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La radicalizzazione chirurgica dei sarcomi delle parti molli: revisione sistematica della letteratura e metanalisi.

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Academic year: 2021

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(1)

Scuola di Specializzazione in Ortopedia e Traumatologia

Tesi di Specializzazione

La radicalizzazione chirurgica dei sarcomi delle

parti molli: revisione sistematica della

letteratura e metanalisi.

Relatore:

Chiar.mo Prof. Rodolfo Capanna

Candidato:

Federico Sacchetti

(2)

SOMMARIO. 4

I SARCOMI DEI TESSUTI MOLLI. 7

Epidemiologia 7

Classificazione istologica 10

1.Neoplasie a differenziazione adipocitaria. 10

2. Neoplasie a differenziazione fibroblastica/miofibroblastica 14

3. Neoplasie a differenziazione “fibroistiocitaria” 16

4. Neoplasie a differenziazione muscolare liscia 17

5. Neoplasie a differenziazione muscolare striata 18

6. Neoplasie a differenziazione vascolare 19

7. Neoplasie Delle Guaine Nervose 20

8. Neoplasie a differenziazione incerta 21

9. Neoplasie non differenziate-non classificate 23

Grading 24

Stadiazione. 26

1. AJCC/UICC 26

2. La stadiazione di Enneking 28

IL TRATTAMENTO DEI SARCOMI DEI TESSUTI MOLLI 31

Diagnosi 32

1. Ecografia 33

2. Tomografia Computerizzata 33

3.La Risonanza Magnetica 34

3. La biopsia. 37

La malattia locale limitata. 40

1. La chirurgia 40

40

2. La terapia adiuvante/neoadiuvante 44

L’approccio chemioterapico nella malattia localmente avanzata 47

La malattia metastatica 48

Follow Up nei sarcomi di qualsiasi sede 49

LE RADICALIZZAZIONI. 50

La differenza tra Unplanned e Planned Excision 50

La gestione di un sarcoma dopo la diagnosi 51

Correlazione tra recidiva locale e speranza di vita 53

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Il ruolo dei centri specializzati nella prognosi dei STS 55

I fattori prognostici 56

SCOPO DELLA TESI 61

MATERIALI E METODI 62

L’esperienza di Pisa 62

1. La raccolta dei dati 62

2. I casi clinici 63

L’esperienza di Firenze 67

1. La raccolta dei dati 67

2. I casi clinici 67

RISULTATI 69

1. Risultati della clinica di Pisa e Firenze 69

La Metanalisi 77

CONCLUSIONI 93

(4)

Sommario.

I sarcomi delle parti molli sono un gruppo di neoplasie maligne estremamente eterogeneo ed estremamente raro di origine mesenchimale. Se venissero contati come una categoria unica, rappresenterebbero l’1% di tutti i tumori maligni dell’adulto. I principali fattori prognostici nei sarcomi dei tessuti molli sono le dimensioni del tumore alla diagnosi, la profondità e il grading istologico.

L’escissione chirurgica, con margini adeguati, rappresenta il trattamento fondamentale, accompagnato o meno dalla chemio e radioterapia, adiuvanti o neo adiuvanti.

La radioterapia adiuvante è generalmente utilizzata per ridurre il tasso di recidive locali nel caso in cui la massa neoplastica si presentasse di dimensioni superiori a 5 cm, profonda, di grado intermedio o alto. Il ruolo della chemioterapia è ancora controverso, viene generalmente utilizzata in caso di diagnosi di tumori particolarmente chemio-sensibili o in caso di presentazione di sarcoma metastatico alla diagnosi.

Queste neoplasie hanno un esordio piuttosto subdolo, presentandosi il più delle volte come masse asintomatiche delle estremità o del tronco spesso indistinguibili dalle ben più frequenti lesioni benigne. Il quadro aspecifico e le caratteristiche cliniche fanno sì che la diagnosi sia purtroppo molto spesso tardiva.

Giuliano ed Eilbert hanno coniato nel 1985 il termine “Unplanned Excision” per indicare l’escissione di una massa neoplastica maligna in assenza di un planning chirurgico e margini di tessuto sano adeguati.

Ancora oggi, nel pool di pazienti trattati ogni anno nei centri specialistici di trattamento dei sarcomi, circa il 15-53% (a seconda dei report) ha già subito un’inadeguata escissione presso un centro terziario.

Usualmente, queste escissioni non adeguatamente pianificate riguardano lesioni di piccola taglia (<5cm) e superficiali rispetto alla fascia. Gli esami istologici solitamente riportano una escissione intralesionale, una ‘whoop excision’ o in alternativa margini non adeguatamente riportati.

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Attualmente, nella maggior parte dei centri specializzati, si procede sistematicamente alla riescissione della pregressa cicatrice chirurgica, revisionando dunque i precedenti margini chirurgici per convertire una escissione inadeguata in una escissione a margini ampi. Una volta eseguito l’esame istologico della cicatrice nel 34-70% dei casi viene individuato un residuo tumorale (microscopico o macroscopico).

Il razionale della radicalizzazione deriva da una serie di considerazioni:

• Nella maggior parte degli esami istologici post-radicalizzazione viene individuato un residuo tumorale;

• La reale incidenza del residuo tumorale potrebbe anche essere sottostimata, in quanto l’analisi del pezzo istologico, che combina fette di tessuto poste a distanza di 1 cm una dall’altra, esclude il 90% del tessuto dall’analisi microscopica;

• La presenza di residuo tumorale è associata con certezza ad una maggiore probabilità di avere una recidiva locale, e con minore certezza anche alla probabilità di sviluppare metastasi a distanza;

• Attualmente non è possibile prevedere con accuratezza nè con dati anamnestici né con esami strumentali in quali pazienti potrebbe essere esclusa la presenza del residuo tumorale nella cicatrice chirurgica dopo una unplanned excision; • Sebbene sia largamente dibattuto, l’occorrere di una recidiva locale potrebbe

essere un fattore prognostico negativo riguardo metastasi a distanza o morte dovuta alla patologia;

• La radioterapia non accompagnata da un intervento di escissione non ha provato risultati soddisfacenti in termini di controllo locale della patologia; Purtroppo la riescissione chirurgica è accompagnata spesso da alta morbidità. Operare in un tessuto che ha già subito un insulto chirurgico rende difficile distinguere tessuto sano da quello patologico per cui viene sempre asportata la cicatrice con margini piuttosto abbondanti, sia superficialmente a livello cutaneo, sia negli strati profondi. Spesso vengono lasciati dei gap di tessuti molli che devono essere riempiti per mezzo di lembi cutanei, miocutanei o fasciocutanei che aggiungono alla morbidità legata all’intervento anche una morbidità legata al sito donatore.

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Per questo motivo, alcuni autori stanno proponendo di attendere la recidiva locale clinicamente evidente prima di procedere alla eventuale radicalizzazione. Questo approccio viene proposto alla luce del fatto che gli stessi autori non credono che la recidiva locale sia un fattore prognostico che possa influenzare la mortalità ma piuttosto solo un effetto dell’aggressività insita nella biologia di uno specifico tumore.

Lo scopo della tesi è quello di analizzare sistematicamente la letteratura scientifica per investigare il ruolo ed il razionale della riescissione sistematica della cicatrice chirurgica a seguito di un intervento di escissione inadeguata. Inoltre verrà analizzato il ruolo della recidiva locale nel determinare la prognosi dei pazienti trattati per sarcomi delle parti molli.

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I sarcomi dei tessuti molli.

I sarcomi dei tessuti molli sono un gruppo eterogeneo di neoplasie maligne di origine mesenchimale.

Nei sarcomi delle parti molli rientrano varie tipologie tumorali che originano da cellule di varie linee: adipocitica, fibroblastica\miofibrobastica, fibroistocitaria, muscolare liscia o striata, astrocitaria (guaine nervose), a differenziazione incerta o indifferenziati. Nell’ultima revisione della classificazione dei tumori dell’osso e dei tessuti molli dell’organizzazione mondiale della sanità (WHO) del 2013, emergono più di 80 sottotipi istologici diversi.

Epidemiologia

Come entità globale, includendo tutti i sottotipi istologici, rappresentano circa l’1% delle neoplasie dell’età adulta con un’incidenza globale intorno a 3-5 casi/100.000 abitanti/anno. L’incidenza di nuove diagnosi di sarcomi delle parti molli negli USA si attesta a circa 8700 casi/anno.

