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Analisi della gestione dei traumi toracici afferenti al DEA dell'Azienda Ospedaliera - Universitaria Pisana nel corso dell'anno 2017: introduzione e validazione nella casistica pisana del Thorax Trauma Severity Score.

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DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

Analisi della gestione dei traumi toracici afferenti al DEA dell’Azienda Ospedaliera - Universitaria Pisana nel corso dell’anno 2017: introduzione e validazione nella casistica

pisana del Thorax Trauma Severity Score.

RELATORE:

Dott. Massimo Santini CORRELATORE:

Dott.ssa Alessandra Violet Bacca

CANDIDATO: Giorgio Esposto

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1. SOMMARIO…….………..……….…………..p. 3

2. RIASSUNTO……….………....………...p. 4

3. ABBREVIAZIONI……….…...……….p. 9

4. INTRODUZIONE……….……….…p. 11 4.1 Trauma toracico e Politrauma………..p. 11 4.2 Epidemiologia………..p. 12 4.3 Storia dell’approccio al trauma………p. 13 4.4 Mortalità e tempo dall’evento traumatico………p. 14

5. VALUTAZIONE E TRATTAMENTO DEL TRAUMA ………..………p. 15 5.1 Gestione del paziente politraumatizzato e ATLSÒ ………..p. 15 5.2 Meccanismo del danno e fisiopatologia del danno toracico……….p. 27 5.3 Fattori di rischio per la mortalità da trauma toracico lieve………p. 42

5.4 Valutazione prognostica e sistemi classificativi: il Thorax Trauma Severity Score……….p. 44

5.5 Ventilazione Meccanica Non Invasiva nel trauma toracico…………..………p. 48

6. MATERIALI E METODI ……….…p. 50

7. RISULTATI………...………p. 57

8. DISCUSSIONE……….……….p. 81

9. CONCLUSIONI……….………p. 84

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2. RIASSUNTO

INTRODUZIONE

Il trauma toracico, isolato o nell’ambito di un politrauma, è una condizione che può avere delle importanti conseguenze sulla prognosi del paziente. L’energia che si dissipa sul torace può determinare lesioni a carico della gabbia toracica, del distretto cardio-respiratorio e/o delle strutture mediastiniche. La variabilità di tali lesioni si riflette anche sulla gravità della lesione stessa. Un trauma lieve può esitare in un danno osseo isolato a carico del distretto costale, laddove invece un trauma severo può ripercuotersi sulle strutture profonde innescando delle emergenze medico-chirurgiche che mettono a rischio la vita del paziente. La gestione del trauma toracico richiede dunque un approccio standardizzato e sistematico, con una frequente integrazione tra gli interventi messi in atto dal personale del Pronto Soccorso ed interventi specialistici di natura chirurgico-interventistica.

Tale gestione è regolata a livello internazionale dalle linee guida ATLSÒ.

OBIETTIVI

Lo scopo della presente tesi è di effettuare un’indagine relativa ai traumi toracici afferenti al Dipartimento di Emergenza ed Accettazione (DEA) di II livello dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana nel corso dell’anno 2017.

L’analisi statistica individua le caratteristiche epidemiologiche, anamnestiche ed obiettive dei pazienti in esame, l’uso della ventilazione meccanica non invasiva (NIMV) e della ventilazione invasiva, la mortalità e la durata del ricovero ospedaliero.

Lo studio si propone inoltre di introdurre e validare, nella casistica pisana, il Thorax Trauma Severity Score come utile strumento prognostico nella valutazione del trauma toracico.

L’obiettivo è di migliorare la comprensione dei fattori che influiscono sull’outcome del trauma, migliorandone dunque la gestione in Pronto Soccorso ed in regime di ricovero ospedaliero.

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MATERIALI E METODI

Il presente studio è un’analisi retrospettiva dei traumi toracici giunti al Dipartimento di Emergenza ed Accettazione (DEA) di II livello dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana nell’arco di un periodo compreso tra il 1° Gennaio 2017 ed il 31 Dicembre 2017.

Del totale di 1109 pazienti così ottenuti è stato selezionato il sottogruppo dei pazienti ricoverati. Lo studio intende infatti concentrarsi sul trauma toracico che necessita di una gestione ospedaliera in regime di ricovero. All’interno di questo sottogruppo l’unico criterio di esclusione è stato il trauma cranico severo (GCS£8).

Di tutti i pazienti sono stati raccolti dati anamnestici (età, sesso, dinamica dell’evento ed anamnesi riportati sulla cartella First AidÒ) ed obiettivi (con particolare attenzione alla valutazione primaria e secondaria del trauma). Sono stati inoltre analizzati i parametri vitali, i dati laboratoristici rilevanti ed i valori dell’emogasanalisi. È stata poi effettuata una lettura approfondita dei referti radiologici delle TC torace, RX torace e RX scheletro costale, alla ricerca dei reperti necessari al calcolo del Thorax Trauma Severity Score (contusioni polmonari, fratture costali e coinvolgimento pleurico).

Dalle cartelle cliniche di reparto sono stati raccolti i dati relativi alla ventilazione meccanica non invasiva (NIMV). È stato inoltre consultato il database delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) dell’AOUP da cui sono state tratte le informazioni riguardanti il tempo di ricovero e l’esito del ricovero.

I dati sono stati elaborati tramite un software statistico da cui sono stati estrapolati i risultati dello studio.

RISULTATI

CARATTERISTICHE DELLA POPOLAZIONE: Il numero di traumi toracici afferenti al DEA dell’AOUP nel corso dell’anno 2017 ammonta a 1,23% del totale degli accessi. La popolazione presa in esame è distribuita per il 63,55% da individui di sesso maschile e per il 36,44% da individui di sesso femminile. L’età media del campione è 60,05 con una deviazione standard di 20,56 che evidenzia la notevole variabilità, in termini di età, del campione.

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La distribuzione per età rispecchia in parte la dinamica dell’evento. Nel 56,88 % dei casi la dinamica dell’evento è “incidente in strada” che è statisticamente più rappresentato nella fascia di popolazione £ 65 anni (70,31%). Al contrario la dinamica “incidente domestico”, che rende conto del 27,11 % dei casi totali, è statisticamente più rappresentata nella fascia di popolazione >65 anni (77,05%).

Il 54,22% dei traumi toracici è secondario ad una dinamica di politrauma ed il 53,33% dei casi accede con codice rosso.

Il numero di contusioni polmonari risultante dalla lettura delle TC torace è di 99 casi su 225 (44%), il numero di PNX è di 73 casi su 225 (32,44%), il numero di fratture costali è di 175 casi su 225 (77,77%).

Il numero di contusioni polmonari in assenza di fratture costali ammonta a 24 casi (10,6%) e si concentra nella popolazione più giovane con età media 37± 19,4. Confrontando tale dato con l’età media dei pazienti che riportavano sia contusioni che fratture costali emerge una differenza statisticamente significativa (p<0,001).

Dall’analisi dei parametri vitali sono risultate delle differenze tra il gruppo con contusioni polmonari e quello senza. In particolare emerge una differenza significativa nei i valori di PAS che risulta in media più bassa nel gruppo con contusioni (p = 0,02). Non emergono invece differenze significative negli altri parametri vitali né negli esami ematochimici.

ENDPOINT PRIMARI E SECONDARI: Dal campione principale di 225 pazienti sono stati selezionati 83 pazienti per effettuare il Thorax Trauma Severity Score. Il numero del campione è stato limitato dalla disponibilità dei risultati dell’Emogas-analisi sul sistema FirstAidÒ.

I punteggi ottenuti variano da 2 a 12 con una media di 6,71 ± 2,27.

Sono stati analizzati gli esami ematici ed i parametri vitali del campione, raggruppandoli per punteggio TTS. Gli indici di rabdomiolisi sono risultati elevati solo nei gruppi TTS8, TTS9 e TTS10; gli indici di danno miocardico sono risultati elevati solo nei gruppi TTS7, TTS8, TTS9, TTS10.

Effettuando un’analisi delle varianze sui dati ematochimici e sui parametri vitali divisi per punteggio, risulta che esiste una differenza significativa nelle varianze dei livelli di Hb (p= 0,038) e della PAS (p= 0,01).

Nel campione preso in analisi non sono presenti casi di decesso durante il ricovero, pertanto non è stato possibile dimostrare l’associazione e la correlazione del punteggio TTS con la mortalità.

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Il tempo di ricovero medio è risultato di 11,01 giorni con una deviazione standard di 15,36 ed una differenza interquartile di 7.

