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Presentazione clinica, ormonale e metabolica nelle giovani donne affette dalla sindrome dell'ovaio micropolicistico: la nostra casistica.

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Academic year: 2021

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RIASSUNTO

La sindrome dell’ovaio micropolicistico (PCOS) è la più comune endocrinopatia delle donne in età fertile.
Numerosi studi epidemiologici suggeriscono che la sua prevalenza sia del 5 -10 %: questo dato fa della PCOS la principale causa di infertilità anovulatoria ed irsutismo

.

Le donne affette da PCOS oltre ad avere alterazioni in ambito riproduttivo, hanno anche un maggior rischio metabolico e cardiovascolare rispetto alla popolazione generale. La sindrome è, infatti, spesso accompagnata da obesità, dislipidemia ed insulino-resistenza.

Il meccanismo eziopatogenetico alla base della PCOS non è stato ancora compreso. Numerosi lavori in letteratura hanno portato evidenze a sostegno di un’origine genetica, con complesso modello di ereditarietà. Infatti, il rischio di sviluppare la PCOS è significativamente più alto in presenza di una storia familiare di anovulazione cronica ed eccesso di androgeni. Tuttavia sono state portate evidenze anche a sostegno di un’origine ambientale: l’esposizione ad alcuni fattori ambientali in epoca prenatale e postnatale (eccesso di androgeni materni, elevati livelli di AMH in utero, interferenti endocrini, modificazioni epigenetiche), contribuisce ad alterare la regolazione neuroendocrina, favorendo lo sviluppo della sindrome. Ad oggi la PCOS viene considerata un disordine eterogeneo ad eziologia multifattoriale.


La fisiopatogenesi prevede un’interazione tra l’incremento dei valori plasmatici di LH, l’obesità a distribuzione centrale e l’insulino resistenza: queste condizioni, quando presenti, si alimentano l’un l’altra.

Non essendo ancora chiaro il meccanismo fisiopatogenetico, i lavori in letteratura non hanno definito dei criteri diagnostici univoci per la PCOS. In ambito clinico la diagnosi viene posta secondo i criteri diagnostici della Consensus Conference ESHRE-ASRM di Rotterdam del 2003, ovvero identificando nelle pazienti almeno due tra: iper-androgenismo clinico e/o biochimico, oligo- anovulazione e aspetto micropolicistico ovarico all’ecografia e dopo aver escluso altre cause di iper-androgenismo (sindrome adreno-genitale, tumori ovarici e surrenalici secernenti androgeni, malattia/sindrome di Cushing).

Un primo scopo di questo studio è stato quello di analizzare le caratteristiche cliniche, biochimiche e metaboliche di 598 pazienti affette da PCOS, diagnosticata secondo i criteri diagnostici di Rotterdam del 2003. Successivamente, è stata approfondita l’analisi delle caratteristiche biochimiche e metaboliche delle pazienti. Inoltre, sono state descritte le

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2 caratteristiche della sottopopolazione delle magre insulino-resistenti. Ulteriore scopo dello studio è stato quello di dividere la popolazione nei 4 fenotipi, descritti secondo i criteri diagnostici AES 2006, per valutare se tra questi sussistessero differenze in termini di presentazione clinica, ormonale e metabolica. Dalla prima parte dello studio è emerso che nelle 598 pazienti c’era un’alta prevalenza di irsutismo che è risultata la principale manifestazione clinica dell’iper-androgenismo (90 %) (mediana del punteggio di Ferriman-Gallwey = 14 con intervallo interquartile 10-20), seguita da acne (55 %) ed alopecia (30 %). Tra le manifestazioni cliniche dei disordini mestruali la più frequente era l’oligo-amenorrea (60 %) seguita da amenorrea (35 %) e poi da poli-menorrea (5 %).
Il 70% presentava un aspetto micropolicistico delle ovaie all’ecografia. Più della metà delle pazienti (62%) presentava un indice di massa corporea (IMC) > 25 kg/m2 ed era quindi in sovrappeso o obesa; nonostante ciò, solo il 20% aveva elevati valori di LDL, colesterolo totale e trigliceridi. L’alterazione lipidica riscontrata più frequentemente (30%) era la riduzione dei livelli di HDL al di sotto di 50 mg/dl.

Successivamente sono state valutate le caratteristiche biochimiche e metaboliche delle pazienti. Analizzando i dati, i risultati hanno evidenziato che l’Indice di massa corporea era correlato con l’Homeostatis Model Assessment index (HOMA), indice utilizzato per valutare l’insulino-resistenza, e con il Free Androgen Index (FAI), indice utilizzato per valutare l’iper-androgenismo, aprendo ad un ruolo dell’obesità nella patogenesi dell’iper-androgenismo. A loro volta FAI e HOMA, sono risultati correlati fra loro. Si è trovato inoltre che le HDL erano correlate inversamente con l’IMC, l’HOMA index ed il FAI. Successivamente, si è passati ad analizzare le relazioni intercorrenti tra le seguenti variabili: IMC, HOMA index, HDL (High Density Lipoprotein), LDL (Low Density Lipoprotein), trigliceridi, FAI, testosterone totale, androstenedione, SHBG (Sex Hormone Binding Globuline), FSH (Follicle Stimulating Hormone) e LH (Luteinizing Hormone). In particolare, è stato studiato di volta in volta il contributo dell’insulino-resistenza, del sovrappeso/obesità e dell’iper-androgenismo nel determinare le alterazioni biochimiche e metaboliche tipiche della sindrome, trovando che queste condizioni hanno un ruolo significativo.

Per valutare se le pazienti fossero insulino resistenti è stato calcolato l’HOMA index. Quelle che risultavano avere un HOMA index > 2,5 sono state considerate insulino resistenti (IR) e corrispondevano al 28% della popolazione in studio, quelle che avevano HOMA index < 2,5 sono invece state considerate non insulino-resistenti (NIR) e corrispondevano al restante 72%. Le alterazioni del profilo lipidico sono state riscontrate più frequentemente nelle pazienti

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insulino-3

resistenti (IR) rispetto alle non insulino-resistenti (NIR). Tramite analisi statistica è stato poi riscontrato che le pazienti IR avevano in media livelli più alti di colesterolo totale, LDL, trigliceridi e livelli più bassi di HDL rispetto alle NIR. Inoltre le pazienti IR presentavano valori di FAI mediamente più elevati e, contestualmente, valori di SHBG più bassi. Nelle pazienti obese IR sono stati riscontrati valori mediamente più elevati di FAI e trigliceridi e più bassi di HDL e SHBG, ma non valori più elevati di LDL, rispetto alle obese NIR. Dunque tutte queste variabili sembrerebbero correlare meglio con l’insulino-resistenza piuttosto che con l’IMC, eccettuate le LDL.

Per isolare il contributo dell’IMC è stato usato un cut-off pari a 25 kg/m2, individuando pazienti sovrappeso e obese, cui ci siamo riferiti per brevità con il termine di obese, e pazienti magre. Sono state analizzate prima le differenze tra le pazienti obese e magre della nostra casistica, e poi tra le pazienti obese NIR e magre NIR, riscontrando che anche l’IMC ha un ruolo, indipendente da quello dell’insulino-resistenza, nel determinare le variazioni osservate sull’assetto lipidico e sull’iper-androgenismo.

Per valutare il contributo dell’iper-androgenismo, sono state individuate le pazienti obese della nostra casistica e sono state suddivise in iper-androgeniche e normo-androgeniche in base alla presenza di iper-androgenismo clinico (punteggio Ferriman-Gallwey > 8) e/o biochimico (testosterone > 0,8 ng/mL e/o FAI > 7,1 e/o androstenedione > 4,3 ng/mL). Sono stati riscontrati valori significativamente differenti per le HDL, suggerendo un ruolo dell’iper-androgenismo nella patogenesi della dislipoproteinemia. Nella tesi sono state inoltre descritte le caratteristiche della sottopopolazione delle magre IR: in esse si sono trovati valori di FAI mediamente più elevati rispetto a quelli della popolazione delle magre NIR.

Le pazienti sono state suddivise in 4 fenotipi in base alla loro presentazione clinica, biochimica e strumentale:

• Fenotipo 1: pazienti con iper-androgenismo clinico e/o biochimico, oligo-anovulazione ed ovaie con aspetto micropolicistico all’ecografia; 


• Fenotipo 2: pazienti con iper-androgenismo clinico e/o biochimico ed oligo-anovulazione; 
 • Fenotipo 3: pazienti con iper-androgenismo clinico e/o biochimico ed ovaie con aspetto

micropolicistico all’ecografia; 


• Fenotipo 4: pazienti con oligo-anovulazione ed ovaie con aspetto micropolicistico all’ecografia. 