In Italia, l’incidenza di nuove diagnosi si è attestata nel 2018 a circa 2100; 1200 in individui di sesso maschile e 900 in individui di sesso femminile.

Il sesso maschile risulta più colpito da questo tipo di patologia con un rischio (1 su 265) più elevato rispetto alle donne (1 su 452).

L’incidenza dei sarcomi delle parti molli presenta un picco in età pediatrica che viene seguito da un plateau; a partire dai 20 anni di età si assiste ad un aumento costante dell’incidenza di nuove diagnosi con un nuovo picco intorno ai 60 anni.

Le diverse entità istologiche hanno differente prevalenza in relazione all’età.

Nella popolazione pediatrica, ad esempio, sono prevalenti gli osteosarcomi, i sarcomi di Ewing e i rabdomiosarcomi (che si presentano quasi esclusivamente nei bambini). Nell’adulto, al contrario, la prevalenza dei condrosarcomi e in generale dei sarcomi pleomorfi è più molto più alta rispetto a quella della popolazione infantile.

Alcuni autori stimano che la prevalenza reale di queste neoplasie possa essere sottostimata, tuttavia i registri nazionali1sono piuttosto omogenei in quanto ad incidenza e prevalenza dei vari sottotipi diagnostici.

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I tumori dei tessuti molli possono insorgere in qualsiasi sede; tuttavia la maggiorparte (40%) viene diagnosticata negli arti inferiori, soprattutto a livello della coscia, il 20% negli arti superiori, il 10% nel distretto testa-collo e il nel 30% tronco o nel retroperitoneo2 (Figura 1).

Nonostante rappresentino l’1% dei tumori maligni in età adulta, essi sono responsabili del 2% di tutte le morti del cancro, a dimostrazione della loro notevole letalità. A 5 anni la sopravvivenza globale è intorno al 65%, ma dal 1980 in poi si è registrato un lieve miglioramento della sopravvivenza, ma solo nel gruppo dei sarcomi delle estremità3.

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Fattori di rischio

L’eziologia nella maggior parte dei tumori dei tessuti molli è idiopatica. Tuttavia è stata dimostrata una chiara relazione causa effetto tra l’esposizione a terapia radiante o alcune condizioni infettive\infiammatorie croniche e lo sviluppo di sarcomi delle parti molli.

Tra i fattori di rischio ambientali sono stati anche identificati: esposizione a Thorotrast, pesticidi, arsenico, fenossierbicidi, clorofenoli, diossina, cloruro di vinile, farmaci immunosoppressori, agenti alchilanti, steroidi androgeni anabolizzanti.

Il sarcoma di Kaposi si sviluppa a seguito di un’infezione dal virus dell’immunodeficenza umana HHV 84.

La maggior parte dei sarcomi delle parti molli ha una presentazione sporadica ed una causa idiopatica. Tuttavia, una piccola quota risulta associata a numerose differenti sindromi genetiche che alterano il bilanciamento tra fattori oncosoppressori e oncogenici.

Le più frequentemente riscontrate sono:

• la neurofibromatosi di tipo 1, associata a neuro-fibromi benigni o ai tumori maligni delle guaine nervose periferiche;

• la polipomatosi adenomatosa familiare (FAP) che nella variante della sindrome di Gardner è correlata con l’espressione di tumori desmoidi;

• la sindrome di Li-Fraumeni (determinata da una mutazione del gene soppressore p53), associata a vari tipi di sarcomi dell’osso e delle parti molli;

In considerazione del fatto che non sono stati individuati fattori di rischio specifici e che non ci sono modelli di progressione tumorale da precursori benigni individuabili precocemente, non è mai stato possibile introdurre processi di screening. Per ridurre le diagnosi tardive e di conseguenza la mortalità sono state prodotte semplici raccomandazioni per i medici di medicina generale e gli altri specialisti. Nel dettaglio, è importante riferire i pazienti presso centri ad alta specializzazione nel trattamento dei sarcomi per ogni massa >5cm, profonda rispetto alla fascia o a rapido accrescimento5.

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Classificazione istologica

All’inizio dello studio sistematico dei Sarcomi delle Parti Molli, i sottotipi istologici sono stati definiti dai medici e scienziati dell’epoca avendo a disposizione essenzialmente il microscopio. A questo criterio morfologico, negli anni, si sono aggiunti altri criteri basati sulle analisi molecolari, grazie all’immunoistochimica. Per questo motivo, vengono continuamente modificate e riplasmate le varie classi di SPM, alla luce di nuove scoperte o di nuove differenziazioni molecolari.

Il valore prognostico della classificazione istologica è parziale, per questo è importante definire anche il grado e lo stadio del tumore6.

1.Neoplasie a differenziazione adipocitaria. Benigni

Lipoma Lipomatosi

Lipomatosi relativa ad un nervo periferico Lipoblastoma / lipoblastomatosi

Angiolipoma

Miolipoma dei tessuti molli Lipoma condroide

Angiomiolipoma Extra-renale Mielolipoma Extra-Surrenale Spindle cell / pleomorfo lipoma Ibernoma

Malignità intermedia (aggressività locale)

Tumore lipomatoso atipico / liposarcoma ben differenziato Maligni

Liposarcoma Dedifferenziato Liposarcoma Mixoide

Liposarcoma Pleomorfo

Liposarcoma, non altrimenti specificato

Tra i sarcomi dell’adulto, i liposarcomi rientrano tra quelli più frequenti con un’età media di insorgenza compresa tra i 40 e i 70 anni; nei bambini sono piuttosto rari. Sono prevalentemente localizzati nei tessuti molli profondi delle porzioni prossimali degli arti, se hanno spazio anatomico per crescere, possono raggiungere dimensioni

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Dopo l’escissione, il liposarcoma è accompagnato da un tasso di recidive locali di circa il 10%, tuttavia, in assenza di dedifferenziazione è privo di potenziale metastatico. Con l’aumentare delle recidive locali, però, questo sarcoma tende ad acquisire un maggiore potenziale di generare metastasi.Le recidive locali e/o la de-differenziazione sono più comuni nei tumori retroperitoneali e nel mediastino; si riscontrano meno frequentemente nelle localizzazioni profonde degli arti e raramente nelle sedi superficiali, perché in queste sedi la diagnosi tende ad essere generalmente meno tardiva. Il tumore si presenta come una massa profonda indolente, a crescita lenta. Le lesioni retroperitoneali risultano spesso indolenti fino a quando non raggiungono i 20 cm di diametro. A causa della sede anatomica di queste lesioni è spesso difficile ottenere margini chirurgici microscopicamente negativi; questo spiega l’elevata percentuale di recidive locali osservate nei liposarcomi ben differenziati 10.

Tra i liposarcomi possiamo distinguere:

- Tumore lipomatoso atipico/liposarcoma bene differenziato: che a sua volta può essere suddiviso in tre sottotipi ovvero:

• Adipocitico (lipoma-simile) • Sclerosante

• Infiammatorio

La variante adipocitica è caratterizzata da cellule adipose ben differenziate e mature che mostrano, a livello istologico, una notevole variabilità della grandezza e della forma cellulare a differenza di quanto si riscontra nei lipomi. Questo sottotipo si distingue anche per la presenza di lipoblasti con citoplasma mono-vacuolare o multi-vacuolare e per l’atipia nucleare degli adipociti e delle cellule stromali.

La variante sclerosante è invece peculiarmente caratterizzata dalla presenza di cellule stromali bizzarre che mostrano ipercromasia nucleare e setti fibrosi che suddividono il tumore in lobuli irregolari.

La variante infiammatoria è quella più rara. Viene diagnosticata quasi esclusivamente a livello retroperitoneale. Peculiare è la presenza di infiltrati flogistici che simulano un

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processo reattivo/infiammatorio e che, in alcuni casi, possono mascherare la natura adipocitica della neoplasia.

E’ importante sottolineare che può risultare difficile la distinzione tra tumore lipomatoso atipico e liposarcoma ben differenziato. La differenziazione ha una fondamentale importanza in quanto entrambi i tumori vengono trattati chirurgicamente, ma il tipo chirurgia differisce radicalmente. Generalmente questa variante è quella più indolente, sono ben riconoscibili microscopicamente gli adipociti e generalmente derivano da un’amplificazione del gene MDM2 e CDK411.

Figura 2: tumore lipomatoso atipico\ lipoma ben differenziato.