Il numero di pazienti ricoverati in MUO ammonta a 116 casi (51,55%), il numero di pazienti ricoverati in Anestesia e Rianimazione PS è di 46 casi (20,44%). Il tempo medio di ricovero nella UO di Anestesia e Rianimazione PS è di 22,25 giorni con una deviazione standard di 15,22. Il tempo medio di ricovero nella degenza della UO di Medicina d’Urgenza e PS è di 4,69 ± 3,29 giorni, laddove invece il tempo medio di ricovero nella terapia subintensiva della UO di Medicina d’Urgenza e PS è di 6,72 ± 2,65 giorni. Il tempo di ricovero è stato poi analizzato per punteggio TTS, ponendo il valore 8 come cut off. Il tempo medio per TTS ³ 8 è di 14,84 ± 9, invece il tempo medio per TTS < 8 è di 8,33 ± 6,5.

Dall’analisi dei i parametri EGA è emerso che i valori di pH ed i valori dei lattati correlano con il tempo di ricovero (p<0,001). La correlazione pH – tempo di ricovero è di tipo negativo moderata (coefficiente di Pearson 0,56) con p < 0,001. La correlazione lattati – tempo di ricovero è di tipo positivo moderata (coefficiente di Pearson 0,49) con p < 0,001.

Allargando l’analisi del tempo di ricovero al campione di 225 pazienti e confrontando il tempo di ricovero dei pazienti con contusioni polmonari e quello dei pazienti senza contusioni polmonari emerge una differenza significativa (p < 0,001). Analogamente il tempo di ricovero dei pazienti con fratture costali è significativamente diverso da quello dei pazienti senza fratture (p < 0,001). Tale differenza non sussiste tuttavia nel caso del PNX.

È risultata inoltre una differenza significativa (p < 0,001) nei tempi di ricovero tra pazienti con età < 50 e pazienti con età ³ 50 anni.

Dall’analisi dei dati della ventilazione meccanica in regime di Terapia Intensiva o Subintensiva, è emerso che la frequenza della ventilazione invasiva è nettamente maggiore rispetto alla ventilazione non invasiva (31 casi di ventilazione invasiva, 9 casi di NIV). Inoltre la durata media della ventilazione invasiva è risultata di 14 giorni, laddove invece la durata media della NIV è di 2,33 giorni. Dei pazienti ricoverati nella UO Medicina D’Urgenza e PS, il 75% ha effettuato O2

alti flussi e solo il 2,5% ha effettuato la NIV.

Il tempo medio totale di ventilazione meccanica invasiva è di 10,33 ± 18,5 giorni.

La durata media della INV nei pazienti TTS ³ 7 è stata di 12,28 ± 18 giorni, laddove invece la durata media della INV nei pazienti TTS < 7 è stata di 3,5 ± 5 giorni. Tale differenza è risultata

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CONCLUSIONI

Dallo studio condotto emergono alcune caratteristiche della popolazione coinvolta già descritte in letteratura, come la relazione tra i valori pressori e la presenza di contusioni polmonari o la relazione tra la dinamica dell’evento e l’età del paziente.

I principali determinanti del tempo di ricovero in caso di trauma toracico sono rappresentati dall’età, dalla presenza di contusioni polmonari, dalla presenza di fratture costali e dai valori di pH e lattati riscontrati medianti emogasanalisi arteriosa.

Dall’analisi dei gruppi individuati Thorax Trauma Severity Score è emersa un’associazione significativa con i valori di Hb. Analizzando i tempi di ricovero, il punteggio TTS si è dimostrato in grado di discernere il tempo di degenza medio, rappresentando dunque un valido strumento prognostico.

Non è stato tuttavia possibile correlare lo score con la mortalità giacché non sono stati registrati decessi nel campione sottoposto a valutazione tramite TTS.

Nella nostra casistica, il TTS si è inoltre rivelato in grado di predire la durata della ventilazione invasiva tardiva, qualora essa fosse necessaria.

In accordo con la letteratura rimane invece controverso il ruolo della ventilazione meccanica non invasiva (NIVM) nel contesto del trauma toracico. Essa rappresenta un ottimo strumento preventivo nei pazienti a rischio di sviluppare complicanze tardive.

In tal senso lo score TTS è di grande utilità decisionale, permettendo una distinzione accurata e sensibile dei pazienti più a rischio.

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3. ABBREVIAZIONI

AIS: Abbreviated Injury Scale

ARDS: Acute Respiratory Distress Syndrome

ATLS: Advanced Trauma Life Support

CPK: Creatininfosfochinasi

CKMB: Creatininchinasi MB

DEA: Dipartimento Emergenza e Accettazione

EGA: Emogas-analisi

ECG: Elettrocardiogramma

FAST: Focused assessment sonography in trauma

FC: frequenza cardiaca

FiO2: Frazione Inspiratoria di Ossigeno

GCS: Glasgow Coma Scale

g/dL: Grammi per Decilitro

Hb: Emoglobina

HCO3- : Bicarbonati

HT: Emotorace

HPT: Emopneumotorace

ICU: Intensive Care Unit

INV: Invasive Ventilation

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INR: International Normalized Ratio

IQR: Interquartile Range

Lat: Lattati

MODS: Multiorgan disfunction

NIMV: Noninvasive mechanic ventilation

OMS: Organizzazione Mondiale Sanità

PAS: Pressione Arteriosa Sistolica

PCS: Pulmonary Contusion Score

PNX: Pneumotorace

PS: Pronto Soccorso

RX: Radiografia

SD: Standard deviation

SIRS: Sindrome da risposta infiammatoria sistemica

TC: Tomografia Computerizzata

TRISS: Trauma and Injury severity score

TTSS: Thorax Trauma Severity Score

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4. INTRODUZIONE

4.1 TRAUMA TORACICO E POLITRAUMA

Il trauma toracico è una condizione in cui una fonte di energia si dissipa sul torace determinando lesioni variabili a carico della gabbia toracica, del distretto cardio-respiratorio e/o delle strutture mediastiniche.

Esso può essere un trauma toracico isolato in cui l’energia si dissipa in modo focale sul torace oppure, più frequentemente, può essere secondario ad un politrauma.

Per politrauma si intende un evento traumatico caratterizzato da lesioni contemporanee a carico di due o più distretti corporei, tali da comportare nell’immediato un’instabilità delle funzioni vitali che mette a rischio la sopravvivenza del paziente.

La lesione traumatica che ne deriva è espressione del principio di conservazione dell’energia, secondo cui l’energia non si disperde ma viene dissipata attraverso l’organismo ripercuotendosi sulle aree più sensibili, ovvero su quelle meno provviste di fibre elastiche. L’energia meccanica infatti crea una sollecitazione dei tessuti; qualora essa sia tale da essere tamponata dalle fibre elastiche allora non si crea un danno anatomico, al contrario la dissipazione energetica esita in una lesione tissutale.

La gestione del paziente traumatizzato ha subito importanti cambiamenti con l’introduzione dell’Advance Trauma Life Support (ATLSÒ). Inizialmente introdotto nel 1980, il programma educativo ATLSÒ è ormai alla nona edizione e ha uniformato radicalmente il pattern di gestione del trauma in tutto il mondo.

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4.2 EPIDEMIOLOGIA

Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il trauma è responsabile del 9% della mortalità mondiale, circa 1,7 volte le morti dovute a HIV/AIDS, tubercolosi e malaria combinate. Più di 5 milione di persone muoiono ogni anno per lesioni intenzionali o non intenzionali, con una stima di una morte ogni sei secondi. Inoltre sono più di 10 milioni l’anno le persone che sono soggette a traumi non fatali richiedenti un trattamento ospedaliero.

Negli Stati Uniti la patologia traumatica è la quarta causa di morte, preceduta da malattie cardiovascolari, tumori e malattie croniche delle basse vie aeree. Essa rappresenta la principale causa di decesso nella popolazione con età inferiore a 46 anni, con circa 79000 morti l’anno. 1 Tuttavia è necessario considerare che con l’aumento dell’età media il trauma

è diventato sempre di più anche una prerogativa della popolazione anziana. In questa fascia di età cambiano le dinamiche, aumenta l’incidenza di traumi secondari ad incidenti domestici e diminuisce la frequenza di traumi da incidenti stradali (la cui frequenza è invece significativamente più alta nella popolazione più giovane).

Il trauma toracico chiuso è alla base del 10% degli accessi globali al pronto soccorso. 2 Nella popolazione con età inferiore a 40 anni il trauma toracico è responsabile del 25% delle morti. 3 Il 76% delle morti da trauma toracico avviene il primo giorno e di queste il 38% nelle prima ora. La maggior parte dei pazienti che muore di complicanze polmonari muore nei 10 giorni successivi al trauma. 4

Secondo il National Trauma Institute i costi annuali del trauma sono nettamente superiori ai costi per cancro, diabete o malattie cardiovascolari, e si attestano a 671 miliardi di dollari l’anno in termini di costi sanitari e calo della produttività.

