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La politica dei prestiti. I principali effetti sul rapporto Banca-Impresa

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Academic year: 2021

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CAPITOLO I

I PRESTITI BANCARI E LA LORO EVOLUZIONE

1.

I prestiti e il loro ruolo nel sistema economico

I mercati organizzati e gli intermediari finanziari coesistono all’interno di ciascun sistema; tuttavia essi possono avere un peso e un ruolo assai diversi.

In Italia, paese caratterizzato da una crescita industriale ritardata e accelerata, gli intermediari hanno assunto un ruolo centrale nel sostenere il processo di accumulazione di capitale delle imprese. Tale ruolo si è confermato nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale, fornendo gli stimoli e i mezzi per il sostegno del più rilevante sforzo di espansione realizzato dal sistema industriale italiano. Il credito bancario, assieme all’autofinanziamento, ha quindi svolto a lungo il ruolo di motore del processo di crescita economica e, in relazione a ciò, si è efficacemente parlato di “via finanziaria” allo sviluppo1.

I prestiti rappresentano storicamente l’attività principale della banca e sono il veicolo attraverso il quale si può realizzare il contributo dell’intermediazione bancaria all’allocazione efficiente delle risorse2.

La banca svolge una funzione creditizia ogniqualvolta, nell’ambito della propria attività, trasferisce risorse finanziarie – a titolo di credito – dalle unità in surplus monetario alle unità in deficit. La banca deve considerarsi un’azienda di produzione che opera sistematicamente nel campo del credito. In effetti, nell’ambito del suo ciclo produttivo, i fondi raccolti dalle unità in avanzo a determinate condizioni contrattuali vengono trasferiti a titolo di credito alle unità in deficit, mediante un processo di trasformazione economica delle condizioni in parola e di assunzione a proprio carico dei rischi connessi.

1 R. Bottiglia, Gestione dei prestiti e politica di mercato nelle aziende di credito, Padova, Cedam, 1990,

pagg. 5 e 6.

2 S.Cenni, R.Corigliano, G.Torluccio I prestiti e la funzione allocativa , in M. Onado (a cura di) La banca

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Nell’ambito della gestione della banca, quale azienda di produzione, trova compimento un processo di trasformazione qualitativa e temporale delle disponibilità raccolte3.

Si possono quindi fare considerazioni su alcuni aspetti qualitativi dell’intermediazione bancaria, con particolare riferimento al rapporto tra circuiti creditizi a breve e a medio-lungo termine.

Nell’operazione di prestito ci sono almeno due aspetti da mettere in evidenza: in primo luogo la separazione nel tempo fra il momento dell’erogazione e quello del rimborso del

capitale e del pagamento degli interessi; le modalità con le quali si realizzano dette

operazioni discendono dalla forma tecnica che il prestito stesso assume; in ogni caso, da ciò deriva innanzitutto il rischio specifico di credito che la banca sopporta. In secondo luogo, è aspetto rilevante del prestito l’utilizzo da parte dell’impresa per il finanziamento

della gestione corrente o della spesa per investimenti: nel primo caso siamo di fronte a

fabbisogni di breve periodo, anche se ricorrenti, coperti dal credito ordinario; nel secondo si tratta invece di fabbisogni di medio-lungo periodo, coperti dal credito finanziario. Se le risorse per il pagamento degli interessi e il rimborso del capitale provengono dai flussi di cassa che via via si generano nell’azienda finanziata, allora trova conferma uno dei principi cui deve essere ispirato il rapporto banca-impresa; si realizza inoltre una condizione necessaria che individua nella capacità di reddito di lungo periodo dell’impresa la sua capacità di credito4.

Il credito bancario può svolgere funzioni diverse in relazione agli scopi perseguiti e alla scadenza dei rapporti contrattuali: il credito a breve viene solitamente impiegato per coprire i fabbisogni finanziari derivanti dal ciclo produttivo e consente alle imprese di sostenere il divario temporale tra l’effettuazione dei pagamenti e l’incasso dei crediti commerciali. Al contrario il credito a medio-lungo termine copre i fabbisogni finanziari per investimenti fissi di varia natura e svolge una funzione di anticipazione dei flussi di cassa ritraibili dagli investimenti stessi, risultando quindi fondamentalmente connesso ai processi di crescita e di sviluppo delle imprese5.

3 G. Birindelli, A. Cappiello, Le funzioni della Banca, in R. Caparvi(a cura di), L’impresa bancaria,

Economia e tecniche di gestione, Milano, FrancoAngeli, 2006, pagg. 259-262.

4 S.Cenni, R.Corigliano, G.Torluccio, I prestiti e la funzione allocativa, op. cit., pag. 390.

5 Ciò nel rispetto del principio di unitarietà della gestione aziendale, che impedisce di poter correlare

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L’erogazione di credito a medio-lungo termine implica un orizzonte temporale di manifestazione dei rischi assai più lungo rispetto al credito a breve; al tempo stesso, i fattori influenti sul buon fine dell’investimento e dell’operazione sono alquanto numerosi e di incerto apprezzamento6.

La parte più consistente della raccolta bancaria viene negoziata tipicamente a vista; ciò sta a significare che la banca si dichiara disposta a far fronte ai propri debiti in qualsiasi momento, e ciò per mantenere integra la propria capacità di indebitamento. Gli impieghi bancari, d’altro lato, condizionati dalle esigenze finanziarie delle imprese, anche se negoziati formalmente a breve termine, non possono in genere essere considerati a vista, ed anzi tendono a protrarsi nel tempo7.

L’impiego in prestiti presenta alcune caratteristiche peculiari, la cui analisi e valutazione è necessaria per poter successivamente approfondire il tema del ruolo da essi svolto e le problematiche della loro gestione8.

