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Guarda L’assenzio. Le illusioni della Fée Verte

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Academic year: 2021

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“L’altra sera sono stato abbracciato dall’assenzio” (Ernest Hemingway)

Con l’assenzio ci si ubriaca: questo è il punto di partenza da tener presente!

Con esso si raggiunge lo stato di ebbrezza ed è per questo che il suo riemergere dal passato va tenuto sotto controllo.

La sua etimologia ha un significato negativo, derivando dall’u-nione (nella lingua greca) dell’α privativo e dell’aggettivo psìnthos (diletto): spiacevole.

L’assenzio è un distillato ad alta gradazione alcolica all’aroma di anice ricavato da varie erbe e da un arbusto (Artemisia absinthium L.), dal quale prende il nome.

Nell’antichità l’artemisia veniva offerta in dono agli dei durante i rituali sacrificali affinché si potesse ottenere un buon raccolto, poiché era ritenuta il simbolo della donna e della fertilità. L’ar-busto era consacrato alla dea Artemide, la divinità greca che pro-teggeva le donne durante la loro vita e soprattutto al momento del parto.

L’artemisia absinthium è citata anche nella Bibbia per le sue proprietà terapeutiche, dal momento che l’assenzio che si

estrae dalla stessa era considerato una sostanza digestiva e toni-cizzante.

Il composto è soprannominato “Le perìl ver” (Il pericolo verde) o, più comunemente “La Fée Verte” (La fata verde), con riferi-mento sia al tipico colore della bevanda che all’atmosfera al contempo “pericolosa” e “magica” in cui si riteneva fossero immerse le persone che lo consumavano.

A partire dai primi anni dell’Ottocento l’assenzio è stato oggetto di culto, “Musa ispiratrice” e argomento di discussioni nei salot-ti intellettuali e nelle bettole più malfamate.

Nel corso degli ultimi due secoli è stato spesso al centro di dibattiti fra chi lo ha venerato (rimarcando le sue proprietà benefiche se correttamente utilizzato e il suo potere evocativo di momenti magici) e chi lo ha fortemente criticato ponendo l’accento sulla sua potenziale pericolosità, supportata da evi-denze che narravano la sua elevata tossicità e la possibilità che il suo abuso potesse condurre ad una serie di effetti avversi, fino alla morte.

Si ritiene che l’assenzio fu prodotto per la prima volta nel 1792 a Couvet, in Svizzera, da Pierre Ordinaire, un medico francese che si era trasferito lì poiché in fuga dal suo paese a causa della Rivoluzione.

In quell’epoca i medici di campagna, per preparare rimedi natu-rali, utilizzavano varie erbe officinali, fra cui l’assenzio maggio-re, di cui Ordinaire conosceva l’uso nei tempi antichi. Sperimen-tando con questa pianta iniziò così a produrre un forte distillato CONTRIBUTI SCIENTIFICI

L’assenzio.

Le illusioni della Fée Verte

Nadia Anna Della Torre*, Dea Massarelli**

Summary



Absinthe, celebrated in time as “nectar of the gods”, is the Green Fairy that grants the access to a world of

Dionysian intoxication.

However, behind all this hides the real danger, our mal du siècle, that is abuse and addiction: behind false

illu-sions of a short-lived wellbeing, they conceal a world from which it is not always possible to come back.

The absinthe’s victims are people of all ages, but many of them are from the youngest generations.

The present article intends to investigate the absinthe’s history and its representations in the Arts, in order to

debunk the myth about its ingredients’ toxicity and to draw attention to the dangers hidden beneath the

seduc-tion of this substance, which has a very high alcoholic content.

Following these data and observations, we can affirm that there is the need to put special attention to the

absinthe’s comeback and to its growing fame among young people, too often and too easily entranced by the

promise of oblivion though intoxication.



Keywords: Absinthe, Absinthism, Distillate, Thuyone, Green Fairy, Alcohol, Addiction, Young people, Danger,

Pubblicity, Mass Media, Social Network.

Parole chiave: Assenzio, Absinthism, Distillato, Tujone, Fata Verde, Alcol, Dipendenza, Giovani, Pericolo,

Pub-blicità, Mass Media, Social Network.

* Dirigente Medico Ser.D. Pescara.

