare. In pazienti affetti da glaucoma invece è osservata una overespressione della CA XII nell’epitelio del corpo ciliare, mentre la CA IX è del tutto assente. Anche in colture cellulari NPE con glaucoma è emersa elevata espressione della CA XII, e della isoforma IV, mentre le cellule sane non la mostrano.

Figura 11

Analisi northern blot dell'espressione di CA IX, CA XII e CA IV in culture NPE di un paziente con glaucoma (GCE-T), di un paziente sano (ODM-C4)

e di un controllo positivo da cellule di carcinoma renale RCC (786-0).

Si deduce quindi che inibitori selettivi di CA XII potrebbero essere utili nel trattamento del glaucoma, e potrebbero essere utilizzati anche come marker diagnostici per tale patologia.

1.5 HIF E ANIDRASI CARBONICA

A partire dalla identificazione dell’HRE nel promotore della CA IX, numerosi studi hanno sostenuto l’ipotesi che HIF avesse un ruolo cruciale nella regolazione dell’espressione della isoforma IX della Anidrasi

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Carbonica e di conseguenza che l’ipossia inducesse l’espressione di tale enzima.

Il ruolo diretto della ipossia nella regolazione di CA IX in vivo è stato dedotto tramite immunostaining su campioni tumorali: in questo caso la colorazione è risultata ristretta principalmente alle regioni ipossiche, risultato confermato anche da studi in vitro, in quanto la maggior parte delle linee cellulari esprimono CA IX solo quando sono esposte ad alti livelli di ipossia.

Anche altri agenti e fattori genetici possono inibire la via di degradazione dell’HIF e indurre l’espressione di CA IX. Mutazioni inattivanti o di silenziamento epigenetico di pVHL sono direttamente collegate con la iperespressione della Anidrasi Carbonica IX, anche in condizioni di normossia. Queste mutazioni VHL disturbano la via di degradazione dell’HIF a livello della poliubiquitilazione e conducono all’accumulo di HIF trascrizionalmente attivo.

Ci sono studi che hanno rilevato che non sempre esiste una relazione diretta tra espressione della Anidrasi Carbonica IX e ipossia.

Infatti, attraverso analisi su una linea cellulare di carcinoma alla cervice uterina, è emerso in un primo momento che esiste una relazione positiva tra carenza di ossigeno e espressione di CA IX, mentre studi successivi sullo stesso tipo di tumore non rivelano associazioni tra i due fattori; inoltre, in altri studi ancora, la colorazione di CA IX si estende oltre le regioni leganti il marker dell’ipossia, il pimonidazolo.

Studi di immunoistochimica sulla distribuzione intracellulare della CA IX hanno mostrato che essa è espressa quando il tumore presenta segnali di ipossia come ad esempio aree necrotiche, espressione di HIF-1α, colorazione del pimonidazolo ed espressione di altri marcatori della ipossia; al contrario tumori con apparenti regioni ipossiche non esprimono CA IX. Alcune di queste osservazioni potrebbero essere spiegate considerando una relazione casuale tra HIF-1α e CA IX, anche se è importante tenere conto

(32)

32

del fatto che le cellule/tessuti sono esaminati all’istante, per cui potrebbero non mostrare sul momento l’espressione di Anidrasi Carbonica.

HIF-1α è rapidamente degradata in condizioni di normossia così come è velocemente stabilizzata in condizioni di ipossia. Questa cinetica molto dinamica, ha effetti significativi sulla trascrizione di geni target dell’ HIF-1α e quindi sulla conseguente espressione delle proteine. In questo senso, dopo l’inizio della trascrizione della CA IX, ci vogliono diverse ore affinché ne siano misurate concentrazioni significative.

Inoltre, HIF-1α e CA IX hanno diversa stabilità: il primo è altamente labile, mentre l’enzima è estremamente stabile. Questa differenza potrebbe fornire falsi risultati, ovvero mostrare cellule che sono state ipossiche e sono state riossigenate e non esprimono HIF-1α ma mantengono stabile l’espressione della CA IX.

