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Il laboratorio di fisica come strumento di crescita concettuale e culturale : un'esperienza nella scuola secondaria di Dawdi (Tanzania)

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Academic year: 2021

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(1)

Alma Mater Studiorum · Universit`

a di

Bologna

FACOLT `A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

Corso di Laurea in Matematica

Il laboratorio di Fisica come

strumento di crescita

concettuale e

culturale-Un’esperienza nella scuola secondaria

di Dawdi (Tanzania)

Tesi di Laurea in Didattica della Fisica

Relatore:

Chiar.ma Prof.ssa

Barbara Pecori

Presentata da:

Michele Canducci

Sessione II

Anno Accademico 2009/2010

(2)

Ai miei amici matematici.

A tutta l’A.K.A.P.

L’educazione `e l’arma pi`

u potente che pu`o cambiare il mondo.

(Nelson Mandela)

(3)

Indice

Introduzione iii

1

Il ruolo del laboratorio di fisica

1

1.1 Il laboratorio e la ricerca in fisica . . . 1

1.2 Il laboratorio e la didattica della fisica . . . 2

1.3 L’educazione scientifica nei Paesi in Via di Sviluppo . . . 5

1.3.1 I problemi dell’educazione scientifica . . . 6

1.3.2 Una prospettiva low-cost . . . 8

1.4 Contestualizzazione dei risultati di ricerca . . . 9

2

Un laboratorio per il progetto

Tanzania 2010

11

2.1 Gli obiettivi dell’associazione . . . 11

2.2 Criteri di scelta del tipo di laboratorio . . . 12

2.2.1 Le macchine di Galileiana . . . 13

2.2.2 Aspetti tecnici del progetto . . . 14

2.2.3 Aspetti curriculari del progetto . . . 14

2.3 Le tre macchine del laboratorio . . . 15

2.3.1 Studio degli effetti dell’inclinazione sulla gittata di un proiettile . . . 15

2.3.2 Studio della relazione tra forza e accelerazione lungo un piano ad inclinazione variabile . . . 20

(4)

2.3.3 Esperimento di Galileo sul moto in assenza di forze non

equilibrate . . . 24

3

Il progetto e la sua realizzazione 27

3.1 Il progetto . . . 27

3.1.1 Obiettivi . . . 27

3.1.2 Organizzazione del laboratorio . . . 28

3.1.3 Percorso didattico . . . 30 3.2 La realizzazione . . . 33 3.2.1 Operazioni preliminari . . . 33 3.2.2 Il percorso realizzato . . . 34 4

Conclusioni

43

4.1 Risultati . . . 43 4.2 Prospettive future . . . 47 Bibliografia 51

(5)

Introduzione

Questo lavoro di tesi descrive l’elaborazione e la realizzazione di un pro-getto di didattica della Fisica in una scuola secondaria della regione di Arusha in Tanzania.

Il lavoro `e anzitutto il frutto della mia attivit`a nell’ambito dell’associazione Karibuni Assistenza alle Popolazioni (A.K.A.P.) di cui faccio parte, che si propone di contribuire allo sviluppo culturale e sociale di alcune realt`a di Paesi in Via di Sviluppo (Tanzania e Etiopia).

In questo ambito `e stato lanciato un progetto triennale di cooperazione con la scuola secondaria di Dawdi, finalizzato alla realizzazione di un laboratorio didattico per l’insegnamento della Fisica (e in prospettiva anche della Mate-matica).

Credo che sia importante per uno studente di oggi cercare di applicare sin dai primi anni di universit`a quanto si studia ad altri campi di suo interesse. Questo `e, a mio parere, un percorso importante per diventare persone cosci-enti delle capacit`a acquisite nel corso degli studi, delle possibilit`a di utilizzarle in ambito lavorativo e/o accademico, nonch´e, pi`u in generale, per verificare la bont`a delle scelte effettuate in ambito universitario. Credo si tratti di un percorso fondamentale se si vuole contribuire a creare innovazione e ricerca. Gli studi scientifici effettuati in questo triennio e l’interesse per tematiche legate al sociale, mi hanno permesso di ideare, insieme con i membri del-l’A.K.A.P. e con la collaborazione della docente del corso di Didattica della Fisica, un progetto di laboratori per l’insegnamento della Fisica che potesse rappresentare, dal mio punto di vista di studente, un approfondimento di

(6)

temi affrontati nel corso di Didattica della Fisica e un’opportunit`a di appli-cazione concreta degli studi effettuati e, dal punto di vista dell’associazione di cui faccio parte, uno strumento efficace per promuovere la collaborazione fra Italia e Tanzania.

Questa collaborazione, che per sua natura aspira ad essere costruttiva e non invasiva, si propone lo scopo di partecipare ad un rinnovamento del-l’insegnamento scientifico nella scuola secondaria in Tanzania, che, a causa di fattori culturali legati all’eredit`a culturale dell’era coloniale e alla poca disponibilit`a di fondi per l’istruzione, procede ancora secondo modalit`a e-stremamente tradizionali, basate esclusivamente su lezioni frontali, senza il coinvolgimento attivo degli alunni n´e l’utilizzo di laboratori. A tale scopo si `e cercato di realizzare un laboratorio che potesse essere al contempo economico ed incisivo, sia per far comprendere al corpo docente della scuola che `e possi-bile effettuare un percorso di studio della Fisica tanto teorico quanto pratico pur non disponendo di attrezzature moderne e di un laboratorio attrezzato, sia per offrire agli studenti della scuola la possibilit`a di vivere un’esperienza di laboratorio e un’occasione per analizzare il rapporto tra la fisica studiata sui libri e la fisica sperimentale.

La prospettiva di laboratori low-cost efficaci dal punto di vista dell’apprendi-mento si `e concretizzata grazie all’utilizzazione delle macchine di “Galileiana”, un laboratorio ideato dal professor A.Martini di Bologna, costituito intera-mente di macchine costruite prevalenteintera-mente in legno.

Si `e pensato ad un laboratorio rivolto ad una classe che avesse gi`a affrontato nel proprio percorso la cinematica e la dinamica e si sono individuate tre mac-chine che potessero far analizzare fenomeni interpretabili con le conoscenze gi`a possedute dai ragazzi.

Questo lavoro di tesi, dopo una premessa di riflessioni sul ruolo del labora-torio di fisica nella didattica, descrive sia le scelte che hanno caratterizzato la fase di progettazione attuata in Italia, sia la fase del progetto svolta in Tanzania nella quale, grazie alla disponibilit`a e alla collaborazione del corpo docenti e degli alunni, le macchine sono state costruite e i laboratori sono

(7)

stati realizzati con successo.

Si prevede quindi che il lavoro svolto quest’anno possa rappresentare il punto di partenza per lo sviluppo di attivit`a future sia nel campo della didattica della Fisica sia in quello della Didattica della Matematica.

(8)
(9)

Capitolo 1

Il ruolo del laboratorio di fisica

1.1

Il laboratorio e la ricerca in fisica

Nello sviluppo della scienza sperimentale, in particolare della fisica, gioca un ruolo fondamentale la realizzazione di esperimenti che prevedono la progettazione e la realizzazione di apparati sperimentali e la raccolta e analisi di dati, al fine di verificare, falsificare o produrre teorie e modelli di interpretazione fisica della realt`a. La scienza fisica `e una costruzione del-l’intelletto umano, che procede tanto per sviluppo continuo quanto per salti concettuali e logici, nella quale i cambiamenti nei modelli interpretativi sono dettati dall’intuizione e dall’intelligenza dell’uomo. Tuttavia sarebbe errato ridurre tutta la costruzione di conoscenza fisica ad una mera speculazione teorica. Ogni teoria ha bisogno di essere messa a confronto con la realt`a dei fenomeni. Se si vuole fare fisica, il ruolo dell’esperimento `e fondamentale: l’esperimento infatti, se progettato adeguatamente, `e in grado di dar ragione o torto ad un’interpretazione teorica di fatti sperimentali.

“Le teorie fisiche tentano di costruire una rappresentazione della realt`a e di determinarne i legami con il vasto mondo delle impressioni sensibili. Pertanto le nostre costruzioni mentali si giustificano soltanto se le teorie costituiscono realmente questo tipo di legame e secondo come lo costituiscono.”1

1

(10)

1.2

Il laboratorio e la didattica della fisica

Nell’ambito dell’insegnamento della fisica, il laboratorio non svolge tanto la funzione di scoperta o verifica, quanto quella di favorire la comprensione dei concetti e delle leggi fisiche e di fornire agli studenti una immagine adeguata dell’indagine in fisica. A partire dagli anni ’70, si `e sviluppata una didat-tica della fisica fondata su un’ipotesi costruttivista, cio`e sull’idea che “la conoscenza individuale, cos`ı come la conoscenza accreditata, sia un sapere che si costruisce attraverso una continua ri-strutturazione e strutturazione di concetti e reti di concetti” e che il “processo di insegnamento/apprendimento sia un processo continuo di cambiamento concettuale nel corso del quale, a partire dalla conoscenza di senso comune, si sviluppano modi di guardare, di vedere, di fare, di comunicare sempre pi`u vicini a quelli che caratterizzano la conoscenza scientifica”2.

