UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Dipartimento di Chirurgia Generale
Direttore: Prof. P.Miccoli
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-Indice
1.RIASSUNTO 2
2.INTRODUZIONE 7
2.1 Storia naturale dei tumori ginecologici maligni 9
2.1.1. Carcinoma ovarico 9
2.1.1.1 Fattori di rischio 10
2.1.1.2 Valutazione di una massa annessiale 12
2.1.1.3 Gestione di una massa annessiale 13
2.1.1.4 Strategia chirurgica 14
2.1.2 Carcinoma dell’ endometrio 16
2.1.2.1 Fattori di rischio 17
2.1.2.2 Valutazione della sintomatologia 18
2.1.2.3 Trattamento 19 2.1.2.4 Strategia chirurgica 20 3.PAZIENTI E METODI 21 4.RISULTATI 23 4.1 Pazienti 23 4.2 Tipo di chirurgia 24 4.3 Complicanze 25 5. DISCUSSIONE 28 6. CONCLUSIONI 33
APPENDICE 35
BIBLIOGRAFIA 43
1. RIASSUNTO
I miglioramenti in termini di sopravvivenza delle pazienti con tu-mori ginecologici maligni, in particolare dell’ovaio, osservati nelle ulti-me decadi, sono il risultato del progresso della chirurgia e della terapia medica. Il raggiungimento di un volume residuo quanto più vicino al li-vello ottimale (< 1cm) di malattia post-operatoria è il più importante fat-tore prognostico nelle pazienti con carcinoma ovarico avanzato. La chi-rurgia citoriduttiva è un fattore che influenza la sopravvivenza delle pa-zienti con neoplasia maligna avanzata. Un intervento a carico del tratto gastrointestinale diviene necessario nei casi avanzati. Scopo dello studio è stato quello di valutare il ruolo delle procedure a carico del tratto ga-stro-intestinale nel corso di tumori ginecologici maligni e la morbilità ad esse associate. È stato pertanto condotto uno studio retrospettivo revisio-nando le cartelle cliniche, le procedure chirurgiche effettuate in una serie di 81 pazienti in stadio avanzato di malattia trattate in collaborazione presso il Dipartimento di Chirurgia Generale e quello di Ginecologia e Ostetricia dell’ Azienda Ospedaliera di Pisa tra il 1991 e il 2008. Tutti gli interventi sono stati effettuati da un chirurgo generale e un ginecologo oncologo. La diagnosi più frequentemente riscontrata è stata di carcino-ma ovarico (75 donne) in stadio IIIc -IV FIGO, mentre in sei casi è stata riscontrata l’origine uterina. In tutti i casi c’era malattia pelvica e un
massivo coinvolgimento degli organi addominali. L’obiettivo della chi-rurgia era di ottenere una completa resezione di tutto il tumore visibile laddove fosse stato possibile, e di alleviare la sintomatologia in altri casi. Le procedure chirurgiche hanno incluso l’intervento di Hudson-Dalle Piane, la resezione intestinale, la gastrectomia, confezionamento di sto-mie, con o senza exeresi dell’ apparato genitale interno e linfoadenecto-mia pelvica e/o lombo aortica. In alcuni casi vi è stata la necessità di una resezione parziale della vescica, di reimpianti ureterali con apposizione di stent, nefrectomie. Le complicanze perioperatorie, avvenute entro 30 giorni dall’ intervento chirurgico, sono state classificate in morbidità in-testinale, complicanze operative maggiori e altre complicanze, conside-rando pertanto tutti gli eventi sfavorevoli occorsi nel periodo post-operatorio. L’età mediana delle pazienti è di 58 anni (range 28-83). Cin-que donne avevano, al momento dell’ intervento, più di 80 anni. Circa in 30 pazienti il residuo di malattia raggiunto non è stato quello ottimale. 50 pazienti sono state sottoposte a intervento con intento citoriduttivo. Nelle restanti 25 donne la chirurgia è stata necessaria per provvedere ad una occlusione intestinale (9) e per la palliazione dei sintomi (16). Le com-plicanze perioperatorie sono comparse in pazienti, in particolare, due pazienti hanno sviluppato deiscenze anastomotiche. Non ci sono stati de-cessi intraoperatori. Tra le complicanze intraoperatorie si sono verificate due soluzioni di continuo a livello ileale riparate immediatamente e
sen-za complicazioni successive, una lesione del retto con fuoriuscita di ma-teriale fecale prontamente aspirato, ed una sezione parziale dell’uretere. L’ exeresi gastrointestinale ha un ruolo fondamentale nella strategia te-rapeutica del carcinoma ovarico non trattato (primario), dove è necessa-rio asportare tutta la malattia macroscopica presente, o almeno lasciare un residuo di malattia minore del centimetro.
La chirurgia palliativa può trovare significato nel trattamento di pazienti con occlusione intestinale associata a malattia recidivante dopo numero-se linee di chemioterapia. Tuttavia è necessaria una accurata numero-selezione dei casi dal momento che si tratta di pazienti che hanno una aspettativa di vita mediamente intorno ai 2 mesi. Può essere pertanto utile lo score prognostico di Krebs e Goplerud. Da sottolineare l’utilizzo della gastro-stomia endoscopica percutanea (PEG) che può rappresentare una alterna-tiva terapeutica in casi selezionati di pazienti con occlusione ileale alta in assenza di voluminosa ascite. La chirurgia citoriduttiva, comprensiva di exeresi intestinale, può svolgere un ruolo importante nel trattamento del-la madel-lattia recidivante pdel-latino-sensibile, ovvero con intervallo libero da platino > di 6 mesi; in questo caso la massima parte degli studi evidenzia un vantaggio prognostico delle pazienti in cui è stata asportata tutta la malattia macroscopicamente visibile. Il significato terapeutico della chi-rurgia secondaria, è tuttavia ancora oggetto di studi clinici randomizzati.
