• Non ci sono risultati.

Le riduzioni del capitale sociale nelle s.p.a e nelle s.r.l.: profili applicativi e notarili

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Le riduzioni del capitale sociale nelle s.p.a e nelle s.r.l.: profili applicativi e notarili"

Copied!
183
0
0

Testo completo

(1)

Premessa

Il presente lavoro persegue l’obiettivo di analizzare i principali profili applicativi e

notarili delle diverse fattispecie di riduzione del capitale e non può, perciò,

prescindere da un preliminare approfondimento della nozione di capitale sociale,

configurandosi, lo stesso, come presupposto indefettibile per la compiuta

comprensione delle operazioni che su di esso possono essere compiute, tra cui si

annovera, per l’appunto, la riduzione.

È per questo che il primo capitolo è incentrato principalmente sull’analisi di

questo istituto che, almeno tradizionalmente, costituisce il “centro di gravità”

delle società di capitali: dopo aver chiarito che, dei molteplici significati che

l’espressione capitale può assumere, deve essere accolto, in questa sede, quello

riferito al capitale sociale (nominale), inquadrabile sia come fatto, in una

prospettiva statica, che come regola, in una prospettiva dinamica, si è colta

l’occasione per fare un cenno alle funzioni che, nel tempo, la dottrina gli ha

progressivamente assegnato, evidenziandosi l’indebolimento subìto dalle stesse

nell’attuale contesto legislativo e dottrinario, recentemente innovato.

Si è, quindi, parlato di «crisi dell’istituto», propugnata dalla dottrina e solo

parzialmente recepita dal legislatore italiano, che, muovendosi sempre sulla scorta

del dettato contenuto nella direttiva 2017/1132/UE, pare aver assunto una

soluzione diversificata a seconda che ci si riferisca a una s.p.a. chiusa o a società

aperte al mercato del capitale di rischio o alle s.r.l., a imitazione delle scelte

adottate negli altri ordinamenti europei.

Sussistono, a questo punto, i presupposti per potersi dedicare a quelle operazioni

di modifica del capitale, riassunte con l’espressione «riduzioni di capitale

sociale», accomunate dal fatto di essere attuate mediante l’indicazione di una cifra

(di capitale) inferiore a quella esposta nell’atto costitutivo, sulla base di una

decisione dei soci in assemblea e tramite un verbale redatto da notaio, il cui

contributo è fondamentale sia nella definizione delle formalità da rispettare, sia

nell’individuazione delle corrette modalità di attuazione della delibera, visti i

significativi poteri di controllo che è chiamato ad esercitare e la conseguente

ingente responsabilità che inevitabilmente grava su di esso.

(2)

In particolare, il secondo capitolo descrive l’iter procedimentale della riduzione

cd. reale di capitale, alla luce dell’importante innovazione apportata dal legislatore

della riforma, con cui si è introdotta la possibilità di determinare un

“impoverimento” della società, pari all’importo di capitale ridotto,

indipendentemente dall’integrazione del presupposto dell’esuberanza di capitale,

cui era indefettibilmente ancorata questo tipo di operazione prima della riforma,

ravvisandosi pur sempre l’esigenza di garantire un’adeguata tutela e ai soci di

minoranza e ai creditori sociali.

Si è poi fatta menzione delle altre fattispecie di riduzioni “non per perdite”,

tassativamente previste dal legislatore, quali la riduzione del capitale conseguente

al procedimento di revisione dei conferimenti in natura, la riduzione del capitale

per morosità e, infine, la riduzione in conseguenza del recesso del socio, le cui

regole applicabili devono essere desunte dagli artt. 2445, 2482 c.c. o dagli artt.

2446, 2482 bis c.c., a seconda che siano qualificate come riduzioni effettive o

nominali.

Il terzo capitolo approfondisce, invece, la riduzione per perdite, la cui disciplina

assume un tenore di sempre maggior gravità, man mano che il rischio di dissesto

sociale prodotto dallo squilibrio patrimoniale si faccia più attuale, come si ricava

da una compiuta analisi degli artt. 2446, 2482 bis c.c. e 2447, 2482 ter c.c..

Imprescindibile è, infine, un cenno all’attuale tema della derogabilità delle norme

sulla riduzione di capitale, che offre lo spunto per proporre una lettura evolutiva

delle norme giuridiche in esame quale soluzione alle numerose questioni

interpretative che sono state sollevate nell’analisi proposta, proprio nell’ottica di

garantire un costante adeguamento del dettato legislativo ai mutevoli contesti che

si delineano nella realtà.

(3)

CAPITOLO 1: Il capitale sociale, il patrimonio netto e gli interessi sottostanti

l’operazione di riduzione

SOMMARIO:

1.

Profili introduttivi. – 2. Nozione di capitale sociale. – 2.1.

Disciplina normativa. - 2.1.1. Limite minimo: presidio a tutela dei creditori sociali

o scelta tipologica?. - 2.1.2. Crisi dell’istituto?. - 3. Che cos’è il patrimonio netto.

- 4. I bilanci ordinari e straordinari. - 5. Interessi coinvolti nelle operazioni di

riduzione

1. Profili introduttivi

Il capitale sociale costituisce il filo conduttore delle diverse fattispecie di

riduzione, accomunate proprio dal dato della modifica del capitale, nel senso di

una diminuzione (reale o nominale) del suo importo. In termini sintetici e

approssimativi possiamo, infatti, definire la riduzione di capitale come

«diminuzione dell’ammontare del capitale» della società

1

.

Appare dunque inevitabile prendere le mosse da un’attenta analisi di questo

istituto, che tradizionalmente costituisce l’elemento intorno al quale ruota tutta

l'organizzazione delle società di capitali: per la loro costituzione si richiede, infatti,

che il capitale sociale sia interamente sottoscritto e in parte anche versato

2

, per il

1 NOBILI-SPOLIDORO, La riduzione di capitale, in Trattato delle società per azioni, diretto da

Colombo E Portale, V I, 1, Utet, Torino 1993, p. 197, evidenziano l’uso promiscuo del termine «capitale» nelle norme in tema di riduzione del capitale: nonostante, infatti, il riferimento sia al capitale sociale, talvolta il legislatore lo riconduce alla quota del patrimonio netto imputabile a copertura delle perdite: così è negli artt. 2446 («Quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo») e 2447 («Se per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito dall’articolo 2327»), i quali devono essere intesi nel senso che, rispettivamente, il patrimonio della società sia divenuto inferiore al capitale sociale per oltre un terzo di questo (art. 2446) e abbia un valore inferiore al minimo legale (art. 2447).

2 L’art. 2329, n. 1 c.c. prevede, infatti, quale “condizione” per la costituzione di una s.p.a.

l’integrale «sottoscrizione» del capitale, il che significa che i soci devono aver assunto, con le dichiarazioni di sottoscrizione, l’impegno di effettuare i conferimenti in misura pari alla cifra che si intende raggiungere quale capitale, impedendo così alla società di prevedere nello statuto un capitale per una somma superiore a quella espressa dalle sottoscrizioni. Questo impegno assunto dai soci va assolto talvolta immediatamente e integralmente (conferimento dell’unico azionista o dell’unico quotista; conferimento di beni diversi dal denaro), talaltra

(4)

loro funzionamento è necessario che sia mantenuto un certo rapporto tra capitale e

patrimonio effettivo della società, diversamente da quanto accade nei sistemi di

common law, in cui l’attenzione è incentrata piuttosto sul concetto di oggetto

sociale, al punto che per la creazione della società non si richiede che il capitale

previsto sia effettivamente versato e nemmeno che esista in forma di obbligazioni

dei sottoscrittori nei confronti della società

3

.

Bisogna, però, sin da subito segnalare che, per effetto della rigogliosa produzione

legislativa che negli ultimi tempi ha inciso la materia, pare essersi fatto strada un

trend che mira al superamento del sistema tradizionale del capitale sociale

4

.