Prognosi

Il principale fattore prognostico del liposarcoma è la localizzazione anatomica. Le lesioni localizzate in sedi trattabili chirurgicamente con margini adeguati non sono accompagnate da alti tassi di ricorrenza locale dopo resezione ampia, mentre quelli localizzati nel retroperitoneo e che raggiungono dimesioni piu grandi, mostrano una

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funicolo spermatico o il mediastino tendono a recidivare ripetutamente. In questa posizione il tumore tende ad includere strutture vitali e ciò rende difficile o impossibile la completa resezione chirurgica. Nel tempo, poi queste lesioni acquisiscono capacità metastatiche e di conseguenza la loro prognosi appare essere di gran lunga peggiore rispetto alle controparti delle estremità o generalmente quelle superficiali.Il tasso di recidiva locale per i tumori retroperitoneali può raggiungere l'80% le metastasi a distanza si osservano nel 30% dei casi.

Circa un quarto delle lesioni retroperitoneali va incontro a dedifferenziazione. Tale processo si manifesta con la comparsa di aree tumorali prive di caratteristiche lipomatose e che morfologicamente hanno l’aspetto di sarcomi ad alto grado, tipicamente a cellule fusate o pleomorfi. Questo fenomeno è solitamente indicativo di una prognosi peggiore a causa dell’acquisizione di un comportamento locale più aggressivo e della capacità di metastatizzare 12.

Con un follow-up molto lungo, sui 10-20 anni la mortalità globale per questi tumori si attesta intorno allo 0% per i tumori ben differenziati delle estremità e l’80% per le sedi retroperitoneali. Mediamente, nel secondo caso, i pazienti muoiono dopo 6-11 anni 10.

- Liposarcoma dedifferenziato:

il termine liposarcoma dedifferenziato fu coniato da Evans nel 1979 per descrivere un liposarcoma caratterizzato dalla presenza di aree di liposarcoma ben differenziato e aree sarcomatose non lipogeniche costituite da cellule fusate o pleomorfe con elevata attività mitotica. La caratteristica morfologica peculiare di questa forma di sarcoma è la transizione da un liposarcoma ben differenziato ad un sarcoma non lipogenico che

nella maggior parte è ad alto grado.

Questa transizione di solito è improvvisa, ma in alcuni casi è più graduale cosicchè le due aree rispettivamente a basso grado ed ad alto grado possono coesistere13. La prognosi di questo istotipo tumorale è purtroppo infausta e notevolmente peggiore

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- Liposarcoma mixoide: caratterizzato da presenza di aree mixoidi, la malignità risulta intermedia e tende ad aumentare con le recidive locali. L’incidenza delle recidive locali è più alta rispetto ai liposarcomi ben differenzati.

- Liposarcoma pleomorfo: è molto aggressivo e metastatizza frequentemente; sono caratterizzati da un alto tasso di recidive locali14.

2. Neoplasie a differenziazione fibroblastica/miofibroblastica Benigni

Fascite nodulare Fascite proliferativa Miosite proliferativa Miosite Ossificante

Pseudotumor digitale fibro-osseo Fascite Ischemca

Elastofibroma

Amartoma fibroso dell’infanzia Fibromatosi Giovanile Ialina Fibromatosi da corpo incluso Fibroma della guaina tendinea Fibroma Desmoplastico Miofibroblastoma Mammario Fibroma Aponeurotico Calcificante Angiomiofibroblastoma

Angiofibroma Nuchal-type fibroma Gardner fibroma

Tumore Fibromatoso Calcificante

Malignità intermedia (aggressività locale) Fibromatosi Palmare / plantare

Fibromatosis Desmoide Lipofibromatosi

Fibroblastoma Giganto-Cellulare

Malignità intermedia (raramente metastatizzante) Dermatofibrosarcoma protuberans

Fibrosarcomatous dermatofibrosarcoma protuberans Pigmented dermatofibrosarcoma protuberans

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Sarcoma miofibroblastico di basso grado

Sarcoma fibroblastico infiammatorio /Tumore fibroblastico mixo-infiammatorio atipico

Fibrosarcoma Infantile Maligni

Fibrosarcoma dell’adulto Mixofibrosarcoma

Sarcoma fibromixoide di basso grado Fibrosarcoma epitelioide di basso grado

I fibrosarcomi possono insorgere in qualunque parte del corpo, ma insorgono più frequentemente a livello delle estremità profondamente alla fascia. Sono tumori aggressivi che recidivano in oltre il 50% dei casi e metastatizzano in oltre il 25%14. A titolo di esempio verranno analizzati i tipi più frequenti di tumori ad origine fibromatosa o miofibroblastica:

- Dermatofibrosarcoma protuberans : è un tumore mesenchimale a lenta crescita con un potenziale metastatico molto basso e con una sopravvivenza a lungo termine alta. La particolarità di questo tumore è tuttavia la crescita infiltrativa dei tessuti circostante che può determinare un importante livello di distruzione delle strutture anatomiche peri-lesionali con relativa compromissione funzionale. Localmente quindi si comporta come un tumore molto aggressivo e con alta incidenza di recidiva tanto che spesso necessita di più interventi di asportazione. Il dermatofibrosarcoma protuberans si presenta nella maggioranza dei casi come una massa superficiale localizzata nel tronco con alterazione della cute soprastante, anche se può originare in qualsiasi parte del corpo. E’ importante escindere queste patologie con margini possibilmente ampi perché con l’incedere delle recidive, il dermatofibrosarcoma protuberans tende ad acquistare regioni con capacità metastatica che hanno la potenzialità di portare ad una prognosi infausta15.

- Myxofibrosarcoma il mixofibrosarcoma è un tumore raro con un’aggressività locale molto spiccata e tendenza alla recidiva locale, il trattamento prevede un’escissione chirurgica ampia di almeno 2-3 cm con o meno terapia adiuvante in quanto di solito presenta un’ ottima risposta alla radioterapia. Si sviluppa generalmente al livello delle

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estremità e nei pazienti sopra i 50 anni. Segno tipico radiologico è il ‘tail sign’ che è indice di una crescita infiltrativa a livello delle fasce muscolari, con l’intercorrere delle recidive, può aumentare la porzione tumorale con capacità metastatica e peggiorare la prognosi. Molto importante è di conseguenza, effettuare una asportazione molto ampia.

- Sarcoma fibromixoide di basso grado è un tumore a lento accrescimento che si sviluppa frequentemente in sede profonda, spesso si presenta come una massa circoscritta, soffice, senza emorragie, nodularità o margini infiltranti e per questo è spesso scambiata per un tumore benigno. L’incidenza stimata è di 0,18 malati per milione, rappresenta quindi lo 0,6% di tutti i sarcomi dei tessuti molli con un picco di incidenza nei giovani adulti. Lo studio radiografico gioca un ruolo cruciale sia nella diagnosi che nel trattamento, sia TC che MRI possono visualizzare le caratteristiche morfologiche della lesione e il rapporto con le strutture circostanti. L’RM sembra essere comunque una tecnica più adeguata rispetto alla TC secondo i pochi dati presenti in letteratura, la componente fibrosa mostra una bassa intensità di segnale sia nelle sequenze T1 che T2. L’area mixoide invece ha un basso segnale T1 ma intenso T216.

3. Neoplasie a differenziazione “fibroistiocitaria” Benigni

Tumore gigantocelluare delle guaine tenosinoviali Tipo Localizzato

Tipo Diffuso Maligno

Istiocitoma fibroso benigno profondo

Malignità intermedia (raramente metastatizzanti) Tumore fibroistiocitico plessiforme

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4. Neoplasie a differenziazione muscolare liscia Benigni

Leiomioma dei tessuti molli profondi Maligni

Leiomyosarcoma

Tumori Pericitici (perivascolari) Tumori Glomici

Glomangiomatosi Tumori glomici maligni Miopericitoma

Myofibroma Myofibromatosi Angioleiomyoma

Il leiomiosarcoma rappresenta circa il 10% dei sarcomi dei tessuti molli, insorge prevalentemente negli adulti con una predilezione per il sesso femminile. Questo tipo di neoplasia può essere localizzata in tutti i tessuti che contengono cellule muscolari, dai grandi vasi, agli organi interni, al retroperitoneo; più raramente colpisce le estremità.

Frequentemente i leiomiosarcomi vengono diagnosticati, quando colpiscono le estremità, come lesioni di piccole dimensioni e superficiali rispetto alla fascia, di conseguenza sono accompagnati generalmente da una buona prognosi. Hanno tendenza alla recidiva locale quando non si riesce ad effettuare una resezione ampia ma la capacità di metastatizzazione è piuttosto bassa. Al contrario, i leiomiosarcomi dei grandi vasi e degli organi interni possono presentarsi come masse di dimensioni enormi, spesso impossibili da resecare ed accompagnati da prognosi infauste.

