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La fattibilità della filiera agroenergetica in Toscana. Il bioetanolo.

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione ... 4

Capitolo primo. Le politiche energetiche. Il contesto normativo europeo e

nazionale... 8

1.1 La situazione energetica in Europa... 8

1.2 L’azione normativa comunitaria nel settore delle fonti energetiche rinnovabili .... 9

1.3 I vantaggi nell’utilizzo delle biomasse ... 13

1.3.1 I biocarburanti... 14

1.4 I vantaggi dei biocarburanti ... 17

1.4.1 Vantaggi ambientali... 17

1.4.2 Vantaggi riscontrabili nel settore dell’agricoltura ... 18

1.4.3 Riduzione della dipendenza energetica da fonti fossili ... 20

1.4.5 Il bioetanolo come carburante per la produzione di idrogeno ... 21

1.5 La produzione europea di bioetanolo... 22

1.6 Lo scenario nazionale del settore del bioetanolo: dalle buone intenzioni ai risultati scadenti ... 25

Capitolo secondo. I profili tecnico-economici del bioetanolo... 33

2.1 Il bioetanolo ... 33

2.1.1 Il bioetanolo come carburante... 33

2.1.2 Aspetti chimici... 35

2.1.3 Aspetti tecnici ... 36

2.1.4 Aspetti “politici” ... 37

2.2 La filiera del bioetanolo... 39

2.2.1 Le materie prime per produrlo ... 40

2.2.2 Il processo produttivo ... 42

2.2.3 Il dry milling ... 44

2.2.4 Il wet milling... 47

2.2.5 I costi del processo produttivo ... 51

Capitolo terzo. Un caso specifico. La simulazione della filiera del

bioetanolo in Toscana ... 60

3.1 Caso specifico: la fattibilità di una filiera agroenergetica in Toscana... 60

3.1.1 Determinazione del fabbisogno di biocarburanti per rispettare la legge N°81 del 2006, nel caso specifico della Regione Toscana... 61

3.1.2 Analisi territoriale delle colture per il soddisfacimento del fabbisogno di biocarburanti. ... 63

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3.1.4 Localizzazione spaziale dei terreni da destinare alla produzione della

biomassa necessaria per la produzione di bioetanolo. ... 73

3.1.5 Analisi dei costi di produzione del bioetanolo nel caso specifico ... 78

Le conclusioni. ... 89

Bibliografia... 95

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Introduzione

La possibilità di studiare la filiera del bioetanolo in regione e attraverso questo studio poter concretamente dare un contributo per il territorio regionale è alla base delle motivazioni che mi hanno spinto all’elaborazione di tale lavoro. Inoltre la possibilità di approfondire un argomento particolarmente attuale come quelle delle fonti energetiche rinnovabili è stato un’altra grande determinante motivazionale, potendo concretamente svolgere uno studio che possa avere un impatto positivo sull’ambiente.

Attraverso l’approfondimento della situazione per quanto riguarda i biocarburanti in Italia e in particolare studiando la fattibilità della filiera del bioetanolo in Toscana, lo studio si pone come obiettivo quello di verificare che sia possibile attivare la filiera nel territorio regionale determinando un prezzo di produzione del bioetanolo, analizzando inoltre i benefici che la filiera potrebbe portare; inoltre all’interno della filiera verrà analizzata principalmente la fase agricola, cercando di determinare un prezzo del mais, cereale con il quale produrre il bioetanolo, che possa essere comprensivo di un giusto margine di profitto da corrispondere ai coltivatori. Questo elemento è fondamentale in quanto l’attivazioni di filiere agroenergetiche non potrà mai risolvere il problema energetico nazionale, ma potrà essere di grande aiuto per il rilancio del settore agricolo. Quindi il comparto agricolo regionale sarà al centro delle varie analisi che verranno svolte.

L’obiettivo di fondo, una volta analizzata la situazione regionale, è quello di creare un quadro abbastanza chiaro del settore cosicché risulti più agevole fare le scelte migliori in sede di programmazione regionale. E’ stato cercato di mettere in evidenza le problematiche e di dare una possibile soluzione.