E’ in quest’ottica che il laboratorio acquista un ruolo prezioso per lo stu-dente: esso permette di sperimentare un percorso di indagine, di avviare una riflessione personale, di costruirsi modelli fisici e una propria immagine della fisica in un processo di continua ristrutturazione delle proprie conoscenze. Ma come dev’essere impostato il laboratorio per stimolare lo studente ad una riflessione profonda? In che modo deve porsi l’insegnante per raggiun-gere questo obiettivo?

Queste domande, alle quali non esistono risposte univoche e scontate, si pos-sono affrontare partendo da una preliminare discussione su cosa sia il labora-torio, nelle sue accezioni passate e moderne, e quali siano le sue componenti fondamentali.

Partiamo con una distinzione tanto evidente quanto spesso sottovalutata: fare esperienza `e differente dal fare esperimenti. Mentre si fanno infatti espe-rienze anche non volute, a carattere spontaneo, del mondo naturale, l’approc-cio `e invece completamente diverso quando si vuole condurre un esperimento. Nel fare un esperimento `e insita la consapevolezza del dover preordinare,

pro-2

N.Grimellini Tomasini, G.Segr`e(a cura di)-Conoscenze scientifiche: le rappresentazioni mentali degli studenti, La Nuova Italia,Scandicci(Firenze), 1991

(11)

gettare attraverso un’attivit`a preliminare di studio e approccio al problema: tale attivit`a `e necessaria affinch`e si possano ottenere informazioni significative dall’esperimento stesso. Il fare esperimenti `e dunque un’attivit`a progettata, “artificiale”; gi`a nell’idea stessa di fare un esperimento c’`e la consapevolezza della necessit`a di predisporre strumenti di misurazione e apparati sperimen-tali.

La distinzione tra esperienza ed esperimento `e documentata dalla storia della fisica: se da un lato infatti la fisica greca `e madre del fare esperienza, del rapporto diretto fra osservazione del mondo naturale e indagine scientifica, da Galileo in poi `e il fare esperimenti che segna la linea di demarcazione fra progresso scientifico e non. Si tratta di progettare per capire, `e un’indagine ragionata, preparata, atta a ricostruire modelli per interpretare il mondo naturale e in questo senso potremmo suggerire che non `e la scienza a nascere con Galileo e Bacone ma `e la scienza del laboratorio3.

Questo fare esperimenti `e un’operazione articolata e complessa che non si presta ad essere sintetizzata in una “ricetta”, tuttavia vi possiamo riconoscere una serie di ingredienti fondamentali cos`ı schematizzabili:

• Individuazione del problema a cui trovare riscontro sperimentale. • Progettazione dell’esperimento, che pu`o essere in via preliminare

grez-zo, in modo da comprendere le dinamiche e le difficolt`a di costruzione, di analisi e di misurazione.

• Realizzazione dell’esperimento e raccolta dei dati sperimentali. • Analisi dei dati e interpretazione fisica.

Questi 4 punti, flessibili e passibili di infinite modifiche e sfumature, sono indispensabili alla buona conduzione di un esperimento fisico e sono carat-terizzati dalla necessit`a, da parte del ricercatore, di essere il pi`u possibile creativo e di saper trovare soluzioni tecniche soddisfacenti ai problemi di

3

Cutroni M. e Vicentini M.-Il ruolo del laboratorio nella fisica e nel suo insegnamento/ apprendimento, in M.Vicentini e M.Mayer, Didattica della Fisica, Loescher, 1996

(12)

costruzione.

Dal punto di vista dell’insegnamento/apprendimento della fisica, le questioni da affrontare sul ruolo del laboratorio sono, alla luce di quanto detto fin’o-ra, sostanzialmente di due tipi: uno riguarda la riflessione epistemologica sul senso del laboratorio nella costruzione di conoscenza fisica (rapporto tra teoria e realt`a); l’altro riguarda le caratteristiche che il laboratorio didattico deve avere per favorire l’apprendimento di concetti e principi di fisica. Le do-mande, in definitiva, da porsi se si vuole aprire una discussione sulla valenza didattica del laboratorio sono due:

1. Che ruolo pu`o assumere il laboratorio nella comprensione da parte dello studente del rapporto tra teoria e mondo dei fenomeni, tra formaliz-zazione matematica e caratteristiche dell’esperimento?

2. Che ruolo pu`o svolgere l’attivit`a di laboratorio nel promuovere un apprendimento concettuale della fisica?

Per far comprendere quanto la fisica sia legata alla elaborazione teori-ca ed allo stesso tempo alla realt`a dei fenomeni, il laboratorio pu`o essere senz’altro una palestra insostituibile. Ad esempio, in una fase interpreta-tiva dei risultati, cio`e quando si vuole formalizzare attraverso il linguaggio matematico le conclusioni dell’esperimento, si potrebbe cercare di valoriz-zare la stretta connessione che c’`e fra la realt`a che ci si propone di indagare e la teoria formale mettendo in relazione i passaggi logico/matematici con le caratteristiche dell’esperimento e delle attrezzature sperimentali utilizzate per indagare il fenomeno dall’altro.

Nella fase di raccolta dati e comparazione con i risultati attesi, bisogna con-siderare un altro aspetto di grande importanza e valenza didattica. Spesso infatti lo studente tende ad identificare l’obiettivo di questa fase con l’acquisi-zione di risultati “corretti”. E’ invece molto importante ribadire che durante la fase di raccolta dati non ci si dovr`a preoccupare della loro correttezza in relazione alle previsioni formulate su base teorica, ma piuttosto cercare di trarre vantaggio dalle opportunit`a offerte dai dati “sbagliati”: `e su questi

(13)

infatti che si potr`a aprire una discussione su come applicare correttamente le regole del gioco sperimentale per andare alla ricerca dei motivi della dis-crepanza4.

“Se faccio capisco”. Questo `e il motto alla base del progetto Nuffield5 dal

quale pu`o essere interessante far partire alcune riflessioni sul ruolo del labo-ratorio nell’apprendimento dei concetti fisici.

In primo luogo dobbiamo precisare che non bisogna intendere il fare sem-plicemente come attivit`a manuale, evitando di ridurre l’attivit`a scientifica alla mera applicazione di una tecnica. Fare, operare in fisica significa infatti agire con la mente tenendo ben presente l’importanza di un referente empiri-co. E’ in questa accezione che assume importanza sia il realizzare concre-tamente esperimenti, ma anche e semplicemente l’osservare i fenomeni, cos`ı da mettere in relazione l’osservazione effettuata con le proprie conoscenze teoriche, confrontando le previsioni con i dati raccolti e, se necessario, mo-dificando le proprie conoscenze concettuali in funzione dei dati sperimentali osservati.

E’ infine importante aggiungere che quanto pi`u l’esperimento sar`a accatti-vante, divertente e ricco di particolarit`a, tanto pi`u sar`a facile coinvolgere gli alunni in ragionamenti di tipo epistemologico e concettuale.

1.3

L’educazione scientifica nei Paesi in Via

di Sviluppo

L’importanza della scienza e della tecnologia come mezzo di miglioramen-to della qualit`a di vita nei Paesi in Via di Sviluppo `e riconosciuta a livello mondiale. Lo sviluppo di una cultura scientifica `e di fondamentale impor-tanza per la creazione di nuove opportunit`a di incremento della produzione

4

Vicentini M. e Mayer M.- Didattica della Fisica, La nuova Italia editrice, Firenze, 1996.

5

(14)

nazionale, di miglioramento delle condizioni di salute della popolazione e della possibilit`a di accesso all’informazione e alla comunicazione globale.

1.3.1

I problemi dell’educazione scientifica

“In many developing countries, new, educated middle classes have ap-peared as a result of scientific instruction6”. L’autore della citazione sottoli-nea l’importanza di un’educazione e una scuola che valorizzi lo studio della scienza come mezzo di elevazione sociale, culturale ed economica.

Partendo da questo presupposto, sarebbe auspicabile un continuo innalza-mento della qualit`a dell’educazione scientifica scolastica, soprattutto nei Pae-si in Via di Sviluppo.

Purtroppo, questo generalmente non accade: la maggior parte di questi Paesi continua ad aggrapparsi ad un sistema educativo sopravvissuto all’era colo-niale e mal adattato alle necessit`a del mondo di oggi in continua evoluzione. La maggiore debolezza di questo sistema `e l’essere condizionato essenzial-mente dalla necessit`a di passare gli esami sulla base di nozioni imparate a memoria piuttosto che dall’interesse ad acquisire abilit`a.

Ovviamente si potrebbe obiettare che anche nei paesi industrializzati l’edu-cazione scientifica `e ben lungi dalla perfezione. Tuttavia questo difetto risul-ta meno grave perch´e il mondo industrializzato gode del vanrisul-taggio storico di poter contare su una interazione positiva tra sviluppo tecnologico-scientifico e progresso economico che, attraverso l’istituzione di centri di eccellenza, an-nulla almeno in parte gli effetti di una scadente educazione scientifica della popolazione in generale.