C’è infine anche da notare che la regolazione di HIF-1α non dipende solo dall’ipossia, ma anche da altri fattori O₂-indipendenti, tra cui specie reattive dell’ossigeno, l’attivazione di oncogeni come Ras e SRC: questa complessità di regolazione può influenzare il grado di localizzazione di HIF-1α e la espressione di CA IX. 9

1.6 INIBITORI DELLA ANIDRASI

CARBONICA

Si conoscono principalmente due classi di inibitori: gli anioni, che complessano il metallo, e le solfonammidi non sostituite (RSO₂NH₂). Gli anioni agiscono come inibitori nell’ordine del millimolare/micro molare, mentre le seconde agiscono nell’ordine del micro-nanomolare. Le solfonammidi sono in uso in terapia da più di 50 anni, come farmaci diuretici e per la cura del glaucoma. Ci sono infatti circa 30 molecole clinicamente utilizzate, appartenenti alla classe delle solfonammidi o dei

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sulfamati, che mostrano una significativa attività di inibizione della Anidrasi Carbonica (CA).

È inoltre recentemente emerso che questa classe di molecole possono essere utilizzate come potenziali anticonvulsivanti, antitumorali, antidolorifici, antiinfettivi e per la cura dell’obesità.

Il problema nella progettazione di tali molecole sta nel fatto che esistono tante isoforme dell’enzima (16, di cui 13 sono attive cataliticamente) con una localizzazione piuttosto diffusa in tessuti e organi, e ad oggi non si hanno ancora farmaci altamente selettivi per un’isoforma.

Il profilo terapeutico dei derivati sintetizzati fino ad ora nei confronti delle 13 isoforme della CA è altamente variabile, ma questi possono essere utilizzati per individuare la struttura base per farmaci di nuova generazione. Diuretici tiazidici, come triclorometiazide (3), clortalidone (4), indapamide (5), furosemide (6), sono stati scoperti negli anni 60-70, quando ancora non si sapeva molto riguardo alle isoforme della Anidrasi Carbonica.

Recentemente è stata presa in considerazione e studiata l’interazione con le isoforme cataliticamente attive della Anidrasi Carbonica. Le solfonammidi sopraelencate sono strutturalmente correlate tra loro, ma mostrano un comportamento diverso nei confronti della diffusa isoforma CA II: in particolare, l’indapamide risulta un debole agonista della CA II (Ki=2520nM), mentre gli altri tre ne sono efficienti inibitori (Ki=65-138nM).

Inoltre, alcuni di questi diuretici inibiscono anche altre forme della CA, oltre la CA II:

Clortalidone inibisce (nell’ordine del basso nM) anche la isoforma VB, VII, IX e XII;

 Indapamide è inibitore anche di CA VII, IX, XII e XIII;

Triclorometiazide le isoforme CA VII e CA IX;

 Furosemide inibisce CA I e CA XIV.

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34 Cl S H N N O O NH2 O Cl SO2NH2 H N O OH O 5 6 Indapamide Furosemide H N HN S O O SO2NH2 Cl Cl2HC Cl H2NO2S OH HN O 3 4 Triclorometiazide Clortalidone

La struttura a raggi X mostra come l’indapamide 5 effettivamente abbia minore capacità di inibire l’enzima, a causa del fatto che non stabilisce interazione a idrogeno con le molecole di acqua del sito attivo, mentre le altre tre sono stabilizzate da forti legami a idrogeno, che si addizionano al legame tra la porzione benzensolfonammidica e la forma deprotonata dello Zn(II), fondamentale per l’attività catalitica. Il clortalidone 4 lega il sito attivo della CA II attraverso la forma tautomerica enolica; l’OH enolico, inoltre, partecipa alla formazioni di due forti legami a idrogeno con Asn67 e una molecola di acqua.