** Psicologa Clinica, specializzanda in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale.

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da circa 60° contenente, oltre all’assenzio, molte altre erbe, tra cui anice, issopo, dittamo, acoro e melissa.

La bevanda di Ordinaire divenne un famoso toccasana a Couvet e si pensa che alla sua morte egli ne tramandò la ricetta segreta alle sorelle Henriod: di fatto la “paternità” dell’assenzio è con-troversa, dal momento che è possibile che le Henriod produces-sero il distillato in proprio già prima di Ordinaire.

In particolare Henriette Henriod, chiamata “mamma Henriod”, ne rivendicò il primato, affermando che la spinta a produrre l’e-lisir le fu data dalla scoperta delle grandi proprietà benefiche dell’Artemisia absinthium e delle altre erbe, facenti parte della ricetta originale, che coltivava nel suo orto.

Pare che la donna producesse l’assenzio in casa, servendosi di un piccolo alambicco che aveva nella sua cucina: non avendo però la possibilità di produrne grandi quantità, vendeva il suo prodot-to soltanprodot-to in piccoli campioni alle famiglie e alle farmacie. La richiesta dell’elisir nella città crebbe sempre più nel tempo, così che il Sindaco Dubied ne comprò la ricetta ed insieme a Henri Louis Pernod, suo futuro genero, fondò nel 1798 la distil-leria “Dubied Pere et Fils”.

Dopo qualche anno Pernod aprì la propria distilleria, la “Pernod Fils” a Pontarlier.

Con l’inizio di una produzione più ampia del distillato, la ricet-ta originale fu modificaricet-ta per meglio soddisfare le richieste dei consumatori: venne ridotta la quantità di assenzio maggiore e incrementata quella di anice e finocchio così che il sapore risul-tasse meno amaro e la bevanda divenisse più appetibile. Fu così che nacque l’“Absinthe” e, da allora e per sempre, esso fu legato al nome “Pernod Fils”, che ne rappresenta tuttora la marca più conosciuta.

L’assenzio, come fu prodotto e così come lo conosciamo, è una bevanda che si mostra con tutte le sfumature della clorofilla, dal giallo tenue al verde smeraldo, che è il colore predominante. Ha un sapore complesso dovuto agli aromi delle varie erbe con cui viene prodotto: oltre alle foglie di Artemisia Absinthium con-tiene anice stellato, semi di finocchio, issopo, melissa, artemisia pontica e numerosi altri ingredienti, come angelica, menta, genepì, camomilla e coriandolo, che cambiano a seconda della distilleria che lo produce.

La bevanda è prodotta per macerazione e diretta distillazione di tali ingredienti, cui possono far seguito ulteriori macerazioni che si diversificano a seconda del colore e del sapore che si vuole ottenere.

Del composto esistono anche varietà meno pregiate, che vengo-no prodotte mischiando a freddo essenze o olii con l’alcol. La costante di quasi tutte le varietà di assenzio è il contenuto alcolico estremamente elevato (tra il 45% e il 75%), indispensa-bile per permettere alla clorofilla di restare staindispensa-bile più a lungo possibile.

Esiste anche un rituale di preparazione e consumo dell’assenzio che ha una storia precisa: in origine il distillato veniva bevuto puro, a piccoli sorsi o “a cucchiai”, come fosse uno sciroppo medicinale. Successivamente nacque l’abitudine di diluirlo con acqua: la iniziarono i soldati francesi in Algeria, i quali si ritiene fossero soliti disinfettare con l’assenzio le acque malsane dell’A-frica.

Al loro rientro in patria questa abitudine dilagò tra la gente e si diffuse rapidamente, insieme all’usanza di utilizzare insieme sci-roppo di gomma o orzata come dolcificante.

Infine, negli ultimi 30-35 anni del XIX secolo, si affermò il meto-do classico di consumare la bevanda, che prevedeva di scioglie-re una o più zollette di zucchero servendosi di un cucchiaino forato posto su un bicchiere contenente assenzio, sul quale si

versavano gocce d’acqua ghiacciata per permettere una diluizio-ne avente un rapporto oscillante da 3:1 a 5:1 e che conferiva alla bevanda una tipica opalescenza, detta “louche” (dal francese: opaco, ombreggiato).

