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A good city form. Disegnare la città eco-compatibile

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Academic year: 2021

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Come già enunciato nel titolo, la ricerca Di.E.Ci. “Disegna-re la città eco-sostenibile” — svolta dal Dipartimento di Ar-chitettura di Firenze con il so-stegno della Regione Toscana — ruota intorno a due nuclei tematici: “forma” e “sosteni-bilità” urbana. Di questi, il se-condo rappresenta una para-digma con cui ogni operazio-ne di trasformaziooperazio-ne sulla cit-tà contemporanea deve ne-cessariamente misurarsi, for-nendo risposte tecniche ade-guate alle problematiche am-bientali ed energetiche per-tinenti ad ogni scala d’inter-vento e facendosi al contem-po carico delle ricadute eco-nomiche e degli effetti socia-li ad esso legati. L’accentazio-ne sulla dimensioL’accentazio-ne ambien-tale — nel riferimento all’eco-sostenibilità — è da mettere in relazione alla formulazione di quello che la Strategia te-matica sull’ambiente urbano dell’Unione Europea definisce come “obiettivo globale”: «ri-vitalizzare le città europee, per farne luoghi sani, piacevoli e accoglienti in cui vivere e per-mettere alle comunità e alle economie locali di prosperare. Al centro di questo processo deve essere l’ambiente». Una rappresentazione icastica di questo concetto è rintracciabi-le nel programma EcoCity mes-so in atto a Vancouver, città in prima linea nella sperimenta-zione di politiche orientate al-la sostenibilità urbana, al-la cui amministrazione, nel febbra-io 2011, ha approvato all’una-nimità un piano d’azione per arrivare al traguardo del 2020

fissato dal Protocollo di Kyoto come the greenest city in the world. Nell’introduzione della par-te del programma dedicata al-la densità insediativa, il “trian-golo della sostenibilità” è pre-sentato in forma di triciclo: la ruota anteriore, che dà la dire-zione di marcia, è la sostenibi-lità ambientale, mentre le ruo-te posruo-teriori, che danno stabi-lità al mezzo, rappresentano la sostenibilità sociale e quel-la economica.

Intorno al tema del “disegno” ruota invece quella che può es-sere considerata la tesi della ri-cerca, ovvero l’affermazione secondo cui qualsiasi discor-so sulla città — a maggior ra-gione se traguardato sulla lun-ga durata e sulla valorizzazio-ne delle risorse locali, come il paradigma della sostenibilità impone — non può esimersi da una riflessione sulla forma, sulle relazioni e sul significato che ogni intervento di modifi-cazione del suolo incarna nel contesto in cui si inserisce. Tale affermazione contiene in sé una valenza programma-tica, particolarmente appro-priata nell’affrontare la “que-stione urbana” nella Toscana contemporanea, se solo consi-deriamo questi due aspetti fra loro interconnessi:

– il carattere strutturato e mor-fologicamente connotato dei centri storici, che nell’imma-ginario collettivo continuano a interpretare, sia a livello loca-le che a scala globaloca-le, il ruolo dell’insediamento toscano tout court, svolgendo una funzione identitaria “di supplenza” an-che per tutto il ben più esteso

— ma per la gran parte anoni-mo — insediamento contem-poraneo;

– l’esigenza, da tempo senti-ta ma ad oggi sossenti-tanzialmen- sostanzialmen-te elusa, di strasostanzialmen-tegie incisive nel campo della riqualifica-zione urbana, volte appunto a correggere gli squilibri funzio-nali e la debolezza morfologi-ca della città che si è sviluppa-ta dal secondo dopoguerra in poi: un’esigenza che oggi si in-contra con le istanze della so-stenibilità urbana, e che in es-se può trovare una nuova fonte di legittimazione anche rispet-to al tema delle risorse econo-miche — inevitabilmente in-genti — da investire sul terri-torio.

