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Sviluppo, ottimizzazione delle prestazioni e caratterizzazione di materiali compositi a matrice amorfa

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Academic year: 2021

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1 Alma Mater Studiorum – Università di Bologna

DOTTORATO DI RICERCA IN

Ingegneria dei Materiali

Ciclo XXIV

Settore Concorsuale di afferenza: 09/D1 Settore Scientifico disciplinare: ING-IND/22

TITOLO TESI

Sviluppo, ottimizzazione delle prestazioni e

caratterizzazione di materiali compositi a matrice

amorfa

Presentata da: Francesco Fusi

Coordinatore Dottorato Relatore

Prof. Giorgio Timellini Prof. Andrea Saccani

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Premessa

L’attività di ricerca condotta durante tutto il periodo di dottorato è stata articolata in modo da inquadrare l’interesse in un ampio ventaglio di aspetti dell’ingegneria dei materiali, senza focalizzarsi in un’unica tematica specifica.

Infatti si è deciso di seguire progetti di sviluppo che prevedono una durata media di 12 mesi, in accordo con quanto avviene generalmente all’interno dell’attività di ricerca condotta presso aziende e enti privati. Seguendo questa linea qualitativa si sono sviluppati e conclusi 3 progetti che ogni anno accademico hanno interessato l’attività di dottorato.

In particolare il primo anno è stato condotto presso il centro di ricerche ISTEC-CNR, specializzato nello sviluppo di materiali ceramici. Durante questo anno è stata seguita l’attività di sviluppo e ottimizzazione della produzione di materiali ceramici ultra refrattari a matrice diborurica tenacizzati con fibre di SiC, per applicazioni meccaniche e aereonautiche. In specifico è stato previsto in primis un periodo di introduzione alle metodologie di ricerca utilizzate nel campo dei materiali refrattari, con studio del processo di produzione e delle apparecchiature utilizzate. Si è poi iniziata la produzione su scala di laboratorio di provini di materiali ultrarefrattari dove abbiamo cercato di ottimizzare la miscela di materie prime e tutta la fase di produzione studiando ogni volta i provini prodotti e individuando criticità e mancanze. Alla fine dell’anno siamo riusciti a produrre un materiale ottimizzato che presenta caratteristiche fisiche superiori a materiali analoghi presenti in letteratura. Il secondo anno è stato condotto presso il laboratorio di materiali polimerici presente presso il dipartimento DICMA dell’Università di Bologna. Questa attività di sviluppo è stata rivolta alla produzione e ottimizzazione di resine epossidiche tenacizzate con particelle di elastomero florurato modificato, che conferisce alla resina proprietà innovative che non erano ancora state indagate in campo accademico e industriale. In particolare in questo progetto siamo riusciti a determinare il grado di modifica da apportare all’elastomero florurato in modo da poter garantire una separazione di fase durante la fase di curing della resina che ha portato alla formazioni di particelle di elastomero di forma sferica uniformemente distribuite sulla matrice della resina. Dopo questa fase siamo andati ad ottimizzare il processo produttivo in modo da eliminare i difetti di fabbricazione nel prodotto migliorando il materiale. La nuova microstruttura che si ottiene garantisce un netto miglioramento della tenacità del materiale accompagnata da una riduzione dell’assorbimento d’acqua. Queste nuove proprietà aprono il campo di utilizzo di questo nuovo prodotto all’industria meccanica, navale e civile.

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L’ultimo anno di dottorato è stato condotto presso il laboratorio Sviluppo Materiali di Ansaldo Energie, dove sono stato introdotto alle metodologie di ricerca applicata presenti in un grande gruppo industriale. L’attività pratica di ricerca è stata focalizzata sui materiali presenti nelle turbine a gas prodotte da Ansaldo Energie.

Durante questo periodo sono stati studiati principalmente materiali ceramici refrattari presenti nella camera di combustine delle turbine dove è stata fatta una scelta di prodotto tra due fornitori dopo aver testato in laboratorio il comportamento dei materiali dei 2 diversi competitors e ci siamo addentrati nello studio e modellazione del comportamento di coating protettivi per le palette della turbina. In questo ultimo caso è stato preso come caso di studio il comportamento di un particolare coating 2231 che deve essere inserito sulle nuove macchine di produzione Ansaldo. In particolare siamo riusciti a ricavare un’equazione che ci permette di comprendere a quale temperatura massima il rivestimento ha funzionato per almeno 300 ore, garantendo la possibilità di controllare se la turbina è stata fatta funzionare dai clienti nei range di temperatura previsti.

In conclusione l’attività di dottorato mi ha permesso di entrare in contatto con varie realtà di studio e di ricerca, addentrandomi nell’analisi e nella progettazione di varie tipologie di materiali, potendo così presentarmi al termine di queste attività con un background culturale unico nel suo genere.

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Indice

Tenacizzazione di Materiali Ultrarefrattari

1. Introduzione

2. Struttura e Proprietà 3. Sinterizzazione

3.1 Hot Pressing

3.2 Spark Plasma Sintering 3.3 Reactive Hot Pressing 3.4 Pressureless Sintering

4. Proprietà meccaniche e di ossidazione 4.1 Modulo elastico, durezza, tenacità 4.2 Ossidazione

5. Applicazione Sperimentale

5.1 Materie prime utilizzate nella Produzione

5.2 Procedura sperimentale condotta in laboratorio 5.3 Condizioni di sinterizzazione

5.4 Caratterizzazione di sinterizzazione e densità 5.5 Prove meccaniche

5.6 Microstruttura 6. Conclusioni

Resine Epossidiche modificate con elastomeri florurati

1. Introduzione 1.2 Materie prime 1.3 Cura 1.4 Tenacizzazione 2. Applicazione Sperimentale 2.1 Procedura Sperimentale

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6 2.2 Analisi DSC 2.3 Analisi TGA 2.4 Analisi Microstrutturale 2.5 Prove Meccaniche 2.6 Assorbimento d’acqua 3. Conclusioni

Modellazione Evoluzione Microstrutturale Rivestimento Ansaldo

2231

1.1 Sviluppo dei materiali nelle turbine a gas 1.2 Requisiti e Criteri per la scelta dei materiali 1.3 Rivestimenti Protetivi

1.4 Barriere termiche 1.5 Superleghe

1.6 Superleghe a base Nichel 1.7 Superleghe a base Cobalto

1.8 Rivestimenti protettivi nelle superleghe

2 Studio del comportamento del rivestimento Ansaldo 2231 2.1 Attività Svolta

2.2 Analisi di Fase 2.3 Conclusioni

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Tenacizzazione di Materiali UHTCs

1. Introduzione

Il diboruro di zirconio (ZrB2) e il diboruro di afnio (HfB2) fanno parte di una famiglia

di materiali noti come “ultra high temperature ceramics (UHTCs)”. Diversi carburi e nitruri del gruppo IVB e metalli di transizione del gruppo VB sono considerati UHTC sulla base delle temperature di fusione superiore a 3000°C e di altre proprietà ingegneristiche e chimico fisiche. Infatti, pochissimi elementi o composti di qualsiasi classe di materiali ceramici hanno temperature di fusione che si avvicinano a tale temperatura. Applicazioni che sfruttano le proprietà di questi materiali sono numerose, quali rivestimenti refrattari, elettrodi, in microelettronica e come strumenti da taglio. In aggiunta, alle alte temperature di fusione ZrB2 e HfB2 hanno una

combinazione unica di stabilità chimica, alta conducibilità termica ed elettrica e ottima resistenza alla corrosione che li rende adatti in moltissime applicazioni all’interno dell’industria chimica e come protezione per i veicoli ipersonici e per i veicoli spaziali per il rientro in atmosfera; è stato proprio in questo campo che la ricerca su questi ceramici ha subito una rinascita dagli anni ’70 periodo in cui si intensificarono gli studi.

Dovremo, però, denotare che nonostante i loro importanti requisiti funzionali, tali materiali non hanno trovato un importante sviluppo industriale: ciò è dovuto alle difficoltà tecnologiche di produrre materiali densi a seguito della scarsa sinterizzabilità intrinseca e alla bassa tenacità che non ostacola la formazione di microfratture compromettendo l’integrità strutturale del materiale.

Per ottenere massivi ad alta densità si deve ricorrere a tecnologie di sinterizzazione ad alta pressione, che permettono di lavorare a T< 2000°C, e all’impiego di agenti sinterizzanti.

Gli additivi utilizzati sono metalli di transizione che promuovono la densificazione e ritardano la crescita di grani portando alla formazione di materiali più resistenti. Gli additivi possono essere anche di natura ceramica: rinforzanti e tenacizzanti come TiB2, SiC, B4C e coadiuvanti della sinterizzazione come Si3N4 e ZrSi2.

