• Non ci sono risultati.

Impiego di mutanti "sul" per lo studio della Compatibilita' Vegetativa in Trichoderma

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Impiego di mutanti "sul" per lo studio della Compatibilita' Vegetativa in Trichoderma"

Copied!
162
0
0

Testo completo

(1)

DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE ALIMENTARI E

AGRO-AMBIENTALI

Corso di Laurea Specialistica in:

Biotecnologie Vegetali e Microbiche (BVM)

Impiego di mutanti “sul” per lo studio

della Compatibilità Vegetativa (vc) in

Trichoderma virens

Relatore:

Chiar.mo Prof. Giovanni Vannacci

candidato:

Paris Kaisaris

Corelatore:

(2)
(3)

Indice

Capitolo 1. Introduzione ... 5

1.1. La Compatibilità Vegetativa ... 1

1.1.1. Sistemi di Compatibilità in Natura ... 1

1.1.2. Incompatibilità nei Funghi. ... 2

1.1.3. Gruppi di Compatibilità Vegetativa (VCG). ... 6

1.1.4. Importanza dell’Incompatibilità da Eterocarion nei Funghi Filamentosi. ... 7

1.2. Eterocariosi e Parasessualità ... 10

1.2.1. Eterocariosi ... 10

1.2.2. Parasessualità ... 11

1.3. Metabolismo dello Zolfo. ... 16

1.3.1. L’Elemento Zolfo e le sue Funzioni Biologiche. ... 16

1.3.2. Processo di Assimilazione del Solfato ... 17

1.3.3. Metabolismo dello Zolfo e Mutanti Auxotrofi. ... 19

1.3.4. Vie di Salvataggio dello Zolfo ... 34

1.4. Impiego dei Mutanti Auxotrofi e fusione dei protoplasti nei Funghi. ... 37

1.4.1. Mutanti auxotrofi ... 37

1.4.2. Fusione di Protoplasti. ... 38

1.5. Trichoderma spp. ... 40

1.5.1. Trichoderma spp. come Agente di Lotta Biologica. ... 44

1.5.2. Compatibilità Vegetativa in Trichoderma spp. ... 47

1.5.3. Ciclo parasessuale in Trichoderma ... 51

Capitolo 2. Materiali & Metodi ... 53

2.1. Isolati Fungini. ... 54

2.2. Substrati di Coltura ... 56

2.2.1. Substrati di uso generico. ... 56

2.2.2. Substrati selettivi ... 57

2.2.3. Substrati per la Caratterizzazione del Fenotipo dei Presunti Mutanti. ... 57

2.2.4. Soluzione tampone PSB per la Colorazione DAPI ... 58

2.2.5. Condizioni di crescita degli isolati fungini ... 59

2.3. Studio della Compatibilità Vegetativa in Trichoderma virens ... 60

2.3.1. Caratterizzazione fenotipica dei presunti mutanti “sul” ... 60

2.3.2. Complementazione dei Mutanti “sul”. ... 63

2.4. Studio della progenie dell’eterocarion in Trichoderma virens ... 66

2.4.1. Valutazione del numero di nuclei dei conidi e di cellule conidiogene (colorazione DAPI) ... 66

2.4.2. Colture Monoconidiali ... 69

Capitolo 3. Risultati & Discussione ... 71

3.1. Studio della Compatibilità Vegetativa in Trichoderma virens ... 72

3.1.1. Caratterizzazione fenotipica ... 72

3.1.2. Complementazione dei Presunti Mutanti “sul”. ... 82

3.1.3. Discussioni sulla Compatibilità Vegetativa in Trichoderma ... 92

3.2. Studio delle progenie dell’eterocarion ... 93

3.2.1. Stato nucleare dei conidi e cellule conidiogene ... 94

3.2.2. Colture monoconidiali ... 96

(4)

4.1.2. Conclusioni sulle progenie del eterocarion ... 114

Ringraziamenti ... 116 Bibliografia. ... 117

(5)

Capitolo 1.

Introduzione

Capitolo 1. Introduzione ... 5

1.1. La Compatibilità Vegetativa ... 1

1.2. Eterocariosi e Parasessualità ... 10

1.3. Metabolismo dello Zolfo. ... 16

1.4. Impiego dei Mutanti Auxotrofi e fusione dei protoplasti nei Funghi. ... 37

(6)

1.1 – La Compatibilità Vegetativa

1.1. La Compatibilità Vegetativa

1.1.1.

Sistemi di Compatibilità in Natura

Le relazioni cellula-cellula, come i fenomeni di adesione e di comunicazione (Galletti, 1995), hanno reso possibile la comparsa di organismi multicellulari. Tali interazioni cellulari hanno salvaguardato l’integrità e reso possibile l’andamento sincrono di tessuti ed organi, come la capacità dell’individuo di distinguere tra il “self” e il “non-self” (Misevic and Burger, 1988; Florin et al., 1994).

Nei diversi regni (animali, piante, funghi, batteri e protisti) esistono eccellenti sistemi per l’identificazione del “self” e “non-self”. Le funzioni più importanti che coinvolgono il sistema di riconoscimento sono: il sottrarsi dall’accoppiamento tra individui simili (self-incompatibility) e la cooperazione fra cellule o individui (self-compatibility). Non è raro che, all’interno della stessa specie e per queste distinte funzioni sia utilizzato lo stesso sistema di riconoscimento (Dorak, 2003).

Negli invertebrati esiste un sistema di alloriconoscimento (Scofield et al., 1982; Grosberg, 1988; Weissman et al., 1990; Magor et al., 1992) coinvolto principalmente nel riconoscimento immunologico, mentre nei vertebrati esiste un complesso principale di istocompatibilità (MHC), con funzioni di self incompatibility (Dorak, 2003).

Negli altri regni i sistemi di compatibilità noti sono: il sistema dei ferormoni nei protozoi (Weiss et al., 1995; Vallesi et al., 1995), i sistemi di (in)-compatibilità nei funghi

(7)

1.1 - La compatibilita vegetativa (Metzenberg, 1990; Bègueret et al., 1994; Hiscock et al., 1996; Wendland et al., 1995; Kothe, 1996) ed il sistema di auto-incompatibilità nelle Angiosperme (piante floreali) (Hiscock et al., 1996; Haring et al., 1990; Kao and McCubbin, 1996), tutti interessati ad evitare gli effetti nocivi originati da accoppiamenti auto-compatibili. (Dorak, 2003).

1.1.2. Incompatibilità nei Funghi.

L’incompatibilità somatica (o vegetativa o protoplasmatica o da eterocarion o da fusione) è molto diffusa nei funghi ed è caratterizzata da un elevato livello di risposte polimorfiche (Natua and Hoekstra, 1994). Inoltre, tali meccanismi possono verificarsi in diverse fasi del ciclo vitale dei funghi poiché non si limitano alla fusione gametica (cariogamia), come avviene nella riproduzione sessuata (Lane, 1981).

I funghi filamentosi, mediante la crescita apicale e le ramificazioni, formano una rete di ife, tridimensionale, detta micelio (Buller, 1933). Il micelio sviluppandosi va incontro a processi di anastomosi (fusione ifale) sia fra cellule dello stesso organismo, sia tra cellule di conspecifici vegetativamente compatibili, potendo, così, formare stati di eterocarion (stato cenocitico dove nuclei aploidi geneticamente differenti condividono lo stesso citoplasma).

I processi di anastomosi tra apici ifali della stessa colonia (omocariotico) non hanno conseguenze genetiche e di solito si manifestano nella parte più vecchia del micelio (Galun et al., 1981; Trinci et al., 1994).

(8)

1.1 - La compatibilita vegetativa L’anastomosi tra differenti colonie sono più rare, poiché portano alla formazione di un eterocarion vegetativo che spesso viene rapidamente dissolto o inibito. Il processo d’incompatibilità vegetativa(o da eterocarion) è controllato dai determinati loci genici a volte poliallelici: het o vic (ad indicare rispettivamente incompatibilità da eterocarion o vegetativa). Una sola differenza allelica in questi loci può causare una reazione di incompatibilità. In una popolazione di una certa specie può esserci un gran numero di gruppi di compatibilità vegetative (VCGs) con conseguenti restrizioni per l’eterocariosi (Nauta and Hoekstra, 1994; Glass and Kuldau, 1992; Leslie, 1993; Worrall, 1997).

Molti funghi filamentosi (Ascomycota e Basiodiomycota), possiedono un sistema di riconoscimento (“self/non self”) per controllare la formazione di eterocarion fra isolati diversi. Due diversi sistemi genetici controllano i processi d’incompatibilità vegetativa: il sistema “allelico” e il sistema “non-allelico” (Glass et al., 2000; Saupe, 2000). In entrambi i sistemi si può innescare una reazione di incompatibilità, a patto che siano presenti specifiche differenze genetiche nei loci het.

Nel sistema “allelico”, l’incompatibilità vegetativa è innescata dalla co-espressione di alleli incompatibili di un singolo locus het. L’incompatibilità allelica è molto frequente tra i funghi e non influisce sulle funzioni della riproduzione sessuata.