Le ragioni della centralità dei prestiti nell’attività bancaria vanno ricercate nelle seguenti circostanze:

I prestiti bancari costituiscono la principale e più importante fonte di copertura del fabbisogno finanziario esterno delle imprese; anche in prospettiva, l’auspicato sviluppo di un mercato dei capitali più “spesso” ed efficiente, accompagnato dalla diffusione dei processi di cartolarizzazione dei crediti (securitization), non potrà che affiancarsi a questa fonte che, per sua natura, è di rapido accesso e soprattutto, è flessibile. La progressiva razionalizzazione nella funzione finanziaria d’impresa non può che privilegiare sempre più questi connotati, con ciò sottolineando il ruolo preminente dei prestiti bancari e dei servizi ad essi collegati.

I prestiti rappresentano l’elemento fondamentale che giustifica, in generale, l’esistenza degli intermediari. Per motivi connessi alla preferenza delle imprese e alla natura stessa delle informazioni, una parte del finanziamento esterno delle imprese non può che essere assicurata da quegli intermediari che garantiscono un’informazione di tipo riservato; a

6 R. Bottiglia, Gestione dei prestiti e politica di mercato nelle aziende di credito, op. cit., pag. 12. 7 G. Birindelli, A. Cappiello, Le funzioni della Banca, op. cit., pag. 262.

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questo riguardo, la banca, fra tutti gli intermediari finanziari, svolge tradizionalmente un ruolo particolare, come è ben illustrato dalle recenti teorie sulle asimmetrie informative9. L’erogazione di prestiti consente di realizzare in modo diretto ed efficace i processi di trasferimento e di trasformazione qualitativa delle risorse intermediate.

Le caratteristiche di “specialità” della negoziazione di prestiti consentono infatti di adattare le condizioni di ciascuna operazione alle specifiche esigenze di ciascun cliente. Con la negoziazione di un prestito bancario l’impresa finanziata può cercare le condizioni contrattuali che più si adattano alle proprie esigenze. Essa mantiene una possibilità di adattamento e, in funzione delle strutture tecniche utilizzate, una determinata flessibilità di scelta.

La negoziazione di prestiti risulta quindi una delle principali alternative a disposizione delle ampie categorie di imprese che non sarebbero comunque in grado di ricorrere al mercato mobiliare, non disponendo dei necessari requisiti di credibilità o notorietà o non essendo in grado di classare quantitativi di titoli sufficienti per giustificare i costi fissi dell’operazione. Vista la rilevanza delle piccole e medie imprese nel quadro del sistema industriale italiano, se ne deduce che il mantenimento delle relazioni con gran parte del mercato passa, per le banche, attraverso l’erogazione di prestiti10.

Un altro aspetto rilevante è dato dal ruolo svolto dagli impieghi in prestiti nel processo di moltiplicazione monetaria.

Tale processo è infatti tanto più rapido ed intenso quanto, a parità di altre condizioni, più rapido e rilevante è il riafflusso dei fondi erogati presso il sistema degli intermediari. È verosimile ipotizzare che tale processo si verifichi principalmente attraverso l’erogazione di prestiti, che vengono direttamente utilizzati dalle imprese finanziate, solitamente e almeno in parte nella stessa area in cui l’impresa opera e in cui la banca intrattiene le relazioni di clientela. Al contrario, le sottoscrizioni di titoli, pur generando comunque un ritorno di depositi a livello di sistema, richiede tempi più lunghi e non assicura alle singole banche sottoscrittrici che i ritorni si concentreranno nelle aree in cui esse operano.

9 S. Cenni, R.Corigliano, G. Torluccio, I prestiti e la funzione allocativa, op. cit., pag. 389.

10 L’elevata adattabilità dei prestiti bancari e la loro idoneità a favorire i processi di trasformazione

qualitativa delle risorse finanziarie trovano un limite sia nella propensione al rischio del soggetto economico, sia nei limiti o vincoli gestionali imposti dagli statuti o dalle autorità di Vigilanza.

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L’attività di impiego in prestiti è fortemente interconnessa con molte altre aree di attività e di servizio. Si pensi alla stessa raccolta di depositi, all’ampia gamma dei servizi di pagamento, che presentano, nel caso della clientela aziendale, un forte connotato di complessità, ai servizi di gestione della liquidità aziendale o alle operazioni commerciali e finanziarie con l’estero.

Un ulteriore connotato dell’attività in prestiti consiste nei benefici che le banche ritraggono dall’utilizzo della moneta scritturale e dalla circolazione degli strumenti di pagamento bancari.

I prestiti sono il tramite più efficace per l’avvio delle “relazioni di clientela” dalla cui intensificazione dipendono, fra l’altro, anche le opportunità di sviluppo dell’attività di intermediazione. La valutazione di affidabilità fornisce, se realizzata adeguatamente, gli elementi per la comprensione delle esigenze di servizio della clientela, favorendo lo sviluppo e la vendita delle varie categorie di servizi accessori11. Questa circostanza è alla base del cosiddetto modello di relationship banking, che privilegia la cura del rapporto banca-impresa, in contrapposizione al modello di transaction banking, basato solo su rapporti occasionali e su una maggiore “indipendenza finanziaria” dell’impresa12.

Occorre anche considerare che l’attività di impiego in prestiti presenta mediamente rendimenti superiori a quelli delle altre categorie di attività, pur ammettendo che ad essa sono spesso imputati ricavi che andrebbero correttamente attribuiti a varie tipologie di servizi accessori (soprattutto di incasso a pagamento).

A tal proposito è comunque necessario considerare che all’erogazione di prestiti sono connessi rischi significativamente maggiori rispetto a quelli tipici delle altre categorie di attività.

Un’ultima considerazione riguarda al contributo fornito dal sistema bancario, attraverso l’erogazione di prestiti, al processo di allocazione delle risorse finanziarie.

L'interposizione degli intermediari nel trasferimento di risorse tra unità in avanzo e unità in disavanzo comporta una trasformazione delle caratteristiche di rischio delle risorse finanziarie intermediate. L'esercizio della funzione creditizia implica cioè una

11 R. Bottiglia, Gestione dei prestiti e politica di mercato nelle aziene di credito, op. cit., pagg. 49 e 50. 12 S.Cenni, R.Corigliano, G.Torluccio, I prestiti e la funzione allocativa, op. cit., pag. 389.