La percentuale di pazienti che necessita di un intervento chirurgico è sempre più bassa, attestandosi a meno del 10% per i traumi toracici lievi-moderati e a meno del 30% per i traumi penetranti.

La gestione secondo i criteri ATLSÒ ha contribuito ad uniformare ed ottimizzare la gestione del golden hour migliorando sensibilmente l’outcome di questi pazienti.

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4.3 STORIA DELL’APPROCCIO AL TRAUMA

Prima del 1980 la qualità della gestione del trauma era inadeguata e non uniformata a livello internazionale. Nel febbraio del 1976 una tragedia cambiò radicalmente il concetto della golden hour del trauma portando all’introduzione delle linee guida ATLSÒ . Un ortopedico, a bordo del suo aereo privato, precipitò in una campagna del Nebraska. La moglie morì all’impatto e tre dei suoi figli, così come il medico, riportarono lesioni gravissime ed un altro lesioni minori.

Il trattamento che ricevettero fu inadeguato e spinse il medico, con il supporto dell’American College of Surgeon, ad identificare la necessità di un addestramento specifico per il trattamento avanzato del trauma.

Nel 1978 si tenne il primo prototipo corso ATLSÒ che fu poi incorporato a pieno titolo dall’American College of Surgeon in seguito al riconoscimento da parte del Committee della valenza chirurgica del trauma.

Risale al 1980 la prima edizione del corso che si diffuse lo stesso anno a livello internazionale.

Il principio base del corso si basava su una standardizzazione della gestione del trauma e sulla tempestività e appropriatezza che possono migliorare in modo significativo la prognosi dei pazienti traumatizzati.

Oggi il metodo ATLSÒ è accettato come lo standard per la “prima ora” di trattamento del trauma, indipendentemente dal fatto che il paziente sia trattato in un Trauma Center avanzato o in una remota area rurale.

Ad oggi sono stati certificati oltre 1.500.000 medici con oltre 75.000 corsi organizzati in tutto il mondo. Il programma viene modificato ed aggiornato inserendo metodiche accettate e verificate e non tecnologie estreme o metodiche sperimentali. Il manuale del corso viene revisionato circa ogni 4 anni. I medici, per mantenere la validità dello status conseguito nell’ambito del programma ATLSÒ , devono essere riverificati sulla base dell’ultima edizione del materiale.

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4.4 MORTALITA’ E TEMPO DALL’EVENTO TRAUMATICO

La maggior parte delle morti avviene sulla scena del trauma o nelle prime 24 ore dal momento in cui il paziente raggiunge un trauma center5. La mortalità per trauma si concentra

in tre periodi di tempo:

Figura 1 – Distribuzione trimodale della mortalità (da “ATLSÒ Manuale Studenti”)

Il primo picco si manifesta entro pochi secondi o minuti dall’evento e rappresenta il 50% dei decessi. In questa fase precoce la morte può essere secondaria a gravi lesioni encefaliche o spinali, oppure a rottura di cuore, aorta o altri grossi vasi. L’unico fattore in grado di incidere su queste morti è la prevenzione.

Il secondo picco si verifica da qualche minuto a qualche ora dopo il trauma e rappresenta il 30% dei decessi. In questa fase la morte può essere causata da ematoma subdurale o epidurale, emotorace, pneumotorace, rottura di milza o fegato, fratture di bacino e/o altre lesioni multiple che si associno ad ingenti perdite ematiche.

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Il terzo picco si manifesta in un periodo compreso tra alcuni giorni ed alcune settimane dopo la lesione iniziale e rappresenta il 20% dei decessi. In questa fase la morte è causata soprattutto da sepsi e insufficienza multiorgano. La prognosi in questi casi è influenzata dalle terapie effettuate in ciascuna delle precedenti fasi. La mortalità aumenta se la gestione delle prime fasi non è ottimale.

Tanto minore è il tempo che intercorre tra l’evento traumatico ed il soccorso, quanto maggiori sono le probabilità di sopravvivenza e di recupero del paziente politraumatizzato.

5. VALUTAZIONE E TRATTAMENTO DEL TRAUMA

5.1 GESTIONE DEL PAZIENTE POLITRAUMATIZZATO ED ATLSÒ

La trattazione della gestione trauma toracico non può prescindere dalla trattazione del politrauma in generale. Di seguito è dunque riportato in modo sintetico il protocollo ATLSÒ concentrando l’attenzione sul distretto toracico.

La gestione del paziente politraumatizzato è regolata dalle linee guide ATLSÒ e prevede una fase di valutazione primaria, rianimazione, indagini diagnostiche aggiuntive ed infine una fase di valutazione secondaria. 6

Nella valutazione primaria è necessaria una analisi sequenziale, con contestuale risoluzione di eventuali problematiche, di - A (airways): vie aeree - B (breathing): respirazione e ventilazione - C (circulation): circolazione con controllo dell’emorragia - D (disability): stato neurologico - E (exposure): esposizione e prevenzione dell’ipotermia

La valutazione primaria si concentra dunque sulle lesioni che sono a rapido rischio per la vita del paziente, lasciando le altre lesioni al vaglio della valutazione secondaria. L’ordine da seguire è dettato dalla gravità delle lesioni che possiamo ritrovare in ciascuno step. È

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chiaro che non serve correggere l’emorragia se il paziente non respira bene, così come è chiaro che non si può risolvere la problematica respiratoria senza aver assicurato dapprima la pervietà delle vie aeree.

VALUTAZIONE PRIMARIA- AIRWAY

La prima causa di morte nel paziente politraumatizzato è l’ostruzione delle vie aeree. È pertanto fondamentale accertarne e garantirne la pervietà come primo atto diagnostico-terapeutico nel processo ABCDE.

Le cause sono molteplici:

- Trauma del massiccio faciale - Inalazione di corpi estranei - Ustione - Alterazione dello stato di coscienza con perdita del tono della lingua - Trauma del collo - Intossicazione

Tutte le manovre per valutare se la via aerea è pervia o meno devono essere fatte tenendo immobilizzato il rachide cervicale, giacché fino a prova contraria può essere presente una lesione cervicale.

Nel paziente cosciente il modo più rapido ed efficace è ottenere una risposta verbale dal paziente, in tal caso senza ombra di dubbio le vie aeree sono pervie.

Il paziente incosciente è a rischio maggiore di ostruzione delle vie aeree e potrà necessitare di una via aerea definitiva più facilmente. Si definisce via aerea definitiva il posizionamento di un tubo in trachea, cuffiato al di sotto delle corde vocali e connesso ad un dispositivo di ventilazione alimentato da una sorgente di ossigeno ad alte concentrazioni. Lo scopo è di mantenere l’ossigenazione e prevenire l’ipercapnia.

Una via aerea provvisoria può invece essere ottenuta tramite cannule oro e naso-faringee connesse con un ambu. Tuttavia nel paziente incosciente nonché nel paziente cosciente ma a rischio, deve essere garantita precocemente una via aerea definitiva. Laddove ciò non fosse

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possibile allora è necessario procedere con una via aerea chirurgica, ovvero una cricotiroidotomia.

I segni suggestivi di ostruzione delle vie aeree sono numerosi:

1. Ispezione: l’agitazione spesso suggerisce ipossia, laddove invece l’obnubilamento del sensorio suggerisce ipercapnia. La cianosi, nonostante sia fortemente indicativa di ipossia, è un segno tardivo. Un altro segno suggestivo è il reclutamento della muscolatura accessoria. È importante inoltre valutare il cavo orale per il possibile riscontro di corpi estranei o edemi evidenti. 2. Riscontro di una bassa saturazione previo posizionamento di un pulsossimetro. 3. Riscontro di rumori respiratori anormali. Una respirazione rumorosa è spesso una respirazione ostruita.

4. Valutazione della simmetria tracheale rispetto alla linea mediana del collo e contestuale valutazione di eventuali lesioni distrettuali o di turgore giugulare. 5. Dato anamnestico di possibile intossicazione da fumi e vapori ad alta temperatura

che possono aver causato un edema delle vie respiratorie superiori.

La pervietà delle vie aeree deve essere quindi assicurata:

- Asportando il materiale estraneo o liquidi, come sangue e vomito, manualmente o mediante aspiratore

- Garantendo l’apertura delle vie aeree superiori del paziente: nel paziente incosciente ciò può essere ottenuto con manovre di sublussazione mandibolare (Jaw thrust) o di sollevamento del mento (Chin lift).

- Posizionando cannule orofaringee o naso faringee che garantiscono una pervietà temporanea ed impediscono lo scivolamento posteriore della base della lingua. - Ricorrendo all’intubazione endotracheale in tutti quei casi in cui sussistono dubbi

circa le capacità del paziente di mantenere la pervietà delle vie aeree. 7

- È inoltre necessario somministrare ossigeno alla massima contrazione possibile (15L/min, 100%).