Altri fattore molto importanti nella sinterizzazione sono l’elevata purezza delle polveri di partenza con granulometria controllata, le quali agevolano la sinterizzazione e migliorano le caratteristiche finali del pezzo. Per migliorare le caratteristiche di tenacità sono stati sviluppati materiali compositi tenacizzati ottenuti aggiungendo alla matrice di ZrB2 e HfB2 aghi o whiskers di SiC oppure miscele di

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significativi miglioramenti poiché i materiali contenenti questi additivi hanno resistenza a flessione molto elevata fino a circa 1200°C e intorno a 70 MPa, sia per la presenza di fasi refrattarie a bordo grano che per la presenza di SiC e CNT come fase rinforzante e tenacizzante.

Inoltre, durante i trattamenti a caldo i campioni contenenti carburo di silicio si ricoprono con una fase vetrosa, composta da numerosi ossidi, sulla superficie a base di SiO2 che inibisce ulteriore ossidazione nel cuore del materiale, preservandone le

caratteristiche strutturali.

L’avvento dell’era spaziale ha creato problemi più seri nella progettazione poiché i materiali sono soggetti a sollecitazione meccaniche e termiche in ambiente ossidativo-corrosivo

I criteri per la scelta di materiali fragili per applicazioni ipertermiche dipende dalle condizioni di progetto, dall’ambiente e dalle proprietà dei materiali.

Le proprietà più critiche per progettazioni destinate ad ambienti ipertermici sono:

- Resistenza;

- Conducibilità termica;

- Coefficiente di Dilatazione termica; - Emissività1;

- Modulo elastico; - Calore specifico; - Densità.

Per progettare correttamente con un dato materiale, è importante che il campo di tensioni applicato al campione di prova simuli il campo di tensioni risultante dai carichi termo-meccanici delle condizioni reali.

La conducibilità termica e il modulo elastico possono variare in maniera analoga alla resistenza. La conducibilità termica può essere variata in un ampio intervallo dipendente dalla densità. Un corpo molto poroso avrà una bassa conducibilità

termica. Altre proprietà come la dilatazione termica, l’emissività e il calore specifico

sono legati alla natura fisica del materiale e sono relativamente indipendenti dalle tecniche di fabbricazione e di lavorazione. Tuttavia, possono essere influenzate dalla presenza di impurità.

In ambienti ipertermici dove il trasferimento di calore avviene principalmente per convezione e il corpo è libero di irradiare nello spazio, l’emissività è di importanza critica. Un materiale ad elevata emissività può fornire una temperatura

1

Emissività o potere emissivo, energia raggiante emessa dall’unità di superficie di un corpo nell’unità di tempo. Nel SI si misura in W/m2. Il potere emissivo dipende dalla temperatura, dalla natura e dalla forma del corpo.

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di superficie molte centinaia di gradi inferiore di quella di un materiale a bassa emissività nello stesso ambiente. L’emissività è di poca importanza per applicazioni in cui il materiale non è libero di irradiare verso un ambiente più freddo, come nel caso di ugelli di razzi.

Importante è anche la caratterizzazione dell’ambiente termico. La temperatura non è, però, l’unico parametro. Il fattore principale è la velocità di trasferimento di calore; questo può essere alterato di diversi ordini di grandezza senza che cambi la temperatura dell’ambiente. Sono state sviluppate delle relazioni che tengono conto dell’ambiente di sollecitazioni termiche. Queste relazioni collegano la massima temperatura dalla quale un materiale può essere raffreddato (fino a temperatura ambiente). Il termine ah è stato utilizzato per denotare questa severità, in cui a è metà dello spessore e h è il coefficiente di trasferimento di calore.

Il termine tmax è la massima temperatura dalla quale il materiale può essere

raffreddato:

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dove k è la conducibilità termica, S è la resistenza a trazione, E è il modulo

elastico e α è il coefficiente di dilatazione termica.

Ma per condizioni più severe (valori elevati di ah):

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Queste espressioni enfatizzano il fatto che il materiale può avere una soddisfacente resistenza alle sollecitazioni termiche in condizioni di sollecitazioni termiche miti, possedendo un’elevata conducibilità termica. Ad ogni modo, il materiale non riceverà alcun vantaggio da questa proprietà in condizioni molto severe.

I materiali ceramici ben si adattano a condizioni estreme. Hanno alto punto di fusione, densità e coefficiente di dilatazione termica sono relativamente bassi, sono altamente resistenti alla corrosione alla maggior parte delle temperature e offrono il vantaggio della resistenza alle alte temperature e al creep. Per queste ragioni, perché c’è grande offerta e perché molti ceramici hanno proprietà elettriche e ottiche uniche e resistenza all’ossidazione, i materiali ceramici offrono molte possibilità per la moderna tecnologia.

Sfortunatamente, i ceramici sono abbastanza fragili alle temperature ordinarie e, come tali, sono altamente suscettibili di guasti. Mentre questo difetto è tollerato nei ceramici

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convenzionali, la minaccia di guasti per fragilità ha limitato l’utilizzo di materiali ceramici nelle strutture aerospaziali alle aree nelle quali i materiali convenzionali hanno avuto insormontabili deficienze.

I seguenti punti descrivono la natura generale dei ceramici:

 Un elevato grado di dispersione è associato ai dati delle proprietà meccaniche, e i ceramici sono meno affidabili rispetto ai metalli per applicazioni strutturali.  I ceramici sono più resistenti in compressione che in trazione.

 La resistenza media di un provino in ceramica è inversamente proporzionale alle dimensioni dello stesso.

 L’evidente resistenza alle sollecitazioni monoassiali dei ceramici è influenzata dalle caratteristiche del campo di tensioni all’interno del materiale.

 La resistenza di alcuni ceramici è proporzionale all’aumento di temperatura.  La maggior parte dei ceramici sono sensibili alle sollecitazioni termiche e

meccaniche.

Chiaramente, la fragilità rappresenta la principale caratteristica dei materiali ceramici e deve essere tenuta in considerazione quando se ne faccia uso. Nella maggior parte dei metalli, l’energia di tensione immagazzinata può essere convertita in calore attraverso scorrimento plastico e i materiali subiscono una considerevole deformazione prima di giungere a rottura. In un materiale fragile, invece, l’energia di tensione immagazzinata può solo essere convertita in energia superficiale e in energia cinetica. Come risultato, quando una componente fragile si guasta, l’energia immagazzinata è, di solito, rilasciata in maniera incontrollata e la rottura sopraggiunge.

Molte attenzioni si sono focalizzate sulle possibilità di ideare ceramici duttili. Solo pochi ceramici mostrano una duttilità apprezzabile a basse o moderate temperature e questi sono limitati a singoli cristalli con un tipo particolare di struttura.

Mentre i progressi per l’ottenimento di ceramici duttili avanza lentamente, ci sono stati alcuni miglioramenti degni di nota, realizzati tramite:

- Il controllo della microstruttura;

- La modificazione delle proprietà dei materiali; - L’introduzione di fasi secondarie tenacizzanti.

La resistenza a shock termico di un ceramico può anche essere migliorata dalla presenza di una fase metallica o di una fase a basso modulo elastico come la grafite. Il miglioramento sembra derivare da un aumento della tensione critica e/o dal calo della

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quantità di energia elastica rilasciata durante la frattura, che riduce la tendenza alla rottura.

Buone pratiche che portano a un miglioramento della resistenza a shock termico includono, quindi:

- L’utilizzo di rinforzi metallici;

- L’utilizzo di ceramici in compressione;

- La protezione di componenti ceramici per minimizzare l’intensità di tensioni localizzate;

- Evitare angoli acuti, sezioni spesse e improvvise variazioni di sezione; - L’utilizzo di rivestimenti ad alta emissività;

- L’utilizzo di ceramici in forma di piccoli elementi individuali.

Va inteso che la resistenza a shock termico non è una proprietà intrinseca del materiale, ma dipende da complesse interazioni tra le proprietà del materiale e l’ambiente.