Per raggiungere gli obiettivi prefissati sono stati utilizzati vari metodi: è stata condotta una ricerca bibliografica su testi nazionali, europei e americani per riuscire a dare quel quadro generale del settore dei biocarburanti necessario per poter inquadrare l’argomento, la ricerca è stata condotta inoltre su internet, soprattutto per quanto riguarda quelle informazioni pratiche che difficilmente era possibile trovare sui testi nazionali e per poter controllare i molti sviluppi presenti in questo settore. Inoltre per raggiungere quelle informazioni necessarie alla buona riuscita del lavoro sono state svolte delle interviste a persone che da anni studiano o lavorano nel settore dei

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biocarburanti: il Dott. Jodice direttore del CETA (Centro di Ecologia Teorica e Applicata) di Gorizia; il Dott. Masini dell’Area Territorio e Ambiente della Coldiretti; il Prof. Bonari coordinatore del Land Lab della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa; il Dott. Falagiani direttore del Consorzio Agrario Provinciale di Livorno; Il Dott. Domenicali direttore commerciale della Alcoplus S.p.A.; il Dott. Simbiolotti della IEA (International Energy Agency); fondamentale e preziosissima è stata la collaborazione del Prof. Marco Mazzoncini della Facoltà di Agraria dell’Università di Pisa.

Colgo l’occasione per ringraziare il Prof. Mazzoncini, per l’aiuto che mi ha dato e che non mi ha mai fatto mancare, senza la sua presenza qualificata dubito che il lavoro si sarebbe potuto concludere. Grazie.

Per completare il lavoro è stato effettuata una ricerca sui dati ISTAT del censimento dell’agricoltura e sono state elaborate tabelle anche attraverso l’aiuto del Dott. Ragaglini del Land Lab della Scuola Superiore Sant’Anna.

Il lavoro è articolato in tre capitoli.

Il primo capitolo prevede una descrizione abbastanza sommaria della situazione energetica in Europa, delle normative inerenti, del tema delle biomasse e dei vantaggi connessi al loro utilizzo; il lavoro continua affrontando nel particolare i biocarburanti e i vantaggi connessi alla loro diffusione, vantaggi ambientali di riduzione delle emissioni e nel settore agricolo con la possibilità di destinare all’energia terreni in via di abbandono. L’analisi si concentra nello specifico sul bioetanolo e sulla sua diffusione e produzione in Europa e per finire viene analizzata la situazione italiana,caratterizzata da buoni propositi politici e programmatici mal seguiti nella pratica produttiva.

Il secondo capitolo analizza nel dettaglio il bioetanolo, cercando di realizzare un quadro abbastanza completo delle caratteristiche tecniche, soffermandosi anche sugli aspetti politici legati alla diffusione; viene poi analizzata la filiera produttiva del biocarburante considerando le materie prime necessarie per la produzione e gli attuali processi produttivi esistenti e analizzando i costi dell’intero processo.

Il terzo capitolo analizza il caso specifico partendo dalla determinazione del fabbisogno necessario per il rispetto della normativa nazionale di incorporazione dei biocarburanti nei carburanti di origine fossile; vengono successivamente analizzate la diffusione territoriale nella regione di alcune specie idonee per la produzione di bioetanolo, tipo il grano sia duro che tenero e il mais. Sulla base della sua diffusione