Nel sistema “non-allelico”, l’incompatibilità vegetativa è innescata dall’interazione fra alleli appartenenti a due distinti loci het. Il sistema “non-allelico” interferisce con la riproduzione sessuale, portando o alla riduzione della fertilità o alla sterilità.

(9)

1.1 - La compatibilita vegetativa Sistemi allelici sono stati riscontrati in Neurospora crassa, Cryphonectria parasitica e Aspergillus nidulans, mentre entrambi i sistemi sono stati individuati in Podospora anserina (Muirhead et al., 2002).

Lo studio dell’incompatibilità vegetativa ha mostrato il coinvolgimento di molteplici meccanismi (Leach and Yoder, 1983). In Fusarium moniliforme (Correll et al., 1989) il meccanismo di auto-incompatibilità è associato ad un mancato passaggio dei nuclei tra cellule. In Trichoderma spp. sembra possibile che i nuclei “non prevalenti” degradino il loro genoma e frammenti di esso vengono incorporati dal nucleo “dominante” (Stasz and Harman, 1990).

In altri casi, le reazioni incompatibili sono caratterizzate dalla compartimentazione o lisi e successiva morte cellulare dell’eterocarion (Glass and Kuldau, 1992; Leslie, 1993; Saupe, 2000; Muirhead et al., 2002).

In Podospora anserina, come reazione incompatibile, si ha l’autolisi delle cellule eterocariotiche nelle zone di fusione (Labarère et al., 1974; Glass and Kuldau, 1992). In Cryphonectria (Endothia) parasitica la reazione di incompatibilità è associata alla formazione di una linea detta “barrage” dove si osserva un’intensa produzione di picnidi (Rizwana and Powell, 1992). Reazioni simili al “barrage” con intensità variabile dovuta al diverso numero di geni coinvolti nel processo di incompatibilità, è stata osservata in Ophiostoma (Ceratocystis) ulmi (Brasier, 1983; Cristani, 1992).

(10)

1.1 - La compatibilita vegetativa apoptosi (morte programmata cellulare, PCD) (Leslie and Zeller, 1996; Jacobson et al., 1998; Glass et al., 2000). Le cellule coinvolte subiscono modifiche che comportano granulazione, vacuolizzazione e condensazione del citoplasma, restringimento della membrana e morte. Questa serie di modificazioni che porta alla morta programmata della cellula (PCD) sono state osservate e descritte in vari funghi (Glass et al., 2000), nonostante ciò le basi molecolari di tale processo rimangono sconosciute (Glass et al., 2000; Saupe, 2000; Saupe et al., 2000; Biella et al., 2002).

In Neurospora crassa sono state descritte varie reazioni di incompatibilità, in funzione di diverse combinazioni alleliche: in alcuni casi (alleli A/a e CD/cd) si ha la morte cellulare, con distaccamento del protoplasma dalle pareti, vacuolizzazione e lisi, mentre in altri casi (alleli I/i) si ha l’inibizione della formazione dell’eterocarion senza morte cellulare. (Glass and Kuldau, 1992).

In alcune specie, come nel caso di Fusarium oxysporum, l’incompatibilità si rivela semplicemente con l’incapacità di formare un eterocarion stabile, mentre in Verticillium dahliae, si manifesta, spesso, con morte citoplasmatica (Joaquim and Rowe, 1990).

Diversa è la situazione di Rhizoctonia solani: in questo sistema la capacità di due isolati di riconoscersi, attrarsi e fondersi consente l’assegnazione ad uno specifico “gruppo di anastomosi” (AG), anche nei casi in cui tale processo segue la morte cellulare (fusioni imperfette). Anche nelle fusioni imperfette è stato dimostrato il trasferimento di materiale genetico (Sneh et al., 1991a). Un isolato riconosce e si fonde solo con membri di uno

(11)

1.1 - La compatibilita vegetativa stesso “gruppo di anastomosi” (AG) (Ogoshi, 1987).

1.1.3. Gruppi di Compatibilità Vegetativa (VCG).

In molti funghi filamentosi, gli individui della stessa specie possono andare incontro a processi di anastomosi per formare un eterocarion. Se l’eterocarion risultante è stabile, tali individui appartengono allo stesso gruppo di compatibilità vegetativa (VCGs). La compatibilità vegetativa (o da eterocarion) è controllata da loci multiallelici (chiamati vic o het), ed oggetto di ricerca in diversi organismi modelli, come Neurospora, Aspergillus e Podospora (Bègueret et al., 1994; Leslie, 1993). Nonostante il meccanismo fisiologico non sia ancora del tutto chiaro, i gruppi di compatibilità vegetativa sono distinguibili l'uno dall'altro per uno, alcuni, o tutti i loci vic presenti nel genoma e imputabili a fenotipo VCG. Partendo solo dal fenotipo, è impossibile determinare il numero di loci vic eteroallelici responsabili del incompatibilità. Lo studio dei VCG è sempre in prima linea nella ricerca applicata alla patologia vegetale (Leslie, 1996 ). Negli ultimi anni, le conoscenze ottenute per gli organismi modello sono state utilizzate per lo studio di popolazioni di funghi fitopatogeni. Il modello proposto da John Puhalla nel 1985 suggerisce che le popolazioni fungine possono essere suddivise in differenti gruppi di compatibilità vegetativa (VCGs) ed ognuno di essi correlato con la patogenicità. Sebbene l’analisi di VCG non sia uno strumento universale per lo studio di popolazioni fungine, è utile per stimare la diversità genotipica e senza valutare i livelli di frequenze alleliche ai differenti loci vic (Correll et al., 1989). Confrontata con altre tecniche di multilocus (per esempio il DNA fingerprinting)

(12)

1.1 - La compatibilita vegetativa la tecnica VCGs è meno complicata ma richiede un elevato numero di dati per essere interpretata (Leslie, 1996).

I meccanismi biologici alla base dei VCGs non sono del tutto stati chiariti. A livello teorico esistono due classi di meccanismi importanti per l’eterocariosi: quelli che riguardano la stabilizzazione dell’eterocarion e quelli necessari per il suo mantenimento. (Leslie, 1996).

1.1.4. Importanza dell’Incompatibilità da Eterocarion nei

Funghi Filamentosi.

Nei funghi filamentosi l’incompatibilità da eterocarion è un fenomeno diffuso, sebbene non se ne conosca completamente il significato biologico. Per quale motivo esistono questi sistemi genetici? Che funzione biologica soddisfano? Ne hanno effettivamente una? Negli anni sono stati sviluppati due punti di vista contrapposti su tale argomento (Saupe, 2000).

Per prima ipotesi, è stata suggerita che i geni di incompatibilità da eterocarion abbiano il ruolo di limitare la formazione di eterocarion tra individui diversi. Secondo questa ipotesi, i geni het rappresentano sistemi di riconoscimento “self / non-self”. Il beneficio di limitare l’eterocariosi è stato dimostrato. Il controllo genetico dell’eterocariosi limita il trasferimento orizzontale degli elementi citoplasmatici contagiosi, quali la senescenza di plasmidi, i micovirus, i transposomi e gli organelli debilitati (Caten, 1972). Differenze genotipiche dei loci het, hanno infatti mostrato, che il trasferimento di elementi citoplasmatici contagiosi è

(13)

1.1 - La compatibilita vegetativa in parte inibito (Anagnostakis, 1982; Caten, 1972; Collins and Saville, 1990; Debets et al., 1994; Kinsey, 1990; Van Diepeningen et al., 1997). Il controllo dell’eterocariosi è in grado di prevenire forme differenti di parassitismo nucleare, come il caso dello sfruttamento di un individuo da parte di nuclei inadatti che hanno un vantaggio nell’eterocarion (Hartl et al., 1975) o come nel caso di sfruttamento di risorse da parte di conidi che germinano su una coltura già colonizzata da un individuo distinto (Debets and Griffiths, 1998). In questa teoria, la funzione dei geni dell’het ha il compito di conservare l'individualità genetica.

Un’ipotesi alternativa ritiene che l'incompatibilità vegetativa non abbia alcuna funzione nelle popolazioni naturali, ma apparentemente costituisca una specie di “incidente evolutivo”. In una determinata popolazione sussiste un certo numero di polimorfismi neutri. Fra questi, una frazione sarebbe nociva, nello stato eteroallelico, in qui potrebbero venire a trovarsi. Questa classe di polimorfismo definirebbe allora i geni het. Secondo questa ipotesi, tale fenomeno sarebbe caratteristico dei funghi filamentosi, semplicemente perché sono gli unici organismi capaci di eterocariosi naturale. In altri Phyla, simili geni, deleteri allo stato eteroallelico, potrebbero essere indicati come geni che conducono all’incapacità ibrida o alla sterilità nei diploidi (Coyne, 1992).

Queste due ipotesi opposte, definite rispettivamente come “Ipotesi di alloriconoscimento” e “Ipotesi dell’incidente”, coinvolgono un certo numero di proprietà specifiche per i geni het. L'ipotesi dell’incidente postula che i geni het non esistono per

(14)

1.1 - La compatibilita vegetativa limitare l’eterocariosi, ma dovrebbero avere altre funzioni nella biologia fungina. L'Ipotesi di alloriconoscimento non implica l'opposto. I geni con funzioni cellulari potrebbero essere reclutati per compiere il riconoscimento di “self / non-self”. Di conseguenza, l'identificazione di una funzione cellulare connessa con un gene het, rinforza l'Ipotesi dell’incidente senza annullare “l’Ipotesi di alloriconoscimento” che limita tale funzione solo al riconoscimento “self / non-self”.

