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1 Il concetto di drug delivery
La terapia farmacologica è basata sul presupposto che il farmaco arrivi al sito d’azione e sia in grado di svolgere selettivamente la sua funzione, in modo tale da diminuire i sintomi e/o le cause di una determinata patologia. Tuttavia, è da considerare che la maggior parte dei farmaci mostrano anche effetti indesiderati e/o tossici (Sakhrani M.P., Padh H.;2013).
In ambito medico-farmaceutico con la dicitura “drug delivery systems” si indicano quei sistemi in grado di veicolare farmaci, finalizzati a proteggere dalla sua degradazione o consegnarlo a livello del sito d’azione. Le motivazioni che sono alla base del crescente interesse verso questi sistemi sono legate alla necessità di trovare soluzioni alternative e più efficaci rispetto alle convenzionali
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procedure impiegate nei trattamenti farmacologici di diverse patologie (Foderà V.;2004).
A tal proposito sono stati sviluppati sistemi di drug delivery (DDSs) basati su molecole carrier di diversa natura.
Fra i vantaggi di questi sistemi è possibile elencare:
1. L’aumento della concentrazione di farmaco a livello del sito malato, limitandone il suo accumulo a livello di altri tessuti.
2. Il miglioramento delle proprietà farmacocinetiche e farmacodinamiche, tra cui la solubilità e/o la stabilità, favorendo l’internalizzazione del farmaco, la biodegradabilità e la biocompatibilità (Sakhrani M.S., Padh H.;2013).
Il target farmacologico di una molecola terapeutica può essere localizzato in un particolare comportamento subcellulare (nucleo, apparato di Golgi, reticolo endoplasmatico, mitocondri, lisosomi/endosomi).
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Il raggiungimento del target intracellulare dipende innanzitutto dal suo uptake attraverso la membrana plasmatica, il primo “scoglio” che ogni molecola deve superare al fine arrivare al sito d’azione. L’endocitosi è il meccanismo sul quale si basa la consegna di un farmaco o macromolecola all’organo bersaglio sfruttando molecole in grado di attraversare le membrane per diffusione (Clementi C;2012).
Figura 1 La figura rappresenta i principali meccanismi di endocitosi.
Fonte: Sakhrani Niraj M., Padh Harish;2013; Review: Organelle Targeting: Third level of drug targeting.
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La Fig.1 mostra i quattro processi più importanti d’internalizzazione di un farmaco nella cellula:
Fagocitosi: consiste nell’inglobamento di grosse particelle/macro-organismi.
Macro-pinocitosi: uptake non specifico di particelle/soluti.
Endocitosi clatrina-mediata: internalizzazione di molecole tramite il riconoscimento di recettori espressi sulla superficie della membrana.
Endocitosi caveolina-mediata: effettuata dalle cellule che esprimono la proteina caveolina (Sakhrani N.M.,Padh H.;2013).
Tuttavia, molecole con caratteristiche chimiche incompatibili con l’uptake endocitico, necessitano di vettori, ossia di carrier in grado di trasportarle all’interno del citosol. Un esempio è rappresentato da peptidi penetranti nella cellula: cell penetrating peptides o CPP, noti anche come domini della proteina di trasduzione o PTDs.
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Questi peptidi in grado di trasportare molecole con PM maggiore rispetto alle altre strategie (Sebbage V.;2009). Infatti, in questo modo, è stato dimostrato che possono essere veicolati all'interno delle cellule un ampio range di molecole come peptidi, acidi nucleici, proteine, nano-particelle e liposomi (Richard J.P.;2002).
L’obiettivo del drug delivery è, infatti, quello di sfruttare la natura chimica dei carrier favorendo il trasporto di molecole terapeutiche che altrimenti non sarebbero in grado di raggiungere l’obiettivo intracellulare (Clementi C.;2012). Lo sviluppo di sistemi di drug delivery a livello sub cellulare è in continua crescita poiché, disfunzioni a carico degli organelli, possono essere causa di gravi patologie: cardiocircolatorie, neurologiche, autoimmuni, neoplastiche; Lo schema in fig.2 ne riassume alcuni esempi.
6 Figura 2 l’immagine mostra le patologie correlate alle disfunzioni a carico degli organelli sub-cellulari.
Fonte: (Sakhrani,Padh;2013; Organelle targeting: third level of drug targeting, Drug Design, Development and therapy;).
In questa tesi, sono state valutate le possibili terapie farmacologiche mirate ai singoli organelli e finalizzate a limitare le malattie causate dalle disfunzioni ad essi correlati.
In fig.3 sono stati evidenziati i principali sistemi di drug delivery intracellulare e le possibili strategie di targeting sub cellulare.
7 Figura 3. Rappresentazione del drug delivey intracellulare attraverso le varie strategie, al citoplasma, nucleo, mitocondri, lisosomi.
Fonte: Sakhrani, Padh;2013; Organelle targeting: third level of drug targeting, Drug Design, Development and therapy.
1.1 Drug delivery a livello nucleare
Il nucleo è il centro di controllo della cellula eucariotica, sede d’importanti processi biologici, quali la duplicazione e la traduzione (Pollard H. et al;1998).
Tutto il trasporto di molecole (attivo e passivo) attraverso la membrana nucleare avviene attraverso il complesso del poro nucleare (NPC), grazie ad un canale centrale di soli 9 nm che consente il trasporto attivo di molecole con PM minore di 50
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kDa. Le macromolecole maggiori di 50 kDa richiedono assistenza da parte del NLS (nuclear localisation signal) (Macara I.G.;2001); si tratta di un trasporto che richiede energia e sfrutta la capacità di riconoscere il NPC per entrare nel nucleo. Questo è il meccanismo comunemente usato dai virus per trasferire il proprio DNA nel nucleo e consentirne la replicazione. Questo aspetto potrebbe dunque essere “sfruttato” per assicurare il trasferimento di un farmaco selettivamente a livello nucleare (Sakhrani M.S.,Padh;2013). Infine, molecole più piccole (fino a 60 kDa), prive di NLS, passano con velocità inversamente proporzionale alla loro massa (ChanC.K., Jans D.A.;2002). Lo studio dei meccanismi di rilascio virale ha aiutato lo sviluppo di strategie di trasferimento genico mediato da virus. Il virus più comunemente studiato per questo scopo è l'adenovirus. In particolare, gli adenovirus di tipo 2 e di tipo 5 entrano nelle cellule epiteliali mediante endocitosi e nel citoplasma in modo integrina-dipendente, vengono poi trasferiti ad un
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microtubulo con un'organizzazione complessa e quindi traslocati al nucleo (Strunze S et al.;2005).
Tale strategia potrebbe garantire vantaggi, sebbene la presenza di componenti virali sia responsabile di una notevole tossicità associata ad essi, limitando così il loro uso per la somministrazione di farmaci (Yasuhara N. et al.;2004).
Il genoma nucleare degli esseri umani comprende due copie, ciascuna di 3,2 miliardi di paia di basi, con solo il 2% che codifica per 30.000 diverse proteine, il resto del materiale genetico può considerarsi “inutile” (Lander E.S. et al.;2001, Venter J.C. et al;2001,Waterson R.H. et al.;2002).
Mutazioni in questi geni codificanti, nelle regioni promotore/enhancer o nei loro siti splicing, possono portare a vari tipi di disturbi come il cancro, malattie neurodegenerative, disfunzioni cardiache e disturbi cerebrali. Il morbo di Huntington, ad esempio, è una malattia neurodegenerativa ed è il risultato di un aumento dell'espressione di regioni poliglutammina in huntingtina,
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una proteina citoplasmatica, la cui forma alterata, chiamata
proteina huntingtina mutata (mHtt, Htt mutante), aumenta la morte di alcuni neuroni, causando alterazioni patologiche che a loro volta generano i sintomi della malattia (Peters M.F. et al.;1999).
Nel 1999, Peters et al. hanno dimostrato che quando un frammento di huntingtina mutante è stata indirizzata al nucleo utilizzando NLS, la perdita di neuroni diminuiva del 57%, mentre aumentava del 111% nel caso la proteina fosse
untargeted. Si comprende quindi che, la localizzazione
nucleare di huntingtina mutante è importante poiché influenza la tossicità cellulare (Peters M.F. et al.;1999).