2. Nozione di capitale sociale

Il codice civile non fornisce una definizione di “capitale”: per questo motivo, il

lemma assume una forte polivalenza nel diritto delle società

5

: talvolta è

metaforicamente inteso come rapporto sociale

6

, altre volte come provvista primaria

solo parzialmente in prima battuta (se il conferimento è in denaro deve essere immediatamente versato il 25% del complessivo importo sottoscritto), mentre la restante parte sarà richiesta dagli amministratori successivamente, nel momento in cui l’esigenza della società divenga attuale.

3 PORTALE, Società a responsabilità limitata senza capitale sociale e imprenditore individuale

con capitale destinato (Capitale sociale quo vadis?), in Riv. Soc., 2010, p. 1239, definisce, infatti, con l’aggettivo «lasca» la disciplina cui sono assoggettate le Private Liability

Companies, sul piano della formazione e della tutela dell’integrità del capitale.

4BRIOLINI, Capitale sociale e metamorfosi della tutela dei creditori nel diritto societario più

recente, in BBTC, 2016, p. 144 s., espone che le critiche che da decenni attanagliano il capitale

sociale, sintetizzate nella formula «l’istituto del capitale nominale… è sempre più screditato», non sono rimaste “lettera morta” nelle pagine delle Riviste, ma hanno acquisito rilevanza a livello legislativo, essendosi tradotte in una serie di previsioni normative che effettivamente hanno indebolito l’istituto in esame [riduzione dell’importo minimo di capitale che deve essere sottoscritto per la valida costituzione della società; introduzione della facoltà di costituire una società (s.r.l. o s.r.l.s.) con capitale sociale meramente simbolico, pari ad 1 euro; disciplina fortemente “premiante” per le start up e le PMI innovative cui è concessa la possibilità si sospendere la riduzione, quale provvedimento necessario in presenza di perduranti perdite rilevanti, per la durata di due esercizi sociali, anziché di uno, e così via); nello stesso senso si esprime GINEVRA, Il capitale sociale nel XX secolo. Crisi e critica di un istituto, in Il nuovo capitale sociale, a cura di Capelli-Patriarca, in Quaderni di banca, borsa e titoli di credito, 2016, p. 15 ss.;

5SPADA, Un numero che detta regole. Ovvero il ruolo del capitale sociale nel diritto azionario

italiano, in Riv. not., 2014, p. 438 ss.

6 Così è nell’art. 2329 c.c. dove si utilizza la locuzione «sottoscrizione di capitale sociale», così

anche nell’art 2367 c.c. con riferimento all’aliquota che legittima la richiesta di convocazione dell’assemblea da parte degli azionisti.

(5)

di rischio funzionale ad operazioni di investimento e di finanziamento

7

; poi ancora

come insieme dei mezzi propri investiti nell’impresa, il cui valore si conosce

sottraendo dall’ammontare dell’attivo la somma delle passività

8

e, infine, come

grandezza pecuniaria prescelta dall’atto costitutivo di una società (capitale sociale

nominale). Evidenziato l’uso promiscuo del termine capitale, bisogna specificare

che la disciplina delle modifiche del capitale presuppone il riferimento al capitale

sociale nominale, ossia quella cifra, iscritta in bilancio tra le poste del passivo

9

, che

indica la somma dei valori attribuiti ai conferimenti effettuati dai soci ed è

tendenzialmente fissa.

La sua qualificazione in termini di sommatoria del valore in denaro dei

conferimenti

10

, come valutati nell’atto costitutivo della società, induce a

configurarlo, in una prospettiva statica, come informazione che la società fornisce

al pubblico circa la misura degli apporti di capitale di rischio. Da quest’angolo

visuale, la cifra del capitale sociale esprime, cioè, un dato storico, un fatto, prima

ancora che una regola. Detta cifra si ottiene sommando i valori nominali attribuiti

agli apporti conferiti dai soci «per l’esercizio in comune di un’attività economica»

in sede di costituzione della società

11

. Si ricava, così, una grandezza pecuniaria

fissata nello statuto

12

che rimane invariata, quali che siano i mutamenti del

patrimonio della società. Per mutarla occorre una deliberazione assembleare

7 In questo senso la parola compare nell’art 2325 bis c.c.: società che fanno ricorso al mercato

del capitale di rischio (società con azioni quotate sul mercato regolamentato o con azioni diffuse tra il pubblico).

8TETI, Il capitale nominale e l’ordinamento delle società azionarie, Napoli, 1986, p. 17, utilizza

l’espressione di “capitale netto”, altrimenti denominato “capitale proprio”; così anche TANTINI, Le modificazioni dell’atto costitutivo nelle società per azioni, Cedam, Padova, 1973, p 230 s.

9 La voce iscritta al passivo è il valore nominale del capitale sottoscritto dai soci (art 2424

c.c.), mentre la parte di capitale (sottoscritto) non ancora versato è iscritta all’attivo con la voce «crediti verso soci per versamenti ancora dovuti».

10 PORTALE, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzate, in Trattato delle s.p.a.,

diretto da Colombo-Portale, 1**, Torino, 2004, p. 6 ss., precisa correttamente che il rapporto tra la cifra del capitale nominale e il valore degli apporti dei soci è solo di “possibile coincidenza”, perché, ad esempio, nel caso di conferimento in natura, si tollera un margine (fissato dalla legge) di minusvalenza dei beni apportati.

11 Il capitale è ciò che la società riceve in sede di raccolta di risorse finanziarie, che interviene

in occasione della creazione di azioni o quote. Sull’essenzialità del capitale, nel senso di riferibilità ai soci della relativa contribuzione, si sono pronunciati molti autori: CAMPOBASSO,

Diritto commerciale, 2, Diritto delle società9, Torino, 2015, p. 180, nt. 77; FERRI jr,

Investimento e conferimento, Milano, 2011, p. 227 ; GINEVRA, Conferimenti e formazione del

capitale sociale nella costituzione della s.r.l., in Riv. soc., 2007, p. 110 ss..

(6)

modificativa dell’atto costitutivo, compiendosi un’operazione sul capitale, in

aumento o in riduzione.

A questo punto, si impone una precisazione necessaria per distinguere la nozione

di capitale finora descritto da quella di “capitale reale”, inteso come entità dei

mezzi contrattualmente destinati a restare stabilmente investiti nell’impresa

sociale, inizialmente coincidente con il patrimonio della società e successivamente

identificato in una frazione ideale di patrimonio non distribuibile ai soci

13

. Ciò a

riprova del fatto che il capitale sociale (nominale) non rappresenta un complesso di

beni, ma soltanto la contropartita nominale del valore attribuito in bilancio ai beni

costituenti il capitale reale appunto

14

.

C’è, poi, un’altra prospettiva, dinamica e operativa, da cui l’istituto del capitale

merita di essere approfondito: in esso si ravvisa così una serie di regole che

riguardano, in particolare, la relativa formazione, la sua conservazione durante la

vita della società e il rimborso in sede di liquidazione

15

. Apostrofandosi il capitale

sociale come regola, ne viene in rilievo il carattere della stabilità. L’artifizio

tecnico-contabile cui è ricorso il legislatore, iscrivendo questa voce al passivo

16

, si

spiega, infatti, proprio con l’esigenza di imporre un vincolo d’indisponibilità su

una porzione del patrimonio sociale

17

, che si esprime come un vincolo teorico

13 Così PORTALE, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzate, cit., p. 12.

14 Ciò è correttamente sostenuto da TETI, Il capitale nominale, cit., p. 22; ma si veda già

VIVANTE, Trattato di diritto commerciale, II, Le società, Milano, 1923, p. 193, il quale riferisce al capitale nominale un’esistenza di diritto e non di fatto e, nell’attribuire rilevanza centrale all’istituto, assegna ad esso la funzione di “moderatore legale e contabile della vita sociale”, utilizzando una nota metafora: rispetto al patrimonio, il capitale nominale assume «la funzione di recipiente destinato a misurare il grano, che ora supera la misura ed ora non giunge a colmarla».

15 Secondo FORTUNATO, Capitale e bilanci nelle spa, in Riv. soc., 1991, p. 125 ss, a p. 136,

sarebbe addirittura “infeconda” la nozione giuridica di capitale sociale, proprio perché coincidente con una disciplina.