In conclusione, l’origine del polimorfismo genetico dei loci het, è un evento evolutivo di selezione nel caso dell'alloriconoscimento, mentre nell’Ipotesi dell’incidente si è generato sotto neutralità. La selezione Darwiniana positiva è una caratteristica comune di vari sistemi di riconoscimento ospite-difesa. Pertanto, la distinzione fra le due ipotesi potrebbe essere confermata analizzando la variabilità nei geni het all’interno di specifiche popolazioni, al fine di cercare evidenze di selezione positiva (Saupe, 2000).

(15)

Eterocariosi e Parasessualita

1.2. Eterocariosi e Parasessualità

L’eterocariosi e il ciclo parasessuale sono meccanismi presenti nel regno dei funghi e sono prevalenti in quei gruppi tassonomici che hanno perso la riproduzione sessuale (Funghi Mitosporici o Deuteromycota).

Tali eventi prevedono variazione somatica nella fase vegetativa delle loro ciclo di vita. Nei funghi con fase sessuata presente, si possono verificare stati di variazione somatica, nonostante la variabilità genetica efficace avviene mediante riproduzione sessuale.

1.2.1. Eterocariosi

L’eterocariosi, cioè la presenza contemporanea di due nuclei geneticamente diversi nello stesso compartimento cellulare, può originarsi in due modi; attraverso mutazioni spontanee oppure a seguito di anastomosi tra isolati diversi. In entrambi i casi, la proliferazione dei nuclei è essenziale per assicurare la stabilità dell’eterocarion.

Gli eterocarion possono esaurirsi con due modalità: attraverso la formazioni di ramificazioni che contengono un solo tipo nucleare (crescita settoriale) o attraverso la formazione di spore uninucleate (sporulazione).

Indubbiamente l’eterocariosi rappresenta un fenomeno molto potente. Permette ai funghi di immagazzinare mutazioni, protette dalla pressione immediata di selezione, allo stesso tempo esposte periodicamente alla pressione stessa nelle ife e nelle spore.

(16)

Eterocariosi e Parasessualita Permette inoltre ad una colonia in attiva crescita di variare la proporzione nucleare (genetica) relativa in risposta alle condizioni esterne.

Tuttavia è necessaria una certa cautela, poiché il livello di eterocariosi negli ambienti naturali è un evento ancora poco studiato. Inoltre in natura ci sono delle barriere significative, che si pongono alla creazione di eterocarion, in quanto molti funghi sono dotati di geni di compatibilità che determinano la morte citoplasmatica a seguito di anastomosi tra ceppi incompatibili.

In conclusione è possibile dimostrare che le popolazioni naturali sono composte da diversi gruppi di compatibilità vegetativa (VCG) e che la creazione di eterocarion è possibile solamente tra due ceppi appartenenti allo stesso VCG (Anagnostakis, 1992).

1.2.2. Parasessualità

Il ciclo parasessuale (o parasessualità), un processo tipico di funghi e batteri, è un meccanismo non sessuale per il trasferimento di materiale genetico senza meiosi o lo sviluppo di strutture sessuali. E’ stato descritto per la prima volta da Pontecorvo (1956) durante gli studi sull’eterocariosi di Aspergillus nidulans. Un ciclo parasessuale inizia dalla fusione di ife (anastomosi) durante il quale differenti componenti citoplasmatici occupano la stessa cella (eterocariosi e plasmogamia).

Il ciclo parasessuale proposto da Pontecorvo è suddiviso in tre stadi principali:

(17)

Eterocariosi e Parasessualita raro (con una frequenza che va da 10-6 a 10-7 incontri); ma una volta che il

nucleo diploide si è formato, diviene estremamente stabile e si divide per mitosi, formando altri nuclei diploidi. Il risultato di tale evento è un eterocarion composto da una miscela di nuclei aploidi di origine parentale e di nuclei diploidi.

Formazione di chiasmi mitotici. La formazione dei chiasmi è un avvenimento frequente nella meiosi, dove due cromosomi omologhi si rompono e si riagganciano in corrispondenza dello stesso punto, tuttavia con scambio dei frammenti e in modo che i cromosomi risultanti rappresentano dei ibridi rispetto ai tipi parentali (crossing-over). Questo fenomeno può verificarsi anche nel corso della mitosi, anche se con frequenza molto inferiore, dato che i cromosomi non si appaiano in modo ordinato. Ciononostante il risultato, quando avviene è lo stesso.

Aploidizzazione. Durante la divisione di un nucleo diploide si possono verificare casualmente fenomeni di non disgiunzione cromosomica (che avviene spontaneamente con una frequenza di 10-3 divisioni cellulari), il risultato di tale

evento prevede uno dei nuclei figli con 2n+1 cromosomi e l’altro 2n-1. Tali nuclei con multipli incompleti del numero aploide (aneuploidi), tendono ad essere instabili e a perdere i cromosomi in eccesso nel corso delle successive divisioni cellulari. Di conseguenza, i nuclei 2n+1 tendono a tornare allo stato 2n,

(18)

Eterocariosi e Parasessualita mente i nuclei 2n-1 torna progressivamente allo stato n.

Ciascuno di questi eventi è relativamente raro e non costituiscono un ciclo regolare come il ciclo sessuale. Tuttavia, il risultato è lo stesso; una volta che si è formato un nucleo diploide, mediante la fusione di due nuclei aploidi nell’eterocarion, i geni parentali possono ricombinarsi. La ricombinazione può avvenire in due modi diversi (equivalenti a quando accade a meiosi): o mediante la formazione dei chiasmi mitotici o mediante l’aploidizzazione che porta alla formazione di nuclei aploidi diversi da quelli parentali. Tale fenomeno può essere considerato come una “perdita indipendente” di cromosomi, equivalente al “riordinamento indipendente” dei cromosomi nel corso della meiosi.

In diversi casi, alcuni steps del processo parasessuale non sono stati rilevati e sono stati considerati transitori. In alcune specie fungine, i nuclei diploidi sono molto instabili e subiscono aploidizzazione e/o disgiunzione mitotica con grande rapidità, ancora all’interno del ifa eterocariotica, senza il recupero della fase diploide. In quest'ultimo processo, una variante del ciclo parasessuale, è stato denominato parameiosi. La parameiosi è stata descritta per prima volta nel fungo Cephalosporium acremonium (Ball and Hamlyn, 1982) e poi in Aspergillus niger (Bonatelli et al.,1983), Metarhizium anisopliae (Bergeron and Messing-Al-Aidroos, 1982), Beauveria bassiana (Paccola-Meirelles and Azevedo, 1991), Trichoderma pseudokoningii (Furlaneto and Pizzirani-Kleiner, 1992; Bagagli et al., 1995), Acremonium chrysogenum (Ball and Hamlyn, 1978) e Cladosporium fulvum (Arnau and Oliver, 1993).

(19)

Eterocariosi e Parasessualita In molteplici specie fungine, l’ottenimento di ricombinati mediante vie alternative da quelle sessuali (meiosi) o parasessuali (disgiunzioni mitotiche e/o aploidizzazione) sono stati descritti ed osservati trasferimenti tra nuclei in stabili o transitori eterocarion, dei trasposoni, plasmidi, frammenti cromosomici e cromosomi. (Caten, 1981; Day, 1998; Debets, 1998).

Stasz and Harman (1990), nei loro studi sulle progenie di incroci intra- e inter-specie di Trichoderma ottenuti mediante fusione dei protoplasti, hanno concluso che le progenie non hanno avuto origine dal meccanismi di ricombinazione parasessuale. Gli autori hanno dunque ipotizzato la degradazione nucleare di uno dei due parentali (genitore non-prevalente) nel eterocarion, e la possibilità di incorporazione dei piccoli frammenti di questo genoma nel nucleo dell’altro parentale genitore (genitore prevalente). Inoltre hanno suggerito che meccanismi simili potrebbero naturalmente verificarsi a seguito di anastomosi ifali o altri meccanismi di plasmogamia, e che questi eventi di degradazione nucleare e incorporazione di frammenti nucleari in nuclei prevalenti potrebbero essere correlati alla limitata compatibilità vegetativa dopo gli eventi di post-fusione (Stasz et al., 1989; Stasz and Harman, 1990).

Questo meccanismo sconosciuto di ricombinazione somatica può quindi essere naturalmente presente in specie di Trichoderma ma anche in altre specie, come Beauveria (Bello and Paccola-Meirelles, 1998; Dalzoto et al., 2003; Paccola-Meirelles and Azevedo, 1991), Metarhizium (Bagagli et al., 1991), Penicillium (Durand et al., 1993) e

(20)

Eterocariosi e Parasessualita Alternaria (Stoval, 1992).