Esiste una forte dipendenza dall’approccio empirico per progetti strutturali ad alte temperature, che ha significativamente aumentato il costo di molti programmi aerospaziali. [1-9]

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2. Struttura e proprietà

Durezza, modulo, temperatura di Debye2 (ΘD), temperatura di fusione (Tm), coefficiente di dilatazione termica (CTE), conducibilità termica (k) ed entalpia di formazione (ΔHf

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) sono alcune delle proprietà che sono strettamente correlate alla forza di legame. Generalmente, le diverse combinazioni di legami (Me, B-B, Me-B) influenzano diverse proprietà. Nei diboruri, ad esempio, B-B e Me-B controllano durezza e stabilità termica. I valori in letteratura indicano che i diboruri del gruppo IV hanno maggiori modulo di Young e conducibilità termica, e valori inferiori di CTE rispetto ai diboruri del V gruppo. Le variazioni di proprietà suggeriscono che i legami B-B sono più forti per gli atomi del IV gruppo (Ti, Zr, Hf) e che si indeboliscono al crescere del numero atomico lungo il periodo nella tabella periodica.

La durezza può anche essere correlata alla struttura elettronica. Nei diboruri, la durezza è inversamente proporzionale al numero atomico del metallo, il quale aumenta dal III al VI gruppo e dal 4° al 6° periodo. Il livello di Fermi3 per ZrB2 è

localizzato in uno pseudo gap tra l’orbitale di legame completamente occupato e l’orbitale libero di antilegame. Come risultato, ZrB2 ha la massima stabilità e la

massima microdurezza tra gli elementi del suo periodo. Allo stesso modo, TiB2 e

HfB2, i quali sono isoelettronici e isostrutturali, hanno la massima durezza tra gli

elementi del loro periodo. Per i diboruri del V periodo, un considerevole numero di elettroni di valenza entrano negli orbitali di antilegame, causando la diminuzione della forza di legame e della microdurezza. La durezza per TiB2, ZrB2 e HfB2 diminuisce

all’aumentare della temperatura.

I legami, nei diboruri, influenzano anche l’anisotropia delle proprietà. Misure di microdurezza per TiB2 non rivelano nessuna significativa anisotropia lungo gli assi a

e c. Dall’altra parte, il modulo di Young mostra un ampio grado di anisotropia in alcuni diboruri.

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In meccanica statistica ed in fisica dello stato solido, il modello di Debye è un modello sviluppato da Peter Debye nel 1912 per stimare il contributo dei fononi al calore specifico in un solido. Tale modello tratta le vibrazioni di un reticolo cristallino come fononi in una scatola, in contrasto con il modello di Einstein, che tratta il solido come degli oscillatori isolati non interagenti con la stessa frequenza di risonanza. Il modello di Debye predice correttamente la dipendenza a bassa temperatura del calore specifico molare, che risulta proporzionale a

T3. Tale modello coincide ad alta temperatura con il modello classico di Dulong-Petit. A temperatura intermedia, a causa delle ipotesi semplicistiche sulla distribuzione dei fononi, non rispetta perfettamente i risultati sperimentali.

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Supponendo che il cristallo si trovi allo zero assoluto avremo una coppia di elettroni nel livello energetico più basso della buca di energia potenziale, una seconda coppia nel secondo livello, una terza coppia nel terzo livello e così via.

Il livello di maggior energia occupato dagli elettroni di conduzione allo zero assoluto si denomina livello di Fermi ed energia di Fermi è chiamata l'energia corrispondente a tale livello.

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Stime pervenute dalla diffrazione a raggi X (XRD) rivelano che i moduli di Young di TiB2 e di ZrB2 sono ragionevolmente isotropi, mentre il modulo di NbB2 è

estremamente anisotropo, con i più bassi valori osservati nella direzione [001].

Figura 1.2: Alcuni piani reticolari denotati tramite gli indici di Miller.

Questo comportamento si osserva in strutture dove i legami sono più deboli in una direzione rispetto alle altre. Si può, allora, concludere che TiB2 ha uguale forza di

legame in tutte le direzioni, i legami di ZrB2 sono isotropi, ma più deboli di quelli di

TiB2 e NbB2 è altamente anisotropo con legami deboli tra i piani.

Diboruri con metalli aventi ampio raggio atomico hanno temperatura di fusione superiore. Poiché la distanza B-B è più debole per i diboruri aventi più alta temperatura di fusione, si può dedurre che la forza di legame Me-B è responsabile della temperatura di fusione.

È stato misurato il CTE di vari diboruri. Usando le analisi XRD fino a temperature di 1600°C, si è dimostrato che ZrB2 e HfB2, potrebbero sviluppare, durante un rapido

raffreddamento, uno stress interno inferiore rispetto ad altri diboruri. Con l’eccezione di CrB2, i parametri del reticolo e il CTE dei diboruri hanno temperature simili

dipendenti dagli assi a e c, indicando lieve anisotropia nella forza di legame nelle due direzioni. Il CTE, lungo la direzione c, diminuisce con l’aumentare del raggio di Me, il quale può essere correlato ad un aumento della forza di legame Me-B con l’aumentare delle dimensioni di Me. Il CTE, lungo la direzione a, non cambia significativamente con l’aumentare del raggio di Me.

Presi insieme, i risultati possono essere interpretati per indicare che i legami B-B determinano le forze coesive lungo la direzione a, mentre i legami Me-B, più forti, controllano il comportamento coesivo lungo la direzione c. [10-16]

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3. Sinterizzazione

La Sinterizzazione è quella fase del processo produttivo, che permette di densificare il materiale ossia passare da un “verde” fragile a un materiale compatto. Come il nome stesso suggerisce consiste nell’aumento della densità, dovuto ad un più efficace impaccamento delle particelle, che costituiscono le polveri di partenza; processo garantito dall’aggiunta di additivi di sinterizzazione.

L’obbiettivo della sinterizzazione è quello di andare a minimizzare la porosità residua del materiale, garantendo un’alta densità relativa che indica migliori proprietà meccaniche del componente. Questa esprime il grado di densificazione raggiunto ed è definita come il rapporto tra l’effettiva densità del campione, misurata generalmente con metodi come quello di Archimede, e la densità teorica del materiale ed è normalmente espressa in percentuale (3):

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Prima di essere sinterizzate le polveri sono miscelate insieme ad eventuali additivi (densificanti o rinforzanti) e poi sottoposte ad un processo di macinazione, per diminuire il più possibile la dimensione delle particelle e dunque migliorare le possibilità di impaccamento. I metodi principalmente utilizzati sono caratterizzati dall’uso di corpi sferici (“Ball milling”), i quali devono però essere sufficientemente duri da poter consentire un disagglomerazione delle particelle e costituiti di un materiale comunque presente nelle polveri da sinterizzare, per evitare contaminazioni indesiderate. La macinazione avviene in un medium liquido inerte (normalmente un idrocarburo o un alcol), che viene poi rimosso per evaporazione. Questa avviene di solito in un’apparecchiatura rotativa, per favorire la separazione delle fasi ed evitare fenomeni di segregazione.

In seguito a queste fasi preparatorie le polveri sono pronte per essere compattate e sinterizzate. Le metodologie di densificazione qui analizzate sono:

 Hot Pressing (HP)

 Spark Plasma Sintering (SPS)  Reactive Hot Pressing (RHP)  Pressureless Sintering (PLS)

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3.1 Hot Pressing

Quella della pressatura a caldo è la prima tecnica storicamente utilizzata per ottenere la completa sinterizzazione di un materiale ceramico avanzato. L’applicazione di questo metodo consiste nel sottoporre le polveri del materiale da sinterizzare ad una temperatura elevata e contemporaneamente ad una pressione monoassiale, mantenute costanti per un certo lasso di tempo (Pmax~50 MPa).

Tipicamente per densificare un campione di ZrB2 (o di un ceramico analogo) è

necessaria una temperatura intorno a 2100°C (o anche maggiore) e di una pressione moderata (20-30 MPa) oppure di temperature inferiori (~1800°C) abbinate ad una pressione particolarmente elevata (>100MPa). La necessità di queste condizioni di processo è dovuta al carattere covalente dei legami presenti unito alla limitata velocità di diffusione nel materiale. In tabella 4.1 sono presentate le composizioni delle polveri di partenza, il tipo di macinazione, le condizioni di sinterizzazione utilizzate e la densità relativa risultante per vari studi effettuati.