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VALUTAZIONE PRIMARIA – BREATHING

La pervietà delle vie aeree non assicura comunque una adeguata ventilazione, in quanto è necessario un corretto ricambio di gas per l’ossigenazione ottimale e l’eliminazione della CO2. La ventilazione può essere compromessa per ostruzione delle vie aeree, per alterazione della meccanica ventilatoria e/o per depressione dei centri respiratori bulbari.

La funzionalità respiratoria è inficiata soprattutto nei traumi toracici. In tal caso il trauma diretto, soprattutto se associato a fratture costali, causa dolore con l’escursione respiratoria e porta rapidamente ad ipossia. I pazienti più anziani con patologie polmonari pre-esistenti sono a rischio maggiore.

Clinicamente il paziente con un problema in B si può presentare dispnoico, tachipnoico, può lamentare dolore al torace. Da un punto di vista ispettivo è importante escludere che ci sia turgore delle giugulari, deviazione della trachea ed ipotensione; è altresì fondamentale valutare la mobilità dei due emitoraci a confronto, la presenza di lesioni perforanti o di ecchimosi e lacerazioni, nonché l’eventuale movimento paradosso di una porzione costale. All’ispezione segue l’auscultazione del torace e la valutazione saturimetrica. Il valore soglia che identifica uno stato ipossico è di 60mmHg che corrispondono ad una saturazione del 90%.

Un caso peculiare in cui la saturimetria può essere normale è l’intossicazione da CO perché lo strumento non è in grado di discriminare la molecola che satura l’Hb.

VALUTAZIONE PRIMARIA – CIRCULATION

La compromissione dello stato circolatorio nel paziente traumatizzato può avere diverse cause e la sua valutazione deve prendere in considerazione il volume ematico, la gittata cardiaca ed eventuali sanguinamenti.

L’emorragia è infatti la principale causa prevenibile di morte post-traumatica. L’identificazione e l’arresto dell’emorragia costituiscono i passi fondamentali della valutazione e della gestione di questi pazienti.

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Dopo aver escluso uno pneumotorace iperteso, l’ipotensione conseguente a trauma è fino a prova contraria di genesi ipovolemica. Gli elementi clinici che forniscono rapidamente informazioni sullo stato volemico del paziente sono:

- Stato di coscienza: la riduzione del volume ematico circolante comporta una diminuzione della perfusione cerebrale con conseguente alterazione del livello di coscienza.

- Colorito cutaneo: è altamente improbabile che il paziente traumatizzato che presenti, dopo l’evento, cute rosea, specialmente al volto ed agli arti, sia in stato ipovolemico critico. Al contrario, il paziente con ipovolemia può manifestare un colorito del volto grigiastro e cinereo con pallore degli arti.

- Polso: qualità, frequenza e ritmo dei polsi devono essere valutati bilateralmente e preferibilmente in una sede centrale facilmente accessibile (arteria femorale o carotidea). Polsi pieni, lenti e regolari sono generalmente segno di normovolemia in un paziente che non sia in terapia con Beta-Bloccanti. Al contrario un polso rapido e filiforme è spesso indice di ipovolemia, laddove tuttavia può essere determinato anche da altre cause. La frequenza normale non assicura che il paziente sia normovolemico, sebbene la frequenza sia uno dei primi parametri vitali ad alterarsi in corso di ipovolemia. Un’alterazione del ritmo deve far pensare ad una possibile disfunzione cardiaca. L’assenza dei polsi centrali, non attribuibile a fattori locali, implica la necessità immediata di un intervento rianimatorio per ripristinare il volume ematico ed una gittata cardiaca efficace.

È importante identificare la fonte di emorragia, sia interna che esterna. Le emorragie esterne devono essere individuate ed arrestate immediatamente durante la valutazione primaria, mediante compressione manuale diretta sulla ferita. L’uso del tourniquet è giustificato solo in caso di sanguinamento massivo da un arto non tamponabile con la compressione diretta. È sconsigliato invece l’uso di pinze emostatiche che possono danneggiare strutture nervose e vascolari.

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Le principali sedi di sanguinamento interno sono il torace, l’addome, il retroperitoneo, la pelvi e le ossa lunghe. In assenza di lesioni esterne ed in presenza di uno stato ipovolemico è mandatorio passare al vaglio ciascuna sede sopra citata per identificare il sanguinamento. Questa indagine si compone di elementi clinici e strumentali, come ad esempio l’ECO FAST (Focused Assessment Sonography in Trauma), l’RX del torace e del bacino. Si tratta infatti delle uniche indagini strumentali che vengono fatte di routine durante valutazione primaria.

L’ECO FAST ricerca la presenza di versamento libero che fino a prova contraria è considerato di natura emorragica. Si compone, classicamente, di quattro finestre:

1. Sottocostale: per la ricerca di liquido nel cavo pericardico; 2. Quadrante superiore destro dell’addome: per la ricerca di versamento nello spazio del Morrison, nella regione sovraepatica e nel seno costodiaframmatico destro; 3. Quadrante superiore sinistro dell’addome: per la ricerca di versamento nell’area perisplenica e nel seno costodiaframmatico sinistro; 4. Bacino: per la ricerca di versamento nello spazio rettovescicale del Douglas.

Recentemente alle quattro finestre classiche sono state aggiunte le parasternali polmonari in quella che prende il nome di FAST EXTENDED.

La radiografia del torace è essenziale per valutare lo stato delle strutture mediastiniche e broncopolmonari. Un’ipovolemia di causa toracica può esser dovuta ad un emotorace massivo, ad un PNX iperteso o ancora ad una rottura traumatica incompleta dell’aorta toracica.

La radiografia della pelvi è essenziale per valutare la presenza di fratture a carico del cingolo pelvico; la pelvi è infatti un contenitore estremamente capiente e per piccoli aumenti del diametro pelvico la capienza aumenta esponenzialmente. In questi casi è di aiuto anche la clinica che può essere suggestiva di fratture pelviche in presenza di asimmetria degli arti inferiori, con extrarotazioni e differenti lunghezze. La presenza di una frattura della pelvi impone una stabilizzazione temporanea con dispositivo esterno che permette di ridurre i diametri tamponando l’emorragia interna in attesa di un intervento definitivo che oggigiorno è sempre più di pertinenza della radiologia interventistica.

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La gestione dell’ipovolemia non può esulare dalla rianimazione fluidica con cristalloidi (o colloidi) pre-riscaldati spesso su doppio accesso venoso. Qualora questo non fosse sufficiente al ripristino volemico è necessario l’utilizzo di trasfusioni di emazie. Tuttavia il target di pressione da raggiungere non deve essere quello fisiologico ottimale; nel paziente traumatizzato vige infatti il concetto di ipotensione permissiva. È dunque importante garantire una riespansione volemica senza però raggiungere pressioni tali da aumentare i processi emorragici in atto.

Diversi studi ed una recente metanalisi di Maggio 2018 confermano i benefici derivanti dal mantenimento dell’ipotensione permissiva nel paziente traumatizzato. 8

VALUTAZIONE PRIMARIA – DISABILITY

Nella fase finale della valutazione primaria è importante effettuare un rapido esame neurologico, che si limiti alla valutazione dello stato di coscienza ed al diametro e reattività delle pupille.

La valutazione dello stato di coscienza si avvale del Glasgow Coma Scale (GCS) che è un rapido e semplice strumento che presenta anche un valore prognostico. Il GCS è riportato in Figura 1.

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In base al GCS possiamo identificare tre categorie di trauma cranico: 1. GCS 15-13 Trauma Cranico Lieve

2. GCS 12- 9 Trauma Cranico Moderato 3. GCS 8-3 Trauma Cranico Severo

Di recente è stata proposta una revisione del GCS che comprendesse anche la valutazione pupillare, secondo un semplice algoritmo matematico: punteggio GCS meno il numero di pupille non reagenti (1 o 2). Il range varia da 1 a 15 e sembrerebbe che l’aggiunta del parametro pupillare migliori il potere predittivo di mortalità ed outcome avverso nei GCS3.9

Classicamente la valutazione pupillare comprende la simmetria di diametro e forma nonché la reattività alla luce.

Una riduzione del livello di coscienza può indicare un calo dell’ossigenazione e/o della perfusione cerebrale oppure può essere secondaria a lesioni cerebrali dirette. Il riscontro di un’alterazione dello stato di coscienza impone l’immediata rivalutazione di ossigenazione, ventilazione e stato di perfusione, così come l’eventuale assunzione di alcol, sedativi e farmaci. Qualora tutto ciò sia stato escluso allora l’alterazione dello stato di coscienza deve essere attribuita a lesioni traumatiche cerebrali, fino a prova contraria.