In questo modo si poteva al contempo ridurre l’elevata gradazio-ne alcolica e consentire alla varietà aromatica contenuta di emergere, dal momento che nel distillato puro si ha una netta predominanza del sapore dell’anice sugli altri ingredienti. Nel corso del XIX secolo si diffusero numerose distillerie di assenzio con vari marchi in Francia e in Svizzera, anche se il distillato conobbe l’apice della sua notorietà soltanto nella seconda metà dell’Ottocento, epoca in cui iniziarono a compa-rire nei bar e nei bistrot le “fontane”: dei grossi contenitori per l’acqua, lo zucchero ed eventualmente il ghiaccio, dotati di can-nelle con la funzione di rendere più agevole la diluzione del distillato da parte degli avventori.

A quel tempo, grazie anche a prezzi relativamente contenuti e accessibili a tutti i ceti, la bevanda era consumata dalle classi sociali più svariate e da numerosi personaggi del mondo dell’arte. Le classi più povere usavano berlo nelle ore di pausa lavorativa mentre pittori e poeti, riuniti nei bar e nei circoli, traevano ispi-razione dall’assenzio per la creazione delle loro opere, come fosse una vera e propria musa: probabilmente questa fu una delle ragioni per la quale il distillato fu soprannominato “La Fée Verte” (la Fata Verde).

Molti di questi artisti erano noti, oltre che per le proprie opere, anche per stili di vita sregolati, rituali elaborati e accessori stra-vaganti, così che l’assenzio fu presto considerato un modello dello stile di vita bohémienne.

Tra i maggiori artisti noti per fare uso di assenzio e per esaltarne le proprietà si ricordano Vincent Van Gogh, Oscar Wilde, Edgar Allan Poe e Charles Baudelaire, quest’ultimo capostipite del movimento poetico dei “poeti maledetti”.

Citiamo alcuni esempi, tra le numerose opere letterarie dedicate all’assenzio:

Il vino sa rivestire gli antri più sordidi d’un lusso miracoloso,

e innalzare una fila di favolosi portici nell’oro del suo vapore rosso

come il sole al tramonto in un cielo nuvoloso. L’oppio ingrandisce ciò che non ha limiti, prolunga lo sconfinato,

approfondisce il tempo, scava la voluttà e di piacere neri e torvi

riempie l’anima oltre la sua capacità. Tutto ciò non vale il veleno che distillano i tuoi occhi verdi,

laghi in cui si vede la capovolta tremare l’anima… I miei sogni in folla

vengono a dissetarsi a quegli abissi amari. Tutto ciò non vale il terribile prodigio della tua saliva che morde

che la mia anima immerge nell’oblio senza rimorsi, e al carro della vertigine la fa rotolare sfinita alle sponde della morte. (Charles Baudelaire “Le Poison”)

Assenzio, madre di tutte le gioie, o liquore infinito, brilli nel mio bicchiere verde e pallido come gli occhi de

l’amante che una volta ho amato. Assenzio, madre della felicità, come Lei, lasci nel

corpo un ricordo di dolore lontano; assenzio, madre di folli passioni e di barcollante

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ubriachezza, in cui qualcuno può dire senza ritenersi un pazzo, di essere amato

dalla propria amante. Assenzio, la tua fragranza mi distende. (Gustave Kahn “Absinthe”)

Il celebre pittore Paul Gaugin in una lettera ad un amico, risalen-te al 1897, scrisse:

Siedo sull’uscio della mia porta, fumando una sigaretta e gustando il mio assenzio, e trascorro felicemente ogni giorno senza dare importan-za alcuna al mondo.

Anche l’arte pittorica è stata veicolo di diffusione della bevanda, come nei quadri mostrati di seguito:

E. Degas “L’assenzio” (1876)

E. Manet “Il bevitore d’assenzio” (1876)

P. Picasso “Bevitrice d’assenzio” (1901)

P. Picasso “La bevitrice d’assenzio” (1901)

Si può rilevare che questi, come gran parte degli altri dipinti, per lo più evidenziano gli aspetti di ritiro sociale, di fissità e di appiattimento emotivo che caratterizzano il bevitore cronico di assenzio.

Nei nostri giorni il dipinto di Degas e il volto di Baudelaire sono usati nella creazione di “post” e nella loro diffusione sui social network per veicolare messaggi per lo più riferiti a momenti esi-stenziali negativi.

