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La linfoadenectomia del comparto centrale nel trattamento chirurgico del carcinoma midollare della tiroide: vantaggi, svantaggi e enecessita'.

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

“La linfoadenectomia del comparto centrale nel

trattamento chirurgico del carcinoma midollare della

tiroide: vantaggi, svantaggi e necessità.”

RELATORE CANDIDATO

Prof. Gabriele Materazzi Mattia Mastrangelo

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Abstract:

Il carcinoma midollare della tiroide (CMT) è una neoplasia rara, che incide per il 3-8% fra le lesioni maligne di questa ghiandola e con una incidenza lievemente maggiore nel sesso femminile. Si tratta di una patologia che nel 75% dei casi si manifesta in modo sporadico e nel restante 25% dei casi si trasmette in modo ereditario essendo legato alla mutazione germinale del proto-oncogene RET. In quest’ultimo caso, può essere riscontrata nel contesto delle sindromi multi endocrine (MEN) o si può presentare come forma isolata familiare (fMTC).

Il CMT è unico nel suo genere, infatti, per la sua origine a partire dalle cellule parafollicolari tiroidee di derivazione neuroendocrina, è in grado di produrre un ormone, la calcitonina, che ne rappresenta un suo marker biochimico. Il valore sierico di calcitonina è altresì correlato alla massa complessiva delle cellule parafollicolari.

Rispetto alle altre neoplasie tiroidee differenziate il CMT ha una prognosi peggiore e i fattori che la influenzano sono: l’età di presentazione, la tipologia di mutazione dell’oncogene RET (per le forme ereditarie), lo stadio della malattia alla diagnosi e, soprattutto, la qualità della chirurgia iniziale. Il trattamento chirurgico iniziale consiste nella tiroidectomia totale associata alla linfoadenectomia del comparto centrale e, in caso di evidenza di malattia più estesa, viene associata la linfoadenectomia della regione latero-cervicale del collo mono o bilateralmente.

La linfoadenectomia del comparto centrale nel trattamento iniziale di questo tumore è giustificata dal particolare linfotropismo del CMT e quindi dalla sua tendenza a dare frequenti micrometastasi in questa sede. Non meno importante la morbidità chirurgica associata ad un eventuale reintervento in questa zona tenendo presente che l’unica terapia capace di dare risultati soddisfacenti in termini di guarigione del paziente è quella chirurgica, non esistendo, al momento, efficaci terapie mediche alternative.

(3)

Tra i principali vantaggi della linfoadenectomia del comparto centrale ricordiamo la possibilità di stadiare con più precisione la neoplasia, la riduzione del rischio di recidiva di malattia o, perfino, la possibilità di guarigione del paziente, minori complicanze associate ad eventuale reintervento per la comparsa di una recidiva, miglior sopravvivenza.

Gli svantaggi di questa procedura sono: l’aumentato rischio di ipoparatiroidismo permanente dovuto a devascolarizzazione delle ghiandole paratiroidi, il rischio di un danno a carico del nervo laringeo inferiore definitivo con conseguente peggioramento della qualità della vita, aumento dei tempi di degenza e, perciò, della spesa sanitaria.

Dal gennaio 2005 al dicembre 2015 sono stati operati presso l’UO di Endocrinochirurgia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana 476 pazienti con diagnosi di carcinoma midollare della tiroide. Ai fini di questo studio retrospettivo sono stati poi considerati 306 dei 476 pazienti operati, i quali erano tutti seguiti presso l’UO di Endocrinologia I dell’AOUP, e ne sono state valutate le loro caratteristiche clinico-patologiche e molecolari.

I pazienti sono poi stati divisi in ulteriori due gruppi sulla base della tipologia di test laboratoristico utilizzato per il dosaggio della calcitonina, dal momento che nel 2013 è cambiato: test immunometrico (ELSA-Hct; Cis Biointernational, Gif sur Yvette, Francia, valore normale CT <10 pg/ml sia nei maschi che nelle femmine) prima del settembre 2013 e test Immulite 2000 (DPC, LA, USA con valori normali <11,5 pg/ml nelle femmine e <18,2 pg/ml nei maschi) dal settembre 2013.

Abbiamo ricercato una correlazione tra i livelli basali di CT sierica e l’estensione del tumore al fine di identificare un valore cut-off di CT che fosse predittivo dell’assenza di metastasi nei linfonodi del comparto centrale.

L’obiettivo del nostro studio è stato dunque quello di selezionare i casi in cui la linfoadenectomia del comparto centrale potesse essere evitata nell’ottica di ridurre le complicanze ad essa associate.

L’analisi dello stadio di malattia, rapportato ai valori di calcitonina sierica non ha mostrato una correlazione significativa.

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Alla luce di questo risultato confermiamo dunque la strategia chirurgica applicata di routine a questa neoplasia, come da linee guida internazionali, sottolineando la necessità di eseguire la linfoadenectomia del comparto centrale in associazione alla tiroidectomia totale.

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INDICE

1. INTRODUZIONE………...7

1.1 Anatomia chirurgica della tiroide………...7

1.2 Il carcinoma midollare della tiroide………...12

1.2.1 Inquadramento generale ed epidemiologia….….……...13

1.2.2 Morfologia………...….………...15

1.2.3 Varianti istologiche………...………..18

1.2.4 Presentazione clinica ed evoluzione…….………...18

1.2.5 Il proto-oncogene RET……….………...20

1.2.6 Il carcinoma midollare ereditario…………..………...22

1.2.7 Microcarcinoma midollare e iperplasia delle cellule C………..26

1.3 Stadiazione………...28

1.4 Percorso diagnostico……….……...30

1.4.1 La calcitonina e il suo ruolo………31

1.4.2 Ruolo del CEA………37

1.4.3 Ruolo del RET……….38

1.4.4 Ruolo dell’ecografia del collo……….39

1.4.5 Ruolo dell’agoaspirato tiroideo………...42

1.4.6 Altre valutazioni………...43

1.4.7 Algoritmo diagnostico………..44

1.5 Trattamento chirurgico………...45

1.5.1 Management del CMT sporadico: trattamento standard…..45

1.5.2 Management delle forme ereditarie di CMT………48

1.5.3 Trattamento del CMT persistente o ricorrente……….50

1.6 Nuove prospettive mediche………...52

1.7 TIROIDECTOMIA TOTALE: tecnica chirurgica………..54

1.8 LINFOADENECTOMIA DEL COMPARTO CENTRALE……..56

1.9 LINFOADENECTOMIA LATEROCERVICALE…………...58

1.10 MANAGEMENT E SORVEGLIANZA POST-OPERATORIA………...60

1.11 COMPLICANZE CHIRURGICHE………...62

1.11.1 Lesioni del nervo laringeo ricorrente………63 1.11.2 Lesioni della branca esterna del nervo laringeo superiore…64

(6)

1.11.3 Ipoparatiroidismo………..65

1.11.4 Sanguinamento………..67

1.11.5 Lesione iatrogena del dotto toracico……….68

1.11.6 Complicanze rare………..70

1.11.7 Complicanze della linfoadenectomia del comparto centrale………..71

1.12 SCOPO DELLA TESI………72

2. MATERIALI E METODI………..74 3. RISULTATI……….76 4. DISCUSSIONE………81 5. CONCLUSIONE……….83 6. BIBLIOGRAFIA……….85

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1. INTRODUZIONE

1.1 Anatomia chirurgica della tiroide

La tiroide è una ghiandola di colore rosso-bruno riccamente vascolarizzata che a completo sviluppo è situata nella regione anteriore del collo e si estende, proiettivamente, dalla quinta vertebra cervicale alla prima toracica, davanti e lateralmente alla laringe e ai primi anelli tracheali; è formata da due lobi uniti dall’istmo che si trova tra il secondo e il quarto anello tracheale. Dal 30 al 50% dei casi, dal margine superiore dell’istmo (più frequentemente a sinistra) si diparte un prolungamento parenchimale detto “lobo piramidale o piramide

del Morgagni”, residuo del dotto tireoglosso. La tiroide presenta una capsula

propria e una pseudocapsula (ispessimento della fascia cervicale media), tra le quali si trova un interstizio percorso dai vasi che irrorano la ghiandola. Tale interstizio prende il nome di “spazio pericoloso” per la facilità con cui, durante gli interventi chirurgici, possono verificarsi emorragie. Al davanti, la tiroide è rivestita dai muscoli pretiroidei (sterno-tiroideo, sterno-joideo e omo-joideo) e dalla fascia cervicale media; lateralmente ai due lobi sono in gran parte ricoperti dai muscoli sternocleidomastoidei; posteriormente la ghiandola prende rapporto con la laringe e i primi anelli tracheali e la porzione laringea del faringe tramite la guaina peritiroidea 2, 3.