Altri farmaci a struttura solfonammidica sono utilizzati in terapia per la cura del glaucoma. L’Acetazolamide (1) è un effettivo farmaco antiglaucoma usato per via sistemica (Diamox®), ma ha un uso limitato a causa dei numerosi effetti collaterali che insorgono con il suo utilizzo, in quanto interagisce anche con altre forme della Anidrasi Carbonica, oltre la CA II, come la CA IV e CA XII, causando stanchezza, calcoli renali, parestesie. Un uso topico a livello oculare di inibitori della Anidrasi Carbonica è permessa da farmaci solubili in acqua, come la Dorzolamide (7) (Trusopt®)

(35)

35

e la Brinzolamide (8) (Azopt®), entrambi in associazione con β-bloccanti come Timololo (9) (Timoptol®) e analoghi PGF₂α come Latanoprost (10) (Xalatan®) e Travoprost ( 11) (Travatan®).

Alcuni composti sono farmaci ampiamente utilizzati per il controllo delle dinamiche dell’umor acqueo e della pressione intraoculare (IOP) in pazienti con ipertensione e glaucoma.

N N S S NH2 O O HN O S S NH2 NH H O O O O H 1 7 Acetazolamide Dorzolamide N S S O O MeO(H2C)3 NHEt SO2NH2 8 Brinzolamide β-BLOCCANTI: N O N S N O H N OH F3C O OH OH HO O O 9 11 Timololo Travoprost

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36 HO HO O O OH 10 Latanoprost

Alcuni inibitori della Anidrasi Carbonica sono utilizzati come antiepilettici. Rientrano in questa categoria il Topiramato (12), Zonisamide (13) e il Sultiame (14). Il loro meccanismo di azione sembra essere piuttosto complesso e la isoforma che inibiscono è difficile da stabilire, anche se la cristallografia a raggi X dimostra che queste tre molecole sono in grado di formare complessi con la CA II.

O O O O O O S O O NH2 N O S O O NH2 12 13 Topiramato Zonisamide S N S O O NH2 O O 14 Sultiame

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37

Tra gli effetti collaterali di Topiramato 12 e Zonisamide 13 si può individuare la perdita di peso nei pazienti epilettici obesi: questo aspetto ha suggerito che queste molecole potessero causare inibizione della lipogenesi e quindi fossero in grado di esplicare azione antiobesità, inibendo isoforme coinvolte nella carbossilazione del piruvato ad ossalacetato (isoforme mitocondriali CA VA e VB) e dell’acetilcoenzima-A a malonilcoenzima-A. Le isoforme IX e XII della Anidrasi Carbonica sono iperespresse nei tumori solidi, e questo ha portato la ricerca a cercare di svilupparne inibitori selettivi per combattere il tumore.

È noto che molte classi di solfonammidi aromatiche/eterocicliche e sulfamati hanno buona affinità per queste isoforme, ma non mostrano specificità di inibizione verso CA IX e XII rispetto alle altre isoforme esistenti.

Sono stati elaborati diversi approcci per ottenere composti che selettivamente interagiscano con le isoforme associate al tumore:

 solfonammidi fluorescenti, usate per scopi di imaging e per determinare il ruolo della CA IX nella acidificazione del tumore;

 composti carichi positivamente o negativamente, che non possono attraversare la membrana plasmatica a causa della carica e di conseguenza inibiscono solo le isoforme extracellulari, tra cui la CA IX e la CA XII;

 composti attivati dall’ipossia, che sfruttano le condizioni riducenti del tumore ipossico per convertire un pro farmaco inattivo in un attivo inibitore della Anidrasi Carbonica;

 zuccheri contenenti solfonammidi/sulfamati/sulfamidi, che a causa del loro elevato carattere idrofilico non attraversano facilmente la membrana plasmatica e quindi possiedono una maggiore affinità per le forme extracellulari dell’enzima;

 nano particelle rivestite con inibitori della Anidrasi Carbonica;

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38

Utilizzando derivati basati sulla struttura dell’acetazolamide a cui sono state legate porzioni di acido carbossilico legante fluoresceina o frazioni leganti l’albumina, impermeabili alla membrana, è stata dimostrata la loro capacità di ritardare lo sviluppo del tumore in topi che hanno subito trapianto di cellule renali chiare, particolare variante dell’adenocarcinoma renale, di una linea di carcinoma SK-RC-52, trattati per un mese con inibitori della CA.11 Le solfonammidi si legano allo Zinco (II) dell’enzima, sia sostituendo il legame non proteico dello zinco che aggiungendo addizionali legami di coordinazione generando specie trigonali/bi piramidali.