Il fatto che essi provochino comunque un sorriso in chi legge contribuisce non tanto alla messa al bando della sostanza, bensì alla sua pubblicizzazione e muove in qualche modo l’istinto della curiosità: il primo stadio dell’uso.

Tornando al passato, la notevole popolarità che l’assenzio rag-giunse in quegli anni, condusse i produttori di vini, cognac e whisky a iniziare una vera e propria guerra contro di esso, guer-ra che fu prontamente condivisa dai governi al fine di combatte-re il diffondersi dell’alcolismo, che rappcombatte-resentava una delle più grandi piaghe del tempo.

Fu così che, parallelamente al suo consumo sempre più massi-vo, si diffuse l’allarmistica nozione che l’assenzio potesse indur-re vari effetti avversi nei consumatori, effetti che sembravano insorgere in modalità specificatamente più grave rispetto a quel-li associati ad altre forme di alcol.

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Tali sintomi si verificavano prevalentemente nei casi di abuso e di assunzione cronica di assenzio e potevano essere disturbi del sonno, difficoltà nella comunicazione, sensazioni di vuoto men-tale, allucinazioni visive e uditive, exitus.

Pare addirittura che siano stati registrati casi in cui l’intensità di questi sintomi abbia condotto al suicidio.

È nota, ad esempio, la leggenda che aleggia intorno a Vincent Van Gogh, secondo cui il pittore avrebbe consumato assenzio sia prima dell’occasione in cui si recise l’orecchio per donarlo ad una prosti-tuta, sia poco prima di porre fine alla sua tormentata vita. Questo gruppo di sintomi fu, in un primo momento, considera-ta come una vera e propria Sindrome e prese il nome di “Absinthism”: essa insorgeva in soggetti dipendenti e in chi abu-sava di questa bevanda e non in caso di uso sporadico. Si può allora dire che la citata “Sindrome” emergeva soltanto alla stregua dell’Alcolismo, da cui, di fatto, non si differenziava. All’inizio del ventesimo secolo prese piede una feroce campa-gna di informazione avente lo scopo di mettere in guardia i con-sumatori sui pericolosi effetti dell’assenzio.

Contemporaneamente cominciarono anche a circolare varie voci e leggende: alcune affermavano che il distillato provocasse assuefazione, come una vera e propria droga, altre sostenevano che venisse utilizzato oppio come uno dei suoi componenti. La più aspra critica mossa al distillato riguardò uno dei suoi costituenti: il “Tujone”, un terpene tipico dell’olio essenziale di Artemisia Absinthium, ritenuto estremamente tossico e in grado di portare, a dosi elevate, a crisi epilettiche, delirium tremens e morte.

È doveroso ora aprire una parentesi su tale sostanza: se da una parte è stato provato che alti dosaggi di tujone hanno effetti devastanti sul sistema nervoso, dall’altra si è posto il problema di fornire a tali “alti dosaggi” un valore che abbia valenza statistica per l’uomo.

Gli esperimenti scientifici hanno descritto che basta un grammo di tujone, iniettato in vena ad una cavia da laboratorio, per por-tare l’animale al delirium tremens e, talvolta, alla morte. Tuttavia nell’uomo i valori sono decisamente superiori: un gram-mo di tujone iniettato in una cavia equivarrebbe a 100 grammi

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per un uomo: è stato dimostrato, pertanto, che le quantità di intossicazione da Tujone sono pari a 80-100 g.

Di conseguenza è assai improbabile che qualcuno possa intossi-carsi in modo così grave bevendo assenzio, dal momento che, per composizione, la bevanda non può contenere più di 30-40 mg/kg del terpene.

Infatti, esaminando le dinamiche specifiche di produzione del-l’assenzio, gran parte del tujone (circa il 70-80%) si perde eva-porando nella fase di essicazione dell’Artemisia Absinthium e l’altra parte si annulla “tagliando” la testa del distillato. Per tali ragioni non è corretto stimare, come fece ad esempio Wilfred Arnold nel 1989, che gli assenzi storici avessero 250 mg/kg di tujone, poiché nei suoi studi egli esaminò la pianta fre-sca, senza calcolare né l’essicazione né la distillazione. Al contrario, va sottolineata l’attendibilità delle più recenti ricer-che condotte da Ted Breaux, un noto chimico e biologo ameri-cano, che ha estratto con una siringa l’assenzio da numerose antiche bottiglie risalenti proprio al XIX secolo, rilevando che le quantità di tujone si aggiravano generalmente intorno ai 5-9 mg/kg e, soltanto in pochi casi, sfioravano i 20-30 mg/kg. Tra fine Ottocento e inizi del Novecento si diffusero anche noti-zie di violenti crimini consumati da parte di uomini che pareva avessero bevuto assenzio e fossero sotto l’influenza diretta della bevanda.