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redistribuzione dei rischi tra soggetti diversi e l'assunzione di una quota di tali rischi da parte degli intermediari13.

L’apprezzamento dell’affidabilità delle imprese industriali contribuisce alla selezione delle iniziative imprenditoriali, con benefici che ricadono sull’intero sistema economico. In tal modo le aziende di credito contribuiscono al conseguimento di obiettivi di interesse collettivo, in armonia con quanto sancito dalla stessa legislazione bancaria.

Si può affermare che il ruolo svolto dagli impieghi in prestiti non appare affatto ridimensionato dallo sviluppo delle attività di servizio o dai fenomeni di innovazione finanziaria; né esso appare significativamente ridotto dall’emergere di nuove regole competitive o dal manifestarsi di fenomeni di mutamento del livello di criticità dei diversi fattori di successo14.

2.

Cambiamenti legislativi e caratteristiche della situazione

creditizia in Italia

La concessione di crediti a breve o a medio-lungo termine implica scelte in termini di specializzazione funzionale, cioè la predisposizione di metodologie di analisi e di procedure, di modalità di acquisizione e gestione delle informazioni e di risorse umane coerenti con la natura e con l’intensità dei rischi assunti. Per ragioni principalmente storiche, tale scelta è stata trasferita dalla legge bancaria italiana a livello istituzionale. La volontà di minimizzare i rischi derivanti dalla mancata coincidenza della natura delle attività finanziarie acquistate e vendute giustificò la scelta del principio della specializzazione degli intermediari finanziari, sancito dalla Legge Bancaria del ’3615. Ne consegue che, almeno sotto il profilo formale, l’intermediazione creditizia svolta dalle banche di deposito è confinata nel breve termine, mentre il sostegno degli investimenti fissi è realizzato attraverso il circuito degli istituti di credito speciale, il cui capitale è in larga misura controllato dalle banche stesse.

13 A. Patarnello, in La politica degli impieghi in prestiti delle banche, nota bibliografica,

www.dimequant.unimib.it , pag. 7.

14 R. Bottiglia, Gestione dei prestiti e politica di mercato nelle aziende di credito, op. cit., pag. 51. 15 G. Birindelli, A. Cappiello, in Le funzioni della Banca, op. cit., pag. 262.

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La separazione dei due circuiti di intermediazione ha assicurato, unitamente al principio di separatezza tra sistema bancario e sistema industriale, un elevato livello di stabilità. Ciò non significa però, che i due circuiti abbiano sempre funzionato in modo rigorosamente separato.

Il sistema degli istituti speciali, infatti, è stato per lungo tempo tributario delle banche sotto il profilo non solo dei mezzi propri, ma di un’ampia parte della raccolta. Per molti anni le stesse autorità monetarie hanno forzato il sistema delle banche di deposito all’acquisto dei titoli emessi dagli istituti, riportando nel circuito di intermediazione a medio-lungo termine parte dei fondi che i risparmiatori, fortemente propensi alla liquidità, investivano nei depositi bancari.

In occasione dei lunghi e ripetuti periodi in cui sono stati in vigore i massimali all’espansione del credito bancario, molte banche hanno utilizzato il circuito del finanziamento a medio-lungo termine per destinare alle imprese fondi che non potevano esser erogati direttamente e per preservare quindi i rapporti con la clientela aziendale. Tutti questi fatti, in gran parte coincidenti e sovrapposti in determinate fasi temporali, hanno dato vita alla “doppia o plurima intermediazione”16.

Le decisioni inerenti alla politica dei prestiti sono influenzate da una molteplicità di vincoli esterni riconducibili all'operare della politica monetaria e alle misure di vigilanza sull'intermediazione creditizia. L'azione delle autorità in questi ambiti condiziona i comportamenti dell'offerta di credito e le sue relazioni con la funzione obiettivo della banca poiché interagisce con l'autonomia del management nel determinare la dimensione e i ritmi di sviluppo del portafoglio prestiti, i criteri di composizione dello stesso in termini di dimensioni degli affidamenti e di segmenti di clientela serviti, la politica dei tassi sui prestiti e il rilievo degli altri elementi concorrenziali diversi dal prezzo, quali la gamma dei prodotti e dei servizi di intermediazione, le scelte in tema di innovazione delle forme tecniche, la localizzazione e le modalità organizzative dell'offerta di prestiti. L'orientamento alla redditività dipende largamente dalle caratteristiche della funzione obiettivo delle banche, che può variare in dipendenza del quadro normativo e del contesto istituzionale entro cui si svolge l'intermediazione in prestiti.

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Nell'esperienza italiana, una serie di elementi ha in passato allontanato i comportamenti delle banche nella gestione dei prestiti da obiettivi di massimizzazione del profitto, o ha ad essi associato obiettivi differenti, principalmente legati allo sviluppo delle dimensioni. Fino alla metà degli anni ’80 le modalità di gestione della politica monetaria hanno alterato le scelte di crescita del sistema bancario facendo divergere la composizione degli attivi bancari da quella ritenuta ottimale e influenzando la formazione dei prezzi e le preferenze in ordine alla combinazione rendimento-rischio delle operazioni di prestito. La successiva fase di sviluppo del mercato dei prestiti, inaugurata dall'abbandono del sistema dei controlli diretti del credito, è stata contraddistinta da politiche di offerta particolarmente aggressive da parte delle banche, condotte con l'obiettivo di ripristinare la combinazione desiderata tra prestiti e titoli negli attivi e di conseguire aumenti delle quote di mercato, anche a prezzo di una temporanea compressione della redditività del portafoglio prestiti17.