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È stato eseguito un confronto tra i fenotipi per valutare se sussistessero eventuali differenze metaboliche.
Le analisi statistiche multivariate ed univariate hanno evidenziato differenze significative nelle variabili metaboliche tra i seguenti fenotipi: il 1° e il 2° fenotipo sono quelli che hanno presentato un quadro sintomatologico più rilevante e l’analisi univariata ha dimostrato che sono anche quelli con un quadro metabolico più sfavorevole: l’IMC era significativamente maggiore, le HDL significativamente più basse e l’HOMA index significativamente più elevato. 
Il fenotipo 4, quello normo-androgenico e con un quadro sintomatologico più leggero e sfumato presentava un quadro metabolico significativamente migliore.
Allo scopo di capire se queste variabili dipendessero più dal fenotipo o più dall’IMC, è stata effettuata un’ulteriore analisi multivariata che ha suggerito come i valori di HDL ed HOMA siano effetto più dell’IMC che del fenotipo. 
Questo dato suggerisce come sicuramente ci siano correlazioni tra i vari parametri che si intersecano l’un l’altro esacerbando il quadro sintomatologico della sindrome, ma l’aumento del rischio cardiovascolare attribuito alla PCOS potrebbe non essere dovuto tanto alla sindrome in sé quanto piuttosto all’associazione che spesso questa ha con l’obesità. Al fine di migliorare l’out-come delle pazienti, ogni trattamento farmacologico dovrebbe quindi essere personalizzato in base al fenotipo e non dovrebbe prescindere dalla correzione dello stile di vita, dieta e attività fisica.

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INDICE

PARTE I INTRODUZIONE: LA SINDROME DELL’OVAIO

MICROPOLICISTICO

DEFINIZIONE 6 EPIDEMIOLOGIA CRITERI DIAGNOSTICI EZIOPATOGENESI • MECCANISMI CELLULARI E MOLECOLARI • EVIDENZE A SUPPORTO DI UN’ORIGINE GENETICA • EVIDENZE A SUPPORTO DI UN’ORIGINE AMBIENTALE CARATTERISTICHE CLINICHE ANOMALIE METABOLICHE

PARTE II STUDIO E METODI

STUDIO CLINICO 28 PAZIENTI E METODI DOSAGGI ANALISI STATISTICA RISULTATI DISCUSSIONE CONCLUSIONI E PROSPETTIVE FUTURE BIBLIOGRAFIA 71 RINGRAZIAMENTI 80

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PARTE I

DEFINIZIONE

La “Sindrome dell’ovaio micropolicistico” (PCOS) è una endocrinopatia complessa, diagnostica con frequenza nelle donne in età riproduttiva. Fu definita per la prima volta nel 1935, quando Stein e Leventhal la associarono alla presenza di ovaie ingrandite e micropolicistiche, a oligo/amenorrea, anovularietà, irsutismo e obesità. Inizialmente descritta come un disordine esclusivamente riproduttivo, negli ultimi decenni la PCOS è stata ripensata come un disordine sistemico, con importanti implicazioni metaboliche. La PCOS infatti, oltre ad essere la prima causa di infertilità femminile nel mondo occidentale, comporta un aumentato rischio di patologie metaboliche e, probabilmente, cardiovascolari: numerosi studi indicano come le donne con PCOS abbiano un più alto rischio di sviluppare una ridotta tolleranza al glucosio o un franco diabete mellito tipo 2 (DM2)3,5,6, ipertensione, dislipidemia (riduzione delle lipoproteine ad alta densità plasmatiche ed incremento dei trigliceridi) e aterosclerosi4.

EPIDEMIOLOGIA

La PCOS costituisce probabilmente la più comune endocrinopatia della donna in età riproduttiva ma è difficile stabilirne la prevalenza a causa della mancanza di criteri diagnostici univoci (in EU ed Asia ad esempio prevale l’applicazione dei criteri di Rotterdam, negli USA invece prevalgono i criteri NIH7), che rendano le popolazioni agevolmente confrontabili. Si stima che, nella popolazione statunitense, interessi il 5-10 % delle donne, e che la sua prevalenza sia quindi paragonabile a quella dell’ipotiroidismo, dell’irsutismo, dell’osteoporosi1. Recentemente si è dimostrato come la prevalenza della sindrome vari sulla base dei criteri diagnostici utilizzati: Yildiz et al., 2012, hanno riportato che, stando ai dati a loro disposizione, la prevalenza della PCOS fosse del 6,1% con i criteri della National Institutes of Health (NIH), del 19,9% con i criteri di Rotterdam e infine, del 15,3% facendo riferimento ai criteri della Androgen Excess and PCOS Society (AE-PCOS) 8. La prevalenza della sindrome non sembra invece differire tra popolazioni con un differente background genetico: in una review condotta da Wolf et al., 2018, si è concluso che, basandosi sui

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criteri diagnostici NIH ci sia una prevalenza simile, compresa tra il 6 e il 9%, della PCOS tra Stati Uniti, Regno Unito, Spagna, Grecia, Australia, Asia, e Messico9.

Al contrario, le anomalie metaboliche cui si associa la sindrome, in particolare l’intolleranza al glucosio (Impaired Glucose Tolerance, IGT) e il diabete mellito tipo 2 (DM2), sembrerebbero correlare con l’etnia: nella revisione sistematica di Kakoly et al. 2018, la prevalenza per l’IGT è risultata essere 5 volte più alta nelle pazienti asiatiche, 4 volte più alta nelle pazienti americane e 3 volte più alta nelle pazienti europee10.

Per quanto riguarda il trend, sembra che la prevalenza della PCOS sia in aumento assieme a quella dell’obesità, della sindrome metabolica e del diabete mellito sia nei paesi in via di sviluppo che nei paesi sviluppati. Questo dato, assieme al riscontro di una sostanziale immutabilità della prevalenza della PCOS tra popoli diversi (ormai appreso che il primo antenato umano, comune a tutti i popoli, abitava in Africa), ha portato Unluturk et al. 2016, nella loro rassegna, a concludere che questo potrebbe avere una ragione evoluzionistica. Infatti, se si considera che la PCOS anovulatoria sia la causa più frequente di infertilità femminile, la sua elevata prevalenza costituisce di per sé un paradosso. Da una prospettiva evoluzionistica dunque i meccanismi patogenetici (in particolare, i trigger genetici) sottostanti la PCOS potrebbero essere stati in origine fattori candidati ad apportare un vantaggio alla sopravvivenza umana, e dunque conservati dalla selezione naturale, ma che con la variazione delle condizioni ambientali, ed in particolare con l’allungamento della sopravvivenza e l’acquisizione di uno stile di vita sedentario, sono diventati fattori patogenetici causativi di complessi disordini metabolici11.

CRITERI DIAGNOSTICI

I criteri utilizzati per diagnosticare la PCOS hanno subito diversi cambiamenti nel corso del tempo: Stein e Leventhal fornirono la prima descrizione della PCOS annotando le varie gradazioni di ingrandimento delle ovaie, di obesità, di irsutismo, e anovulazione cronica; con la possibilità di dosare la concentrazione plasmatica degli ormoni, i criteri diagnostici furono rivisti per includere l’inappropriata secrezione di gonadrotropine e l’iperandrogenemia12,13; gli sviluppi a carico

dell’ultrasonografia spostarono l’attenzione sulla morfologia ovarica13,14.

Nelle tre decadi passate si sono susseguiti almeno tre tentativi formali nell’identificazione dei criteri diagnostici più efficaci per la PCOS (Figura 1): il primo venne effettuato durante la conferenza del National Institutes of Health (NIH) nel 1990. I criteri diagnostici stabiliti per la

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sindrome, detti criteri NIH/NICHD, furono: iper-androgenismo clinico (irsutismo) e/o biochimico (iper-androgenemia) associato ad oligo-anovulazione e in assenza di altre endocrinopatie note per essere causa di eccesso di androgeni o disfunzione ovarica (come iper-prolattinemia, distiroidismi, tumori androgeno secernenti, disfunzione/iperplasia surrenalica). Nel 2003, la Società Americana per la Medicina Riproduttiva (ASRM) e la Società Europea per la Riproduzione Umana e l’Embriologia (ESHRE) svilupparono un consensus sui criteri diagnostici, noto come “Rotterdam consensus”15. I criteri ESHRE/ASRM aggiunsero specifici riscontri ecografici (ovaie ingrandite (> 10 cm3) contenenti> 12 follicoli di 2–9 mm per ovaio) ai criteri precedentemente definiti dalla conferenza del NIH e raccomandarono che almeno due dei tre caratteri principali fossero presenti perché si potessi fare la diagnosi, qualsiasi fosse la loro combinazione, ammesso che tutte le forme di PCOS secondaria fossero escluse. L’uso dei criteri di Rotterdam condusse ad una significativa moltiplicazione dei fenotipi, partendo dai classici fino alle forme più miti, prive dello stato iper-androgenico13. Fu un passo importante nella storia della PCOS: permise infatti di diagnosticare la sindrome dell’ovaio policistico in donne che ne risultavano escluse con i criteri NIH. Si trattava di quelle donne con ovaie policistiche e iper-androgenismo ma cicli ovulatori e di donne con ovaie policistiche e anovulazione ma normali livelli di androgeni16. Pochi anni dopo, nel 2006, l’”Androgen Excess and PCOS Society” (AE-PCOS), concluse che l’iperandrogenismo fosse tra questi un elemento irrinunciabile per poter formulare la diagnosi, in combinazione con l’anovularietà e/o le ovaie policistiche. Postulò dunque che non potesse esistere un fenotipo normo-androgenico di PCOS. Tuttavia, la Task Force della AE-PCOS, nuovamente riunitasi nel 2009, al termine di una revisione sistematica della letteratura fino ad allora disponibile, ha riconosciuto la possibilità che esistano forme di PCOS senza eclatanti evidenze di iperandrogenismo, riservandosi però di acquisire più dati prima di validare definitivamente questa supposizione13. Nel 2012 infine gli esperti riuniti all’NIH Evidence-Based Methodology Workshop sulla PCOS hanno stabilito che i medici nella pratica clinica facciano riferimento ai criteri di Rotterdam del 2003, per fare diagnosi di sindrome dell’ovaio policistico. Inoltre, hanno individuato i quattro fenotipi clinici con cui può essere descritta la sindrome (Figura 2): il fenotipo completo o classico, il fenotipo anovulatorio, il fenotipo con le ovaie policistiche ed il fenotipo normo-androgenico.