Uno dei più terribili eventi luttuosi avvenne nel 1905 ed ebbe come protagonista un contadino svizzero di 31 anni che, dopo aver abusato di alcol in grandi quantità e di due bicchieri d’as-senzio, tornò a casa e uccise a colpi di fucile sua moglie e le due figlie.

Questo triste fatto di cronaca fu utilizzato dagli “avversari del-l’assenzio” come miccia che innescò la polveriera: essi diedero infatti grande risalto ai due bicchieri di assenzio consumati dal contadino come prova del potere allucinogeno della bevanda. Fu sostenuto che bere assenzio rende folli e criminali e la men-talità popolare iniziò presto a vedere i suoi bevitori come instu-piditi o mentalmente offuscati e a considerare la bevanda come una grave minaccia, a causa della sua presunta capacità di tra-mutare gli uomini in bestie selvagge. Émile Zola descrisse le gravi intossicazioni di questi uomini nel suo romanzo “L’ammaz-zatoio”.

La tendenza ad assimilare l’assenzio alle droghe ha continuato a regnare fino ai tempi recenti e la si può riscontrare anche in cele-bri film come “Jack lo squartatore” (2001), che ha contribuito a consolidare la leggenda secondo cui l’assenzio venisse consu-mato insieme all’oppio, e “Moulin Rouge” (2001).

In particolare quest’ultima pellicola ha promosso una vera e pro-pria “canonizzazione” del metodo “flambè”, un rituale alterna-tivo di consumare assenzio che, basandosi sul metodo classico, prevede però di bagnare la zolletta di zucchero con l’assenzio stesso, di darle fuoco e poi di versarci sopra l’acqua, come mostra il protagonista (l’attore Ewan Mc Gregor) che, in una delle scene iniziali del film, brinda e beve l’assenzio in questo modo.

Sebbene questo stile di preparazione venga spesso fatto risalire erroneamente all’Ottocento e venga talvolta indicato come “metodo bohèmienne”, in realtà esso vede la sua origine a Praga tra il 1990 e il 1995.

In quegli anni avevano cominciato a diffondersi i primi surroga-ti d’assenzio e i barissurroga-ti che lo servivano e che di esso non cono-scevano altro se non le descritte leggende, non fecero altro che prendere il rituale dell’eroinomane (che scalda la droga sul cuc-chiaio) e adattarlo all’assenzio: al solo scopo di conferirgli sapo-re, dal momento che tali surrogati avevano un gusto molto più

simile all’alcol puro che al reale distillato, di cui di fatto conser-vavano soltanto il nome.

In sintesi le ragioni della decadenza del distillato sono essenzial-mente riassumibili in tre fattori: la grande risonanza che ebbe il movimento sociale volto a combattere il dilagare dell’alcolismo in Europa nei primi anni del Novecento; la divulgazione degli studi scientifici sull’alta tossicità del tujone e sulle sue dosi ele-vate presenti nel distillato; la pressione esercitata dai produttori francesi di altri alcolici, in particolare del vino, che erano sem-pre più sem-preoccupati dalla crescente popolarità e dalla competi-tività commerciale del distillato.

Al sorgere del XX secolo, nel 1915 per l’esattezza, l’assenzio viene così ritirato dal commercio nella maggior parte dei Paesi europei e la sua produzione è vietata.

Nonostante la “fata verde” abbia continuato a sopravvivere in Paesi quali Regno Unito, Spagna e Repubblica Ceca, il suo con-sumo è stato, nel corso degli anni, significativamente ridotto, fino al 1988, anno in cui delle nuove direttive del consiglio europeo (88/388/CEE e 91/71/CEE) ne hanno concesso nuova-mente il commercio sia come prodotto alimentare di base per la preparazione di varie ricette, sia come superalcolico, a patto che le quantità di tujone contenuto non superassero i 35 mg/kg. Tali direttive hanno coinvolto anche l’Italia, e il divieto fascista relativo alla distribuzione e al consumo di assenzio risalente al 1931, è stato sanato nel 1992.