2. INTRODUZIONE
I miglioramenti in termini di sopravvivenza delle pazienti con tu-mori ginecologici maligni, in particolare dell’ovaio, osservati nelle ulti-me decadi, sono il risultato del progresso della chirurgia e della terapia medica. La riduzione della massa tumorale è il principio fondamentale del trattamento in queste donne: il raggiungimento di un volume residuo quanto più vicino al livello ottimale (< 1cm) di malattia post-operatoria è l’unico fattore prognostico che può dipendere dal medico1,2,3 .Ciò permet-te, come descritto dal modello di crescita Gompertziano analizzato da Norton e Simon 4 di aumentare la frazione di crescita del tumore ed in-crementare la risposta alla chemioterapia. Studi recenti di Wright et al. E Sharma et al.5 hanno dimostrato che indipendentemente dall’età della pa-ziente, la chirurgia citoriduttiva è un fattore che influenza la sopravvi-venza delle pazienti con neoplasia maligna avanzata.
Un intervento a carico del tratto gastrointestinale diviene anche necessa-rio nei casi avanzati: frequentemente i tumori ginecologici maligni, spe-cialmente il cancro ovarico, diffondono lungo la superficie peritoneale nell’ addome non rispettando i limiti degli organi e inglobando la sierosa intestinale per estensione diretta o impianti peritoneali. Pertanto diviene indispensabile rimuovere il tumore metastatico o la malattia ricorrente, e provvedere alla palliazione impedendo o riparando una ostruzione
inte-stinale, fattore che influenza la sopravvivenza delle pazienti con neopla-sia maligna avanzata.
Non solo può essere coinvolto l’intestino: tra le procedure chirurgiche u-tili a raggiungere un controllo adeguato della malattia sono indicate la gastrectomia, la resezione epatica, resezioni del pancreas e splenectomie. Siamo pertanto di fronte ad una resezione chirurgica aggressiva non pri-va di possibili complicanze; le deiscenze anastomotiche restano ancora un motivo di paura per i chirurghi tanto che numerosi studi stanno cer-cando fattori preoperatori in grado di predirne la comparsa6 , e ancora sanguinamenti, fenomeni tromboembolici e fistole con prolungamento dei giorni di degenza e aumento della mortalità.
Con questo studio, sono state prese in considerazione procedure a carico dell’apparato gastrointestinale in corso di neoplasie ginecologiche mali-gne, eseguite in pazienti in stadio avanzato in collaborazione tra il Dipar-timento di Chirurgia Generale e di Ginecologia e Ostetricia dell’ Azienda Ospedaliera di Pisa: sono state revisionate le cartelle cliniche delle pa-zienti operate nel periodo compreso tra il 1991-2008. Lo scopo è di valu-tare il ruolo di tali procedure nel corso di tumori ginecologici maligni e la morbilità ad esse associate.
2.1 Storia naturale dei tumori ginecologici maligni
2.1.1. CARCINOMA OVARICO
Il carcinoma ovarico è la più frequente causa di morte per tumori maligni di tipo ginecologico negli USA, con un picco di incidenza annuo di circa 25400 nuovi casi e una mortalità di 14500 annualmente per carcinoma avanzato7. La sopravvivenza dipende dallo stadio della malattia. Per uno stadio I FIGO37(Tab. 1) la sopravvivenza a 5 anni è stimata tra il 75% e il 95 %, sopravvivenza che si riduce drasticamente per donne in stadio a-vanzato di malattia al momento della diagnosi (stadio III e IV) a 10%, 30%.8
La gestione terapeutica del cancro ovarico richiede un approccio multidi-sciplinare in quanto la situazione è di solito complessa. Il primo passo te-rapeutico è di tipo chirurgico, meglio se eseguito da un ginecologo onco-logo o, come succede nel nostro caso, una collaborazione tra ginecoonco-logo e chirurgo generale. Ma la situazione può essere così avanzata da richie-dere prima dell’intervento chirurgico una chemioterapia di riduzione e poi intervento. Altre volte la terapia chirurgica è solo palliativa.9
2.1.1.1Fattori di rischio
Ozols e collaboratori hanno sostenuto che l’incremento di morti per car-cinoma dell’ovaio ha avuto inizio negli anni 30, sostenendo che è una malattia soprattutto dei paesi industrializzati10. Tra i fattori di rischio vanno compresi l’età avanzata, il basso numero di gravidanze, la sterilità, storia familiare per cancro ovarico o per carcinoma della mammella, la presenza di mutazioni genetiche dei geni BRCA-1/BRCA-2, sindrome di Lynch 211(malattia ereditaria cancro del colon non poliposo) (Tab. 2) e la dieta ricca di grassi.
• Età avanzata: il cancro dell’ovaio è più frequente nelle donne in postmenopausa anche se un 10% si presenta in donne ancora in età ferti-le.
• Dieta ricca di grassi: come in tutte le neoplasie che riconoscono una componente dietetica, le donne che vivono in paesi dove il consumo di grassi è scarso hanno un tasso d’incidenza basso rispetto a quelle che vivono in paesi dove il consumo di grassi è elevato, questa differenza si annulla quando le donne si trasferiscono in paesi ad alto consumo di grassi ed adeguano la loro dieta a questo (es. le donne giapponesi da 2.5 su 100000 casi)10.
• Sterilità: pazienti trattate con agenti inducenti l’ovulazione per ste-rilità hanno un rischio maggiore di sviluppare carcinoma dell’ovaio, an-che se è difficile differenziare l’aumento di rischio dovuto alla sterilità
da quello dovuto agli agenti inducenti ovulazione9. A sostegno di questa affermazione c’è il minor rischio delle multipare e delle donne che hanno fatto uso di contraccettivi orali per anni. La teoria afferma che il rischio è direttamente proporzionale al numero di ovulazioni che la donna ha du-rante la sua vita riproduttiva; ad ogni ovulazione si determina un’interruzione dell’epitelio di superficie dell’ovaio che viene riparato, aumentando in questo modo il rischio di mutazione in senso neoplastico delle cellule epiteliali attive nella riparazione. Il postulato dice che le tra-sformazioni neoplastiche sono una serie di anomalie, ognuna delle quali accade come evento casuale, e la maggiore replicazione a cui le cellule epiteliali sono sottoposte innalza la probabilità che questo accada9.