16 Osserva FORTUNATO, op. cit., p. 165, che il capitale si distingue rispetto alle altre voci del

passivo in quanto non è una passività reale: esso, infatti, è iscritto al passivo dello stato patrimoniale non quale vero e proprio debito nei confronti dei soci, ma per impedire che ad essi venga restituito. L’idea che il capitale debba essere iscritto al passivo perché rappresenta un credito che i soci vantano nei confronti della società è una tesi molto risalente (SIMONETTO, Concetto e composizione del capitale sociale, in Riv. dir. civ., 1956, p. 56,

ripresa anche da FERRI, Manuale di diritto commerciale5, Torino 1980, p. [•]), criticata sin da

subito dalla dottrina dominante (per tutti COLOMBO, Il bilancio di esercizio delle società per azioni, Padova, 1965, p. 167 ss; ma già DE GREGORIO, I bilanci delle società anonime nella loro

disciplina giuridica, Milano, 1939, p. 399 ss).

17GINEVRA, Il capitale sociale e i conferimenti, in Diritto commerciale, a cura di Cian, II ed.,

Torino, 2017, p. 237, riconduce tale vincolo d’indisponibilità alla regola di “fissità del capitale sociale”, consistente nella sua tendenziale invariabilità nel tempo. Essa è, a sua volta,

(7)

dell’impresa “verso sé stessa” a non distrarre il capitale dall’attività per mantenere

nel ciclo produttivo una quantità di risorse pari alla cifra del capitale stesso;

vincolo che si manifesta concretamente in due modi:

1. nella previsione secondo cui la restituzione dei conferimenti ai soci, ovvero la

loro liberazione dall’obbligo di eseguirli, provocando una riduzione “reale” del

capitale sociale, non può avvenire liberamente, ma è vincolata al rispetto delle

condizioni dettate dal legislatore, a garanzia di un “contraddittorio” instaurabile

dai creditori (art. 2445, co. 3 e 4, c.c. per le s.p.a.; art. 2482, co. 2 e 3, c.c. per le

s.r.l.)

18

;

2. nel divieto di ripartizione degli utili in caso di perdita del capitale sociale, «fino

a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente» (art. 2433,

co. 3, c.c. per le s.p.a. e art. 2478 bis, co. 5, c.c. per le s.r.l.)

19

.

Alla luce di questo complesso di norme taluni hanno proposto una «concezione

nominalistica» del capitale

20

, che comporta una sua definizione in termini di

concetto normativo; il capitale sarebbe, cioè, espressione di una particolare

disciplina il cui nucleo essenziale è costituito dal vincolo di indistribuibilità di

aliquote ideali dell’attivo

21

. Ciò sarebbe confermato dai principi di integrità ed

conseguenza del principio di stabilità, che si esprime nella regola di costante auto destinazione all’attività di mezzi per un importo almeno pari alla cifra risultante dalla somma delle sottoscrizioni originarie.

18 L’analisi approfondita della disciplina di cui agli artt. 2445 e 2482 c.c. sarà effettuata nel

capitolo II.

19 Sul punto vedi MIOLA, La tutela dei creditori e il capitale sociale, in Riv. Soc., 2012, p. 294;

GINEVRA, Il capitale sociale nel XX secolo, cit., p. 24, il quale spiega che da questa prescrizione deriva un obbligo per gli amministratori di fare in modo che la parte di netto corrispondente al capitale sia sempre mantenuta al livello originario o, se erosa, ricostituita, così da consentire ai creditori che decidano di entrare in rapporto con la società di conoscere la misura di investimento stabilmente destinata a gravare sui soci.

20 Così, FORTUNATO, Capitale e bilancio nelle s.p.a., cit., p. 134 ss; nonché FENGHI, La riduzione

del capitale, Milano, 1974, p. 33.

21 COLOMBO, Il bilancio di esercizio, in Trattato delle società per azioni, diretto da

Colombo-Portale, VII, Torino, 1994, p. 364, definisce il capitale nominale quale “vincolo di non distribuibilità di una corrispondente quota o parte del valore di bilancio dell’attivo sociale”; così anche MARASÀ, Le società. Società in generale, in Trattato di diritto privato, a cura di Iudica e Zatti, Milano, 2000, p. 163: “il capitale sociale nominale esprime in termini monetari l’ammontare del patrimonio sociale che i soci intendono vincolare allo svolgimento dell’attività sociale e di cui, pertanto, non possono riappropriarsi, sotto forma di distribuzione degli utili, se non previa modifica del contratto”. GIANNELLI, Disciplina del capitale, organizzazione del patrimonio, “corretto” finanziamento della società e tutela dei creditori, in Società, banche e crisi di impresa. Liber Amicorum Pietro Abbadessa, diretto da M.

Campobasso, V. Cariello, V. Di Cataldo, F. Guerrera, A. Sciarrone Alibrandi, Torino, 2014, 1, p. 482, secondo cui il capitale realizza la «funzione di predeterminare l’investimento programmato complessivo dei soci».

(8)

effettività

22

del capitale sociale, preposti proprio a segnalare l’esistenza di quel

sistema di norme dirette alla salvaguardia del vincolo di indistribuibilità e i limiti

di tale salvaguardia. Altri hanno posto l’accento sulla valenza organizzativa del

capitale nominale, costituendo esso un vincolo per i comportamenti economici

della società

23

e, soprattutto, per quanto attiene ai suoi rapporti con i soci

24

.

La risalente visione in chiave prettamente garantistica del capitale sociale

25

non è

in alcun modo condivisibile, sconfessata, com’è, dalla presenza di un capitale

22 L’integrità esprime l’esigenza di garantire il rispetto del vincolo di indistribuibilità in

presenza di eventuali lesioni del capitale sociale, mediante strumenti di salvaguardia previsti dal legislatore (si pensi al divieto di sottoscrizione reciproca di azioni, operazioni sule azioni proprie, etc. Per un approfondimento cfr. TETI, op. cit., p. 44 ss.). L’effettività, invece, funge da

anello di collegamento tra il capitale nominale e il capitale reale, nella ricerca di una, quanto meno tendenziale, corrispondenza tra i due (ci si riferisce, ad esempio, all’art. 2342, co. 3, ult. parte, c.c., in cui si legge che «le azioni corrispondenti a conferimenti di beni in natura e di crediti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione», e all’art. 2342, co. 5, c.c. secondo cui «non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni di opera o di servizio»).

23 In quest’accezione la valenza organizzativa del capitale si coglie nel fatto che, costituendo il

termine di riferimento per accertare periodicamente se la società abbia conseguito utili o subìto perdite, finisce per orientare le decisioni economiche che la società può assumere (CAMPOBASSO, Diritto commerciale, II, Diritto delle società, cit., p. 7 s).

24 SCIUTO-SPADA, Il tipo delle società per azioni, in Trattato delle società per azioni, diretto da

Portale-Abbadessa, 1, Torino, 2004, p. 32, per i quali il capitale sociale funge, cioè, da base di misurazione delle diverse posizioni assunte dai soci sul piano amministrativo (diritto di voto) e sul piano patrimoniale (diritto agli utili e alla quota di liquidazione). Tali diritti spettano, infatti, a ciascun socio in misura proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritto. Se questa è la regola di default, non si può prescindere dalle prescrizioni codicistiche derogatorie (artt. 2346, co. 3, e art. 2468, co. 3, c.c.), che consentono di “scollegare” i poteri dei soci da qualsiasi rapporto con il capitale sociale, prevedendo, rispettivamente, la possibilità di determinare le partecipazioni dei soci in misura non proporzionale al conferimento e di attribuire ai singoli soci particolari diritti patrimoniali e/o amministrativi. In questo senso FERRI JR, Struttura finanziaria dell’impresa e funzioni del capitale sociale, in Riv. Not., 2008, p. 758, considera l’aspetto organizzativo nella chiave

riduttiva di una «tecnica della quale ci si limita a descrivere il funzionamento» più che di una funzione diretta esplicata dal capitale sociale.