In attesa della revisione e dell’aggiornamento della legge del ’36, secondo la quale l’attività delle banche italiane soffriva sempre più di un accentuato anacronismo, e visto il ritardo con cui venivano recepite le direttive comunitarie di coordinamento bancario, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 si annovera un’intensa attività legislativa al fine di preparare le aziende di credito italiane a meglio fronteggiare l’avvento non più procrastinabile del Mercato Unico.

Si può affermare che l’andamento dei prestiti bancari sia stato fortemente influenzato nei passati decenni, sia dalle trasformazioni strutturali del mercato, sia dal lungo permanere dei vincoli quantitativi all’offerta di credito e dalla loro successiva rimozione. Esso è stato inoltre condizionato in maniera decisiva dall’andamento della domanda di credito, interpretabile in funzione dei fattori che tradizionalmente la determinano: andamento dell’attività produttiva e ciclo degli investimenti, evoluzione dei margini di autofinanziamento e scelte di struttura finanziaria delle imprese.

L’intero decennio ’80-’90 è stato caratterizzato da un processo di disintermediazione che ha condizionato in modo negativo l’andamento della raccolta diretta da clientela; la rimozione dei vincoli all’offerta di credito bancario, l’abbandono del vincolo di portafoglio ed il collocamento del debito pubblico sul mercato, realizzato in gran parte

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attraverso lo stesso sistema bancario, hanno consentito alle banche di rallentare gradualmente l’impiego diretto in fondi e titoli e, a fronte di una crescente domanda di prestiti, di smobilizzare una parte relativamente consistente del portafoglio.

Nel periodo seguente alla rimozione dei massimali provvisoriamente reintrodotti, cioè dal 1988, la domanda di credito ha manifestato un’intensa dinamica, contribuendo a rafforzare ulteriormente la posizione relativa degli impieghi in prestiti nel portafoglio di attività delle banche.

Nel 1994 decade la vecchia legge del ’36 ed entra in vigore il nuovo Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, che accoglie i principi sanciti nella prima e seconda Direttiva di coordinamento bancario che realizzano un compromesso, comunemente accettabile ed accettato, tra le diverse realtà dei paesi membri.

Si provvede così a dare una nuova definizione di ente creditizio, più ampia rispetto al passato, nonché a rivederne le finalità che prima erano di carattere sociale ed ora sono di carattere squisitamente privatistico18. Il Testo Unico in materia bancaria e creditizia nel cancellare definitivamente i vincoli temporali posti dalla precedente Legge bancaria, consente alle aziende di credito di ampliare le forme tecniche di impiego e di raccolta, proiettandone l’operatività oltre il breve termine19.

La fase ciclica di crescita che ha seguito nel ’94, dopo quella di decrescita negli anni precedenti, non ha portato grossi cambiamenti, anzi l’andamento dei prestiti è stato stagnante, pari al 0,9%. Ma il periodo è segnato da alcuni mutamenti sistemici. Il primo mutamento rilevante è la progressiva riduzione dei conti correnti quale principale struttura tecnica di erogazione, a vantaggio delle operazioni a medio-lungo termine e dei prestiti diretti. In particolare, la riduzione dei fidi accordati e utilizzati per mezzo di conto corrente è molto forte e estesa a tutte le aree geografiche. Questo forte incremento registrato dipende in buona misura dall’inserimento degli ex istituti di credito speciale nella categoria delle banche, a seguito del Testo Unico nel 199320. L’incremento dei finanziamenti a medio e lungo termine oltre che al TUB, va attribuito anche al ruolo

18 R. Caparvi (a cura di), Profili della banca italiana nell’ultimo secolo, in L’impresa bancaria; Economia

e tecniche di gestione, op. cit., pag. 49.

19 G. Birindelli, A. Cappiello, Le funzioni della banca, op. cit., pag. 264.

20 R.Tasca, Il mercato dei prestiti bancari in Italia nel periodo 1990-1996, in R.Corigliano (a cura di)

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svolto dal calo dell’inflazione e dalla sua variabilità, nonché al consolidamento dei debiti di imprese.

A partire dal 1997 e volendo considerare gli accadimenti più significativi dei seguenti tre anni, tre in particolare sono i fatti che hanno mutato il quadro di riferimento: il varo del nuovo Testo unico sulla Finanza (TUF, entrato in vigore il 1° luglio 1998); l’ingresso dell’Italia nell’Unione Monetaria e europea; il nuovo fenomeno del cosiddetto risparmio gestito21.

Gli anni ’90 si caratterizzano anche dall’aumento della concorrenza tra gli intermediari bancari che ha portato a una considerevole riduzione dello spread tra tassi attivi e passivi, a un calo di interessi nominali e reali e a un miglioramento del grado di efficienza bancaria. Tutto questo, insieme agli stimoli apportati dalla despecializzazione bancaria – opera del TUB – ha portato a un altro mutamento sistemico costituito da un forte aumento del credito accordato alle famiglie. È in atto, quindi, un fenomeno recente e in pieno sviluppo caratterizzato dalla ricomposizione del credito, dovuta a una crescita molto sostenuta del credito alle famiglie.

Per le banche, il credito alle famiglie offre un elevato potenziale di sviluppo e margini unitari più elevati rispetto ai finanziamenti alle imprese. Tuttavia, l’espansione dei finanziamenti alle famiglie può comportare maggiori rischi e costi elevati22.

Per quanto riguarda il suo andamento, si nota che le componenti del credito alle famiglie mostrano una dinamica differenziata nel periodo 1997-2003. Questo diverso andamento evidenzia dei potenziali vantaggi nello studiare separatamente i mutui dagli altri prestiti alle famiglie.