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9 Per questo motivo, negli ultimi tempi, ha preso sempre più piede l’approccio fenotipico17 altamente conveniente per la pratica clinica e la ricerca epidemiologica. Figura 1. I differenti criteri diagnostici per la sindrome dell’ovaio micropolicistico. Da Teede et al. 2010. Figura 2. I fenotipi della sindrome dell’ovaio micropolicistico. Da Baldani 2015.

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10 Infatti, la classificazione fenotipica consente la caratterizzazione della popolazione PCOS secondo la presenza o assenza delle caratteristiche chiave e individua i fenotipi della PCOS come delle “building box” di tutte le esistenti definizioni17. Inoltre, l’approccio fenotipico nella pratica clinica potrebbe facilitare l’identificazione di quelle donne con PCOS che hanno un maggior rischio di disfunzione metabolica (quelle con il fenotipo “classico”)18. Appare sempre più evidente infatti, come le

caratteristiche metaboliche, inclusa l’insulino-resistenza e l’iper-insulinemia compensatoria, lo stato di intolleranza glucidica e le anomalie lipidiche siano molto più associate al fenotipo classico della PCOS e siano strettamente correlate con l’eccesso di androgeni19,20 21. Un’altra importante applicazione risiede nella conduzione della ricerca epidemiologica e negli esami clinici, nei quali l’uso della classificazione permette ai ricercatori di organizzare i risultati in base ad un numero di fenotipi, permettendo il confronto con il resto della popolazione PCOS ben definita.

EZIOPATOGENESI

Sin dalla prima descrizione avvenuta nel 1935 ad opera di Stein e Leventhal, sono state fatte molte ipotesi circa l’eziologia della PCOS e molti meccanismi sono stati chiamati in causa come co-partecipanti della fisiopatologia generale della sindrome, ma la loro importanza relativa, la loro cronologia nella cascata di eventi, che conduce alle diverse forme fenotipiche della PCOS deve ancora essere stabilita22.

Ad oggi, il maggior problema risiede nello stabilire quale componente sia da legare alla genetica e quale invece sia da legare all’ambiente. In ogni caso questo dualismo conflittuale potrebbe essere superato dalle recenti acquisizioni circa l’epigenetica, per cui l’ambiente stesso potrebbe essere fautore di modifiche genetiche23. MECCANISMI CELLULARI E MOLECOLARI Ipertonia dell’LH Nonostante la PCOS sia considerata parte dello spettro della anovulazione normo-gonadotropica normo-estrogenica24, le concentrazioni sieriche di LH e il rapporto LH/FSH sono frequentemente

elevate nelle donne affette25. In particolare, si osserva un incremento della ampiezza e/o della

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Poiché la steroidogenesi ovarica è direttamente collegata allo stimolo gonadotropininico, le alterazioni dell’LH sono indicate come uno dei fattori coinvolti nello sviluppo della PCOS, tanto che l’ipertonia dell’LH, stimolante continuamente la steroidogenesi, era al centro dello schema patogenetico proposto negli anni ’80 da Yen et al27.

Per quanto riguarda la causa dell’eccesso di LH, nel corso del tempo sono state formulate due ipotesi alternative: da un lato, l’iperadrogenismo primitivamente ovarico e/o surrenalico, dall’altro l’alterazione primitiva della regione ipotalamica responsabile di un’anomala azione del pulse generator del GnRH.

In ogni caso, I livelli di gonadotropine non sono mai stati inclusi in nessuno dei criteri diagnostici per la PCOS poiché sono caratteristici gli squilibri nella concentrazione di LH su campioni di sangue random a causa della sua natura pulsatile13. In aggiunta, i livelli di LH potrebbero essere più bassi in donne obese con la PCOS e potrebbero ridursi dopo un ciclo ovulatorio in donne affette da oligo-anovulazione28,29. Inoltre, l’eccesso di LH è una caratteristica incostante nella PCOS per cui è difficile attribuirgli un ruolo di primo piano nella patogenesi.

A causa di questi limiti, recentemente hanno prevalso ipotesi che tendono a vedere in un’alterazione primitiva della steroidogenesi ovarica e/o surrenalica la causa della sindrome.

Iper-androgenismo ovarico e surrenalico

I fattori intrinseci ovarici hanno probabilmente un ruolo importante nella patogenesi della sindrome30. Infatti, studi in vitro hanno dimostrato che le cellule tecali isolate da donne con PCOS, rispetto alle cellule dei controlli, sono caratterizzate da un’iper-espressione di tutti gli enzimi coinvolti nella sintesi androgenica nonché da una aumentata secrezione di 17-idrossi-progesterone (17-OH-P), testosterone e androstenedione rispetto a cellule della teca ovarica di donne normali. In particolare, nell’80% dei casi è stata documentata l’iperattività dell’enzima 17-a-idrossilasi (P450c17), un enzima chiave nella sintesi degli androgeni, e una mancata down regulation in risposta all’eccesso di LH che spiegherebbe la tipica ipersensibilità delle ovaie PCOS all’LH.

Tale squilibrio intraovarico potrebbe essere procurato da modulatori intra o extra-ovarici, fattori esogeni come l’insulino-resistenza e l’iperinsulinemia22,31, tracciando un possibile ponte con i fattori

extra-ovarici.

Per quanto riguarda la possibilità di un’alterazione primitiva fetale del surrene: l’iperproduzione di androgeni surrenalici è riscontrabile nel 30-50% delle pazienti con PCOS.

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L’alterata regolazione del P45017, descritta prima nell’ovaio, potrebbe verificarsi anche a livello surrenalico32.

Secondo Goodarzi 2015, i difetti ereditari degli enzimi responsabili per la steroidogenesi e la sintesi del cortisolo giustificherebbero solo una frazione molto piccola di donne che soffrono di iper-androgenismo o eccesso di precursori adrenergici. Piuttosto, le donne con PCOS sembrerebbero avere una iper-responsività degli androgeni surrenalici all’ACTH, che spiegherebbe il motivo per cui a fronte di normali livelli di ACTH concomitano livelli elevati di androgeni surrenalici33. Alterata Follicologenesi Ovarica Un ambiente iper-androgenico, sia ovarico che extra ovarico, è stato a lungo considerato capace di contribuire ad un’alterata maturazione follicolare, ma è stato solo negli anni 2000 che si è affermato il concetto per cui un fenotipo PCOS possa scaturire dall’esposizione di un feto ad un clima iper-androgenico, per via delle ripercussioni sulle future gonadi femminili34.

Più recentemente, un altro importante modulatore della follicolo-genesi, l’ormone anti-mulleriano (AMH), è stato proposto per avere un ruolo nella patogenesi della PCOS. Infatti, è stata dimostrata la sua eccessiva secrezione nelle pazienti con PCOS35. L’AMH è un membro della superfamiglia delle GFR b prodotto dalle cellule della granulosa dei piccoli follicoli pre-antrali e antrali che sembra esercitare un controllo inibitorio sul reclutamento follicolare iniziale e sulla sensibilità al FSH dei follicoli in crescita36. EVIDENZE A SUPPORTO DI UNA ORIGINE AMBIENTALE L’interazione fra fattori ambientali e ormoni potrebbe giocare un ruolo importante nella patogenesi della PCOS, già in un’epoca molto precoce della vita17, come suggerito da studi condotti sulle figlie

di donne con PCOS, che riportano come l’iper-insulinemia e l’ipo-adiponectinemia si manifesterebbero già prima della pubertà37,38.