25 SIMONETTO,Responsabilità e garanzia nel diritto delle società, Cedam, Padova, 1959, p. 33

ss., sosteneva che i conferimenti assolvessero alla funzione di costituire un “fondo di garanzia” come corrispettivo del beneficio della responsabilità limitata e come rimedio alla mancanza di soggetti che rispondano personalmente nei confronti dei creditori sociali. Da ciò si ricavava che fossero conferibili soltanto “beni iscrivibili in bilancio e suscettibili di espropriazione forzata da parte dei creditori”. In questa direzione pare orientarsi, in tempi più recenti, anche OLIVIERI, Quel che resta del capitale nelle s.p.a. chiuse, in Riv. Soc., 2016, p.

155, ad avviso del quale la principale funzione del «sistema del netto» sia quella di impedire la traslazione del rischio d’impresa sui creditori sociali, «imponendo l’arresto della società quando il cuscinetto di sicurezza costituito dal capitale si assottiglia fino a livelli inferiori al limite di legge» e determinando, in questo modo, la cessazione della perdita prima che questa intacchi la copertura dei debiti. Questa affermazione è, però, smentita dai fatti, giacché «i tempi dell’obbligo di riduzione sono alquanto rilassati. Basti pensare che in relazione a una perdita rilevante emergente nel febbraio 2000, la riduzione del capitale diviene obbligatoria solo nella primavera del 2002 (in occasione dell’approvazione del

(9)

fissato in misura meramente simbolica; a tale ricostruzione si obietta giustamente

che «anche quando i conferimenti siano rappresentati esclusivamente da somme di

denaro, queste somme sono destinate non a rimanere inerti, ma ad essere investite

nei modi più svariati e a trasformarsi» in beni diversi, per cui i creditori sociali

potrebbero non trovare nel patrimonio della società beni che siano effettivamente

da loro aggredibili

26

. Si deve, perciò, approdare alla constatazione per cui la

funzione di garanzia sia assolta non dal capitale in sé, ma dall’intero patrimonio

della società

27

.

Secondo la dottrina più accreditata, infine, la ragione di tale sistema di norme

dovrebbe ricondursi a una funzione eminentemente produttiva

28

, in quanto intesa

al raggiungimento di uno stabile e corretto equilibrio economico-finanziario in

vista della produzione del risultato sperato; in questo senso al capitale nominale si

assegna il compito di assicurare il mantenimento dell’impiego dei mezzi

utilizzati

29

per l’esercizio dell’impresa. La destinazione produttiva del capitale

bilancio dell’esercizio successivo)»: così PRESTI-RESCIGNO, Corso di diritto commerciale, 2,

Milano, 2017, p. 307.

26 FERRI, Le società, Torino, 1987, p. 428.

27FERRI JR, Struttura finanziaria dell’impresa, cit., p. 750. Va rilevato che in generale con il

recepimento nel nostro ordinamento dei principi IAS/IFRS si è inevitabilmente «annacquata la funzione di garanzia», dal momento in cui si includono nel netto beni immateriali, superandosi il momento in cui il «buon vecchio capitale [era] coperto da beni tendenzialmente materiali, valutati con criteri prudenziali»: così BUSI,Riduzione del capitale nelle s.p.a e nelle s.r.l., Milano, 2010, p. 8.

28 La teoria della funzione produttivistica del capitale è stata compiutamente elaborata da

PORTALE, Capitale sociale e conferimenti nelle società per azioni, cit., p. 33 ss.; ID, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzate, in Riv. Soc. 1991, p. 19 e nt. 33 («il capitale

sociale – risultando tipicamente costituito dagli apporti degli azionisti - non può essere concepito come fondo di garanzia, ma piuttosto come un complesso di valori predisposto dai soci per l’esercizio di quell’attività comune che l’art. 2247 considera strumentale per la produzione dell’utile». In questo senso il capitale è uno “strumento produttivo” ed ha una “funzione produttiva”), ed è stata accolta dalla maggioranza degli autori: DI SABATO, Diritto

delle società3, Milano, 2011, p. 218; CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 2, cit., p. 183, nt. 82;

FERRARA JR-CORSI, Gli imprenditori e le società, Milano, 2006, p. 245; GINEVRA, Conferimenti e formazione del capitale sociale nella costituzione della s.r.l., cit., p. 128 ss.

29 Secondo COLOMBO, Principi contabili internazionali, capitale e patrimonio netto, in La società

per azioni oggi, tomo I, Milano, 2007, p. 108, il sistema del capitale impone che nella società

restino investite risorse sufficienti ad assicurarne la capacità di produttore di reddito; pertanto, si rinviene un nesso tra capitale sociale e redditività della società in quanto il primo consiste in un vincolo persistente del patrimonio all’attività produttiva. SPOLIDORO, Capitale

sociale e conferimenti nelle società per azioni, cit., p. 211, nel trattare la distinzione teorica tra

capitale fisso e patrimonio netto variabile, rimanda alla funzione vincolistica del capitale, in virtù della quale «il capitale fisso (nominale) determina il valore dei mezzi stabilmente assegnati alla società».

(10)

sociale consente di inquadrarlo in un’ottica di garanzia indiretta

30

verso i creditori

sociali, ricavabile dai meccanismi interni all’organizzazione sociale, indirizzati alla

conservazione del vincolo di destinazione del capitale: in virtù delle regole sul

capitale si assicura che una certa aliquota del patrimonio sociale sia vincolata alla

produzione dell’impresa. Tutte le concezioni finora esposte non si pongono tra loro

in rapporto di alternatività, perché così «come esistono del capitale diversi

significati e precetti, differenti devono pure ritenersi i ruoli che “il capitale sociale”

persegue e gioca»

31

: alla funzione vincolistica

32

, che si esprime nella regola di

fissità del capitale, alla cui base può ravvisarsi un’esigenza di natura

produttivistica

33

, si deve, infatti, connettere una forma di garanzia, seppur intesa in

maniera indiretta e atecnica; la regola del minimo legale, invece, lungi dall’essere

associata a precetto dettato in chiave “produttivistica” o preposto alla tutela dei

creditori, assolve piuttosto una funzione di natura squisitamente “tipologica”. Le

regole sul ruolo strutturale del capitale nominale fanno poi emergere il ruolo

organizzativo tradizionalmente ad esso riferito

34

, oltre che la sua valenza

30 DI SABATO, Capitale sociale e responsabilità interna nelle società di persone, Napoli, 1967, p.

151 ss; FORTUNATO, Capitale e bilanci nella s.p.a., cit. p. 121 ss; GINEVRA, La formazione del capitale sociale, nella costituzione e nell’aumento di capitale delle s.p.a., I, Bergamo, 2011, p 34

s., il quale parla di “moderna visione produttivistica del sistema del capitale sociale”; ID., Il capitale sociale e i conferimenti, cit., p. 238, afferma che si può parlare di garanzia indiretta

assolta dal capitale soltanto in maniera atecnica, nel senso che i creditori sarebbero garantiti da un sistema di norme preposto al raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario dell’impresa più che da meccanismi che non prevedano analoghe cautele, anche se negli ultimi anni è stato messo in discussione il fatto che il sistema ideale per il raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario sia proprio quello del capitale sociale (MIOLA, Il sistema

del capitale sociale e le prospettive di riforma nel diritto europeo delle società di capitali, in Riv. Soc., 2005, p. 1199 ss.; ENRIQUES-MACEY, Raccolta di capitale di rischio e tutela dei creditori: una critica radicale alle regole europee sul capitale sociale, in Riv. Soc., 2002, p. 78 ss.).

31 GINEVRA, Il capitale sociale nel XX secolo, cit., p. 17.

32 CAMPOBASSO, Manuale di diritto commerciale7, Utet, 2017, p. 114, definisce la funzione

vincolistica in termini di divieto di distrarre dalla società per tutta la sua durata risorse pari all’ammontare del capitale sociale fissato nello statuto (es. «capitale sociale 100 sta ad indicare che i soci si sono impegnati a mantenere in società attività per 100»).

33 GINEVRA, Il capitale sociale e i conferimenti, cit., p. 237, afferma, infatti, che il regime di

fissità del capitale è preposto a fare in modo che una quota delle risorse aziendali rimanga sempre vincolata alla produzione e non sia arbitrariamente distratta e consente, inoltre, di dosare gli impegni finanziari che la società può assumere con i terzi, i quali valuteranno l’opportunità di farle credito non solo sulla base della sua capacità di indebitamento, ma anche della sua “capitalizzazione”. In questo senso si dice che il “sistema del capitale fisso” mira a far ottenere alla società una migliore produttività.