(21)

1.3 Metabolismo dello Zolfo

1.3. Metabolismo dello Zolfo.

1.3.1. L’Elemento Zolfo e le sue Funzioni Biologiche.

Le forme disponibili di zolfo inorganico nella litosfera sono principalmente solfato e solfuro, nei minerali: gesso (CaCSO4) come solfato o pirite (FeS2) come solfuro. Altre forme, meno abbondanti, di zolfo inorganico nella litosfera, sono il tiosolfato, il ditionato, il politionato e lo zolfo elementare (Kellog et al., 1972; Thomas and Surdin-Kerjan, 1997).

Il ciclo biologico dello zolfo è il risultato dell’attività metabolica dei microbi e risulta piuttosto complesso. I microrganismi usano lo zolfo o durante la biosintesi, come fonte di energia o attraverso la respirazione, come recettore terminale di elettroni. (Thomas and Surdin-Kerjan, 1997).

Poiché le funzioni biologiche dello zolfo sono numerose, se ne accennano solo le più significative. Lo zolfo ridotto si trova nella cisteina, sotto forma di gruppo tiolico ed è fortemente nucleofilo. Nelle proteine, due gruppi tiolici di cisteina possono formare un legame disolfurico covalente stabile, ma possono essere ristabiliti tramite riduzione. La reversibilità della reazione garantisce la funzione regolatrice che spesso la cisteina gioca nelle proteine (Åslund and Beckwith, 1999; Leustek et al., 2000).

La cisteina è uno dei componenti principali di un altro composto tiolico: il glutatione. Il glutatione è un tripeptide composto da glutammato, cisteina e glicina. Una molecola di glutatione ridotta (GSH) può reagire con un'altra molecola, producendo la forma

(22)

1.3 Metabolismo dello Zolfo bisolfurica (GSSG); GSH è ristabilita dall'attività della NADPH-glutatione riduttasi (May et al., 1998; Noctor et al., 1998). Il glutatione ha molte funzioni, oltre al ruolo di amplificatore redox (Rea et al., 1998; Rauser, 1995; Noctor et al., 1998).

Lo zolfo rappresenta la parte centrale dei residui tio-estere e tio-etere. Lo zolfo presente nel coenzima A e nella S-adenosil-L-metionina (SAM o AdoMet) è responsabile della reattività rispettivamente del gruppo acetile e del gruppo metilico di queste molecole, in modo da controllare le reazioni di trasferimento del gruppo (Schlenk, 1965;).

Lo zolfo presente nella metionina è vulnerabile all’ossidazione e può prontamente formare solfossido di metionina. L'ossidazione della metionina può inattivare la proteina (Moskovitz et al., 1999) ma, essendo reversibile, può servire da meccanismo di regolazione enzimatica (Sun et al., 1999; Leustek et al., 2000).

1.3.2. Processo di Assimilazione del Solfato

L’assimilazione del solfato è suddivisa in tre fasi: attivazione, riduzione a solfuro e incorporazione sotto forma di cisteina (Ruchanan et al., 2003).

Per entrare nella via di assimilazione, il solfato è attivato attraverso una reazione di adenililazione catalizzata dall'ATP-solforilasi. La successiva riduzione di solfato avviene in due passaggi. Nel primo passaggio, l’APS reduttasi trasferisce due elettroni all’APS producendo solfito, utilizzando, come fonte degli elettroni, glutatione ridotto (GSH). Nel secondo passaggio, la solfito reduttasi trasferisce sei elettroni al solfito, producendo

(23)

1.3 Metabolismo dello Zolfo quando il solfuro reagisce con l’O-acetil-serina (OAS) formando cisteina. La reazione è catalizzata dall’enzima O-acetil-serina tiol-liasi (OAS tiol-liasi). L’O-acetil-serina (OAS) è formata tramite l'acetilazione della serina con acetil-CoA, catalizzata dall’enzima serina acetiltransferasi.

La cisteina è il substrato per vari composti solforati ridotti, ed è nella sua totalità incorporata in proteine e glutatione. La cisteina è il donatore dello zolfo (tiolo) per la sintesi della metionina. Sia cisteina che metionina sono instabili in presenza di ossigeno molecolare, e sono prontamente ossidate a residui bisolfurici (cistina solfossido e metionina solfossido). Le cellule utilizzano cisteina e metionina nella forma ridotta, attraverso il sistema redox di glutatione e le proteine redox tioredossina, glutaredossina, glutatione reduttasi e metionina solfossido reduttasi. Un destino importante della metionina è la relativa adenosilazione per formare S-adenosilmetionina, un donatore biologico primario di gruppi metilici (Leustek, 2002).

Considerando che la maggior parte delle forme organiche dello zolfo sono prodotte dalla fase riduttiva dell’assimilazione, una via secondaria per l’assimilazione del solfato, coinvolge l'aggiunta covalente di solfato ad una varietà di residui. Il processo è chiamato solfatazione e ha inizio con l’APS sintasi. In seguito l’APS, attraverso una reazione di fosforilazione, forma il PAPS e la reazione è catalizzata dall’enzima APS chinasi.

Il PAPS è usato come donatore di gruppi solforile, dando una varietà di differenti solfotransferasi. Le solfotransferasi aggiungono solfato all’ossigeno che forma un legame

(24)

1.3 Metabolismo dello Zolfo estere di solfato. Un esempio è la colina-O-solfato, un residuo osmoprotettivo. Un altro esempio è una classe di residui conosciuti come i glucosinolati, i quali contengono due forme di zolfo in condizioni di ossidazione differente (Leustek, 2002).

Una classe interessante di composti solforati sono gli acidi solfonici in cui un atomo di carbonio è collegato ad un atomo di zolfo ossidato. Un esempio è l’acido cisteico, che si forma tramite l’ossidazione della cisteina (Leustek, 2002) .

1.3.3. Metabolismo dello Zolfo e Mutanti Auxotrofi.

Trasporto di Composti solforici attraverso le Membrane.

Solfato: il solfato è trasportato nelle cellule da sistemi altamente specifici di trasporto di membrana.

Tra i funghi, P. chrysogenum Harbors ha un sistema di trasporto ad alta-affinità (K10mM) per il solfato che richiede una forza ionica relativamente alta (Hillenga et al., 1996; Segel and Johnson, 1961; Yamamoto and Segel, 1966; Hillenga, 1999). L'assorbimento del solfato in questo fungo si presenta come un processo elettricamente neutro, con una stechiometria di simporto H+/SO

42- presumibilmente nel rapporto 2:1

(Hillenga et al., 1996; Hillenga, 1999). Questa stechiometria implica che l'assorbimento del solfato sia un processo energicamente costoso. In P. notatum, il solfato è trasportato apparentemente attraverso un simporto con un protone ed uno ione di Calcio (Cuppoletti and Segel, 1975) suggerendo che il sistema di trasporto del solfato, scambia il simporto

(25)

1.3 Metabolismo dello Zolfo SO42-/H+/Ca2+ contro il simporto Ca2+/2OH- (o HPO2- anziché 2OH-) (Cuppoletti and Segel, 1975).

Il trasporto di solfato nei funghi è regolato da meccanismi genetici e metabolici (Jarai and Marzluf, 1991; Marzluf, 1993; 1994; 1997; Paszewski, 1993). In Neurospora crassa, cys-13 e cys-14 sono i due geni che codificano per due sistemi distinti di trasporto del solfato (Jarai and Marzluf, 1991; Marzluf, 1993). L’espressione dei geni, che codificano per CYS-13 e CYS-14, è controllata da tre geni regolatori scon-1, scon-2 e cys-3. In Aspergillus nidulans, quattro geni, sconA, sconB, sconC e sconD, analoghi a scon-1 e scon-2, sono agenti di controllo negativi dello zolfo, ma nessun omologo di cys-3 è stato attualmente segnalato (Paszewski, 1993).

Un mutante di S. cerevisiae, alterato nel trasporto del solfato, è stato isolato ed il gene corrispondente sul1 è stato clonato (Smith et al., 1995). L'analisi dei mutanti resistenti agli analoghi tossici del solfato (selenato e cromato) ha identificato tre geni, i cui prodotti sono specificamente coinvolti nell'assorbimento del solfato: sul1, sul2 e sul3. Queste proteine sono simili al trasportatore di solfato (codificato da cys-14) di N. crassa (Ketter et al., 1991). Studi cinetici effettuati su mutanti di omissione sul-1 e sul-2 hanno indicato che entrambi i geni codificano per proteine ad elevata attività, connesse al trasporto di membrana del solfato (Thomas and Surdin-Kerjan, 1997).

Solfito: L'assorbimento di solfito da parte dei microrganismi ha ricevuto un’attenzione limitata. Il primo lavoro sul trasporto di solfito ha concluso che soltanto SO2 può rifornire le

(26)

1.3 Metabolismo dello Zolfo cellule, attraverso un processo attivo mediato da carrier (Macris and Markakis, 1974). In uno studio recente è stato inoltre suggerito che il SO2 è trasportato tramite semplice

diffusione (Stratford and Rose, 1986; Thomas and Surdin-Kerjan, 1997).