Le cellule con un’elevata attività proliferativa, come tumorali sono in grado di subire cambiamenti quelle genetici che le rendono resistenti a un particolare farmaco, con conseguente generazione di cellule figlie, anch'esse farmaco-resistenti. Pertanto, vi è la necessità di sviluppare una drug delivery di farmaci che possano guidare direttamente ed efficacemente
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farmaci o plasmidi nel nucleo, eludendo così l'effetto di reazioni avverse (Pollard H. et al.;1998).
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Drug
delivery
a
livello
lisosomiale/endosomiale
I lisosomi, scoperti da Christian de Duve nel 1955, sono vescicole membranose, organelli subcellulari coinvolti nel turnover delle macromolecole ma anche nel riciclo di recettori e molecole sulla superficie cellulare. Hanno un pH acido nel loro lume e circa 60 enzimi della classe delle idrolasi, in grado di degradare varie macromolecole biologiche (Sakhrani N.M., Padh H.;2013).
Ad oggi, circa il 50% delle malattie monogeniche sono associate ad un mal funzionamento dei lisosomi e sono definite: malattie da accumulo lisosomiale. Qualsiasi interruzione o difetto nella funzione lisosomiale può portare ad un accumulo di sostanze non degradate in endosomi e
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lisosomi, compromettendo la funzione cellulare (Lubke et al.;2009).
Le malattie di Tay-Sachs, di Gaucher, Malattia di Fabry, di Niemann-Pick, la sindrome di Hurler, la malattia di Pompe, sono alcuni esempi di patologie dovute a tale disfunzione (Parkinson-Lawerence EJ et al.;2010).
Oltre alle malattie da accumulo lisosomiale, un funzionamento alterato dei lisosomi è anche correlato al morbo di Alzheimer e varie malattie autoimmuni (Lubke et al.;2009).
Particolari deficit enzimatici nei lisosomi possono anche portare a disattivazione di certe proteine. Un esempio è l'enzima di conversione dell'endotelina-1 (ECE-1), coinvolto nella degradazione della sostanza P (SP) in endosomi delle cellule epiteliali e dei neuroni. La degradazione della SP è responsabile dell’attenuata attivazione del segnale extracellulare relativo alla proteina chinasi-2 (ERK2),
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prevenendo così l’attivazione del recettore di morte cellulare Nur77 (Cottrell GS et al.;2009).
L’inibizione di ECE-1 provoca ritenzione endosomiale dei recettori specifici per SP, portando ad attivazione dei recettori ERK-2 che a loro volta possono eventualmente attivare i recettori Nur77. Per questo ECE-1 rappresenta un bersaglio importante per il trattamento di malattie che coinvolgono l'infiammazione e il dolore (Cottrel GS et al.;2009).
Il principale modo per indirizzare una molecola verso endosomi/lisosomi, è rappresentato dal legame con recettori espressi sulla superficie cellulare come folato, transferrina, fattori di crescita dell'endotelio vascolare, e lipoproteine a bassa densità. Nelle malattie da accumulo lisosomiale, questo sistema può migliorare le condizioni della malattia (Parkinson-Lawerence E.J. et al.;2010).
Per esempio la malattia di Gaucher è causata da una carenza di glucocerebrosidasi (β-glucosidasi), l'enzima presente nei lisosomi e coinvolto nella fase finale di degradazione degli
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sfingolipidi. Il risultato è un accumulo di glucocerebroside nei macrofagi, provocando un enorme allargamento della milza e del fegato, complicanze ossee, e talvolta anche disfunzione polmonare (Sly W.S. and Vogler C;2002).
Il trattamento tradizionale prevedeva l’utilizzo dell’enzima glucocerebrosidasi derivato dalla placenta umana; successivamente, è stato sostituito da un enzima ricombinante derivante dall'ovaio di criceto cinese, con modifiche per esporre i residui di mannosio in oligosaccaridi (Sly W.S. and Vogler C;2002).
Infatti, il principale “targeting signal” per proteine destinate ai lisosomi è il mannosio-6-fosfato (Ni X et al.;2006).
Quindi, la strategia terapeutica utilizzata è quella di unire l'enzima con residui di mannosio in modo tale da essere accumulato e immagazzinato a livello lisosomiale (Sly WS, Vogler C;2002).
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Accanto alla veicolazione di farmaci direttamente a livello lisosomiale con lo scopo di trattare farmacologicamente un malfunzionamento dell’organello, un altro innovativo approccio, interessante soprattutto per la cura di tumori, è rappresentato dallo sviluppo di carrier capaci di veicolare un certo farmaco nella cellula, proteggendolo da una precoce degradazione e liberandolo in seguito all’esposizione al basso pH dei lisosomi/endosomi. Tale strategia prende il nome di “endosomal escape” (fuga dall’endosoma).
Varie strategie sono state messe in pratica e sono tutt'ora in corso per migliorare questo meccanismo sfruttando il legame dei farmaci con peptidi fusogenici, polimeri pH-sensibili, nano particelle e liposomi pH-sensibili (Dominska M, Dykxhoorn DM;2010).
16 Figura 4: L’immagine mostra il percorso d’internalizzazione di una molecola carrier contenente il farmaco (cargo) associato ad un peptide. 1. Internalizzazione della molecola da parte della membrana plasmatica mediante endocitosi mediata da recettori. 2. Formazione dell’endosoma. 3. All’interno dell’endosoma subisce un processo di digestione con successiva liberazione del cargo nel citosol e raggiungimento nel sito d’azione.
Fonte:http://www.nature.com/nmat/journal/v10/n5/fig_tab/nmat2992_F3.htm l
Questi carrier, sfruttano le condizioni di basso pH degli endosomi. Per esempio alcuni peptidi fusogenici che assumono avvolgimento a spirale random a pH 7.0, mostrano un cambio conformazionale ad un pH inferiore, cui segue la lisi della membrana, liberando tutto il loro contenuto nel citosol (fig. 4) (Oliveira S et al.;2007).
Consideriamo il caso del recettore per il fattore di crescita epidermico (EGFR) e Kirsten ras (KRAS); in particolare EGFR è il bersaglio della terapia del tumore al colon-retto.
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L’attivazione del recettore EGFR rilascia fattori che attivano la proteina KRAS, la quale è in grado di attivare un pathway responsabile della proliferazione e sopravvivenza cellulare (Ballestrero A. et al.;2012).
La mutazione del gene che codifica per la proteina KRAS conduce ad una proliferazione incontrollata, e rende i tumori resistenti alla terapia anti-EGFR (Ballestrero A. et al.;2012). Oliveira et al. hanno dimostrato che l’associazione del peptide fusogenico lNF-7 con siRNA per EGFR e KRAS migliora notevolmente il silenziamento genico, dimostrando che l’endosomal escape è il fattore limitante per un silenziamento efficiente ad opera del siRNA (Oliveira S et al.;2007).
Possono essere sfruttati anche polimeri cationici come polietilenimmina (PEI), i quali mostrano che la fuga endosomiale può dipendere da due meccanismi.
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Il primo, è dovuto all'interazione di PEI con la membrana endosomiale, rendendola porosa e facilitando così la fuoriuscita di vari farmaci nel citosol (Neu M et al.;2005). L'altro meccanismo è dovuto all'ingresso di PEI all'interno del vano endosomiale, che alla fine porta al rigonfiamento osmotico della vescicola, successiva esplosione dell'endosoma e il rilascio dei suoi componenti interni nel citosol insieme alla molecola terapeutica. Questo effetto è noto come: proton sponge effect o effetto spugna protonica(Neu M et al.;2005). PEI può essere utilizzata anche come vettore per il DNA. Il materiale genetico può essere rilasciato in seguito alla formazione di poliplessi (PEI complessato con DNA) e successivo “effetto di spugna protonica” (Sakhrani M.P., Padh H.;2013).
Un'altra strategia sfrutta la carica positiva di lipidi o polimeri cationici. Le cariche positive dei liposomi/polimeri si legano alle cariche negative dei fosfati del DNA formando un complesso (Sakhrani M.P., Padh H.;2013).
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In generale, le cariche positive sono in eccesso, in modo che la carica complessiva del complesso diventi positiva, favorendo così l'interazione con la superficie negativa della cellula (Sakhrani M.P., Padh H.;2013).
L’endosomal escape può essere facilitata utilizzando, per la sintesi di liposomi, lipidi come dioleoil fosfatidiletanolamina anziché distearoil fosfatidiletanolammina (Neu M. et al.;2005).
In questo modo si facilita anche la destabilizzazione delle membrane liposomiali in condizioni di pH basso, la fusione con la membrana endosomiale e il rilascio del contenuto dei liposomi nel citosol (Khalil IA et al.;2006).