• Precedenti interventi chirurgici pelvici: sono stati associati ad una riduzione di rischio, per esame diretto delle ovaie durante l’intervento ed eventuale biopsia di zone anomale12.
• Predisposizione genetica: pazienti con una storia familiare di can-cro dell’ovaio e/o della mammella, e sindrome di Lynch2 devono essere indirizzate a studi genetici. Il rischio che queste donne abbiano una mu-tazione genetica dei geni BRCA-1 e BRCA-2 è alto e che in futuro svi-luppino un cancro è molto elevato13-14. La più comune forma ereditaria è il cancro della mammella e dell’ovaio con mutazioni genetiche sul brac-cio lungo del cromosoma 17 per BRCA-1 e sul bracbrac-cio lungo del cromo-soma 13 per BRCA-214.
2.1.1.2 Valutazione di una massa annessiale
L’anamnesi è una componente essenziale nella valutazione di una massa annessiale, l’attenzione deve essere focalizzata sui sintomi (a volte così lievi da essere ignorati dalla paziente) e i fattori di rischio. Una massa annessiale in una donna in età fertile ha molte probabilità di essere una forma benigna o funzionale. Una massa annessiale in una donna in po-stmenopausa deve essere considerata maligna fino a prova contraria. Per-tanto la paziente deve essere sottoposta ad accertamenti: (Tab. 4)
• Esame obiettivo accurato dell’addome e della pelvi.
• Ecografia transaddominale e transvaginale ;
• Livelli sierici di Ca 125;
• Rx torace;
• TC addome;
2.1.1.3 Gestione di una massa annessiale
Ogni volta che si presenta all’osservazione una donna con aumento di volume di un ovaio deve essere fatta diagnosi differenziale con carcino-ma dell’ovaio.
• Premenopausa: una massa > 5 cm può essere cistica o solida. Nel caso di una cisti uniloculare la scelta chirurgica è ovariocistectomia. Se la cisti è multiloculare l’intervento corretto è ovariectomia e biopsia con-trolaterale per la stadiazione. Se la massa è solida ed è unilaterale si ese-gue ovariectomia e biopsia controlaterale, per la stadiazione. Se la massa solida è bilaterale ed è benigna l’escissione sarà sufficiente. Se è maligna si eseguirà isterectomia totale, salpingo-ovariectomia bilaterale, biopsia dell’omento, del diaframma dei linfonodi aortici e del peritoneo, lavag-gio peritoneale.
• Postmenopausa: una massa ovarica di qualsiasi dimensione, cistica uniloculare, si esegue l’ovariectomia e biopsia dell’ovaio controlaterale. Se la cisti è multiloculare e solida si esegue un’isterectomia totale, sal-pingo-ovariectomia bilaterale, biopsia dell’omento, del diaframma dei linfonodi aortici e del peritoneo, lavaggio peritoneale16.
2.1.1.4 Strategia chirurgica
La strategia chirurgica nel cancro dell’ovaio deve stabilire la diagnosi ed una volta fatta gli scopi sono: la stadiazione e la terapia.
La chirurgia ha effetto terapeutico quando si attua l’asportazione della maggior parte del tumore, anche se richiede una resezione intestinale, omentectomia, appendicectomia, biopsie multiple.
La stadiazione prevede campionatura sistematica delle strutture intrad-dominali e retroperitoneali9.
a. Stadiazione
Lo scopo della stadiazione chirurgica è determinare accuratamente l’estensione della malattia e permettere di selezionare così una ottimale terapia postchirurgica. Si esegue incisione mediana xifo-pubica per per-mettere un’adeguata esposizione sia degli organi addominali che pelvici. Se è presente ascite deve essere drenata e stimato il volume, inoltre invi-ato un campione per esame citologico. Se non è presente ascite si proce-de a lavaggio peritoneale dalla pelvi e dall’addome per esame citologico. Questa manovra è evitabile se sono presenti grossolane metastasi addo-minali, in quanto la positività all’esame citologico del liquido di lavaggio non modifica lo stadio. Una meticolosa ispezione di tutte le superfici pe-ritoneali comprese mesentere e diaframma con biopsia delle zone sospet-te9. Si esegue poi l’isterectomia totale, salpingo-ovariectomia bilaterale e omentectomia.
Se la donna non ha metastasi grossolane devono essere eseguite biopsie del peritoneo vescicale, del diaframma, delle docce parietocoliche, delle pareti pelviche, e campionature dei linfonodi, paraortici e pelvici. Se so-no presenti metastasi linfoso-nodali ad es. ascellari, o versamento pleurico, o metastasi epatiche devono essere biopsiate16.
b. Citoriduzione primaria
L’intervento chirurgico è finalizzato all’asportazione della maggior parte della massa tumorale. Si considera una citoriduzione ottimale un residuo di malattia inferiore ad 1 cm1,2,3,17.
2.1.2 CARCINOMA DELL’ENDOMETRIO
Il carcinoma dell’endometrio costituisce la più frequente neoplasia del tratto genitale femminile.
L’incidenza aumenta da 2/100000 in donne con età inferiore a 40 anni a 40-50/100000 dopo la 6°decade. In Europa occidentale è di 24,7/10000018. In Europa è stimato che circa 9000 donne all’anno muoiano per carcinoma endometriale19.