Questo situazione di svantaggio pu`o tuttavia essere affrontata e superata concentrandosi preliminarmente sulla questione chiave: come passare pro-gressivamente dal presente sistema “guidato dall’esame” al sistema “guidato

6

Thulstrup Erik W.-School Laboratories in Developing countries: are they Worth the Effort and Espense?, in Sylvia A. Ware (a cura di)- Science and environment education views from developing countries, World Bank, Human development Network, Secondary Education series, Washington, 1999.

(15)

dallo sviluppo delle abilit`a”?

“Qualsiasi sistema educativo volto allo sviluppo delle abilit`a deve essere basato su un approccio in cui prevalga il lato pratico”7. Cos`ı si esprime

K.V.Shane in un articolo sull’educazione scientifica e tecnologica nei Paesi in Via di Sviluppo.

Purtroppo questa idea di educazione scientifica `e poco sviluppata a causa, da un lato, del continuo aumento del costo di attrezzature, dall’altro della mancanza di programmi di formazione adatti per gli insegnanti; questo por-ta ad un utilizzo minimo se non nullo del laboratorio e di metodi didattici basati su attivit`a pratiche, che impedisce l’apprendimento di abilit`a manuali e concettuali e produce persone mal preparate per la ricerca, l’insegnamento e l’industria.

Quale pu`o essere la soluzione? Sicuramente un miglioramento rapido del-l’elettronica e uno sviluppo delle linee di comunicazione informatiche pos-sono essere vie da seguire e perseguire, tuttavia raramente si pu`o risolvere un problema solo con la tecnologia.

Se il sistema educativo nel mondo in via di sviluppo deve evolvere progres-sivamente verso un sistema basato sulla comprensione e lo sviluppo delle abilit`a, deve essere realizzato un efficente collegamento tra innovazione, for-mazione dell’insegnante e cambiamenti del curriculum scolastico.

La combinazione di produzione di strumentazione affidabile ed economica e di un programma di formazione dell’insegnante indirizzata alla pratica della scienza potrebbe dar inizio al processo di cambiamento progressivo dei cur-ricula ministeriali (rimasti praticamente inalterati per molti decenni). Purtroppo l’avvio di questo processo non `e n`e facile n`e immediato: non si possono effettuare cambiamenti dei curricola che promuovano l’attivit`a di la-boratorio in questi Paesi se non si produce su larga scala e a basso costo stru-mentazione finalizzata all’insegnamento. Questo e’ un vero dilemma perch´e

7

Sane Krhisna V.-Science and technology education in developing countries:low cost, locally made instrumentation, in Sylvia A. Ware (a cura di)- Science and environment education views from developing countries, World Bank, Human development Network, Secondary Education series, Washington, 1999

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i cambiamenti di curriculum richiedono disponibilit`a di strumenti a basso costo ma, allo stesso tempo, non vi `e convenienza commerciale a produrre questi articoli se non esistono curricula che si basino gi`a sul loro utilizzo. In-oltre, poich`e il costo della produzione diminuisce solo quando gli articoli sono richiesti su larga scala, il cambiamento pu`o avvenire solo in poche istituzioni progressive che dispongono delle necessarie risorse finanziarie.

1.3.2

Una prospettiva low-cost

Una buona educazione scientifica richiede lo sviluppo di abilit`a manuali che mettano gli studenti in grado non solo di “sapere” la scienza, ma anche di “saperla fare”.

Nel contesto di un Paese in via di sviluppo, ove la mancanza di infrastrut-ture e finanziamenti preclude la possibilit`a delle scuole di dotarsi di laboratori con strumentazione adeguata, spesso la parte sperimentale dello studio della scienza non viene affrontata, nonostante se ne comprenda l’utilit`a e l’impor-tanza.

Se da un lato risulta infatti evidente come l’attivit`a pratica sia in grado di sviluppare una pi`u ampia consapevolezza e comprensione di fenomeni natu-rali e riduca la “paura della tecnologia” motivando gli studenti a proseguire una carriera scientifica, d’altra parte non `e ancora passata l’idea che i labora-tori e le attivit`a pratiche possano essere allo stesso tempo efficaci e low-cost. Molti dei problemi nell’attuazione di laboratori sembrano dipendere dal costo di acquisto dei macchinari ed alla loro manutenzione. Esiste per`o una possi-bilit`a di aggirare il problema economico attraverso l’uso di materiale prodot-to localmente, che quindi risulterebbe disponibile e a poco cosprodot-to. Questa soluzione presenta inoltre il vantaggio che gli studenti si troverebbero a la-vorare con materiali a loro familiari e si ridurrebbe la paura di rompere le attrezzature; un tale approccio risulterebbe anche “amico dell’ambiente”. Non va dimenticato infine che la produzione locale potrebbe contribuire a offrire importanti opportunit`a di reddito a livello locale, dove sono pi`u necessarie.

(17)

1.4

Contestualizzazione dei risultati di

ricer-ca

Cercando di contestualizzare i risultati della ricerca in didattica della fisica all’interno del progetto Laboratori di fisica Tanzania 2010, argomento di questa tesi, ci si `e trovati di fronte al problema di valutare quanto potesse essere effettivamente applicabile una impostazione didattica improntata ad un modello di istruzione europeo, o comunque occidentale.

La mancanza di strutture adeguate, la totale assenza di programmi specifici di laboratorio e la conseguente predominanza dello studio teorico della fisica, che caratterizzano l’insegnamento della fisica nella scuola in cui si realizzer`a il progetto, sono state uno stimolo alla ricerca di metodi e strategie didattiche finalizzate da un lato al controllo in un contesto diverso di ipotesi formulate nell’ambito della comunit`a di didattica della fisica, dall’altro all’individua-zione di un approccio che potesse risultare motivante ed efficace proprio per studenti che non avessero mai partecipato ad attivit`a di laboratorio.

Abbiamo cos`ı individuato le seguenti esigenze prioritarie alle quali il progetto di laboratorio avrebbe potuto cercare di dare risposta:

• stimolare la motivazione e l’interesse degli studenti per lo studio e l’indagine fisica;

• stimolare la partecipazione attiva ed il coinvolgimento dello studente all’esperimento;

• favorire il contatto diretto con il fenomeno da analizzare;

• privilegiare la semplicit`a degli esperimenti e della relativa formaliz-zazione matematica;

• assumere una prospettiva low-cost: realizzazione di un laboratorio con materiali locali e di facile reperibilit`a;

Queste indicazioni, intrecciate con gli obiettivi dell’associazione A.K.A.P., nell’ambito della quale viene finanziato il progetto, ci hanno permesso di

(18)

individuare i criteri di scelta delle attivit`a da proporre (cap.2) e di formulare il progetto di attuazione del laboratorio.

(19)

Capitolo 2

Un laboratorio per il progetto

Tanzania 2010

2.1

Gli obiettivi dell’associazione

Il progetto di didattica della fisica oggetto di questo lavoro di tesi `e stato ideato e realizzato nell’ambito delle attivit`a dell’associazione Kari-buni Assistenza alle Popolazioni (A.K.A.P.). L’associazione nasce a Rimini nel 2006 e opera sia in Italia, sul territorio di Rimini e Santarcangelo di Romagna, sia all’estero a sostegno di progetti di cooperazione e solidariet`a internazionale in Tanzania ed Etiopia. L’organizzazione, composta da circa trenta giovani di et`a compresa fra i 18 e 23 anni, si `e formata a seguito di un progetto di volontariato in Tanzania intrapreso dal liceo classico Giulio Cesare e dal liceo scientifico Albert Einstein di Rimini in collaborazione con la Protezione Civile della Provincia di Rimini. Il progetto “Laboratori di fisica, Tanzania 2010” nasce all’interno del pi`u ampio progetto di cooper-azione internazionale dell’A.K.A.P., che risponde all’esigenza ed alla volont`a dei membri dell’associazione di costituirsi parte attiva, creativa e propositiva nell’affrontare problematiche tipiche dei Paesi in via di sviluppo.

(20)

sco-lastica in contesti rurali e poveri, come mezzo e possibilit`a di evoluzione sociale e culturale, l’associazione si propone di progettare e realizzare inter-venti a carattere didattico indirizzati ad una scuola secondaria superiore. La scelta di attuare laboratori di fisica `e stata dettata da una indagine sulle metodologie didattiche per l’insegnamento della fisica applicate dai docenti della scuola nella quale sarebbe stato svolto il progetto. I risultati hanno messo in evidenza che:

• non sono mai state svolte attivit`a di laboratorio di alcun tipo, atte a far comprendere agli studenti le caratteristiche della fisica dal punto di vista del rapporto fra teoria e esperienza;

• la didattica della fisica procede esclusivamente per lezioni frontali, senza esperienze in aula n´e occasioni di discussione/interazione fra studente e docente;

• i programmi ministeriali di fisica sono quantomeno poco chiari, e sem-bra mancare un approccio logico e sistematico ai temi della didattica; • non sono presenti nel luogo strutture, aule attrezzate, strumenti di

misurazione adeguati.