1.3 Drug delivery a livello del Golgi / reticolo
endoplasmatico
Camillo Golgi, oltre un secolo fa, per primo descrisse l'apparato di Golgi (o corpo Golgi) come un "apparato reticolare interno" (Mazzarello P, Bentivoglio M;1998).
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Esso è un organello fondamentale per la secrezione cellulare ed è in stretta comunicazione con il reticolo endoplasmatico (ER) (Sakhrani N.M., Padh H;2013).
Svolge modificazioni post-trasduzionali di proteine di nuova sintesi, impiegando vari enzimi per la fosforilazione, acilazione, glicosilazione, metilazione, e solfatazione. Operando in questo modo, esso facilita il traffico vescicolare e permette la precisa consegna ad un determinato organello; ad esempio, se viene aggiunto mannosio-6-fosfato, la proteina sarà destinata al lisosoma (Alberts B. et al.;2002).
L'apparato di Golgi è anche coinvolto nella sintesi di proteoglicani e strutture di carboidrati, che includono la produzione di glicosaminoglicani, polisaccaridi (pectina ed emicellulosa, etc...) (Alberts B. et al.;2002).
Alcuni cambiamenti patologici, agenti farmacologici e sovra espressione delle proteine associate al Golgi causano profonde alterazioni all'apparato stesso. A livello neuronale, ad esempio, dà luogo ad una serie di disturbi
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neurodegenerativi che comprendono il morbo di Alzheimer, il Parkinson e la malattia di Niemann-Pick (Aridor M., Hannan L.A.;2000).
Altre importanti patologie collegate al Golgi sono un gruppo di 15 disordini congeniti dovuti alla glicosilazione; in particolare causati da mutazioni di geni che codificano per enzimi che operano la glicosilazione o per proteine di trasporto legate alla glicosilazione (Aridor M., Hannan L.A.;2000).
I sintomi comprendono ritardo mentale, convulsioni, e patologie epatiche (Aridor M, Hamman L.A.;2000).
Sia l’apparato di Golgi che il ER sono stati considerati come futuri target per terapie anticancro (Wlodkowic D et al.;2009). Infatti, farmaci veicolari all’apparato di Golgi hanno dimostrato di dare una risposta efficace nei confronti del cancro alla prostata sia dipendente, sia androgeno-indipendente. Nel cancro alla prostata è stata infatti riportata
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un’anomalia nel processo di glicosilazione (Migita T, Inoue S;2012).
L'ER può essere definito come una rete ripiegata di membrane, tubuli e sacche (cisterne) che si estendono, dal nucleo alla membrana, in tutto il citoplasma (Macara IG;2001).
La sua funzione primaria è facilitare il “folding” (ripiegamento) delle proteine di membrana e secretorie. Inoltre, è coinvolto nell’immagazzinamento di calcio e ha dimostrato di svolgere un ruolo importante nella regolazione dell'apoptosi dovuta alle alterazioni nell’omeostasi del calcio, ischemia, ipossia, l'esposizione ai radicali liberi, stress ossidativo, elevata sintesi proteica, e mutazione genica (Boelens J. et al.;2007).
Infatti, le malattie dovute alla disfunzione del ER sono un gruppo di disturbi genetici causati dalla mancanza di una proteina, dalla presenza di una proteina mutante, o dal
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J., Spiess M.;2002). Esempi sono: l’ipo-para-tiroidismo familiare, la carenza del fattore X della coagulazione, la sindrome di tipo II di Crigler-Najjar, il diabete familiare insipido centrale, e la pancreatite cronica (Rutishauser J and Spiess M;2002).
Nel primo esempio, la carenza della tireoglobulina, che è sintetizzata nei tireociti e secreta nel lume follicolare, è la causa del gozzo congenito, responsabile dell’ipotiroidismo congenito. Il verificarsi di questa condizione può portare a ritardo di crescita, ad anormale funzione del sistema nervoso centrale e alla compressione locale dei tessuti del collo a causa di una massa tiroidea ingrandita (Medeiros-Neto G et al.;1996).
Come accennato, sia l'ER sia l’apparato di Golgi fanno parte del pathway di secrezione che trasporta proteine alla membrana plasmatica attraverso il traffico vescicolare (Wlodlkowic D et al.;2009).
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La maggior parte delle proteine cellulari che vengono degradate sono prima modificate tramite il legame covalente con una proteina a basso peso molecolare: l’ubiquitina. In questo modo, la proteina da eliminare viene marcata e indirizzata verso la proteolisi ad opera di una grossa proteasi, presente in tutte le cellule eucariotiche a livello citoplasmatico e nucleare, nota come proteosoma. L’importanza della corretta funzionalità di questa via degradativa sta diventando sempre più evidente poichè disfunzioni e malfunzionamenti a suo carico risultano implicati nella trasformazione e nella progressione tumorale, in alcune malattie genetiche e in molte malattie neurodegenerative. Infatti, un difetto di questo processo causa
l'accumulo di proteine unfolding (non ripiegate) nel ER portando allo stress dello stesso (McCraken A.A., Brodsky J.L.;2003).
Un farmaco come Bortezomib, un inibitore di proteasoma ha effetti citotossici in varie linee cellulari tumorali (Wang Q. et
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al.;2009), può indurre citotossicità nelle cellule tumorali per induzione delle proteine NOXA, una proteina pro apoptotica che agisce legandosi a Bcl-2 (fattore anti-apoptotico) inibendolo (Wang Q et al.;2009).
1.4
Drug
Delivery
a
livello
mitocondriale
La disfunzione mitocondriale contribuisce ad una serie di malattie umane, come malattie neurodegenerative, lesioni da ischemia-riperfusione, obesità e diabete. Anche le mutazioni al DNA nucleare o mitocondriale causano una serie di malattie umane rilevanti. Pertanto, le strategie per prevenire il danno mitocondriale o per modulare la funzione mitocondriale possono fornire nuove terapie finalizzate a limitare i danni causati da tali patologie. E’ importante dunque comprendere il motivo per cui i mitocondri sono un bersaglio potenzialmente importante per la consegna del farmaco e quali strategie sono più opportune per consegnare
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molecole bioattive selettivamente ai mitocondri all'interno delle cellule.
1.4.1 Il mitocondrio: Struttura e funzionalità
I mitocondri sono organuli sferici o allungati, più o meno delle dimensioni di un batterio, del diametro di circa 0,5 μm e lunghi circa 1-2 μm. Essi si muovono liberamente nel citoplasma e tendono ad addensarsi nei punti dove è maggiore la richiesta di energia (per esempio, nelle fibre muscolari, circondano le miofibrille) (Hollenbeck P., SaxtonW.;2005)
Figura 5: Figura rappresentante la struttura di un mitocondrio in sezione longitudinale. È possibile riconoscere le caratteristiche strutturali principali: i siti metabolici (ATP sisntetasi), mtDNA, membrana interna (IMM) e membrana esterna (OMM)
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Come mostrato dalla fig. 5, l’organulo è delimitato da una doppia membrana:
La membrana mitocondriale esterna (OMM) a contatto con il citoplasma;
La membrana mitocondriale interna (IMM) che si introflette in pieghe dette creste.
Lo spazio tra la membrana esterna e quella interna è chiamato compartimento o spazio intermembrana, mentre quello racchiuso dalla IMM è detto matrice. Nella matrice, di consistenza gelatinosa, sono presenti granuli costituiti prevalentemente da sali di calcio e ribosomi di struttura simile a quella dei batteri (Clementi C.;2012).
Oltre al RNA ribosomiale, si trovano RNA messaggero e una piccola frazione di RNA 4S funzionante come RNA transfer. Gli RNA mitocondriali vengono trascritti da un DNA circolare e il cromosoma mitocondriale, lungo circa 5 μm, è
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presente in copie multiple. Il DNA mitocondriale (mtDNA) non ha niente in comune con il DNA nucleare della cellula; viene trasmesso di generazione in generazione per via materna, dato che i mitocondri dello zigote sono quasi esclusivamente ovocitari (Pfanner N., Meijer M.;1997,P.F. Chinnery;2003, Pfanner N., Geissler A.;2001).
Il mtDNA codifica solo 13 delle più di 1000 proteine mitocondriali. Ciascuna di esse sono proteine della catena respiratoria (Pfanner N., Meijer M.;1997, Chinnery P.F.;2003, Pfanner N., A Geissler;2001).