Nel 1988 la FIGO38 nel ridefinire le regole per la stadiazione del carci-noma dell’endometrio ha sottolineato l’importanza dei seguenti fattori prognostici negativi:lo stadio chirurgico FIGO (stadio Ic), il tipo istolo-gico (sieroso papilifero a cellule chiare ), il grado di differenziazione (G3), il coinvolgimento linfovascolare, la citologia peritoneale positiva e il coinvolgimento della cervice uterina (stadio II)20
Lo stadio è un importante indicatore di prognosi ed è significativamente correlato alla sopravvivenza. La sopravvivenza a 5 anni è dell’ 80% al I stadio, del 60% al II stadio, del 30% al terzo stadio e del 5% al IV. Quan-do il carcinoma enQuan-dometriale coinvolge la cervice uterina (stadio II), la prognosi peggiora e la sopravvivenza libera da malattia diminuisce dall’80% al 77%.
2.1.2.1 Fattori di rischio
Non si conosce una causa scatenante l’insorgenza del carcinoma endo-metriale, tuttavia vi sono evidenze che riconducono l’eziopatogenesi a due meccanismi fondamentali.
Secondo alcuni autori questa neoplasia presenta una certa tendenza a in-sorgere in donne con iperestrogenismo relativo o che abbiano un’anamnesi positiva per l’assunzione di estrogeni. In questi casi il car-cinoma sarebbe preceduto da un’iperplasia endometriale. Numerosi studi hanno dimostrato che la stimolazione cronica da parte di estrogeni non bilanciati da progesterone, gioca un ruolo importante nella genesi del carcinoma endometriale. Un altro gruppo di pazienti presenta un tipo di carcinoma endometriale non correlabile con l’esposizione a ormoni, che non si sviluppa passando attraverso lo stadio d’iperplasia.
Tra i fattori di rischio troviamo:
• Sovrappeso (BMI>25): in donne in premenopausa causa resistenza insulinica eccesso di androgeni ovarici, anovulazione e cronica mancan-za di progesterone. In donne in postmenopausa questo fenomeno causa un aumento delle concentrazioni circolanti di estrogeni dovuto alla con-versione extraghiandolare di androgeni. Questo squilibrio ormonale sti-mola la proliferazione delle cellule endometrali e l’angiogenesi.
• Menopausa precoce e menarca tardivo: per situazione d’iperestrogenismo;
• Predisposizione genetica: situazione familiare ascrivibile alla S. me di Lynch tipo II (vedi sopra);
• Tamoxifene: impiegato nel trattamento del carcinoma mammario porta a un aumento del rischio21;
2.1.2.2 Valutazione della sintomatologia
Il carcinoma dell’endometrio è, a differenza di quello ovarico, sintoma-tico nella maggior parte dei casi: una perdita ematica vaginale in età peri o postmenopausale, o una perdita ematica intermestruale ricorrente in epoca premenopausale possono essere il campanello d’allarme. La pre-cocità della sintomatologia fa sì che oltre il 70% dei casi siano ricono-sciuti quando il tumore è ancora contenuto all’interno dell’utero. L’anamnesi è sempre il primo atto da compiere per indagare la sintoma-tologia e gli eventuali fattori di rischio. In seguito dovrà essere eseguita un’accurata visita ginecologica accompagnata da un’ecotomografia tran-saddominale e TV. Aspetto fondamentale sarà l’isteroscopia con cui si potrà effettuare la biopsia sotto controllo visivo22.
Pertanto in caso di un sanguinamento anomalo la donna dovrà essere sot-toposta a:
• Valutazione anamnestica: per indagare l’eventuale presenza di fat-tori di rischio;
• Isteroscopia: per valutare la topografia e l’estensione della malat-tia ed effettuare prelievi bioptici;
• Ecografia transaddominale e transvaginale: quest’ultimo esame è ritenuto normale se l’endometrio si presenta come una sottile e simme-trica linea di spessore entro i 4-5 mm. In donne in trattamento con Ta-moxifene, questa metodica è gravata da un alto numero di falsi positivi.22
• Dosaggio CA125:la sua concentrazione tende ad aumentare in sta-di avanzati ma un dosaggio normale non esclude la loro presenza;
2.1.2.3 Trattamento
Il cardine della terapia del carcinoma dell’endometrio è rappresentato dall’intervento chirurgico. Quest’approccio consente di giungere a una corretta stadiazione e di conseguenza, di porre l’indicazione all’eventuale terapia postchirurgica. Le procedure di stadiazione preve-dono:
• Ispezione dell’addome e della pelvi per individuare localizzazioni extrauterine e per eseguire biopsie;
• Ispezione delle catene linfonodali pelviche e lombo aortiche;
• Prelievo di eventuale liquido libero in cavità o lavaggio peritonea-le ai fini dell’esame citologico;
I trattamenti chemioterapico primario e radioterapico trovano indicazio-ne indicazio-nella malattia metastatica o in caso di istotipi sfavorevoli22 .
2.1.2.4 Strategia chirurgica
La terapia chirurgica consiste nell’isterectomia totale extra fasciale con ovarosalpingectomia bilaterale. Il campionamento linfonodale è obbliga-torio nei casi di tumore a istotipo sfavorevole, o poco differenziato, o con infiltrazione miometriale profonda o con diffusione extrauterina.
3. PAZIENTI E METODI
Sono state valutate 81 pazienti sottoposte a intervento chirurgico di resezione gastrointestinale per neoplasie maligne ginecologiche, negli anni compresi tra Novembre 1991 e Marzo 2008, presso la Clinica Gine-cologica dell’Ospedale Santa Chiara di Pisa. Tutti gli interventi sono stati effettuati da un chirurgo generale e un ginecologo oncologo. I dati sono stati estratti dalle cartelle cliniche e dai registri operatori.
La diagnosi più frequentemente riscontrata è stata di carcinoma ovarico (75 donne) stadio IIIc- IV FIGO, mentre in sei casi è stata riscontrata l’origine uterina in stadio avanzato. In tutti i casi c’era malattia pelvica e un massivo coinvolgimento degli organi addominali.