Gran parte delle varietà del distillato prodotte al giorno d’oggi non sono purtroppo molto diverse dai surrogati distribuiti nei primi anni Novanta, sebbene esistano ancora prodotti di qualità che seguono le ricette e i metodi di distillazione originali. Gli esperti utilizzano alcune regole per riconoscere il vero assenzio, che possiamo riassumere brevemente in questo modo: • deve essere distillato con gradazione tra i 45 e i 75 gradi; • deve intorbidire con aggiunta di acqua ghiacciata; • deve contenere assenzio e semi di anice verde;

• deve avere un sapore complesso e bilanciato tra tutti gli ingre-dienti.

Si usa, inoltre, confrontare il prodotto con l’assenzio delle distil-lerie storiche, fra cui Pernod Fils, Berger, Premier fils e Fritz Duval, le quali conservano il primato dei canoni gustativi ed olfattivi che definiscono il vero “Absinthe”.

Dal momento che recentemente la politica non è più proibizio-nista come all’epoca, sebbene il consumo di assenzio sia anco-ra illegale in numerosi Paesi, si assiste ad un nuovo incremento del suo uso e, pur se molte delle leggende volte a mettere l’as-senzio in cattiva luce siano state sfatate, va sottolineato che una nuova diffusione dello stesso è in ogni caso un fenomeno da tenere sotto controllo: il distillato resta comunque un superalco-lico con una gradazione che è tra le maggiori in commercio. Attualmente il consumo della bevanda sta crescendo di giorno in giorno, incentivato in modo particolare da Internet e dalle mode e l’immagine della “fata verde” sta tornando a destare un interesse sempre maggiore, al punto tale che il “nuovo assen-zio”, così come viene chiamato oggi, è sempre più facilmente reperibile.

La bevanda è stata infatti messa in vendita sul mercato in rete, così che Internet è diventato il modo più facile e veloce per acquistarlo e riceverlo direttamente dove si preferisce, inclusi i Paesi in cui ancora non è possibile acquistarlo legalmente. Si pensi che basta digitare “Assenzio” sul motore di ricerca per trovare una pagina web indicante informazioni sulle modalità d’acquisto: “è possibile acquistare Assenzio online in tutta tran-quillità sul sito e/o semplicemente chiamando al numero 0039 **********.

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Consegna celere in tutta Italia in 24h tramite GLS”.

Una preoccupazione che sorge spontanea, vista la situazione, è rivolta soprattutto alla popolazione giovanile.

Vivendo nell’era del consumismo, della flessibilità e del “narci-sismo sociale” i ragazzi non sempre hanno basi solide su cui poter contare nella fase di crescita e, al contempo, ricevono giornalmente esempi di stili di vita e modi d’essere basati sulla possibilità di trascorrere un’esistenza condotta all’insegna dell’e-stetica e del divertimento puro e sfrenato: tutto questo esita sem-pre ed in modo incontrovertibile nello “sballo”.

Se si guarda alla realtà da questa prospettiva, il ritorno in voga dell’assenzio non può che rappresentare l’ennesima minaccia alla salute psico-fisica e, sebbene non faccia più tanto scalpore come in passato, occorre comunque prestare grande attenzione al dilagare del suo consumo e alle modalità in cui esso avviene. Citiamo degli esempi al fine di inquadrare meglio la situazione: l’assenzio viene oggi proposto a caro prezzo come drink esclu-sivo in feste organizzate da giovani i cui principali propositi per la serata sono il raggiungimento della “lucidità spirituale” e la “stimolazione afrodisiaca”.

Questa esperienza è stata perfino trattata in un film di nuova pro-duzione uscito lo scorso anno: “Girl’s trip”. In particolare, la scena riguardante l’acquisto di assenzio e il suo successivo con-sumo è stata utilizzata anche nel trailer del film, in cui le prota-goniste comprano la bevanda da un venditore ambulante che promette loro una serata capace di andar oltre i loro confini sen-soriali e porge una bottiglietta dal contenuto verde, con un’eti-chetta su cui si legge chiaramente “La fée verte: Absinthe”. In seguito le ragazze consumeranno la bevanda in dei cocktail alla frutta e trascorreranno la serata ubriache, a mettere in atto

comportamenti di cui non avranno memoria e di cui si pentiran-no, tra allucinazioni e strane e piacevoli percezioni sensoriali, al di là dei confini della loro realtà, come gli era stato promesso: “lo sballo” è proprio questo.