Il forte incremento di credito alle famiglie italiane nel periodo 1997-2003 è ascrivibile per oltre i due terzi all’espansione dei prestiti per l’acquisto di abitazioni, cresciuti in media d’anno del 19% (contro il 9% dell’area dell’euro), in un contesto caratterizzato dalla diminuzione del tasso di interesse reale e dal forte aumento degli scambi sul mercato immobiliare. Il credito al consumo ha registrato una crescita più contenuta nel periodo, ma in seguito assume un ruolo sempre più rilevante. L’espansione dei prestiti

21 R. Caparvi (a cura di), Profili della banca italiana nell’ultimo secolo, op. cit., pag. 64.

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P. Abbadessa, F. Panetta, M. Sarcinelli, M. Onado, Struttura e operatività del sistema bancario italiano

a dieci anni dal Testo Unico, Interventi tenuti nell’ambito delle Giornate Romane dell’A.S.S.B.B., Roma,

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per l’acquisto di abitazioni è stato favorito anche da alcuni cambiamenti di rilievo in quel periodo riguardanti l’introduzione di incentivi fiscali per le ristrutturazioni edilizie a partire dal 1997 e, soprattutto, l’incremento della disponibilità di credito che ha seguito l’aumento della concorrenza bancaria connessa con la liberalizzazione23.

Comunque, nonostante i cambiamenti, durante lo scorso decennio la quota dei prestiti a medio e a lungo termine sul totale degli impieghi è aumentata in misura modesta, nonostante l’eliminazione della specializzazione degli intermediari per scadenza delle operazioni e il forte calo dei tassi d’interesse, nominali e reali. L’incremento si è concentrato presso le famiglie, mentre per le imprese la composizione per durata dei prestiti bancari ha registrato una variazione molto contenuta. La limitata diffusione dei crediti a più lunga scadenza è un retaggio degli elevati tassi di inflazione che hanno caratterizzato l’economia italiana fino agli inizi degli anni novanta.

Nel quadriennio 2001-2004, caratterizzato da una debole crescita dell’economia, i prestiti al complesso delle imprese (società non finanziarie e famiglie produttrici) sono rimasti pressoché invariati in rapporto al totale dei finanziamenti bancari, ma hanno registrato un significativo mutamento di composizione. Si è ridotto il peso al settore manifatturiero; è cresciuto quello ai comparti delle costruzioni. Nel 2001-2004 la quota dei prestiti facenti capo al settore immobiliare, costituiti dai finanziamenti all’edilizia, da quelli alle società di servizi specializzate e dai mutui per l’acquisto di abitazioni, è salita dal 25% al 33% del totale dei finanziamenti bancari24.

Congiunture economiche negative si sono avute su scala mondiale in particolare nei primissimi anni del nuovo millennio, con sensibili miglioramenti a partire da fine 200325. Il rallentamento dei prestiti ha interessato sia le imprese di minore dimensione, sia le aziende più grandi. Per le ultime la crescita dei finanziamenti è stata più contenuta. Prosegue il processo di allungamento delle scadenze dei prestiti alimentato dal costo relativamente basso dei mutui a tasso indicizzato e, in alcuni casi, da operazioni di ristrutturazione del debito di imprese in difficoltà26.

23 L. Casolaro, L. Gambacorta, Un modello econometrico per il credito bancario alle famiglie in Italia, in

Moneta e Credito, vol. LVIII, marzo 2005, pagg. 31-38.

24 Banca d’Italia, Relazione Annuale, anni vari.

25 R. Caparvi (a cura di), Profili della banca italiana nell’ultimo secolo, op. cit., pag. 71.

26 Banca d’Italia, “Le condizioni finanziari delle imprese italiane nel periodo 1990-2003”, in Bollettinio

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È migliorata negli ultimi anni la qualità dei rapporti tra le banche e le imprese. A metà degli anni novanta soltanto un quarto dei prestiti alle imprese aveva una durata iniziale superiore ai 5 anni; ora la quota si avvicina al 40 per cento. Benché si tratti di un valore ancora lontano dalla media dell’area dell’euro, che supera il 50 per cento, l’incremento riflette uno spostamento verso rapporti più stabili. Il fenomeno del pluriaffidamento si è progressivamente ridotto. Dal 1998, la quota di imprese che operano con più di una banca è scesa dal 43 al 36 per cento e la percentuale del credito accordata dalla prima banca è salita dal 40 al 51 per cento. La grande maggioranza della piccole imprese ha rapporti con una sola banca. Analisi statistiche confermano che la concentrazione delle relazioni di credito non è un risultato meccanico dovuto alla riduzione del numero di banche, ma riflette un effettivo mutamento nei comportamenti.

Tav. 1. Pluriaffidamento – numero medio di banche per affidato:

Fonte: Quadro di sintesi del Bollettino Statistico, 2007, tav. A.3.5.8

La minore frammentazione delle relazioni con le banche ha contribuito a stabilizzare le fonti di finanziamento riducendo i costi di coordinamento tra i creditori. In fasi congiunturali avverse, ciò ha favorito l’allungamento delle scadenze del debito alle imprese e ha evitato che difficoltà transitorie si trasformassero in situazioni di insolvenza. Grazie all’introduzione della liberalizzazione dell’attività di credito è aumentato anche il numero di sportelli operanti.

Rapporti impostati su un orizzonte temporale di lungo termine, in cui le parti abbiano mutua convenienza a condividere informazioni e incentivi a cooperare, favoriscono la crescita delle imprese e riducono i rischi delle banche.

In Italia, come negli altri paesi avanzati, è in atto un processo evolutivo della regolamentazione volto a coniugare gli obiettivi di stabilità con quelli di efficienza

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allocativa e operativa. E’ in corso il recepimento nelle istruzioni di vigilanza dell’Accordo di Basilea 2 e delle direttive europee corrispondenti. La nuova regolamentazione realizza una maggiore corrispondenza tra il profilo di rischio degli intermediari e la dotazione patrimoniale e favorisce l’impiego di metodi di misurazione e di gestione del rischio in linea con le best practices. Sarà così possibile eliminare le molteplici regole che, attraverso l’imposizione di restrizioni a singoli segmenti di attività, perseguono in via indiretta il medesimo obiettivo della stabilità degli intermediari. Sarà maggiore la flessibilità del sistema bancario nell’adattarsi alle esigenze dell’economia27.