Possiamo dire che dal bilancio sulle esperienze internazionali di progettazione urbana soste-nibile, alla cui analisi è dedica-ta una parte significativa della ricerca, il problema della qua-lità morfologica dei nuovi in-sediamenti appare a tutt’oggi quello meno risolto, come se l’introduzione di livelli presta-zionali molto elevati nei fab-bricati e una più ampia do-tazione di zone verdi possa da sola costituire un surroga-to alla qualità degli spazi fisici in cui vivono e si muovono gli uomini, secondo un approccio analogo a quello degli stan-dard nell’urbanistica tradi-zionale. Molto più interessan-ti e innovainteressan-tivi appaiono inve-ce, nel complesso, quegli inter-venti che inserendosi negli in-terstizi della città esistente mi-rano a modificarne l’uso e la percezione da parte degli abi-tanti, trasformando aree

mar-ginali o snodi di traffico in luo-ghi vissuti e “figurabili”. Il quadro che deriva dall’am-pia casistica di situazioni ana-lizzate, incrociata alle infor-mazioni desunte dalla lette-ratura — compresa quella, assai abbondante, prodotta dall’Unione Europea — con-sentono comunque di enuclea-re alcuni principi generali. Al netto di numerose variabi-li, vi è una sostanziale conver-genza sulla relativa maggior sostenibilità dei modelli inse-diativi organizzati per ambi-ti morfologicamente defini-ti e compatdefini-ti (a cui sono assi-milabili anche i quartieri delle città esistenti) percorsi e inter-connessi da reti ecologiche e di mobilità; fra queste, un’impor-tanza strutturante — rispetti-vamente alla scala locale e a quella urbana-metropolitana — è assunta dai sistemi pedo-nali e da quelli dedicati al tra-sporto pubblico.

La declinazione più nota di questi modelli è il Tod (Transit Oriented Development), teorizzato dall’americano Peter Calthor-pe nel libro The Next American Metropolis (1993), a cui fanno ri-ferimento, in modo più o me-no esplicito, alcuni programmi di riorganizzazione funzionale di aree metropolitane in corso in tutto il mondo (da Portland negli Usa, a Ginevra, a Napo-li). Entro questa “cornice”, un ruolo fondamentale è poi attri-buito alle prestazione funzio-nali ed ecologiche, ai connota-ti spaziali e alle reciproche re-lazioni delle varie componen-ti: strada, spazio pubblico, edi-fici, ecc.

D i s e g n a r e l a c i t t à e c o - c o m p a t i b i l e

Pietro Giorgieri, Francesco Alberti

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Altro tema ricorrente è quello relativo all’uso del verde come elemento di compensazione ambientale e di riqualificazio-ne paesaggistica delle aree ur-bane e metropolitane, secondo un approccio che attribuisce al paesaggio un ruolo strutturan-te per la città construtturan-temporanea, in sostituzione a quello svol-to dall’architettura nella cit-tà tradizionale. Un ruolo che può anche essere giocato ex-post, grazie alla flessibilità dei materiali vegetali, permetten-do di intervenire in situazioni di avanzato degrado. Secon-do lo studioso australiano Pe-ter Newman (2009), Tod, Pod (Pedestrian Oriented Development) e God (Green Oriented Develope-ment, in cui i sistemi degli spa-zi pubblici urbani si interseca-no con le infrastrutture am-bientali) sono i tre profili che insieme caratterizzano la “cit-tà resiliente” (una cit“cit-tà capace

cioè di adattarsi ai mutamen-ti ambientali e all’andamento dei cicli economici).

Al di là del richiamo ricor-rente al paradigma della cit-tà compatta e di un’attenzio-ne sicuramente più marca-ta, rispetto al passato, ai temi dell’accessibilità e della qualità ambientale (affiancati, in mol-ti casi, da applicazioni innova-tive per quanto riguarda l’ap-provvigionamento energetico), non esiste un modello “ideale” per quanto riguarda il dise-gno urbano a cui ricondurre, anche solo concettualmente, la molteplicità delle soluzio-ni adottate o proposte; esisto-no invece elaborazioni interes-santi sopratutto nel trattamen-to degli elementi del proget-to di suolo, in particolare per quanto riguarda l’articolazio-ne degli spazi viari (marciapie-di, fasce alberate, percorsi ci-clabili, aree di sosta, ecc.). Si

tratta di un tema più impor-tante di quanto non sembri, come dimostrano, per contra-sto, realizzazioni anche recen-tissime nei nostri contesti ur-bani (basti pensare all’inade-guatezza degli spazi pedona-li in tutti i principapedona-li interven-ti di trasformazione fatinterven-ti a Fi-renze negli ultimi anni). Il re-cupero di una razionalità mi-nimale nel disegno dello spa-zio pubblico è evidentemente una pre-condizione rispetto a qualsiasi avanzamento cultu-rale.