2.2

Criteri di scelta del tipo di laboratorio

Alla luce di queste informazioni ci si `e orientati verso la progettazione di un laboratorio che colmasse le lacune evidenziate, mirando al contempo a sollecitare l’interesse degli alunni e a sottolineare un corretto rapporto tra teoria e pratica nell’apprendimento della fisica.

Si `e pensato quindi che l’interesse e il coinvolgimento degli alunni potesse essere stimolato pi`u efficacemente proponendo un laboratorio nel quale gli alunni potessero avere un ruolo costruttivo e non semplicemente esecutivo. Nella progettazione delle attivit`a `e poi stata curata particolarmente l’artico-lazione tra attivit`a pratica e lezioni teoriche, cercando di mettere in evidenza

(21)

l’importanza di entrambe le componenti e l’intreccio tra di esse che caratte-rizza la costruzione di conoscenza in fisica.

La presenza vicino alla scuola di una falegnameria ha suggerito la possibilit`a di far costruire, almeno in parte, l’attrezzatura da utilizzare in laboratorio dagli alunni stessi, utilizzando materiali il pi`u possibile reperibili in loco. Per quanto riguarda i contenuti da affrontare si `e pensato che certamente la mec-canica potesse essere un argomento adatto per dare concretezza all’approccio scelto.

2.2.1

Le macchine di Galileiana

Si trattava dunque, per noi, di reperire suggerimenti per la realizzazione di esperimenti che presentassero le caratteristiche evidenziate.

Da un colloquio con la professoressa Pecori, docente di Didattica della Fisi-ca, `e emerso che esisteva una proposta di laboratorio che poteva soddisfa-re le esigenze del progetto. Si tratta della proposta formulata e soddisfa-realizzata dal professor Alberto Martini e da lui battezzata “Galileiana”: una serie di macchine ideate secondo uno “stile galileiano”, realizzate dall’autore stesso prevalentemente in legno, progettate per mostrare fenomeni di meccanica e per facilitarne l’interpretazione da parte degli studenti1.

Queste macchine hanno la caratteristica di prestarsi ad una utilizzazione di-dattica a diversi livelli: da una semplice osservazione del fenomeno ad una pri-ma indagine di tipo fenomenologico fino ad una trattazione fisica esauriente. Questa caratteristica rendeva le macchine particolarmente interessanti per il progetto in quanto avrebbe permesso di adattare il livello di trattazione alle caratteristiche degli allievi che non potevano essere valutate del tutto a priori.

Inoltre il fatto che fossero realizzabili in modo amatoriale, utilizzando mate-riali reperibili, nella maggioranza dei casi, anche presso la scuola in Tanza-nia era ovviamente una ulteriore caratteristica a favore della scelta di queste attrezzature e dei relativi esperimenti come base sperimentale per il progetto.

1

(22)

2.2.2

Aspetti tecnici del progetto

Per controllare la fattibilit`a del laboratorio dal punto di vista tecnico `e stato contattato il professor Martini che ci ha mostrato le macchine “dal vivo” e ha discusso con noi i possibili problemi di realizzazione dei diversi apparati. Questa operazione ha permesso di restringere la rosa dei possibili esperimenti da proporre e di evidenziare alcuni problemi tecnici nella realiz-zazione delle macchine: si trattava soprattutto di controllare la reperibilit`a dei materiali ed, eventualmente, di individuare soluzioni alternative a quelle attuate nelle macchine gi`a realizzate, di selezionare le macchine di pi`u facile costruzione e possibilmente smontabili e rimontabili con facilit`a.

E’ risultato evidente che sarebbe stato necessario realizzare prima della parten-za un prototipo per ogni macchina che si intendeva riprodurre in Tanparten-zania, cos`ı da controllarne la fattibilit`a e il funzionamento.

2.2.3

Aspetti curriculari del progetto

La scelta finale degli argomenti da trattare e degli esperimenti da proporre non poteva per`o prescindere da considerazioni didattiche pi`u generali. E’ sta-to quindi necessario informarsi sul Curriculum didattico svolsta-to dagli alunni durante l’anno, al fine di individuare gli argomenti e le classi nelle quali in-tervenire. E’ stato inoltre effettuato uno studio delle macchine dal punto di vista dei diversi possibili “livelli di comprensione” raggiungibili tramite il loro utilizzo e delle potenzialit`a insite in esse al fine di stimolare la creativit`a degli alunni, la capacit`a di risoluzione di problemi e di sviluppo di soluzioni alternative.

Sulla base dello studio preliminare effettuato, sono stati quindi scelti tre es-perimenti da realizzare con una classe paragonabile ad una seconda superiore che studia fisica da 3 anni.

Si presuppone che la classe con la quale si andr`a a lavorare abbia gi`a af-frontato nel proprio percorso di studio della fisica argomenti di cinematica e dinamica.Tale prerequisito `e di fondamentale importanza per poter impostare

(23)

il lavoro dei laboratori in modo che esso sia finalizzato non solo ad uno studio dei principi che verranno considerati, ma anche e soprattutto allo sviluppo di una visione arricchita e pi`u completa di questi ultimi grazie all’approccio basato sull’intreccio fra teoria e realt`a concreta. Sono stati quindi scelti i seguenti argomenti di meccanica classica:

1. Studio cinematico del moto di un proiettile 2. I principio della dinamica

3. II principio della dinamica

Nel seguito saranno illustrate le 3 macchine realizzate ed utilizzate per trattare, nel modo che abbiamo ritenuto adatto al contesto, i tre argomenti.

2.3

Le tre macchine del laboratorio

2.3.1

Studio degli effetti dell’inclinazione sulla gittata

di un proiettile

(24)

Su tre corsie che partono dalla stessa altezza ed arrivano alla stessa al-tezza (pi`u bassa di quella di partenza) sulla stessa linea, corrono tre palline che vengono in tal modo lanciate come poiettili aventi la stessa velocit`a di lancio2. Il primo trampolino forma con l’orizzonte un angolo di 30, il

secon-do di 45◦ ed il terzo di 55.

Si verifica che solo il proiettile lanciato a 45◦ pu`o superare l’ostacolo posto

sul piano orizzontale, mentre gli altri due si fermano sempre prima. Questo dimostra che la gittata massima, a parit`a di intensit`a della velocit`a di lancio, si ha per l’angolo di 45◦.

A livello di scuola secondaria superiore questo esperimento pu`o essere uti-lizzato per introdurre lo studio del moto di un proiettile e controllare la previsione teorica che la gittata massima si ha per un angolo di lancio di 45◦.

Qui di seguito la dimostrazione matematica che porta a questa previsione.

2

Il modulo della velocit`a dipende infatti solo dall’altezza di partenza del corpo. Dal principio di conservazione dell’energia meccanica, tenendo conto del fatto che `e presente, oltre al moto traslatorio della pallina, un moto rotatorio, si ha:

M gh= M v 2 f inale 2 + 1 2M ω 2 = M v 2 f inale 2 + 1 2 · 2 5M R 2v 2 f inale R2 = M v2 f inale 2 1 + 2 5 

da cui si ricava vf inale =

q

10

7gh, con g accelerazione gravitazionale e h altezza di partenza

(25)

Dimostrazione. E’ necessaria una breve premessa sulle equazioni del moto

parabolico di un proiettile soggetto soltanto alla forza di gravit`a (figura2.2).

Figura 2.2: Rappresentazione del moto del proiettile nel piano Xy

Il moto `e scomponibile nelle due proiezioni x e y, dunque sar`a esprimibile tramite la combinazione di due moti diversi:

• un moto uniformemente accelerato dovuto alla forza peso agente nella direzione delle ordinate;

• un moto rettilineo uniforme nella direzione delle ascisse, in quanto in tale direzione non agisce alcuna forza.

La traiettoria del proiettile `e dunque il risultato della composizione di questi due moti che in condizioni in cui l’attrito con l’aria sia trascurabile possono essere considerati idipendentemi l’uno dall’altro:

(

x(t) = x0 + v(x)o t

y(t) = y0+ v(y)o t − 12gt2

(26)

t= x − x0 v0(x)

andando poi a sostituire nella seconda, ricavando la y(x): y(x) = y0+ v0(y)  x − x0 v0(x)  − 1 2g  x − x0 v0(x) 2 y(x) = y0+ v0(y)x v0(x) − v (y) 0 x0 v0(x) − 1 2g  x22xx 0+ x20 (v(x)0 )2  y(x) = y0+ v(y)0 x v(x)0 − v (y) 0 x0 v0(x) −1 2 gx2 (v0(x))2 + gxx0 (v0(x))2 − 1 2 gx20 (v0(x))2 y(x) = y0− v(y)0 x0 v0(x) − 1 2 gx20 (vx 0)2 + x v (y) 0 v0(x) + gx0 (v0(x))2  − 1 2 gx2 (v0(x))2

Si pu`o notare come la traiettoria prevista per il proiettile sia dunque una parabola, rivolta verso il basso a causa della presenza coefficente negativo che moltiplica il termine di secondo grado della x.