L’obiettivo della chirurgia era di ottenere una completa resezione di tutto il tumore visibile laddove fosse stato possibile, e di alleviare la sintomatologia in altri casi. Le procedure chirurgiche hanno incluso l’intervento di Hudson-Dalle Piane23, la resezione intestinale, la gastrec-tomia, confezionamento di stomie, con o senza exeresi dell’ apparato ge-nitale interno e linfoadenectomia pelvica e/o lombo aortica. In alcuni ca-si vi è stata la necesca-sità di una resezione parziale della vescica, di reim-pianti ureterali con apposizione di stent, nefrectomie. Le anastomosi so-no state effettuate quasi sempre con suturatrici. Soso-no stati anso-notati i tem-pi operatori di ogni procedura.
Le complicanze perioperatorie, avvenute entro 30 giorni dall’ in-tervento chirurgico, sono state classificate in morbilità intestinali, com-plicanze operative maggiori e altre comcom-plicanze, considerando pertanto tutti gli eventi sfavorevoli occorsi nel periodo post-operatorio.
4.
RISULTATI
4.1 Pazienti
Tra Novembre 1991 e Marzo 2008, 81 pazienti con neoplasia ginecolo-gica maligna sono state sottoposte a chirurgia citoriduttiva per diffusio-ne metastatica della malattia. In 75 di queste la diffusio-neoplasia era rappresen-tata dal carcinoma ovarico: 3 in stadio Ic, una in stadio IIb, sei in stadio IIIb, 48 in stadio IIIc ed infine 17 in IV stadio della classificazione FI-GO. In sei donne invece era a partenza uterina di cui tre con tumore della cervice e tre con carcinoma dell’endometrio. La maggior parte delle pa-zienti (50) era già stata sottoposta ad almeno una chirurgia prima dell’intervento a carico del tratto gastrointestinale, mentre in 25 donne la malattia si è manifestata con sub-occlusione intestinale ,con tumefazione addominale o pelvica ed hanno necessitato di un primo intervento a cari-co dell’ apparato gastroentericari-co. L’età mediana è di 58 anni (range 28-83). Cinque donne avevano, al momento dell’ intervento, più di 80 anni. Circa in 30 pazienti il residuo di malattia raggiunto non è stato quello ot-timale. Nella tab. 8 sono state riassunte le caratteristiche delle pazienti.
4.2 Tipo di chirurgia
Per tutte le pazienti sono stati raccolti i dati delle caratteristiche correlate ai tipi di chirurgia effettuati , mostrate nella tab. 9.
La maggior parte delle pazienti (75) esaminate in questo studio era in stadio avanzato di malattia (IIIc-IV nel tumore dell’ovaio). In 25 (33,3%) pazienti è stata effettuata una chirurgia a carico del tratto gastro-intestinale come primo intervento: in tre casi(12%) è stata eseguita sola-mente la gastrostomia a causa della diffusione metastatica della malatti-a.(foto 1). Una donna ha necessitato anche del posizionamento di stent ureterali.(4%)
Gli interventi che più sono stati eseguiti in questo gruppo di pazienti so-no stati la resezione retto-sigma (8 pazienti, 32%) anche come parte di altre procedure,e l’ isterectomia retrograda sec. Hudson- Dalle Piane in sette donne(28%) a causa dell’ interessamento delle pareti pelviche.
Tra le 50 (66,7%) pazienti restanti, cioè già sottoposte a un proce-dimento chirurgico primario, in 21(42%) casi è stata eseguita una rese-zione del retto-sigma, otto pazienti(16%) hanno necessitato di una emi-colectomia destra mentre in un caso(2%) è stata effettuata una resezione anteriore del retto.
Inoltre a causa della diffusione della malattia, c’è stata anche la necessità di eseguire procedure a carico dell’apparato urinario: quattro posizionamenti di stent ureterali (8%) (foto 5), quattro resezioni parziale
della vescica(8%) e una nefrectomia(2%) (foto 2,3,4). In un caso è stata eseguita una splenectomia(2%).
Sono state inoltre effettuate due gastroresezioni subtotali(4%): una donna di queste, già sottoposta a isteroannessiectomia bilaterale, omen-tectomia, linfoadenectomia pelvica e lombo aortica, ed emicolectomia destra per cancro ovarico in stadio avanzato Ic e cancro sincrono del cie-co B2 di Dukes, è stata sottoposta 5 anni dopo a gastroresezione subtota-le per carcinoma primitivo gastrico. Si trattava di una paziente affetta da S. me di tipo Lynch 2.
In totale, 46 donne hanno necessitato il confezionamento di stomie in particolare 1 cecostomia, 3 digiunostomie, 8 ileostomie, 16 gastrostomie e 21 colostomie. Da notare che in 3 pazienti di queste sono state eseguite sia la gastrostomia che la digiunostomia.
4.3 Complicanze
Di ogni paziente è stato valutato il decorso postoperatorio: in media la degenza è stata di 18 giorni (range 9-56). Le complicanze perioperatorie sono comparse in 15 pazienti (20%) (tab. 10), in particolare, due pazien-ti(2,6%) hanno sviluppato deiscenze anastomotiche:
• M.G. al terzo intervento per recidiva di carcinosarcoma dell’ovaio ha necessitato di un reintervento 10 giorni dopo, conclusosi con
un’esteriorizzazione del sigma e abbandono del moncone rettale. È nota peraltro la tendenza a fistolizzare dei carcinosarcomi;
• S.A. ha presentato una fistola retto-vaginale per deiscenza in cor-rispondenza dell’anastomosi colo ileale effettuata 36 giorni prima per adenocarcinoma ovarico; è stata sottoposta a resezione del precedente tratto anastomotico e confezionamento di una nuova anastomosi ileo-colica.
• In un caso si è avuta l’infezione della ferita chirurgica trattata con antibiotici, medicata e zaffata accuratamente.
Non ci sono state decessi intraoperatori ma una paziente (A.M.R.) è morta per insufficienza renale acuta dopo il quarto intervento e nume-rose linee di chemioterapia. Le altre sei sono decedute a causa dello stato avanzato di malattia.