Tuttavia, è evidente come la qualità delle parti sia necessa-ria ma non sufficiente a quali-ficare l’insieme. Dal punto di vista dell’urban design non si re-gistrano, nel complesso, parti-colari innovazioni direttamen-te rapportabili al nuovo ap-proccio sostenibile ai temi del-la città; anzi, preoccupa una certa tendenza verso

mecca-nici assemblaggi delle singo-le componenti progettuali, sia pure entro un’immancabile cornice “verde”. In molti ca-si — anche fra quelli più ce-lebrati, come il quartiere Vau-ban di Friburgo — il proble-ma della forproble-ma appare in ef-fetti fortemente sottovalutato. Struttura e gerarchizzazione dello spazio pubblico in rela-zione al contesto di riferimen-to, mixité, e “dosaggio” delle densità in ragione di un ”ef-fetto città” sono i fattori da cui dipendono maggiormente l’equilibrio funzionale e com-positivo di ogni intervento e il suo significato urbano. Alla luce di queste considera-zioni, un ripensamento sul-la natura degli strumenti che disciplinano la trasformazio-ne delle città toscatrasformazio-ne appare a nostro avviso necessaria. Il Piano strutturale in partico-lare necessita di essere

profon-✺

1 “uso misto” sono collocati sui margini dell’insediamento, il ruolo Matthew Carmona et al., Se tutti gli elementi di potenziale

del centro è a rischio, (da Public Places – Urban Spaces: The Dimensions of Urban Design, 2003)

2 Gordon Cullen, Una vittima della pianificazione di un grande

spazio traccia la sua pubblica protesta per ricordare la necessità di una città giustamente concentrata, (da Townscape, 1961).

3 Pietro Giorgieri et al., Possibile metamorfosi del sistema urbano, (schemi tratti dallo studio svolto per il Comune

di Firenze La mobilità sostenibile a Firenze come strumento

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damente modificato nei con-tenuti e nella forma, sia per come è proposto dalla vigen-te legge 1/2005 sul governo del territorio, per altro in via di re-visione, sia per come viene ela-borato dai Comuni.

Avendo assunto come temi “strutturali” il sistema della mobilità e il sistema dello spa-zio aperto, lo stesso Ps dovrà prioritariamente darne con-to e includere come parte es-senziale e strutturante il pro-getto della mobilità nelle sue strategie fondamentali (senza demandarlo a studi successi-vi e di settore), così come do-vrà necessariamente contene-re il progetto del sistema del-lo spazio aperto — in partico-lare pubblico — declinato nel-la forma di strategie di riquali-ficazione urbana spazialmente definite (schemi direttori, ide-ogrammi, abachi di sezioni stradali, caratteristiche

morfo-logiche dei luoghi e del sistema delle loro relazioni).

Questo significa definire an-che i rapporti e le modalità at-tuative in relazione agli stru-menti perequativi, che do-vranno pertanto essere op-portunamente calibrati anche in ragione di queste finalità e priorità.

I Ps che non rispondono a queste tematiche dovranno es-sere considerati incompleti nei loro elementi fondativi e non potranno quindi essere appro-vati.

Altro punto che dovrà essere profondamente rivisto è quel-lo del significato e del ruoquel-lo delle Utoe (Unità territoriali organiche elementari). Il con-cetto stesso — per altro abba-stanza vago — di Utoe, do-vrà essere profondamente rivi-sto e riarticolato in ragione del “progetto di città” che si vuo-le perseguire. E se, ad

esem-pio, si pensa a sistemi urbani a forte valenza pedonale e cicla-bile, queste articolazioni inter-ne del territorio comunale non potranno avere dimensioni “il-limitate” né dal punto di vista spaziale né da quello degli abi-tanti insediati. Si dovrà infat-ti dar conto della necessità di raggiungere pedonalmente al-meno i servizi e gli spazi pub-blici principali, e più in gene-rale il sistema dei luoghi cen-trali che strutturano lo spazio aperto e la rete del traspor-to pubblico. La stessa struttu-ra interna delle varie porzioni urbane dovrà necessariamente legittimarsi, non solo in termi-ni di standard quantitativi, ma anche di relazioni e di struttu-ra morfologica dotata di valo-ri identitavalo-ri e urbani. E sopra-tutto si dovrà indicare qual è il “sistema di luoghi centrali” senza il quale non può esserci alcuna autonomia funzionale,

alcuna “unità urbana organi-ca”, sia pure elementare. Si dovrà superare il tanto de-precato calcolo quantitativo come unico elemento di va-lutazione e indicare i necessa-ri elaborati grafici che diano evidenza iconografica al pro-getto dell’organizzazione per parti dell’insediamento, con-siderando la struttura un pro-blema connesso alla forma, al-la disposizione, alal-la comples-sità funzionale del sistema dei luoghi.