Facendo coincidere la posizione iniziale con l’origine degli assi cartesiani, l’equazione della traiettoria del proiettile diventa:

y(x) = −1 2 g (v0(x))2x 2+ v y 0 vx 0 x

Ora, volendo andare a cercare le intersezioni di tale moto con l’asse delle x, al fine di ottenere indicazioni utili sulla gittata in funzione dell’angolo α con cui viene lanciato il proiettile, si proceder`a a porre la y(x) = 0, per cercare i punti ove il proiettile cade a terra.

Si ha dunque: x v(x)0  − 1 2g x v0(x) + v (y) 0  = 0

(27)

Ora, poich`e la soluzione x = 0 non interessa ai fini della dimostrazione, ci preoccuperemo soltanto del termine fra parentesi, per cui la soluzione nella variabile x si avr`a per

1 2g x v(x)0 = v (y) 0 ⇔ x= 2v (x) 0 v (y) 0 g

Ora, considerando che

( v(x)0 = v0cos α v(y)0 = v0sin α Si ottiene x= 2v 2 0cos α sin α g

Questa equazione si pu`o scrivere utilizzando la formula di duplicazione della funzione seno:

x= v

2 0sin 2α

g

Ora, poich`e v0 e g sono costanti, il valore massimo della x si avr`a quando

sin 2α = 1 ⇔ α = π 4

(28)

2.3.2

Studio della relazione tra forza e accelerazione

lungo un piano ad inclinazione variabile

Figura 2.3: Foto della macchina per lo studio della relazione tra forza ed accelerazione

A livello di scuola secondaria superiore, questa macchina pu`o essere utilizzata per verificare la diretta proporzionalit`a tra forza applicata ad un corpo e l’accelerazione impressa allo stesso. La macchina prototipo schematizzata in figura 2.43 consiste di tre rotaie di lunghezza uguale come in figura. Esse

sono inclinate in modo che i cateti h opposti all’angolo α stiano fra loro nella relazione di proporzionalit`a: hb = 2ha e hc = 3ha.

3

(29)

Figura 2.4: Schema della macchina nelle sue tre parti

Tre palline uguali, poste sulle rotaie C, B, A, vengono lasciate libere di procedere contemporaneamente nel loro moto sul piano inclinato. Sulle tre rotaie sono posizionati degli ostacoli cos`ı che il percorso della pallina sul pi-ano C sia tre volte quello fatto sul pipi-ano A e due volte quello fatto sul pipi-ano B. Cos`ı: Sc = 3Sa e Sb = 2Sa.

Le tre palline sulle rotaie A, B, C sono soggette a forze di modulo rispetti-vamente di Fa,2Fa,3Fa, infatti

Dimostrazione. Fa, che per comodit`a chiameremo F non `e nient’altro che

la proiezione della forza peso(Fp) che agisce sulla pallina nella direzione di

inclinazione della rotaia. Essa `e esprimibile come F = Fpsin αa.

Ora, poich`e sin αa = 3Shaa = k, si ha che F = Fpk.

(30)

• Fb = Fpsin αb con sin αb = hb 3Sa = 2 ha 3Sa = 2k da cui Fb = Fp2k = 2F • Fc = Fpsin αc con sin αc = hc 3Sa = 3 ha 3Sa = 3k da cui Fc = Fp3k = 3F

Sperimentalmente si osserva che, lasciando andare contemporaneamente due palline su due rotaie qualsiasi, esse raggiungono i rispettivi ostacoli nello stesso istante (i due colpi sono contemporanei). Riassumendo in formule:

ta = tb = tc = t

Questo fatto sperimentale ci permette di concludere che la forza applica-ta ad un corpo `e diretapplica-tamente proporzionale all’accelerazione che gli viene impressa. Infatti:

Dimostrazione. Dall’equazione oraria del moto accelerato sappiamo che

a= 2S t2 quindi        aa = 2St2a = a ab = 2St2b = 2 2Sa t2 ⇒ab = 2a ac = 2St2c = 3 2Sa t2 ⇒ac = 3a

(31)

Fra le tre accelerazione vi `e quindi lo stesso rapporto di proporzionalit`a che c’`e fra le tre forze agenti sulle palline. Questo risultato ci permette di concludere che al raddoppiare, triplicare della forza, raddoppia, triplica anche l’accelerazione. Equivalentemente si pu`o dire che il rapporto tra forza applicata e accelerazione impressa rimane costante. Infatti:

       Fa aa = F a Fb ab = 2F 2a = F a Fc ac = 3F 3a = F a

In tal modo si `e verificato che nel moto di un corpo soggetto ad una forza, tale forza `e direttamente proporzionale all’accelerazione applicata.4

F a = k

4

Questo solo esperimento non permette di giungere ad una formulazione del II principio della dinamica. A tale scopo sarebbe necessario infatti realizzare esperimenti con corpi di massa diversa e confrontare le accelerazioni a parit`a di forza.Inoltre bisogna tener conto del fatto che `e presente, oltre al moto traslatorio della pallina, un moto rotatorio che rende l’accelerazione minore di quella che il corpo avrebbe se si muovesse solo di moto traslatorio.

(32)

2.3.3

Esperimento di Galileo sul moto in assenza di

forze non equilibrate

Figura 2.5: La conca di Galileo

Con questa macchina si osserva il moto di una pallina su tre percorsi diversi (cfr. figura 2.5). La parte destra `e orizzontale in un caso e in salita negli altri due casi, con inclinazione diversa. Lungo la corsia la cui parte destra `e posta in orizzontale, sono posizionati quattro campanelli, posti ad uguali distanze l’uno dall’altro sul piano orizzontale. A livello di scuola se-condaria superiore, questo esperimento pu`o essere utilizzato per intuire il primo principio della dinamica, nella sua formulazione galileiana, mediante il ragionamento formulato da Galileo a proposito del moto di una pallina in una conca. Infatti:

(33)

Figura 2.6: schema di funzionamento

Dimostrazione. Osservando il disegno che riporta schematicamente le tre

par-ti della macchina5, possiamo effettuare alcune considerazioni. Ad esempio,

nei due casi in cui la pallina risale la corsia inclinata, la pallina arriva prati-camente all’altezza da cui `e partita, pur essendo diversa l’inclinazione della seconda parte della guida. Questo ci pu`o suggerire che, in assenza di attrito6,

l’altezza di arrivo della pallina dipenda solamente dall’altezza di partenza, e che, quindi, tali altezze debbano essere in una relazione di uguaglianza tra di loro. Si raggiungono conclusioni relative al primo principio della dinami-ca ragionando sulla domanda: cosa succederebbe se pensassimo di porre la seconda parte della rotaia in orizzontale, come nell’ultima macchina in figura? Stando a quanto osservato, la pallina dovrebbe raggiungere l’altezza di parten-za, ma in questo caso, essa non verr`a mai raggiunta. Dunque la pallina non si fermer`a mai. Arrivati a questo punto, le ipotesi che possiamo formulare

5

Martini A. - In fabula scientia, ilustrazione di Martini S.

6

Galileo ragionava spesso in termini di assenza d’attrito, poich`e si rendeva conto di come combiasse il comportamento nel moto degli oggetti via via che se ne riduceva l’interazione con l’aria e col terreno.

(34)

sulle caratteristiche della velocit`a della pallina sulla rotaia orizzontale sono tre:

1. la velocit`a diminuisce 2. la velocit`a aumenta

3. la velocit`a rimane costante

Operando da un punto di vista strettamente logico, si pu`o conlcudere che la velocit`a rester`a costante mediante il ragionamento effettuato dallo stesso Galileo: studiando il movimento di oggetti su un piano inclinato, e notando che in discesa `e sempre presente una causa di accelerazione, mentre in salita vi `e sempre decelerazione, si pu`o dedurre che quando non vi `e n`e salita n`e discesa non vi deve essere n`e accelerazione n`e decelerazione. Dunque il moto lungo un piano orizzontale deve essere uniforme.

Si pu`o controllare sperimentalmente la terza ipotesi grazie all’inserimento della coppia di campanelli sopra la corsia che termina in orizzontale. Lascia-ndo andare la pallina si verifica infatti che l’intervallo di tempo tra i suoni dei primi due campanelli, al passaggio della pallina, `e uguale a quello dei secondi due. Poich`e le distanze percorse tra un campanello e l’altro sono anch’esse uguali, questo indica che la velocit`a della pallina rimane costante, in quanto

vtratto1 = ∆S1 ∆T1 = ∆S2 ∆T2 = vtratto2

Si pu`o dunque concludere che, in condizioni ideali, la pallina continuer`a a muoversi di moto rettilineo uniforme.

Se ora confrontiamo le ultime parti dei tre percorsi dal punto di vista delle forze in gioco possiamo osservare che nei primi due la pallina `e sottoposta ad una forza pari alla componente della forza di gravit`a parallela al piano men-tre nel terzo caso la forza di gravit`a `e totalmente equilibrata dalla reazione vincolare del piano. Possiamo cos`ı giungere alla formulazione del I principio nella forma espressa da Galileo:

In assenza di forze non equilibrate un oggetto si muove di moto rettilineo uniforme.