Agiscono infatti legando lo ione zinco con il loro atomo di azoto allo stato deprotonato in una geometria tetraedrica, mentre con uno degli ossigeni instaurano legami a idrogeno con l’azoto del residuo Thr199; inoltre si ha una estesa rete di legami a idrogeno coinvolgenti l’O di residui di Thr199, che a sua volta è impegnata in altre interazioni stabilizzanti con il gruppo carbossilato del Glu106, i quali partecipano all’ancoraggio della molecola inibitrice allo ione metallico. La porzione aromatica/eterociclica interagisce con residui idrofobici e idrofilici della cavità. 3 (Figura 12)

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39 Figura 12

Interazione solfonammide-sito attivo

La struttura del sito attivo della Anidrasi Carbonica ha una caratteristica notevole, che non è mai stata osservata in altre classi di enzimi finora studiati.

Presenta infatti una struttura “bipolare”, molto particolare: metà del sito attivo è rivestito solo di residui idrofobici (Leu135, Leu91, Val121, Val131, Leu141, Val143, Leu198 e Pro202), mentre la rimanente parte è caratterizzata da residui amminoacidici idrofilici (Arg58, Arg60, Asn62, His64, Ser65, Gln67, Thr69 e Gln92). Lo Zn²⁺ è situato in profondità della cavità del sito attivo.

La spiegazione più probabile per questa particolarità è che la parte idrofobica sia utilizzata per intrappolare la molecola di CO₂, mentre quella idrofilica potrebbe essere la parte del sito attivo attraverso la quale le molecole polari generate dalle reazioni di idratazione della anidride carbonica, protoni e ioni bicarbonato, sono rilasciate dalla cavità verso

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40

l’ambiente circostante. Almeno per quanto riguarda i protoni, è stata dimostrata che esiste una relazione tra molecole di acqua e residui di istidina, i quali svolgono il ruolo di proton shuttle, e sono coinvolti in molti processi.

Per poter progettare farmaci selettivi per una o più isoforme della Anidrasi Carbonica, è stato condotto uno studio di analisi dell’interazione di diversi composti con la parte idrofobica o idrofilica del sito attivo dell’enzima, che infatti influenza fortemente la selettività degli inibitori della Anidrasi Carbonica.

I primi studi hanno riguardato l’interazione del

4-fenilacetamidometil-benzensolfonammide (4ITP) (15) con la isoforma CA II, che rappresenta la

isoforma citosolica fisiologicamente più importante.

O

H

N

SO

2

NH

2

15

4ITP

Il gruppo solfonamidico deprotonato del 4ITP si coordina con lo ione Zinco (II) del sito attivo e stabilisce un forte legame a idrogeno con l’OH del residuo di Thr 199. L’ossigeno del gruppo –CONH del farmaco è in prossimità di una molecola di acqua e forma un legame a idrogeno di 3.4 Å. Il gruppo fenilico terminale idrofobico è liberamente associato con una tasca idrofobica costituita da residui di Val135, Leu204 e Pro202 sulla superficie della isoforma CA II, essendo 5.9 Å distante dal residuo di Phe131 e 4.6 Å dal residuo di Pro202. (Figura 13)

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41 Figura 13

Interazione 4ITP con il sito attivo dell’enzima

Successivamente è stata analizzata l’interazione di molti altri composti benzensolfonammidici contenenti catene laterali aromatiche nella loro struttura con varie isoforme enzimatiche, paragonandoli al 4ITP, per ottenere informazioni utili circa la le caratteristiche fondamentali che conducono ad elevata affinità/selettività verso una certa isoforma. In particolare si tratta dei composti 2HD6 16, 3OYS 17, 3N2P 18 e 3MMF 19:

N H O SO2NH2 SH N H O SO2NH2 16 17 2HD6 3OYS

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42 N H NH O SO2NH2 O2N N N N HN SO2NH2 Cl HN HO 18 19 3N2P 3MMF

Questi composti sono stati studiati come inibitori per le isoforme CA I, CA II, CA VA, CA VB, CA IX e CA XII, come mostrato in tabella 1.