Metionina: Nel lievito, ogni amminoacido è trasportato da permeasi aspecifiche e specifiche. Le permeasi aspecifiche degli amminoacidi (Gap1p) trasportano tutti i naturali L-amminoacidi presenti nelle proteine, così come i relativi residui, quali ornitina e citrullina, numerosi D-amminoacidi ed analoghi amminoacidi tossici (Wiame et al., 1985). Tuttavia, Gap1p funziona soltanto in circostanze particolari di sviluppo. Quando l’ammonio è presente come fonte di azoto, gli aminoacidi sono trasportati da permeasi specifiche. È stata segnalata l'esistenza di specifiche permeasi di bassa- e alta- affinità per L-metionina (Gits and Grenson, 1967) e che la metionina è trasportata da un permeasi ad alta-affinità (MUP1) e da due permeasi a bassa-affinità (MUP3p, MUP-2p) (Isnard et al., 1996). I mutanti resistenti alla metionina solfossido (analogo tossico della metionina), sono alterati nella permeasi ad alta-affinità (MUP1) della metionina. (Isnard et al., 1996).

Cisteina: Il trasporto della cisteina in S. cerevisiae è stato caratterizzato e lo studio cinetico rivela soltanto una permeasi di cisteina, che è inibita da omocisteina e metionina (Ono and Naito, 1991; Thomas and Surdin-Kerjan, 1997).

AdoMet: Diversamente da alcuni batteri, S. cerevisiae è capace di trasportare attivamente AdoMet. L'assorbimento di AdoMet sembra essere inibito fortemente da leucina. I mutanti difettivi nel gene sam-p3 risultano alterati nell'assorbimento di AdoMet

(27)

1.3 Metabolismo dello Zolfo (Murphy and Spence, 1972; Spence, 1971).

L’Attivazione del Solfato.

Per entrare nella via di assimilazione, il solfato deve essere attivato dall’enzima ATP solforilasi. Il composto risultante, il adenililsolfato (a volte denominato 5’-adenosinfosfosolfato, da cui APS), contiene un legame anidridico ad alta energia tra l’acido solforico e l’acido fosforico che potenzia il gruppo solforilico per le successive reazioni metaboliche. L’APS (punto centrale nel metabolismo dello zolfo) si trova prima della separazione di due vie: la riduzione del solfato e la solfatazione (Ruchanan et al., 2003).

Le ATP solforilasi di diversi organismi possono essere classificate in due tipi strutturali che non mostrano significativa omologia negli amminoacidi di sequenza. Un primo tipo d’enzima, presente in Procarioti che assimilano il solfato, eteromerico e regolato da un’attività GTPasica intrinseca. Il secondo, presente in Eucarioti e in Batteri chemiolitotrofici endosimbiontici, omomerico e manca dell’attività GTPasica. La classe omomerica può essere ulteriormente suddivisa in enzimi monofunzionali, che si trovano in Funghi, Alghe, Piante Superiori e Chemiolitotrofi, e in enzimi bifunzionali con attività sia APS solforilasica sia APS chinasica, che sono presenti negli animali (Ruchanan et al., 2003).

In Escherichia coli, l'ATP solforilasi è un enzima eteromerico, composto da due tipi di unità secondarie codificate dai geni cysD e cysN.(Leyh et al., 1992; Leyh and Suo,

(28)

1.3 Metabolismo dello Zolfo 1992).

L'ATP solforilasi di S. cerevisiae è codificata dal gene met3 (Cherest et al., 1987; Cherest et al., 1985; Mountain and Korch, 1991). Le cellule dei mutanti met3 non possono usare solfato, ma si sviluppano sui residui inorganici quali: solfito, solfuro e tiosolfato, così come sulle fonti organiche dello zolfo (Thomas and Surdin-Kerjan, 1997).

È stato osservato che gli isolati, che portano una mutazione in met3 (ATP-solforilasi), in met14 (APS chinasi), o in met16 (PAPS riduttasi) sono tutti difettosi nel trasporto di solfato (Breton and Surdin-Kerjan, 1977; Thomas et al., 1990), suggerendo che ciascuno degli enzimi corrispondenti può interagire con i trasportatori del solfato e quindi in un complesso a più componenti che potrebbe partecipare al trasporto ed all'attivazione del solfato (Logan et al., 1996).

Un'organizzazione comparabile, ma differente, degli enzimi è stata osservata nei funghi filamentosi. In queste specie, la fusione dei domini dell’APS chinasi e dell'ATP solforilasi non conduce ad un enzima bifunzionale, ma fornisce un sito allosterico.

Sia in P. Chrysogenum (Foster et al., 1994)sia in A. nidulans (Borges-Walmsley et al., 1995), l'ATP solforilasi possiede la stessa organizzazione ed è inibita in modo allosterico dal PAPS. In entrambi gli organismi, l’APS chinasi è prodotta da un altro gene e ha somiglianza di sequenza con il gene met14p, codificante l’APS chinasi di S. cerevisiae (Thomas and Surdin-Kerjan, 1997).

(29)

1.3 Metabolismo dello Zolfo L’individuazione di questa via si basa sulla scoperta che le Piante Superiori e le Alghe utilizzano l’APS come substrato per la riduzione del solfato. In accordo con questa ipotesi il solfato è trasferito dall’APS a un composto tiolico ridotto, catalizzato dall’enzima APS solfotransferasi. Il composto tiolico non è stato ancora identificato, ma il glutatione ridotto (GSH) è il più probabile candidato. Il tiosolfato organico prodotto dalla reazione, detto tiosolfonato, è trasformato dalla tiosolfonato riduttasi in tiosolfuro.

Questa via è definita via legata al trasportatore, in quanto il solfito o il solfuro rimangono covalentemente attaccati al composto tiolico. (Ruchanan et al., 2003).

Solfatazione detta anche Via Microbica

La seconda via è simile alla via di riduzione del solfato di alcuni microrganismi solfato-assimilatori, inclusi i Cianobatteri. L’APS chinasi fosforila l’APS dando origine al PAPS, che è quindi ridotto a solfuro libero dall’enzima PAPS riduttasi tioredossina-dipendente (Txr dipendente). Infine, la solfito riduttasi ferredossina-dipendente riduce il solfito a solfuro (Ruchanan et al., 2003).

La sintesi di PAPS è catalizzata, in S. cerevisiae, dall’enzima APS chinasi, a scapito di una molecola di ATP (Schriek and Schwenn, 1986). L’APS chinasi di S. cerevisiae è attivata in vitro dalla tioredossina (Txr) (Schriek and Schwenn, 1986; Gan, 1991; Muller, 1991; Thomas and Surdin-Kerjan, 1997).

In S. cerevisiae, l’APS chinasi è codificata dal gene met14 (Masselot and Surdin-Kerjan, 1977; Schriek and Schwenn, 1986). Il gene è stato clonato da Fitzgerald-Hayes

(30)

1.3 Metabolismo dello Zolfo

et al. (1982) e studiato da Korch et al. (1991). MET14p mostra somiglianze significative di sequenza con l’APS chinasi dei batteri, funghi filamentosi e piante. A seconda degli organismi, l’APS chinasi è trovata fusa o non, all’ATP solforilasi

Dopo l’attivazione, il solfato è ridotto fino a formare solfuro, attraverso l’ossidazione di una molecola di NADPH. Fin da 1961, Wilson et al. ha frazionato il sistema di NADPH-PAPS riduttasi di lievito in tre componenti proteiche (Asahi et al., 1961; Wilson et al., 1961). Questo sistema è stato ulteriormente studiato da Gonzalez Porque et al., (1970a; 1970b), che hanno indicato che la tioredossina e la tioredossina riduttasi potrebbero sostituire due delle frazioni descritte da Wilson et al.. Dai dati cinetici, è stato concluso che l'enzima segue un meccanismo ordinato, legandosi prima alla tioredossina e dopo a PAPS (Schwenn et al., 1988). La partecipazione di tioredossina nella riduzione del solfato è stata confermata dall'isolamento e dall'analisi di due geni in S. cerevisiae, trx1e trx2 (Gan, 1991; Muller, 1991; 1992).

La PAPS riduttasi in S. cerevisiae è codificata dal gene met16 (Berendt et al., 1995; Masselot and Surdin-Kerjan, 1977; Thomas et al., 1990; Schwenn et al., 1988).

In S. cerevisiae, i mutanti met16 non possiedono attività di assorbimento del solfato. Mentre in E. coli i mutanti del gene cysH (privi di PAPS reduttasi) non riducano PAPS e hanno limitate possibilità di sviluppo, in lievito la perdita dell’attività di assorbimento del solfato non deriva dalla disattivazione dei geni di assorbimento ma da un meccanismo differente e reversibile. In funghi filamentosi, quali P. chrysogenum o A. nidulans,

(31)

l’over-1.3 Metabolismo dello Zolfo accumulo di PAPS sembra essere prevenuta attraverso inibizione di PAPS mediato dall’ATP-solforilasi (Borges-Walmsley et al., 1995; Foster et al., 1994).

La riduzione di solfito a solfuro è comune in entrambe le vie e si verifica a scapito dell'ossidazione di tre molecole di NADPH.

La solfito riduttasi, che catalizza la riduzione diretta dei sei elettroni di solfito in solfuro, è stata purificata in lievito e in Batteri (Ostrowski et al., 1989a; 1989b; Yoshimoto and Sato, 1968). L'enzima, per la molecola attiva, contiene due FAD, due FMN e due siroeme (Kobayashi and Yoshimoto, 1982a; 1982b; 1982c; Yoshimoto and Sato, 1968) ed una struttura α2β2. In S. cerevisiae, la subunità α della solfito riduttasi è codificata dal gene met10 (Kobayashi and Yoshimoto, 1982a; Thomas and Surdin-Kerjan, 1997).