Tra le complicanze intraoperatorie dobbiamo lamentare: due soluzioni di continuo a livello ileale riparate immediatamente e senza complicazioni successive, una lesione del retto con fuoriuscita di materiale fecale pron-tamente aspirato, ed una sezione parziale dell’uretere:
• B.G. con diagnosi di carcinoma ovarico IV stadio FIGO ha presen-tato in prima giornata una perdita di urine dal drenaggio pelvico. È stata indagata con la pielografia ascendente che ha dimostrato la lesione par-ziale dell’uretere sx risolta con il posizionamento di stent a doppio J;
• S.A. ha avuto, per malfunzionamento della roticulator 55, una contaminazione pelvica, che ha richiesto, oltre alla detersione dello sca-vo, una ri-risezione colica e riconfezionamento dell’anastomosi. La stes-sa paziente ha avuto un emoperitoneo, (da caduta di un laccio su un vaso del mesocolon) per cui ha necessitato di reintervento, 12 ore dopo;
• In un’altra paziente (C.I.) nel tentativo di asportare la massa tumo-rale inglobante il sigma-retto e l’ileo, è stata provocata una soluzione di continuo nell’ultima ansa del tenue riparata con una sutura in continua di Dexon 3/0.
5. DISCUSSIONE
La chirurgia del tratto gastrointestinale in corso di tumori ginecologici maligni è indicata per ottenere una citoriduzione ottimale (MR <1cm) in prima istanza, per la chirurgia di salvataggio, in caso di occlusione inte-stinale e in caso di palliazione .
Eisenkop e Spirtos24 hanno osservato che, sebbene sia un approccio ag-gressivo, necessitando infatti anche talvolta di gastroresezione, splenec-tomie e asportazione di lesioni epatiche, una tale chirurgia porta ad un decisivo miglioramento della prognosi24 associato a una bassa morbilità. Numerosi Autori hanno ormai accertato che il volume della massa resi-dua postchirurgica è un fattore prognostico fondamentale: sebbene alcuni avessero ipotizzato che il principale responsabile della sopravvivenza della malattia in stadio avanzato fosse la biologia del tumore25, studi suc-cessivi hanno dimostrato una correlazione tra malattia residua e percen-tuali di sopravvivenza17. La resezione della massa tumorale induce una diminuzione degli effetti metabolici avversi della neoplasia e migliora la sintomatologia e il performance status della paziente, inoltre aumenta la perfusione e la chemio-sensibilità del tumore, e riduce il tasso di muta-zioni spontanee correlate alla farmaco-resistenza. Per tale motivo, negli ultimi anni, la chirurgia radicale deve avere come obiettivo principale l’ eliminazione di quanta più massa tumorale possibile. Diviene pertanto razionale anche una chirurgia a carico del tratto gastroenterico,
special-mente tempi che richiedono la resezione intestinale, frequentespecial-mente inte-ressato da impianti metastatici. Un debulking ottimale è raggiungibile anche nel 30-45% delle pazienti con carcinoma ovarico in stadio FIGO IV; infatti, confrontandole con le pazienti sottoposte a chirurgia sub-ottimale, si è osservato un vantaggio della sopravvivenza di 12 mesi (10 vs 22)17,26 . Numerosi chirurghi hanno descritto la resezione “ en bloc “ di ovaie, utero, del peritoneo parietale del cavo del Douglas, del colon retto sigmoideo, e del peritoneo vescicale29,30,31 come tecnica utile per raggiungere tale fine.
Pochi dati sono disponibili circa il ruolo della chirurgia citoridutti-va in pazienti con carcinoma dell’endometrio in stadi acitoridutti-vanzati27. Tuttavia è stato osservato un vantaggio in termini di sopravvivenza del 60-70% a 5 anni dopo citoriduzione ottimale28
Per quanto riguarda le complicanze, è ormai accertato che nel car-cinoma ovarico l’ estensione dell’ intervento citoriduttivo si associa ad una percentuale di morbilità e mortalità accettabili32. Nelle 75 pazienti studiate si sono verificate complicanze maggiori, ovvero deiscenze ana-stomotiche e lesioni intraoperatorie nel 9,3% dei casi. In particolare le deiscenze sono state il 2,6%, valore che rientra nel limite basso del range riportato in letteratura (1,7-20%)33. Nella tab. 11 sono stati raccolti i ri-sultati sulla morbilità e mortalità correlate a una citoriduzione ottimale in caso di metastasi addominali per neoplasie ovarica emersi da alcuni
studi retrospettivi.
La chirurgia dell’ apparato gastroenterico assume un ruolo importante anche nella palliazione. L’occlusione intestinale è un evento comune nell’evoluzione del cancro dell’ovaio. Il meccanismo patogenetico con cui si sviluppa l’ostruzione intestinale riconosce sia una causa ab estrin-seco da compressione (massa pelvica, recidiva mesenterica od omenta-le), che un infiltrazione intramurale o intraluminale dell’intestino da parte del tumore stesso34. La terapia chirurgica palliativa dovrebbe esse-re considerata quando, in corso di occlusione intestinale, non c’è sollie-vo dei sintomi dopo il posizionamento di sondino naso-gastrico in un tempo che va dai 3 ai 7 giorni, e la paziente ha una spettanza di vita di almeno 60 giorni. La mortalità per forme di neoplasia maligna associata alla chirurgia per occlusione intestinale è intorno al 20%. Questa per-centuale aumenta drammaticamente per pazienti malnutrite e con età superiore a 70 anni34. La percentuale di mortalità entro 30 giorni dall’intervento per carcinoma ovarico e occlusione intestinale è tra il 10 e il 25 %, la sopravvivenza media post-intervento va da 10 a 20 setti-mane34.