Tabella 1: Dati di inibizione sulle forme CAI, CA II, CA VA, CA VB, CA IX, e CA XII da parte dei composti 4ITP, 3OYS, 3N2P, 3MMF e HD6

INIBITORE Ki (nM)

hCA I hCA II hCA VA hCA VB hCA IX hCA XII

4ITP 75 54 8.6 8.3 136 212

3OYS 7.6 9.0 13 10 84 71

2HD6 276 16 79 114 9.1 6.4

3N2P 23.4 15 146 138 0.9 5.7

3MMF 1098 37 451 340 0.75 1.6

La tabella 1 mostra come 4ITP sia un inibitore di media potenza nei confronti delle CA I e CA II, un debolissimo inibitore della CA IX e CA XII, mentre ha una azione potente nei confronti delle forme mitocondriali CA VA e CA VB, con una costante di inibizione Ki nel range di 8.3/8.6 nM. Il composto a catena laterale più breve, 3OYS, è un migliore inibitore in generale di tutte le isoforme ma non risulta particolarmente selettivo per nessuna di queste. La solfonammide contenente il gruppo SH, 2HD6, è stata ottenuta come pro farmaco in quanto è ridotto nel mercapto-derivato nei tumori ipossici. È un debole inibitore della CA I, CA VA e CA VB, ed è un effettivo inibitore delle isoforme CA II, CA IX, CA XII: è meno promiscuo rispetto a 3OYS ma non selettivo come 4ITP.

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43

È interessante notare come i composti 3N2P 18 e 3MMF 19, che nella loro struttura presentano gruppi più polari, siano altamente selettivi per le isoforme transmembranali associate ai tumori CA IX e CA XII, per le quali mostrano una Ki nel range di 0.75/5.7 nM. Queste molecole mostrano anche un’efficace capacità di inibire la isoforma CA II, con una Ki nell’ordine di 15/37 nM, quindi di un ordine di grandezza inferiore rispetto alla inibizione delle CA IX e XII; sono invece deboli inibitori delle isoforme mitocondriali CA VA e VB.

Per razionalizzare la modalità di legame e il modello di inibizione, è stata sovrapposta la struttura di interazione del 4ITP-CA II con le strutture degli addotti della CA II stessa associata agli altri composti sopraelencati. (Figura 14)

Figura 14

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44

Essendo che 3OYS e 4ITP differiscono solo per un ponte metilenico nella loro struttura, non sorprende che i due composti leghino la CA II in un modo molto simile.

La variabilità strutturale tra questi composti quando legano CA II risiede nella catena laterale.

Infatti, i composti contenenti solo la porzione benzilica idrofobica nella catena laterale (3OYS e 4ITP) si legano all’interno della tasca idrofobica dell’enzima.

Il derivato triazinico 3MMF si lega in un sito intermedio tra la tasca idofobica, nella quale si inseriscono 3OYS e 4ITP, e quella in cui legano i derivati più polari 2HD6 e 3N2P: l’addizione di una porzione polare, come il gruppo –SH o il gruppo NO₂ all’anello fenilico, spostano la catena laterale dalla tasca idrofobica (contenente il residuo Phe131) verso la parte idrofilica del sito attivo.

Questi modi differenti della catena laterale di legare il sito attivo hanno importanti conseguenze sulla modalità di inibizione selettiva di questi composti verso le varie isoforme dell’enzima, quelle citosoliche (CA I e II), mitocondriali (CA VA e VB) o transmembranali (CA IX e XII).