34 PORTALE, Dal capitale sociale «congruo» al capitale sociale «zero» nelle società di capitali, in

AA. VV., Il nuovo capitale sociale, in Quaderni di banca, borsa e titoli di credito, a cura di Capelli-Patriarca, Giuffrè, Milano, 2016, p. 3, riconosce giustamente che la valenza organizzativa del capitale, sotto il profilo corporativo, è oggi messa a dura prova dalle

(11)

normativa

35

; ultima, ma non per grado di importanza, è la funzione segnaletica che

la cifra del capitale nominale, quale risultante dallo statuto, assolve nei confronti

degli outsiders (soci e creditori esterni, potenziali investitori e finanziatori),

colmando quelle asimmetrie informative caratterizzanti il diverso sistema della

libera contrattazione

36

: tutte funzioni, queste, significativamente indebolite sul

piano sostanziale, se riferite al contesto societario attuale, recentemente innovato

37

.

Non si può, quindi, pretendere di ricondurre il sistema del capitale sociale

all’adempimento di un’unica funzione, inquadrando queste ultime in un rigido

rapporto di alternatività, quanto piuttosto riconoscere che esso assolve una

molteplicità di funzioni, che sono però destinate a perdere l’originaria consistenza

se si continua a battere il terreno del superamento del relativo sistema anche a

livello normativo.

numerose innovazioni proposte negli ultimi tempi, quali, ad es., l’introduzione delle azioni di risparmio, delle azioni senza voto, di quelle a voto multiplo, a voto condizionato o scalare, oltre che degli strumenti finanziari partecipativi con attribuzione del diritto di voto.

35 Cioè volta alle regole della posizione dei soci quali destinatari esclusivi del patrimonio

netto: PACIELLO, La funzione normativa del capitale nominale, in Riv. Soc., 2010, p. 15.

36 SPOLIDORO, Capitale sociale, in Enciclopedia del diritto, IV aggiornamento, Milano, 2000, p.

195: il capitale informa i creditori sulla serietà e sulla misura dell'impegno dei soci (come tali) nella società; nello stesso senso attraverso le sue vicende (aumenti e riduzioni) e grazie alla pubblicità che a tali vicende occorre dare, esso fornisce una prima informazione sommaria (completata analiticamente dai bilanci) sulla consistenza patrimoniale e sull'andamento gestionale della società; esso inoltre consente di valutare l'equilibrio finanziario della società; ed, infine, permette di determinare entro quali limiti - e dunque con che «rischio» per i creditori - i soci (come tali) potranno ricevere attribuzioni patrimoniali da parte della società, o divenirne creditori in concorso con i terzi (fornitori, clienti, finanziatori «esterni», ecc.). Comunque, le informazioni fornite dal capitale non vanno soltanto a vantaggio dei creditori sociali, ma anche a beneficio dei soci.

37 BRIOLINI, Capitale sociale e metamorfosi , cit., p. 149 s., sostiene che solo la funzione

organizzativa, intesa quale misuratore dei diritti o poteri “corporativi” dei soci, rimanga esclusa da tale indebolimento, mentre tanto la funzione di garanzia quanto quella di produttività, nonché quella segnaletica, risultano drasticamente in crisi alla luce di norme che: 1. consentono a talune società (s.r.l./s.r.l.s.) di costituirsi con un capitale meramente simbolico; 2. prevedono una significativa riduzione dell’entità minima di capitale sociale nelle s.p.a. (da 120.000 euro a 50.000) e nelle s.r.l. “ordinarie” (da 20 milioni di lire a 10.000 euro); 3. ammettono un «congelamento» della disciplina in tema di riduzione del capitale per perdite a favore di quelle società che abbiano fatto domanda di accesso al concordato preventivo (ex art. 182 sexies l.f.); 4. hanno dettato una disciplina fortemente agevolativa per le start up e le PMI innovative, in cui la rigida disciplina del capitale sociale cede il passo di fronte all’esigenza di valorizzare la spendibilità di un’idea.

(12)

2.1 Disciplina normativa

La disciplina normativa del capitale sociale riflette i diversi stadi di vita che lo

interessano: formazione, nella fase costitutiva, conservazione, nel corso della

durata della società e, infine, restituzione ai soci, ove possibile, in sede di

liquidazione.

2.1.1. Limite minimo: presidio a tutela dei creditori sociali o scelta tipologica?

Quanto al momento iniziale, particolare importanza riveste, ai nostri fini, la scelta

del legislatore di imporre un vincolo alla discrezionalità dei soci in ordine alla

scelta della misura del capitale sociale da sottoscrivere

38

, vincolo condizionante

l’intero corso di esistenza dell’ente

39

: il capitale minimo è fissato, per le s.p.a., in

cinquantamila euro

40

(art. 2327 c.c.), per le s.r.l., in diecimila euro

41

(art. 2463, 2

co., n. 4).

Quanto a queste ultime, va però segnalato che una recente riforma

42

ha previsto la

possibilità che l’ammontare del capitale sia determinato in una misura inferiore a

diecimila euro, purché sia pari ad almeno un euro. Deve perciò ritenersi che il

nuovo minimo legale del capitale delle s.r.l. sia di un euro

43

, consentendosi così ai

38 Questa norma si configura come un comando imperativo poiché, pur non essendo prevista

la nullità della società in caso di violazione del relativo precetto, è certo che il notaio non può procedere alla stipula dell’atto costitutivo in presenza di un capitale sociale inferiore alla soglia minima di legge.

39 Ai sensi dell’art. 2484, co. 1, n. 4, il capitale sociale non può, infatti, mai ridursi al di sotto

del minimo legale, pena lo scioglimento della società là dove non si provveda secondo il disposto degli artt. 2447 c.c. e 2482 ter c.c.(di cui si tratterà nel III capitolo).

40 Il capitale minimo era originariamente determinato in un milione di lire, poi era stato

aumentato a duecento milioni (l. 16 dicembre 1977, n. 904); in seguito è stato convertito in centoventimila euro (il legislatore della riforma del 2003 ha inteso probabilmente allinearsi alle indicazioni provenienti dalla Società Europea, ossia al regolamento n. 2157/CE/ dell’8 ottobre 2001, e distinguersi per un maggior rigore sia rispetto ad altri ordinamenti, sia rispetto ad altre prescrizioni della stessa legislazione comunitaria - art. 6, par. 1, direttiva 2012/30/UE, con cui si fissa il minimo in 25.000 euro, il cui contenuto è oggi riproposto dall’art. 45, direttiva 2017/1132/UE). Di recente, nell’ottica di semplificazione e facilitazione all’accesso a questo tipo di società, è stato ulteriormente modificato nella cifra di cinquantamila euro (art. 20, co. 7, del d.l. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla l. 2014/116 - c.d. decreto competitività).

41 L’ammontare minimo di capitale era inizialmente fissato in cinquantamila lire, poi fu

aumentato a venti milioni di lire (con il c.d. decreto Pandolfi – art. 11, l. n. 904/1977), in seguito convertiti in diecimila euro (con il d.lgs. 6/2003).

42 D.l. 28 giugno 2013, n. 76 convertito dalla l. 9 agosto 2013, n. 99.

43 Una parte della dottrina, alla luce di questo evidente contrasto tra le due previsioni

normative, ha parlato di difetto di coordinamento, mentre è da preferire la tesi secondo cui la novella si sia limitata ad apportare innovazioni alla disciplina della s.r.l. ordinaria (CNN Studio n. 892-2013/I, Le nuove s.r.l., BOGGIALI –RUOTOLO, secondo i quali esse «non sono un

(13)

soci di decidere liberamente se fissare il capitale in un importo superiore o

inferiore a diecimila euro, ma in nessun caso inferiore a un euro. Dall’adozione

della scelta in un senso o nell’altro deriva una serie di conseguenze sul piano della

disciplina applicabile alla società

44

.