E’ irrorata dalle arterie tiroidee superiori, primi rami della carotide esterna e dalle arterie tiroidee inferiori, rami del tronco tireo-cervicale della succlavia. In meno del 10% dei pazienti è anche presente l’arteria tiroidea ima, ramo incostante derivato dalla carotide comune o dal tronco brachio-cefalico 2.

Altro punto di repere fondamentale è data dall’arteria tiroidea inferiore: solitamente il nervo laringeo inferiore decorre profondamente alla suddetta arteria ma, talvolta, può decorrere anteriormente ad esso o attraverso le sue branche 4.

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Il deflusso venoso è assicurato da un plesso diffuso che fa capo alla vena giugulare interna: le vene tiroidee superiore e media drenano nella vena giugulare interna mentre la vena tiroidea inferiore segue percorsi diversi: a destra passa anteriormente all’arteria innominata verso la vena brachiocefalica destra oppure anteriormente alla trachea verso la vena brachiocefalica di sinistra; a sinistra drena nella vena brachiocefalica sinistra.

Importante nella dissezione della tiroide è la vena tiroidea media, ramo venoso teso a ponte tra la ghiandola e la giugulare interna 2, 3.

Il drenaggio linfatico della tiroide è abbondante e circola in varie direzioni. Vi sono 4 tronchi linfatici principali che drenano la ghiandola. Il canale infero-mediale drena ai linfonodi pretracheali e paratracheali (la più comune via di metastasi). Il canale supero-mediale termina nel linfonodo prelaringeo (linfonodo Delfico). I canali supero-laterali drenano ai linfonodi della parte alta della vena giugulare interna e, infine, i canali infero-laterali drenano ai linfonodi sopraclavicolari e giugulo-succlavi. E’ stato inoltre descritto in 1/5 dei casi un vaso (il tronco postero-superiore) che drena il polo superiore della tiroide nel sistema linfatico retrofaringeo 5.

Strettamente associate alla tiroide troviamo le paratiroidi e i nervi laringei ricorrenti.

Le prime sono responsabili della secrezione del PTH, generalmente sono quattro, due superiori e due inferiori, poste a contatto con la faccia posteriore dei lobi tiroidei e comprese entro lo spessore della guaina peritiroidea; non raramente si possono trovare paratiroidi soprannumerarie, mentre raro è documentare l’assenza di una o più di queste, vista la frequente ectopia di posizione.

Il nervo ricorrente o laringeo inferiore, branca del vago, deputato all’innervazione motoria dei muscoli intrinseci del laringe, e così detto perché “ricorre” nel torace passando dall’avanti all’indietro, a sinistra dell’arco aortico e a destra dell’arteria succlavia: quindi risale verso l’alto nel solco

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tracheoesofageo, dove incrocia l’arteria tiroidea inferiore: può passare medialmente, lateralmente o addirittura in mezzo alle branche di divisione di detta arteria. Continua il suo percorso verso l’alto fino ad entrare nel laringe passando dietro al muscolo cricotiroideo; prima di entrare nel laringe solitamente si divide in due branche: quella esterna che provvede alla funzione motoria dei muscoli laringei intrinseci e quella interna con funzione sensoriale per la glottide. La divisione può avvenire prima che il nervo laringeo inferiore entri nel laringe vicino al ligamento di Berry o prima che l’arteria tiroidea inferiore dia origine alle branche extralaringee. Sono inoltre descritte varianti della posizione del nervo 2, 4.

Durante l’intervento chirurgico i punti più a rischio di lesione sono: all’incrocio con l’arteria tiroidea inferiore, vicino al legamento di Berry (ligamento sospensore posteriore) e al polo inferiore della tiroide. Il nervo ricorrente va visto sia dove incrocia l’arteria tiroidea inferiore che al suo ingresso in laringe. Il tubercolo di Zuckerkandl è un punto importante per la ricerca del nervo: costituisce infatti una propaggine, che crea un tunnel in cui passa il nervo subito prima di entrare nel laringe; sono state anche descritte diverse varianti anatomiche tra il nervo laringeo ricorrente e il ligamento di Berry: sebbene il nervo sia solitamente localizzato posteriormente e lateralmente a questo ligamento, esso può anche decorrere medialmente e, in alcuni casi, una branca anteriore (motoria) può entrare nel ligamento. Quest’ultima situazione è considerata quella associata alla maggiore morbidità chirurgica dal momento che le branche terminali del nervo possono essere completamente nascoste in questa struttura e quindi possono essere sezionate durante la parte finale della tiroidectomia 2 3, 4.

(10)

Fig. 1: Visione anteriore della regione del collo contenente la ghiandola tiroidea con le sue strutture vascolari venose e arteriose ed i suoi rapporti anatomici.

Netter: Atlante di Anatomia Chirurgica.

Un sistema di classificazione dei linfonodi del collo consiste nell’assegnarli ai vari triangoli: sottomentoniero, sopra-joideo, sopra-omojoideo, carotideo ecc. Un sistema più riproducibile clinicamente è in uso presso vari centri. In questo sistema i linfonodi del triangolo sottomandibolare sono etichettati come livello I, quelli della catena giugulare rispettivamente II, III, IV livello; quelli della catena del nervo accessorio spinale e della catena cervicale trasversa, nel triangolo posteriore, costituiscono il livello V. I linfonodi del solco tracheo-esofageo sono nominati come livello VI, mentre quelli del mediastino superiore identificati nel livello VII 2.

(11)

Fig. 2: I comparti linfonodali cervicali separati in livelli e sottolivelli. THYROID Volume 26, Number 1, 2016 American Thyroid Association; Mary Ann Liebert, Inc. DOI: 10.1089/thy.2015.0020

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1.2 IL CARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE

Il tumore midollare della tiroide non era riconosciuto come una patologia neoplastica della tiroide distinta fino a pochi anni fa. La definizione corretta di questa neoplasia deriva dagli studi istopatologici più recenti che hanno identificato una popolazione separata di cellule parafollicolari o cellule C, hanno riconosciuto l’origine embriologica di queste cellule dalla cresta neurale, e hanno scoperto la loro capacità di produrre un ormone peptidico, la calcitonina. Seguenti studi clinici hanno stabilito la stretta associazione tra questa neoplasia e la familiarità e la sua associazione con specifiche sindromi ereditarie, con le quali condivide la mutazione genetica che le origina, dunque la familiarità. Le caratteristiche, uniche, del CMT includono il suo livello intermedio di aggressività all’interno dello spettro dei diversi tumori tiroidei, la produzione di uno specifico ormone che può essere usato come marcatore tumorale (calcitonina) sensibile per la malattia occulta o ricorrente, e la sua mancanza di sensibilità verso la terapia con radio-iodio e, infine, la spiccata “linfofilia” e il trattamento chirurgico come unica strategia curativa. In aggiunta, ci sono stati notevoli passi in avanti nella comprensione dei meccanismi molecolari circa la patogenesi del CMT grazie all’identificazione delle mutazioni germinali attivanti il proto-oncogene RET che sarebbero responsabili della sua comparsa in associazione con le neoplasie endocrine multiple (MEN2). Fondamentali i test genetici che permettono l’identificazione anzitempo di queste mutazioni, ereditate o de novo, in modo da eseguire una tiroidectomia profilattica per rimuovere la struttura dalla quale potrebbe aver luogo una neoplasia in futuro 6, 7.

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1.2.1 Inquadramento generale ed epidemiologia

Il carcinoma midollare della tiroide è un tumore neuroendocrino che origina dalle cellule parafollicolari o cellule C della tiroide; è una neoplasia rara che ha una incidenza tra il 3 e l’ 8% di tutti i tumori tiroidei 8 e ne è

affetto tra lo 0,2 allo 0,4% di tutti i pz con noduli tiroidei 9.

Le cellule C, di origine neuroectodermica, durante l’embriogenesi, migrano dalla cresta neurale in corrispondenza della ghiandola tiroidea, insieme al corpo ultimo branchiale. Tali cellule, localizzate nello strato basale dei follicoli tiroidei, rappresentano circa l’1% delle cellule tiroidee 10.