L’azione del trauma sul parenchima cerebrale determina le cosìddette lesioni primarie, mentre l’obiettivo del trattamento iniziale è la prevenzione delle lesioni secondarie attraverso il mantenimento di una adeguata ossigenazione e perfusione.

VALUTAZIONE PRIMARIA – EXPOSURE

L’ultima fase della valutazione primaria si compone di un’esposizione completa del paziente con log roll bilaterale e prevenzione dell’ipotermia mediante l’utilizzo di coperte termiche o sistemi di riscaldamento esterno. Si ricorda che i liquidi infusionali devono essere riscaldati prima della somministrazione e l’ambiente deve essere mantenuto caldo.

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RIANIMAZIONE

La rianimazione e l’immediato trattamento delle lesioni pericolose per la vita, man mano che vengono identificate, sono essenziali per migliorare le possibilità di sopravvivenza del paziente. Anche la rianimazione segue la sequenza ABC e viene condotta simultaneamente alla valutazione primaria.

PRESIDI AGGIUNTIVI ALLA VALUTAZIONE PRIMARIA ED ALLA

RIANIMAZIONE

I presidi aggiuntivi includono il monitoraggio elettrocardiografico, catetere vescicale (CV) e sondino nasogastrico (SNG), monitoraggio della frequenza respiratoria, emogas-analisi arteriosa (EGA), saturimetro e misurazione della pressione arteriosa.

- Monitoraggio ECG: di importanza fondamentale nel paziente traumatizzato per valutare eventuali aritmie cardiache spia di un trauma cardiaco chiuso. L’attività elettrica senza polso (PEA: Pulseless Electrical Activity) può suggerire la presenza di tamponamento cardiaco, PNX iperteso e/o marcata ipovolemia. In caso di bradicardia, conduzione aberrante o battiti prematuri occorre sospettare immediatamente ipossia o ipoperfusione. Le aritmie possono insorgere anche in caso di ipotermia grave.

- Catetere vescicale: il monitoraggio della diuresi è un indicatore molto sensibile dello stato volemico e riflette la perfusione renale (perfusione di un organo nobile). L’inserzione transuretrale del CV è tuttavia controindicata nei pazienti in cui si sospetti una lesione uretrale. I segni indicativi di lesione uretrale sono sangue dal meato uretrale, ecchimosi perineali, esplorazione rettale che evidenza una risalita della prostata. In tal caso l’integrità uretrale deve essere confermata da un’uretrografia retrograda prima di inserire il CV.

- Sondino gastrico: è indicato per ridurre la distensione gastrica secondaria all’ileo paralitico traumatico e per ridurre quindi il rischio di inalazione. Esso permette inoltre di identificare un sanguinamento del tratto digerente superiore. L’inserzione

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del SNG è controindicata nei pazienti con frattura accertata della lamia cribriforme dell’etmoide o di sospetta frattura della base cranica. I segni di sospetta frattura della base cranica sono ecchimosi periorbitali e retroauricolari in regione mastoidea. In tal caso è indicato l’inserimento del sondino dalla cavità orale. La controindicazione assoluta al sondino gastrico è invece la presenza di lesioni del collo o di lesioni penetranti del torace che possano aver leso l’esofago.

- Monitoraggio: è essenziale per confermare l’adeguatezza della rianimazione. I valori in tempo reali dei parametri fisiologici devono essere rilevati appena possibile ed è necessaria una loro rivalutazione periodica. La frequenza respiratoria e l’EGA devono essere utilizzate per monitorizzare l’adeguatezza della respirazione. Il saturimetro è un importante presidio aggiuntivo per il monitoraggio della saturazione dell’emoglobina. Il valore di saturazione deve essere confrontato con quello ottenuto mediante emogas-analisi arteriosa. La pressione arteriosa deve essere sempre misurata anche se occorre specificare che può essere un indicatore non attendibile della perfusione tissutale.

EVENTUALE TRASFERIMENTO

Durante la fase di rianimazione e valutazione primaria il medico che gestisce il malato dispone di indicazioni sufficienti per decidere di trasferire il paziente ad un altro ospedale. Il processo di trasferimento deve essere iniziato immediatamente dal personale amministrativo e non deve essere ritardato. Le indicazioni al trasferimento risiedono nella complessità di gestione di alcuni aspetti del trauma che possono essere trattati soltanto in ospedali di alta specializzazione.

Quando sia stata posta indicazione al trasferimento è essenziale che il medico inviante comunichi direttamente con il medico accettante.

VALUTAZIONE SECONDARIA

La valutazione secondaria può e deve essere intrapresa solo dopo aver completato la valutazione primaria, aver effettuato le manovre rianimatorie e normalizzato i parametri

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vitali. Una volta che il paziente è stabile si procede dunque ad un accurato esame obiettivo completo testa-piedi con raccolta dell’anamnesi. Ogni distretto corporeo deve essere esaminato in maniera dettagliata secondo la sequenza: capo, massiccio facciale, colonna cervicale e collo, torace, addome, perineo-retto-vagina, apparato muscolo scheletrico e sistema nervoso.

La valutazione secondaria comprende anche un esame neurologico completo, che include la rivalutazione del punteggio GCS. Inoltre è in questa fase che vengono richiesti ulteriori esami diagnostici- strumentali necessari all’inquadramento di lesioni che non sono pertinenza della valutazione primaria.

Partendo dall’anamnesi si procede con l’acronimo AMPLE ovvero Allergie, Medicine, Pregresse malattie/Pregnancy (gravidanza), Last meal (ultimo pasto), Evento lesivo/situazione ambientale correlata al trauma.

Spesso l’anamnesi non può essere ottenuta direttamente dal paziente e risulta quindi necessario contattare il personale di soccorso pre-ospedaliero o i familiari del paziente. Di particolare importanza sono i dettagli relativi alla dinamica dell’evento e alla possibile esposizione ad agenti termici o chimici pericolosi.

I traumi vengono inoltre divisi in chiusi ed aperti.

I traumi chiusi possono derivare da un impatto tra veicoli, incidenti correlati ad altri tipi di trasporto, cadute ed attività ricreative o lavorative. In caso di incidente automobilistico è necessario sapere se il paziente indossava le cinture di sicurezza, quale fosse il grado di deformazione del veicolo, la direzione dell’impatto, intrusioni nell’abitacolo o l’eventuale eiezione del passeggero. La dinamica infatti spesso correla con specifiche lesioni, come ad esempio la rottura traumatica dell’istmo aortico in presenza di una imponente decelerazione con cintura di sicurezza.

In Figura 2 sono riportate le varie lesioni.

I traumi penetranti includono lesioni da arma da fuoco, da arma bianca e da impalamento. I fattori che determinano il tipo di trattamento e la prognosi dipendono dal distretto corporeo colpito, dagli organi situati in prossimità della ferita e dalla velocità dell’impatto. In questi

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casi può essere utile conosce velocità, calibro e traiettoria presunta del proiettile, nonché la distanza dalla quale è stato esploso il colpo.

Nel corso della valutazione secondaria possono essere effettuate procedure diagnostiche più complesse, come ulteriori radiografie di colonna e arti, TC cranio, torace, addome e colonna, urografia ed angiografia, ecografia transesofagea, broncoscopia ed esofagoscopia. Si ribadisce ancora una volta che per effettuare questi esami il paziente deve essere già stato accuratamente valutato e le condizioni emodinamiche devono essere stabili.

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5.2 MECCANISMO TRAUMATICO E FISIOPATOLOGIA DEL DANNO TORACICO

L’elevata mortalità associata a lesioni toraciche non trattate deriva dall’importanza delle strutture polmonari, cardiache e mediastiniche potenzialmente coinvolte nel trauma. Ipossia, ipercapnia ed acidosi sono spesso conseguenze di un trauma toracico. L’ipossia tissutale deriva da un inadeguato trasporto di ossigeno ai tessuti di genesi multifattoriale:

- Ipovolemia di natura emorragica

- Mismatch ventilazione/perfusione secondario a contusioni, ematomi e/o collassi alveolari

- Variazioni delle pressioni intratoraciche secondarie a PNX iperteso o PNX aperto. - Variazioni della meccanica ventilatoria causate da alterazioni morfologiche della

gabbia toracica secondarie a fratture costali, soprattutto se di tipo Flail Chest

L’ipossia tissutale esita in acidosi metabolica per shift del metabolismo da una condizione di aerobiosi ad una di anaerobiosi. Questi processi metabolici generano un eccesso di protoni che si accumulano nei tessuti, acidificandoli. Il tutto è peggiorato dall’accumulo di lattati che si instaura per un ritardo del metabolismo dell’acido lattico da parte del rene e del fegato, spesso per ragioni ipovolemiche.10 In condizioni di ipossia tissutale, la diminuzione del pH

non è solo dettata dal cambio di regime metabolico, ma è anche funzionale nell’ottica della cessione di ossigeno ai tessuti. Il pH influisce infatti sulla curva di dissociazione dell’emoglobina secondo l’effetto Bohr. Se il pH è basso e la concentrazione di CO2 è alta,

l’affinità dell’Hb per l’O2 diminuisce a causa del legame di H+ e CO2 . Tuttavia laddove

questo meccanismo è funzionale nei tessuti periferici, a livello alveolare la bassa affinità per l’ossigeno gioca un ruolo antagonista. È dunque importante ripristinare i valori di pH ed abbassare i valori ematici di CO2 per ristabilire l’equilibrio della curva di dissociazione

dell’Hb.