Dal punto di vista istologico sono caratterizzati da cellule fusate atipiche con nuclei “a sigaro” e disposte in fasci intrecciati. Dal punto di vista ultrastrutturale le cellule muscolari lisce maligne contengono fasci di filamenti sottili con cormi densi e vescicole pinocitiche e le singole cellule sono circondate dalla lamina basale14.

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Figura 3. Sezione istologica di leiomiosarcoma in cui è possibile osservare cellule a

nucleo fusato.

Le metastasi sono infrequenti e quasi sempre polmonari di derivazione ematogena, molto raramente sono state riportate anche metastasi. Indagini periodiche del torace e dell’addome sono necessarie nel follow up dei pazienti che hanno subito una

resezione di un leiomiosarcoma delle estremità17. 5. Neoplasie a differenziazione muscolare striata Rhabdomyoma

Embryonal rhabdomyosarcoma Alveolar rhabdomyosarcoma Pleomorphic rhabdomyosarcoma

Spindle cell / Sclerosing rhabdomyosarcoma

Il rabdomiosarcoma è il sarcoma dei tessuti molli più comune nell’infanzia e dell’adolescenza e in genere compare prima dei 20 anni. Può insorgere in qualsiasi distretto anatomico, ma più frequentemente al livello testa-collo o nel tratto

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chirurgica associata a chemioterapia e/o radioterapia. I tumori meno rari sono:

- Rabdomiosarcoma embrionale: è il tipo più frequente e rappresenta il 60% di tutte le forme muscolari striate. Il picco di incidenza è a 10 anni ed è causata frequentemente da una mutazione del gene IGFII soggetto a imprinting18.

-Rabdomiosarcoma alveolare: è più frequente nella prima adolescenza e interessa prevalentemente le porzioni profonde degli arti, rappresentando il 20% di tutti i rabdosarcomi. Le cellule sono piccole e con scarso citoplasma, presentano spesso atipie nucleari.

6. Neoplasie a differenziazione vascolare Benigni

Emangioma Sinoviale Venoso

Malformazione/ Emangioma arterovenoso Emangioma Epitelioide

Angiomatosi Linfangioma

Malignità Intermedia (locally aggressive) Emangioendotelioma Kaposiforme

Malignità Intermedia (raramente metastatizzante) Emangioendotelioma Retiforme

Angioendotelioma Papillare intralinfatico Emangioendotelioma Composito

Emangioendotelioma Pseudomiogenico (epithelioid sarcoma-like) Sarcoma di Kaposi

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Maligni

Emangioendotelioma Epitelioide Angiosarcoma dei tessuti molli

7. Neoplasie Delle Guaine Nervose Benigni Schwannoma Schwannoma Melanocitico Neurofibroma neurofibroma plessiforme Perineurioma perineurioma maligno Granular cell tumour

Dermal nerve sheath myxoma Solitary circumscribed neuroma Ectopic meningioma

Nasal glial heterotopia Benign Triton tumour

Hybrid nerve sheath tumours Maligni

Malignant peripheral nerve sheath tumour Epithelioid malignant nerve sheath tumour

Malignant Triton tumour Malignant granular cell tumour Ectomesenchymoma

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8. Neoplasie a differenziazione incerta Benigni

Acral fibromyxoma

Intramuscular myxoma (including cellular variant) Juxta-articular myxoma

Deep (“aggressive”) angiomyxoma

Pleomorphic hyalinizing angiectatic tumour Ectopic hamartomatous thymoma

Malignità Intermedia (locally aggressive) Haemosiderotic fibrolipomatous tumour

Malignità Intermedia (raramente metastatizzante) Atypical fibroxanthoma

Angiomatoid fibrous histiocytoma Ossifying fibromyxoid tumour

Ossifying fibromyxoid tumour, malignant Mixed tumour NOS

Mixed tumour NOS, malignant Myoepithelioma

Myoepithelial carcinoma

Phosphaturic mesenchymal tumour, benign Phosphaturic mesenchymal tumour, malignant Maligni

Synovial sarcoma NOS

Synovial sarcoma, spindle cell Synovial sarcoma, biphasic Epithelioid sarcoma

Alveolar soft-part sarcoma Clear cell sarcoma of soft tissue Extraskeletal myxoid chondrosarcoma

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Extraskeletal Ewing sarcoma

Desmoplastic small round cell tumour Extra-renal rhabdoid tumour

Neoplasms with perivascular epithelioid cell differentiation (PEComa) PEComa NOS, benign

PEComa NOS, malignant Intimal sarcoma

- Sarcoma sinoviale: il quarto sarcoma delle parti molli in ordine di incidenza rappresentandone circa il 10%. Colpisce prevalentemente i giovani adulti con un età di picco a circa 35 anni, tuttavia il 30% delle diagnosi viene effettuata nella popolazione pediatrica. In passato la filogenesi di questo tipo di neoplasia era stata attribuita alle cellule della membrana sinoviale, tuttavia in realtà la cellula che da origine al sarcoma sinoviale è ancora sconosciuta. Si sviluppa spesso nelle estremità in posizione juxta-articolare e nel 70% dei casi è localizzato al livello degli arti inferiori, soprattutto ginocchio e coscia. Nonostante il nome, solo nel 10% dei casi insorge a livello intra-articolare.

Il gold standard del trattamento è l’escissione chirurgica, spesso vengono accompagnati trattamenti neo-adiuvanti ed adiuvanti, soprattutto nei pazienti pediatrici, in quanto queste neoplasie sono ritenute chemio e radio sensibili. Tuttavia, la risposta alle terapie adiuvanti non è sempre ottimale per cui nel caso di malattia localmente avanzata, resecabile con margini ampi, si può procedere esclusivamente al trattamento chirurgico. La sopravvivenza a 5 anni varia dal 25 al 62% e solo l’11-30% sopravvive a 10 anni od oltre. Le metastasi più frequenti sono al polmone ed allo scheletro; occasionalmente possono essere individuate metastasi a livello dei linfonodi regionali. La sopravvivenza nella popolazione pediatrica è stimata tra il 75-84%, decisamente migliore rispetto a quella della popolazione adulta.

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codificano per fattori di trascrizione chimerici19(p46).

Clinicamente, il sarcoma sinoviale si presenta come una massa indolore, spesso localizzata a livello di inserzioni tendinee periarticolari, che cresce lentamente nel tempo. Per questo motivo, non è infrequente assistere ad escissioni non pianificate di sarcomi sinoviali, in quanto la presentazione clinica è assolutamente sovrapponibile a quella dei ben piu frequenti tumori benigni delle parti molli.

Sulla base dell’esame istologico si distinguono due sottogruppi: bifasico e monofasico. I fattori prognostici sono ancora oggetto di studio, tuttavia uno stadio più avanzato, il sesso maschile, localizzazione nel tronco, dimensioni maggiori di 5 cm e il grado tumorale sono stati dimostrati essere dei fattori prognostici negativi.

La tendenza alla recidiva locale e a metastasi tardiva del sarcoma sinoviale è ben nota e riflette la marcata differenza che c’è tra la sopravvivenza a medio e lungo termine. Tuttavia, essendo una malattia molto rara, gli studi sono ancora pochi e non randomizzati, lo studio più grande che ad oggi è stato riportato è quello di Guadagnolo et al. che analizza una coorte di pazienti tra i 2 e i 37 anni (90% pazienti pediatrici) con 13,2 anni di follow up, secondo tale studio un follow up protratto nel tempo per almeno 10 anni è necessario per diagnosticare precocemente eventuali recidive tardive migliorando l’aspettativa di vita di questi pazienti 10,14,20-24.

9. Neoplasie non differenziate-non classificate Undifferentiated spindle cell sarcoma

Undifferentiated pleomorphic sarcoma Undifferentiated round cell sarcoma Undifferentiated epithelioid sarcoma Undifferentiated sarcoma NOS

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Grading

Il grading nei sarcomi delle parti molli può avere un significato prognostico decisivo per la decisione terapeutica. Nell’impostare i margini di escissione e l’aggressività chirurgica e in generale dell’approccio terapeutico, il grading può essere un importante fattore. Nel 1994 la World Health Organization (WHO), aveva individuato tre principali sistemi di classificazione del grado di malignità tumorale, quali il Sistema NCI (USA), il Sistema FNCLCC (Federazione Francese dei Centri per la Lotta Contro il Cancro) ed il Sistema Aarhus (Danimarca).