La decisione di operare deve essere basata su adeguate informazioni cli-niche, radiologiche, endoscopiche. La mortalità per occlusione intestina-le in corso di neoplasia maligna è eintestina-levata ed aumenta se la paziente è de-nutrita o ha più di 70 anni. La selezione delle pazienti candidate
all’intervento chirurgico prevede una spettanza di vita sufficientemente lunga. Data la difficoltà di selezione delle pazienti che possono giovare di un intervento chirurgico, Krebs e Goplerud35hanno suggerito un score che valuta l’ età, lo stato nutrizionale, lo stadio del tumore, l’ ascite, pre-cedenti regimi di chemioterapia, prepre-cedenti terapie radianti. A questo proposito, presso il Dipartimento di Chirurgia Generale e quello di Gine-cologia ed Ostetricia dell’ Ospedale pisano, è stato condotto uno studio che ha dimostrato che lo score prognostico di Krebs e Goplerud è un va-lido strumento per selezionare le pazienti da sottoporre a chirurgia in corso di occlusione intestinale 34,35.
Un aspetto interessante da considerare nel gruppo di pazienti prese in considerazione è l’età a cui alcune sono state sottoposte ad intervento. Infatti 5 donne avevano un’ età compresa tra i 76 e gli 80 anni; in media il cancro ovarico va ad interessare il 7% delle donne sopra gli 80 anni. Molti fattori possono limitare il trattamento terapeutico in pazienti an-ziane come ad esempio la presenza di co-morbilità, o uno scarso suppor-to familiare. Pertansuppor-to il carcinoma ovarico in questi casi non viene tratta-to chirurgicamente perché a chirurgia è considerata troppo rischiosa per donne molto anziane. Pochi studi5 hanno esaminato pazienti con età >75 anni, ed in alcuni di questi sono state valutate le variabili pre-operatorie associate alle pazienti al fine di identificare il rischio operatorio. Alphs et al.36 hanno identificato donne con più di 80 anni con uno scadente stato
nutrizionale (albumina sierica <3,7 g/dl) associate a una chirurgia sub-ottimale e a una minore sopravvivenza rispetto a donne della stessa età con uno stato nutrizionale adeguato. Tra le pazienti esaminate nel nostro studio, solo una è deceduta entro 30 giorni dall’intervento per diffusione della malattia, le altre hanno affrontato un decorso post operatorio rego-lare privo di complicanze.
6. CONCLUSIONI
L’ exeresi gastrointestinale ha un ruolo fondamentale nella strategia te-rapeutica del carcinoma ovarico non trattato (primario), dove è necessa-rio asportare tutta la malattia macroscopica presente, o almeno lasciare un residuo di malattia minore del centimetro. Una recente meta-analisi del gruppo di Bristow, condotto su oltre 8000 pazienti con cancro ovari-co avanzato e trattato ovari-con regimi di chemioterapia a base di platino, ha dimostrato che la malattia residua dopo una prima chirurgia era il princi-pale fattore prognostico. Infatti, ogni aumento del 10% della percentuale di citoriduzione ottimale, si associa ad un incremento del 5,5% della so-pravvivenza mediana17.
La chirurgia citoriduttiva, comprensiva di exeresi intestinale, può svolge-re un ruolo importante nel trattamento della malattia svolge-recidivante platino-sensibile, ovvero con intervallo libero da platino > di 6 mesi; in questo caso la massima parte degli studi evidenzia un vantaggio prognostico delle pazienti in cui è stata asportata tutta la malattia macroscopicamente visibile. Il significato terapeutico della chirurgia secondaria, è tuttavia ancora oggetto di studi clinici randomizzati.
La chirurgia palliativa può trovare significato nel trattamento di pazienti con occlusione intestinale associata a malattia recidivante dopo numero-se linee di chemioterapia. Tuttavia è necessaria una accurata numero-selezione dei casi dal momento che si tratta di pazienti che hanno una aspettativa
di vita mediamente intorno ai 2 mesi. Da sottolineare l’utilizzo della ga-strostomia endoscopica percutanea (PEG) che può rappresentare una al-ternativa terapeutica in casi selezionati di pazienti con occlusione ileale alta in assenza di voluminosa ascite.
APPENDICE
Foto 1
Preparazione della borsa di tabacco per il confezionamento della gastrostomia in pa-ziente con carcinoma ovarico in evidente stato avanzato di malattia.
Foto 2
TC di una paziente con carcinoma ovarico
Foto 3
Foto 4
Foto 5
Tab. 1 Stadiazione del carcinoma dell’ovaio secondo la Federazione Interna-zionale di Ginecologia ed Ostetricia (F.I.G.O.37) e comparazione con TNM (Hirsch Chi gin.)
TNM F.I.G.O.
TX Il tumore primitivo non può essere valutato T0 Non c’è evidenza di tumore primitivo T1 Stadio I Tumore limitato alle ovaie
T1a Stadio Ia Tumore limitato ad un solo ovaio; capsula intatta ; non presenza di tumore sulla superficie ovarica; assenza di cellule maligne nel liquido ascitico o di lavaggio peritoneale
T1b Stadio Ib Tumore limitato ad entrambe le ovaie; capsula intatta ; non presenza di tu-more sulla superficie ovarica; assenza di cellule maligne nel liquido ascitico o di lavaggio peritoneale
T1c Stadio Ic Tumore limitato ad una o ad entrambe le ovaie con una delle seguenti carat-teristiche: rottura della capsula; presenza di tumore sulla superficie ovarica; presenza di cellule maligne nel liquido ascitico o di lavaggio peritoneale T2 Stadio II Il tumore coinvolge una o entrambe le ovaie con estensione alla pelvi T2a Stadio IIa Estensione e/o impianti sull’utero e/o sulle tube; assenza di cellule maligne
nel liquido ascitico o di lavaggio peritoneale
T2b Stadio IIb Estensione ad altri tessuti pelvici ; assenza di cellule maligne nel liquido a-scitico o di lavaggio peritoneale
T2c Stadio IIc Estensione pelvica (IIa, IIb) con presenza di cellule maligne nel liquido asci-tico o di lavaggio peritoneale
T3 e/o N1 Stadio III Il tumore coinvolge una o entrambe le ovaie con metastasi peritoneali mi-croscopicamente confermate al di fuori della pelvi e/o metastasi ai linfonodi regionali
T3a Stadio IIIa Metastasi peritoneali microscopiche al di fuori della pelvi
T3b Stadio IIIb Metastasi peritoneali macroscopiche di diametro maggiore, uguale o supe-riore a 2 cm, al di fuori della pelvi
T3c e/o N1
Stadio IIIc Metastasi peritoneali extrapelviche di diametro superiore a 2 cm e/o meta-stasi ai linfonodi regionali
M1 Stadio IV Metastasi a distanza (escluse le metastasi peritoneali).
