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L’urbario di Cembra e Lisignago anno 1288: ambiente e attività nella sponda destra della Valle di Cembra nel tredicesimo secolo

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Academic year: 2021

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Tarcisio Corradini, L’urbario di Cembra e Lisignago anno 1288.

Am-biente e attività nella sponda destra della Valle di Cembra nel tredice-simo secolo, s.l. [Trento], s.n. [Centro stampa e duplicazioni della

Re-gione Autonoma Trentino-Alto Adige], s.d. [2014], 108 pp., ill. L’autore, che qualche anno fa aveva pubblicato sulle pagine della no-stra rivista La decania di Castello di Fiemme. Castello-Caverlana: origine (“Studi Trentini di Scienze Storiche. Sezione prima”, 77 [1998] pp. 149-184), torna a occuparsi di documentazione duecentesca trascrivendo e traducendo la parte relativa a Cembra e Lisignago dell’urbario di Mai-nardo II del 1288. Si tratta di un testo noto solo grazie a una copia quat-trocentesca conservata presso l’Hauptstaatsarchiv di Monaco di Baviera. Il lavoro è svolto in modo corretto, la fonte è sostanzialmente inedita e dunque l’edizione riveste un notevole interesse per la storia della valle e più in generale del principato vescovile trentino nel periodo dell’ammi-nistrazione mainardina.

Detto dell’importanza del documento pubblicato, diverso deve esse-re il giudizio per quanto riguarda le parti di contorno. Nel tratteggiaesse-re, in sede introduttiva, la storia medioevale della valle e della regione, Cor-radini è infatti fin troppo schematico e in qualche punto approssimativo; i suoi riferimenti bibliografici appaiono carenti. Voltelini, Wiesflecker, Kögl e la Geschichte des Landes Tirol del 1985 – per quanto testi impor-tanti e in qualche misura ancora utili – avrebbero dovuto essere integra-ti almeno con quanto negli ulintegra-timi decenni hanno scritto Rogger, Casta-gnetti, Riedmann, Bettotti. All’aggiornamento bibliografico avrebbe poi dovuto corrispondere anche la revisione di un’impostazione complessiva condizionata da chiavi di lettura ormai superate, che descrivono un dive-nire storico caratterizzato prevalentemente dalle contrapposizioni nazio-nali o di classe. Lo stesso può dirsi della parte di commento al testo edito, dove molte affermazioni sulla struttura sociale ed economica della valle poggiano su un’impostazione invecchiata e non priva di condizionamen-ti ideologici (Chriscondizionamen-tian Schneller, Otto Stolz), mentre non vi è cenno agli studi sulla storia economica e sociale del Trentino di antico regime usci-ti negli ulusci-timi decenni (si pensi al saggio di Varanini all’interno del ter-zo volume della Storia del Trentino e alle ricerche di Coppola e Nequiri-to). L’importanza che Corradini annette al tema degli arimanni avrebbe inoltre consigliato di tener conto non solo degli studi di Stolz ma, alme-no, anche di quelli di Tabacco e di Castagnetti. Non si vede poi quale ri-lievo, dal punto di vista scientifico, possano avere commenti attualizzanti, giudizi di valore, “salti in avanti”; non si comprende l’utilità di riprodur-re fotograficamente le pagine a stampa del Tiroler Urkundenbuch e dello studio sui Tiroler Rechnungsbücher di Haidacher, mentre la capacità

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de-499 gli affreschi dei Mesi di Torre Aquila di rappresentare con esattezza l’at-tività agricola cembrana nel XIII secolo doveva essere semmai dimostra-ta, e non semplicemente affermata.

Le presentazioni che aprono lo studio sottolineano proprio le caratte-ristiche che, agli occhi dello storico, appaiono più discutibili. Ci si soffer-ma sulle “radici di una comunità che nel corso dei secoli ha saputo espri-mere una propria identità” e sugli “usi e costumi che si sono tramanda-ti di generazione in generazione”. Si mettono in diretta connessione in-sediamenti germanici, libertà contadine e tradizioni autonomistiche. Si sintetizza la storia della regione e della valle con affermazioni tanto reci-se quanto imprecireci-se e tendenzioreci-se. Emergono insomma le “grandi narra-zioni” del destino autonomista e della nostalgia tirolese: narrazioni che i lettori di “Studi Trentini. Storia” conoscono bene, avendone fatto questa rivista oggetto di specifico dibattito negli ultimi anni. Un documento così significativo e degnamente edito avrebbe meritato di meglio.

Emanuele Curzel La leggenda di Carlo Magno nel cuore delle Alpi. Ricerca storica e turi-smo culturale, atti del convegno: Breno, Palazzo della cultura, 28

mag-gio 2011, a cura di Giormag-gio Azzoni, Milano, Silvana Editoriale, 2012 (Biblioteca d’arte, 39), 357 pp.

Il leggendario percorso di conquista compiuto da Carlo Magno ac-compagnato da sette vescovi e dal papa attraverso la Valcamonica (e, in alcune versioni, anche in Trentino) è il filo conduttore che lega i contri-buti raccolti nel volume curato da Giorgio Azzoni. Attraverso un rilevan-te numero di saggi, il rilevan-tema della leggenda viene affrontato anzitutto sotto il profilo storico-documentario, per passare poi, nella seconda parte del volume, ad approfondimenti di carattere antropologico, archeologico e toponomastico. La pubblicazione degli atti del convegno tenutosi a Bre-no nel 2011 si configura, nelle parole del curatore, quale punto d’arrivo di un progetto che ha coinvolto numerosi enti al fine di promuovere e va-lorizzare il patrimonio artistico e culturale locale.

Un primo problema che si deve affrontare accostandosi alla narrazio-ne è quello delle plurime redazioni scritte che hanno veicolato la leggen-da a partire, almeno, leggen-dal Quattrocento per arrivare fino al XIX secolo. Il compito di comparare le molteplici versioni è stato svolto egregiamente da Gianfranco Bondioni (pp. 35-51) e Gabriele Medolago (pp. 61-99), i quali hanno compiuto un’attenta analisi sui principali testimoni della tra-dizione documentaria della leggenda, sui loro rapporti e sulle peculiari-tà linguistiche dei testi; ciò ha consentito di formulare alcune ipotesi

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