Composizione Dim. Particelle (μm) Macinazione Condizioni RD

(%vol) ZrB2 2^Fase (%)

ZrB2 20 Corpi sferici 2000°C/20 min/20

MPa

73

ZrB2 2.1 Corpi sferici 2000°C/60 min/30

MPa

91

ZrB2 2 Attrito 1900°C/45 min/32

MPa

99.8

ZrB2 2 Corpi sferici 1650°C/20 min/60

MPa

71.6

ZrB2 5-10 Corpi sferici 1800°C/60 min/20

MPa

78 ZrB2-2.5wt%Si3N4 0.1-8 Corpi sferici 1700°C/15 min/30

MPa

98

ZrB2-5 Si3N4 2 Corpi sferici 1700°C/15 min/30

MPa

98

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17 MPa ZrB2 -15SiC-4.5ZrN d 90-=4-6

Corpi sferici 1900°C/5 min/50 MPa 99 ZrB2-37.5HfB2

-19.5SiC-3HfN

2 Corpi sferici 1900°C/30 min/50

MPa

>99.9 ZrB2-5.7SiC 2 1.7 Corpi sferici 1650°C/120 min/60

MPa

81.6 ZrB2-22.4SiC 2 1.7 Corpi sferici 1650°C/120 min/60

MPa

97.9 ZrB2-22.4SiC 2 0.04 Corpi sferici 1650°C/120 min/60

MPa

99.6

ZrB2-30SiC 6 10 Attrito 1900°C/45 min/32

MPa

97.4

ZrB2-30SiC 6 0.7 Attrito 1900°C/45 min/32

MPa

98.7 ZrB2-16(SiC+C) 5-10 Policarbosila

no (PCS)

Corpi sferici 1800°C/60 min/20 MPa

100 ZrB2-20MoSi2 2 2.8 Corpi sferici 1800°C/5 min/30 MPa 98.1

ZrB2-20MoSi2 2.1 3.1 Corpi sferici 1800°C/30 min/30

MPa

99.8 ZrB2-20ZrSi2 2.1 2.5 Corpi sferici 1400°C/30 min/30

MPa + 1550°C/15 min/30 MPa

99.1

ZrB2-20MoSi2 20 3-5 Corpi sferici 2000°C/20 min/20

MPa

95

Tab. 2.1: composizione di partenza, dimensione delle particelle, metodo di macinazione,

condizioni di densificazione e densità finale per alcuni ceramici a base di ZrB2 sinterizzati

tramite HP. [28]

Si può notare come partendo da polveri grossolane (d~ 20μm), anche applicando temperature elevate (~2000°C) non si giunge ad una densità relativa maggiore di 73%; mentre invece procedendo con le stesse condizioni di processo, ma utilizzando polveri fini (d~2.1μm) si è in grado di raggiungere valori intorno al 95%.

Andando ad affinare ulteriormente la granulometria (d<0.5μm), fino ad un particolato nanometrico, è possibile raggiungere la piena densità a temperature di circa 1900°C. È bene prestare particolare attenzione anche al contenuto di ossidi (come B2O3 e

ZrO2), che come già fatto presente, tendono molto ad inibire i processi di diffusione a

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sia possibile raggiungere la piena densità se il contenuto di ossigeno complessivamente presente supera lo 0.5% in peso.

Per permettere una ulteriore diminuzione della severità delle condizioni di sinterizzazione, è stato introdotto l’utilizzo di agenti densificanti quali SiC, Si3N4

AlN, HfN o ZrN. Grazie ad additivi di questo tipo si è in grado di arrivare a densità >98% già a temperature intorno a 1650-1700°C.

Uno dei sinterizzanti maggiormente utilizzati in combinazione con ZrB2 o HfB2 è il

carburo di silicio (SiC). Oltre a garantire una migliore densificazione, inibisce anche l’eccessiva crescita dei grani e comporta un incremento della resistenza all’ossidazione del materiale finale, grazie alla formazione di uno strato superficiale di silice. Si ritiene che il miglioramento della sinterizzazione sia dovuto alla formazione di una fase liquida intergranulare durante la pressatura a caldo, la quale rende possibile la densificazione a temperature inferiori rispetto a polveri prive di additivi. È importante, però, ricordare come questi vantaggi siano raggiungibili solo mediante una dispersione uniforme del particolato di SiC. La presenza di agglomerati del carburo comporta una decisa diminuzione della sinterizzabilità delle polveri, anche utilizzando particelle di dimensioni nanometriche.

Recenti studi hanno visto l’introduzione di policarbosilani (PCS), utilizzati come fonti di additivi sinterizzanti, in quanto il PCS sottoposto a pirolisi a T>1000°C può cristallizzare e convertirsi in β-SiC e C amorfo.

Come già accennato anche l’utilizzo di nitruri è molto diffuso in combinazione con tecniche di Hot Pressing. Il vantaggio principale, apportato da questi composti, consiste nella tendenza a reagire con le specie chimiche portatrici di ossigeno, presenti sulla superficie delle particelle delle polveri. La conseguente riduzione dell’ossigeno comporta una più elevata attività del boro, che determina un miglioramento della diffusione nel reticolo e, dunque, della densificazione.

Dalla Tabella 4.1 si può osservare come l’aggiunta di solo 2.5% in peso di Si3N4

determini la formazione di un materiale quasi completamente denso. Analizzando la microstruttura di ZrB2 addizionato di nitruro di silicio (5%vol) Monteverde et al.

hanno rinvenuto nei punti di giunzione tra più grani la presenza di alcune fasi intergranulari quali BN, ZrO2, ZrSi2 e una fase vetrosa di borosilicato. Si tratta del

prodotto della reazione di Si3N4 con le impurezze di ossidi superficiali, la quale ha

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Fig. 2.1: Micrografia al SEM della superficie levigata di ZrB2-5%vol Si3N4 trattata con HP.

Sono in evidenza le fasi vetrose più scure (1) ricche di BN, mentre quelle più chiare corrispondono a ZrO2 (2). Le aree in cui sono presenti cambi nel contrasto corrispondono ai

grani di ZrB2 (3).

Analogamente al nitruro di silicio anche AlN comporta principalmente una forte diminuzione degli ossidi superficiali, che inibiscono i processi diffusivi.

Invece l’introduzione di additivi quali ZrN o HfN ha portato Monteverde a osservare come questi siano inaspettatamente in grado di sfavorire la formazione di fasi secondarie indesiderate, che possono comportare un decremento delle proprietà meccaniche ad alta temperatura. I compositi risultanti dalla pressatura a caldo (1900°C/30 min/ 40 MPa) di ZrB2-15% SiC-4.5% ZrN e HfB2-15% SiC-3% HfN

(%vol) hanno riportato una microstruttura fine ed omogenea, avente fasi secondarie quali M(C,N), MO2 (con M = Zr e/o Hf) e BN. Probabilmente esse sono frutto delle

interazioni tra ZrN (HfN), C e ossidi come B2O3 e ZrO2 (o HfO2), le quali hanno

determinato un’accelerazione della densificazione. Le fasi risultanti hanno mostrato una maggiore refrattarietà alle alte temperature rispetto a quelle formatesi da S3N4 o

AlN.

Un’ulteriore alternativa per quanto riguarda gli additivi nell’Hot Pressing è rappresentata dai disiliciuri dei metalli di transizione, in particolare MoSi2 e ZrSi2.

Studi recenti hanno portato a individuare come l’introduzione di 20%vol di MoSi2,

con polveri di ZrB2 dalla granulometria abbastanza fine, sia in grado di abbassare le

temperature di processo fino a renderle ≤1800°C.

Dalle ricerche di Guo et al. è risultato che una temperatura di densificazione ancora inferiore (1550°C) è raggiungibile grazie all’addizione di ZrSi2 (10-40%vol). Inoltre

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20

tramite un processo a due stadi, consistente in un primo passaggio a 1400°C per 30 min e un secondo a 1550°C per 15 min, il tutto con una pressione di 30 MPa.

L’abbassamento della temperatura di densificazione e l’aumento della sinterizzabilità sono attribuiti a due cause principali. Una consiste nella formazione di una fase liquida intergranulare tra le particelle di disiliciuro e quelle di diboruro composta da Si-O-B, dovuta alle interazioni superficiali di SiO2 e B2O3. Un’altra causa è ritenuta

essere la deformazione di tipo duttile, che coinvolge le particelle di MoSi2 o ZrSi2 ad

alta temperatura (>800°C).Le particelle di siliciuro, grazie alla trasformazione fragile-duttile, possono riempire i vuoti delle particelle di diboruro e quindi facilitarne la densificazione. [17-21]

3.2 Spark Plasma Sintering

La metodologia associata a questa tecnica è analoga a quella dell’HP; entrambe si basano sull’applicare alle polveri da trattare un carico monoassiale e nel trasferire un’elevata quantità di calore. Proprio in quest’ultimo aspetto risiede la differenza principale con le altre tecniche. Mentre nell’HP il calore viene trasferito indirettamente, nell’SPS le polveri sono riscaldate mediante l’applicazione di un campo elettrico (diretto o pulsato).