Nota: Le metastasi sulla capsula del fegato esprimono uno stadio T3/III, le metastasi parenchimali epatiche
e-sprimono uno stadio M1/IV. L’effusione pleurica deve avere una citologia positiva per stadio M1/IV. Se vi sono metastasi del parenchima epatico si deve includere il caso allo stadio IV.
Tab. 2 Fattori di rischio
Età avanzata Dieta ricca di grassi Nulliparità e/o bassa parità Sterilità
Storia familiare di cancro ovarico e/o mammella Sindrome di Lynch 2
Presenza di mutazioni genetiche Fattori di rischio
Storia personale di cancro della mammella
Tab. 3 Sindrome di Lynch 2
Tab 4.Valutazione di una massa annessiale:
Esame obiettivo: visita ginecologica Ecografia transaddominale e trans vaginale Livelli sierici di Ca 125
Rx torace TC addome Valutazione di una
massa annessiale
Valutazione gastrointestinale: EGDS, colon-scopia
Colon-retto Stomaco Mammella Sindrome di Lynch 2: colpisce diversi componenti
di un gruppo familiare che sviluppano tumori in:
Tab. 5 Stadiazione FIGO e TNM del carcinoma dell’endometrio
Classificazione FIGO38 (1988) E TNM (1992)
Ia Tumore limitato all’endometrio T1a N0 M0 Ib Tumore con invasione del miometrio< ½ T1b N0 M0
Ic Tumore con invasione del miome-trio>½
T1c N0 M0
IIa Tumore con interessamento ghiandolare
en-docervicale
T2a N0 M0
IIb Tumore con interessamento dello stroma
cervicale
T2b N0 M0
IIIa Tumore con interessamento della sierosa,
e/o degli annessi e/o con citologia peritonea-le positiva per celluperitonea-le tumorali maligne
T3a N0 M0
IIIb Metastasi vaginali T3b N0 M0
IIIc Metastasi ai linfonodi pelvici e/o para aortici Qualunque T N1 M0
IVa Tumore con invasione della vescica e/o del
retto
Qualunque T Qualunque N M0
IVb Metastasi a distanza, inclusive delle
meta-stasi endo-addominali e/o dei linfonodi in-guinali
Qualunque T Qualunque N M1
Tab. 6Fattori rischi carcinoma dell’endometrio
Iperestrogenismo Dieta ricca di grassi Sovrappeso (BMI>25) Menarca tardivo Menopausa precoce Nulliparità
Terapia con Tamoxifene per carcinoma mammario Fattori di rischio
Predisposizione genetica (S. me di Lynch familiare, e solo per carci-noma endometrio)
Tab 7.Valutazione di un sanguinamento anomalo:
Tab. 8Caratteristiche delle pazienti
Valutazione dei fattori di rischio
Esame obiettivo: visita ginecologica
Valutazione di sintomatologia
sospetta Isteroscopia e citologia endometriale Ecografia trans vaginale
Numero pazienti 81 Tipo di tumore Ovaio Utero 75 6 Stadio FIGO Ovaio Ic 3 IIb 1 IIIb 6 IIIc 48 IV 17
Tab. 9Procedure chirurgiche effettuate
Resezioni intestinali
Resezioni retto- sigma Emicolectomia dx Hudson-Dalle Piane Resezione del tenue Resezioni del sigma Resezioni del trasverso
Resezione cieco ed ultima ansa tenue
Numero pazienti 29 11 11 5 3 2 2 Nefrectomie 1
Resezioni vescicali ed altri interventi su ureteri 7 posizionamenti di stent urete-rali
4 resezioni parziali della vesci-ca Splenectomia 1 Gastroresezioni 2 Stomie Colostomia Gastrostomia Ileostomia Digiunostomia Cecostomia 21 16 8 3 1
Tab. 10 Complicazioni perioperatorie
Complicanze Numero pazienti
Complicanze intestinali
Deiscenze anastomotiche
2
Complicanze maggiori
Morte entro 30 giorni Embolia polmonare Insufficienza renale acuta
7 1 2
Altre complicanze
Lesioni intraoperatorie Infezione della ferita
5 1
Giorni di degenza (range 9-56) 18
Tab. 11 Risultati delle complicanze in procedure di debulking effettuate durante chi-rurgia citoriduttiva primaria e secondaria per neoplasia ovarica
Morbilità Studi Pazien-ti Ottimale (%) Chirur-gia Sopravviven-za Intestino correlate Mortalità (%) RESEZ INTESTINA-LE Gillette-Clove(2001) Mourton (2005) Hoffman (2005) Aletti (2006) Estes (2006) Tebes (2006) 105 70 144 57 48 125 33 NR 100 NR 52 75 primaria primaria primaria primaria primaria entrambe 59 60 19 12 27 37 27 5.7 2.8 3,4 2 30,5 5,7 1,4 0 0 4 2,4 RES.ADDOMINALI Cliby (2004) Aletti (2006) Eisenhauer (2006) 41 194 57 NR 67,5 100 entrambe primaria primaria 19,5 NR 12 0 1,5 NR SPLENECTOMIA Magtibay (2006) Manci (2006) 112 24 NR 100 entrambe second. 5 0
Nota: La mortalità è per qualsiasi causa entro 30 giorni dall’intervento. La morbilità correlata all’intestino
inclu-de:canalizzazione dopo 10 giorni, perforazioni del viscere, deiscenze anastomotiche, e complicanze intraoperato-rie durante la chirurgia;
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