(35)

Capitolo 3

Il progetto e la sua realizzazione

3.1

Il progetto

Considerati gli aspetti problematici dell’attuazione del laboratorio e in-dividuato il metodo di approccio didattico ritenuto ad un’analisi preliminare idoneo alla realizzazione di attivit`a di laboratori in quel particolare contesto didattico/scolastico1, sono stati delineati gli obiettivi da perseguire durante

la realizzazione del progetto ed il percorso didattico da realizzare con gli studenti.

3.1.1

Obiettivi

Obiettivi legati agli scopi dell’associazione

• Sensibilizzare insegnanti, studenti e popolazione circa l’importanza del dialogo interculturale come confronto costruttivo e non `ımpari.

• Promuovere una pi`u ampia consapevolezza nella popolazione locale di Guandummehy, distretto di Arusha (Tanzania), dell’importanza e delle opportunit`a dell’istruzione ed educazione scolastica;

• Far conoscere il lavoro dell’associazione in Italia e Africa, valorizzando il progetto di cooperazione internazionale promosso dall’associazione.

1

(36)

• Cercare di creare collegamenti fra i dipartimenti di fisica e di mate-matica di Bologna e la scuola di Dawdi, nell’eventuale possibilit`a di continuare una collaborazione tra le due realt`a.

Obiettivi didattici

• Costruire un modello di comprensione della fisica basato sull’espe-rienza sensibile, il gioco, il coinvolgimento attivo nella costruzione di conoscenza, l’interazione fra studenti e insegnanti.

• Stimolare nello studente della scuola secondaria di Dawdi l’interesse per la fisica, proponendo laboratori attivi in cui dovr`a collaborare alla costruzione di macchine per lo studio di leggi della meccanica classica. • Stimolare la fantasia e la creativit`a degli alunni.

• Stimolare la capacit`a di risoluzione dei problemi e di sviluppo di alter-native.

• Rendere gli insegnanti della scuola di Dawdi partecipi del lavoro pre-visto dai laboratori al fine di stimolare nel personale docente l’interesse per un modello di insegnamento basato su metodi d’apprendimento che coinvolgano direttamente gli alunni, cos`ı da favorire il proseguimento nell’anno scolastico dell’esperienza a cui avranno partecipato.

• Sensibilizzare insegnanti e studenti all’importanza della ricchezza della variet`a dei metodi didattici, alle tematiche dell’educazione/ istruzione, apprendimento/ interazione, al confronto fra la fisica studiata in un buon rapporto libro di testo/esperienza diretta dei fenomeni.

3.1.2

Organizzazione del laboratorio

Una volta terminata la parte preliminare del progetto in Italia (prova di costruzione delle macchine, verifica della disponibilit`a della scuola alla colla-borazione negli aspetti didattici e logistici), si `e proceduto all’organizzazione

(37)

delle attivit`a didattiche da attuare in Tanzania secondo un percorso didattico che tenesse il pi`u possibile conto delle variabili dovute al contesto.

Inizialmente si era pensato che fosse opportuno trasportare una macchina dall’Italia, al fine di esemplificare agli alunni il lavoro che si sarebbe dovuto poi svolgere nelle ore di laboratorio. Questa ipotesi per`o non `e stata attuata a causa di problemi tecnici legati al trasporto.

Viste le difficolt`a superabili ma comunque presenti nella comunicazione con il luogo ove si trova la scuola, si `e ritenuto opportuno che alcuni volontari si recassero in loco una settimana prima dell’effettivo inizio dell’intervento didattico, al fine di prendere i necessari contatti per l’avvio del progetto. Durante tale settimana si prevedeva di prendere accordi con il laboratorio di falegnameria per reperire il materiale necessario alla costruzione delle mac-chine e stabilire contatti con la scuola, con il preside e tutti gli insegnanti per spiegare loro l’idea del laboratorio nei suoi aspetti didattici e tecnici. Consul-tandosi con la dirigenza scolastica si sarebbe proceduto poi alla scelta della classe con cui lavorare ed alla pianificazione delle giornate di laboratorio e degli orari di lezione.

Una volta preso contatto con la classe, si prevedeva di introdurre gli alunni alunni all’idea dei laboratori esponendo loro le attivit`a da svolgere. Tali at-tivit`a avrebbero riguardato sia la costruzione e l’assemblaggio delle macchine, sia un’analisi dei dati sperimentali volta a controllare le previsioni teoriche. Si prevedeva di dividere la classe in due gruppi per lavorare separatamente su due macchine diverse, questo per permettere una gestione pi`u agevole del numero elevato di alunni presenti in una classe (circa 70). Una volta costru-ite le due macchine era previsto uno scambio di esperienze tra i due gruppi. La terza macchina relativa al I principio sarebbe stata presentata agli alunni nel caso in cui il tempo a disposizione fosse stato sufficiente.

Era infine prevista nella giornata finale una festa/esibizione conclusiva dei laboratori, aperta a tutta la scuola e la popolazione del villaggio.

Considerato il fatto che l’insegnamento nelle scuole secondarie superiori della Tanzania `e svolto in lingua inglese, si `e ritenuto opportuno utilizzare l’inglese

(38)

come lingua veicolare tra italiano e kiswahili.

3.1.3

Percorso didattico

In fase di progettazione `e stato elaborato il seguente percorso didattico che prevede 8 fasi di lavoro. Come vedremo nel paragravo successivo, nel-la realizzazione `e stato necessario apportare alcune modifiche marginali al percorso previsto, che per`o `e stato rispettato nelle sue componenti essenziali.

Fase1: presentazione del laboratorio

Questa fase ha lo scopo di presentare il progetto dei laboratori al corpo docente, al preside della scuola ed agli alunni, cercando di puntare l’atten-zione di questi ultimi sul fatto che non si tratta di laboratori come quelli di chimica o biologia (che sono i soli che gli alunni conoscono), che non saran-no quindi utilizzati microscopi o provette, ma che si tratter`a di misurare e discutere insieme cercando di capire e vedere concretamente come alcuni principi o leggi fisiche sono in grado di interpretare la realt`a.

Fase2: ripresa dei concetti di forza e gittata e previsioni sul fun-zionamento delle prime due macchine

In questa fase si prevede di verificare i prerequisiti necessari allo svol-gimento del percorso. Si discuter`a con gli alunni sui concetti di forza ap-plicata ad un corpo e gittata di un proiettile, facendo uso della lavagna e fornendo esempi concreti: lancio dei gessi per confrontare l’angolo di gittata, spinte e applicazione di forze ad oggetti presenti in classe. Si chieder`a loro di fare previsioni sull’angolo che permette ad un gesso lanciato di “andare pi`u lontano”, a parit`a di forza applicata. Si giunger`a alla formulazione del II principio (F = ma) al fine di introdurli all’esperimento di cui al paragrafo 2.3.2.

(39)

Fase3: messa a punto delle due macchine e realizzazione degli esperimenti

In questa fase `e prevista la costruzione delle prime due macchine di cui ai paragrafi 2.3.1 e 2.3.2. Si proceder`a poi al controllo delle previsioni fatte dagli alunni mediante l’osservazione dei fenomeni e la raccolta di dati speri-mentali.

Le macchine potranno, a seconda che il contesto scolastico lo permetta o meno, essere completamente costruite oppure semplicemente completate nel-l’assemblaggio dagli alunni.

Fase4: formalizzazione delle relazioni matematiche che permettono di interpretare teoricamente le osservazioni sperimentali

In questa fase si proceder`a alle dimostrazioni matematiche relative agli e-sperimenti osservati. Si cercher`a di rapportare ogni aspetto della dimostrazione al fenomeno preso in considerazione, giustificando i passaggi matematici con riferimenti espliciti alle osservazioni effettuate sulle macchine, al fine di sot-tolineare il rapporto fra analisi formale/teorica e indagine sperimentale di un fenomeno.

Fase5: scambio di esperienze fra i due gruppi

Al fine di far condividere a tutta la classe il lavoro dei due gruppi, sti-molando cos`ı un metodo di apprendimento basato sull’interazione e la discus-sione, `e prevista in questa fase uno “scambio di esperienze”, proponendo agli alunni che hanno lavorato su una macchina di presentarla all’altro gruppo di alunni, e viceversa. Questa fase ha come ulteriore scopo quello di verificare la comprensione degli esperimenti da parte degli studenti sia per quanto riguar-da l’analisi dei riguar-dati sperimentali sia per quanto riguarriguar-da le dimostrazioni matematiche.