Nel 2002, e nel 2013, la WHO ha raccomandato il sistema classificativo FNCLCC89 che attualmente risulta quello maggiormente utilizzato nei sarcomi dei tessuti molli dell’adulto. Il sistema FNCLCC è basato su un punteggio cumulativo tratto da alcune caratteristiche tumorali come Istotipo (punteggio da 1 a 3) e Necrosi tumorale (1-3). Neoplasie con punteggi fino a 3 vengono classificate come grado 1, con punteggio fino a 5 grado 2, fino a 8 grado 3.

• Grado 1: basso grado • Grado 2: grado intermedio • Grado 3: alto grado

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Figura 4. Sistema FNLCC per il grading dei sarcomi delle parti molli.

I limiti del grading nei sarcomi dei tessuti molli sono molteplici. In primo luogo, i parametri istologici hanno un certo grado di soggettività per cui c’è una variabilità non indifferente tra i vari patologi in base alla propria esperienza. In secondo luogo, la correlazione tra progressione tumorale e grading non è perfettamente lineare, per alcuni sarcomi, l’istotipo tumorale è più importante del grading (sarcoma epitelioide, liposarcoma mixoide o a cellule rotonde, sarcoma alveolare delle parti molli, sarcoma a cellule chiare). Infine, questo sistema di grading non è applicabile alle lesioni benigne o di malignità intermedia e non è applicabile ai sarcomi pediatrici.

La classificazione WHO 2013 dei tumori mesenchimali distingue neoplasie benigne, a comportamento biologico intermedio e maligne. Le lesioni intermedie sono definite come:

• Tumori localmente aggressivi ma non metastatizzanti (es. fibromatosi aggressiva);

• Tumori con tasso di metastatizzazione inferiore al 2%. (es. tumore fibroistiocitario plessiforme).

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Stadiazione.

La stadiazione è fondamentale per la valutazione prognostica, essa infatti cataloga i pazienti come appartenenti ad uno stesso sottogruppo stadiativo in modo da ottenere per ognuno di essi una previsione dell’evoluzione della malattia e sulla sopravvivenza. 35

1. AJCC/UICC

Nei sarcomi delle parti molli sono stati introdotti vari sistemi di staging. Il sistema più utilizzato, soprattutto a livello di ricerca clinica è: la classificazione TNM dell’American Joint Committee on Cancer (AJCC) e dell’Unione Internazionale contro il cancro (UICC).

Il sistema AJCC è un sistema TNM (Tumour extension, limphoNodes, Metastasis) che si basa essenzialmente su 4 informazioni chiave: il grado tumorale, l’estensione locale della patologia, la presenza di invasione dei linfonodi regionali e di metastasi a distanza. Il grado si basa sul sistema FNLCC analizzato nella sezione precedente. In base alla combinazione di queste informazioni di base, è possibile attribuire una stadiazione alla patologia che è direttamente correlata alla prognosi e che dovrebbe indirizzare le scelte di trattamento. Gli stadi in ordine crescente si riferiscono a prognosi via via peggiori. La tabella in figura 5 è esplicativa riguardo questa classificazione. Il termine T1 si riferisce a tumori di dimensioni inferiori ai 5 cm, T1a quando si trovano localizzati superficialmente alla fascia muscolare, T1b, quando si trovano localizzati profondamente alla fascia muscolare. T2 si riferisce a tumori più grandi di 5 cm, sopra (T2a) o sotto (T2b) fasciali.

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La sopravvivenza a 5 anni per lo stadio I è circa il 90%, per lo stadio II 70%, per lo stadio III 50% e 10% per lo stadio IV36.

2. La stadiazione di Enneking

Un altro sistema di stadiazione è quello proposto da Enneking nel 1980. Esso si basa su alcune considerazioni secondo cui una la stadiazione chirurgica sistemica per i sarcomi dovrebbe:

1. Incorporare i fattori prognostici più importanti al fine catalogare i pazienti sulla base del rischio di progressione e mortalità della malattia che presentano. 2. Delineare lo stadio della malattia di modo che abbia delle implicazioni sulla

gestione chirurgica

3. Indicare se è necessario o meno il trattamento adiuvante.

La stadiazione di Enneking è prevalentemente utilizzata dai chirurghi ortopedici che trattano i sarcomi delle parti molli. Gli oncologi medici, i radiologi e i chirurghi generali hanno generalmente più confidenza con la stadiazione TNM. Enneking propose una classificazione basata sull’anatomia delle estremità e dei compartimenti ed è quella più orientata in senso chirurgico basandosi su quanto le barriere anatomiche venivano considerate efficaci nel bloccare l’estensione locale della patologia tumorale. Mentre il grado istologico da informazioni sui margini chirurgici, l’estensione anatomica del tumore indica come l’intervento deve essere eseguito. Nell’approccio ai sarcomi delle estremità e dei cingoli, fino agli anni ’80, le amputazioni superavano il 20%. Con l’introduzione del concetto di compartimento è cambiata la strategia ottenendo così degli interventi chirurgici più conservativi. Per compartimento

anatomico intendiamo un’area delimitata da strutture che fungono come da “barriere”

per l’invasione delle cellule neoplastiche o allo spargimento dei microsatelliti tumorali. Queste strutture sono le fasce muscolari, i tendini, la tonaca avventizia dei vasi, il periostio, il perinevrio e le membrane sinoviali. I tumori che si trovano entro queste logge anatomiche sono intracompartimentali (A) se coinvolgono o oltrepassano le barriere invece sono extracompartimentali (B).

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La classificazione di Ennking classifica i diversi tumori in:

• T0: sono i tumori benigni completamente circondati da una capsula vera di tessuto fibroso o osseo.

• T1: rappresenta un tumore che invade la pseudocapsula circostante ma permane all’interno del compartimento anatomico nel quale si è formato. • T2: è un tumore extracompartimentale o un tumore che si è esteso oltre le

barriere anatomiche che delimitano il compartimento di origine. Entrambe le situazioni possono derivare o da una crescita spontanea di una neoplasia aggressiva, o da un trauma (ad esempio una frattura), o per cause iatrogene (come una biopsia, escissioni intralesionali o marginali).

Tabella 1. I siti chirurgici secondo Enneking.

Una corretta distinzione tra malattia intra ed extracompartimentale necessita di un’appropriata combinazione di anamnesi, esame obiettivo, angiografia, TC e altri studi specialistici.

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La presenza di metastasi rappresenta il terzo più importante fattore correlato con la pianificazione operatoria. Nei sarcomi la via di diffusione più frequente è quella ematogena e l’organo più interessato in assoluto è il polmone. Più raro invece è l’interessamento linfonodale che ha comunque lo stesso significato prognostico. La malattia metastatica indica un fallimento del controllo locale ed è strettamente correlato con un’aspettativa di vita molto ridotta.

Sulla base di quanto considerato la stadiazione secondo Enneking è la seguente 38.

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Il trattamento dei sarcomi dei tessuti molli

Il trattamento dei sarcomi dei tessuti molli è assai complesso e richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga diversi specialisti. E’ ormai pratica comune, nei centri terziari di discutere ogni paziente in meetings multidisciplinari in cui chirurghi, radioterapisti, radiologi, oncologi medici ed altri specialisti convergono per individuare il trattamento personalizzato migliore per ogni paziente, sulla base delle caratteristiche peculiari della neoplasia e del paziente stesso.

Generalmente, i cornerstones del trattamento sono la chirurgia, la radioterapia e la chemioterapia. Quando, a seguito di interventi particolarmente demolitivi che si associano alla presenza di importanti gap nei tessuti molli, si può richiedere una fase ricostruttiva con l’aiuto di specialisti in chirurgia plastica.

La scelta dell’approccio dipende da numerosi fattori tra cui l’istotipo, il grado, lo stadio e la sede del tumore, nonché l’età e le condizioni generali del paziente 9.

Tuttavia, è possibile categorizzare i pazienti in tre gruppi principali, che prevedono diverse strategie terapeutiche:

• Malattia locale limitata;

• Malattia localmente avanzata;

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Diagnosi

Tranne in rare occasioni, come già specificato precedentemente, i sarcomi delle parti molli insorgono nelle estremità come masse non dolenti, del tutto assimilabili a lesioni benigne. Tuttavia, queste neoplasie, più raramente, sono localizzate nel distretto testa-collo, nel retroperitoneo e più raramente a livello viscerale.