Infine si dovrà evidenziare l’esistenza all’interno dei siste-mi insediativi di un articolato sistema di layer urbani (comu-nità locale, quartiere, distret-to urbano, città, ecc.) che ri-chiedono e presumono diver-si livelli prestazionali e di orga-nizzazione dello spazio aperto. L’obiettivo è comunque sem-pre quello di riorganizzare i tessuti urbani di recente

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mazione in un sistema artico-lato di strutture urbane dota-te di una redota-te di luoghi centrali pedonali che aggreghino i ser-vizi (pubblici e privati) e siano i gangli di un progetto della mo-bilità alternativo a quello basa-to sull’aubasa-to privata.

Nel Regolamento urbanistico, tali indicazioni strategiche do-vranno raggiungere un ade-guato livello di dettaglio, affin-ché il sistema degli spazi pub-blici — pedonali (verdi e/o pa-vimentati), ciclabili, del tra-sporto pubblico e infine car-rabili (viabilità e parcheggi) — possa concretamente rappre-sentare l’ossatura progettuale su cui incardinare i singoli in-terventi, pubblici e privati. Questo comporta lo sviluppo degli schemi direttori presenti nel Ps in “progetti di suolo” ri-feriti a ciascuna Utoe o a par-ti di esse, accompagnato dal-la redazione di abachi per le situazioni più ricorrenti e da

prefigurazioni progettuali per le situazioni “speciali”, non-ché l’individuazione, per quel-le aree di trasformazione la cui definizione è rinviata a piani attuativi, almeno delle regole relazionali principali da segui-re nella loro elaborazione. “A monte”, cioè a livello nor-mativo (legge sul governo del territorio e regolamenti di at-tuazione), dovranno parimenti essere introdotti principi e pscrizioni, da applicare nella re-dazioni dei piani, tesi a favori-re una riconversione sostenibi-le degli insediamenti, tanto dal punto di vista ecologico, quan-to, in modo ad esso inscindibi-le, dal punto di vista della qua-lità morfologica e funzionale. Si dovranno ad esempio preve-dere nuovi standard, sia su te-mi come l’approvvigionamen-to idrico o il riciclo dei rifiuti, sia su temi legati alla vivibilità urbana, quali — a titolo esem-plificativo:

– la dotazione minima di spa-zi pedonali in relaspa-zione alle di-mensioni dei sistemi insediati-vi e dei relatiinsediati-vi sotto-sistemi (per es. i quartieri), unitamen-te a parametri inderogabili di copertura verde, alberatu-re stradali, spazi attalberatu-rezzati per bambini, attrezzature sportive senza vincoli di accesso; – parametri di accessibilità “dolce” e tramite mezzi pub-blici sia delle aree urbane a destinazione mista, sia in quel-le con destinazioni specialisti-che, con particolare riguardo ai grandi generatori di traf-fico; da valutare la possibili-tà di stabilire, oltre che dota-zioni minime, anche quantità massime di spazi adibiti a par-cheggio, in modo da favorire collocazioni legate al traspor-to pubblico;

– parametri di mixité in relazio-ne alle densità e alle caratteri-stiche degli spazi urbani, ecc. In conclusione, e più in

ge-nerale, è necessario ritorna-re a progettaritorna-re la città e la sua struttura fisica e morfologica. Temi per troppo tempo tra-scurati, con il risultato che no-nostante una ricca produzione di leggi, regolamenti e piani di varia denominazione non sia-mo riusciti più a costruire città e spazi abitabili.

Questa necessità di tornare a progettare le città affrontan-do in particolare il tema del “come” organizzare, disporre, strutturare gli insediamenti e lo spazio pubblico di relazione è inoltre particolarmente im-portante in un periodo di cri-si, che impone l’obbligo d’un uso razionale e sapiente del-le limitate risorse pubbliche e private. Il progetto di a good ci-ty form è dunque sia la premes-sa ineludibile, sia la condizio-ne imprescindibile per l’elabo-razione di convincenti e dura-ture strategie di intervento sul-la città presente e futura.

4 sostenibile: presentazione di Hammarby Sjostad Qualità urbana e prestazioni innovative di un quartiere

a Stoccolma, (dal portale nazionale della Svezia www.sweden.se)

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