(40)

Fase6 (opzionale): presentazione della “conca di Galileo” e ra-gionamento guidato per arrivare ad una prima formulazione del I principio

Questa fase ha lo scopo di sottolineare gli aspetti del ragionamento spe-culativo caratteristico della fisica. L’esperimento ha infatti un significato differente rispetto ai due precedenti, molto pi`u legati all’osservazione finaliz-zata alla raccolta del dato sperimentale da interpretare alla luce di una teoria nota. Qui invece, dopo aver osservato il fenomeno, `e predominante l’aspet-to speculativo del ragionamenl’aspet-to che si prefigge di superare l’osservazione sperimentale per arrivare a conclusioni di natura teorica.

Fase 7: riepilogo del lavoro svolto, organizzazione della giornata conclusiva

In questa fase ci si propone di capire quanto gli studenti che hanno parte-cipato al laboratorio abbiano effettivamente compreso il lavoro svolto,in re-lazione agli obiettivi prefissati.

Verranno riepilogate le esperienze vissute e si proceder`a all’organizzazione della giornata conclusiva. Verr`a inoltre proposto loro un questionario con domande sul livello di gradimento del laboratorio.

Fase8: esposizione delle macchine e verifica del lavoro svolto Al fine di controllare il livello di comprensione concettuale degli alunni, ma anche e soprattutto per rendere partecipi di questa esperienza tutte le classi che non hanno potuto prendere parte attiva ai laboratori, si prevede di organizzare in questa fase una esposizione delle macchine realizzate insieme agli alunni, durante la quale essi dovranno essere in grado di spiegare al resto della scuola, alunni ed insegnanti, e in generale a qualsiasi persona del villaggio interessata, le macchine, il loro funzionamento e come possono essere interpretati i fenomeni che si osservano.

(41)

3.2

La realizzazione

3.2.1

Operazioni preliminari

Una volta giunti al villaggio di Guandummehy, ove `e situata la scuola se-condaria di Dawdi, si `e incominciato a prendere contatto con la realt`a locale, discutendo con insegnanti e persone italiane del luogo che hanno ospitato i volontari. Abbiamo potuto constatare che il piccolo laboratorio di falegna-meria all’interno del villaggio era effettivamente dotato di strumenti e legno sufficiente alla realizzazione tecnica del laboratorio, ma `e parso tuttavia im-probabile riuscire a costruire le macchine all’interno dell’edificio scolastico, o comunuque in un luogo accessibile ad una classe intera, in quanto il labora-torio di falegnameria era situato all’esterno della scuola ed era di dimensioni troppo piccole per ospitare gli studenti nella fase di costruzione.

Gli insegnanti e il preside della scuola si sono mostrati molto interessati al progetto dei laboratori, non nascondendo il fatto che si sarebbe trattato di esperienze del tutto nuove per gli studenti. Pertanto si `e ritenuto opportuno discutere con gli insegnanti alcuni dubbi riguardanti la riuscita del progetto e la risposta che avrebbero dato gli alunni alla proposta dei laboratori. E’ risultato che gli studenti probabilmente avrebbero mostrato diverse difficolt`a nel mettere in relazione la teoria fisica con un approccio pi`u prettamente pratico. Ci`o nonostante, gli insegnanti hanno ribadito la completa disponi-bilit`a alla collaborazione, ritenendo valida l’idea di laboratori, cos`ı come era stata loro presentata.

Si `e individuata insieme al preside la classe con cui lavorare, in base al cri-terio dei prerequisiti richiesti. Si `e deciso quindi che il laboratorio si sarebbe svolto in 6 lezioni da 1.30h l’una per un totale di 9 ore di lavoro effettivo. Le giornate sono state distribuite nell’arco di due settimane.

(42)

3.2.2

Il percorso realizzato

Quello che segue `e il programma effettivamente realizzato durante le due settimane di lavoro con la classe. Esso `e il frutto di conferme del percorso di partenza e di ripensamenti avvenuti alla luce di problematiche emerse in classe, durante le lezioni. La tabella 3.1 illustra i tempi di attuazione delle fasi didattiche nei giorni di laboratorio fissati.

FASI GIORNI ORE Fase 1 Venerd`ı 16 luglio 30 min Fase 2 Venerd`ı 16 luglio 1 h

Fase 3 Luned`ı 19 luglio 1 h e 30 min Fase 4 Mercoled`ı 21 luglio 1 h

Fase 5 Mercoled`ı 21 luglio 30 min Fase 6 Venerd`ı 23 luglio 1 h e 30 min Fase 7 Luned`ı 26 luglio 1 h

Fase 8 Mercoled`ı 28 luglio 2h

Tabella 3.1: Tempi di attuazione delle fasi del progetto

Venerd`ı 16 luglio 11.10-12.40: La classe `e attualmente composta da 54 ragazzi e ragazze2. Si `e lavorato a classe unita per cercare di fornire

un’idea di insieme dei laboratori. Sono presenti il docente di fisica ed il preside.

E’ emerso che gli alunni non conoscevano il termine gittata(ing.range), `e stato quindi ripreso il concetto di forza applicata ad un corpo ed `e stata data la definizione di gittata di un proiettile.

2

Il numero degli alunni osciller`a durante il laboratorio a causa di fattori esterni alla scuola legati al contesto socio-culturale del luogo.

(43)

Figura 3.1: Presentazione dei laboratori e verifica dei prerequisiti

Si `e proceduto facendo fare agli alunni una previsione per alzata di mano, ponendo la domanda:“quale inclinazione mi fornir`a, a parit`a di forza applicata, la massima gittata di un gesso lanciato?”La scelta era fra le 3 alternative presenti nell’esperimento: 30◦, 45, 60. La

mag-gioranza netta (39 studenti e lo stesso professore di fisica) ha scelto l’opzione 30◦. Si `e detto loro che l’esperienza avrebbe mostrato che la

loro risposta non era corretta. Successivamente `e stato introdotto il concetto di proporzionalit`a tra forza e accelerazione nel modo in cui lo si sarebbe poi applicato nell’esperimento corrispondente.

Considerata la scarsa partecipazione degli alunni, a causa di difficolt`a di comunicazione, timidezza e soggezione, e vista la completa mancanza di pratica manuale e la mancanza di abitudine ad immaginare concreta-mente un esperimento fisico, `e sembrata una forzatura sostanzialconcreta-mente inopportuna l’idea di far costruire loro le macchine. Si `e optato quindi per una costruzione pressoch´e integrale delle macchine da parte dei due volontari, in sede separata dalla classe.

Ci`o si discosta dall’idea iniziale del progetto, secondo il quale gli alunni avrebbero dovuto contribuire in modo significativo al lavoro di costruzione

(44)

delle macchine, ma si auspica che sia possibile utilizzare questa idea in futuro, proprio sulla base di questa prima esperienza che gli alunni si accingono a fare.

Luned`ı 19 luglio 11.10-12.40: E’ presente l’insegnante di fisica della clas-se, che `e stata divisa in due gruppi separati. Ciascun gruppo lavora su un esperimento.

Le macchine semi-costruite sono state completate con successo dagli studenti dei due gruppi in un tempo relativamente breve, ma la parteci-pazione attiva degli alunni alla costruzione avrebbe potuto essere mag-giore. L’elevato numero degli studenti, e il poco lavoro da svolgere per completare le macchine ha precluso questa possibilit`a.

Figura 3.2: Costruzione delle prime due macchine

Il funzionamento delle macchine `e stato osservato con interesse. L’im-pressione per`o `e che in quessta fase sia stato poco compreso il rapporto tra questo funzionamento e la teoria fisica che vi sta dietro.

Si `e verificato, nel caso dell’esperimento sulla gittata di un proiettile, che l’inclinazione che fornisce la gittata massima `e quella relativa al-l’angolo di 45◦.

(45)

Volutamente, a questo punto, `e stata svolta un’introduzione alla spie-gazione teorica ed alla dimostrazione matematica, proponendo agli stu-denti di pensare al rapporto fra la teoria e l’esperimento prima della successiva lezione.

E’ risultato evidente che gli alunni erano abituati esclusivamente a lezioni frontali tradizionali, dunque `e stato difficile riuscire a coinvolger-li in una discussione. Il laboratorio pare aver senso nell’impostazione e nella struttura data, anche se `e difficile rendersi conto di quanto ef-fettivamente gli alunni apprendano durante le lezioni, a causa della timidezza e della poca partecipazione. Non avendo mai affrontato un problema dal punto di vista sperimentale, hanno faticato a seguire i ragionamenti proposti.

Si `e deciso di lasciare uno spazio di discussione fra di loro di 15 minuti a lezione, per permettere un confronto senza l’interferenza della figura del volontario/insegnante, ancora vissuta con troppo timore.

Mercoled`ı 21 luglio 11.10-12.40: E’ presente l’insegnante di fisica. La classe `e ancora divisa in due gruppi e disposta in classi diverse per lavo-rare separatamente sui due esperimenti proposti. Dopo aver riepilogato la lezione precedente, si `e proceduto alle dimostrazioni matematiche, rapportate sempre a misurazioni effettuate sulle macchine presenti in classe. Tale processo si `e ripetuto pi`u volte in seguito a richieste di chiarimento da parte degli alunni. Si sono riscontrate difficolt`a di com-prensione in alcuni passaggi matematici dovute alla carenza di nozioni trigonometriche. L’aiuto ed il sostegno dell’insegnante di fisica `e stato in questo senso prezioso. Sono stati lasciati 15 minuti di libera discus-sione fra gli studenti prima di procedere allo scambio delle esperienze.