Evidenze epidemiologiche e sperimentali, hanno collegato un ambiente deleterio (nutrizionale, metabolico, vascolare, ormonale, tossico) delle gonadi femminili in periodi critici di esposizione come quelli fetale, perinatale, peri-puberale, con un quadro di PCOS nell’età adulta. Particolarmente utili in questo senso si sono rivelati i modelli animali della PCOS. Per esempio, trattando una popolazione di topi gravidi con AMH si è ottenuta la mascolinizzazione del feto

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13 femmina esposto ed un fenotipo riproduttivo e neuroendocrino simile alla PCOS in età adulta: le femmine affette avevano, infatti, i neuroni GnRH persistentemente iper-attivati39. I modelli animali che si sono però rivelati in assoluto i più rivelatori per la PCOS sono quelli che hanno indotto un eccesso di androgeni40-42: è stato dimostrato in diversi mammiferi (roditori, ovini, primati non umani) infatti che l’esposizione ad un eccesso di androgeni in epoca prenatale o in una precoce fase postnatale determini lo sviluppo di caratteristiche tipiche della PCOS. Il raggiungimento dell’età adulta non sembra eludere l’impatto dei fattori ambientali. Ad esempio, alcuni studi suggeriscono che le donne affette da epilessia, disturbi bipolari, emicrania e disturbi dell’umore generalizzati, trattate con acido valproico, possano sviluppare caratteristiche di PCOS43, tra cui ovaie policistiche, iper-androgenismo, obesità e anovulazione e che queste caratteristiche potrebbero scomparire con la sospensione del farmaco. Ovviamente non è sempre stato eticamente possibile sospendere il farmaco per dimostrare questa tesi. Studi recenti hanno dimostrato, però, che l’aumento di peso durante l’uso del valproato è essenziale per lo sviluppo completo del fenotipo PCOS44. Insulino-resistenza La PCOS si associa nel 50-90% delle pazienti ad un quadro di insulino-resistenza45, cui si accompagna l’iper-insulinemia purché la funzione beta cellulare sia conservata. A questo proposito, è stato osservato che il 70% circa delle donne con PCOS che si presentano dal medico per i problemi associati a questa patologia mostri, se opportunamente indagato, un difetto di azione insulinica17. In molti casi di PCOS è stato attribuito all’insulino-resistenza un ruolo patogenetico di primo piano. Infatti, è noto il ruolo dell’insulina nel modulare la steroidogenesi ovarica e surrenalica: essa agisce a livello centrale attraverso l’incremento della secrezione di LH, e a livello periferico favorendo l’attività androgeno-sintetica ovarica e surrenalica, come se fosse una co-gonadotropina.

A supporto dell’ipotesi che l’azione dell’insulina sull’ovaio abbia un ruolo centrale nella patogenesi della PCOS, sono stati realizzati alcuni modelli animali. In particolare, nello studio di Wu S. et al. 2014, è stato realizzato un modello di topo caratterizzato da un difetto del recettore insulinico espresso selettivamente nelle cellule della teca ovarica. In questo studio è stato osservato che se le femmine del topo, con o senza questo difetto, venivano iperalimentate, essere diventavano obese e iper-insulinemiche, come atteso, nonché iper-androgeniche e infertili. Queste alterazioni endocrino-riproduttive erano però notevolmente attenuate dalla presenza del difetto

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recettoriale selettivo, suggerendo che l’azione dell’iper-insulinemia sulla cellula tecale è fondamentale nel determinare tali alterazioni46.

L’iper-insulinemia inoltre incrementerebbe l’iper-androgenemia inibendo la sintesi epatica delle proteine leganti gli androgeni, le SHBG (Sex Hormone Binding Globuline), e delle proteine leganti il fattore di crescita insulino-simile (Insulin-like Growth Factor, IGF), ovvero le IGFBP (Insulin-like Growth Factor-Binding Protein), modulatori della sua attività, con conseguente incremento dell’attività di quest’ultimo. Questo fenomeno spiegherebbe, da un lato, perché i livelli di testosterone totale non siano indicativi dello stato di iper-androgenismo legato alla PCOS a differenza dei livelli di testosterone libero47, dall’altro lato spiegherebbe anche come l’insulina possa

stimolare la sintesi ovarica di androgeni in donne insulino-resistenti, ovvero servendosi della mediazione del sistema autocrino paracrino IGF1-IGF1BP-IGF1recettore, con l’IGF1 quale potente promotore della sintesi ovarica di androgeni LH dipendente48 e le IGFPB quali modulatori dell’azione di IGF1, come dimostrato in modelli animali che si sono serviti di ratti. Siccome IGF1 stimola anche l’attività dell’enzima 5α-reduttasi, che a livello ovarico e periferico svolge un ruolo chiave nel trasformare il testosterone nel suo metabolita attivo diidrotestosterone, risulta chiaro come l’aumentata disponibilità di IGF1 in donne iper-insulinemiche possa amplificare una delle manifestazioni cliniche di questa sindrome, quale l’irsutismo.

Tale cascata fisiopatologica concorderebbe con i ritrovamenti della revisione sistematica e metanalisi condotta da Chuyan Wu 2017, che ha concluso come nelle donne con PCOS sia riscontrabile una aumentata attività della 5-a-reduttasi e come questa sia fortemente correlata e in definitiva dipenderebbe dall’insulino-resistenza, indipendentemente dall’indice di massa corporea49.

Per quanto riguarda la sua origine, potrebbe essere genetica, ma potrebbe anche rappresentare una delle conseguenze di uno sviluppo e programmazione fetale anomali, in relazione a circostanze ambientali di squilibrio, come evidenziato per la sindrome metabolica, con cui condivide numerosi aspetti, negli studi di Barker50. Qualunque sia la sua origine, l’insulino-resistenza sembra essere una porta attraverso cui fattori ambientali come nutrizione, bilancio energetico, microbiota intestinale51 e inquinamenti chimici52,53 sono in grado di influenzare il decorso di questo disordine.

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15 Iper-androgenismo Anche gli androgeni giocano certamente un ruolo patogenetico centrale in questa sindrome, e l’iper-androgenismo è riscontrabile in una frazione significativa di donne affette da PCOS, pari all’80% secondo alcuni autori54.

Negli anni, numerosi modelli animali hanno permesso di studiare le conseguenze di un eccesso di androgeni nelle varie fasi dello sviluppo. Ad esempio, è stato dimostrato che nelle scimmie rhesus, l’esposizione fetale ad un eccesso di androgeni induca una cascata irreversibile e prevedibile di cambiamenti fisiologici che includono la pubertà ritardata, la disfunzione ovarica55,

l’iper-androgenismo ovarico con anovulazione56 e in età adulta un indice di massa corporea aumentato e l’insulino-resistenza57, tutti aspetti caratteristici della PCOS58.

In maniera simile, lavori sulle pecore che hanno consistito nella somministrazione di testosterone in fasi diverse della gravidanza59 hanno evidenziato come nelle adulte compaiano l’ipertonia dell’LH di origine neuroendocrina, l’iper-androgenismo funzionale con ovaie policistiche e infertilità dovuta all’anovulazione, se le madri sono state esposte agli androgeni nella prima parte della gravidanza. Sono stati anche notati ritardo di crescita intrauterino, insulino-resistenza, ipertensione e cambiamenti comportamentali.

Sappiamo inoltre che la PCOS può essere secondaria a qualsiasi condizione di eccesso di ormoni androgeni, endogeni o esogeni che siano. Ad esempio, un quadro di PCOS secondaria si può osservare in presenza di alcuni deficit enzimatici surrenalici congeniti, primo fra tutti quello più comune della 21-idrossilasi, laddove questi deficit conducano a un’iperproduzione di androgeni surrenalici. A lungo andare queste patologie, se non adeguatamente trattate, si possono complicare con un iper-androgenismo anche ovarico e con altre manifestazioni tipiche della PCOS.

Per quanto riguarda l’origine dell’iper-androgenismo, essa potrebbe essere genetica oppure ambientale: fattore estrinseco che contribuisce sicuramente all’ ipersecrezione ovarica e surrenalica di androgeni è l’insulina. Inoltre, vi siano evidenze, anche se più controverse, che l’attenuazione dell’iper-androgenismo possa migliorare l’insulino-resistenza di queste pazienti, suggerendo la possibilità di circoli viziosi nella patogenesi della PCOS in cui iper-insulinemia e iper-androgenismo si potenziano reciprocamente60.

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Endocrine Disruptors

Questi prodotti sintetici o naturali mimano gli ormoni endogeni e/o impediscono la loro azione. L’evidenza epidemiologica e sperimentale supporta il ruolo degli Endocrine Disruptors (ED) nella fisiopatologia della PCOS sia mediante l’esposizione in utero attraverso la madre, sia attraverso l’esposizione cronica in età adulta, interferendo questa con la maturazione follicolare, la steroidogenesi ovarica e/o il manifestarsi dell’insulino-resistenza23. Tuttavia, le tempistiche di

esposizione agli ED sembrerebbero essere fondamentali per l’intensità degli affetti avversi provocati ed è noto adesso come i gruppi più suscettibili siano i feti, i neonati e/o i bambini piccoli, specialmente nelle fasi più precoci dello sviluppo. Infatti, l’esposizione prenatale agli ED che mimano l’azione degli ormoni endogeni potrebbe contribuire ad una alterata programmazione fetale portando ad una PCOS in età adulta ma anche ad altri effetti sulla salute riproduttiva, potenzialmente in modo transgenerazionale61. Inoltre, sono stati inclusi tra i fattori di rischio nello sviluppo di obesità, endocrinopatie, diabete mellito tipo 2 e carcinomi ormono-dipendenti62.