La catena respiratoria mitocondriale è il mezzo con il quale il mitocondrio, svolgendo la fosforilazione ossidativa, assolve alle richieste di ATP della cellula (Faccioli M.;2010).
Essa è costituita da una serie di trasportatori di elettroni (complessi), la maggior parte dei quali sono proteine integrali della membrana interna, contenenti gruppi in grado di accettare e di donare uno o due elettroni (Faccioli M.;2010).
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I complessi proteici sono 4 (fig.6): Complesso I, Complesso II, Complesso III, Complesso IV a cui bisogna aggiungere due trasportatori mobili di elettroni: il Coenzima Q (CoQ) e il Citocromo c (cit c) (Faccioli M.;2010).
matrice
Citosol
Figura 6: Rappresentazione schematica della catena respiratoria mitocondriale e dei suoi complessi
Fonte:
https://lookfordiagnosis.com/mesh_info.php?term=Proteine+Del+Complesso +Della+Catena+Di+Trasporto+Degli+Elettroni&lang=5
La presenza della catena di trasporto degli elettroni (ETC) con la sua capacità di produrre radicali liberi, la mancanza di istoni ed i limitati sistemi di riparo, rendono il mtDNA dei mammiferi facilmente danneggiabile, subendo mutazioni con una frequenza 10 volte superiore a quella dei geni nucleari. Probabilmente il progressivo accumulo di queste mutazioni contribuisce al decadimento, con l’età, della capacità
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respiratoria dei muscoli e di altri tessuti. Alcune mutazioni possono causare “malattie mitocondriali” che colpiscono isolatamente o in combinazione il sistema nervoso, il cuore, i muscoli scheletrici, il rene e altri organi (Heller A. et al.;2012). Il mitocondrio è in grado di svolgere molteplici funzioni. La più importante tra esse consiste nell’estrarre energia dai substrati organici che gli arrivano per produrre un gradiente ionico che viene sfruttato per produrre adenosintrifosfato (ATP). Inoltre, è coinvolto nella regolazione del ciclo cellulare, regolazione dello stato redox della cellula, sintesi dell’eme, sintesi del colesterolo, nella regolazione dell'omeostasi del calcio, termogenesi, glucogenesi, beta ossidazione degli acidi grassi, ciclo dell'acido citrico (Heller A. et al.;2012).
La sintesi dell’ATP, fondamentale per la respirazione mitocondriale, richiede necessariamente ossigeno, che cede elettroni all’ultimo complesso della fosforilazione ossidativa, riducendosi ad H2O; tuttavia, produce anche specie reattive
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dell'ossigeno (ROS). Sebbene i mitocondri siano una delle maggiori fonti di ROS, sono allo stesso tempo anche estremamente suscettibili ad un loro attacco, per due motivi:
in primo luogo, perchè le membrane mitocondriali sono ricche di acidi grassi poliinsaturi e, quindi possono andare incontro a perossidazione lipidica di cui le ROS sono potenti induttori. In particolare, il doppio strato fosfolipidico della IMM, dove ha sede la catena respiratoria, ne è molto ricco, per cui la lipoperossidazione può facilmente inibire la trasduzione di energia e modificare il potenziale di membrana mitocondriale.
In secondo luogo la IMM contiene numerosi enzimi e cofattori facilmente ossidabili (Semenzato M.;2010). Recenti studi hanno dimostrato che il mitocondrio produce quantità di ROS minore, di una o due ordini di grandezza, sotto le normali condizioni fisiologiche (De Moura M.B. et al.;2010).
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In condizioni patologiche la produzione di ROS aumenta notevolmente (Chinopoulos C., Adam-Vizi V.;2006).
Figura 7 l’immagine mostra la formazione delle ROS e i relativi danni fisio-patologici da essi causati.
Fonte: http://www.nature.com/ng/journal/v38/n11/fig_tab/ng1106-1232_F1.html
A concentrazioni moderate, tuttavia, i ROS partecipano attivamente ad una varietà di processi biologici complessi, implicati nella normale crescita cellulare quali la trasduzione del segnale, il controllo dell’espressione genica e l’apoptosi, necessari per la sopravvivenza della cellula (Manoli I. et al.;2003). Tuttavia essi, quando vengono prodotti in eccesso, sono anche responsabili dell’insorgenza di processi patologici
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(fig.7), per cui un’azione di “scavenger” verso le ROS è di fondamentale importanza al fine di limitare i danni cellulari. Questo meccanismo di difesa può essere svolto da:
enzimi: come nel caso della SOD (superossido dismutasi), enzima che nel citosol o nel nucleo, usa cofattori come il rame e lo zinco, mentre nei mitocondri usa come cofattore il manganese;
agenti antiossidanti non-enzimatici, come glutatione (GSH), vitamina E, vitamina C e ubiquinone (De Moura M.B. et al.;2010).
Quando questi antiossidanti cellulari vengono intaccati, si verificano alterazioni quali: perossidazione dei lipidi, danno al mRNA, disfunzioni della fosforilazione ossidativa, e danno di enzimi contenenti Fe-S. Il limite critico per il positivo e necessario effetto delle ROS non è ancora ben conosciuto, ma l'eccessivo stress ossidativo del DNA nucleare o mitocondriale può causare disfunzioni cellulari e mitocondriali, mutagenesi e carcinogenesi (Manoli I.et al.;2003).
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Nonostante i mitocondri contengano il proprio genoma, la maggior parte delle proteine mitocondriali sono tradotte nel citosol e importate nel mitocondrio da complessi di proteine d’importazione che riconoscono cariche positive ammino-terminali, le quali dopo la traslocazione, aderiscono all'interno della matrice mitocondriale o delle membrane; questi complessi enzimatici in questione sono:
translocasi della membrana esterna (TOM COMPLEX)
translocasi della membrana interna (TIM COMPLEX) (Pfanner N., Meijer M.;1997).
Un’altra caratteristica importante dei mitocondri è il poro di transizione di permeabilità mitocondriale (PTP). Il PTP, mostrato in fig.8, è costituito dall'assemblaggio di differenti proteine mitocondriali quali: il canale anionico voltaggio— dipendente (VDAC) localizzato sulla OMM, l’adenina nucleotide translocasi (ANT) localizzato sulla IMM e la ciclofilina D (CypD) nella matrice (Vianello A et al.;2012). L’apertura del PTP sottopone i mitocondri ad un improvviso
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aumento di permeabilità a soluti con massa molecolare ≤ 1500 Da, portando l’organello a rigonfiare e a cambiamenti strutturali. La rilevanza di PTP si basa sul suo ruolo principale, l’apoptosi.
Figura 8 La figura mostra la struttura del PTP e della sua apertura in seguito ad incremento della produzione di ROS, aumento della concentrazione di Ca2+, e il misfolding di proteine mitocondriali. Fonte:
http://www.farmacologiaoculare.com/2009/05/20/impiego-dellubichinone-nel-glaucoma/
1.4.2 Disfunzioni mitocondriali e malattie
relative
Le disfunzioni mitocondriali possono essere divise in due gruppi, in base alla diversa origine: primarie e secondarie.
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Le disfunzioni primarie sono legate a mutazioni dei geni codificati dal mtDNA o geni di origine nucleare che codificano per proteine mitocondriali.
Mutazioni dei geni nucleari codificanti per proteine mitocondriali possono portare ad un gran numero di difetti a carico del mitocondrio, che si manifestano già in età neonatale e che possono essere legati anche a difetti della fosforilazione ossidativa, a difetti nella funzione metabolica e nei fenomeni di fissione-fusione tipici dell’organello.
Malattie legate a disfunzioni mitocondriali primarie sono generalmente rare, si stima che esse possano provocare malattie in 1/5000 persone.
Inoltre è difficile fare una stima delle diverse malattie, perché esse possono manifestarsi clinicamente in modo molto diverso (Smith R.A.J et al;2012). È possibile, infatti, che differenti mutazioni abbiano lo stesso fenotipo clinico o che lo stesso difetto genetico possa causare differenti fenotipi clinici (Chinnery P.F.;2000).
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I disordini mitocondriali non influenzano nella stessa misura ogni tessuto del corpo. Tessuti e organi con maggiore attività metabolica sono i primi ad essere danneggiati (Chinnery P.F, Schon E.A.;2003).