Successivamente è stata eseguita una sovrapposizione delle isoforme CA I, CA IX e CA XII sul complesso 4ITP-CA II (figura 15); la isoforma CA III non è stata presa in considerazione in quanto è documentato che il residuo di Phe198, un amminoacido ingombrante nel sito attivo della CA III, crea un significativo ingombro sterico per più inibitori solfonamidici.

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45 Figura 15

Sovrapposizione delle isoforme CA I, CA IX e CA XII sul complesso 4ITP-CA II

Il residuo Gln92, il quale ha la possibilità di formare legame a idrogeno con l’ossigeno carbonilico della catena laterale (-CONH del 4ITP), si è conservato in tutte le isoforme della Anidrasi Carbonica.

Dalla figura emerge che 4ITP inibisce in misura minore le isoforme CA IX e XII rispetto alla CA II, a causa della presenza dei residui amminoacidici Asp132 in CA IX e Ser132 in CA XII, che sono amminoacidi polari vicino al gruppo fenilico idrofobico: questa affermazione si è rivelata vera appena sono stati determinati i dati di inibizione del composto nei confronti di tali isoforme. La molecola ha una media potenza, con valori di Ki di 136-212 nM.

Il derivato a catena laterale più corta, 3OYS, è un inibitore leggermente migliore di 4ITP nei confronti delle isoforme di membrana, e presenta

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46

valori di Ki intorno a 71-84 nM, come descritto in tabella 1. Questa osservazione può essere razionalizzata dal fatto che nelle isoforme I e II sono presenti rispettivamente residui di Ala132 e Gly132 che permettono al sito attivo di conservare la natura idrofobica nella tasca di legame. Inoltre la CA XII presenta un residuo di Ser135, al posto degli amminoacidi idrofobici presenti nelle altre isoforme, e questo potrebbe condurre ad una ridotta capacità inibente da parte di 4ITP.

L’introduzione di gruppi polari nei derivati solfonammidici causa uno spostamento della catena laterale sopra l’apertura del sito attivo, generando così la possibilità di formazione di un legame a idrogeno, nella isoforma II, con il residuo di Asn67: anche nelle isoforme mitocondriali, è confermato che la costante di inibizione di 3N2P è nell’ordine del basso nM, precisamente di 9-5.7 nM.

L’amminoacido in posizione 67 in realtà mostra il più alto grado di variabilità nel sito attivo; infatti, ad esempio, nella CA IX è presente un residuo di Asn, mentre nella CA XII si ha un residuo di Lys. In generale comunque la catena laterale degli amminoacidi in posizione 67 fornisce la possibilità di formare interazioni a idrogeno con composti che dispongono di accettori di tali interazioni nella loro struttura.

I composti 3N2P e 2HD6 mostrano un migliore profilo inibitorio nei confronti delle isoforme CA IX e CA XII rispetto ai derivati 4ITP e 3OYS, in quanto questi ultimi hanno la catena laterale orientata verso la parte idrofobica del sito attivo.

Paragonando i valori delle costanti di inibizione Ki relativi agli addotti solfonammide-CAII di 3N2P, 3MMF, 3OYS e 2HD6 con quelli del complesso 4ITP-CAII, le differenze sono minime: i valori rientrano nel range di 9.0-54 nM. Questi dati si correlano bene con i valori della energia libera di Gibbs di legame, come emerge dalla tabella 2:

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Tabella 2: valori delle Ki, della superficie ingombrata e della energia libera di legame relativamente ai composti 4ITP, 3OYS, 3N2P, 3MMF e HD6

INIBITORE Superficie ingombrata (Ų) ΔG di legame (Kcal/mol) Ki (nM) 3OYS 350 -15.0 9 3N2P 370 -12.6 15 3MMF 340 -15.0 37 2HD6 340 -13.8 16 4ITP 360 -14.2 54

I valori delle Ki subiscono delle piccole variazioni probabilmente determinate dalla regione nella quale la catena fenilica si inserisce, all’interno del sito attivo. Questa disposizione può dipendere da diversi fattori, tra cui:

 la distanza tra il gruppo solfonammidico e la catena laterale;

 la presenza di gruppi polari nella catena laterale che possono partecipare alla formazione di legami a idrogeno a altre interazioni addizionali;

 la flessibilità del linker. È il caso ad esempio del composto 3N2P, in cui il gruppo ureidico permette una maggiore flessibilità alla catena rispetto al gruppo –CONH o -SO₂NH, che essendo più rigidi conducono a minori possibilità di instaurare interazioni con i diversi amminoacidi del sito attivo.