In E. coli, la solfito reduttasi è codificata dal gene cysJ e l’enzima batterico contiene quattro FAD e quattro FMN. L’enzima è formato da gruppi funzionali eme e flavo ed ha una struttura α8β4 (Siegel and Davis, 1974). A differenza del lievito, in cui si perderebbe

l’attività enzimatica, in E. coli i gruppi funzionali possono essere separati (Kobayashi and Yoshimoto, 1982b).

Incorporazione del Solfuro

L’incorporazione del solfuro può avvenire secondo due vie, che prevedono rispettivamente il coinvolgimento della O-acetil-serina e della O-acetil-omoserina.

(32)

1.3 Metabolismo dello Zolfo catalizzano le reazioni sequenziali che conducono alla produzione della cisteina.

L’OAS tiol-liasi appartiene ad una grande classe di enzimi che usano il piradosale fosfato come cofattore e catalizzano le reazioni di rimontaggio β. Arabidopsis thaliana possiede quattro geni per l’enzima OAS tiol-liasi (Jost et al., 2000).

OAS tiol-liasi e la serina acetiltransferasi formano un complesso enzimatico con interazioni specifiche proteina-proteina che si pensa svolgere un ruolo nella regolazione degli enzimi (Bogdanova and Hell, 1997; Droux et al., 1998; Wirtz et al., 2001). Inoltre, nella catalisi della formazione di cisteina, l’OAS tiol-liasi, funziona anche come unità secondaria regolatrice della serina acetiltransferasi (Leustek, 2002).

La biosintesi di cisteina in S. cerevisiae, come mostrato da una analisi genetica, è stata studiata mediante l’impiego di due mutanti auxotrofi per la cisteina (str1 e str4), i quali non possono svilupparsi su metionina e omocisteina (Cherest and Surdin-Kerjan, 1992). Le cellule mutanti str1 e str4 difettano rispettivamente nell'attività della cistationina γ-liasi e della cistationina β-sintasi (Cherest and Surdin-Kerjan, 1992). La dimostrazione definitiva: che la conversione di omocisteina in cisteina è l'unico modo per la sintesi di cisteina de novo, in lievito, è stata ottenuta con la disattivazione dei geni str1 e str4, che producono cellule auxotrofi per la cisteina (Barton et al., 1993; Cherest et al., 1993). I geni str1 e str4 sono equivalenti ai geni con nome alternativo cys3 e cys4 di S. cerevisiae (Ono et al., 1992; 1988; 1984).

(33)

1.3 Metabolismo dello Zolfo esterificazione dell’omoserina catalizzata dall’enzima Omoserina O-acetil-transferasi. In S. cerevisiae, l’Omoserina O-acetil-transferasi catalizza la reazione nella quale è consumata una molecola di acetil-CoA. Lo stesso enzima è capace di catalizzare lo scambio in vitro del gruppo acetile fra l’O-acetil-omoserina e la L-omoserina (Kerr, 1971).

In S. cerevisiae l’enzima è stato parzialmente purificato mediante l’impiego di un mutante auxotrofo di metionina (probabilmente met10) alterato nell’attività della solfito riduttasi (Yamagata, 1987).

In S. cerevisiae, l’Omoserina O-acetil-transferasi è codificata dal gene met2 (Cherest et al., 1969). Le cellule mutanti met2 si sviluppano in substrati contenenti fonti di zolfo sotto forma di O-acetil-omoserina, Omocisteina, Metionina o AdoMet, ma non possono svilupparsi in substrati contenenti cisteina. I mutanti met2, inoltre, sono stati isolati come cellule metiliche mercurio-resistenti (Singh and Sherman, 1974a). La resistenza deriva dall’accumulo intracellulare del solfuro d’idrogeno (Ono et al., 1991; Baroni et al., 1986; Langin et al., 1986). La sequenza di Met2p è simile al relativo omologo funzionale del fungo Ascobolus immersus (Goyon et al., 1988).

L'omocisteina è prodotta dalla reazione dell’enzima O-acetil-omoserina sulfidrilasi. In lievito, l’O-acetil-omoserina sulfidrilasi è stata purificata ed è legata a quattro molecole di fosfato piradossale (Yamagata, 1976; Yamagata and Takeshima, 1976).

La sequenza aminoacidica dell’enzima purificato è stata determinata e si è visto corrispondere a quella del prodotto del gene met25 (Kerjan et al., 1986; Yamagata,

(34)

1.3 Metabolismo dello Zolfo 1976). met25 è identico a met15 ed è stato identificato da Singh e Sherman quando hanno cercato isolati metilici mercurio-resistenti (Singh and Sherman, 1974a; 1974b). Come accade con i mutanti met2, le cellule mutanti met25 sono metil mercurio-resistenti, poiché accumulano solfuro di idrogeno, il quale può essere visualizzato sulle colonie tramite test colorimetrici (Cost and Boeke, 1996; Thomas et al., 1992). Met25p ha significative somiglianze di sequenza con la cistationina γ-sintasi e cistationina β-liasi di E. coli (codificati rispettivamente da metB e metC) e con la cistationina γ-liasi di S. cerevisiae e dei ratti. Tutti questi enzimi sembrano così appartenere ad una famiglia di proteine, i cui membri si sono evoluti da un enzima ancestrale comune (Cherest et al., 1973; Thomas and Surdin-Kerjan, 1997).

Biosintesi della Cisteina e Metionina.

L’interconversione da omocisteina a cisteina, con formazione dell’intermedio cistationina, è resa possibile dalle vie di transulfurazione. La conversione da cisteina ad omocisteina è l'unica via per i batteri enterici. Al contrario, le cellule dei mammiferi possiedono soltanto la via da omocisteina a cisteina. In S. cerevisiae, esistono entrambe le vie di transulfurazione e coinvolgono due differenti gruppi di enzimi. La presenza delle due vie attive di transulfurazione nello stesso organismo non è una caratteristica specifica del lievito poiché è presente anche in numerose specie di archeobatteri (Zhou and White, 1991).

(35)

1.3 Metabolismo dello Zolfo

Sintesi della Cisteina a partire da Omocisteina.

La sintesi di cisteina da omocisteina richiede due punti successivi, l'aggiunta β e l'eliminazione γ.

La Cistationina sintasi catalizza la prima reazione. In S. cerevisiae, la cistationina β-sintasi è codificata dal gene str4 (cys4) (Cherest and Surdin-Kerjan, 1992; Ono et al., 1992) e i relativi mutanti str4 (cys4) sono auxotrofi per la cisteina.

Questo requisito nutrizionale può essere soddisfatto tramite l'aggiunta di glutatione nel substrato di sviluppo, poiché tale composto è efficientemente idrolizzato in vivo, producendo cisteina (Cherest and Surdin-Kerjan, 1992; Cherest et al., 1993; Thomas and Surdin-Kerjan, 1997).

I due enzimi sono strettamente collegati, nei batteri enterici e nelle piante, ai geni che partecipano alla sintesi di cisteina (Cherest et al., 1993); tutte le relative proteine catalizzano reazioni di assemblaggio β. La cistationina β-sintasi dell’uomo può complementare con i mutanti str4 (Kruger and Cox, 1994; 1995).

La Cistationina γ-liasi catalizza la parte γ della cistationina, nel secondo punto della biosintesi di cisteina da omocisteina. In S. cerevisiae, la cistationina γ-liasi è codificata dal gene str1 (cys3), la cui mutazione porta ad una richiesta nutrizionale di cisteina o glutatione (Cherest and Surdin-Kerjan, 1992; Cherest et al., 1993).

Sintesi della Omocisteina a partire da Cisteina.

(36)

1.3 Metabolismo dello Zolfo successive reazioni della via di transulfurazione.

Questa via è completamente attiva in cellule di lievito, poiché isolati alterati nella via di assimilazione del solfato possono svilupparsi in presenza di cisteina. fonte di zolfo. È stato segnalato, in vitro, l’isolamento di un mutante str2, che non può usare la cisteina e che sembra avere attività di cistationina β-liasi (Cherest and Surdin-Kerjan, 1992).

Sintesi della Metionina e Origine del Gruppo Metilico della Metionina.

La sintesi di metionina, de novo, da omocisteina usa un gruppo metilico che proviene dal metabolismo del carbonio singolo (Jones and Fink, 1982). Derivati di tetraidrofolato trasferiscono gruppi di carbonio singolo a molecole recettori, a livelli di ossidazione di metanolo, formaldeide e formiato. I derivati del tetraidrofolato di carbonio singolo sono richiesti per la biosintesi di metionina, di nucleotidi (purina e timidina), così come per la sintesi mitocondriale di N-formil-metionina.