2.1. L’attuale situazione creditizia in Italia

Il 2006 segna il ritorno dell’economia italiana a tassi di crescita vicini al 2 per cento, soprattutto in ragione della ripresa delle esportazioni e degli investimenti fissi lordi. L’espansione dei prestiti bancari è stata pari all’11,5 per cento, quasi tre punti percentuali in più rispetto all’anno precedente.

Le imprese hanno aumentato il ricorso al credito sia per sostenere l’accelerazione dell’attività produttiva, sia per operazioni di finanza straordinaria. Il credito alle società non finanziarie ha accelerato al 12 per cento, in linea con quanto registrato in media nell’area dell’euro.

27 F. Saccomani, Il ruolo delle banche italiane per lo sviluppo del Sistema Paese, www.bancaditalia.it , X

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Figura 1.1

Fonte: Banca d’Italia, Relazione Annuale per l’anno 2006

Tra gli altri paesi dell’area i prestiti sono aumentati a un ritmo particolarmente sostenuto in Spagna, in ragione della più forte espansione degli investimenti, soprattutto nel settore delle costruzioni, e di operazioni di finanza straordinaria; hanno ripreso a crescere in Germania, riflettendo il miglioramento congiunturale in corso.

Figura 1.2.

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Secondo le informazioni raccolte presso i gruppi bancari italiani che partecipano all’indagine trimestrale sul credito bancario condotta dall’Eurosistema (Bank Lending

Survey), l’accelerazione dei prestiti alle imprese italiane nel 2006 è principalmente

ascrivibile all’aumento della domanda di credito per finanziare gli investimenti fissi, le scorte e il capitale circolante.

Il credito bancario ha registrato un’accelerazione in tutti i principali settori produttivi ed ha continuato a crescere rapidamente anche il credito bancario alle famiglie, pur mostrando una decelerazione.

Ingenti finanziamenti stanno affluendo alle imprese del Mezzogiorno, in virtù anche del rafforzamento delle strutture di offerta realizzato negli anni passati, sebbene i segnali di ripresa dell’economia in queste regioni siano più incerti.

Tra il 2003 e il 2006 il credito bancario alle imprese del Mezzogiorno è cresciuto del 42 per cento a fronte del 22 al Centro Nord. Stime econometriche indicano che soltanto la metà del divario di crescita è ascrivibile al maggior fabbisogno finanziario delle imprese meridionali e alla riduzione del differenziale tra il costo dei finanziamenti nelle due aree. Alla maggiore espansione del credito alle imprese meridionali hanno contribuito anche politiche di offerta più favorevoli da parte dei grandi gruppi bancari del Centro Nord. Questi gruppi, dopo aver acquisito la proprietà delle principali banche meridionali nella seconda metà degli anni novanta, hanno intrapreso una rigorosa revisione delle politiche di erogazione del credito. Nell’ultimo triennio, anche in seguito al miglioramento delle tecniche di gestione del rischio, i prestiti concessi alle imprese meridionali dagli intermediari appartenenti a gruppi controllati da banche del Centro Nord hanno progressivamente accelerato.

L’ampiezza dell’offerta ha fatto sì che il ritmo di espansione dei prestiti si sia mantenuto molto al di sopra di quello del prodotto nominale senza tensioni dal lato dei tassi di interesse.

La qualità dei prestiti data dall’indice delle sofferenze28 è rimasta sostanzialmente invariata29. Il rapporto tra il flusso dei crediti iscritti a sofferenza e il totale dei finanziamenti si è mantenuto su un livello basso nel confronto storico.

28 L’identificazione delle sofferenze con la qualità degli impieghi bancari non è concettualmente

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2.2. Banche di grandi e minori dimensioni: dalla specializzazione alla

concorrenzialità

Per grandi banche si intende quel gruppo ristretto di imprese bancarie che in ogni paese costituisce il fulcro del sistema creditizio grazie alla notevole consistenza dei fondi intermediati e all’offerta dell’intera gamma di prodotti/servizi attraverso una rete distributiva che copre il territorio nazionale e le principali piazze estere. Le economie di scala e di gamma, da sole, non sono sufficienti a giustificare la grande dimensione nell’attività bancaria. La ragion d’essere delle banche di grande dimensione è da ricollegare ad altri fattori: il controllo dei rischi, la possibilità di servire grandi clienti e di operare a livello internazionale. Maggiore è la scala di attività della banca maggiore è il numero dei clienti, depositanti e affidati. Con la dimensione aumenta solitamente la diversificazione settoriale e geografica della clientela affidata e si riduce la variabilità delle possibili perdite su crediti, cioè il margine di scostamento delle future perdite effettive rispetto a quelle attese. Ciò consente alle grandi banche di effettuare minori accantonamenti ai fondi patrimoniali a copertura delle perdite inattese e di operare con un grado di patrimonializzazione inferiore rispetto alle banche più piccole. L’esigenza di evitare i rischi derivanti da un portafoglio troppo concentrato fa sì che solo le grandi banche possano soddisfare la domanda di credito proveniente dalle imprese di grandi dimensioni. Il servizio dei grandi clienti richiede un’adeguata scala dimensionale non solo per il controllo del rischio creditizio, ma anche per poter offrire l’intera gamma dei servizi di cui essi hanno bisogno.

La scala di attività, oltre certi livelli minimi, non è un vincolo assoluto alle possibilità di sopravvivenza, quanto alla sfera di operatività, cioè all’insieme delle combinazioni prodotto/segmento di clientela in cui si può essere competitivi. Non solo le analisi sulle economie di scala e di gamma non condannano la piccola banca, ma la presenza

giudizio sulla qualità degli impieghi incidono molti altri fattori [composizione del portafoglio, livello di rischio assunto presso la clientela o per operazioni che, pur comportando rischi rilevanti, non hanno indotto le banche a considerarle come sofferenze, grado di rischio delle altre categorie di attività]. Tuttavia, le sofferenze costituiscono di fatto l’unica categoria di misurazione della qualità degli impieghi per le quali siano disponibili serie storiche di dati ufficiali e possono essere assunte come un indicatore attendibile del fenomeno considerato.