Possiamo distinguere forme sporadiche e forme ereditarie/familiari di CMT: la maggioranza dei casi dei CMT sono sporadici (75%), mentre la restante percentuale (25%) sono forme ereditarie legate a mutazioni del tipo “gain of function” del gene RET.

Nei casi sporadici si evidenzia una leggera prevalenza nel sesso femminile con un rapporto M:F di 1:1,3, mentre le forme familiari non hanno una predilezione di genere a causa della trasmissione autosomica dominante. La più alta incidenza delle forme sporadiche di CMT si ha nella quinta-sesta decade di vita, mentre le forme ereditarie sono spesso diagnosticate più precocemente, anche grazie all’esecuzione di test genetici di screening, nel caso di storia familiare suggestiva.

Le forme familiari sono ereditate dunque con modalità autosomica dominante con penetranza vicina al 100% e sono associate alle MEN2 (sindromi multi-endocrine); all’origine vi è una attivazione germinale del proto-oncogene RET e, a seconda del tipo di mutazione, possiamo distinguere due forme di MEN:

• MEN2A

o FMTC: si tratta di una condizione, pur sempre ereditaria,

dove l’unica manifestazione è il CMT e, raramente, il feocromocitoma. E’ ancora oggi dibattuto se il FMTC debba essere considerato una sindrome a se stante o una

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variante della MEN2A nella quale la componente genetica è modificata a tal punto da ritardare la comparsa delle manifestazioni tipiche della MEN2A 10.

• MEN2B

Queste forme differiscono sulla base di:

➢ età di comparsa ➢ incidenza

➢ associazione con altre manifestazioni ➢ istopatologia del tumore

➢ prognosi

Molti pz affetti da MEN2B giungono a diagnosi già nella prima decade di vita, presentandosi spesso con CMT più aggressivo rispetto ai pazienti con MEN2A che, invece, giungono a diagnosi più tardivamente, generalmente intorno alla terza decade e hanno una prognosi relativamente migliore 11.

La tabella riassume la classificazione del carcinoma midollare della tiroide:

Varietà di CMT Incidenza Età alla diagnosi

CMT sporadico 75% quinta decade CMT ereditario 25%

– MEN2A –23% terza decade

– MEN2B –2 % prima decade

Un’importantissima peculiarità di questa neoplasia è la sua capacità di secernere un ormone che rappresenta uno specifico marcatore, la calcitonina, utile nella diagnosi precoce e nella stima della prognosi in questi pazienti 12.

La chirurgia è l’unica terapia in grado di dare risultati soddisfacenti in termini di guarigione. La qualità della chirurgia iniziale è il maggior elemento

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predittivo della prognosi del CMT assieme allo stadio anatomo-clinico e alla precocità della chirurgia 13.

La sopravvivenza a 5 e a 10 anni è complessivamente buona e si aggira intorno, rispettivamente, al 92% e all’87% dei pazienti e dipende, tra l’altro, dallo stadio di malattia durante il quale viene fatta la diagnosi 14, 15.

1.2.2 Morfologia

Il CMT è principalmente localizzato nei 2/3 laterali-superiore dei lobi tiroidei, area a più alta concentrazione di cellule C. La dimensione del tumore può variare da forme appena visibili a diversi centimetri. In oltre il 90% dei casi i CMT familiari sono associati a lesioni multifocali e bilaterali, mentre nelle forme sporadiche la multifocalità è molto meno comune (circa il 20%). Nella regione istmica e nelle regioni periferiche della ghiandola il tumore si localizza di rado.

Macroscopicamente il CMT si presenta al taglio di colore rosso-bruno o bianco-grigiastro; il tumore è spesso circoscritto e in rari casi completamente capsulato. Dall’altra parte, occasionalmente, anche piccoli tumori (<7 mm) possono avere già infiltrato macroscopicamente i margini. Con l’incremento delle dimensioni il tumore può regolarmente determinare emorragie, regressioni cistiche e, nei tumori voluminosi, necrosi centrale.

Il CMT tipico si presenta con una crescita solida e compatta con nidi di cellule poligonali o fusate che possono infiltrare il tessuto tiroideo normale adiacente. Il citoplasma delle cellule tumorali appare granulato e i nuclei rotondeggianti/ovali con all’interno la cromatina disposta a “sale e pepe”; il numero delle mitosi è variabile. Lo stroma tumorale potrebbe mostrare delicate bande di collagene senza displasia stromale e, in questo caso, correla con una capacità di dare metastasi inferiore. In circa l’80% dei CMT, però, è presente displasia stromale che indica crescita invasiva. I depositi di amiloide

(16)

sono presenti nel 60-85% dei casi di CMT e la dimostrazione di questa sostanza è fortemente suggestiva dal punto di vista anatomo-patologico di CMT sebbene, in alcuni casi, possa anche non essere presente 16.

Talvolta può accadere che, in pazienti ai quali sia stato riscontrato un nodulo tiroideo con citologia negativa per carcinoma midollare, la successiva valutazione isto-patologica, evidenzi la presenza di foci di carcinoma papillare o follicolare frammisti a foci di carcinoma midollare e, sebbene la relazione delle due componenti sia controversa, la loro coesistenza è stata attribuita ad una coincidenza con una mescolanza di cellule C neoplastiche e cellule follicolari.

Raramente, il CMT e la componente follicolare metastatizzano assieme come tumori istologicamente distinti nello stesso organo target.

Specialmente per quanto riguarda i tumori misti midollari/follicolari bisogna prestare dunque particolare attenzione, infatti in questi casi possiamo trovare immunoreattività sia per la calcitonina che per la tireoglobulina facendo dunque diagnosi di tumore “misto”.

La chirurgia rimane il trattamento primario per i pazienti con CMT misto ad elementi follicolari 12, 17, 18.

Figura 2: Cellule binucleari,

citoplasma abbondante e nucleo eccentrico sono le tipiche caratteristiche citologiche del MTC.

Colorazione May–Grunwald– Giemsa, 100x. 1

(17)

La coesistenza dei due tipi di carcinoma, midollare da una parte e papillare dall’altra, di origine diversa, è un fenomeno interessante e oggetto di studio. Esistono numerose ipotesi tra le quali la prima, “teoria della cellula staminale”, definisce che una cellula staminale si differenzi in entrambe le linee cellulari, quella follicolare e quella delle cellule-C. La seconda è la “teoria della differenziazione divergente” che definisce come le cellule C e le cellule follicolari siano di derivazione dai residui del corpo ultimo branchiale e da nidi di cellule solide. La terza è “la teoria dell’effetto campo” che propone che la trasformazione di entrambe le linee cellulari sia dovuta a comuni stimoli neoplastici. La quarta è “la teoria dell’ostaggio” la quale suggerisce che cellule follicolari non neoplastiche siano intrappolate da un CMT e che andrebbero incontro a proliferazione sotto lo stimolo di fattori trofici acquisendo alterazioni genetiche durante la proliferazione delle cellule follicolari. Infine, l’ultima teoria proposta è quella “della collisione” che suggerisce che due tumori indipendenti sono localizzati nella stessa lesione per una semplice coincidenza 19.

Diversi trials hanno indicato che la prevalenza di foci di CMT sporadico in affezioni nodulari della tiroide sia nel range dello 0,57 e 1,37%. La valutazione routinaria della CT sierica nella diagnosi della patologia tiroidea pone il problema di come gestire i pazienti nei quali la CT basale è solo leggermente aumentata, in particolare ci potrebbe essere il dubbio se questo modesto incremento del valore di CT sia semplicemente correlato a motivi laboratoristici o se sia fortemente correlato alla presenza di iperplasia delle cellule C o micro-CMT 20.

I CMT occulti sono rilevati alla valutazione istologica a seguito di tiroidectomia eseguita per altra patologia maligna o, frequentemente, benigna

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1.2.3 Varianti istologiche

Sono state descritte numerose varianti istologiche diverse di CMT e tra queste ricordiamo 12:

• Variante papillare: in realtà la vera variante papillare è di per se molto rara, mentre, ben più frequente e da diversificare dal carcinoma papillare, la variante “pseudopapillare”.

• Variante follicolare: si caratterizza per la presenza di un pattern di crescita in follicoli, ghiandole e strutture tubulari.

• Variante a cellule giganti: è rara e si caratterizza per la presenza di grandi cellule atipiche miste ad aree di carcinoma midollare tipico. Tale variante è da distinguere dal carcinoma anaplastico.