La tradizionale spiegazione della regola sul minimo legale si orientava nel senso di

attribuire al capitale sociale una funzione di garanzia dei creditori sociali

45

,

costituendo, il capitale minimo, l’unica possibilità di soddisfacimento delle loro

pretese consentita dal regime di responsabilità limitata dei soci. Tuttavia,

quest’orientamento può dirsi ormai da tempo superato perché, oltre a non trovare

riscontro nel diritto positivo, implicherebbe altresì uno «scollamento delle norme

nuovo tipo sociale, né gli aumenti o le riduzioni di capitale che determinano il superamento, verso l’alto o verso il basso, della soglia di 10.000 euro hanno la natura di trasformazione» Nella stessa direzione è orientato BUSANI, La nuova società a responsabilità semplificata e la

nuova s.r.l. con capitale inferiore a 10.000 euro, in Società, 2013, p. 1067 ss., che nega

l’esistenza e di un nuovo tipo e di un sottotipo di s.r.l.). Per quanto attiene alla logica sottostante questa scelta legislativa, ZANARONE, Il capitale sociale nella s.r.l., in AA. VV., Il nuovo capitale sociale, in Quaderni di banca, borsa e titoli di credito, a cura di

Capelli-Patriarca, Giuffrè, Milano, 2016, p. 101 ss., la riconduce a due spiegazioni: la prima è quella che attiene alla necessità di «favorire la competitività tra le imprese attraverso lo strumento delle liberalizzazioni», ossia eliminando ciò che rende difficoltoso l’ingresso di nuove imprese sul mercato, anche e soprattutto alla luce delle forti pressioni provenienti dall’Europa, posto che nelle raccomandazioni annuali che la Commissione europea indirizzava al Governo italiano in occasione della redazione del Documento di economia e finanza, il Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea suggeriva al Presidente del Consiglio di realizzare una maggiore apertura del mercato in chiave concorrenziale. L’altra spiegazione si collega all’esigenza del legislatore italiano di essere al passo con le scelte operate dagli altri Paesi comunitari, per cui, avendo alcuni di essi (Gran Bretagna, Francia, Germania, Spagna – per un approfondimento vedi BARTOLACELLI,Società chiusa e capitale sociale minimo: tendenze europee, in Giur. Comm., 2014, I, p. 519 ss.) previsto la possibilità di

costituire società corrispondenti al nostro tipo s.r.l. con capitale sociale pari ad un solo euro, è stata avvertita la necessità di adeguarsi al panorama circostante, proprio per evitare che le imprese di altri Paesi operassero in situazioni di maggior vantaggio rispetto alle nostre. Si è trattato però, di un adeguamento soltanto parziale, da cui scaturisce una serie di criticità.

44 GENGHINI-SIMONETTI, Manuali notarili, Le società di capitali e le cooperative, volume 3, tomo

2, II ed., CEDAM, 2015, p. 968: solo nel caso di capitale sociale inferiore a diecimila euro, infatti, i conferimenti devono essere fatti esclusivamente in denaro e vanno versati per intero (non solo il 25%) alle persone cui è affidata l’amministrazione (art. 2463, co. 4, II periodo, c.c.). Inoltre è prevista una disciplina speciale per la riserva legale, che si forma mediante l’accantonamento forzoso degli utili risultanti da bilancio per un importo pari al 20% (non al 5%) di suddetti utili, fino a che essa non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro. Questo dimostra che la soglia di serietà dell’impegno normalmente richiesto al socio in sede di costituzione della società non scompare, ma la sua realizzazione è affidata a questo meccanismo della riserva legale speciale, certamente meno incisivo di quello “dell’obbligo di mantenimento del capitale minimo”.

(14)

rispetto alla realtà economica»

46

: infatti, né i soci, né i creditori percepiscono la

scelta del capitale sociale come strumento finalizzato a offrire protezione. La vera

garanzia per i creditori sociali è costituita piuttosto dal patrimonio della società o,

meglio, dalla redditività della sua gestione

47

, «derivante dall’attitudine

dell’impresa a svolgere una produzione profittevole

48

».

Né merita di essere accolta la tesi secondo cui il precetto del capitale minimo sia

preposto a offrire ai creditori un “campanello d’allarme” dell’approssimarsi

dell’eventuale insolvenza della società

49 .

L’idea è che, attivandosi il sistema

dell’art. 2447 c.c. in presenza di perdite al di sotto della soglia minima di legge, i

creditori sarebbero messi al riparo dal rischio di insolvenza, sennonché,

l’esperienza dimostra che il “campanello” dell’art. 2447 c.c. “suona” troppo in

ritardo, dando “l’allarme” a danno già fatto, poiché, se l’impresa entra in crisi, il

suo tracollo patrimoniale si realizza nel giro di poche settimane (mentre per

predisporre le misure previste dal legislatore, si richiede almeno un paio di mesi).

È evidente, quindi, che la cautela si rivela tardiva e, tutto sommato, inutile.

50

Pare, piuttosto, sensato affermare che il fine ultimo del precetto normativo possa

essere ravvisato in un fondamento tipologico

51

: questo, però, alla luce della

46 GINEVRA, Il senso del mantenimento delle regole sul capitale sociale (con cenni alla s.r.l. senza

capitale), in BBTC, 2013, p. 171: «non è affatto vero, infatti, in concreto, che il capitale sociale

è di regola adottato da una società in vista della futura esecuzione dei creditori, ovvero per tranquillizzare gli stessi in sede di originaria costituzione del rapporto: nessuno pensa mai, nella realtà dei fatti, in condizioni normali, di raccogliere capitale in una società solo per far stare tranquilli i propri creditori presenti o eventuali».

47 Secondo FERRI jr., Impresa in crisi e garanzia patrimoniale, in Diritto fallimentare. Manuale

breve, Milano, 2013, p. 62 ss., per i creditori la garanzia patrimoniale non viene rintracciata

nel valore del patrimonio sociale nel momento in cui il credito viene concesso, in quanto il finanziamento viene accordato in considerazione delle potenzialità produttive della società. Analogamente, CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 2, cit., p. 159, il quale afferma che «il credito

di cui una società gode sul mercato è in funzione della redditività dell’impresa e non (solo) del capitale di rischio investito».

48PORTALE, Capitale sociale, cit., p. 36 s; così anche TETI, Il capitale nominale, cit., p. 56 ss: «la

capacità di indebitamento di un’impresa dipende dalla sua capacità di reddito e, quindi, dalla possibilità di ridurre il volume delle operazioni in corso senza turbare le condizioni di equilibrio della gestione».

49 Vedi DENOZZA, A che serve il capitale? (piccole glosse a L. Enriques- J.R. Macey, Creditor

Versus Capital Formation: the Case Against the European Legal Capital Rules), in Giur.

Comm., 2002, I, p. 590.

50 A sostenere questa tesi è GINEVRA, La formazione del capitale, cit., p. 34.

51 CosìGINEVRA, La formazione del capitale sociale, cit., p. 35; così pure MAUGERI,Commento

all’art. 2327 c.c., in Le società per azioni, codice civile e norme complementari, a cura di

Abbadessa-Portale, I, Milano, 2016, p. 163, il quale sostiene che questa tesi sia confermata dal dato comunitario (art. 6, par. 2 direttiva 2012/30/UE, oggi confermato dall’art. 45 direttiva 2017/1132/UE) con cui si fissa l’importo minimo di capitale in 25.000 euro,

(15)

disciplina attuale, vale soltanto per il tipo delle s.p.a. che, innescando

l’applicazione di una disciplina complessa, per scelta del legislatore, sono fruibili

per iniziative di dimensioni non irrilevanti, il cui investimento iniziale sia almeno

pari a cinquantamila euro. Nel caso delle s.r.l., invece, non si ravvisa più alcuna

esclusione di accesso ad imprese che possano dirsi piccole, perseguendosi

piuttosto l’intento di agevolare l’imprenditoria

52

.

Rimane, infine, da capire se il precetto del capitale sociale minimo sia completato

da un’altra regola, non espressamente prevista dal legislatore ma ricavabile dal

sistema, che impone di dotare la società di un capitale che sia in rapporto di

congruità o, quanto meno, di non manifesta inadeguatezza con l’oggetto sociale

53

.