Uno dei vantaggi nell’utilizzo dello Spark Plasma Sintering è quello di garantire una buona densificazione anche per ceramici dalla scarsa sinterizzabilità. Inoltre, poiché le polveri sono mantenute ad alta temperatura per breve tempo, i grani non sono in grado di accrescere eccessivamente le proprie dimensioni; si ottiene dunque una microstruttura molto fine.

L’SPS è stato utilizzato con successo per densificare vari materiali quali ossidi, nitruri, carburi e diboruri. Le varie esperienze hanno evidenziato come la finezza della microstruttura e la densificazione siano controllate da importanti fattori di processo quali la velocità di riscaldamento, il tempo e la temperatura di sinterizzazione.

Guo et al. hanno mostrato come scegliendo accuratamente questi parametri sia possibile ottenere ZrB2 quasi completamente denso e avente una microstruttura fine.

In Fig. 4.2 si notano le micrografie di due campioni del medesimo materiale, tra i quali l’unica differenza è rappresentata da un diverso tempo di sinterizzazione: 3 minuti per il primo (Fig. 4.2 (a)), 10 minuti per il secondo (Fig. 4.2 (b)). Si può ben vedere come la dimensione media dei grani sia decisamente superiore nel secondo campione. Analogamente, utilizzando una temperatura di processo di solo 50°C

(21)

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superiore (1950°C), le conclusioni sono le stesse: la microstruttura si presenta molto meno fine.

Fig. 2.2: micrografie al SEM della superficie levigata di due campioni di ZrB2 densificati tramite SPS a 1900°C e 50 MPa, aventi differenti tempi di sinterizzazione: (a) 3 min, (b) 10 min.

Questo accade, poiché durante il processo la densificazione e la crescita dei grani sono due eventi, che accadono in simultanea. Dunque bisogna raggiungere il giusto compromesso tempo/temperatura/riscaldamento, affinché sia massimizzata la densità finale e allo stesso tempo minimizzata la dimensione dei grani.

Medri et al. hanno mostrato come sia possibile giungere ad un materiale (ZrB2

-30ZrC-10SiC (%vol)) avente una densità relativa pari a circa il 96% tramite un processo a 2100°C e 30 MPa esteso per solo 2 minuti.

Aumentando leggermente il tempo di sinterizzazione (3-5 minuti) si è in grado di raggiungere la piena densità a temperature anche inferiori (1900°C). Inoltre l’addizione di 5%wt di AlN comporta una completa densificazione a 1850°C e 30

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MPa per 5 min, mentre invece l’utilizzo della medesima quantità di Si3N4 necessita

una temperatura di 1900°C. La discrepanza può essere dovuta ad una inferiore temperatura di avvio della densificazione (TON) e ad una maggiore velocità di

compattazione del materiale addizionato di AlN rispetto a quello con Si3N4.

Per quanto riguarda invece il diboruro di zirconio con il 15% in volume di disilciuro di molibdeno si è verificato che la densità finale e la finezza della microstruttura non sono superiori a quelle dello stesso ceramico ottenuto tramite HP; il vantaggio principale risiede come sempre nel tempo di processo decisamente inferiore (7-24 min contro 20-140 min)

I meccanismi alla base della densificazione nei processi di Spark Plasma Sintering non sono ancora del tutto chiari. Probabilmente i fenomeni, che determinano la grande efficacia del processo sono: [22-23-24]

i. Un efficiente trasporto di calore

ii. L’uso di pressioni relativamente elevate iii. La presenza di un campo elettrico

iv. La presenza di scariche locali generate tra le polveri sottoposte a impulsi elettrici ad alta energia

3.3 Reactive Hot Pressing

Come abbiamo potuto notare nei paragrafi precedenti l’introduzione di additivi quali carburi, nitruri e ossidi è una pratica ormai comune per migliorare la sinterizzabilità di materiali UHTCs. Essi permettono di abbassare la temperatura di densificazione, garantendo microstrutture fini dalle elevate proprietà meccaniche. D’altro canto l’utilizzo di questi composti può allo stesso tempo portare ad un netto decremento della temperatura operativa massima, a causa della formazione di liquidi eutettici; ad esempio il sistema ZrB2-SiC (il più comune tra gli additivi) presenta una temperatura

di eutettico a 2270°C e quindi l’utilizzo di questo materiale deve necessariamente avvenire a T più basse di quest’ultima.

Di conseguenza per creare materiali in grado di lavorare a temperature il più alte possibile è necessario minimizzare l’uso di additivi ceramici o metallici.

In questo caso bisogna però scontrarsi con il problema della scarsa sinterizzabilità di ZrB2 ad elevata purezza; si devono dunque impiegare metodologie che promuovano la

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Una possibile soluzione è quella di sfruttare la reazione di formazione del diboruro. Nel paragrafo 3.3 si è fatto notare come la reazione tra Zr e B determini la liberazione di una grande quantità di calore, risultante in una elevata temperatura adiabatica (3250 K). Questo fenomeno può essere sfruttato per produrre polveri dall’elevata sinterizzabilità tramite SHS.

Purtroppo la conduzione di una reazione autopropagata può inoltre risultare in reazioni incomplete, nella formazione di fasi non di equilibrio e di ossidi stabili o nella ritenzione di molta porosità. Infatti la densificazione di materiali formati per SHS richiede tipicamente ulteriori trattamenti.

Analogamente all’SHS anche la Reactive Hot Pressing (Pressatura reattiva a caldo o RHP) fa affidamento su reazioni termodinamicamente favorite, ma al contrario di essa si basa su un processo reattivo controllato, nel quale i prodotti sono formati in maniera relativamente lenta grazie ad meccanismi di diffusione allo stato solido. I due processi che si verificano simultaneamente nell’RHP sono:

Reazione in situ delle polveri elementari

 Densificazione, completata simultaneamente durante il riscaldamento e il successivo mantenimento ad alta T

L’utilizzo di una reazione controllata porta alla completa conversione delle specie reagenti e inoltre la simultanea applicazione di una pressione può portare all’avere un prodotto sinterizzato, che non richiede di ulteriori trattamenti.

Tramite RHP è possibile abbassare la temperatura di densificazione di ZrB2 di circa

200-300°C rispetto ai processi di tipo convenzionale come l’HP. Questa diminuzione può essere correlata alla minimizzazione delle impurità a base di ossidi, che promuovono l’ingrossamento dei grani e inibiscono la densificazione. Tale decremento di temperatura risulta essere utile per proteggere da degradazione termica gli additivi tenacizzanti.

Chamberlain et al. hanno impiegato velocità di riscaldamento particolarmente basse e lunghi periodi di isotermia per permettere alle polveri di Zr e B di reagire senza l’innesco della reazione autopropagata, la volatilizzazione di eventuali ossidi di boro presenti e per garantire la densificazione del materiale.

In Fig. 2.3 è evidenziato l’andamento della temperatura in funzione del tempo nello studio di sopra citato.

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Fig.2.3: andamento della T nel processo di RHP condotto da Chamberlain.

Alla temperatura di 1650°C l’applicazione di una pressione di 40 MPa ha determinato la formazione di un compattato quasi completamente denso con grani nell’ordine dei nanometri. Alzandola a 1800°C si raggiunge una densità del 99%, ma i grani subiscono un ingrossamento, la cui entità complessiva dipende dalle condizioni di sinterizzazione (~0.5 μm a 1650°C, ~1.5 μm a 1800°C).

Dall’esperienza sopra descritta Chamberlain è stato in grado di ricavare come la reazione avvenga grazie alla diffusione degli atomi di boro all’interno delle particelle di zirconio (Fig. 4.3) e non viceversa. Di conseguenza è bene cercare di affinare il più possibile le polveri di Zr, in quanto la dimensione dei grani di ZrB2 sarà fortemente

dipendente dalla loro granulometria .

Fig. 2.3: micrografia al SEM della sezione dell’interfaccia Zr-B durante la reazione di sintesi.

Si nota bene come sia il Boro (scuro) a diffondere all’interno della particella di Zirconio (chiaro). 0 500 1000 1500 2000 2500 0 500 1000 1500 Te m p era tu ra C) Tempo (min)

Temperatura-Tempo (RHP)

RHP

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25

Il miglioramento della densificazione grazie all’RHP è attribuito alla formazione di particelle nanoscopiche di ZrB2 durante il processo, in quanto la dimensione

particolarmente fine dovrebbe essere in grado di garantire una più elevata forza motrice per la sinterizzazione, ovvero la tendenza a minimizzare l’energia libera di superficie.

Un’altra applicazione dell’RHP consiste nel produrre compositi a base di ZrB2

contenenti SiC e/o ZrC, mediante l’utilizzo di polveri di Zr, Si e B4C come precursori.