(46)

Figura 3.3: Dimostrazioni matematiche relative agli esperimenti

Ciascun gruppo ha afferrato l’idea di fondo delle macchine proposte, ed i concetti fisici e le macchine sono state ben comprese da una buona parte di ciascun gruppo. Si `e cercato di stabilire un rapporto pari-tario di discussione con gli studenti, per attuare una collaborazione pi`u aperta e proficua. Ci`o nonostante vi `e ancora scarsa partecipazione al dibattito. Singoli studenti spiccano sul gruppo per capacit`a di as-trazione e comprensione e disponibilit`a alla discussione. L’idea dello scambio di esperienze, valida teoricamente, si `e rivelata di ardua at-tuazione: la presenza di tutti gli alunni contemporaneamente in classe ha ostacolato la visione dell’esperimento e la partecipazione di ciascuno.

(47)

Figura 3.4: Scambio delle esperienze

Venerd`ı 23 luglio 11.10-12.40: La lezione riguarda la terza macchina (con-ca di Galileo), costruita e assemblata interamente dai due insegnan-ti/volontari. La classe `e unita, sono presenti circa 70 studenti. Il docente di fisica `e presente.

Dopo aver presentato le 3 parti della macchina si `e proceduto mettendo in evidenza le caratteristiche di costruzione. Dopo aver parlato e di-scusso a lungo sul ragionamento necessario per interpretare il fenomeno che si osservava, si `e giunti alla formulazione del I principio della dina-mica nella sua formulazione galileiana. Non `e stato possibile effettuare la verifica diretta del fatto che la velocit`a rimanesse costante, ma `e stato proposto loro di pensare a come poter verificare tale previsione con l’ausilio di campanellini.

Sono stati lasciati 15 minuti di libera discussione fra gli studenti. Le spiegazioni sono state ripetute in seguito a richieste di chiarimenti da parte degli alunni.

Luned`ı 26 luglio 11.10-12.40: Il docente di fisica non `e presente. Non vi sono state domande n`e richieste di chiarimenti da parte degli alunni riguardo agli esperimenti effettuati, dunque si `e proceduto all’organiz-zazione della giornata conclusiva, nella quale alcuni studenti della classe

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saranno divisi in 3 gruppi, uno per ogni esperimento, e in postazioni diverse dovranno spiegare agli altri alunni della scuola il lavoro svolto, l’esperienza vissuta e il funzionamento delle macchine. Ogni gruppo `e composto da 4 alunni, di cui uno funge da responsabile. Dopo aver provato senza successo ad intavolare una discussione sulla valutazione del lavoro svolto, si `e proposto loro un questionario con 4 domande mi-rate a raccogliere informazioni sul livello di gradimento del laboratorio, chiedendo di rispondere entro il mercoled`ı successivo.

Le 4 domande proposte sono le seguenti:

1. Ti sono piaciuti i laboratori? Perch´e?

2. Pensi siano stati utili? Perch´e?

3. Quali sono state le cose pi`u difficili?

4. Cosa cambieresti o cosa avresti fatto in modo diverso?

Mercoled`ı 28 luglio 11.00- 14.00: Alla giornata conclusiva sono presen-ti il preside ed il consiglio scolaspresen-tico, tutpresen-ti gli alunni della scuola. Le macchine sono state collocate nel giardino scolastico distanziandole una dall’altra e, dopo aver inaugurato la giornata con un’illustrazione degli scopi del lavoro da parte dei volontari, tutti gli alunni della scuola sono stati liberi di visitare le postazioni ove era gi`a presente il gruppo di studenti addetto alla presentazione. Ogni gruppo si `e comportato egre-giamente, spiegando il funzionamento delle macchine e le applicazioni alla corrispondente teoria fisica.

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Figura 3.5: Presentazione ed esibizione delle tre macchine

Tutta la scuola ha reagito molto positivamente all’idea dell’esibizione: dagli alunni agli insegnanti, tutti hanno sostato nelle varie postazioni, ascoltando dai vari gruppi il racconto delle esperienze di laboratorio vissute.

La giornata `e stata sintomatica della nostra difficolt`a nell’interpretare il comportamento degli alunni durante le lezioni. Il fatto che i gruppi di presentazione abbiano lavorato bene e spiegato in inglese e lingua madre il funzionamento delle macchine ha rappresentato una verifica di come tali alunni avessero appreso i concetti e gli aspetti fondamen-tali dei laboratori/esperimenti proposti. La poca partecipazione al di-battito ed alla discussione doveva essere interpretata non tanto come una mancata comprensione dei fenomeni e dei ragionamenti effettuati, quanto come una mancanza di abitudine, nella prassi scolastica, ad un metodo didattico che valorizzi il confronto e l’interazione.

Dopo l’esibizione, ci sono stati momenti di conclusione e ringraziamenti ufficiali in cui preside e membri del consiglio scolastico hanno espresso il loro apprezzamento per il lavoro svolto.

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Capitolo 4

Conclusioni

4.1

Risultati

Non si pu`o dire che sia stata effettuata una vera e propria valutazione dei risultati del progetto, n´e dal punto di vista del livello di apprendimento degli argomenti affrontati, n´e da quello dell’immagine della fisica che il laboratorio potrebbe avere arricchito e modificato. La scarsit`a di informazioni posse-dute a priori sia sulle classi sia sull’insegnamento effettivamente svolto nella scuola, nonch´e l’incertezza sui rapporti personali che sarebbe stato possibile stabilire con i docenti e gli studenti, non hanno consentito di pianificare una vera e propria operazione di valutazione mediante la raccolta di dati tramite prove oggettive (ad esempio prove scritte o test di comprensione dei con-cetti, questionari relativi all’idea di fisica posseduta dagli studenti prima e dopo l’attivit`a di laboratorio, interviste con docenti e studenti). I volontari hanno tuttavia cercato di registrare con regolarit`a mediante appunti scritti tutte le informazioni che ritenevano utili per poter alla fine tirare un bilancio dell’attivit`a svolta. Nella prima fase di un progetto come quello descritto in questo lavoro di tesi questa forma di valutazione, sia pure non strutturata e certamente soggettiva, ha il pregio di fornire un quadro ricco e non troppo selezionato di informazioni e risulta spesso pi`u attendibile e pi`u costruttiva di una valutazione oggettiva strutturata, proprio perch´e non ha la pretesa

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di imporre criteri di valutazione decisi a priori, che potrebbero risultare in-adeguati al contesto e avere come conseguenza l’esclusione a priori di aspetti e informazioni assolutamente fondamentali per interpretare correttamente i risultati del progetto 1.

Le considerazioni riportate in questo capitolo sono dunque basate prevalente-mente su dati raccolti in modo informale, tramite appunti registrati durante lo sviluppo del lavoro e contatti con gli insegnanti e il preside della scuola. Per quanto riguarda gli obiettivi legati agli scopi dell’associazione, si pu`o affermare che il progetto si sia dimostrato effettivamente un buon punto di partenza di un dialogo interculturale tra Italia e Tanzania: tutto l’apparato scolastico ha ben accolto l’idea dei laboratori, valorizzando in pi`u occasioni ed in presenza degli studenti gli aspetti legati alla conoscenza dell’altro, alla ricchezza ed al valore della collaborazione, dell’opportunit`a di vivere un’e-sperienza di scambio culturale ed educativo.

L’associazione `e stata presentata in pi`u occasioni alla scuola, che si `e mostra-ta disponibile a farne conoscere il lavoro e gli scopi in tutte le classi. Questo ha reso pi`u facile il compito dei volontari nell’approccio e nel confronto con gli studenti, che quindi gi`a conoscevano l’A.K.A.P.

La popolazione del villaggio, invece, non `e stata presente alla giornata con-clusiva e non `e stata resa partecipe del progetto durante il periodo di re-alizzazione del laboratorio. Questo obiettivo si `e rivelato infatti di difficile attuazione a causa della mancanza di mezzi di comunicazione efficienti at-traverso i quali si potessero raggiungere le famiglie degli alunni. Si tratta certamente di un obiettivo importante sul quale si dovr`a concentrare mag-giormente il lavoro dei prossimi anni.

Grazie alla sincera volont`a di collaborare e cooperare della scuola, anche per quanto riguarda gli obiettivi didattici, il progetto ha dato risultati positivi, rappresentando un importante punto di partenza per il miglioramento del-l’insegnamento/apprendimento della fisica e costituendo di fatto la verifica della concreta possibilit`a di realizzazione del tipo di laboratorio auspicato.

1

Figura

Figura 2.1: Macchina per lo studio della gittata
Figura 2.2: Rappresentazione del moto del proiettile nel piano Xy
Figura 2.3: Foto della macchina per lo studio della relazione tra forza ed accelerazione
Figura 2.4: Schema della macchina nelle sue tre parti
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