Le disfunzioni mitocondriali spesso esibiscono caratteristiche miopatiche e neurologiche (Di Mauro S.;2004).Wallace D.C;1999) comprendendo l'atassia, episodi di ictus, demenza, debolezza muscolare, neuropatie sensoriali e ritardo nello sviluppo (Chinnery P.F.;1998, Holt I.J et al.;1990). Sordità, intolleranza all'esercizio, cardiomiopatie, atrofia ottica, acidosi lattica e diabete mellito sono riconosciute come comuni fenotipi clinici delle malattie mitocondriali (Chinnery P.F.;1998).
D’altra parte la disfunzione secondaria è causata da eventi patologici che originano all’esterno dei mitocondri, i cui effetti si ripercuotono sull’organello. Eventi di ischemia/riperfusione, sepsi, neurodegenerazione, sindrome
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metabolica, cancro e patologie autoimmuni sono solo alcuni esempi, schematizzati in fig.9.
Figura 9:l’immagine evidenzia i principali organi e tessuti coinvolti nelle disfunzioni mitocondriali.
Fonte: http://lswn.it/biologia/mitocondri-e-malattie-mitocondriali/
Risulta molto chiara l’importanza di un pronto intervento terapeutico finalizzato a limitare il danno all’organello. Visto che, a differenza delle disfunzioni primarie, questo tipo di disfunzione mitocondriale è correlata con le più diffuse patologie che interessano la società occidentale, i trattamenti farmacologici possono avere un notevole impatto sulla salute pubblica (Smith R.A.J.et al.;2012).
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Lo stress ossidativo insieme ad un’alterata omeostasi del calcio e ridotta sintesi di ATP sono i 3 aspetti che principalmente contribuiscono all’insorgenza di patologie mitocondriali. In particolare lo stress ossidativo danneggia e compromette la funzione mitocondriale rendendo gli organelli più suscettibili alle diverse patologie (Smith R.A.J.et al.;2012).
D’altra parte difetti nella sintesi di ATP, sovraccarico di calcio e fosfato e danno ossidativo possono provocare la formazione e l’apertura del PTP, coinvolto nella patogenesi della morte di cellule necrotiche dopo ischemia/riperfusione (Weissig V. 2003).
Anche alterazioni della composizione lipidica delle membrane mitocondriali portano a disfunzioni, come nel caso della cardiolipina, la maggiore componente della IMM, ricca di acidi grassi insaturi.
Questo lipide risulta suscettibile al danno causato dai ROS alterando la funzione della catena respiratoria e può quindi
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causare altre malattie (Keller J.N.,Glazner G.W.;2001).
2 Strategie di veicolazione al mitocondrio
Analizzando i mitocondri e le cause che possono portare alla loro disfunzione, è possibile identificare alcuni approcci su cui basare il drug delivery.
Per quanto riguarda le disfunzioni mitocondriali primarie, ossia dovute all’accumulo di mutazioni del mtDNA, un’opzione per prevenirle è quella di incrementare la capacità riparativa del DNA nei mitocondri attraverso la transfezione delle cellule con enzimi ricombinanti coinvolti nella riparazione dei danni ossidativi del mtDNA (D'Souza G.G.M. et al.;2007).
Oltre a questo, si può scegliere un approccio indiretto, una terapia genica mitocondriale, anche conosciuta come:
espressione allotopica. La strategia consiste nel consegnare un gene mitocondriale wild-type legato ad una sequenza codificante per una sequenza target all'interno del nucleo,
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capace di sintetizzare una proteina riconosciuta dal mitocondrio (D'Souza G.G.M. et al.;2007).
La terapia genica mitocondriale è un approccio promettente ma impegnativo; infatti il suo sviluppo è ancora ai primi stadi (Torchilin V.P.;2006).
Considerando che ad oggi non è possibile trattare le cause inerenti le disfunzioni del genoma mitocondriale ma è possibile prevenire le mutazioni legate all'età causate dalle ROS, una possibile strategia potrebbe essere finalizzata all'eliminazione di quelle prodotte in eccesso. In questo modo si impedirebbe anche l'ossidazione delle cardiolipine nella IMM e di conseguenza i difetti della catena respiratoria (Di Mauro S. et al.;2002).
Un aumento dell'accumulo di calcio contribuisce a generare ROS e questo è associato alle malattie neurodegenerative (Chinopoulos C., Adam-Vizi V.;2006, Di Mauro S.et al.;2002).
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Inoltre l’incremento di calcio può portare all’attivazione del PTP che innesca una serie di eventi che riducono il potenziale di membrana (Chan D.C.;2006); infatti il PTP rappresenta un target per terapie citoprotettive e citotossiche (Weissig V.;2003).
Intervenire quindi inibendo i canali al calcio o riducendone l’afflusso all'interno per esempio delle cellule tumorali, può limitarne la proliferazione cellulare (Torchilin V.P.;2006, Holmuhamedov E.;2002).
L'omeostasi del calcio mitocondriale è strettamente legata con il potenziale di membrana che è a sua volta regolato dai canali al potassio; infatti sono anch'essi considerati come target in terapia (Morin D.;2001).
Da quando è noto che la fusione mitocondriale ha effetti protettivi e che l'eccessiva frammentazione contribuisce alla morte cellulare programmata (Chan D.C.;2006), si pensa che la modulazione di questi processi mitocondriali possa essere una strategia terapeutica promettente. Tuttavia, si può anche
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prevenire la fissione nelle cellule che esibiscono un disequilibrio di entrambi i processi (Schon E.A. et al.;2010). Nonostante la disponibilità di molecole capaci di agire direttamente sui mitocondri, influenzandone la funzionalità, la terapia farmacologica troverebbe grandi giovamenti da una strategia che riesca a consegnare il farmaco direttamente all’interno dell’organello; sia in termini di riduzione di dosaggio efficace che di ridotti effetti avversi (Heller A. et al;2012). A tale scopo, sono state sviluppate diverse strategie possibili.
Una prima strategia consiste nell’ottenere molecole capaci di accumularsi selettivamente all’interno del mitocondrio.
Una seconda strategia è rappresentata dall’utilizzo di
molecole che hanno il loro specifico target all’interno dell’organello.
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Infine una terza strategia è data dall’utilizzo di farmaci capaci di influenzare la funzione mitocondriale senza entrarci (Smith et al.2012).
Nell’ambito della prima strategia di drug delivery, gli approcci tentati riguardano lo sviluppo di:
A. farmaci legati, attraverso una catena laterale, ad un catione lipofilo, comunemente rappresentato dal trifenilfosfonio (TPP+) (fig.10-B);
B. nano-particelle con affinità verso i mitocondri (fig.10-A);
C. peptidi capaci di riconoscere una specifica sequenza mitocondriale (MTS) (fig.10-C);
D. peptidi capaci di accumularsi nel mitocondrio indipendentemente da potenziale di membrana (peptidi SS) (non in fugura).
45 Figura 10 Rappresentazione schematica delle strategie di drug delivery a livello mitocondriale attraverso molecole capaci di accumularsi selettivamente all’interno del mitocondrio.
Fonte: Sakrani N.M., Harish Padh;2013; ”Organelle targeting: third level of drug targeting”.
2.1 Strategie di targeting attraverso l’utilizzo
di molecole non-peptidiche
I cationi lipofili, possono facilmente passare il doppio strato fosfolipidico della membrana plasmatica ed entrambe le
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membrane mitocondriali grazie al potenziale di membrana negativo (Smith R.A.J, Murphy M.P.;2011).
L'abilità di questi cationi di muoversi attraverso la membrana consente il loro accumulo nella matrice mitocondriale in risposta al potenziale di membrana. Essi non richiedono quindi un meccanismo specifico d’importazione (Smith R.A.J, Murphy M.P.;2011).
L'equazione di Nerst descrive adeguatamente l'uptake dei cationi lipofilici nella matrice mitocondriale. Quindi questi cationi si accumulano nella matrice 10 volte di più che nel citosol per ogni 61.5 mV di potenziale; (Smith R.A.J, Murphy M.P.;2011); dunque visto che il potenziale di membrana mitocondriale è all'incirca -180-200 mV, si avrà, in condizioni normali, un gradiente favorevole all’accumulo di cationi lipofili di centinaia di volte superiore all’interno del mitocondrio rispetto all’ambiente extracellulare (Torchilin V.P.;2006).
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La molecola più usata tra i cationi delocalizzati lipofili è il catione trifenilfosfonio (TPP +), originariamente usato per gli
studi sperimentali di valutazione del potenziale di membrana (Frantz M.-C., Wipf P.;2010, Smith R.A.J, Murphy M.P.;2011, Liberman E.A., Skulachev V.;1970). Un ampio range di antiossidanti sono stati indirizzati verso i mitocondri attraverso la coniugazione con TPP+, includendo vitamina E,
acido lipoico, plastochinone, nitrossidi, nitroni (R.A.J Smith, M.P. Murphy;2011).