Zhang et al. hanno sfruttato l’RHP facendo reagire Zr, Si e B4C a 1800°C tramite la

reazione (1).

2Zr + Si + B4C = 2ZrB2 + SiC (1)

Successivamente Wu et al. sono riusciti a densificare il composito ZrB2-SiC-ZrC

partendo dagli stessi precursori. Lo studio in questione portò alla luce anche il fatto che le reazioni, che conducono alla formazione di ZrB2, ZrC e SiC non sono

simultanee durante la sinterizzazione, bensì si sviluppano attraverso alcune fasi. Prima vengono a formarsi il diboruro e il carburo di zirconio, grazie alla reazione di Zr con il carburo di boro, la quale avviene a bassa temperatura; in seguito si produce SiC mediante la reazione tra Si, ZrC e il carburo di boro residuo ad una temperatura più alta.

È anche possibile applicare la metodologia dell’RHP alla sinterizzazione tramite SPS, ovvero riscaldando le polveri dei precursori grazie ad un campo elettrico. L’R-SPS (Reactive SPS) richiede una temperatura inferiore per la sinterizzazione. Zhao et al. sono stati in grado di far reagire e densificare i precursori Zr, Si e B4C ad una T

~1450°C con un tempo di sinterizzazione intorno ai 3 minuti. [25-26-27]

3.4 Pressureless sintering

Fino ai tardi anni ’80 la sinterizzazione di ceramici UHTCs veniva considerata irrealizzabile senza l’ausilio di una elevata pressione. Successivamente cominciarono a essere effettuati studi, che ne mostravano la fattibilità di quest’ultima e insieme ad essa i vari vantaggi che portava .

Rispetto a metodi quali l’HP, la sinterizzazione senza pressione permette di fabbricare oggetti dalle forme più complesse e con una maggiore precisione riguardo le

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dimensioni; inoltre si ha anche una diminuzione dei costi di processo, in quanto la densificazione è raggiunta solo grazie ad un’elevata temperatura.

Il ruolo fondamentale in questa tecnica è svolto dai vari additivi, che sono introdotti nelle polveri di partenza. È possibile classificare questi composti in due categorie principali:

 Promotori della formazione di una fase liquida  Agenti reattivi

La prima categoria include metalli refrattari come Ni, Fe, Co e Mo così come disiliciuri di metalli di transizione (MoSi2, ZrSi2). Cech et al. hanno utilizzato Ni, Co,

Fe e Re per produrre ZrB2 ad alta densità a 2000°C; lo studio ha portato alla luce

come sia necessario un contenuto di metalli superiore al 2% in peso, poiché solo una tale quantità è in grado di garantire la formazione e la continua azione di una fase liquida. Inoltre è stato evidenziato come l’addizione sia più efficiente in una atmosfera di Argon rispetto al vuoto, in quanto vengono minimizzate le perdite di metalli per volatilizzazione.

Durante la sinterizzazione di ceramici così addizionati si verificano fenomeni di contrazione del reticolo cristallino, determinati dalla sostituzione di atomi di Zr con quelli dei metalli aggiunti. Probabilmente questi fenomeni di variazione del reticolo hanno comportato una variazione dell’energia libera di superficie, aumentando la forza motrice del processo.

Kislui e Kuzenkova determinarono come l’introduzione di Mo in percentuali inferiori al 15% in peso sia in grado di dare soluzioni solide stabili insieme a ZrB2, andando

così a diminuire l’energia di attivazione del processo di densificazione da 680 kJ/mol a 380 kJ/mol.

Come però già precedentemente menzionato l’utilizzo di additivi metallici alla matrice ceramica non è più un’opzione particolarmente sfruttata, in quanto determina una forte riduzione delle proprietà meccaniche ad alta temperatura. Di conseguenza tra gli agenti densificanti in grado di dare la formazione di fasi liquide sono maggiormente annoverati composti come i disiliciuri (MSi2).

L’utilizzo del 20% in volume di MoSi2 è in grado di dare un ceramico quasi

completamente denso sinterizzato a 1850°C per 30 minuti senza l’ausilio di una pressione esterna. Se invece viene introdotta una quantità superiore al 20% in volume di ZrSi2 è possibile raggiungere la piena densità di ZrB2 con un trattamento a 1650°C

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A differenza dei composti finora citati, che vanno a formare una fase liquida, gli agenti reattivi migliorano il processo di densificazione reagendo con le impurezze a base di ossidi presenti sulla superficie delle particelle, i quali tendono ad inibire la sinterizzazione.

Gli additivi con questo scopo maggiormente utilizzati recentemente includono WC, B4C, Si3N4 e C. L’introduzione del 4 % in peso di carburo di Boro permette di

ottenere ZrB2 quasi del tutto denso con un trattamento a 1850°C per 60 minuti. Invece

l’introduzione della stessa quantità di WC richiede una temperatura di 2050 °C per 240 minuti per giungere ad una densità relativa di circa il 95 %.

Studi di Chamberlain et al. hanno evidenziato come l’eliminazione degli ossidi superficiali, grazie alla reazione di WC o B4C con ZrO2, costituisca la chiave per una

corretta densificazione. La reazione in questione si presenta termodinamicamente favorita per temperature ≥1200°C per quanto riguarda B4C, mentre per WC >1500°C.

Questa differenza spiega la discrepanza tra le temperature di sinterizzazione dei ceramici addizionati con uno dei due carburi.

Inoltre grazie all’introduzione di un eccesso carburo di boro è anche possibile inibire la crescita dei grani durante il processo. Un analogo risultato è ottenibile anche sfruttando l’addizione di carbonio, da solo o in combinazione con B4C.

L’effetto di densificazione del carburo di boro dipende anche dalla granulometria delle polveri di ZrB2 partenza: con particelle di circa 2 μm si riesce a raggiungere una

densità del 95 % a 2050°C per 120 min, mentre invece è possibile arrivare alla piena densità a 1850°C per 60 minuti se si parte con polveri dal diametro medio di circa 0.5 μm ottenuto con macinazione per attrito.

Recentemente Zhu et al. hanno prodotto del particolato di ZrB2 ricoperto da uno strato

di carbonio, utilizzando resine fenoliche come fonte di C. Per ottenere un materiale dalla piena densità a partire da queste polveri è stata necessaria una temperatura di 1900°C protratta per 120 min, quando la percentuale in peso del carbonio è superiore all’1.0 %. Per confronto sotto le medesime condizioni di PS e utilizzando le stesse polveri, ma senza copertura di C è stata raggiunta una densità relativa di solo il 70 %. [29-31]

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4. Proprietà meccaniche e di ossidazione

Oltre alla temperatura di fusione, le proprietà che rendono ZrB2 e HfB2 interessanti per

applicazioni strutturali ad alta temperatura sono resistenza alla flessione e TSR (resistenza allo stress termico).

Questa sezione si concentra su ZrB2 e HfB2, oltre a diboruri con aggiunte di SiC, di ZrSi2

e Si3N4.

I risultati di studi precedenti non vengono riportati perché le dimensioni troppo grandi delle particelle di partenza, gli elevati livelli di impurità (>0.25% in peso di C o Fe), o le temperature di densificazione (>2000°C), determinano una crescita esagerata dei grani. Grani di grandi dimensioni riducono la resistenza meccanica, in parte a causa delle sollecitazioni termiche residue che derivano dall’anisotropia della dilatazione termica. Per materiali anisotropi, esiste una granulometria critica al di sotto della quale la micro-frattura può essere evitata. Sebbene i valori per ZrB2 e HfB2 non sono stati stabiliti.

Quindi, le micro-fratture possono influenzare le proprietà osservate per diboruri a grana grossa (>15 µm). Inoltre, molti studi hanno utilizzato additivi come metalli di transizione i quali riducono la resistenza a temperature elevate ( ).[32-33-34]

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29 3.1 Modulo elastico, durezza e tenacità

I valori di modulo elastico a temperatura ambiente (E), di durezza di Vickers4 (HV) e di tenacità a frattura per ZrB2 e HfB2, puri o con aggiunta di SiC o MoSi2, sono

riassunti nella tabella 2.1:

Tabella 3.1: Proprietà di ceramici a base di ZrB2 e di HfB2, a temperatura ambiente.[41]

Il modulo elastico per ZrB2 (circa 489 GPa), è coerente con il valore di studi storici

utilizzando tecniche di risonanza sonica simili su campioni policristallini. Valori di modulo elastico per HfB2 varia da 480 a 510 GPa, sebbene un valore di circa 445 GPa

è stato riportato per HfB2 poroso. In generale, i moduli elastici di compositi di

diboruri scalano con la frazione volumetrica degli additivi (ESiC ≈ 475 GPa e EMoSi2 ≈ 440 GPa).