S. cerevisiae possiede due gruppi di enzimi di interconversione folici, uno situato nel citosol e l'altro nei mitocondri (Jones and Fink, 1982). Le mutazioni che alterano i punti del metabolismo del carbonio singolo, specificamente dedicati alla sintesi della metionina, per i quali si pensa che producano cellule auxotrofe per la metionina, le quali non si sviluppano in presenza di omocisteina o cisteina. Tali mutazioni sono state identificate

attraverso cinque gruppi di complementazione: MET6, MET7, MET13, MET23 e MET24

(Masselot and De Robichon-Szulmajster, 1975). Tuttavia, MET23 e MET24

(37)

1.3 Metabolismo dello Zolfo (Cherest). Poiché MET6 codifica per la metil transferasi di omocisteina, solo le mutazioni met7 e met13 possono probabilmente interessare il metabolismo del carbonio singolo (Thomas and Surdin-Kerjan, 1997; Jones and Fink, 1982).

Sintesi e Metabolismo di S-AdenosilMetionina (SAM o AdoMet).

Oltre che della sintesi della cisteina e metionina, la via dello zolfo, è responsabile anche della formazione di AdoMet, un costituente importante del metabolismo intermedio. Dopo la sua scoperta in 1951, l’AdoMet è stato suggerito come partecipante in tantissime reazioni ed è al secondo posto, dopo l’ATP, nel metabolismo cellulare, per la varietà di reazioni in cui agisce da cofattore (Cantoni, 1977).

La Metionina adenosil transferasi (AdoMet sintasi) catalizza la formazione di AdoMet a scapito della completa defosforilazione di una molecola di ATP, in presenza di ioni magnesio e potassio.

Il meccanismo di questa reazione è per molti aspetti insolito (Cantoni, 1977). L’enzima AdoMet sintasi di lievito è stato purificato e studiato, in passato, da numerosi gruppi (Chou and Talalay, 1972; Greene, 1969; Mudd, 1963). Tuttavia, soltanto nel 1977 è stata provata l'esistenza di due AdoMet sintasi in S. cerevisiae riconosciute da Chiang e Cantoni, i quali hanno indicato che la AdoMet sintetasi purificata può essere trovata in due forme attive (Chiang and Cantoni, 1977). La presenza delle due differenti AdoMet sintasi in S. cerevisiae è stata confermata attraverso l'identificazione dei geni codificati, sam1 e sam2 (Cherest et al., 1978).

(38)

1.3 Metabolismo dello Zolfo I prodotti dei geni sam1 e sam2 sono identici per il 92% (Thomas et al., 1988; Thomas and Surdin-Kerjan, 1987) e assomigliano all’AdoMet sintasi di E. coli, codificata dal gene metK (Markham et al., 1984).

L’AdoMet è utilizzato nelle reazioni che coinvolgono modificazioni chimiche estremamente differenti. Infatti, i tre leganti dell'atomo di zolfo sono energicamente equivalenti e possono essere trasferiti alle molecole del recettore, come postulato da Cantoni (1952). Il principale consumo di AdoMet risulta dalle reazioni di transmetilazione. Tutte le reazioni di transmetilazione che coinvolgono l’AdoMet producono S-adenosilomocisteina (AdoHC), oltre che il recettore metilato. In altri tipi di reazioni, il gruppo carbossiaminopropile dell’AdoMet può essere usato nella sintesi di nucleotidi modificati in rRNA, o, dopo la decarbossilazione di AdoMet, il gruppo aminopropile è usato nella sintesi di poliamine. In questi casi, la metiltioadenosina (MTA) è formata come sottoprodotto della reazione. Sia AdoHC, sia MTA possono essere convertiti di nuovo a metionina (Stoner and Eisenberg, 1975; Slany et al., 1993; Theologis, 1992).

Metabolismo del Glutatione e dei suoi S-derivati

Due enzimi costituiscono la via di biosintesi del glutatione nelle piante. Il primo enzima, la γ-glutammilcisteina sintetasi, catalizza la formazione di un legame peptidico tra il gruppo γ-carbossilico del glutammato e l’α-aminogruppo della cisteina. Il secondo enzima, la glutatione sintetasi catalizza la formazione di un legame peptidico tra il gruppo carbossilico della cisteina della γ-glutammilcisteina e l’α-aminogruppo della glicina. Ogni

(39)

1.3 Metabolismo dello Zolfo reazione prevede l’idrolisi di ATP. Entrambi gli enzimi sono localizzati nei plastidi e nel citosol, ma non nei mitocondri. La descrizione molecolare e biochimica degli enzimi e dei geni responsabili della sintesi di GSH e della riduzione a GSSG (γ-glutammilcisteina sintetasi, glutatione sintetasi e glutatione riduttasi) hanno permesso l'esame dei loro ruoli nel metabolismo e nella risposta agli stress ambientali dello zolfo.

La Glutatione S-transferasi (GST) catalizzano le reazioni del gruppo tio-alcool su GSH con una vasta gamma di tossine idrofobe ed elettrofile. I GSTs partecipano alle reazioni con cui Piante e Animali si difendono dalle tossine (Marrs, 1996; Commandeur et al., 1995). Il GST è stato inizialmente identificato per il ruolo nella disintossicazione da diserbanti e i trasportatori GS- coniugati del tipo ABC sono stati identificati nella membrana vacuolare (Lu et al., 1997; Rea et al., 1998; Leustek et al., 2000).

1.3.4. Vie di Salvataggio dello Zolfo

S. cerevisiae contiene parecchi sistemi enzimatici, che consentono il riciclaggio dei sottoprodotti del metabolismo dell’AdoMet. Queste vie di salvataggio potrebbero permettere l'alta utilizzazione dell’AdoMet mentre incorporano l'atomo di zolfo nelle relative forme ridotte.

Ciclo Metilico (Methyl Cycle)

Il Ciclo Metilico consiste nelle reazioni che riciclano AdoHC, il composto solforato formato durante le reazioni di transmetilazione. L'omocisteina, il precursore diretto della

(40)

1.3 Metabolismo dello Zolfo biosintesi di metionina, è costituita dall’idrolisi di AdoHC. Lo studio del ciclo metilico condotto da Duerre, ha dimostrato che una volta aggiunto AdoHC radioattivo (identificato nella parte di omocisteina) al mezzo di sviluppo degli isolati wild-type di S. cerevisiae, la fonte radioattiva è stata trovata nei compartimenti intracellulari sotto forma di omocisteina, cisteina, metionina e AdoMet (Duerre, 1968). L'attività del ciclo metilico è ulteriormente dimostrata dall'abilità di usare AdoMet, da parte di cellule wild-type, come sola fonte di zolfo. L’estratto cellulare sintetizza sia metionina, sia cisteina da AdoMet; la reazione è catalizzata dalla AdoMet sintasi ed è una reazione irreversibile. Nelle reazioni di transmetilazione, l’AdoHC è prodotto e degradato dalla AdoHC idrolasi, producendo adenosina e omocisteina (Knudsen and Yall, 1972). L'omocisteina può allora essere metabolizzata dalla sintesi della cisteina e metionina (Knudsen and Yall, 1972; Lupidi et al., 1992; Marmocchi et al., 1987). Tuttavia, la conversione di adenosina ad AMP tramite l’enzima adenosina chinasi partecipa a questo metabolismo (Cone et al., 1982; Knudsen et al., 1969; Iwashima et al., 1995; Mallet et al., 1995; Thomas and Surdin-Kerjan, 1997).

Ciclo di MetilTioAdenosina (MTA cycle).

Il Ciclo MTA, ricicla il MTA in metionina ed è realizzato con un processo biochimico elegante in cui la parte di ribosio del gruppo adenosil dell’MTA costituisce lo scheletro dei quattro atomi di carbonio della metionina, mentre conserva il gruppo metiltiolo. Le cellule di S. cerevisiae non possono normalmente assorbire MTA dal mezzo di sviluppo. Tuttavia,

(41)

1.3 Metabolismo dello Zolfo usando cellule mutanti in grado di trasportare questo nucleotide, è stato indicato che MTA può essere utilizzato come fonte sia di purina sia di metionina (Cone et al., 1982).

Recupero dell’N-Terminale della Metionina

Oltre alla relativa funzione come precursore di AdoMet, la metionina è un costituente di proteine. In tutte le cellule viventi, la sintesi delle proteine inizia con la metionina (nel citosol degli eucarioti) o con la formilmetionina (in procarioti, mitocondri e cloroplasti). Quando è usata formilmetionina, il gruppo formilico è successivamente rimosso da una deformilasi, rilasciando metionina. Di conseguenza, in entrambi i casi, i polipeptidi nascenti cominciano con un residuo di metionina, che può essere rimosso dalle amminopeptidasi. Questa reazione permette il recupero della metionina e quindi può essere considerata una via di salvataggio dello zolfo. La parte N-terminale della metionina è eliminata, in S. cerevisiae, se il penultimo residuo è piccolo e scarico (Moerschell et al., 1990). Inoltre, sono state caratterizzate due amminopeptidasi di metionina, una codificata da map1 e la seconda da map2.. Le cellule mutanti per la map1 o la map2 sono vitali ma mostrano un sviluppo molto lento. Il doppio mutante map1/map2 è letale (Li and Chang, 1995).

(42)

1.4 – Impiego dei mutanti auxotrofi e fusione dei protoplasti nei funghi

1.4. Impiego dei Mutanti Auxotrofi e fusione dei

protoplasti nei Funghi.