Un esempio è rappresentato dall’utilizzo di una piccola molecola, una vitamina E, che agisce come antiossidante contro le ROS generate dal mitocondrio. L'accoppiamento covalente di vitamina E con un catione lipofilo: trifenilfosfonio (TPP+), ha consentito l'ingresso della vitamina
all'interno dell'organello in relazione al potenziale di membrana (Smith R.A. et al.;1999).
Quindi, il complesso trifenilfosfonio-vitamina E attraversa il doppio strato lipidico e viene accumulato nella matrice
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mitocondriale più efficacemente, rispetto alla vitamina E originaria (Smith R.A. et al.;1999).
Un altro esempio è rappresentato da un composto derivante dall’associazione di una molecola di ubichinone con TPP+,
definita MitoQ, sul quale sono stati effettuati studi di fase preclinica e clinica.
E' anche possibile coniugare con TPP+ analoghi del DNA
come peptidi di acidi nucleici, in modo da inibire la replicazione del mtDNA mutato (D'Souza G.G.M et al.;2007).
2.2 Strategie di targeting attraverso l'utilizzo
di nano-particelle
Nel campo dei nano-carriers l'approccio è maggiormente basato su liposomi, capaci di fondersi con le membrane mitocondriali veicolando i loro “carichi” all'interno,
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particolarmente importanti per la delivery di grandi molecole (Muratovska A. et al.;2001).
Uno dei primi sistemi di delivery impiegato per veicolare un farmaco all'interno dei mitocondri è stato l’auto-assemblaggio
del liposoma con Dequalinio (DQA), preparato a partire da trimetilammino etancarbamoilecolesterol ioduro o
(TMAECChol). Il dequalinio è un composto anfifilico capace di penetrare all’interno della membrana mitocondriale (D'Souza G.G.M.et al.;2007, Weissig V. et al.;1998). L’assemblaggio liposoma-dequalinio ha dato luogo alla formazione di un composto detto DQAsoma. I DQAsomi grazie alla loro carica positiva sono in grado di legare o intrappolare farmaci come il Paclitaxel o il DNA e di trasportarli nel mitocondrio, sfruttando il potenziale di membrana mitocondriale (Torchilin V.P.;2006, D'Souza G.G.M., Weissig V.;2009, Weissig V.;2003).
Paclitaxel, un farmaco chemioterapico, a concentrazione rilevante innesca l'apoptosi nei mitocondri e induce rilascio
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del citocromo c, in modo PTP-dipendente. Quando DQA viene miscelato con paclitaxel, forma il paclitaxel incapsulato nel DQAsoma, aumentando l’efficacia pro-apoptotica in vitro (D'Souza GG;2008).
Altri liposomi cationici, come i lipoplessi DOPE (1,2-dioleoyl-sn-glycero-3-phosphoetanolammina) e di DOTAP (dioleoyl-1,2-diacyl-3 trimethylammoniumpropane), hanno mostrato di consegnare il peptide pro-apoptotico D-(KLAKLAK)2, insieme ad un oligonucleotide antisenso, all'interno del mitocondrio al fine di curare il cancro (Ko Y.T. et al.;2009).
Questi lipoplessi definiti MITO-Porter, mostrano modificazioni superficiali di octaarginine per stimolare il loro ingresso nelle cellule, promuovendo sia la loro fusione con la membrana mitocondriale che il rilascio del relativo carico al compartimento intra-mitocondriale nelle cellule viventi. (D'Souza G.G.M.et al.;2007, Yamada Y. et al.;2008).
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2.3 Strategie di targeting basate sui
peptidi
Le strategie di targeting basate sui peptidi possono essere distinte in due tipi, in base alla natura chimica dei peptidi e quindi al meccanismo attraverso il quale avviene il loro uptake all’interno del mitocondrio.
Una di queste strategie, mostrata in fig.11, è stata messa in pratica utilizzando peptidi in grado di riconoscere una specifica sequenza mitocondriale (MTS) e di penetrare all’interno dell’organello; essi sono definiti small mitochondria-penetrating peptides (MPPs) (Szeto H.H.,Schiller P.W.;2011). Tutte le proteine sintetizzate nel citosol devono portare una pre-proteina ammino-terminale per essere traslocati alla loro finale destinazione mitocondriale. La MTS ha una tipica misura di circa 10-80 amminoacidi con molte cariche positive, amminoacidi idrofobici e idrossilati. Una caratteristica di queste sequenze, importante per il riconoscimento da parte dei MPPs, è la loro abilità nel formare un'alfa-elica anfipatica che presenta una
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superficie caricata positivamente e una superficie idrofobica (Pfanner N, Geissler A;2001).
Un esempio di questa strategia è rappresentato dall’endonucleasi di restrizione SMA1. Si è osservato che SMA1 fuso con MTS, riconosciuta e trasportata da MPPs, ha mostrato la specifica eliminazione di DNA mitocondriale mutante.
Attualmente questi peptidi sono considerati un promettente vettore di drug delivery mitocondriale selettiva ed efficace (Horton K.L.;2008). In un successivo studio, è stato anche dimostrato che MPPs sono capaci di consegnare piccole molecole, ad esempio Biotina e Trolox, analoghi idrosolubili della vitamina E, all'interno dei mitocondri (Yousif L.F. et al.;2009). Rimane da verificare se MPPs siano anche capaci di veicolare grossi carichi come DNA o nanocarriers all'interno dei mitocondri.
L’altra strategia di targeting basata sui peptidi è rappresentata dall'uso di piccoli peptidi carichi positivamente, detti peptidi
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Szeto-Schiller (SS), composti da 4 amminoacidi basici e aromatici alternati (Smith R.A.J, Murphy M.P.;2011, Szeto H.H.;2006, Zhao K. et al.;2004).
I peptidi SS esibiscono 3 cariche positive a pH fisiologico e, studi su cellule isolate, hanno dimostrato il loro rapido assorbimento attraverso la membrana plasmatica e il loro accumulo nei mitocondri, dove si legano alla IMM (fig.11) (Smith R.A.J, Murphy M.P.;2011, Zhao K. et al.;2004).
Nonostante la loro carica positiva, l'uptake dei peptidi SS all'interno dei mitocondri non sembra verificarsi in relazione al potenziale di membrana. Il meccanismo responsabile del loro selettivo uptake non è ancora chiaro ed essi rappresentano un caso particolare; visto che è stato dimostrato come, in generale, MPPs carichi positivamente siano in grado di accumularsi all’interno degli organelli in relazione al potenziale di membrana mitocondriale (Smith R.A.J, Murphy M.P.;2011, Szeto H.H.;2006).
54 Figura 11:La figura descrive, in generale, i tre possibili interventi e le strategie farmacologiche per il trattamento delle disfunzioni mitocondriali. La prima strategia riguarda il targeting di farmaci al mitocondrio, e sono rappresentati i tre casi: 1)la coniugazione di un composto (x) con TPP+ e il suo uptake all’interno della matrice mitocondriale in funzione del potenziale di membrana, 2) peptidi SS e 3) MPPs e il loro accumulo all’interno della matrice. La seconda strategia rappresenta i farmaci che entrano nel mitocondrio ma che agiscono attaccando uno specifico target mitocondriale. Infine, la terza strategia è rappresentata dai farmaci che agiscono sulla trascrizione di geni mitocondriali.
Fonte: Smith et al;2012;” Mitochondrial pharmacology”; Trends in pharmacological sciences; 3:341-352
Infine, un concetto alternativo è rappresentato da antibiotici naturali con affinità verso le membrane delle cellule microbiche. Vista la stretta relazione evolutiva tra la membrana batterica e i componenti della membrana interna mitocondriale, in particolare la loro composizione lipidica, è stato dimostrato che la gramicidina S (un antibiotico efficiente contro alcuni gram-positivi) può servire da carrier
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per il targeting mitocondriale di agenti scavenger, secondo un meccanismo indipendente dal potenziale di membrana (Frantz M.C., Wipf P.;2010).
3 Proprietà dei peptidi SS
I peptidi Szeto-Schiller (SS) sono stati i primi composti sviluppati, capaci di accumularsi selettivamente sulla membrana interna mitocondriale.