Il Bisfenolo A è l’agente più caratteristico63: è usato in numerose plastiche, resine e PVC, che si ritrovano negli utensili domestici di uso quotidiano e nella catena alimentare (imballaggi, bottiglie di plastica, ecc.). Recentemente è stato dimostrato che le donne con PCOS iperandogenico hanno mediamente livelli più elevati di Bisfenolo A nei loro fluidi biologici rispetto ai controlli sani64. L’esposizione prenatale al BPA è associata ad una attività simil-androgenica, infatti esso ha una minor affinità di legame con proteine come l’SHGB materno, non viene trasformato in estrogeno dall’aromatasi e attraversa facilmente la placenta65,66.

Modificazioni epigenetiche

Appare adesso probabile che la PCOS si verifichi come risultato della congiunzione dei fattori genetici e ambientali. Infatti, gli studi genetici hanno chiamato in causa più di 20 geni quali fattori di rischio per la sindrome, che collettivamente spiegano meno del 10% dei casi di PCOS. Dunque si tende a considerare adesso che alleli rari e modificazioni epigenetiche, potrebbero costituire una chiave patogenetica nell’oltre 90% dei casi di PCOS67 restanti.

I genotipi protettivi o suscettibili coinvolti, potrebbero essere influenzati da fattori ambientali mediante modifiche epigenetiche quali la metilazione del DNA, lo stato degli istoni, l’espressione dei miRNA, come già evidenziato per alcune malattie croniche degli adulti, che potrebbero poi essere trasmesse a diverse generazioni successive68.

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Supponendo che anche la PCOS potesse essere spiegata in questo modo69 si è passati ad

analizzare i livelli di metilazione delle citosine nei promotori dei geni candidati, ottenendo dei risultati significativi. Nei modelli di PCOS indotti nei ratti mediante iper-androgenemia fetale sono stati riportati l’iper-metilazione del gene PPARy, del gene LMNA e del promotore del gene del recettore LH/CG, nonché l’ipo-metilazione del co-repressore nucleare del fattore NCOR1.

Numerosi autori hanno provato ad analizzare i metilomi nei casi di PCOS in maniera più sistematica. Shen et al.70, hanno riportato 79 geni con una differente metilazione in un gruppo di PCOS con

insulino-resistenza paragonato ad un gruppo di PCOS non insulino-resistenti e 43 geni se paragonato al gruppo di controllo.

Alcuni di questi geni erano coinvolti nel signaling molecolare, nell’infiammazione, nel controllo metabolico o nei processi di proliferazione, passibili dunque di un coinvolgimento nello sviluppo della PCOS.

EVIDENZE A SUPPORTO DI UNA ORIGINE GENETICA

Lo schema famigliare della PCOS, avallato da alcuni studi che riportano che approssimativamente il 35% delle madri e il 40% delle sorelle di donne con PCOS ne sono altrettanto affette71, e la

concordanza al 72% ritrovata in gemelli omozigoti72, hanno a lungo suggerito un ruolo dei fattori genetici73.

La scoperta che circa il 50% delle sorelle di donne con la PCOS abbiano concentrazioni di testosterone totale o libero elevate fornisce un ulteriore supporto all’ipotesi che fattori genetici influenzino le concentrazioni di androgeni. Inoltre, anomalie nel metabolismo glucidico come l’insulino-resistenza, l’intolleranza al glucosio (IGT) e il diabete mellito di tipo 2, tendono a clusterizzare in famiglie con PCOS 74.

Comunque, accanto a mutazioni vere, negli ultimi anni vari studi hanno cercato varianti genomiche di suscettibilità, prima attraverso la valutazione di geni candidati, e poi mediante lo studio sistematico del genoma con tecniche di associazione genome-wide (Genome Wide Association Study, GWAS).

In particolare, i maggiori geni candidati per la PCOS sono stati individuati a partire da considerazioni su quanto noto a proposito della patogenesi fino a quel momento. Essi possono essere suddivisi in tre gruppi: geni coinvolti nella biosintesi e nell’azione degli androgeni, geni coinvolti nel metabolismo e geni correlati a citochine pro-infiammatorie75.

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Nel primo gruppo ritroviamo: il gene CYP17A1 che codifica per l’enzima P450c17a, che permette la conversione del progesterone in testosterone e i cui polimorfismi sono stati associati ad un aumento dei livelli di testosterone; il gene che codifica per il recettore degli androgeni, che si ritrova sul cromosoma X, per il quale è stato evidenziato da alcuni come polimorfismi a carico della sequenza CAG nell’esone 1 possano modificare la relazione tra insulino-resistenza e testosterone, in particolare la sua lunghezza sarebbe inversamente proporzionale alle sensibilità agli androgeni76; infine, il gene che codifica per SHBG.

Nel secondo gruppo ritroviamo: il gene che codifica per l’insulina, per il recettore dell’insulina e per il primo substrato del recettore dell’insulina (IRS-1) nella cascata del signaling intracellulare, nonché geni associati al tessuto adiposo e all’obesità: l’obesità si riscontra approssimativamente nel 50% della popolazione delle PCOS, quindi un gene fortemente associato all’obesità, FTO, è stato considerato candidabile per la ricerca nelle popolazioni PCOS ed è stato poi riscontrato come fortemente associato alla PCOS . Un ruolo particolarmente rilevante è stato attribuito al gene che codifica per la serina chinasi (PI3-K) coinvolta nella fosforilazione del recettore insulinico, per la quale sarebbe stata dimostrata una mutazione congenita attivante. Infatti nel 50% circa dei casi77 di PCOS è stata riscontrata la presenza di un difetto del legame post recettoriale nel

percorso di trasduzione del segnale intracellulare probabilmente dovuto all’incremento, sia a carico del recettore insulinico sia a carico del substrato recettoriale-1 (IRS-1), della fosforilazione dei residui serinici che affliggerebbe selettivamente le vie metaboliche ma non mitogene nei tessuti target dell’insulina e nell’ovaio. Nel terzo gruppo, ci sono geni che codificano per citochine pro-infiammatorie come TNFa, interleuchine 6, 1A, 1B e PAI. Infatti, la PCOS è considerata uno stato di malattia pro-infiammatorio e i geni correlati all’infiammazione cronica potrebbero contribuire all’incidenza della PCOS tramite un ruolo intermedio mediato dall’iper-androgenismo, dall’obesità (caratterizzata da un eccesso di acidi grassi liberi) e dall’anovulazione.

Con l’introduzione di piattaforme per la genotipizzazione capaci di valutare centinaia di migliaia di polimorfismi a singolo nucleotide (Single-Nucleotide Polymorphism, SNPs) in un singolo esperimento e con il completamento del “1000 genome project”, che ha messo a disposizione i genomi completi di più di mille individui, un nuovo approccio di associazione caso-controllo è stato applicato a molte malattie multi-geniche di comune riscontro con grande successo.

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I primi dati che supportavano una eziologia monogenica per la PCOS sono stati confutati da multipli studi GWAS che mostrano come la PCOS sia assimilabile ad un disordine genetico complesso con alleli multipli che apportano ciascuno un piccolo contributo al rischio complessivo76.

Secondo McAllister et al. 2015, gli studi GWAS hanno identificato numerosi loci genici candidati per la PCOS, tra i quali i più forti sono risultati essere FSHR, LHCGR, INSR, DENND1A e THADA (il gene associato all’adenoma tiroideo, localizzato sul cromosoma 9)76,78.

Ultimamente ha destato un particolare interesse DENND1A, un gene codificante per il fattore connecdenn-1 fortemente espresso nelle cellule ovariche e surrenaliche preposte alla steroidogenesi e che sembra partecipare alla regolazione della via degli androgeni tramite CYP17A1. È stato identificato attraverso studi sistematici di associazione nella popolazione cinese e che ha poi confermato l’associazione con la PCOS anche in popolazioni diverse, soprattutto asiatiche. Studi molecolari avviati dopo questi riscontri hanno documentato che il gene è espresso a livello delle cellule tecali, in misura maggiore nelle donne con PCOS, e che la sua iper-espressione in cellule tecali coltivate da donne sane induce modificazioni funzionali compatibili con la patologia, con iperproduzione di androgeni79.

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CARATTERISTICHE CLINICHE

La sindrome si concretizza in un insieme di disfunzioni ormonali croniche che portano ad un disordine clinico polimorfo di gravità variabile.

MANIFESTAZIONI LEGATE ALL’IPERANDROGENISMO

L’eccesso di androgeni è responsabile dell’irsutismo, della pelle untuosa, dell’acne e, a livello ovarico, dell’ispessimento dell’albuginea. Irsutismo L’irsutismo, presente nel 60% circa delle pazienti, è forse il principale motivo di consulenza medica80 ed è una delle espressioni dello stato iperandrogenico della PCOS. Per irsutismo si intende la crescita eccessiva di peli di tipo terminale (robusti e pigmentati) con distribuzione tipicamente maschile, cioè in aree androgeno-dipendenti quali labbro superiore, regione sotto mentoniera, branca montante della mandibola, areole e area intermammaria, linea alba, dorso, regione sacrale. Gli androgeni svolgono un ruolo fondamentale nel determinare il tipo e la distribuzione dei peli.