Un primo orientamento ammette una norma di questa portata, la cui esistenza

sarebbe indirettamente ricavata dall’art. 2484, co. 1, n. 2), c.c. secondo cui

l’insufficienza dei mezzi finanziari durante la vita delle società è causa di

scioglimento della stessa per impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale;

da tale disposizione si dovrebbe desumere che anche in sede di costituzione il

capitale deve essere non palesemente incongruo

54

. Deporrebbe nello stesso senso

la previsione dell’art. 1420 c.c. in materia di contratti plurilaterali: il contratto è

dovendo tener conto, tra l’altro, «della tendenza a riservare alle grandi e medie imprese la scelta dei tipi di società di cui all’allegato 1» (ossia, appunto, della forma azionaria); contra SALOMONE, Funzione del capitale e funzionamento del netto nella società a responsabilità limitata, in BBTC, 2016, I, p. 19.

52 DELLA TOMMASINA, S.r.l. con capitale simbolico e «opportuni provvedimenti» per la gestione

dell’impresa in perdita, in Riv. soc., 2017, p. 367.

53 Per un approfondimento sul tema PORTALE, Capitale sociale e conferimenti nelle società per

azioni, , 1969, p. 39 ss; PORTALE, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzate, cit., p. 45 ss; SIMONETTO, La riduzione del capitale esuberante, in Riv. Soc., 1966, p. 438 ss., entrambi

orientati verso una soluzione positiva della questione. In una posizione opposta si colloca invece, la dottrina dominante: NICCOLINI, Il capitale sociale minimo, Milano, 1981, p. 18 ss;

TETI, Il capitale nominale,. cit. p.101 ss,; STELLA RICHTER jr, La costituzione delle società di

capitali, in Liber Amicorum Campobasso, 1, Milano, 2006, p. 287; MAUGERI, Commento all’art. 2327 c.c., cit., p. 165 ss., il quale ravvisa l’esistenza di altri strumenti in grado di garantire la

congruità dell’organizzazione patrimoniale con il tipo di attività che viene svolta, ossia l’applicazione (analogica nelle s.p.a.) della disciplina sulla postergazione dei finanziamenti soci ex art. 2467 c.c., nonché l’azione di responsabilità verso gli amministratori che abbiano proceduto ad indebite distribuzioni a favore dei soci.

54 PORTALE, Capitale sociale e conferimenti nelle società per azioni, cit., p. 46 sostiene infatti

che, se è esatto che la società per azioni deve sciogliersi nel caso in cui le perdite del suo capitale siano di tale misura da non consentirle più di raggiungere l’oggetto sociale, non appare plausibile che all’atto della fondazione il capitale non debba essere in rapporto di congruità con l’attività programmata nell’atto costitutivo.

Tuttavia, questo indirizzo si è arrestato dinanzi alla palese assenza di riferimenti normativi che imponessero un capitale sociale adeguato, o non manifestamente inadeguato, rispetto all’oggetto sociale.

(16)

nullo quando è invalida la partecipazione di una parte che, per la natura o per

l’entità, debba considerarsi essenziale per il conseguimento dello scopo comune;

da ciò si ricaverebbe una clausola generale che pone, tra l’altro, il principio della

necessaria congruenza quantitativa dei mezzi destinati dalle parti al conseguimento

del fine da esse assegnate al contratto: da tale norma emerge, infatti, che lo “scopo

comune”, oltre a costituire l’elemento unificatore delle adesioni delle parti,

fornisce anche il criterio per determinare l’entità dei doveri della stessa

55

.

È tuttavia prevalente e preferibile l’opinione che nega l’esistenza di un tale

vincolo, in ossequio al principio costituzionale della libera iniziativa economica

privata, evidenziandosi, tra l’altro, che la misura del capitale sociale non

costituisce, di per sé, indice rilevante per valutare l’effettiva possibilità di

conseguimento dell’oggetto sociale, in quanto non si può trascurare la possibilità

di pervenire, per gradi, anche ricorrendo al finanziamento esterno, alla struttura

finanziaria in concreto adeguata al raggiungimento degli scopi sociali

56

. Ad ogni

55 Così PORTALE, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzate, cit., p. 83 s. Questa

teoria della non manifesta inadeguatezza del capitale sociale è stata sostenuta a più riprese dall’A. (vedi PORTALE, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzate, cit., 2004, p. 37

ss.), anche alla luce delle esperienze straniere, in particolare tedesca e belga: quanto alla prima, sia la dottrina che la giurisprudenza prevalente parlano di obbligo dei soci di fornire le società di capitali di un patrimonio sufficiente, facendo così scattare una responsabilità illimitata dei soci fondatori o di controllo, in caso di sottocapitalizzazione (materiale) originaria o sopravvenuta (nt. 64, p. 47); quanto alla seconda, il legislatore ha prescritto l’obbligo per i soci fondatori di redigere, prima della costituzione della società, un piano finanziario in cui deve essere giustificata l’entità del capitale della costituenda società, stabilendo anche che gli stessi soci fondatori – in caso di fallimento della società nei tre anni successivi alla sua costituzione – sono responsabili in solido, «in una proporzione fissata dal giudice», qualora il capitale sociale fosse stato manifestamente inadeguato al momento della costituzione.

56 CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 2., cit., p.159. Non è, infatti, vietato nel nostro

ordinamento il fenomeno della sottocapitalizzazione materiale, che ricorre quando la società viene dotata del solo capitale (minimo legale), costituito dai conferimenti dei soci, in misura del tutto insufficiente rispetto all’attività indicata nell’atto costitutivo, nel qual caso si potrebbe arrivare a configurare una responsabilità dei soci per non aver dotato la società delle risorse sufficienti all’attività da svolgere tramite l’accostamento della fattispecie in esame all’illecito dell’abuso della personalità giuridica e di frode alla legge (così PORTALE,

Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzate, cit., 2004, p. 112). Tuttavia, questa tesi

è difficilmente condivisibile, perché la società può ricorrere al finanziamento esterno; potrà, semmai, essere esercitata azione di responsabilità sociale verso gli amministratori, denunciando che sia stato arrecato pregiudizio all’equilibrio economico-finanziario della società, avendo effettuato distribuzioni patrimoniali ai soci: in giurisprudenza, T. Torino, 4.9.2013, in BBTC, II, p. 604.Questo problema di responsabilità non si pone, invece, in caso di sottocapitalizzazione nominale che pure si può delineare, nell’ipotesi in cui la società si sia dotata dei mezzi necessari all’esercizio dell’attività imprenditoriale, ma tramite apporti imputati non a capitale, bensì a patrimonio (a titolo di finanziamenti), nel qual caso trova

(17)

modo, è pacifico che, in sede di controllo notarile all’atto di costituzione della

società, il notaio non debba eseguire alcuna valutazione circa la congruità del

capitale rispetto all’oggetto sociale, configurandosi la stessa come una valutazione

di merito e non di legittimità

57

.

2.1.2. Crisi dell’istituto?

Dalle precedenti considerazioni emerge chiaramente che la dottrina si è sempre

sforzata di individuare la ratio del capitale sociale (mediante un’analisi fondata

sempre su specifiche questioni applicative) per arrivare ai giorni nostri ad

inaugurare un dibattito sulla stessa necessità del capitale sociale

58

.

Premesso che alla base delle decisioni concernenti l’impiego dei fondi si

rinvengono posizioni dei soci divergenti da quelle dei creditori sociali

59

, i

applicazione nelle s.r.l., ma anche nelle s.p.a. (in via analogica) la previsione contenuta nell’art. 2467 c.c..

57 Così Comitato Triveneto dei Notai, massima G.A. 8, Congruità del capitale in relazione

all’oggetto: «In sede di controllo di legittimità di un atto costitutivo o di uno statuto di società

da parte del notaio non è possibile effettuare alcuna valutazione circa la congruità del capitale sociale rispetto all’oggetto poiché tale valutazione sarebbe necessariamente di merito e non di legittimità».