A causa della mancata disponibilità delle strutture CA VA e VB, è stata utilizzata una struttura murina troncata di CA VA come stampo, ed è stato paragonato il legame di 4ITP a CA II, con quello a CA VA e VB.

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48 Figura 16

Paragone tra il legame di 4ITP e CA II, con quello di CA VA e VB.

A causa del fatto che 30 residui amminoacidici della sequenza delle proteine mitocondriali sono eliminati quando questi enzimi sono mirati al mitocondrio, la sequenza N-terminale è più corta nelle isoforme VA e VB, e questa differenza emerge rispetto alla CA II.

Un’altra differenza strutturale legata al sito di legame per i farmaci, è l’anello contenente il residuo di Phe131: tale residuo Phe131, presente nella CA II e VB, corrisponde ad un residuo di Tyr131 nella isoforma CA VA e l’ossidrile della tirosina può stabilire interazioni a idrogeno con il gruppo – CONH del farmaco.

Un secondo residuo, Asn 67, presente nella cavità del sito attivo di CA II, è sostituito da Gln67 nella isoforma CA VA e da Leu67 nella isoforma VB, anche se questi residui sono localizzati a 6Å dal farmaco nel modello elaborato; Gln92 e Val121 sono invece conservati anche in queste isoforme.

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Tutti questi aspetti sopraelencati spiegherebbero la elevata affinità del 4ITP per le isoforme mitocondriali in questione: 4ITP è sei volte più affine come inibitore a queste rispetto alla CA II. 6

1.7 MODELLO DEL FARMACOFORO

Al fine di individuare inibitori selettivi e potenti della Anidrasi Carbonica IX, sono stati presi in considerazione un’altra serie di composti descritti in letteratura e sulla base di questi sono state sviluppate diverse ipotesi di modello farmacoforico tridimensionale.

I vari modelli ottenuti hanno permesso di identificare le caratteristiche farmacoforiche cruciali per sviluppare potenti inibitori della CA IX e di chiarire la relazione struttura-attività da un punto di vista quantitativo per le molecole fino a quel momento conosciute.

Sono stati selezionati 54 composti dalla letteratura, e di questi ne sono stati considerati solo 19 per generare il modello farmacoforico. Tutti questi composti presentavano delle caratteristiche strutturali diverse, ma quasi tutti contenevano il gruppo solfonammidico -SO₂NH₂. I valori di Ki di tali composti variano tra loro fino a quattro ordini di grandezza e rientrano in un range che va da 4.6 a 6700 nM.

Sono state selezionate principalmente quattro caratteristiche chimiche per generare il modello: una regione in grado di funzionare da accettore di legami a idrogeno (HBA), una regione donatrice di legami a idrogeno (HBD), una regione idrofobica (H) e un anello aromatico.

Di conseguenza sono state elaborate dieci ipotesi farmacoforiche, contenenti le prime tre caratteristiche sovra descritte (HBA, HBD e H). In particolare è emerso che per l’inibizione della isoforma IX della Anidrasi Carbonica, giocano un ruolo importante le funzioni HBA e H.

L’ipotesi 1, che è risultata la migliore tra quelle elaborate, presenta tre regioni HBA e una regione H. (Figura 17)

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50 Figura 17

Modello farmacoforico tridimensionale. In verde sono rappresentate le regioni HBA,

in azzurro la regione idrofobica H.

Sono stati quindi eseguiti studi di docking, per valutare qualitativamente le interazioni di vari composti con la CA IX.

In particolare sono stati presi in considerazione le seguenti molecole:

composto 1 (20): N N N N S N SO2NH2 20 Composto 1, Ki = 4.6 nM

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