Questi peptidi sono stati scoperti Hazel H. Szeto e Peter W. Schiller mentre stavano lavorando su una famiglia di oppioidi
con elevata affinità e selettività per il recettore oppioide μ (Schiller PW et al.;2000).
56 SS-02 (H-Dmt-D-Arg-Phe-Lys-NH2)
Fonte: http://dc341.4shared.com/doc/6VkSAV9Y/preview.html
Essi sono tetra-peptidi altamente polari, idrosolubili e, come accennato, esibiscono carica netta 3+ a pH fisiologico. Come
con tutti i peptidi oppioidi, SS-01 e SS-02 contengono nella posizione N-terminale Tyr (Tirosina) o Dmt (2,6 Dimetiltirosina), che sono i residui amminoacidici necessari per avere un’azione scavenger e per l’alta affinità di legame verso i recettori oppioidi. La sostituzione di Tyr con Dmt in SS-02 aumenta ulteriormente l’affinità di legame al recettore μ (Shiller PW et al.;2000).
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La scoperta chiave è stata l'osservazione attraverso il microscopio confocale a scansione laser, che SS-02, contenente un piccolo gruppo funzionale fluorescente, aveva la stessa distribuzione intracellulare del Mitrotracker o TMRM (un colorante fluorescente che evidenzia i mitocondri in cellule vive e il suo accumulo dipende dal potenziale di membrana), suggerendo che il peptide era stato veicolato nei mitocondri (Zhao K et al.;2004).
L'assorbimento mitocondriale di SS-02 è stato testato utilizzando sia [3H] SS-02, sia l'analogo fluorescente in
mitocondri isolati. Sorprendentemente, sebbene SS-02 abbia una carica netta 3+ a pH fisiologico, il suo assorbimento
mitocondriale non dipendeva dal potenziale di membrana mitocondriale, facendo pensare che non si distribuisse nella matrice mitocondriale. Un assorbimento indipendente dal potenziale rappresenta un vantaggio significativo quando si tratta di mitocondri malati, i quali potrebbero aver ridotto il loro potenziale.
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Questa proprietà li distingue dai composti coniugati-TPP+ che,
come mostrato in fig.11, vengono liberati nella matrice mitocondriale in relazione al potenziale mitocondriale (Murphy MP, Smith RA;2007).
Studi sul frazionamento mitocondriale, infine, hanno rivelato che più dell'85% di SS-02 è stato trovato nella IMM (Zhao K;2004), diventando così il primo composto con un target selettivo sulla IMM, sede della ETC.
Se consideriamo SS-02 come composto mito-protettivo l’alta affinità per il recettore oppioide μ è una caratteristica indesiderata, poiché oltre all’azione analgesica, la stimolazione del recettore oppioide μ è associata a diversi effetti indesiderati (costipazione, depressione respiratoria, tolleranza, e dipendenza).
Da qui la necessità di sviluppare altri composti peptidici che non avessero affinità per i recettori oppioidi (Szeto H.H., Schiller P.W.;2011).
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A questo scopo è stato sintetizzato SS-20 (H-Phe-D-Arg-Phe-Lys-NH2) in cui è stato sostituito Dmt con Phe..
Fonte: http://dc341.4shared.com/doc/6VkSAV9Y/preview.html
Questa sostituzione diminuisce l’affinità per il recettore oppioide, ma è da considerare che Dmt è anche il residuo amminoacidico con attività scavenger nei confronti dei radicali liberi (Winterbourn C.C. et al.;2004), per cui è stato effettuato un altro tentativo cercando di preservare l’attività scavenger. Il risultato è stato il peptide SS-31 (H-D-Arg-Dmt-Lys-Phe-NH2) (Schiller P.W. et al.;2000), in cui è stato spostato
60 Fonte: http://dc341.4shared.com/doc/6VkSAV9Y/preview.html
A differenza del TPP+, che serve solo come vettore, i peptidi
SS hanno una loro attività intrinseca. Infatti, gli analoghi contenenti Dmt hanno attività antiossidante intrinseca (Winterbourn et a;2004). Dmt ha la stessa o addirittura una maggiore azione scavenger a causa della sua maggiore densità elettronica sull'anello aromatico. SS-02 e SS-31 hanno mostrato di avere attività dose-dipendente contro perossido d'idrogeno, il radicale idrossile, e il perossinitrito in studi in vitro (Zhao K et al.;2004,Szeto HH;2008); inoltre, possono inibire la perossidazione lipidica (Zhao K et al.;2004,Szeto HH;2008), e sono quindi ideali nel prevenire la perossidazione della cardiolipina da parte dei radicali idrossilici. Il selettivo
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orientamento e la concentrazione di SS-02 e SS-31 nella IMM li rendono estremamente potenti nel ridurre lo stress ossidativo mitocondriale (Szeto H.H.; Schiller P.W.;2011).
***
L'accumulo di composti antiossidanti nel mitocondrio, ha dimostrato di migliorare un gran numero di modelli di malattie correlate con il danno ossidativo mitocondriale. Sono stati sviluppati farmaci che hanno dimostrato di essere sicuri ed efficaci in studi di fase II in sperimentazione clinica, generando così, una nuova classe di farmaci che possono essere utilizzati in una vasta gamma di patologie umane, per le quali le terapie attuali hanno efficacia limitata (Smith R.A.J;2011).
In particolare in questa tesi è stato messo in luce lo sviluppo dei peptidi SS e del MitoQ.
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4. Efficacia
preclinica
di SS peptidi
L'efficacia in vivo dei peptidi SS è stata valutata in un certo numero di modelli sperimentali di malattia, e hanno dimostrato una notevole efficacia come protettori nei confronti della funzione mitocondriale.
4.1Danno ischemico/riperfusione
La disfunzione mitocondriale e lo stress ossidativo giocano un ruolo importante nel danno da ischemia-riperfusione. La fosforilazione ossidativa viene inibita durante l'ischemia e può peggiorare ulteriormente durante la riperfusione a causa dell'apertura del PTP e conseguente depolarizzazione mitocondriale, ridotta sintesi di ATP, e ulteriore aumento della produzione di ROS.
I peptidi SS-02, SS-31 e SS-20, somministrati prima dell’insulto ischemico, hanno tutti dimostrato di ridurre il danno da ischemia/riperfusione nel miocardio in ex vivo e in vivo.
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Quando SS-31 e SS-20 sono stati somministrati dopo l'insulto ischemico solo SS-31 è risultato efficace nel ridurre lo “stunning” del miocardio (cardiac stunning è la conseguenza di un episodio breve di ischemia acuta o di un'angioplastica), suggerendo che, mentre SS-20 può precondizionare il cuore e ridurre il danno da ischemia, solo gli analoghi scavenging possono contrastare il “burst” ossidativo nella riperfusione e servire da agenti post-condizionanti (Szeto H.H.;2008, Song W. et al.;2005). Studi in vivo hanno dimostrato che SS-02 e SS-31 riducono l'infarto cardiaco quando sono somministrati prima dell'occlusione dell'arteria coronaria discendente anteriore sinistra del ratto (Cho J. et al.;2007).
Ulteriori studi in vivo hanno mostrato che questa protezione miocardica si verifica anche quando SS-31 viene somministrato immediatamente prima della riperfusione e del ritorno del flusso coronarico (Szeto HH;2008).
Entrambi i peptidi hanno dimostrato di aumentare il contenuto miocardico di ATP e diminuire la perossidazione
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lipidica nei topi dopo riperfusione, suggerendo che SS-20 può ridurre la produzione di ROS migliorando la funzionalità mitocondriale (Szeto H.H. ;2008).
In un recente studio è stato riscontrato anche che SS-31 nei topi, limita l’apoptosi e necrosi delle cellule dopo una prolungata ischemia, fornisce un significativo aumento dei biomarkers renali dopo 24h (Szeto H.H. et al.;2011) e protegge la riduzione dei livelli di glutatione nel cervello (Cho J. et al.;2007).
4.2 Malattie neurodegenerative
L’insufficienza mitocondriale e il danno ossidativo sono strettamente coinvolti nella patogenesi delle malattie neurodegenerative. Un ulteriore ostacolo nello sviluppo di terapie per queste malattie è la loro capacità di penetrare la Barriera Emato Encefalica (BEE) (Zhao GM et al.;2002).