• Variante a cellule chiare: è rara ed è caratterizzata dalla presenza di cellule con abbondante citoplasma chiaro e, all’indagine istochimica, si evidenzia la positività per la calcitonina.

• Variante oncocitica e squamosa

1.2.4 Presentazione clinica ed evoluzione

Il carcinoma midollare è solitamente indolente e si presenta come un nodulo solitario o come una massa tiroidea eventualmente associata a linfoadenopatie cervicali. Non di rado la lesione è asintomatica e viene riscontrata incidentalmente durante un esame di routine del distretto cervicale. La presentazione del CMT sporadico non differisce da quella di un carcinoma follicolare o papillare della tiroide. I pazienti possono essere completamente asintomatici o presentare sintomi da compressione cervicali come disfagia, disfonia o dispnea 11.

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Frequentemente però può essere associata la diarrea (ormono-mediata), mentre il flushing è raro. Occasionalmente si può avere una secrezione di ACTH causando la sindrome di Cushing 11.

La diagnosi precoce di questo tumore non è sufficiente per garantire un basso tasso di ricorrenza dal momento che, tale neoplasia, è classicamente caratterizzata da una tendenza alla disseminazione linfatica molto precoce (si parla anche di estrema “linfofilia” del carcinoma midollare) 9.

Il 30-60% dei pazienti affetti dalla forma sporadica di CMT presenta masse linfonodali palpabili a livello cervicale; nell’80% dei casi si tratta di linfonodi metastatici. Il coinvolgimento linfonodale è presente nel 10-30% dei tumori di diametro inferiore a 1 cm (T1), il 25% di essi presenta, all’istologia, metastasi linfonodali laterocervicali controlaterali alla lesione. Il coinvolgimento linfonodale è più frequente nei pazienti con tumori voluminosi, essendo presente nel 50% dei pz con un tumore T2 e più del 90% dei pz con un tumore T3-T4 10. Inoltre, il 44% dei pz con un CMT unilaterale palpabile presenta,

all’istologia, metastasi linfonodali laterocervicali controlaterali alla lesione 22.

I linfonodi del comparto centrale sono generalmente i primi ad essere interessati dalla diffusione dei tumori tiroidei e, in particolare, del CMT. Nello studio di Dralle et. al eseguito su 339 pazienti, è emerso che solo nel 15% dei linfonodi positivi il CMT salta il compartimento centrale e metastatizza direttamente ai linfonodi laterocervicali ipsilaterali. Questi ultimi sono coinvolti primariamente nel 35% dei casi, quasi quanto avviene per quelli del comparto centrale (per tutti gli stadi tumorali). Il compartimento laterocervicale controlaterale è coinvolto primariamente in circa il 20% dei pazienti con CMT (in caso di reintervento questo valore è solo di poco più alto rispetto al primo intervento), mentre i linfonodi infrabrachiocefalici della porzione superiore del mediastino sono coinvolti in circa il 15-20% di tutti i pazienti con CMT, ma in circa la metà di questi con un tumore in stadio IV 23.

Le metastasi a distanza sono la causa principale di morte dei pz affetti da CMT e nella metà dei pz sono già presenti inizialmente; esse sono spesso

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multiple negli organi coinvolti e spesso simultaneamente in più distretti, come fegato, polmoni ed ossa. Le metastasi polmonari sono macro o micronodulari e sono generalmente diffuse in entrambi i polmoni. Le metastasi ossee sono di tipo osteolitiche (in questo caso molto dolorose) od osteoblastiche e sono valutabili, specie le osteolitiche, con la scintigrafia ossea. Quelle epatiche sono iperecogene all’ECO e, quando piccole, potrebbero essere interpretate, erroneamente, come emangiomi 10.

In letteratura sono altresì riportati anche rarissimi casi di metastasi in sedi infrequenti: a livello testicolare e ai linfonodi inguinali che, tipicamente, si associano a malattia ormai molto disseminata 24, ma sono anche stati riportati,

in un case report del 2015, 20 casi di donne con metastasi mammarie da carcinoma midollare dopo tiroidectomia 25 e in un altro case report del 2016

una infiltrazione della mucosa gastrica in una donna di 53 anni dopo un follow-up di 25 26.

La sopravvivenza dopo la scoperta delle metastasi a distanza è del 51% ad 1 anno, 26% a 5 anni e il 10% a 10 anni 13.

1.2.5 Il proto-oncogene RET

Il proto-oncogene RET (REarranged during Transfection) è localizzato sul cromosoma 10q.11.2 e codifica per un recettore tirosin-kinasico espresso nelle cellule di derivazione dalle creste neurali come le cellule parafollicolari (cellule C), le cellule cromaffini della midollare del surrene e le cellule del plesso enterico autonomo. La proteina RET è costituita da 3 domini: extracellulare, transmembrana e intracellulare che contiene 2 domini tirosino- kinasici.

Il dominio extracellulare include regioni omologhe alle proteine di adesione della famiglia delle caderine e una grande regione ricca in residui di cisteina

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che permettono la trasduzione dei segnali extracellulari di proliferazione, crescita, differenziazione, migrazione, sopravvivenza e apoptosi cellulare. Il dominio intracellulare è diviso in 2 sottodomini tirosino-kinasici separati da 28 AA. Questi sottodomini contengono i residui tirosinici che sono fosforilati durante l’attivazione recettoriale e sono coinvolti nelle vie di attivazione del segnale intracellulare 27.

La presenza di mutazioni del gene RET (prevalentemente di tipo puntiforme) sono state correlate con l’aggressività e quindi con la prognosi e la persistenza di malattia. In particolare soggetti con CMT e con mutazioni somatiche di RET (quindi correlate alle forme sporadiche di CMT, approssimativamente il 50%) non solo hanno una alta probabilità d’insuccesso del trattamento ma si associano a prognosi peggiore.

Tra tutte le possibili mutazioni di RET, il 79% di queste si riscontra nel codone 918 dell’esone 16 (M918T) e in particolare risulta più spesso associata a quadri di MEN2B, che è, come già accennato, la forma più aggressiva di CMT ereditario. In uno studio italiano del 2008 è emerso che tale mutazione è anche associata ad una più alta prevalenza di metastasi linfonodali (76,5%) e, di conseguenza, rappresenta un fattore prognostico negativo 28.

Fig. 3: Qui è rappresentata una curva di sopravvivenza dei pazienti con CMT con e senza la mutazione somatica di RET. I pazienti con la mutazione

(22)

La ricerca della mutazione di RET può essere effettuata mediante la valutazione del DNA estratto dalle cellule del nodulo tiroideo tumorale mediante FNAB (fine needle aspiration biopsy) 28.

L’identificazione della mutazione somatica di RET mediante FNAB potrebbe suggerirci una stratificazione dei pz sulla base del rischio di sviluppare metastasi linfonodali e, di conseguenza, di stabilire anche la migliore strategia chirurgica che potrebbe includere o escludere la dissezione radicale dei linfonodi del collo a seconda della positività o negatività della mutazione del gene RET 28.

Inoltre la mutazione di RET ha anche implicazioni dirette sulla terapia farmacologica: nei casi RET+ ci si potrebbe avvalere di inibitori tirosino-kinasici e, in particolare, quelli con alta affinità per RET 28, 29.

1.2.6 Il carcinoma midollare della tiroide ereditario

La forma ereditaria di CMT rappresenta il 25% dei casi. Questa si associa ad altre manifestazioni patologiche, neuroendocrine e non, nell’ambito del gruppo delle sindromi MEN2.

La sindrome MEN2 è una sindrome tumorale trasmessa con modalità autosomica dominante, ha una prevalenza stimata di 1/30000 nella popolazione generale. Si può presentare in due forme diverse, MEN 2A e MEN 2B, con il carcinoma midollare come manifestazione comune. I due sottotipi di MEN2 differiscono in termini di incidenza, genetica, età di esordio, associazione con altre manifestazioni, aggressività del CMT. All’interno della MEN 2A ci sono 4 varianti: MEN 2A classica, MEN 2A con lichen amiloidosico cutaneo, MEN 2A con malattia di Hirschsprung e FMTC

(23)

MEN 2A classica

Questa è la forma più comune tra le quattro e si caratterizza per una combinazione con feocromocitoma e/o tumori multipli alle paratiroidi in un singolo paziente, o la presenza di due o più neoplasie in più membri di una famiglia. La frequenza del CMT è circa del 100% al quale si associa sempre l’iperplasia delle cellule C, mentre quella del feocromocitoma e dell’iperplasia multipla delle paratiroidi è del 40-50% e del 10-20% rispettivamente. La penetranza della mutazione, l’aggressività del CMT e la frequenza delle altre due manifestazioni dipende dal tipo di mutazione del gene RET: nella forma classica il 95% dei pz ha una mutazione germinale di RET nel codone 634 dell’esone 11 e nei codoni 609, 611, 618 o 620 dell’esone 10.