Figura 6. A sinistra una lesione benigna, a destra una lesione maligna. Clinicamente

sono del tutto indistinguibili tra di loro.

Questi reperti sono molto frequenti nella pratica clinica e del tutto aspecifici. Nella maggioranza dei casi si tratta di lesioni di natura benigna che non minacciano la sopravvivenza dei pazienti. In una minoranza dei casi, tuttavia, queste lesioni si rivelano essere dei sarcomi. Ogni 300 lesioni benigne, una si rivela essere un sarcoma. Per tale motivo è molto frequente l’escissione non pianificata di sarcomi con margini non adeguati. Proprio per tale motivo è quanto mai necessario un corretto iter diagnostico.

Per combattere questo tipo di errore diagnostico negli anni sono state prodotte diverse raccomandazioni cliniche e campagne educative rivolte ai medici di base e ai chirurghi plastici e chirurghi generali. La raccomandazione più importante è quella di riferire un

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individua una massa profonda di qualsiasi dimensione, una lesione in rapido accrescimento o associata a dolore 23. Putroppo, nonostante le raccomandazioni, è ancora relativamente comune imbattersi in escissioni non pianificate di lesioni che si rivelano essere sarcomi.

La diagnosi definitiva viene posta con lo studio anatomopatologico della lesione, tuttavia è necessaria una corretta caratterizzazione del tumore con tecniche di imaging sia per lo studio locale che sistemico della patologia, in modo da poter pianificare il trattamento.

1. Ecografia

L’ecografia come tecnica strumentale di primo livello permette di misurare le dimensioni della massa, valutare i rapporti con le strutture circostanti, la morfologia, i margini (regolari, irregolari, presenza o meno di capsula) e la componente solida e liquida e la vascolarizzazione mediante powerdoppler. L’indagine ecografica può essere completata con studio con mezzo di contrasto. per distinguere aree di neo-vascolarizzazione da quelle necrotiche, mucoidi o fibro-cicatriziali e per selezionare le zone tissutali sulle quali effettuare il campionamento bioptico 24.

L’ecografia tuttavia ha una specificità molto bassa, può essere utile ad esempio nell’identificare una lesione benigna come una cisti di Baker, un ganglioma, un’angioma, lipoma o miositi ossificanti, è una tecnica “real time” che può essere eseguita facilmente senza artefatti di movimento e questo è molto importante soprattutto nei bambini. Inoltre essendo dinamica può essere utilizzata nella diagnosi differenziale di alcune patologie come ad esempio un STM rispetto a un’ernia muscolare. L’elastosonografia è la nuova frontiera dell’ultrasonografia e può valutare il grado di elasticità di una massa rispetto al tessuto circostante o valutarne ad esempio la compressione delle strutture. Infine l’ecografia può essere utilizzata per effetuare biopsie25.

2. Tomografia Computerizzata

Come secondo livello, la TC senza mezzo di contrasto, è una metodica molto veloce ed accurata, consentendo di valutare con buona definizione il compartimento

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anatomico interessato e il rapporto che ha la massa con le strutture circostanti. Lo studio sul piano assiale integrato con ricostruzioni multiplanari consente di stabilire esattamente le dimensioni, la localizzazione rispetto ai repere chirurgici e i rapporti con il fascio vascolo-nervoso. Oltre a questo può dare informazioni molto utili sulla presenza di componenti come grasso o calcificazioni, l’entità della vascolarizzazione ed è eccellente nella valutazione dei rapporti con l’osso adiacente per le masse profonde26. Sia l’ecografia che la TC sono molto importanti per la diagnosi, ma ad oggi sono messe in secondo piano dall’RM 27, per adesso soprattutto a livello di studio locale della patologia. La CT Total body, al momento è il gold standard per la stadiazione sistemica della malattia; in futuro, tecniche come PET-Scan, PET-TC, PET-RM, total body RM, potranno prendere campo e spodestare la Tc total body per lo studio sistemico della neoplasia.

3.La Risonanza Magnetica

La Risonanza Magnetica è una tecnica che negli negli ultimi anni sta assumendo un ruolo sempre più importante nella diagnostica dei sarcomi dei tessuti molli, sia nel planning pre-operatorio che nel follow up. La RM in virtù della maggior risoluzione di contrasto, è preferibile nello studio di particolari strutture come nervi e vasi. Ha un’estrema accuratezza inoltre nel valutare le dimensioni, i rapporti con le strutture circostanti, i contorni, la presenza di pseudocapsula e l’edema peritumorale. Col mezzo di contrasto, in modalità sia statica che dinamica, può dare informazioni molto utili sulla natura benigna o maligna della lesione. L’utilizzo crescente della risonanza magnetica negli ultimi anni ha portato quest’ultima ad essere la metodica d’elezione nello studio loco-regionale della patologia.

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Figura 7. RM sagittale T2 pesata di un sarcoma pleomorfo della coscia distale,

possibile identificare la presenza di emorragia e la capsula ipointensa perilesionale.

Ai fini di stadiazione, inoltre, è fondamentale integrare con uno studio TC torace, con o senza mezzo di contrasto, essendo i polmoni la sede più frequente di metastatizzazione 2829.

La tecnica prevede il posizionamento più confortevole possibile del paziente in modo da minimizzare i movimenti e gli artefatti che potrebbero derivarne, con l’isocentro del magnete centrato sulla lesione.

E’ possibile per le lesioni più piccole ridurre il campo visivo in modo da ottenere immagini più nitide del tumore.

L’RM deve necessariamente precedere la biopsia, non solo perché quest’ultima potrebbe alterare le caratteristiche della lesione ma anche per valutare se effettivamente sarà necessaria o meno e dove posizionare il cosidetto biopsy tract, sulla base dell’estensione loco-regionale del sarcoma. Infatti in alcuni casi è possibile già con l’imaging avere un’accurata diagnosi di una numerosa varietà di neoplasie benigne

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o lesioni dei tessuti molli non neoplastiche, inclusi lipomi, malformazioni vascolari, tumori dei nervi, gangli, ematomi, miositi ossificanti, necrosi del tessuto adiposo etc. Il sospetto di lesione maligna si può porre facilmente con una Risonanza Magnetica; difatti, grandi dimensioni, disomogeneità di segnale, margini irregolari, aree di necrosi intra-tumorali, ed una importante presa di contrasto sono segnali che aiutano nel sospettare la diagnosi di lesione maligna30.

Il ruolo della RM nelle radicalizzazioni.

A seguito di una Unplanned Excision sarebbe ottimale, quando non c’è evidenza clinica di ricorrenza tumorale, identificare con adeguate tecniche di imaging la presenza di tessuto tumorale residuo di modo da prevedere la ricomparsa della malattia. Se fosse possibile, si potrebbero distinguere i pazienti che hanno bisogno di una revisione della precedente operazione rispetto a chi potrebbe farne a meno. Nell’immediato post operatorio questo è praticamente impossibile in quanto la presenza di tessuto residuo sarebbe mascherata da tessuto infiammatorio reattivo del tutto indistinguibile dal primo.

Gli studi condotti da Kaste et al. Affermano che la risonanza magnetica sia inaffidabile per identificare l’eventuale presenza di residuo tumorale e di distinguerlo dal tessuto cicatriziale sano. Siebenrock riporta che non c’è sufficiente precisione nel prevedere la presenza di massa tumorale residua con una risonanza effettuata prima di una radicalizzazione chirurgica. James et al affermano l’utilità della risonanza magnetica nell’identificare la presenza di porzioni di residuo macroscopico adiacente a strutture neuro-vascolari senza però dar prova della capacità di individuare residui microscopici.

Denver, dopo aver analizzato una coorte di 111 pazienti ha individuato un valore predittivo positivo (PPV) del 93% ed un valore predittivo negativo (NPV) del 63% da parte della risonanza magnetica nell’individuare il residuo tumorale prima di una radicalizzazione chirurgica. In conclusione secondo questo studio l’utilità della MRI prima di un intervento potrebbe consentire un’adeguata identificazione della

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non nell’escludere un gruppo di pazienti dalla necessità di doversi sottoporre ad una radicalizzazione 31.

Figura 8. Immagine tratta dallo studio citato in precedenza.

3. La biopsia.

La dimostrazione istologica di un sarcoma delle parti molli può avvalersi di numerosi strumenti, la scelta dipende da diversi fattori: sede e tipo della lesione, esperienza del chirurgo, del radiologo e del patologo.