La durezza mostra un andamento analogo, generalmente seguendo le regole di miscelazione in relazione alla quantità e al tipo delle fasi incluse nelle particelle di compositi. Valori di durezza riportati sono 21÷23 GPa per ZrB2 policristallino e circa

28 GPa per HfB2. Pertanto, le integrazioni di SiC (HV ≈28 GPa) a ZrB2 determinano

un lieve aumento di durezza, mentre aggiunte di SiC a HfB2 ne determinano un

aumento irrilevante. D’altra parte, MoSi2 ha una bassa durezza (intorno a 9 GPa) e la

sua aggiunta causa una diminuzione della durezza sia nei ceramici a base di ZrB2 che

in quelli a base di HfB2.

4

Nella prova Vickers il penetratore di diamante è costituito da una piramide retta a base quadrata con un angolo di θ=136°. Quello che si misura è il rapporto fra il carico applicato e la superficie dell'impronta.

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La tenacità a frattura di ZrB2 e HfB2, con o senza additivi, varia generalmente da 3.5 a

4.5 MPa∙√m . Valori di tenacità a frattura (tabella 2.1) sono stati ottenuti utilizzando varie tecniche di misurazione, cosicché i confronti diretti non sono facili da fare. Uno studio sistematico degli effetti del contenuto di additivi, ha riportato che la tenacità a frattura aumenta da 3.5 MPa∙√m per ZrB2 puro a 5.3 MPa∙√m per ZrB2 con il 30% in

volume di SiC. I provini mostrano deviazione della frattura e crack bridging. I grani di ZrB2, generalmente, si fratturano in maniera trans-granulare e la frattura si deflette

in corrispondenza o nelle vicinanze dell’interfaccia ZrB2-SiC, lasciando particelle di

SiC lungo la linea di frattura. Questo risultato è coerente con le tensioni residue previste sulle interfacce ZrB2-SiC, a causa della mancata corrispondenza nelle

proprietà termiche e meccaniche tra le particelle disperse di SiC e la matrice ZrB2

(discussa in precedenza). Un’ulteriore aumento della tenacità a frattura per compositi a base di diboruri richiedono probabilmente l’aggiunta di una seconda fase con un maggiore rapporto di snellezza (ad esempio, fibre o whiskers di SiC).[35-41]

4.2 Ossidazione

L’additivo più comune è SiC, il quale riduce la velocità di ossidazione sia per ZrB2

che per HfB2, formando uno strato ricco di silice presente nelle zone intergranurali.

Analisi alla TG (figura 2.5) mostrano che ZrB2-SiC ha un aumento normalizzato di

circa 0.02 mg/mm2 quando riscaldato fino a 1500°C in aria, a fronte di un guadagno di massa di circa 0.12 mg/mm2 per ZrB2. Un contenuto di SiC al 20% in volume è

stato ampiamente studiato sulla base di studi storici i quali indicano che questa composizione ha la migliore combinazione di resistenza all’ossidazione e di comportamento meccanico. Al di sotto dei 1100°C, l’aggiunta di SiC non modifica il comportamento all’ossidazione dei diboruri. In questo regime di temperatura, la velocità di ossidazione di SiC è di diversi ordini di grandezza più lenta di quella dei diboruri. Di conseguenza, per ZrB2-SiC gli ossidi che si formano al di sotto di 1100°C

sono ZrO2 e B2O3, come per ZrB2 puro. Sopra i 1100°C, due fattori influenzano

l’ossidazione. In primo luogo, la velocità di ossidazione di SiC aumenta e le particelle di SiC vengono convertite in SiO2 più CO o CO2. In secondo luogo, la velocità di

evaporazione di B2O3 diventa significativa. Come mostrato in figura 2.5, ZrB2-SiC

mostra una perdita di massa tra i 1200 e i 1300°C a causa dell’evaporazione di B2O3.

Lo strato ricco di silice offre una protezione, il quale risulta in aumento di massa con una cinetica parabolica, da temperatura ambiente fino ad almeno 1600°C. Analisi dello strato di ossido esterno formato a 1500°C hanno rilevato meno dell’1% in peso di B, indicando che quasi tutto il B2O3 è evaporato a questa temperatura. L’aggiunta

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conferisce anche la capacità di riguadagnare rapidamente il comportamento protettivo dopo la perdita della protezione per la temperatura eccessiva, la rimozione di ossido da parte delle forze di taglio o altre cause.

Sia i ceramici ZrB2-SiC che quelli HfB2-SiC mostrano protezione passiva

all’ossidazione con una cinetica parabolica del guadagno di massa al di sopra di un ampio intervallo di temperature. La velocità di ossidazione è controllata dalla diffusione dell’ossigeno attraverso l’incrostazione di ossido. La maggior parte degli autori riportano anche la formazione di uno strato contenente sia ZrO2/HfO2 che SiO2

sotto lo strato esterno. Spesso, questa regione è sottile rispetto allo strato esterno ricco di silice, ma strati più spessi sono stati riportati dopo cicli termici. Sotto lo strato di ZrO2-SiO2 (HfO2-SiO2), alcuni autori riportano la formazione di una regione porosa

dalla quale SiC è stato esaurito. Questa regione si forma a temperature di 1500°C o superiori e contiene ZrO2 (HfO2), ZrB2 (HfB2), o entrambi. In aria secca, i modelli

termodinamici suggeriscono che SiC è stato rimosso dall’ossidazione attiva a basse pressioni parziali dell’ossigeno che si pensa si trovino al di sotto dello strato. Studi successivi hanno confermato che lo strato poroso di ZrO2 si è formato quando ZrO2

-SiC è stato ossidato a 1500°C con una pressione parziale di ossigeno di circa 10-10 Pa. Altri composti come SiC, SiO2 o B2O3 non sono stati individuati nello strato.

Oltre a SiC, additivi come Si3N4, composti del tantalio, ZrSi2 migliorano la resistenza

all’ossidazione di diboruri puri o in combinazione con SiC. In particolare, è stato dimostrato che l’aggiunta di composti di tantalio migliora la resistenza di ZrO2-SiC.

Queste aggiunte modificano la composizione dello strato vetroso esterno, il quale può portare alla separazione di fase liquido/vetro come conseguenza della elevata forza del campo di cationi dei metalli di transizione.[42-47]

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5. Applicazione Sperimentale

ISTEC - CNR

Nel corso dell’attività sperimentale condotta presso il centro di ricerche ISTEC-CNR di Faenza sono stati prodotti diversi materiali a matrice diborurica ottenuti cercando di ottimizzare le proprietà meccaniche macrospiche.

Questa attività di ricerca si è focalizzata sulla produzione di materiali a matrice HfB2

ottenuti aggiungendo alla miscela di partenza diverse percentuali di agente sinterizzante Si3N4, al fine di ottimizzarne la percentuale in funzione della densità e

durezza del materiale ottenuto.

La tecnologia di sinterizzazione che è stata scelta nella produzione di questo set di materiali è la Hot-Pressing, una tecnica che garantisce una microstruttura densa ed omogenea con riduzione di difetti e porosità residua.

Per cercare di ottimizzare le prestazioni del materiale prodotto siamo andati ad aggiungere alla miscela di partenza fibre di Carburo di Silicio come agente tenacizzante. La scelta di questa tipologie di fibre non è casuale, ma si correla alla scelta di Si3N4 come agente sinterizzante, infatti durante le condizioni che si

verificano nella fase di sinterizzazione in Hot Pressing, abbiamo una reazione delle fibre con la matrice tra il Si, C, Hf che porta alla formazione di una struttura a raggiera della fibra, garantendo una perfetta adesione fibra-matrice.

Nel corso dell’attività sperimentale abbiamo anche cercato di ottimizzare la percentuale di fibre da aggiungere alla matrice per massimizzare l’incremento di tenacità ottenibile.

A tal fine sono stati prodotti diversi materiali con varie percentuali di Si3N4 e di SiC,

tutti i materiali sono stati sottoposti a prove sperimentali per valutarne le caratteristiche meccaniche macroscopiche e microstrutturali e al termine di questa attività sono state scelte le percentuali dei costituenti della miscela che ottimizzano le proprietà del materiale prodotto.

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5.1 Materie Prime utilizzate nella produzione

 HfB2  Cerac Incorporated,Milwaukee,WI,Fisher size: 2.08 μm, impurities: Al (0.07%), Fe(0.01%), Zr (0.47%).