Acne Vulgaris

L’Acne Vulgaris è presente nel 15-25% delle donne con PCOS, e rappresenta anch’essa una manifestazione clinica legata all’iperandrogenismo. Si stima che circa l’80% delle donne con acne severo, il 50% di quelle con acne moderata e il 30% di quelle con acne lieve, abbiano elevati livelli di androgeni circolanti nel sangue, senza che tuttavia esista una relazione tra la severità dell’acne e i livelli di androgeni circolanti. Alopecia Androgenica L’alopecia è un’altra delle manifestazioni legate all’iper-androgenismo, ma tra queste è quella con la minor frequenza. Inoltre, solo in un decimo delle pazienti che presentano l’alopecia isolata viene fatta diagnosi di PCOS. Si presenta come un diradamento diffuso, una retrazione della linea frontale del cuoio capelluto e talvolta come un triangolo di al di dietro di questa. In ogni caso, il suo riscontro dovrebbe essere seguito da uno screening per l’iper-androgenemia81.

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Ovaie Policistiche

L’ovaio policistico si presenta ingrandito, liscio, mammellonato, con albuginea a-vascolare e ispessita di aspetto porcellanaceo. A livello sub-capsulare sono presenti numerosi follicoli di 2-10mm di diametro con ridotto numero di cellule della granulosa e iperplasia delle cellule tecali. Occasionalmente sono presenti corpi lutei o corpi albicanti. L’iperplasia delle cellule tecali è il dato più costante, mentre le cellule della granulosa sono talvolta ridotte di numero. L’anormalità fondamentale è quindi la presenza di un numero aumentato di follicoli primari reclutati con arresto maturativo e un aumento dei follicoli in atresia. MANIFESTAZIONI LEGATE ALL’IPERINSULINEMIA Acanthosis Nigricans Nelle pazienti con PCOS affette da obesità e marcata iperinsulinemia è possibile riscontrare, in un 3,6% dei casi, una manifestazione dermatologica che è considerata un marker di insulino-resistenza82: si tratta dell’Acanthosis Nigricans, che consiste in ispessimento, iper-pigmentazione e formazione di placche ruvide di pelle prevalentemente a livello delle pieghe cutanee, sebbene non sia possibile escludere il coinvolgimento di altre aree83. La formazione di queste placche è dovuta all’iper-insulinemia provocata dall’insulino-resistenza84,85. L’iperinsulinemia favorisce il legame dell’insulina ai recettori per i fattori di crescita insulino-simili sui cheratinociti e sui fibroblasti con conseguente iperplasia dello strato epidermico spinoso cui si aggiunge un ricco deposito di pigmento nell’epidermide e nel derma85. La pelle in corrispondenza delle pieghe e la superficie

flessoria degli arti è più ruvida, più spessa e più pigmentata del normale. Queste caratteristiche sono più evidenti nelle regioni posteriori e laterali del collo e a livello delle ascelle ma anche lo sviluppo sugli arti è abbastanza comune, in particolare a livello di gomiti, ginocchia, nocche e in corrispondenza della piega inguinale.

MANIFESTAZIONI LEGATE ALLE ALTERAZIONI NEUROENDOCRINE

Dal punto di vista neuroendocrino il carattere distintivo della sindrome è l’inappropriata secrezione delle gonadotropine.

Parallelamente alla iper-reattività dell’asse LH-teca ovarica, già discusso, si osserva una ipo-funzionalità dell’asse FSH-granulosa ovarica: i livelli di FSH sono da normali a lievemente ridotti e

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non si innalzano fino ai livelli soglia richiesti durante la fase follicolare precoce del ciclo mestruale per stimolare la normale maturazione follicolare86: è presente infatti una concentrazione

costantemente uniforme di FSH, assestato su valori di circa il 30% inferiori ai valori di riferimento27.

Il decremento relativo di FSH potrebbe in parte spiegare il difetto di follicolo-genesi, con arresto maturativo dei follicoli alla fase antrale.

Si osservano inoltre elevati livelli di estrone (E1) circolante. Ciò è dovuto a due meccanismi biochimici: alla conversione periferica degli androgeni (aromatizzazione degli androgeni a livello di tessuto adiposo e cute); alla esaltata attività aromatasica androgeno-dipendente delle cellule ovariche della granulosa. Tale iper-estrogenismo è evidente soprattutto nelle pazienti obese.

L’estradiolo (E2) invece assume valori analoghi a quelli di donne eumenorroiche a metà fase follicolare. Viene per questo a mancare il feedback positivo ovaio-ipofisi e ciò potrebbe rappresentare una delle cause dell’anovularietà.

La ridotta secrezione di progesterone, causata dall’anovulazione cronica, è un altro aspetto che caratterizza la sindrome. L’esposizione ad elevati livelli di estrogeni non bilanciati da congrui livelli di progesterone predispone queste donne a sviluppare l’iperplasia atipica dell’endometrio87.

Le alterazioni neuroendocrine presenti nella sindrome sono quindi responsabili delle irregolarità mestruali, che si manifestano sin dal menarca o dopo un breve periodo da questo, dell’anovulazione cronica, delle condizioni associate all’eccesso di estrogeno debole in relazione anche alla carenza relativa di progesterone (iper-prolattinemia, iperplasia endometriale).

Irregolarità mestruali

Le irregolarità mestruali si esprimono soprattutto come oligomenorrea e amenorrea secondaria, meno frequentemente come amenorrea primaria e piuttosto raramente come polimenorrea. Probabilmente la forma più comune è quella della presenza di mestruazioni erratiche da anovulazione. Infatti, in genere queste donne hanno quantità adeguate di estrogeni biologicamente attivi ma sono deficienti in progesterone. Questo comporta un costante stimolo mitogeno sull’endometrio, con iperplasia endometriale e intermittente sanguinamento disfunzionale. Raramente, se predomina l’iper-androgenismo, si può osservare all’opposto atrofia endometriale. Le alterazioni del ciclo mestruale sono la conseguenza dell’anovularietà, che a sua volta rappresenta la risultante dell’eccesso di secrezione androgena cui concorrono anche l’iper-insulinemia e l’iper-increzione cortico-surrenalica.

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23 Anovularietà Cronica L’anovulazione cronica spiega l’infertilità, un problema che affligge più del 25% delle donne con PCOS la cui patofisiologia sembra essere multifattoriale. Iper-prolattinemia

Circa il 40% delle pazienti presenta livelli di prolattina sierica modestamente aumentati in conseguenza agli aumentati livelli circolanti di estrone77. Iperplasia Endometriale Atipica/Carcinoma Endometriale I sanitari e le donne con PCOS, secondo quanto raccomandato dalle linee guida per la diagnosi e la gestione della sindrome dell’ovaio policistico di Helena j. Teede et al.,2018, dovrebbero essere a conoscenza dell’aumentato rischio, da 3 a 6 volte la norma, di carcinoma endometriale, che spesso si presenta prima della menopausa; in ogni caso il rischio assoluto di carcinoma endometriale rimane relativamente basso88.

Sindrome delle apnee ostruttive nel sonno

Le donne con la sindrome dell’ovaio policistico hanno un una aumentata prevalenza di sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (Obstructive Sleep Apnea Syndrome, OSAS), che correla positivamente con i livelli di androgenemia. Invece il progesterone accelera la ventilazione e, nel

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ANOMALIE METABOLICHE

Studi prospettici e randomizzati hanno evidenziato nelle pazienti con PCOS, un aumentato rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2, dislipidemie, tumori e malattie cardiovascolari3,4,6. La PCOS si

associa inoltre ad una ridotta attività fibrinolitica, dovuta all’aumento dei livelli circolanti dell’inibitore dell’attivatore del plasminogeno90. Diabete Mellito Tipo 2 L'incidenza del diabete mellito di tipo 2 è 10 volte più alta nelle donne con sindrome dell'ovaio policistico rispetto alle donne sane negli USA2. Inoltre, dal 30 al 50% delle donne con PCOS possono sviluppare intolleranza al glucosio o diabete mellito di tipo 2 dopo l'età di 30 anni91. Obesità L’obesità complica la sindrome in circa la metà delle pazienti, influenzandone anche l’espressione e la severità fenotipica92. Una caratteristica tipica delle donne obese affette da PCOS, se confrontate con le donne obese non interessate da disfunzione ovarica, è l’accumulo preferenziale dell’adipe in regione addominale: tali pazienti assumono cioè il fenotipo androide di obesità93, contrassegnato dalla perdita del fisiologico rapporto vita/fianchi (WHR= waist/hip ratio) che nel sesso femminile assume normalmente valori inferiori a 0.85 e che nella PCOS tende invece ad assumere valori superiori a 0.85.