• L’esame citologico mediante ago aspirato;

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procedura di scelta nella maggior parte dei STM delle estremità qualsiasi sia la sede a patto che sia raggiungibile 33 ;

• Biopsia incisionale che viene preferita quando si prevede che sia difficile ottenere del tessuto adeguato per eseguire diagnosi con tecniche piu conservative come quelle precedenti. Questa metodica deve essere eseguita possibilmente nello stesso centro dove poi verrà eseguita la resezione chirurgica;

• Biopsia escissionale che si può eseguire soprattutto quando la lesione non da segni eccessivi di malignità e quando le piccole dimensioni consentono una escissione a margini ampi d’emblee;

L’agoaspirato ha valutazione esclusivamente citologica ma non cito-architetturale per questo ha un impiego limitato nella maggior parte degli altri paesi ed è utilizzato soprattutto nel sospetto di eventuali recidive dove è sufficiente la definizione di malignità e non di istotipo per procedere a trattamenti successivi.

La biopsia con ago tranciante rappresenta ad oggi la principale metodica di diagnosi. Tale mezzo mantiene i vantaggi di limitata invasività e inoltre può essere eseguito in regime ambulatoriale, come per la biopsia ad ago sottile. In questo caso viene prelevato un frustolo più o meno esteso di tessuto da inviare per esame istologico. Gli svantaggi legati alle agobiopsie si riferiscono al fatto che a volte non si ottiene un quadro preciso della lesione per cui si può sottostimare il grado di aggressività della malattia o si possono prelevare solo parti necrotiche del tumore, non rappresentative per giungere alla diagnosi. L’integrazione delle immagini radiologiche con il risultato istologico può aggiungere utili informazioni. La biopsia con ago tranciante è oggi considerata la procedura di scelta nella maggioranza dei casi dei STM delle estremità qualsiasi sia la sede a patto che sia raggiungibile. In caso di grosse masse inoltre può essere utile fare dei prelievi multipli per avere una maggior probabilità di diagnosi esatta.

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La biopsia incisionale può essere impiegata tutte le volte che non si ottiene tessuto in quantità sufficiente per giungere alla diagnosi dopo una agobiopsia, ma solo per le forme degli arti e del tronco superficiale. Andrebbe evitata nelle forme retroperitoneali quelle degli organi interni, dato l’importante rischio di contaminazione. E’ importante che tale procedura venga effettuata nello stesso Centro che poi eseguirà la resezione chirurgica definitiva. E’ inoltre fondamentale che vengano rispettati i dettami della Chirurgia oncologica, per evitare il rischio di contaminare i tessuti circostanti e di inficiare il controllo locale della malattia.

La definizione di biopsia escissionale viene talora applicata ad interventi di asportazione di lesioni delle parti molli, in assenza di preventiva diagnosi patologica; può essere accettata per piccole forme superficiali, sempre preceduta da adeguata iconografia34.

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La malattia locale limitata. 1. La chirurgia

Figura 10. Risonanza magnetica in sezione

coronale T1 pesata di una piccola lesione tumorale localmente limitata.

La malattia localmente limitata comprende un gruppo di pazienti con diagnosi di STM di piccole dimensioni e non localizzato profondamente alle fasce muscolari, in cui non vi è evidenza di metastasi allo staging sistemico.

La chirurgia è l’unico trattamento che consente la guarigione nei STM in fase localizzata e richiede che il tumore sia asportato in maniera completa circondato da una cuffia di tessuto sano. La semplice enucleazione marginale o intralesionale di un sarcoma predispone quasi inevitabilmente ad una recidiva locale (75%) per l’assenza

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tumorali nella zona reattiva situata nelle immediate vicinanze della superficie tumorale39.

Lo scopo della resezione chirurgica a margini ampi è il controllo locale, che ad oggi si raggiunge nel 90% dei casi a 5 anni. La chirurgia deve sì avere margini adeguati, tuttavia bisognerebbe cercare di non indurre inutili danni funzionali ed estetici ampliando a dismisura i margini quando non ce ne fosse bisogno. La qualità della chirurgia effettuata viene definita in base al margine più vicino al tumore e dovrà essere sempre valutata dal patologo. Come detto in precedenza ed evidenziato dagli studi di Enneking, l’intervento risulta adeguato solo quando i margini sono radicali o ampi; non adeguati quando marginali o intralesionali40,41.

In particolare i margini possono essere:

• Intralesionali: definito come un’escissione intratumorale in cui non si ravvede tessuto sano nei margini di resezione;

• Marginale: definito come un’escissione attraverso la pseudocapsula o attorno al tessuto reattivo, che nei sarcomi sono infiltrati da cellule neoplastiche. Per cui questo è un approccio efficace solo se la neoplasia è benigna;

• Ampi: in cui viene asportato il tumore insieme ad una cuffia di tessuto sano circostante, a seconda del tumore il rischio di recidiva locale in questi casi varia dal 10-30%. La dissezione è intracompartimentale.

Radicali: E’ una chirurgia extracompartimentale. Il tumore è asportato completamente ed in cui il risultato prognostico è generalmente equiparabile ad un’amputazione. Tutto ciò provoca spesso delle compromissioni funzionali notevoli 42. Se la lesione è intracompartimentale vengono rimossi en bloc tutti i muscoli dall’origine fino all’inserzione tendinea, lasciando intatta la fascia circostante, vengono però sacrificate le strutture vascolari e nervose dentro il compartimento. Se il tumore è extracompartimentale , è necessario asportare anche le barriere fasciali per la stessa estensione longitudinale del muscolo adiacente 43.

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Figura 11. I margini chirurgici di escissione secondo Enneking.

Sulla base di questa suddivisione quindi possiamo capire come la dimensione del tessuto rimosso non abbia implicazioni riguardanti il tipo di chirurgia. A seconda del sito anatomico infatti anche un’escissione di soli 2 cm può essere radicale se asporta completamente un compartimento anatomico (questo vale soprattutto per i sarcomi che si sviluppano nel piede e nella mano).

Nonostante i numerosi studi a riguardo, è ancora ampiamente dibattuto se la modalità di intervento impatti sulla sopravvivenza del paziente ed in particolare se la presenza di margini positivi macroscopici o microscopici a seguito dell’escissione sia un fattore prognostico negativo in termini di sopravvivenza. Molti studi hanno tuttavia evidenziato come margini negativi non solo controllano la malattia localmente ma sono anche associati ad un’aumentata sopravvivenza 44.

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2. La terapia adiuvante/neoadiuvante Radioterapia

La finalità dell’approccio radioterapico è il controllo locale della malattia.

La radioterapia, a seguito o prima dell’intervento chirurgico, è in grado di far raggiungere un controllo locale della patologia nel 95% dei pazienti come testimoniato da diversi studi. D’altra parte però non è ancora chiaro se la radioterapia possa avere un impatto diretto positivo in termini di sopravvivenza a lungo termine 45.

La radioterapia, senza chirurgia, non garantisce un controllo locale sufficiente della patologia.

In caso di un trattamento radicale o compartimentale la radioterapia adiuvante può essere omessa.

Se l’intervento è ampio invece la radioterapia post-operatoria è indicata solo in sarcomi di alto grado, profondi o di dimensioni maggiori ai 5 cm.

Se il tumore è di basso grado la decisione di sottoporre il paziente a radioterapia post-operatoria non è automatica ma demandata ai vari meeting multidisciplinari 46. Negli ultimi anni si è discusso molto riguardo la radioterapia neoadiuvante, ovvero pre-operatoria. Questo approccio è stato pianificato per raggiungere ad un migliore controllo locale e rendere più semplice l’ottenimento di margini ampi intraoperatori. La radioterapia neo-adiuvante, rispetto a quella adiuvante ha diversi vantaggi:

• minori dosi da erogare (50 Gy anziché 60, utile soprattutto nei pazienti giovani che avrebbero un rischio di complicanze a lungo termine più significativo); • minor volume del campo da irradiare;

• verifica diretta dell’efficacia della radioterapia sulla malattia;

Tuttavia ha lo svantaggio di essere associata a una più complessa guarigione della ferita chirurgica. Infatti la radioterapia neo-adiuvante è accompagnata con ad un 35% di complicanze post-operatorie come deiscenza della ferita, ritardo della cicatrizzazione, infezioni, contro il 17% della post operatoria. Viceversa, esiste un

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Ad oggi non ci sono ancora, tuttavia, studi randomizzati che definiscano quale dei due approcci sia migliore, da qui l’importanza dell’approccio multidisciplinare e pareri esperti 47.