1.4.1. Mutanti auxotrofi

Nei funghi, i mutanti auxotrofi possono essere ottenuti attraverso mutagenesi indotta da agenti fisici o chimici. Come agenti mutageni fisici vengono utilizzati due tipi di radiazioni: ionizzante (raggi X o raggi gamma) o non (raggi UV), mentre quelli chimici appartengono a diverse classi di composti (tossici, Irritanti ecc.). Una volta ottenuti, i mutanti auxotrofi sono impiegati per la caratterizzazione fenotipica e per successivi approfondimenti sullo studio genetico molecolare.

La maggior parte dei mutanti auxotrofi è impiegata in diversi ambiti della ricerca: per lo studio del ciclo biologico di un elemento (tipo azoto, zolfo carbonio), mediante caratterizzazioni sui diversi substrati o per lo studio di gruppi di compatibilità vegetativa (VCG) e parasessualità dei funghi, mediante colture duali e caratterizzazioni fenotipiche della progenie o con la tecnica della fusione di protoplasti, osservazione della variabilità in assenza si ostacoli di tipo genico tra diversi organismi.

I mutanti auxotrofi con ridotte capacità di utilizzare il nitrato (nit) o il solfato (sul) si ottengono facilmente utilizzando substrati contenenti gli analoghi tossici di nitrato e solfato, rispettivamente clorato di potassio o selenato di sodio (Correll et al., 1987). Le mutazioni provocate dagli analoghi tossici interrompono la via metabolica dell’azoto o dello zolfo in

(43)

1.4 – Impiego dei mutanti auxotrofi e fusione dei protoplasti nei funghi punti diversi, che possono essere rilevati attraverso caratterizzazioni fenotipiche su diversi substrati contenenti varie fonti di azoto o zolfo. Ulteriormente confermate attraverso colture duali tra isolati compatibili portatori di differenti mutazioni su Mezzo Minimo, che se complementari daranno origine a un micelio eterocariotico caratterizzato da crescita lussureggiante (crescita prototrofica) (Vannacci and Cristani, 1998).

Attraverso saggi complementari (colture duali) è possibile inoltre identificare il gruppo di compatibilità vegetativa (VCGs) testando isolati “tester” (VCGs d’appartenenza noto) con isolati di cui si vuole conoscere il VCGs d’appartenenza. Nel caso di complementazione (crescita prototrofica) tra “tester” e isolato non ancora identificato, si conferisce il VCGs d’appartenenza di “tester”. La metodologia per il raggruppamento tra i diversi VCGs degli isolati non identificati è lunga e faticosa (Vannacci and Cristani, 1998).

1.4.2. Fusione di Protoplasti.

Nei funghi, la fusione dei protoplasti è una tecnica importante per gli studi della ricerca in campo di fisiologica e di genetica (Hanson and Charles, 2002). Tale tecnica è relativamente nuova, capace di indurre o promuovere la ricombinazione genetica in una grande varietà di cellule procariotiche ed eucariotiche (Bhojwani et al, 1977). Questo metodo è utilizzato per la produzione di ibridi interspecifici o intergenerici.

La fusione di protoplasti è un importante strumento di manipolazione genetica, poiché abbatte le barriere di scambio genetico, impostate dai sistemi convenzionali di

(44)

1.4 – Impiego dei mutanti auxotrofi e fusione dei protoplasti nei funghi accoppiamento o incompatibilità vegetativa. La fusione di protoplasti possiede grande potenzialità per l'analisi genetica e per i progetti di miglioramento sulle caratteristiche dell’isolato di partenza (Savitha et al., 2010). Questo metodo è inoltre particolarmente utile per l’industria di microrganismi (Murlidhar and Panda, 2000; Balasubramanian and Lalithakumari, 2008).

I protoplasti, cellule prive di parete cellulare. Da un punto di vista tecnico, due protoplasti isolati da cellule somatiche geneticamente differenti sono fusi per l’ottenimento di protoplasti ibridi parasessuali (cariogamia) (Sivan et al., 1990).

(45)

1.5 – Trichoderma spp.

1.5. Trichoderma spp.

Il genere Trichoderma fu proposto per la prima volta da Persoon nel 1794. Nel 1865 i fratelli Tulasne, illustrarono un legame tra Trichoderma viride e una fase sessuale di Hypocrea rufa, (genere Hypocrea decritto per la prima volta nel 1825, da Elias (Magnus) Fries (1825). Nel 1957 fu confermata definitivamente la relazione tra anamorfo (Trichoderma) e teleomorfo (Hypocrea), da Dingley (1957) e Rifai (Rifai and Webster, 1966; Webster and Rifai, 1968).

Fino al 1969 tutti gli isolati di Trichoderma appartenevano a “Trichoderma viride”, poiché Bisby (1939) sosteneva che il genere Trichoderma consisteva di una singola specie. Rifai (1969) riconobbe nove “specie aggregate” nel genere Trichoderma, basandosi su caratteristiche morfologiche, ammettendo che alcune di loro (in particolare Trichoderma hamatum) probabilmente contenevano due o più specie morfologicamente indistinguibili.

Dal 1984 fino a 1992, Bissett (1984; 1991a; 1991b; 1991c; 1992; Gams and Bissett, 1998) partendo e modificando il concetto di “specie aggregati” di Rifai, allargò i criteri morfologici in modo da includere l’ampia varietà morfologica di alcuni anamorfi apparteneti al genere Hypocrea e certe specie incluse nel genere Gliocladium. Bissett (1991a) stabilì inoltre una suddivisione del genere in cinque sezioni: Longibrachiatum, Pachybasium, Trichoderma, Saturnisporum e Hypocreanum (Druzhinina and Kubicek, 2005).

(46)

1.5 – Trichoderma spp. L’avvento di tecniche molecolari per le indagini sulla sistematica fungina ha spinto la ricerca a rivalutare la tassonomia morfologica del genere Trichoderma e Hypocrea. I laboratori pionieri della ricerca su Trichoderma di Samuels (Beltsville, MD, USA), Borner (Berlino, FRG) e Kubicek (Vienna, Australia), hanno utilizzato dati genetici per lo sviluppo tassonomico di Trichoderma e Hypocrea. I lavori più rilevanti sono stati la dimostrazione che il genere Gliocladium è parafiletico e racchiude almeno tre gruppi distinti e che G. virens è una specie di Trichoderma. Nel 1995, Rehner e Samuels hanno dimostrato che gli anamorfi derivano dai teleomorfi inclusi nelle diverse clade e che Trichoderma è filogeneticamente indistinguibile da Hypocrea. Kubicek et al. hanno studiato la filogenesi di Trichoderma utilizzando prima l’ITS e poi diversi geni.

Morfologia di Trichoderma

spp.

L’aspetto del micelio aereo della colonia è ialino ma può variare da disordinato, fioccoso, lanoso o aracnoide a secondo dell’isolato e del substrato di crescita. Certi isolati rilasciano nel substrato pigmenti di colore giallo, ambra, verde, rosso tenue o marrone chiaro. L’odore di cocco o canfora di varia intensità è una delle caratteristiche peculiari di certe sezioni di questo genere. (Cerchiai, 2005).

I conidiofori formano distinti anelli concentrici dalle tipiche sfumature verde, (raramente bianche, grigie o marroni) e sono prodotti in modo diffuso, a ciuffo o con formazione di pustole compatte. I conidiofori sono costituiti da assi principali che portano ramificazioni regolari, che a loro volta ramificano, diventano sempre più sottili e corti verso l’apice.

Figura

Tabella 1. Ceppi mutanti e selvaggi di Trichoderma virens utilizzati nel presente lavoro
Tabella 3. Caratterizzazione fenotipica su PDA e MM di mutanti di Trihoderma virens  Gruppi  Settore  Trichoderma  virens
Tabella 4. Regressione lineare dei mutanti di Trichoderma  virens
Tabella 5.  Osservazione della fluorescenza dei diversi mutanti “sul”.
+7

Riferimenti

Documenti correlati

Il ruolo strutturale dello ione Zn 2+ a livello del sito catalitico di LF, è stato in parte confermato dall’analisi degli spettri di dicroismo circolare nel vicino UV e degli

A questo scopo sono state costituite 5 linee mutanti di particolari geni contenenti una specifica mutazione inserzionale causata dal trasposone Mu, questa

Per la rilevazione dei mutanti resistenti abbiamo utilizzato il kit INNO-LiPA HBV DR della ditta Innogenetics che prevede l’ampli- ficazione nested dei domini B e C del gene della

In order to fi nd extreme events, we decided not to study the mean quantity of rain in a period, because it is possible to increase it having a small quantity of rain every

concentrazione 0,1-40 μM, dopo 48h di esposizione, 1%FBS. Come detto precedentemente i risultati ottenuti non trovano completo riscontro con quanto riportato ad oggi in

finché non sono stati considerati tutti gli elementi del vettore senza trovarne nessuno uguale a K perché sono tutti minori del valore cercato, se il vettore

rie realtà viticole italiane (tabella 1), attività di sperimentazione e ricerca con la collaborazione dei tecnici del- la società Isagro, volte a proteggere le piante da

L'operazione di calcolo della variazione di energia si compone essenzialmente di tre fasi: la prima fase consiste nella creazione della sequenza FASTA mutata, la seconda fase