Nel trauma toracico l’acidosi ha spesso anche una componente respiratoria per alterazioni della maccanica ventilatoria o per alterazioni dei centri respiratori bulbari, che determinano un accumulo di CO2 .

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L’ipossia è dunque l’aspetto più critico e delicato del trauma toracico e come tale deve essere riconosciuta e trattata prontamente. Nella maggior parte dei casi il controllo delle vie aeree e della ventilazione garantisce un corretto scambio di ossigeno.

L’esame obiettivo del torace si compone di ispezione, sia anteriormente che posteriormente, per identificare lesioni come pneumotorace aperto o evidente lembo costale. L’ispezione consente inoltre di appurare la presenza di ecchimosi, escoriazioni e segni particolari come quello della cintura che sono suggestivi di un trauma ad elevata energia e di lesioni occulte. Un esame completo della parete toracica richiede poi la palpazione accurata di tutta la gabbia toracica, includendo clavicole, coste e sterno. La compressione sternale può causare dolore qualora ci sia una frattura o un distacco costo-condrale. La valutazione include poi la simmetria dell’espansione dei due emitoraci assieme all’auscultazione dei rumori respiratori e dei toni cardiaci. Sebbene l’RX torace faccia parte della diagnostica aggiuntiva in valutazione primaria, alcune lesioni come il PNX iperteso devono essere sospettate su base clinica e bisogna porvi rimedio senza aspettare la conferma radiologica.

In accordo con i criteri dell’ATLSÒ il trauma toracico può essere distinto in due categorie di gravità. La prima categoria comprende lesioni che devono essere necessariamente individuate e trattate durante la valutazione primaria. La seconda categoria comprende invece lesioni che possono essere individuate anche in valutazione secondaria. Infatti non sempre è possibile riconoscere alcune lesioni durante la valutazione primaria e può essere necessaria una valutazione più attenta ed approfondita a paziente stabilizzato.

Traumi che mettono a rischio la vita del paziente nell’immediato: • Pneumotorace iperteso

• Pneumotorace aperto

• Lembo costale con contusione polmonare • Emotorace massivo

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Traumi con rischio potenziale e differibile: • Pneumotorace semplice • Emotorace • Contusione polmonare • Rottura dell’albero tracheobronchiale • Contusione miocardica moderata • Rottura traumatica dell’aorta toracica • Rottura traumatica del diaframma • Rottura esofagea PNEUMOTORACE IPERTESO

Lo pneumotorace iperteso si instaura quando è presente un meccanismo a valvola unidirezionale che permette all’aria di uscire dal polmone o di entrare attraverso la parete toracica, senza tuttavia che si crei un equilibrio. Si determina quindi un’ipertensione del cavo pleurico con collasso totale del polmone e dislocazione controlaterale del mediastino. La dislocazione delle strutture mediastiniche induce un ridotto ritorno venoso per compressione delle vene cave, determina una compressione del polmone controlaterale ed una dislocazione tracheale. Il ridotto ritorno venoso al cuore esita in un calo della gittata cardiaca ed è classificato come uno shock ostruttivo.

La causa più comune di PNX iperteso è la ventilazione meccanica non invasiva a pressione positiva in pazienti con danno della pleura viscerale. Tuttavia il PNX iperteso può anche complicare un PNX semplice.

La diagnosi di PNX iperteso è clinica ed il trattamento non deve essere ritardato in attesa della conferma radiologica.

La clinica del PNX iperteso si compone di dolore toracico, dispnea con fame d’aria, distress respiratorio, tachicardia, ipotensione, deviazione controlaterale della trachea, turgore delle giugulari, assenza di murmure vescicolare ipsilateralmente ed asimmetria dell’emitorace coinvolto che non si espande con l’escursione respiratoria e che risulta più espanso del controlaterale. La cianosi è tardiva.

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È chiaro che la clinica può essere confusa con quella di un tamponamento cardiaco e la diagnosi differenziale si basa sull’ipertimpanismo percussorio, deviazione tracheale ed assenza di murmure vescicolare.

Il PNX iperteso richiede un trattamento tempestivo con decompressione mediante inserzione di un agocannula a livello del secondo spazio intercostale sulla linea emiclaveare dell’emitorace affetto. Affinché la manovra abbia maggiori probabilità di successo è necessario che l’ago abbia dimensioni di almeno 8 cm. Il secondo spazio intercostale garantisce una percentuale media di successo del 58%, se invece l’ago è posizionato nel quinto spazio intercostale a livello della ascellare media (stesse coordinate del drenaggio toracico) il successo è garantito nel 100% dei casi. 11

Questa manovra serve tuttavia solo a guadagnare tempo, convertendo il PNX iperteso in PNX semplice, in attesa dell’inserzione di un drenaggio toracico che possa quindi risolvere in maniera definitiva il PNX. Il drenaggio toracico si inserisce a livello del quinto spazio intercostale anteriormente alla linea ascellare media, incidendo superiormente al margine superiore della costa inferiore per evitare di coinvolgere il fascio vascolo nervoso costale.

PNEUMOTORACE APERTO

Lo pneumotorace aperto si può verificare in presenza di una soluzione di continuo della parete toracica che mette in comunicazione l’esterno con lo spazio pleurico. Affinché si instauri un PNX è tuttavia necessaria che il diametro di questa apertura sia almeno due terzi del diametro della trachea così che l’aria prenda la via della breccia piuttosto che la via tracheale. La ferita da PNX aperto è anche detta ferita soffiante giacché, laddove in fase inspiratoria la pressione nel cavo pleurico è negativa e guida l’entrata di aria dall’esterno, in fase espiratoria la pressione si positivizza e l’aria esce dalla ferita.

Si instaura così un’alterazione della ventilazione; l’aria tende ad entrare dalla ferita perché soggetta a meno resistenze e quindi il paziente sviluppa rapidamente un’insufficienza respiratoria. Tanto maggiore è il diametro della ferita, tanto maggiore è la probabilità che la trachea non venga perfusa da aria.

La gestione del PNX aperto prevede l’intervento con medicazioni provviste di valvole unidirezionali, che siano abbastanza larghe da coprire i margini della ferita e che aderiscano

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su tre lati della ferita in modo tale da creare un effetto valvola. Quando il paziente inspira la medicazione occlude la ferita, prevenendo il flusso di aria transparietale. Quando il paziente espira, il margine aperto della medicazione permette l’efflusso di aria dallo spazio pleurico all’esterno.

È necessario comunque posizionare un tubo toracico, che sia lontano dalla ferita, per evitare che la medicazione a valvola determini l’accumulo di aria nello spazio pleurico esitando dunque in un PNX iperteso.

FLAIL CHEST

Il Flail Chest, altrimenti detto Lembo costale, è una condizione di instabilità della parete toracica secondaria a due o più fratture in due o più coste contigue. Si crea così una discontinuità di parete che disturba la normale meccanica ventilatoria e che si manifesta con un movimento paradosso con retrazione del lembo in inspirazione ed espansione in espirazione. Tale reperto è sia ispettivo che palpatorio.

Tuttavia il lembo costale di per sé non determina ipossia. L’insufficienza respiratoria è invece una conseguenza della contusione polmonare sottostante il lembo costale; qualora la contusione sia significativa allora il paziente sviluppa rapidamente uno stato ipossico. All’ipossia da contusione si aggiunge l’ipoventilazione indotta dal dolore delle fratture costali.

La diagnosi di lembo costale è clinica, sebbene non sia sempre così ovvio come difetto, e può essere confermata dalla presenza di multiple fratture costali all’RX torace.

Il trattamento iniziale consiste in una ventilazione adeguata con somministrazione di ossigeno, analgesia e rianimazione fluidica. Tuttavia, in assenza di una ipotensione sistemica, la somministrazione di cristalloidi endovena dovrebbe essere limitata per prevenire un accumulo di liquidi a livello polmonare con peggioramento del quadro contusivo.