58 Nell’ambito di un importante dibattito internazionale molta parte della dottrina italiana

nega che il sistema europeo del “legal capital” (cui s’ispirano i legislatori di tutti gli Stati membri) sia effettivamente in grado di tutelare gli interessi sottostanti: ENRIQUES-MACEY, Raccolta di capitale di rischio e tutela dei creditori: una critica radicale alle regole europee sul capitale sociale, op. cit., p. 78 ss., a cui replica DENOZZA, A che serve il capitale? (piccole glosse a

L. Enriques- J.R. Macey, Creditor Versus Capital Formation: the Case Against the European

Legal Capital Rules), G. Comm., 2002, p. 585 ss., nonché ID, Le funzioni distributive del

capitale, in G. Comm. 2006, p. 489 ss; la controreplica arriva da ENRIQUES, Capitale sociale,

informazione contabile e sistema del netto: una risposta a Francesco Denozza, in Giur. comm.,

2005, I, p. 607; e pure ID., Capitale, azioni e finanziamento della società europea: quando meno

è meglio, in Riv. soc., 2003, p. 375; nonché, da ultimo, ID., Diritto societario statunitense e diritto societario italiano: in weiter Ferne, so nah, in Giur. comm., 2007, I, p. 274. Particolare

importanza riveste anche il contributo di MIOLA, Il sistema del capitale sociale e le prospettive di riforma nel diritto europeo delle società di capitali, op. cit., p. 1199 ss. Per una recente

ripresa del dibattito, GINEVRA, Il senso del mantenimento delle regole sul capitale sociale (con cenni alla s.r.l. senza capitale), op. cit., p. 169 ss.; ID,Il capitale sociale nel XX secolo. Crisi e critica di un istituto, op. cit., p. 37 ss..

59 Ci si riferisce a quelle ipotesi in cui gli azionisti decidano, opportunisticamente, di

distribuire gli utili sotto forma di dividendi, acquisto di azioni proprie o compensi per l’attività di amministratori eventualmente svolta, così riducendo l’entità del patrimonio netto su cui fanno affidamento i creditori quando decidono se finanziare o meno una società; oppure, ancora, ai casi in cui decidano di lanciarsi investimenti assai rischiosi, che possono aumentare il valore delle proprie azioni, a spese dei creditori, ignari di un progetto di investimento così rischioso al tempo del finanziamento. Allo stesso tempo, anche i creditori potrebbe adottare comportamenti opportunistici in danno degli azionisti, imponendo loro, ad esempio, di pagare i debiti in anticipo o impedendo la distribuzione dei dividendi, o,

(18)

sostenitori di questa tesi ritengono che il miglior modo per disciplinare tale

conflitto di interessi

60

sia quello di affidarsi alla libera contrattazione, essendo

“l’inflessibile” sistema del capitale sociale

61

eccessivamente oneroso e per le

società di capitali e per l’intera economia, oltre che non effettivamente vantaggioso

per i creditori

62

. L’esigenza di offrire tutela contro il rischio che i soci si

distribuiscano i beni della società lasciandola incapiente – ispiratrice della II

direttiva europea

63

, cui gli stati membri si sono, in diverso grado, conformati –

ancora, di investire in progetti meno rischiosi di quelli originariamente programmati. Questo a condizione che essi esercitino un significativo controllo sull’impresa.

60 Di fronte all’esigenza di dirimere un conflitto di interessi le soluzioni percorribili a livello

normativo sono due: una è quella di proteggere i creditori, tramite l’adozione di un sistema

creditor oriented (così è nel diritto societario europeo), l’altra è, in direzione opposta, quella

di fornire il massimo grado di flessibilità e autonomia all’interno di una cornice intesa a massimizzare il valore per gli investitori (sistema debtor oriented, accolto negli Stati Uniti).

61MIOLA, Il sistema del capitale sociale e le prospettive di riforma nel diritto europeo delle

società di capitali, in Riv. Soc. 2005, p. 1208 ss., specifica che per sistema di capitale sociale o

del “netto patrimoniale” si intende quell’insieme di previsioni normative relative alla sua formazione e conservazione: fissazione di un capitale sociale minimo, precetti finalizzati ad assicurare che il capitale sia effettivamente coperto mediante conferimenti in grado di incrementare il patrimonio attivo della società, regola che prevede che i dividendi possono essere pagati solo quando vi sia una plusvalenza del patrimonio netto rispetto al capitale sociale e alle riserve indisponibili

62 ENRIQUES-MACEY, Raccolta di capitale di rischio e tutela dei creditori: una critica radicale alle

regole europee sul capitale sociale, op. cit., p. 97 ss: la rigidità e l’inderogabilità del sistema

determina un maggior costo organizzativo ed una più complessa gestione dell’organizzazione (costose procedure, inutili relazioni peritali di stima e pareri legali); inoltre, gli interessi dei creditori, che queste norme tenderebbero a salvaguardare, talvolta risultano addirittura pregiudicati: anzitutto, i creditori non danno particolare importanza al capitale sociale, definita come una cifra inizialmente priva di significato, dovendo piuttosto esaminare l’intero bilancio; poi si critica il fatto che la relazione con cui si stima il valore dei conferimenti in natura, ammesso che interessi i creditori sociali, presuppone un margine di discrezionalità del perito che, tra l’altro, non sarà mai effettivamente indipendente.

63 La versione originaria è la direttiva 77/91/CEE – recante disposizioni sulla «costituzione

delle società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa» -recepita nel nostro ordinamento con il D.P.R. n.30/1986 e che è stata rifusa dalla direttiva 2012/30/UE, a sua volta modificata dalla direttiva 2017/1132/UE del 14 giugno 2017 relativa ad alcuni aspetti di diritto societario relativamente alle sole s.p.a.: – regola della costituzione e del mantenimento di un patrimonio netto non inferiore al capitale sociale minimo indicato dalla legge applicabile (in ogni caso non inferiore a 25.000 euro); - quando si tratta di conferimenti in natura, la loro valutazione deve essere affidata a soggetti indipendenti; - le azioni corrispondenti ai conferimenti in natura devono essere interamente liberate; - si escludono dall’ambito delle entità conferibili per questo tipo di società le prestazioni d’opera e di servizio; - divieto di distribuzione di utili non risultanti da bilancio e comunque in presenza di perdite di capitale, «a eccezione dei casi di riduzione del capitale sottoscritto»; - regola della convocazione dell’assemblea dei soci ed eventuale riduzione di capitale in presenza di perdite. Da quest’insieme di regole emerge chiaramente come sia stata confermata nel tempo la centralità che la figura del capitale sociale riveste nel diritto azionario europeo. All’impostazione che tende a leggere nelle disposizioni comunitarie l’esigenza di garantire i creditori sociali dal rischio di insolvenza (ENRIQUES-MACEY, Raccolta di capitale di rischio e tutela dei creditori: una critica radicale alle regole europee sul capitale

Riferimenti

Documenti correlati

La Posizione Finanziaria Netta consolidata al 31 dicembre 2020 è positiva per € 22,1 milioni, rispetto a € 41,4 milioni al 31 dicembre 2019, con una riduzione di € 19,3 milioni,

Prima dello svolgimento delle due prove scritte di esame o della eventuale prova preselettiva verrà comunicata ai candidati l’ammissione con riserva alla

Miscuglio di sementi specifico per la realizzazione di tappeti erbosi sottoposti ad intenso calpestio in zone con clima arido e secco.Ottima capacità a rigenerarsi conferendo al

- L’Articolo 4 (Adeguamento fondo per il rinnovo del CCRL), al comma 1, pre- vede che, per l’adeguamento del fondo per il trattamento di posizione e di risultato

In ultima analisi, l’obiettivo imprescindibile sia nella visione strategica (PAT) sia nelle modalità operative (P.I) è quello che i C.S. sono patrimonio della collettività,

69/2015 – è delimitata alle società “quotate” (ed alle società ad esse “equiparate”) e così dispone: “gli amministratori, i direttori generali, i

In riferimento a quanto espresso in sede di Conferenza dei Servizi del 12.04.2012, si prescrive che in sede di Conferenza dei Servizi Decisoria, dovrà essere chiarito che AGEC non

⓪ Chiedi al personale di sala la lista degli allergeni Ask our staff for the list of allergens Fragen Sie das Personal im Speisesaal nach der Liste der Allergene.. Nodino di