I peptidi SS possono facilmente attraversare la BEE (Zhao GM et al.;2002), e hanno dimostrato l'efficacia in vivo in molti
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modelli patologici, come il Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Una mutazione puntiforme CuZnSOD dell’enzima superossido dismutasi SOD1 (un importante antiossidante che si trova nel citoplasma) è nota per essere associata con la SLA nell'uomo (Rosen DR et al.;1993). I topi con una mutazione G93A SOD1 sviluppano un fenotipo che imita molto la SLA umana, con tremori, ridotta deambulazione e paralisi. Il trattamento dei topi G93A SOD1 con SS-31 ha portato ad un significativo ritardo nella comparsa di tremori a riposo, miglioramento delle prestazioni rotaroad, e prolungata sopravvivenza (Petri S et al.;2006). Il risultato migliore è stato associato ad una significativa riduzione della perdita di motoneuroni nel midollo spinale lombare, e di diversi biomarkers ossidativi (Petri S et al.;2006). Questi studi indicano che i peptidi SS possono penetrare la BEE ed essere neuroprotettivi. Uno studio recente ha dimostrato che SS-31 può prevenire la tossicità della β amiloide nelle cellule N2A del neuroblastoma e aumentare la
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crescita dei neuriti in neuroni primari in topi con mutazione del precursore proteico della β amiloide (βA-PP). Questi risultati supportano che SS-31 possa rappresentare un efficace trattamento per la malattia di Alzheimer(Manczak M;2010).
4.3 Atrofia muscolare e debolezza
La ventilazione meccanica è una misura salva-vita che è spesso richiesta per condizioni mediche come la lesione acuta polmonare, sepsi, insufficienza cardiaca, malattia polmonare cronica ostruttiva, malattie neuromuscolari, e overdose di droga. Tuttavia la ventilazione meccanica prolungata è associata ad una significativa debolezza diaframmatica conseguente sia ad atrofia delle miofibre, sia a disfunzione contrattile (Levine S et al.;2008, Powers SK et al.;2008) e provoca inoltre proteolisi mediante l'attivazione di calpaina e caspasi-3 (Whidden MA et al.;2010).
La somministrazione di SS-31 per via endovenosa (iv) a ratti durante la ventilazione meccanica ha impedito le emissioni
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diaframmatiche di ROS mitocondriali e ha protetto contro l’ossidazione delle proteine, contro l’attivazione di calpaina e di caspasi-3, e ridotto l’atrofia delle miofibrille e la disfunzione contrattile (Powers SK et al.;2011). Questi risultati indicano che i mitocondri sono una fonte primaria di produzione di ROS nel diaframma durante la ventilazione meccanica prolungata e che SS-31 può facilitare la ripresa dell’attività respiratoria spontanea efficace dopo ventilazione automatica prolungata (Powers SK et al.;2007).
Lunghi periodi di inattività del muscolo scheletrico possono anche tradursi in perdita di massa muscolare e di forza. Lo stress ossidativo mitocondriale svolge un ruolo centrale in processi proteolitici nel muscolo scheletrico (Powers SK et al.;2007), e SS-31 ha recentemente dimostrato di attenuare atrofia muscolare nei ratti dopo immobilizzazione della zampa posteriore (Min K et al.;2010). Questi risultati suggeriscono che i peptidi SS possono essere utili nel prevenire l'atrofia muscolare derivante da cachessia
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neoplastica, e sarcopenia dovuta all'invecchiamento, o da farmaci come gli antiretrovirali.
4.4 Sindrome Metabolica
La ridotta funzionalità della ETC mitocondriale nei muscoli scheletrici è anche associata all'obesità, all’insulino-resistenza e al diabete di tipo 2 (Ritov VB et al.;2010). Una dieta ricca di grassi porta alla disfunzione mitocondriale e alla produzione elevata di ROS nel muscolo scheletrico (Anderson EJ et al.;2009). La somministrazione di SS-31, nei ratti che seguivano una dieta ricca di grassi, si è dimostrata in grado di inibire l'aumento di produzione di H2O2 mitocondriale nel
muscolo scheletrico, e questo ha impedito lo sviluppo di insulino-resistenza (Anderson EJ;2009). Risultati simili sono stati osservati nei topi transgenici MCAT (mitochondrial targeted human catalase), ovvero topi che presentano una sovra-espressione dell’enzima catalasi umana nel mitocondrio, dimostrando che la SS-31 è in grado di simulare
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l'effetto protettivo della sovra-espressione della catalasi mitocondriale.
4.5 Insufficienza cardiaca
L'ipertensione sistemica induce ipertrofia ventricolare sinistra, fibrosi e disfunzione diastolica. Il sistema renina-angiotensina-aldosterone gioca un ruolo centrale nelle malattie cardiovascolari. L'angiotensina si lega al recettore dell'angiotensina-1 e stimola la formazione di ROS attraverso l'enzima NADPH ossidasi, provocando disfunzione mitocondriale (Doughan AK et al.;2008). Uno studio recente ha dimostrato che la cardiomiopatia angiotensina-indotta è stata migliorata mediante trattamento con SS-31 e che non è stata osservata nei topi MCAT (Dai DF et al.;2011). Questi risultati supportano un ruolo nello stress ossidativo mitocondriale, nello scompenso cardiaco e forniscono un forte razionale per valutare l'applicazione clinica di SS-31 per il trattamento o la prevenzione delle malattie ipertensive cardiovascolari (Szeto H.H., Schiller P.W.;2011)
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5. Efficacia
Clinica
dei Peptidi SS
Uno dei maggiori svantaggi di piccole molecole peptidiche è la loro suscettibilità alla rapida degradazione enzimatica. (Szeto H.H. et al.;2001).
La stabilità della SS-31 è stata determinata nel topo, ratto, cane, scimmia e plasma umano. Si è verificata una ridotta degradazione di SS-31 quando veniva incubato a 37 °C per 1 h nel plasma di tutte le specie. Prolungando l’incubazione ha mostrato più rapida degradazione nel plasma del ratto e del topo (t1/2 ~ 1,8 e 3,6 h, rispettivamente), ma SS-31 risulta molto più stabile nel plasma del cane, scimmia e nel plasma umano (t1/2 ~ 7,7, 4,3 e 30,8 h rispettivamente) (Lave T. et al.;1997).
Sono state usate preparazioni microsomiali di fegato di topo, ratto, cane, scimmia e dell'uomo per determinare la stabilità metabolica di SS-31, secondo le linee guida standard. Sono stati incubati per un massimo di 1 ora a 37 ° C e ad eccezione
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della preparazione di fegato di cane, non è stata osservata nessuna significativa perdita di SS-31. In particolare, nella preparazione microsomiale di fegato umano è rimasto circa il 96,7% del composto originario portando a classificare SS-31 come un composto di bassa clearance (<2,2 ml / min / kg) (Lave T et al.;1997). Dopo somministrazione per via iv di 1 mg/kg, la concentrazione plasmatica di SS-31 è diminuita rapidamente con un’emivita apparente di circa 0,8 ore. La concentrazione plasmatica dopo 8 ore era di 0,8 ng / ml, o ~ 1 nM, che è la concentrazione efficace vista nella maggior parte degli studi su colture cellulari (Zhao K. et al.;2004, Zhao K. et al.;2005,Han Z et al.;2009,Yang I et al.;2009,Manczak M et al.;2010, Thomas DA;2007).
Sono state confrontate le biodisponibilità SS-31 somministrato per via iv e sc, nel cane e nella scimmia e hanno mostrato differenze rispetto alla farmacocinetica vista nei ratti. SS-31 è rapidamente assorbito dopo somministrazione sc, con livelli plasmatici di picco rilevati
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entro 15 min. La biodisponibilità di SS-31 dopo somministrazione sc è stata maggiore nel cane (72,7%) e nella scimmia (81,4%) rispetto al ratto (38%).
Sulla base di questi promettenti dati e dagli studi farmacocinetici eseguiti, i peptidi SS, in particolare SS-31 è entrato in sperimentazione clinica (Szeto H.H., Peter W. Schiller;2011).
È stata avviata dalla FDA degli Stati Uniti la ricerca di nuovo farmaco sperimentale. Ci sono infatti, in corso, studi di Fase 1 sulla forma modificata di SS-31. Alcuni risultati preliminari dei trial effettuati suggeriscono che SS-31 è priva di qualsiasi attività oppioide apprezzabile. Tuttavia si prevede che inizierà un test clinico di fase 2 anche per verificarne la protezione nei confronti del danno da ischemia-riperfusione in pazienti con sopra-slivellamento del tratto ST (Szeto H.H., Schiller P.W.;2011).