Il CMT è di solito la prima manifestazione della sindrome MEN 2A e si sviluppa tra i 5 e i 25 anni di età e la prevalenza del CMT aumenta con l’età. Gli individui che ne sono affetti manifestano inizialmente una iperplasia delle cellule C con una evoluzione progressiva al carcinoma midollare. L’iperplasia primaria delle cellule C è considerata una lesione precancerosa 8.

Il test di stimolo con pentagastrina è positivo in circa il 20% dei pazienti portatori di mutazione all’età di 10 anni e questo dato aumenta con l’età (95% a 30 anni). Ad oggi il test genetico è eseguito prima dei 5 anni in tutti i soggetti a rischio, al fine di stabilire quali pazienti siano portatori della mutazione 10.

Il feocromocitoma si sviluppa solitamente più tardivamente ed è solitamente di natura benigna e bilaterale, inoltre è preceduto da una iperplasia diffusa dei surreni, soltanto raramente si riscontrano feocromocitomi extrasurrenalici. Frequentemente il sospetto di feocromocitoma si pone per via dei sintomi da attivazione del sistema nervoso simpatico (tachicardia, cefalea intermittente, palpitazioni e, per ultimo, ipertensione) 8. Di fronte al sospetto di

feocromocitoma dovrebbe essere eseguita, di routine, la misurazione della concentrazione plasmatica o l’escrezione nelle urine delle 24h di metanefrine e normetanefrine. Sono utili gli studi di imaging (US, TC, RM o scintigrafia

(24)

con I123-meta-iodobenzilguanidina) per localizzare il tumore. In caso di negatività, il follow-up è consigliato annualmente 10.

L’iperparatiroidismo consiste più frequentemente in una iperplasia delle ghiandole paratiroidee, uno o più adenomi nei pazienti più anziani. Questo si sviluppa lentamente ed è di solito modesto. La misurazione annuale del calcio ionizzato (Ca2+) e del PTH è una parte importante del follow-up nei soggetti con una mutazione del codone 634 dell’oncogene RET 8, 10.

MEN 2A con lichen amiloidosico cutaneo

Si caratterizza per le lesioni cutanee iperpigmentate, prurigionose, localizzate in particolare nella regione scapolare/dorsale e, istologicamente, per la tipica presenza di amiloide a livello del derma.

Le manifestazioni dermatologiche compaiono più precocemente rispetto al CMT.

Solitamente questa forma si associa a mutazioni nel codone 634 del gene RET

8.

MEN 2A con malattia di Hirschsprung

Le manifestazioni intestinali si presentano nel 7% dei pz con MEN 2A che sono portatori della mutazione di RET nell’esone 10 8.

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FMTC

Questa forma è diagnosticata nel 35-40% di tutti i casi di MEN 2A. In questa forma abbiamo una importante propensione a manifestare CMT con una bassissima incidenza delle altre manifestazioni che tipicamente si associano alla MEN 2A 8; nonostante ciò è importante dimostrare l’assenza

del feocromocitoma o dell’iperparatiroidismo in due o più generazioni della stessa famiglia. In questi casi la comparsa del CMT si verifica più tardivamente e con prognosi più favorevole 27.

MEN 2B

E’ la forma più rara (5%) e aggressiva nell’ambito delle MEN2. Si caratterizza per la presenza di CMT, feocromocitoma, assenza di iperparatiroidismo, ganglioneuromatosi dell’intestino e cutanea (nel 100% dei casi) ed habitus marfanoide con malformazioni scheletriche e lassità articolare. Solitamente questi pz divengono sintomatici nel primo anno di vita con una forma più aggressiva di CMT e con alto tasso di morbidità e mortalità. Solitamente questi pz non hanno una storia familiare di malattia, infatti in oltre il 90% dei casi la sindrome è determinata da una mutazione germinale de novo di RET. Almeno nel 95% dei casi la mutazione è attribuibile al codone 918 che determina un fenotipo più aggressivo. Solo occasionalmente la mutazione riguarda il codone 883 che si caratterizza per un decorso più indolente 8.

(26)

1.2.7 Microcarcinoma midollare e iperplasia cellule C

Le cellule C, solitamente riscontrate o in singoli elementi o in gruppi di 3-5 cellule, sintetizzano e secernono principalmente calcitonina ma anche piccole quantità di: serotonina, somatostatina, ormone adrenocorticotropo, CEA, cromogranina, istamina e neurotensina; solo in una piccola parte di esse è riscontrabile il CGRP (calcitonin gene-related peptide).

Un incremento del calcio sierico, assieme ad alcuni ormoni di origine gastrointestinale e alla pentagastrina determinano, fisiologicamente, una secrezione di calcitonina con conseguente riduzione della calcemia agendo su osso, rene ed intestino 16.

La definizioni di iperplasia delle cellule C non è semplice ed è tuttora molto dibattuta. Classicamente si definisce quella condizione in cui si riscontrano più di 50 cellule/campo microscopico a piccolo ingrandimento e da più di 40 cellule/cm^2 a più di 50 cellule/3 campi microscopici a piccolo ingrandimento. Spesso i follicoli sono completamente circondati da cellule C oppure casi in cui tali cellule si riscontrano in sedi atipiche come nelle regioni inferiori dei lobi tiroidei o nell’istmo (queste condizioni sono da indagare); altre definizione parlano semplicemente di incremento numerico e dimensionale di queste cellule.

L’iperplasia delle cellule C può essere riscontrata anche nei pazienti con MEN o FMTC, ma anche nei pazienti con iperparatiroidismo, ipercalcemia cronica o altre cause tra le quali: tiroidite di Hashimoto, nel tessuto tiroideo residuo dopo rimozione del carcinoma midollare (forme sporadiche) e anche nei tessuti adiacenti a tumori non di tipo midollare, in associazione ad alcuni medicamenti come certi anti-diabetici (es. exenatide, liraglutide) o PPI (inibitori di pompa protonica) 12, 30.

Una delle classificazioni dell’iperplasia proposte è la seguente 16:

• “iperplasia delle cellule C ereditata”: sempre associata alla mutazione germinale di RET; è la lesione precursore del CMT familiare e può

(27)

essere facilmente identificata, dal punto di vista anatomo-patologico, con la colorazione ematossilina-eosina. Tale reperto è riscontrato anche nelle tiroidi rimosse a scopo profilattico nei portatori della mutazione del gene RET. Le cellule, atipiche e in gruppo, si localizzano all’interno della membrana basale del follicolo tiroideo, fino ad ostruire l’intero suo lume.

• “iperplasia delle cellule C non associata alle MEN”: prima definite come “sporadiche” o “fisiologiche” non possono essere identificate con la colorazione ematossilina-eosina ma richiedono la dimostrazione immunoistochimica con calcitonina. Questa forma di iperplasia è stata descritta anche in associazione a tumori non-midollari, tiroidite di Hashimoto e linfomi tiroidei NH (non Hodgkin), tireotossicosi, insufficienza renale, disordini del metabolismo del calcio e fino al 50% dei pazienti con gozzo nodulare. Non sembra associata, invece, con le forme sporadiche di CMT.

Il microcarcinoma midollare è definito come un tumore sporadico o familiare di diametro inferiore o uguale ad 1 cm nei lobi tiroidei o nella ghiandola rimossa per noduli benigni o forme non midollari 12, 31.

Queste lesioni appaiono con un pattern di crescita circolare o focalmente infiltrante, possono contenere amiloide e non sono necessariamente associate all’iperplasia delle cellule C 12, 30.

In assenza di ipercalcitoninemia o metastasi linfonodali queste lesioni sono curate dalla loro semplice rimozione.

In realtà, sebbene l’estensione di questa forma di carcinoma midollare sia esigua, si può trovare un interessamento linfonodale tra l’11 e il 31% dei pz al momento della diagnosi e, poiché l’estensione extratiroidea può essere trovata in più di 1/10 pazienti con microcarcinoma, questi dovranno essere considerati tumori T3 nella classificazione del TNM (e non T1) 9, 31.