Sfortunatamente quanto descritto non succede solo nei film, ma è il pane quotidiano dei ragazzi del mondo d’oggi, che pare cer-chino di compensare i loro sentimenti di “vuoto interiore” e l’in-soddisfazione allontanandosi artificialmente dalla realtà e da se stessi.

I cocktail e gli “shottini” (piccole porzioni di bevande alcoli-che pure) sono ormai consumati abitualmente durante gli ape-ritivi e nelle “serate”, a volte anche durante i pasti: anche se ciò non esita necessariamente in “Disturbo da Uso di Alcol”, secondo le definizioni diagnostiche specialistiche, ciò non significa che a questi comportamenti non seguano gravi rischi per la salute.

Le quantità di alcol che si riescono ad assumere in tempi brevis-simi, bevendo ripetutamente cocktail e soprattutto cicchetti, sommate all’elevata gradazione alcolica dell’assenzio, possono portare fino alla morte ed è per tale ragione che il quadro che ne risulta è seriamente preoccupante.

Tale situazione è sicuramente mantenuta e approvata dai media che, piuttosto che attuare un piano di prevenzione, pubblicizza-no chi – in ambito artistico e musicale – attua dei richiami all’as-senzio o, addirittura, lo inneggia.

Per fare degli esempi, Fedez e J-Ax, tra i più commerciali espo-nenti musicali italiani del momento, hanno intitolato una loro canzone Assenzio e hanno richiamato lo stesso nei versi:

si potesse cancellare tutto il male, lo berrei come assenzio stanotte.

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I Kasabian, gruppo musicale del Regno Unito recentemente in voga in tutto il mondo, hanno composto una canzone intitolata La fée verte, il cui testo recita:

Vecchia fatina verde, cosa mi hai fatto? Vedo Lucy nel cielo dirmi che sono drogato. Sono uscito per comprare del latte tre giorni fa, ho incontrato Dali in strada, mi ha sollevato di peso. Ora inizio a vedere che non va così bene

c’è un poliziotto nel mio letto che mi dice che sono morto. Se solo potessi mostrargli ciò che ho visto.

Dovrei portarti giù in basso dove comandano gli insetti. Suono e visione si invertono.

Le rughe ti fanno sembrare più vecchio di quando sei andato via. E ogni giorno c’è qualcuno che mi abbatte,

ho gli occhi di un pazzo, sto correndo in ogni direzione. Cosa si prova a vivere una vita dove niente è reale? Così mandami giù al fiume e basta.

I vicini dicono che ho bisogno di essere rinchiuso, beh non sarebbero i primi a volermi in una clinica. Nessuno dorme perché io sono ancora sveglio, passatemi La Fée Verte: vi farò prendere uno spavento. Cani nelle borsette, sono tutti star.

Guardi il retro delle tue palpebre e poi sei morto. E ogni giorno c’è qualcuno che mi abbatte

ho gli occhi di un pazzo, sto correndo in ogni direzione. Cosa si prova a vivere una vita dove niente è reale? Così mandami giù al fiume e basta.

Non aspetterò fino domani.

Mi guardo indietro e aspetto un segnale. E non celebrerò la mia libertà.

Così mandami giù al fiume e basta E ogni giorno c’è qualcuno che mi abbatte ho gli occhi di un pazzo, posso sembrarlo. Cosa si prova a vivere una vita dove niente è reale? Così mandami giù al fiume e basta.

Il dilagare del consumo di assenzio, come mostrato, non è lon-tano dalla nostra realtà, ma si sta verificando proprio adesso, davanti ai nostri occhi, e sebbene gli effetti avversi siano signifi-cativamente minori rispetto al passato e siano state sfatate le pre-cedenti idee relative alla tossicità dei suoi contenuti, resta comunque il fatto che avere disponibile in commercio un’ulte-riore bevanda dal grado alcolico così elevato, che possiede

anche un alone mistico di leggenda e poeticità, deve essere un fenomeno cui prestare attenzione per la salute pubblica e, in particolare, per i nostri giovani.

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Riferimenti

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