Si ipotizza che alla base di questa tendenza vi siano le alterazioni neuroendocrine che caratterizzano la sindrome: infatti, la testosteronemia, soprattutto la sua frazione libera, è positivamente correlata con la percentuale di grasso addominale nelle donne con PCOS94; anche il

cortisolo sembra influenzare la distribuzione di grasso corporeo, in particolar modo in presenza di insulina, e negli stati anovulatori cronici, a causa della perdita dell’azione antagonista del progesterone95. Un’obesità grave e persistente è un fattore di rischio per lo sviluppo della PCOS (Figura 3) in quanto esso stesso è un fattore di rischio per l’anovulazione cronica e la distribuzione del grasso sembra avere un ruolo addirittura più importante del peso in sé stesso. Tra le donne obese e le donne con PCOS sembrano sussistere gli stessi meccanismi che portano all’anovulazione cronica: eccesso di secrezione di LH e androgeni, iperinsulinemia ed insulino-resistenza. Dunque, PCOS e

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obesità sarebbero entrambe causative di anovularietà e per di più lo sarebbero con gli stessi meccanismi. Figura 3. Relazione tra PCOS e Obesità. Da Barber, T. 2019. Steatosi epatica

Numerosi studi caso–controllo hanno dimostrato che la prevalenza della steatosi epatica non alcolica (Non Alcoholic Fatty Liver Disease, NAFLD) è marcatamente aumentata nelle giovani donne con PCOS, indipendentemente dal sovrappeso/obesità e da altre caratteristiche della sindrome metabolica coesistenti, e che queste donne hanno un aumentato rischio di sviluppare forme più severe della stessa, tanto da ipotizzare un nuovo asse epato-ovarico96.

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Sindrome Metabolica

La sindrome metabolica (sindrome X, sindrome dell’insulino resistenza) consiste in una costellazione di anomalie metaboliche che conferiscono un aumentato rischio di sviluppare patologie cardiovascolari e diabete mellito. Le caratteristiche principali della sindrome sono l’obesità centrale, l’iper-trigliceridemia, i bassi livelli di HDL, l’iperglicemia e l’ipertensione.

L'incidenza della sindrome metabolica è da due a tre volte superiore tra le donne con PCOS rispetto alle donne sane della stessa età e indice di massa corporea, mentre il 20% delle donne con PCOS di età inferiore ai 20 anni ha già manifestato la sindrome metabolica97.

L’ipotesi maggiormente accettata e unificante, per descrivere la fisiopatologia della sindrome metabolica è l’insulino resistenza, causata da una sistemica deficitaria risposta all’insulina, non ancora pienamente compresa. Accanto a questa, recentemente è stata chiamata in causa la sovrabbondanza di acidi grassi liberi circolanti derivanti in misura preponderante dai depositi di trigliceridi presenti a livello del tessuto adiposo, per azione delle lipasi intracellulari: la lipolisi è normalmente antagonizzata dall’insulina, per cui aumenta in caso di insulino-resistenza. Gli acidi grassi circolanti compromettono l’up-take di glucosio insulino mediato e si accumulano in forma di trigliceridi sia a livello del muscolo scheletrico che cardiaco, mentre l’aumentato flusso di acidi grassi aumenta la produzione di glucosio e trigliceridi, che si accumulano a livello epatico (da cui la NAFLD). Anche la resistenza alla leptina è stata annoverata tra i meccanismi che contribuiscono al profilarsi della sindrome metabolica98. Dislipidemia Uno studio recente, Qi Liu et al. luglio 2019, riporta come più del 70% delle donne affette dalla PCOS presentino una dislipidemia caratterizzata da una mite ipercolesterolemia con un decremento delle HDL e un incremento dei trigliceridi, al pari di quanto avviene nella sindrome metabolica99. Lo stesso studio ipotizza che all’origine della PCOS possa esserci uno stato di dislipidemia, e porta alcune evidenze sperimentali a favore: modelli animali di ratti alimentati con una dieta ad alto contenuto di grassi, arrivano a presentare le alterazioni metaboliche e ovariche che sono frequentemente riscontrabili nella PCOS, suggerendo quindi un possibile impatto della iper-lipidemia sul profilo ormonale. Inoltre, l’obesità esercita un chiaro effetto sulla qualità degli oociti e sugli embrioni nella loro fase di crescita precoce che è innescata dalla lipotossicità.

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Alcuni studi hanno mostrato che geni ipo-metilati coinvolti nella sintesi dei lipidi e degli steroidi promuovono la sintesi degli ormoni steroidei, inclusi gli androgeni. Questi studi suggeriscono che l’iper-androgenismo sia una importante causa di anomalie lipidiche.

Spalkowska et al. 2018, hanno osservato che sussistono delle differenze fenotipo-specifiche nel profilo lipidico sulla base dei livelli di androgeni, suggerendo che questi giochino un ruolo rilevante nell’iper-lipidemia100.

Malattie Cardiovascolari Alcuni autori hanno inoltre osservato che il rischio di infarto miocardico è doppio tra le donne in post menopausa con iper-androgenismo e una storia di grave oligomenorrea rispetto alle donne che presentavano cicli mestruali regolari101. Tuttavia, altri studi hanno riportato risultati contrastanti rispetto ai primi102 e ulteriori dati sono necessari per valutare il rischio cardiovascolare nelle donne con PCOS.

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PARTE II

STUDIO CLINICO

Questo studio si propone di: • Analizzare le caratteristiche cliniche, biochimiche e metaboliche delle pazienti affette dalla sindrome dell’ovaio micropolicistico, diagnosticata secondo i criteri diagnostici della Consensus Conference ESHRE-ASRM del 2003. • Descrivere le caratteristiche delle pazienti magre insulino-resistenti della nostra casistica. • Dividere le pazienti nei 4 fenotipi descritti secondo i criteri diagnostici AES 2006 e valutare eventuali differenze in termini di presentazione clinica, profilo lipidico e metabolico. 
 PAZIENTI E METODI Sono state incluse in questo studio retrospettivo 598 pazienti affette da PCOS, tutte reclutate presso il reparto di Endocrinologia dell’AOUP. In tutte le 598 pazienti arruolate nello studio sono stati raccolti i dati anamnestici, antropometrici, clinici e di laboratorio. In particolare, la valutazione clinica è stata suddivisa in due fasi: in primo luogo, le indagini necessarie ai fini diagnostici e poi quelle utili a definire la presenza e l’entità delle anomalie metaboliche potenzialmente associate alla sindrome. Ai fini della diagnosi si sono adoperati i criteri diagnostici di Rotterdam (Diagnostic criteria of PCOS: ESHRE-ASRM 2003), includendo, quindi, nello studio le pazienti che presentavano almeno due tra: • Iper-androgenismo clinico (acne, seborrea, alopecia, irsutismo) e/o biochimico; 
 • Oligo-anovulazione (ciclo mestruale > 35 giorni); 
 • Policistosi ovarica (almeno un ovaio con 12 o più follicoli di diametro compreso tra 2 e 9 mm, a prescindere dalla loro disposizione e/o volume ovarico >10 cm).

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Adoperando i criteri di Rotterdam, la diagnostica poggia su 4 aspetti:

1) L’esame clinico comprensivo della valutazione di eventuali segni clinici di iper-androgenismo come acne, alopecia, irsutismo. Per la diagnosi di irsutismo si è fatto riferimento allo score di Ferriman-Gallway, un metodo di valutazione e quantificazione dell’irsutismo che, valutando 9 aree corporee, assegna un punteggio compreso tra 0 (assenza di peli terminali) e 4 (copertura completa) in ciascuna area. Un punteggio superiore a 8 è diagnostico per irsutismo nelle donne caucasiche). Inoltre, per valutare uno stato di iperandrogenismo biochimico si è effettuato il dosaggio degli androgeni;

2) Raccolta di dati anamnestici riguardanti la presenza di eventuali irregolarità mestruali e valutazione della funzione ovulatoria. Infatti, un ciclo regolare in una donna che ha altre manifestazioni di PCOS non esclude l’anovulazione: per verificare che l’ovulazione sia effettivamente avvenuta o meno sono state fatte valutazioni seriate in almeno due cicli, dei livelli di progesterone in presupposta fase luteinica (idealmente circa una settimana prima del ciclo successivo). 3) Valutazione della morfologia ovarica da parte di un singolo operatore tramite ecografia con sonda transvaginale o con sonda addominale (Hitachi 3.5- MHz e 5MHz). 4) Esclusione delle forme di PCOS secondaria. Per quanto riguarda l’esclusione delle altre cause di iper-androgenismo gli esami effettuati sulla base della probabilità di queste patologie e dei costi legati al loro accertamento, sono stati: un dosaggio sistematico dell’ormone tireostimolante (TSH) e degli ormoni tiroidei, per escludere patologie tiroidee; della prolattina, per escludere un prolattinoma o altre cause di iper- prolattinemia (definita come la presenza di livelli sierici di PRL al di sopra del range normale di 25- 30 ng/ml), e del 17-idrossiprogesterone, per escludere un difetto surrenalico congenito della 21-drossilasi. Nelle pazienti i cui livelli basali di 17-OH-P erano > 2ng/ml è stato fatto un ACTH test per escludere una iperplasia surrenalica congenita: è stato misurato il 17-OH-P prima e dopo 30 minuti dalla somministrazione di 0,25 mg di ACTH di sintesi; le pazienti con valori di 17-OH-P > 5 ng/ml dopo ACTH test sono state escluse dallo studio.

In presenza di elementi clinici suggestivi è apparso ragionevole valutare altre ipotesi, come quelle di acromegalia, sindrome di Cushing o quadri di severa insulino-resistenza.