(28)

1.3 Stadiazione

Gli obiettivi principali della stadiazione del CMT sono: la valutazione di possibili metastasi loco-regionali o a distanza, e la valutazione di tumori concomitanti correlati alle MEN 2A o MEN 2B 17, 32.

La prognosi del CMT è correlata all’età del pz alla diagnosi, alla forma di CMT, sporadica o ereditaria, il sesso maschile (prognosi peggiore), la presenza di invasione locale da parte del tumore, la presenza di metastasi linfonodali e di metastasi a distanza, l’estensione della chirurgia. Il comportamento del carcinoma midollare resta difatti imprevedibile 17, 32.

I pazienti con CMT hanno un relativamente alto tasso di metastasi linfonodali e, una volta che la neoplasia è divenuta extratiroidea, il tasso di guarigione cala bruscamente: questo è particolarmente vero se la malattia è presente nel compartimento laterocervicale. In fatti se c’è malattia nel versante laterocervicale controlaterale, i pazienti hanno una prognosi peggiore indipendentemente dall’approccio del trattamento 13.

Comunque, sono fattori prognostici significativi solo: l’età, lo stadio di malattia al momento della diagnosi e, soprattutto, la qualità della chirurgia iniziale.

I tassi di sopravvivenza a 10 anni nei pazienti con stadi I, II, III e IV sono rispettivamente del 99-100%, 93%, 71% e 21% 17, 32.

La seguente è la classificazione TNM proposta dall’associazione Americana sui tumori tiroidei e, soprattutto per quanto riguarda la stadiazione del coinvolgimento linfonodale, differisce completamente dalla stadiazione di tutti gli altri tumori della via aero-digestiva 17, 23:

(29)

Classificazione TNM (American Joint Committee on Cancer): Tumore primitivo (T)

T0- nessuna evidenza di tumore primitivo

T1- tumore di 2 cm o meno nel diametro massimo, limitato alla tiroide T1a- tumore < o = 1 cm

T1b- tumore < o = 4 cm, nel diametro massimo limitato alla tiroide T2- tumore 2-4 cm nel diametro massimo, limitato alla tiroide

T3- Tumore >4 cm nel diametro massimo limitato alla tiroide o qualsiasi

tumore con minima estensione extratiroidea

T4a- tumore di qualsiasi dimensione che si estende oltre la capsula tiroidea

fino ad invadere i tessuti molli sottocutanei, laringe, trachea, esofago, o nervo laringeo ricorrente

T4b- Il tumore invade la fascia prevertebrale o ingloba l’arteria carotide o i

vasi mediastinici

Linfonodi regionali (N)

NX- i linfonodi regionali non possono essere valutati N0- non metastasi ai linfonodi regionali

N1- metastasi ai linfonodi regionali

N1a- metastasi al VI livello (pretracheale, paratracheale e, prelaringei,

linfonodo delfico)

N1b- metastasi unilaterali, bilaterali, o controlaterali cervicali o ai

linfonodi mediastinici superiori

Metastasi a distanza (M)

MX- le metastasi a distanza non possono essere valutate M0- non metastasi a distanza

M1- metastasi a distanza Stadi

I- T1, N0, M0 II- T2, N0, M0

III- T3, N0, M0 T1, N1a, M0T2, N1a, M0T3, N1a, M0

IVa- T4a, N0, M0T4a, N1a, MoT1, N1b, M0T2, M0T3, N1b, M0T4 IVb- T4b, qualsiasi N, M0

(30)

1.4 Percorso diagnostico

La valutazione di un paziente con CMT noto o sospettato inizia con un’anamnesi accurata ed un esame obiettivo completo. Si dovrà indagare circa la presenza di sintomi da effetto massa come sensazione di bolo esofageo, disfagia, sensazione di pressione nel collo alla rotazione del capo o in posizione supina, dispnea, cambiamento del tono di voce o raucedine 33.

Circa il 15% dei pz affetti da CMT, al momento della diagnosi, presenta disfagia, dispnea o raucedine, riflettendo una condizione di neoplasia avanzata. Nel 5-10% dei casi, sono già presenti sintomi riferibili a malattia metastatica e tra questi: diarrea, flushing e dolori ossei 33.

Un’accurata palpazione del collo, seguita da una valutazione ecografica, potrà porre il sospetto di un eventuale interessamento linfonodale a livello del comparto centrale o laterocervicale, già presente al momento della diagnosi in circa il 50% dei casi 33.

Riveste particolare importanza la storia familiare per indagare l’eventuale presenza di segni e sintomi riferibili a CMT ereditario, associato o meno alle sindromi MEN2 (nel 25% dei casi il CMT è ereditario).

L’esame obiettivo del collo può rilevare la presenza di nodularità che, solitamente, hanno consistenza dura e forma irregolare e, nelle fasi avanzate, possono apparire fisse alle strutture del collo e immobili alla palpazione 33.

E’ opportuno eseguire la valutazione della motilità cordale mediante fibroscopia laringea prima della chirurgia 33.

Quando vi è il sospetto di un CMT l’indagine diagnostica dovrebbe includere l’ecografica del collo (per valutare la presenza di linfonodi di aspetto patologico a livello del comparto centrale, mediastinico superiore e del comparto laterocervicale bilateralmente), misurazione del calcio sierico e dei livelli di PTH e delle metanefrine e catecolamine urinarie (nelle 24 h) per escludere un feocromocitoma e un iperparatiroidismo primario (associazione con MEN2) prima di procedere con la chirurgia 9, 10, 32.

(31)

In conclusione, i principali presidi che ci permettono di giungere ad una diagnosi certa o quantomeno sospetta di CMT comprendono: minuziosa anamnesi ed esame obiettivo, accurata valutazione ecografica delle caratteristiche del/dei nodulo/i tiroidei e dei linfonodi del comparto centrale e laterale del collo, valutazione del nodulo mediante FNA (fine-needle aspiration), monitoraggio della calcitonina sierica e, nei casi dubbi, sul liquido di lavaggio dell’agoaspirato, valutazione sierica del CEA, screening della mutazione di RET 17, 33.

1.4.1 Il ruolo della calcitonina

La calcitonina è un piccolo polipeptide di 32 aminoacidi prodotto quasi esclusivamente dalle cellule parafollicolari. Il gene che codifica per la CT mappa sul braccio corto del cromosoma 11 e, mediante splicing alternativo, dà origine anche al CGRP (calcitonin-gene-related peptide).

La CT è coinvolta nel metabolismo del calcio e la sua secrezione è regolata principalmente dalle concentrazioni extracellulari di calcio ma ci sono anche altre molecole che ne stimolano la secrezione e tra questi ricordiamo la pentagastrina, agonisti beta-adrenergici, GHRh (Growth Hormone Releasing hormone) e altri peptidi secreti a livello gastrointestinale 34.

Bisogna sottolineare che, negli ultimi anni, i test utilizzati per la misurazione della calcitonina sierica si sono evoluti, migliorando di molto sia in termini di sensibilità che di specificità per la forma monomerica di CT; con il saggio ICMA (immuno-chemiluminometric assay) la cross reattività con la procalcitonina o altri peptidi correlati alla CT è stata fortemente eliminata. Questo è importante perché in condizioni come la sepsi o altri stati infiammatori si associano a possibili elevazioni della procalcitonina nei tessuti che, normalmente, non esprimono il gene della CT.

(32)

Inoltre, la concentrazione sierica di CT potrebbe risultare aumentata nei soggetti con malattia renale cronica, tiroiditi autoimmuni (in una minoranza di casi, associata alla tiroidite si può riscontrare una atrofia tale da determinare una deplezione di cellule C e, quindi, una riduzione dei livelli di CT), tumori polmonari a piccole e grandi cellule, carcinoma prostatico, mastocitosi, tumori neuroendocrini polmonari o gastroenterici, presenza di anticorpi eterofilici (Ab umani con una ampia reattività con Ab di altre specie animali). Nelle condizioni descritte il valore di CT non si eleva in risposta a test di stimolo con pentagastrina o con calcio gluconato.

I livelli di CT risultano diversi se li confrontiamo nei due sessi: sono infatti più alti nel sesso maschile, probabilmente in virtù della più alta concentrazione di cellule C.

Bisogna anche considerare che nei neonati la CT sierica è particolarmente elevata durante la prima settimana di vita e nei neonati di basso peso alla nascita e prematuri 17, 35.