Figura 12. Esempi di campo di irradiazione.

La radioterapia neo-adiuvante, appare quindi indicata soprattutto quando ci si trova a dover affrontare lesioni di grandi dimensioni o localizzate in regioni anatomiche critiche in prossimità di vasi o nervi.

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Brachiterapia

La brachiterapia, utilizzando degli erogatori di radionuclidi a bassa energia, è stata introdotta per effettuare una radioterapia mirata e con diminuiti effetti collaterali. Attualmente, viene utilizzata molto raramente, tuttavia può essere una buona opzione terapeutica in particolari contesti clinici:

• quando si vuole apportare un dosaggio di radioterapia solo ad una piccola area di tessuto giudicata a maggior rischio di recidiva, senza coinvolgere tessuto più ‘in sicurezza’;

• quando ci si aspetta presenza di tessuto residuo microscopico;

Essa a differenza della radioterapia a fasci esterni colloca la sorgente radioattiva all’interno o vicino alla zona da trattare, l’irradiazione in questo modo colpisce solo i tessuti più vicini alla lesione riducendo la probabilità di inutili danni ai tessuti circostanti. Oltre a ciò il vantaggio che ne deriva è anche che il paziente possa recarsi meno frequentemente in ospedale in quanto questo approccio viene praticato in regime ambulatoriale, rendendola più accessibile e conveniente 50.

La chemioterapia

La chemioterapia, come la radioterapia, non sostituisce una chirurgia inadeguata. Essa si avvale di un ristretto numero di farmaci, principalmente antracicline e ifosfamide.

Purtroppo al momento, non è ancora stata dimostrata un’efficacia apprezzabile della chemioterapia in termini di aumento della ‘overall survival’ dei pazienti che vi si sottopongono, nonostante questo tema sia oggetto di discussione da più di 30 anni. Molti trial sono stati condotti negli anni ’80 quando però le casistiche erano scarse e non tenevano di conto dell’enorme variabilità istologica dei tumori delle parti molli, gli studi più consistenti sono stati condotti a partire dagli anni ’90 con maggiore uniformità dei criteri di selezione.

Due metanalisi pubblicate evidenziano un modesto vantaggio indotto dalla chemioterapia adiuvante con doxorubicina sulla sopravvivenza libera da malattia (7%) e sulla sopravvivenza globale (4% a 10 anni) 51,52, altre tuttavia hanno dei risultati

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Negli ultimi anni stanno assumendo sempre più importanza le considerazioni legate all’istotipo del tumore nel planning pre-terapeutico in modo da valutare se effettivamente intraprendere un approccio chemioterapico risulta positivo in termini di probabilità di risposta. Alcuni istotipi sembrano rispondere meglio al trattamento farmacologico rispetto ad altri, in questo modo si cerca nel prossimo futuro di personalizzare il più possibile la terapia.

L’approccio preoperatorio ha un duplice significato: il primo è quello del downsizing della malattia, cioè riduzione del volume tumorale a scopo citoriduttivo; il secondo è quello di rendere l’intervento curativo sterilizzando i foci metastatici responsabili delle recidive a distanza. Alcuni studi riportano come il tasso di risposta efficace della chemioterapia nei STM si attesti tra il 30 e il 40%; tuttavia un effetto citoriduttivo che renda possibile l’esecuzione di un intervento meno demolitivo, è ottenibile solo nel 20% dei casi 53.

L’approccio chemioterapico nella malattia localmente avanzata

Per malattia localmente avanzata si intende la condizione in cui c’è assenza di metastasi a distanza ma il tumore a livello locale ha raggiunto un estensione tale che per il trattamento a scopo guaritivo, si necessita di interventi molto demolitivi.

Gli approcci possono essere essenzialmente di due tipi:

1. il primo tipo chiama in causa un intervento citoriduttivo (o chemio o radioterapico) al fine di rendere la malattia tecnicamente operabile.

2. Nel secondo tipo, si preferisce partire direttamente con intervento demolitivo di tipo radicale.

Non ci sono studi che confermano quale sia la migliore in termini di qualità di vita e sopravvivenza, considerando che l’amputazione ha ripercussioni molto diverse a seconda del sito interessato. Due grossi studi sono stati condotti da Gronchi et al. Con l’obiettivo di valutare quale sia il migliore approccio chemioterapico.

Essi riportano che nella popolazione dei pazienti con localizzazioni dei sarcomi ad alto rischio, l’utilizzo di tre cicli di chemioterapia neoadiuvante non è inferiore in quanto ad efficacia rispetto all’utilizzo di cinque cicli, i dati suggeriscono inoltre che un

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approccio chemioterapeutico standard non ha un’efficacia inferiore rispetto a una chemioterapia personalizzata sui singoli istotipi 54,55.

La malattia metastatica

Le metastasi più frequenti dei STM sono al polmone, che vengono diagnosticate nel 20% dei pazienti affetti da sarcomi delle parti molli, le seconde per ordine di frequenza sono al fegato e alle ossa 56. Le metastasi polmonari non rappresentano una controindicazione assoluta alla chirurgia, è infatti raccomandato un intervento di asportazione chirurgica se c’è un numero di metastasi pari o inferiore a 5, in alcuni casi, un intervento chirurgico di metastasectomia polmonare, può migliorare drasticamente la prognosi.

La sopravvivenza a 10 anni dei pazienti sottoposti a metastatectomia totale è del 16%, inoltre un intervallo libero superiore ad un anno tra la resezione del tumore primitivo e la comparsa di metastasi e un numero di lesioni inferiore a quattro sembrano essere dei fattori prognostici positivi. Al contrario una metastatectomia parziale o la chirurgia in presenza di malattia metastatica extra-polmonare concomitante non apporta benefici dimostrabili ai pazienti 5758.

Quando la malattia non è operabile ha una prognosi infausta, con una media di sopravvivenza a seguito della diagnosi di 10-12 mesi. Il trattamento di prima linea include farmaci come ifosfamide o decarbazina a scopo esclusivamente palliativo con percentuali di risposta del 20% ma con ritardo della progressione di soli 3-4 mesi, non in grado di incidere sulla prognosi a lungo termine dei pazienti.

La poli-chemioterapia ha un efficacia superiore ma statisticamente non significativa. Da alcuni anni, anche nella malattia metastatica, si sta concretamente valutando una chemioterapia orientata sull’istotipo.

Lo schema Adriamicina + Decarbazina o Gemcitabina + Taxotere sono opzioni in caso di leiomiosarcoma o di sarcoma pleomorfo indifferenziato, dato che in questi tipi istologici l’Ifosfamide sembra essere meno efficace59.

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doxorubicina. In generale tutti i pazienti con sarcoma metastatico possono aderire a protocolli sperimentali che utilizzano farmaci sperimentali 60; negli ultimi anni, il numero di protocolli sperimentali è aumentato notevolmente, nella speranza di trovare farmaci chemioterapici efficaci nel trattamento dei STM.

Follow Up nei sarcomi di qualsiasi sede

Lo scopo del follow up, cioè sottoporre il paziente a controlli clinici e strumentali periodici, è quello di diagnosticare tempestivamente una recidiva locale o metastasi in un paziente che è stato precedentemente trattato, in modo da intervenire il prima possibile. L’altro scopo è quello di valutare eventuali complicanze insorte a seguito dell’intervento effettuato. Tutto questo per migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita del paziente.

Dal momento che alcuni studi dimostrano come il rischio di recidiva locale sia massima tra i due e i tre anni dopo l’intervento nei tumori di alto grado, e più tardiva nei tumori di basso grado, attualmente lo schema è il seguente, anche se può variare considerevolmente tra i diversi centri di trattamento sarcomi:

• Nelle patologie di alto grado i controlli sono effettuati ogni 3 mesi nei primi 2 anni, ogni 6 mesi fino al quinto anno e dopo questo tempo i controlli diventano annuali,

• Nelle patologie di basso grado invece i controlli sono ogni 4-6 mesi nei primi 5 anni e annuali fino al decimo anno, oltre il quale il paziente viene escluso dal piano di controllo.

E’ importante precisare che pochi sono gli studi a riguardo, per cui tale tempistica si basa sul consenso di alcuni esperti 61.

Le metodiche utilizzate sono per quanto riguarda le recidive locali, il controllo clinico supportato da ecografia e/o RM.

Per le metastasi RX toracica e nel caso di dubbi anche TC, secondo alcuni nelle forme di alto grado sarebbe necessaria la TC ogni 3 mesi indipendentemente dall’RX 62.

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