L’analgesia è un passo fondamentale nel recupero della meccanica ventilatoria che altrimenti sarebbe fortemente limitata dal dolore.

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EMOTORACE MASSIVO

L’emotorace è un accumulo di sangue e liquidi nello spazio pleurico. Nel caso in cui tale accumulo sia massivo (più di 1500mL) il paziente presenta anche un problema in C con ipotensione e shock emorragico.

Da un punto di vista auscultatorio l’emotorace massivo presenta un silenzio respiratorio diffuso all’emitorace, così come il PNX iperteso. La distinzione può essere fatta in base ai reperti percussori, che nel caso di emotorace evidenziano un’iperottusità diffusa al contrario dell’ipertimpanismo diffuso da PNX. Inoltre il PNX iperteso presenta delle caratteristiche obiettive dovute alla dislocazione mediastinica che sono presenti solo in rari casi di emotorace massivo.

L’emotorace massivo è spesso una conseguenza di lesioni penetranti che lacerano o lesionano vasi sistemici o vasi ilari.12

All’ispezione un paziente con emotorace si può presentare con giugulari collassate, segno di severa ipovolemia, o al contrario con turgore giugulare qualora si associ ad un PNX iperteso. Lo shock ipovolemico è aggravato dall’ipossia da alterazione degli scambi gassosi a livello polmonare; nel complesso si instaura quindi un quadro severo che deve essere risolto mediante posizionamento di un drenaggio toracico e rianimazione fluidica per il reintegro volemico. È necessario inoltre provvedere quanto prima a trasfusioni di emazie; in tal senso è possibile conservare il sangue evacuato dal cavo pleurico ed utilizzarlo per autotrasfusioni. Se dopo il posizionamento del drenaggio il flusso di sangue è continuo e non si ferma allora può essere necessaria una toracotomia per individuare ed arrestare la sorgente di sanguinamento. Le linee guida suggeriscono la toracotomia per un valore di sangue drenato superiore a 1500mL oppure più di 200mL/h per 2-4 h. Un’altra possibile indicazione alla toracotomia è la necessità di continue trasfusioni. Inoltre le lesioni penetranti del torace anteriore, mediali alla linea dei capezzoli o posteriori mediali alla scapola, devono allertare il medico per la possibile lesione di grossi vasi, strutture ilari e del pericardio con possibile tamponamento cardiaco.

In ogni caso la toracotomia deve essere effettuata solo in presenza di un chirurgo qualificato ed esperto.

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TAMPONAMENTO CARDIACO

Il tamponamento cardiaco post traumatico deriva comunemente da traumi penetranti, sebbene anche un trauma moderato chiuso possa determinare accumulo di sangue e liquidi nel cavo pericardico.

A differenza dello spazio pleurico, il cavo pericardico presenta molte strutture fibrose che limitano la quantità di liquido che vi si può accumulare; tuttavia sono sufficienti piccoli quantità di liquido per interferire con il riempimento cardiaco.

La diagnosi è clinica e i segni e sintomi dipendono dalla rapidità con cui si instaura il tamponamento. Classicamente si fa riferimento alla triade di Beck ovvero elevazione della pressione venosa, calo della pressione arteriosa e toni cardiaci lontani e parafonici. L’ambiente rumoroso della shock-room rende spesso difficile l’identificazione dei segni suddetti, soprattutto se la cinetica di accumulo del sangue è lenta, tale da non instaurare un quadro clinico evidente. Il turgore giugulare può inoltre mancare a causa di uno stato ipovolemico sistemico. Un segno specifico di tamponamento cardiaco è il segno di Kussmaul, ovvero un aumento paradosso della pressione venosa in inspirazione spontanea. In presenza di tamponamento cardiaco si può inoltre riscontrare una attività elettrica senza polso (PEA), che deve indirizzare sulla diagnosi di tamponamento in un paziente traumatizzato.

Altri strumenti diagnostici includono l’ecoFAST o l’ecocardiografia in finestra pericardica. La FAST è un metodo rapido ed accurato di imaging cardiaco e pericardico. L’accuratezza per la presenza di liquido pericardico è del 90-95% in mano ad un ecografista esperto. Il trattamento prevede una soluzione chirurgica se è presente un chirurgo esperto; qualora non fosse possibile intervenire chirurgicamente allora la pericardiocentesi assume un valore sia diagnostico che terapeutico, sebbene non rappresenti un trattamento definitivo. In attesa di un trattamento è importante procedere ad una rianimazione fluidica per aumentare la pressione venosa e migliorare dunque la gittata cardiaca.

La pericardiocentesi subxifoidea ecoguidata si esegue con tecnica Seldinger, sebbene in acuto la priorità resti aspirare il sangue dal sacco pericardico nel modo più veloce possibile.

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TORACOTOMIA RIANIMATORIA

Sebbene sia una misura terapeutica poco utilizzata, a causa dell’elevata mortalità che presenta, è doveroso citare la toracotomia rianimatoria. 13

Si tratta di un’apertura del torace che viene fatta in pronto soccorso e che si pone l’obiettivo di controllare un’emorragia intratoracica, clampare l’aorta sopradiaframmatica, aprire il sacco pericardico in caso di tamponamento cardiaco o defibrillare per contatto il cuore. Essa è da intendersi tuttavia come ultimo tentativo in paziente che possieda ancora segni vitali e soprattutto in presenza di un chirurgo esperto.

I potenziali candidati sono i pazienti con trauma toracico penetrante e quelli con PEA.

PNEUMOTORACE SEMPLICE

Lo pneumotorace semplice deriva da una lesione della pleura viscerale che determina passaggio di aria dal polmone al cavo pleurico. L’aria nel cavo pleurico disturba le forze coesive che tengono adeso il parenchima polmonare alla parete toracica determinando dunque un collasso polmonare. Si instaura dunque un difetto di ventilazione/perfusione perché il sangue, che perfonde l’area non ventilata, non è ossigenato.

In presenza di un PNX si riscontra una riduzione o assenza del murmure vescicolare nel lato coinvolto, che si accompagna ad un caratteristico ipertimpanismo percussorio. Tuttavia se le dimensioni del PNX sono contenute può non essere possibile apprezzare i reperti obiettivi tipici e talvolta la diagnosi diviene radiologica. Laddove possibile è opportuno effettuare l’RX torace in ortostatismo perché l’aria tende ad andare verso gli apici polmonari e si rende quindi meglio apprezzabile.

La diagnosi di PNX, storicamente di pertinenza radiologica, è possibile anche mediante Ecografia del torace e si basa sull’assenza dello sliding pleurico. Il riscontro del “lung point”, ovvero del punto di passaggio da uno sliding normale all’assenza dello sliding, è altamente specifico per PNX (specificità 100%, sensibilità circa 60%). 14

La proposta di inserimento della finestra toracica nell’ecoFAST, che risale al 200115, è ormai accettata dalla comunità scientifica ed è pratica diffusa. 16

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Il trattamento di un PNX prevede l’inserzione di un drenaggio toracico il cui corretto posizionamento deve essere confermato da un RX torace di controllo.

È importante evitare l’anestesia generale e la ventilazione a pressioni positive in un paziente con PNX in cui ancora non è stato inserito un drenaggio toracico. Discorso analogo per il trasporto in eliambulanza che dovrebbe essere evitato fino al posizionamento del tubo toracico. In entrambi i casi il rischio è di convertire il PNX semplice in un PNX iperteso.

EMOTORACE

La causa principale di emotorace non massivo è una lacerazione del parenchima polmonare, dei vasi intercostali o della arteria mammaria interna. Talvolta anche fratture vertebrali toraciche possono associarsi ad emotorace. Nell’emotorace semplice il sanguinamento è autolimitante e non richiede un intervento chirurgico. 17

Il trattamento prevede, come nel caso del PNX, l’inserzione del drenaggio toracico che permette l’evacuazione di sangue e impedisce che si formino coaguli ematici, ma soprattutto permette di monitorare in tempo reale la perdita ematica. Il drenaggio di sangue e liquidi permette inoltre una migliore valutazione di un’eventuale lesione diaframmatica traumatica.

CONTUSIONI POLMONARI

La contusione polmonare è un accumulo post traumatico di fluidi e sangue nel parenchima polmonare, che interferisce con gli scambi gassosi e determina un quadro di ipossia. Si tratta della lesione polmonare più comune; si presenta infatti in una percentuale variabile dal 30 al 75% dei traumi toracici.

Sebbene la maggior parte delle contusioni polmonari si associ a fratture costali o lembo costale, si possono ritrovare contusioni anche in assenza di fratture, soprattutto in pazienti giovani che non hanno una completa ossificazione costale.