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internazionale e la possibilità di servire grandi imprese con una gamma di offerta molto articolata non comportano per la grande banca un vantaggio competitivo in tutti i segmenti di clientela e per tutti i servizi offerti. La grande dimensione è un requisito indispensabile per competere su certe linee di prodotto e nei confronti di certi segmenti di clientela, mentre non lo è per altri prodotti e clienti.

Ai vantaggi della grande banca si contrappongono così quelli della banca locale30. Il principale punto di forza delle banche locali è la conoscenza del territorio in cui operano, dunque la possibilità di cogliere con precisione e prontezza l’evoluzione dei bisogni della clientela e adeguare la qualità e la composizione dei servizi offerti.

Le banche regionali, che sono vocate al servizio della media, della piccola impresa e dei risparmiatori, devono trarre vantaggio dalla propria dimensione che consente la maggiore rapidità di reazione. La struttura più corta facilita la percezione dei segnali, la trasmissione dai gangli periferici, la generazione di una scelta, l’attivazione di una risposta. Nel ciclo informazione – reazione – decisione sta sia il nucleo della banca come intermediario finanziario nella moderna accezione, sia la chiave di successo di intermediari a cui sono precluse strategie di leadership fondate sui volumi e sulle masse31. Si può dire che il punto di partenza è lavorare sull’acquisizione, l’elaborazione, e l’impiego dell’informazione. Nel configurare i processi, l’utilizzo dell’informazione deve essere messo al centro e intorno a esso si disegnano le procedure. Ciò non appanna la centralità del cliente, destinatario ultimo dell’intera attività di servizio.

D’altro lato, il collegamento con l’ambiente socio-economico locale può essere tanto radicato e forte da configurare a volte un quasi monopolio dell’informazione e portare alla possibilità di adottare politiche di prezzo nel credito alle piccole e medie imprese che, pur essendo competitive, non risultano inefficienti in termini di rischio32.

Come conseguenza dei mutamenti avvenuti negli anni ’80-’90, quando le grandi imprese hanno ridotto la domanda dei prestiti in seguito al recupero di soddisfacenti condizioni di

30 “Con banca locale o regionale viene intesa non la banca di credito cooperativo, ma di piccole-medie

dimensioni e con vocazione allo sviluppo dell’imprenditoria simmetrica per dimensione e principalmente locale”, R. Corigliano, Banche regionali, corporate banking e crescita delle imprese, Banche e banchieri, n.1, 2006.

31 M. Comana, Credito e Risparmio: quale sintesi possibile per le banche gestionali? Un modello dinamico

per le valutazioni strategiche, in Banche e banchieri, n. 2, 2004.

32 R. Ferretti, P. Mezzani, Le scelte strategiche, in M. Onado (a cura di), La banca come impresa, op. cit.

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redditività e all’attivazione di canali di finanziamento alternativi a quello bancario, c’è stato il riallocamento del credito a favore delle piccole e medie imprese la cui dipendenza dal credito bancario era in aumento. Questo ha portato all’aumento delle quote di mercato delle banche piccole. A partire dalla seconda metà degli anni ’90 il sistema bancario italiano è stato interessato da processi di aggregazione che però non hanno ridotto il peso delle banche di piccole e minori dimensioni. Nell’ultimo decennio circa la metà dei nuovi finanziamenti al settore privato è stata erogata dalle banche “piccole” e “minori”, la cui quota di mercato è aumentata sia nel segmento delle imprese, sia in quello delle famiglie. L’incremento della quota di mercato delle banche piccole ha interessato diverse tipologie di intermediari. È stato significativo lo sviluppo delle piccole banche specializzate nel credito alle famiglie (credito al consumo e mutui); tra queste hanno assunto rilevanza sia gli intermediari sorti in seguito alla trasformazione di società finanziarie in banche, sia le filiali e le filiazioni di banche estere33.

Più recentemente l’attenzione si è spostata sulle modificazioni intervenute nell’offerta del credito evidenziando come la redistribuzione delle quote sia stata accentuata dalla spiccata concorrenza che si è creata nel mercato dei prestiti. Da un lato le aziende di credito di minore dimensione hanno realizzato una politica di offerta molto aggressiva e hanno guadagnato quota presso la fascia di clientela costituita dalle grandi imprese; dall’altro, anche i mercati locali più periferici vedono un aumento crescente dell’offerta. Sempre più frequenti sono infatti gli insediamenti di banche nazionali di grandi dimensioni ed anche estere, nelle zone in cui operano le banche locali. Specularmene, i grandi gruppi, stimolati anche dalla crescente autonomia finanziaria della loro clientela tradizionale34, hanno inserito nei loro piani strategici l’intento di diffondersi maggiormente fra le famiglie, nel credito al consumo, nelle piccole imprese e, in generale, nel mercato retail. Loro hanno privilegiato scelte strategiche mirate a favorire i settori più innovativi e ciò ha dato luogo a una significativa perdita di quote di mercato. Con riferimento ai prestiti alle imprese, la quota di mercato delle banche incluse nei 10

33 Banca d’Italia, Relazione Annuale, anni vari.

34 L. Canovi, Le scelte di investimento e finanziamento delle imprese, in C. Bisoni, Banca e impresa nei

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principali gruppi creditizi era pari al 60 per cento alla fine del 2005, 13 punti percentuali in meno di quella che le stesse banche detenevano nel 199635.

Tale indirizzo è peraltro coerente con il fatto che i maggiori gruppi creditizi sorgono dall’aggregazione fra banche regionali.