Diversi studi hanno messo a confronto il ruolo della calcitonina e quello della procalcitonina nei pazienti affetti da CMT, riscontrando che, mentre la CT ha una accuratezza diagnostica uguale o superiore alla procalcitonina, alti valori di quest’ultima, sono associati ad aumento del rischio di progressione di malattia e ad una fase libera da progressione più breve 17.

Vari studi, tra i quali ricordiamo quello intitolato “La misurazione della calcitonina sierica di routine nella valutazione dei noduli tiroidei” (Dr. R. Elisei) o studi eseguiti da Pacini et al. , hanno dimostrato che la misurazione della CT sierica è un metodo più sensibile rispetto alla citologia su agoaspirato tiroideo, nella diagnosi di CMT; ciò può essere imputabile a un campione insufficiente o alla difficoltà di eseguire il prelievo sul nodulo sospetto nel contesto di una ghiandola multinodulare 1, 34, 36, 37.

Invece, l’elevazione della CT sierica si verifica anche in presenza di microfoci di CMT, dunque non identificabili mediante indagini ecografiche 34.

(33)

La misurazione di routine della CT sierica nei pazienti con noduli tiroidei è ancora materia di discussione.

Mentre la maggioranza di autori Europei raccomanda che la misurazione della CT sierica dovrebbe essere inclusa nelle procedure di screening di qualsiasi nodulo tiroideo, indipendentemente dalla citologica o dalla clinica, le linee guida Americane (ATA) non si schierano ne’ a favore ne’ contro questa pratica comune 34, 35, 38-40.

I problemi da superare riguardo alla misurazione routinaria della CT sono: il rapporto costo-beneficio e la possibilità di avere elevati valori di CT in assenza di un CMT.

o La prognosi del CMT, come già precedentemente anticipato, dipende soprattutto dallo stadio di malattia al momento della diagnosi e dall’estensione del tumore sia a livello tiroideo che linfonodale. Solo una diagnosi precoce può permettere ad un trattamento chirurgico altrettanto precoce di risolvere definitivamente il problema e rendere il paziente libero da malattia 34, 41.

Uno studio pubblicato nel 2004 e poi confermato da altri autori Europei ha messo in evidenza che la misurazione della CT sierica può consentire diagnosi a stadi molto precoci (I o II) e, inoltre, in uno studio del 2016 è stato confermato come la determinazione della CT sierica sia in grado di garantire una diagnosi di CMT ad uno stadio precoce con un tasso di sopravvivenza di 10 anni maggiore di quello osservato nei casi di CMT che non erano stati diagnosticati mediante il dosaggio precoce di CT sierica 40.

A fronte di queste valutazioni si può comprendere come il problema del rapporto costo-beneficio venga subito ad essere superato dal momento che, una diagnosi ritardata, porta inevitabilmente con se costi aggiuntivi relativi alla necessità di gestire a lungo termine la malattia (esami di follow-up, reinterventi chirurgici ecc.).

o Per quanto riguarda il secondo problema da superare bisogna sottolineare come ci siano casi in cui un aumento della CT sierica sia da

(34)

ascrivere a cause fisiologiche o patologiche ma che necessitano di una diagnosi differenziale. Tra queste ultime possiamo ricordare le cause correlate (tiroiditi linfocitiche e carcinoma tiroideo micropapillare) e non correlate a malattie tiroidee (carcinoma polmonare a piccole cellule, vari tumori neuroendocrini, malattia renale cronica, s.me di Zollinger-Ellison, pancreatiti): una valutazione anamnestica approfondita e un esame obiettivo potranno essere utili nel trovare la ragione di un eventuale aumento aspecifico. Il test di stimolo o la misurazione della CT nel liquido di lavaggio dell’agoaspirato del nodulo tiroideo possono essere di grande utilità 34, 42.

o Bisogna inoltre considerare come in realtà il valore di normalità della CT sia diverso sulla base del genere: la tiroide maschile presenta più cellule C rispetto a quella femminile e, conseguentemente, i livelli di CT sono più spesso elevati negli uomini che nelle donne. Questa osservazione spiega anche il perché gli uomini superano in numero le donne nelle diagnosi di iperplasia delle cellule C sporadica 43. Quindi il

test di stimolo con pentagastrina o con calcio gluconato ha permesso una miglior discriminazione tra l’iperplasia delle cellule C e il CMT sia negli uomini che nelle donne, specialmente quando i valori di CT erano bassi 43.

I microcarcinomi occulti sono spesso rilevati solo in seguito ad esame istologico del frammento di tiroide dopo tiroidectomia eseguita per altra patologia, e in molti casi benigna. L’esecuzione routinaria della misurazione della CT sierica basale nella valutazione pre-operatoria, seguita da un test di provocazione della secrezione di CT, qualora la CT basale sia alterata, ha un’alta sensibilità nell’individuare la patologia occulta delle cellule C come mCMT (micro carcinomi midollari) e CCH (iperplasia). Questo tipo di approccio è incoraggiato da molti autori ma non da tutti adottato 20.

Il test di stimolo per la CT è molto utile per escludere un CMT occulto nei soggetti che hanno valori borderline di CT basale come frequentemente

(35)

riscontrato nelle tiroiditi con iperplasia delle cellule C o nei tumori neuroendocrini. Il cut-off del test di stimolo con pentagastrina o, ad oggi, con calcio gluconato, non è chiaramente stabilito nella letteratura e dipende fortemente dal tipo di saggio usato nel laboratorio di ciascun centro. Elisei et

al. definiscono il valore di 118 ng/L di CT sierica, dopo test di stimolo, il

valore più basso associato in maniera significativa alla diagnosi di CMT; nei pazienti affetti da malattia renale cronica il valore accettato è di 400 ng/L 20, 44.

Nel 2013, la maggioranza di esperti facenti parte dell’ETA-CRN (European Thyroid association) hanno raggiunto la seguente conclusione: l’incremento del valore basale di CT >100 ng/L indica un rischio sostanziale di CMT, tra 10-100 ng/L è suggerita l’esecuzione del test di stimolo 20, 45.

E’ ancora controverso quale sia il miglior cut-off per la diagnosi di CMT, ma livelli basali di CT >20 ng/l e >100 ng/l dopo test di stimolo sono generalmente considerati sufficienti per la diagnosi 39.

A questo proposito bisogna sottolineare come talvolta ci si possa trovare difronte a risultati dubbi di CT sierica basale (es. valori di CT di poco <20 ng/l) e senza una chiara diagnosi citologica di CMT. In presenza di valori di CT basale lievemente inferiori alla norma e di una diagnosi citologica sospetta per CMT, è utile effettuare un test di stimolo, il quale ha maggiore specificità e sensibilità rispetto alla sola valutazione della CT sierica basale34, 35.

In particolare si può riscontrare che nel caso in cui non ci sia un incremento significativo di CT dopo il test di stimolo verosimilmente si può fare riferimento ad un aumento artefattuale della CT e, quindi, un falso positivo (es. pz con tiroiditi, carcinoma papillare tiroideo microscopico, inibitori di pompa protonica)34, 35.

Il test di stimolo con pentagastrina, valutando la calcitonina a livello basale, dopo 2 e dopo 5 minuti, è considerato positivo, da alcuni autori, se il picco di CT sierica supera di 3 volte il valore basale di CT; altri lo definiscono tale quando il picco di CT >100 pg/ml suggerendo di eseguire l’intervento di tiroidectomia totale e di linfoadenectomia del comparto centrale. Tra 60-100

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pg/ml siamo nella così detta “zona grigia” per cui la valutazione istologica della ghiandola fugherà ogni dubbio. Valori sierici di picco <60 pg/ml non sono diagnostici ne’ di CMT ne’ di iperplasia delle cellule C 34. In uno studio

del 2010 è stato dimostrato come un picco di 275 ng/l dopo stimolo, determinato con il saggio IRMA, sia in grado di distinguere chiaramente i pazienti con CMT da quelli con iperplasia delle cellule C con una sensibilità del 100% e una specificità dell’89%46.

Il problema di questo test, per cui ad oggi non è più eseguito ed è stato sostituito col test al calcio gluconato, sono le reazioni avverse tra le quali: nausea e vomito, dolore gastrico, rash cutaneo, visione offuscata, brivido, stanchezza, tachicardia, senso di pesantezza a livello degli arti, cefalea, sudorazione, dolore o debolezza 34.