L’insufficienza respiratoria che ne deriva è spesso subdola e subacuta, giacché la cinetica di accrescimento della contusione è lenta. Il paziente necessita quindi di un monitoraggio e di una rivalutazione costanti.

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I pazienti con ipossia severa (PaO2 <65 mmHg o SaO2 <90%) in aria ambiente, possono

beneficiare di una intubazione endotracheale o di una ventilazione meccanica non invasiva. Lo scompenso cardiaco, la BPCO e l’insufficienza renale sono fattori di rischio che aumentano la probabilità di intubazione precoce o ventilazione meccanica.

La contusione polmonare induce una risposta infiammatoria con aumento di granulociti polimorfonucleati (neutrofili) nel sangue e nei tessuti. La NIMV può essa stessa indurre uno stato infiammatorio ed è stato sperimentato su modelli animali che l’infiammazione indotta da NIMV è maggiore se vi si associa una contusione polmonare. 18

Sebbene quindi sia accettato nella pratica clinica l’utilizzo della ventilazione meccanica per ovviare all’ipossia da parenchima contuso, in futuro l’approccio potrebbe cambiare.

La diagnosi è radiologica mediante RX torace, TC torace oppure mediante ECO torace. Considerando la lenta cinetica di sviluppo della contusione, solo le contusioni massive saranno presenti all’RX torace della valutazione primaria (circa un terso dei casi19). Le contusioni tendono infatti ad accrescersi nei giorni successivi e tendono alla autorisoluzione nel giro di circa sette giorni. I sintomi clinici, quali il distress respiratorio con ipossiemia ed ipercapnia, hanno un picco a 72h dall’evento traumatico. 20

L’esame diagnostico più specifico e sensibile nell’individuare le contusioni è la tomografia computerizzata del torace (TC torace).

Le complicazioni associate includono polmonite, sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) e sequele polmonari croniche.

ROTTURA ALBERO TRACHEOBRONCHIALE

Le lesioni tracheali o a carico di un bronco maggiore sono poco frequenti e potenzialmente fatali. Nel trauma toracico moderato la maggior parte di tali lesioni si localizzano a meno di tre centimetri dalla carena e in questi casi la mortalità sul luogo dell’evento è significativamente alta. Nel caso in cui il paziente riesca ad arrivare vivo in ospedale e si sospetta una lesione tracheobronchiale è imperativo consultare un chirurgo in tempi rapidi.

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Clinicamente il paziente si può presentare con emottisi, enfisema sottocutaneo e/o PNX iperteso. Un dato suggestivo di lesione tracheobronchiale è la mancata espansione del polmone in seguito all’inserimento di un drenaggio toracico. La diagnosi è confermata dalla broncoscopia.

L’intubazione temporanea del bronco controlaterale può essere necessaria per garantire una ventilazione ed ossigenazione adeguata in attesa dell’intervento chirurgico. Talvolta però l’intubazione è resa difficile da concomitanti lesioni orofaringee o dalla lesione tracheobronchiale stessa ed in tal caso è necessaria subito la chirurgia.

LESIONI CARDIACHE

Il trauma può coinvolgere le strutture cardiache esitando in contusione miocardica, rottura delle camere cardiache, dissezione coronarica e/o trombosi coronarica o distruzione valvolare.

La rottura cardiaca si presenta tipicamente con tamponamento cardiaco per stravaso ematico nel cavo pericardico e deve essere riconosciuta durante la valutazione primaria.

La clinica del danno miocardico è sfumata e spesso mascherata dal dolore delle fratture costali e delle contusioni della parete toracica. Il paziente si può presentare ipoteso, con disturbi del ritmo cardiaco e possono essere evidenti delle anomalie della cinetica cardiaca all’ecocardiografia.

I reperti ECG più comuni comprendono extrasistoli ventricolari multiple, tachicardia sinusale non altrimenti spiegabile, fibrillazione atriale, blocco di branca (spesso destro) ed alterazione del tratto ST. Una pressione venosa centrale elevata può indicare contusione cardiaca in assenza di altri reperti.

È inoltre importante considerare che talvolta il primum movens dell’evento traumatico è un infarto del miocardio e come tale deve essere riconosciuto. Sebbene l’utilizzo delle Troponine plasmatiche sia d’aiuto per la diagnosi di infarto, esse non sono significative in caso di contusione miocardica e non offrono informazioni aggiuntive all’ECG. I pazienti traumatizzati che presentano aritmie devono essere monitorizzati per 24h, dopo le quali il rischio di nuove aritmie potenzialmente fatali decresce rapidamente. I pazienti che non presentano anomalie ECG non necessitano di un monitoraggio elettrocardiografico.

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ROTTURA TRAUMATICA DELL’AORTA

La rottura traumatica dell’aorta è una causa comune di morte improvvisa dopo una collisione automobilistica o una caduta da altezze significative. Nei pazienti che sopravvivono la rottura è incompleta e tamponata dall’avventizia; in tal caso se la lesione è prontamente identificata e trattata la sopravvivenza è buona.

La lacerazione aortica di solito si localizza a livello dell’istmo aortico ovvero del punto di inserzione del legamento arterioso che determina il punto di passaggio da una porzione mobile (arco aortico) ad una porzione fissa (aorta toracica discendente). Il danno inizia dalle porzioni meno elastiche ovvero da quelle endoluminali creando un tear intimale che poi si propaga verso le porzioni più esterne. Nelle rotture incomplete con presenza del margine avventiziale spesso i pazienti presentano degli ematomi mediastinici contenuti.

Alcuni studi recenti testimoniano come le differenze geometriche inter-individuali dell’arco aortico influiscano sul rischio di sviluppare una sindrome aortica acuta. 21

Il sospetto diagnostico è clinico ed anamnestico; il riscontro di segni come il segno della cintura o di contusioni parietali diffuse con multiple fratture costali e lacerazioni è indice di un trauma ad alta energia, così come la dinamica stessa dell’evento è un indizio importante. Il riscontro di ipotensione durante la valutazione secondaria, nonostante la rianimazione con arresto delle emorragie, deve far pensare ad un sito non identificato che sanguina.

Un indizio importante ed altamente suggestivo è lo slargamento mediastinico all’RX torace; solo in una percentuale variabile dall’1% al 13% non sono presenti anomalie del mediastino all’RX del torace. 22

Per aumentare il tasso di riconoscibilità di tali lesioni è stato proposto un score che predice il rischio di sviluppare una sindrome aortica acuta e che si basa sia su rilievi obiettivi che su rilievi radiologici. 23

La conferma diagnostica si ottiene con aortografia e la terapia è può essere endovascolare o chirurgica. La scelta dipende dal chirurgo e dalla stabilità emodinamica del paziente.

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ROTTURA TRAUMATICA DEL DIAFRAMMA

La rottura diaframmatica è più comune sul lato sinistro perché a destra il fegato oblitera il difetto o protegge il diaframma. La dislocazione di anse intestinali, stomaco e sondino nasogastrico è dunque più frequente a sinistra.

L’entità della lesione diaframmatica dipende dalla dinamica dell’evento; un trauma toracico moderato determina una lacerazione radiale ampia laddove un trauma penetrante produce piccole perforazioni che possono esitare in ernie diaframmatiche anche a distanza di anni dall’evento traumatico.

Le lesioni diaframmatiche sono spesso misconosciute in acuto ed erroneamente confuse con altre lesioni. All’RX torace la diagnosi differenziale è con emopneumotorace lobulato, elevazione del diaframma, dilatazione gastrica acuta o ematoma subpleurico.

Una conferma di lesione diaframmatica sinistra è il riscontro all’RX torace di una dislocazione del SNG che appare in cavità toracica, così come la presenza di liquido peritoneale nel drenaggio toracico. Talvolta il riscontro è occasionale in concomitanza di una chirurgia per altri motivi.

Nel sospetto è necessario fare uno studio con contrasto del sistema gastrointestinale superiore.

La terapia consiste in una riparazione chirurgica diretta della lesione.

ROTTURA ESOFAGEA

Il trauma esofageo è spesso una conseguenza di traumi penetranti del torace. La lacerazione che ne deriva è potenzialmente fatale perché c’è reflusso di materiale gastrico in esofago e quindi nel mediastino attraverso la soluzione di continuo. Si instaura così una mediastinite con rischio di rottura nel cavo pleurico e formazione di un empiema.

La clinica è identica a quella da rottura esofagea post emetica (sindrome di Mallory Weiss). Il sospetto nasce inoltre in tutti quei pazienti che presentano un PNX sinistro o un emotorace senza fratture costali, in quei pazienti in cui il trauma ad alta energia si è focalizzato sullo sterno o sull’epigastrio ed in quei pazienti in cui il dolore o lo shock sono sproporzionati rispetto alle lesioni evidenti.

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