Ciò solleva un problema essenziale, fino adesso forse sottovalutato da parte di molteplici vertici delle banche locali: il riposizionamento sul mercato, con condizioni di economie interne non squilibrate, con strategie innovative, al fine di assicurare alle banche locali la sopravvivenza ed il successo in un ambiente sempre più turbolento. Le opportunità di liberalizzazione sembrano essere state sfruttate intensamente dalle banche di minori dimensioni le quali: si espandono in quelle aree dove possono far valere ancora una reputazione solida e possono acquisire informazioni a costi ragionevoli; utilizzano l’apertura di sportelli come contro-offensiva all’ingresso delle banche di maggiori dimensioni le quali sfruttano la reputazione riconosciuta su tutto il territorio nazionale per muoversi36.

Tavola 2 – Prestiti bancari alle imprese per classe dimensionale e tipo di banca nel 2005 (valori percentuali);

Fonte: Banca d’Italia, Occasional Papers n.5, 2007.

Fino al 2005 le banche di minore dimensione hanno continuato a registrare in tutte le aree geografiche tassi di crescita dei prestiti alle imprese e alle famiglie superiori a quelli degli altri intermediari. L’insieme delle banche “piccole” e “minori” ha contribuito per circa la metà all’aumento del credito al settore privato. Mentre nel 2006, la crescita dei prestiti

35 F. Saccomani, Il ruolo delle banche italiane per lo sviluppo del Sistema Paese, op. cit.

36 A. Parisi, Impresa e Banca. L’evoluzione dei rapporti e degli strumenti, Cedam, Padova, 1996, pag. 71 e

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erogati dalle banche di maggiore dimensione, che nell’ultimo decennio era stata più contenuta, risentendo dei processi di riorganizzazione aziendale all’interno dei gruppi, si è allineata a quella delle banche “piccole” e “minori” 37.

Fig. 1- Prestiti bancari per classe dimensionale di banca, dati trimestrali; variazioni percentuali sui 12 mesi

Fonte: Banca d’Italia, Relazione Annuale per il 2006.

Tale evoluzione si potrebbe notare meglio vedendo l’andamento dei volumi delle specifiche forme tecniche dei prestiti erogati dalle banche di piccole, medie e grandi dimensioni38.

Per quanto riguarda l’apertura di credito in conto corrente (c/c), essa ha visto dimezzare i propri volumi nel 2001 in concomitanza con l’andamento generale dell’economia e del credito. Dopo di che si sono notati volumi crescenti di prestiti in c/c accordati da banche di piccole e medie dimensioni con una distinta prevalenza delle prime, mentre le banche di maggiori dimensioni hanno iniziato la ripresa solamente nel 2005.

37 Banca d’Italia, Relazione Annuale per l’anno 2005, Roma, 31 maggio 2006.

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I pronti contro termine (pct) accordati dalle piccole banche hanno iniziato la ripresa solo nel 2000, mentre nello stesso anno, per le banche maggiori, il loro peso si è visto ridurre. Il volume dei pct si vede altalenare ma senza raggiungere i valori alti del 2000. In ogni caso questa forma di credito si può ritenere come prerogativa delle grandi banche.

I prestiti personali hanno acquistato rilievo specie per le banche di dimensioni medie. Questa forma di finanziamento si è vista raddoppiare la sua quota erogata dalle dette banche fino ad allinearsi con le quote delle banche minori e maggiori. Nel 2004 l’andamento dei prestiti personali ha cambiato rotta e pesa di più nelle banche piccole che in quelle grandi.

Per quanto riguarda invece i finanziamenti per anticipi all’importazione e all’esportazione, i volumi si sono visti diminuire per un paio d’anni, a partire dal 2002, poi è iniziata la ripresa alimentata in modo preponderante dalle banche maggiori. Il volume raggiunto rimane sempre basso rispetto al 2000, quasi la metà per tutte le dimensioni di banche.

Con riferimento alle forme tecniche di medio lungo termine come i mutui e gli altri impieghi si nota un totale cambiamento nelle quote di prestiti erogate dalle piccole e grandi banchi. All’inizio del periodo considerato il volume dei mutui erogato dalle piccole banche era quasi la metà del volume erogato dalle grandi banche, ora supera il 75%. Si nota comunque una ripresa delle banche di maggiori dimensioni nell’erogazione di queste forme di finanziamento.

Si sono ampliati in misura considerevole anche i crediti sotto forma di prestiti sindacati, specie da intermediari di proprietà estera39.

Invece, per quanto riguarda i crediti di firma, essi si sono contratti nel 2002 poi hanno iniziato una graduale ripresa e la loro concessione da parte delle banche di medie dimensioni si vede aumentare in modo significativo, collocandosi a valori maggiori rispetto al 2000, pur rimanendo a quote molto basse rispetto alle banche di maggiore dimensione.

I crediti impliciti nei contratti di leasing finanziario sono rimasti una prerogativa delle banche di piccole e medie dimensioni, la quota delle banche maggiori, dopo una continua riduzione, si è azzerata.

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I crediti in sofferenza delle piccole banche dal 2000 a questa parte si sono visti sempre in diminuzione, mentre quelli delle banche maggiori hanno avuto delle oscillazioni ma si collocano a livelli molto più bassi rispetto al 2000. Il loro valore è diminuito di quasi 2/3. La configurazione dei rapporti tra banche e imprese basata sulle caratteristiche dimensionali delle controparti presenta anche una specifica connotazione geografica che ha profonde radici storiche. Nel Nord-Est si rileva la quota di mercato più elevata per le piccole banche locali. Nel Mezzogiorno, ove le piccole imprese sono in numero relativamente maggiore, è invece preponderante il ruolo delle banche grandi, anche indirettamente attraverso piccole banche appartenenti a un gruppo. Nel Nord Ovest al maggiore peso delle grandi banche si associa una quota di finanziamenti relativamente più elevata alle imprese di maggiori dimensioni40.

40 Banca d’Italia, I rapporti Banca-Impresa dopo il nuovo accordo sul capitale: un’indagine territoriale, in

Figura

Fig. 1- Prestiti bancari per classe dimensionale di banca, dati trimestrali; variazioni percentuali sui 12 mesi

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