 Si3N4  Baysinid, Bayer, Germany, s.s.a.: 12.2m2/g, O: 1.5 wt.%

 SiCf  Hi Nicalon, Coi Ceramics, Vinyl alcohol - Vinil Acetato Copolymer: 1%, composition wt.% Si:C:O = 62:37:0.5

Fibre di SiC utilizzate nella tenacizzazione:

ρ (g/cm3) ≥ 2.68 L max (μm) 800 d (μm) 14 Tensile Strengh (GPa) ≥ 2.45 Tensile Modulus (GPa) ≥ 2.47 Sizing wt.% 0.5 - 2 Oxygen content ≤ 0.8

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5.2 Procedura Sperimentale condotta in Laboratorio

La produzione dei diboruri di afnio tenacizzati con fibre di carburo di silicio è stata ottimizzata partendo dalla processo produttivo standard e scegliendo opportunamente i tempi di ciascuna fase e le condizioni al contorno in modo da ottimizzare le caratteristiche macroscopiche del prodotto finito.

 Le polveri di partenza sono state mescolate per 24 hin alcool etilico assoluto, con sfere di macinazione dello stesso materiale della fase sinterizzanti, Si3N4,

in modo da non ritrovare nella miscela dei contaminanti con composizione chimica diversa rispetto al materiale base;

 La miscela così ottenuta ed omogeneizzata è stata essiccata con un evaporatore rotativo sottovuoto per un tempo necessario affinché la totalità apparente dell’alcol etilico abbandonasse la miscela. Per garantire la totale scomparsa del solvente abbiamo deciso di effettuare una successiva permanenza in stufa a 60°C per 24h in moda tale da assicurare la perfetta evaporazione del solvente;  Le polveri così ottenute sono state inserite nella forma cilindrica in acciaio

inox per poter essere formate con pressatura monoassiale a 250 MPa. In questo modo si ottiene una compattezza delle polveri tale da poter resistere agli sforzi di taglio che si manifestano nelle fasi successive di preparazione;

 Per eliminare la protezione polimerica delle fibre di carburo di silicio si è effettuato un Debonding in Astro in flusso di Argon con velocità 50°C/h fino a 500°C per 1h;

 La sinterizzazione è stata eseguita mediante pressatura a caldo variando le condizioni di T e P a seconda della curva di ritiro del campione, ottenuta misurando lo spostamento tra i pistoni.

Seguendo questa procedura sperimentale siamo andati ad ottenere materiali con caratteristiche macroscopiche diverse a seconda della miscela di partenza. Ma la standardizzazione della procedura è stata essenziale per poter modificare i gradi di libertà in modo da ottimizzare il prodotto.

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5.3 Condizioni di Sinterizzazione

In questo paragrafo riportiamo le condizioni di sinterizzazione che abbiamo scelto per la produzione del materiale base e del materiale tenacizzato.

La scelta di Temperatura e Pressione di processo è stata effettuata basandosi su studi pregressi e ulteriormente modificata valutando l’ottimizzazione della densificazione del materiale con fibre, che non è stato trattato da studi precedenti.

HfB

2

+ 5% Si

3

N

4

: 30MPa e 40MPa a 1700°C per 10 min;

HfB

2

+ 5% Si

3

N

4

+ 10% SiC

f

: 30MPa e 50MPa a 1800°C per

3min;

HfB

2

+ 5% Si

3

N

4

+ 20% SiC

f

: 30MPa e 40MPa a 1700°C per

10 min.

HfB

2

+ 8% Si

3

N

4

+ 20% SiC

f

: 30MPa e 40MPa a 1800°C per

10 min.

In tutti i materiali prodotti è stato scelto di effettuare un salto di incremento di pressione per migliorare la densificazione e dai dati sperimentali ottenuti abbiamo notato che l’ottimizzazione delle prestazione si ottiene passando da 30 a 40 MPa. Mentre la temperatura è stata scelta in modo da migliorare la produzione di fase liquida che riduca le porosità e migliori la resistenza all’ossidazione del materiale e si è notato che la miglior temperatura per questa famiglia di materiali è 1800°C.

(36)

36

5.4 Caratteristiche di sinterizzazione e densità

In questo paragrafo riporto in tabella le condizioni di sinterizzazione dei materiali prodotti e le caratteristiche di densità che otteniamo.

䦋㌌㏒Ü Sinterizzazione

T(°C), min.

Densità Finale (g/cm3)

Densità teorica finale (g/cm3) Densità Relativa (%) HfB2 + Si3N4 1700, 10 9.5 10.8 88.4 HfB2 + 5%Si3N4+ 10% SiCf 1800, 3 8.3 9.9 83.2 HfB2 + 5%Si3N4+ 20% SiCf 1700, 10 8.1 9.1 89.4 HfB2 + 8%Si3N4+ 20% SiCf 1800, 10 8.5 8.9 95.8

Tabella 4.1: Proprietà di densità e caratteristiche di produzione dei materiali ottenuti

sperimentalmente

Dai dati presentati si evince che il massimo valore di densità si è raggiunto per il materiale “ottimizzato” con 8% di Si3N4 e 20% di SiCf, sinterizzato a 1800 °C.

Risulta consecutivo notare cheper migliorare la densità del materiale l’incremento di T nella sinterizzazione non è molto significativo, ma il parametro più importante sembra essere l’incremento del quantitativo della fase sinterizzante Si3N4, portandola

dal 5 all’8% in volume.

Questo comporta di lasciare la T di sinterizzazione sufficientemente bassa per salvaguardare l’integrità strutturale delle fibre (TMAX = 1800 °C) e ridurre le reazioni

che avvengono all’interfaccia fibra-matrice, promuovendo il pull out delle fibre (la cui cinetica dipende dalla T secondo Arrhenius).

(37)

37

5.5 Prove Meccaniche

Le prove Meccaniche che sono state eseguite nei materiali prodotti, sono state rivolte alla misura della tenacità e della durezza, perché questi parametri sono fondamentali per capire l’effetto della modifica microstrutturale che abbiamo ottenuto nel materiale aggiungendoci fibre di SiC e Nitruro di Silicio come fase densificante.

- Misura KIc  Indentation method 98.1 N, 10 sec (Evans and Charles)

- Misura Durezza  Vickers (HV): 9.81 N, 10 sec (prEN 843 4) indentation Zwick 3212 ;

Tabella 4.2: Valori Sperimentali ottenuti dalle prove meccaniche effettuate sui campioni

prodotti

10 Kg

1 Kg

KIc medio

(MPa1/2)

Dev.St. Hard.(GPa) Dev.St Hard.(GPa) Dev.St.

HfB2+Si3N4 (1) 3.07 0.37 11.34 0.44 10.23 0.58 HfB2+10%SiC (1) 3.32 0.50 10.18 1.05 9.61 0.66 HfB2+20%SiC (1) 3.68 0.39 12.09 0.58 12.79 0.95 HfB2+10%SiC (2) 4.01 0.46 10.27 0.22 10.99 1.26 HfB2+20%SiC (2) 4.50 0.41 10.69 0.69 11.68 1.78 HfB2+20%SiC + 8% Si3N4 (1) 5.85 0.96 20.28 0.75 22.57 1.82

(38)

38

Nella tabella indichiamo con i pedici:

(1)  faccia del materiale in direzione parallela all’asse di applicazione della pressione in Hot Pressing.

(2)  faccia del materiale in direzione perpendicolare all’asse di applicazione della pressione in Hot Pressing.

Per analizzare i meccanismi di propagazione della frattura nel materiale, sono state effettuate impronte Vickers da 98.1 N sulla superficie dei campioni lucidati con pasta diamantata. Come si può vedere in figura 4.1, la cricca si è propagata principalmente lungo i bordi di grano della matrice attraversando le fibre. Questo meccanismo di propagazione è molto importante per caratterizzare l’effetto tenacizzante delle fibre di SiC. Infatti la presenza di reazione tra fibra e matrice durante la fase di sinterizzazione sviluppa una struttura a raggiera delle fibre che indica una perfetta adesione con la matrice. In questo caso la cricca non passa attorno alle fibre, ma le attraversa, in questo modo abbiamo la dissipazione di energia di frattura con riduzione delle dimensioni delle cricche ed ottimizzazione dell’effetto tenacizzante.

Figura 4.1: Esempio di propagazione della cricca ottenuta dopo indentazione del

materiale rinforzato con 20% SiCf.

Figura 4.2 : Esempio di propagazione della cricca ottenuta dopo indentazione del

materiale di riferimento.

30 μm

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