Il test di stimolo con calcio gluconato, molto più sicuro e privo di effetti avversi, consiste in un’infusione di calcio gluconato (2,5 mg/Kg) in 30 secondi valutando poi la CT sierica al tempo zero, dopo 2 e dopo 5 minuti dall’infusione di calcio 34, 47.

Il valore di calcitonina sierica basale preoperatoria è correlato all’estensione delle metastasi linfonodali. Nello studio di Machens e Dralle su 300 pazienti consecutivi affetti da CMT trattati con tiroidectomia totale e dissezione linfonodale, non si è verificato, virtualmente, il rischio di metastasi linfonodali quando la calcitonina sierica basale preoperatoria era <20 pg/ml (considerando normali valori <10 pg/ml). Livelli di CT superiori a 20, 50, 200 e 500 pg/ml erano associati, rispettivamente, a presenza di metastasi a carico dei linfonodi del comparto centrale ipsilaterale, del comparto laterale ipsilaterale, del comparto centrale controlaterale, del comparto laterale controlaterale e del mediastino superiore 17, 48.

Quindi, la determinazione del valore di CT sierica basale fornisce informazioni utili per la gestione dei pazienti affetti da CMT. I pazienti con valori di CT sierica basale, a seguito di linfoadenectomia completa, normali

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(<10 pg/ml), sono definibili “biochimicamente guariti” e hanno il 97,7% di sopravvivenza a 10 anni 13, 17.

1.4.2 Ruolo del CEA

La determinazione del CEA sierico è utile per valutare la progressione di malattia nei pazienti con evidenza clinica di CMT e per il monitoraggio dei pazienti a seguito della tiroidectomia 17.

Il CEA, infatti, non è un marker specifico di CMT. Ci possono essere, inoltre, dei falsi aumenti di CEA in relazione alla presenza di Ab eterofilici, fumo di sigaretta, o altre condizioni relativamente a infiammazione del tratto gastrointestinale, tumori polmonari benigni, tumore prostatico, ovarico, mammario 17, 49.

I livelli di CEA, inoltre, non aumentano in relazione al test di stimolo al calcio gluconato o alla pentagastrina.

Il riscontro di valori elevati di CEA dovrebbe prontamente indurre lo specialista a misurare il valore di CT sierica, specialmente in presenza di un nodulo tiroideo palpabile o riscontrato ecograficamente. Tale parametro, però, non dovrebbe essere sistematicamente misurato in tutti i pazienti affetti da una malattia nodulare, cosa che è raccomandata per la CT sierica. Piuttosto, la misurazione dei livelli di CEA dovrebbe essere riservata ai pazienti con diagnosi di CMT provata o fortemente sospettata 10, 17, 32.

Non è il pattern di crescita invasiva locale, ma piuttosto la massa totale di cellule di tumore midollare che determina la secrezione complessiva di CEA, a prescindere dalla localizzazione di queste cellule, interna o esterna alla ghiandola tiroidea 50.

La contemporanea elevazione della CT e del CEA o l’incremento rapido dei livelli di CEA si associa a progressione di malattia, pertanto la misurazione di questo marker è un valido indicatore durante il follow-up. In una analisi

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univariata è stato dimostrato che livelli preoperatori di CEA elevati si associano a dimensioni aumentate del tumore primitivo, crescita extra-tiroidea, più metastasi linfonodali (identificata la presenza di 10 o più linfonodi cervicali positivi), metastasi a distanza; più in particolare livelli di CEA >30 ng/ml erano associati con un tasso approssimativo del 70% di coinvolgimento dei linfonodi del comparto centrale e laterale dal lato del tumore primario e di circa il 90% quando tali livelli superavano i 100 ng/ml (in quest’ultimo caso si osservavano anche metastasi linfonodali dal lato opposto al tumore primario e, spesso, anche a distanza) 10, 17, 50.

Nei pazienti con CMT avanzato, un aumento marcato dei livelli sierici del CEA, sproporzionato rispetto ai livelli sierici bassi di CT o normali o entrambi i valori bassi, indicano una diagnosi di CMT scarsamente differenziato. E’ stato suggerito, infatti, che il CEA sia un marcatore di precoce differenziazione epiteliale e poi mantenuto nel tempo, mentre la CT è un marcatore della differenziazione terminale, che poi viene perso 17, 51.

Raramente, i pazienti con CMT avanzato hanno valori sierici normali o bassi di CT e CEA. Questo stato inusuale rappresenta o una mancata diagnosi o una dedifferenziazione avanzata del CMT, nel qual caso la prognosi è severa 17, 52, 53.

1.4.3 Ruolo dell’oncogene RET

Tutti i pazienti con CMT familiare hanno mutazioni germinali del gene RET e approssimativamente il 50% dei pazienti con CMT sporadico presenta mutazioni somatiche a carico di questo gene, una caratteristica che denota una maggiore aggressività clinica del tumore 12, 17, 54-56.

Questa caratteristica assume particolare rilevanza per la chirurgia preventiva, come la tiroidectomia profilattica nei portatori del gene mutato asintomatici,

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eliminando il rischio di comparsa del CMT, intervenendo prima che questo si sviluppi o quando clinicamente silente e confinato alla ghiandola 54.

Il primo step nella valutazione di un paziente con una nuova diagnosi di CMT è la determinazione della sporadicità o ereditarietà della patologia 33. Secondo

le linee guida dell’associazione Americana della tiroide (ATA) del 2015 definiscono che ogni paziente con una nuova diagnosi di CMT dovrebbero subire una valutazione del DNA mediante prelievo periferico per la valutazione di una eventuale mutazione germinale dell’oncogene RET.

Inoltre, i parenti di primo grado del paziente dovrebbero sottoporsi a screening genetico. Il 5-9% dei pz con MEN 2A e la grande maggioranza dei pz con MEN 2B, la mutazione di RET si origina “de novo” e quasi sempre dall’allele paterno 17.

1.4.4 Ruolo dell’ecografia

La valutazione ecografica riveste un ruolo centrale nella definizione dei noduli tiroidei. Permette anche l’identificazione di noduli non palpabili e la valutazione delle loro caratteristiche. Molti articoli hanno riportato la presenza di caratteristiche ultrasonografiche specifiche di malignità. Inoltre, la valutazione US preoperatoria è il “gold standard” nella pianificazione chirurgica dei pazienti che devono essere sottoposti a tiroidectomia.

In realtà nella maggior parte dei casi in letteratura sono riportate le principali caratteristiche inerenti le neoplasie papillari della tiroide in quanto sono le più frequenti, mentre i dati circa le caratteristiche del CMT sono limitate e discordanti 57.

Nel CMT le più comuni caratteristiche riscontrabili comprendono una marcata ipoecogenicità della lesione (fino al 97% dei casi), l’ assenza di alone perinodulare (solitamente la sua presenza fa riferimento a patologie benigne), la composizione solida, calcificazioni (nel 36% circa sono presenti

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microcalcificazioni e solo nel 27% macrocalcificazioni), i margini irregolari sono relativamente comuni (38%, spesso spiculati) e, mediante Doppler, una caratteristica ipervascolarizzazione che il CMT condivide anche con altri tumori neuroendocrini e con le loro metastasi. Invece, l’iperecogenicità e il carattere cistico della lesione sembrano essere estremamente rari nel CMT. L’isoecogenicità, la presenza di alone e una minore componente cistica riducono il rischio che un particolare tumore sia un CMT, giacchè queste caratteristiche sono presenti dal 10 al 20% dei casi 58, 59.

Fig 4: Nell’immagine si possono riscontrare alcune delle caratteristiche tipiche di un nodulo maligno che si è rivelato essere un CMT: forma ovoidale-rotonda, margini spiculati, marcatamente ipoecogeno e solido, macrocalcificazioni interne.

La valutazione ecografica è molto importante anche nella fase stadiativa per valutare non solo la tiroide ma anche i linfonodi cervicali e l’addome, per ricercare eventuali metastasi 17, 48.

La risoluzione spaziale dell’ecografia nella ricerca delle metastasi nei linfonodi cervicali è perfino superiore a quella della TC. A livello linfonodale le metastasi sono più comuni nel compartimento cervicale mediale e infraioideo, lungo la carotide e la vena giugulare, nella fossa giugulare, e dietro il terzo mediale delle clavicole. Negli stadi più avanzati le possiamo trovare nel triangolo cervicale laterale e nel mediastino 58.

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