Nei casi in cui si è voluto escludere la malattia/sindrome di Cushing le pazienti sono state sottoposte al test di soppressione rapida con desametasone: dopo somministrazione di 1mg di desametasone

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30 per os alle ore 23:00 è stato valutato il livello di cortisolo plasmatico il mattino successivo. Le pazienti con valori di cortisolo >18-20 ng/dl dopo il test di soppressione sono state escluse dallo studio.
 Nei casi in cui la storia clinica di iper-androgenismo fosse a esordio brusco e rapido aggravamento, si è ricorsi a tecniche di imaging ed eventualmente al cateterismo selettivo dei vasi venosi ovarici e/o surrenalici, per escludere tumori ovarici e/o surrenalici. Sono state, quindi, escluse dal nostro studio le pazienti che presentavano: • Sindrome adrenogenitale o iperplasia surrenalica congenita 
 • Iper-tecosi ovarica 
 • Tumori ovarici o surrenalici secernenti androgeni 
 • Malattia/sindrome di Cushing 


• Sono state inoltre escluse le pazienti che dei 3 criteri diagnostici di Rotterdam ne presentavano solo 1, ovvero le donne affette da iperandrogenismo idiopatico (coloro che presentano solo 
iperandrogenismo clinico e/o biochimico, senza oligo-anovulazione e senza aspetto 
PCO-like ovarico all’ecografia pelvica) e le donne affette da irsutismo idiopatico (coloro che presentano solo 
iperandrogenismo clinico senza iperandrogenismo biochimico, senza oligo-anovulazione, senza aspetto PCOS-like ovarico all’ecografia pelvica) • Iper-prolattinemia 
 • Ipotiroidismo • Severa insulino-resistenza (con criteri di eleggibilità fissati a 115 mg/dL per la glicemia basale e/o 140 mg/dL dopo 2 ore, dopo curva da carico orale di glucosio). Al fine di valutare lo stato generale e le eventuali anomalie metaboliche associate in ciascuna paziente sono state eseguite la misurazione di peso e altezza, della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca, l’auscultazione cardiaca e toracica e dell’IMC (IMC, indice di massa corporea, noto anche come BMI, Body Mass Index). L’IMC è stato misurato usando la formula: peso (kg) /altezza2(m2). Sono state incluse nel gruppo delle pazienti magre, le ragazze con un IMC < 25 Kg/m2, mentre le ragazze con un IMC > 25 Kg/m2 sono state incluse nel gruppo delle pazienti sovrappeso e obese. Per brevità, ci si riferirà al campione di ragazze sovrappeso e obese, semplicemente con obese.

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31 Al fine di individuare le eventuali complicanze metaboliche già presenti e sottoporre le pazienti ad un trattamento precoce, le pazienti sono state sottoposte ad una curva da carico orale di glucosio e ad una curva insulinemica. Nessuna paziente ha assunto farmaci nei 3 mesi precedenti lo studio. DOSAGGI

Ogni paziente è stata sottoposta a prelievo ematico a digiuno per il dosaggio di vari parametri ormonali e metabolici, infatti in tutte le pazienti con PCOS durante la fase follicolare è stato misurato il livello sierico di diversi ormoni: LH, FSH, 17-b-Estradiolo (E2), Progesterone (Pg), 17-OH-P, Testosterone (T), d-4-Androstenedione (D-4-A), 3-a-diolo, SHBG (Sex Hormone Binding Globuline). Il FAI (Free Androgen Index) è stato calcolato con la formula: FAI= T (nmol/L) x 100/ SHBG (nmol/L). Le pazienti sono state sottoposte alla curva da carico orale di glucosio e quelle che presentavano livelli di glicemia basale > 115 mg/dl e/o >140 mg/dl dopo 2 ore non sono state incluse.

L’Iperinsulinemia è stata definita come: picco di insulina >150 mUI/L nella OGTT e/o la media dell’insulina>84 mg U/ml e/o livello basale di insulinemia > 25 mUI/L e/o
valore di insulinemia > 150 mUI/L a tutti i tempi della curva e/o valori di insulinemia >75 mg mUI/L a 120’ della curva OGTT. L’insulino-resistenza è stata definita in base ai criteri indicati dall’HOMA (Homeostatic Model Assessment) index calcolato tramite la formula: glucosio basale (mmol/L) x insulina basale (mUI/L) /22,5. Saranno incluse nel gruppo delle pazienti insulino-resistenti, che indicheremo per brevità con IR, tutte le ragazze che presentano HOMA > 2,5. Saranno invece incluse nel gruppo delle pazienti non insulino-resistenti (NIR), tutte le ragazze con HOMA < 2,5. In tutte le pazienti affette da PCOS è stato, poi, valutato il profilo lipidico: colesterolo totale, HDL, LDL, trigliceridi. Per operare la suddivisione nei fenotipi delle pazienti affette da PCOS reclutate nello studio, sono stati utilizzati i seguenti cut-off: § Sono state incluse nei fenotipi caratterizzati da iper-androgenismo (fenotipi 1,2,3) le pazienti che presentavano testosterone totale (T) > 0,8 ng/mL e/o FAI > 7,1 e/o androstenedione (A) > 4,3 ng/mL e/o punteggio allo score di FG > 8; § Sono state incluse nei fenotipi caratterizzati da anovularietà (fenotipi 1,2,4) le pazienti che presentavano Pg < 4 ng/mL.

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ANALISI STATISTICA

Per verificare le differenze delle variabili categoriche tra i gruppi è stato usato il test del chi-quadrato.
Per evidenziare le differenze tra i gruppi per le variabili continue sono stati usati il t-test di Student e il Mann-Whitney U test, rispettivamente con la distribuzione Gaussiana e asimmetrica (skewed) dei dati.

Per quantificare l’associazione tra le variabili distribuite in maniera normale è stato usato il coefficiente di correlazione di Pearson, mentre per le variabili distribuite in maniera non normale è stato usato il coefficiente di correlazione di Spearman.


Tutte le analisi statistiche sono state elaborate usando SPSS (Version 21, Armonk, NY). Abbiamo considerato significativo un valore di p < 0.05, dopo eventuale correzione di Bonferroni per test multipli.

I dati distribuiti normalmente sono presentati come media ± SD, invece i dati non distribuiti in maniera normale sono presentati come mediana e (1°-3° quartile) o range interquartile (interquartile range, IQR).

Per analizzare l’effetto dei diversi fenotipi su una o più variabili dipendenti abbiamo eseguito un’analisi rispettivamente univariata o multivariata con eventuale studio della covarianza per fattori confondenti.

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RISULTATI

DESCRIZIONE CLINICA, BIOCHIMICA E METABOLICA DELLA NOSTRA

CASISTICA

In questo studio sono state valutate 598 pazienti affette da PCOS, i dati riguardanti le loro caratteristiche antropometriche e cliniche sono riportati nella Tabella 1.1 e nella Tabella 1.2. Media + DS Mediana (1°-3° quartile) ETÀ (aa) 23,93 + 6,19 23 (19-28) IMC (kg/m2) 28,76 + 7,6 27,6 (22,7-33,8) PAS (mmHg) 119,7 + 14,92 120 (110-125) PAD (mmHg) 77,3 + 8,44 80 (70-80) FERRIMAN 15,01 + 7,32 14 (10-20) Tabella 1.1 Caratteristiche generali delle pazienti con PCOS Le 598 pazienti hanno un’età media (media ± DS) di 23,9 ± 6,2 anni e una mediana (1°-3° quartile) di 23 (19-28) anni. Il loro IMC è in media di 28,76 ± 7,6 kg/m2 con una mediana (1°-3° quartile) di 27,6 (22,7-33,8) kg/m2. La pressione arteriosa sistolica è in media di 119,7 ± 14,92 mmHg con una mediana (1° - 3° quartile) di 120 (110 -125) mmHg. La pressione arteriosa diastolica, invece, è in media di 77,3 ± 8,44 mmHg con una mediana (1° - 3° quartile) di 80 (70 – 80) mmHg.
 Dal punto di vista clinico, il punteggio di Ferriman-Gallwey nella valutazione dell’irsutismo è risultato essere francamente alto con una media di 15,01 ± 7,32 e con una mediana (1° - 3° quartile) di 14 (10 – 20). Il 90% delle pazienti presenta irsutismo. Delle 598 pazienti con PCOS e irregolarità mestruali il 60% mostra oligomenorrea, il 35% amenorrea e il 5% poli-menorrea. Il 90% delle pazienti presenta irsutismo. Nel 50% dei casi le pazienti hanno acne e il 30% presenta alopecia.


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34 Irsutismo 90% Acne 55% Alopecia 30% Oligomenorrea 60% Polimenorrea 5% Amenorrea 35% Ovaie PCO-like 70% Tabella 1.2 Percentuale delle pazienti PCOS con diversa presentazione clinica. Seguendo i criteri di Rotterdam del 2003 le 598 pazienti sono state sottoposte a ecografia con sonda transvaginale o transaddominale per indagare la morfologia delle ovaie. I risultati hanno mostrato che hanno ovaie con aspetto micropolicistico e/o di volume aumentato nel 70% dei casi, mentre il restante 30% della popolazione in studio ha ovaie dalla morfologia normale. Figura 4. Distribuzione delle 598 pazienti con PCOS in base all’IMC.

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