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nella regione e per la sua convenienza energetica è stato scelto il mais come specie con la quale alimentare il processo produttivo. Viene poi analizzato l’intero territorio regionale per determinare e individuare la zona nella quale produrre il mais da destinare alla produzione del bioetanolo: la zona scelta è quella tra Arezzo e Siena con l’aggiunta della provincia di Firenze, la provincia con la maggior estensione territoriale dedicata al granturco. L’ultimo passo è stato quello di determinare il costo di produzione e il prezzo con il quale potrebbe essere venduto l’etanolo alla pompa di un area di servizio. Il prezzo che viene determinato è sia quello che si potrebbe determinare pagando agli agricoltori il prezzo derivante dalle quotazioni della Borsa, ma anche andando ad analizzare i reali costi di produzione del mais in Toscana e percependo un giusto reddito ai produttori della biomassa. I risultati sono abbastanza incoraggianti. Infatti dallo studio svolto emerge che il prezzo dell’etanolo verrebbe 1,4584 €/litro corrispondendo il prezzo di mercato per il mais fissato in 144,98 €/ton. E’ stata però anche analizzata la possibilità di corrispondere un prezzo maggiore agli agricoltori ed è stato evidenziato che un aumento nel prezzo del mais risulta sostenibile. Infatti il prezzo finale risulterebbe essere di 1,4728 €/litro con un prezzo del mais di 150,00 €/ton. e di 1,5014 €/litro con un prezzo di 160,00 €/ton.. L’analisi procede considerando l’esenzione dell’accisa sui carburanti e gli incentivi fissati dalle normative comunitarie e nazionali. Attraverso tali incentivi è sicuramente possibile fare in modo che il settore decolli e si sviluppi; è inoltre possibile corrispondere prezzi leggermente maggiorati per raggiunge l’obiettivo di rilanciare il settore dell’agricoltura.

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Capitolo primo. Le politiche energetiche. Il contesto

normativo europeo e nazionale

1.1 La situazione energetica in Europa

All’interno dell’Unione Europea ormai è particolarmente vivo il dibattito sulle scelte energetiche; il sistema energetico comunitario è infatti caratterizzato da un importante ricorso alle importazioni da Paesi terzi ed è ancora molto utilizzata l’energia di origine fossile, tipo petrolio, gas naturale e metano.

Un grande impulso a verificare e modificare le vecchie strategia energetiche europee è stato dato dalla ratifica del Protocollo di Kyoto, documento redatto nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005, nel quale è stato fissato un obiettivo comunitario di riduzione delle emissioni di gas serra dell’8% rispetto alle emissioni del 1990 nel periodo 2008-20121. Come è noto queste emissioni in buona percentuale sono provocate dai mezzi di trasporto e uno degli strumenti per poter ridurre i livelli in questo settore è l’utilizzo di biocarburanti.

In Europa il sistema degli approvvigionamenti energetici è particolarmente debole da un punto di vista strutturale; nel Libro Verde, documento presentato dalla Commissione Europea nel 2000, viene sottolineato come “In assenza di interventi, da qui a 20-30 anni l'Unione coprirà il suo fabbisogno energetico al 70% con prodotti importati anziché l'attuale 50%”2.

Un altro studio promosso dalla Comunità Europea, il WETO (World Energy Technology and Climate Policy Outlook), afferma che nel 2030 le fonti energetiche utilizzate nel nostro continente saranno così ripartite: il petrolio per il 39 % del consumo totale dell’energia; il gas naturale per il 27 %; il carbone e la lignite per il 16 % e

1 CONVENZIONE QUADRO DELLE NAZIONI UNITE SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI: Il

Protocollo di Kyoto della Convenzione sui Cambiamenti Climatici, Kyoto, 1997.

2 COMMISSIONE EUROPEA Libro Verde: Verso una strategia europea di sicurezza

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l’energia nucleare e le fonti rinnovabili concorreranno al fabbisogno energetico europeo per poco meno del 20 %3.

In questo contesto particolarmente difficile e complesso del sistema energetico assicurare un sistema di approvvigionamento energetico sicuro e rispettoso dell’ambiente sembra quindi essere una delle priorità della politica europea.

La consapevolezza che non è più possibile rimanere inerti di fronte a tali problematiche e l’obbligo di rispettare gli impegni presi attraverso la ratifica del Protocollo di Kyoto hanno posto al centro del dibattito energetico la necessità di sviluppare e investire risorse sulle fonti energetiche rinnovabili.

I biocarburanti, che saranno al centro di questo lavoro, sono una della fonti rinnovabili oggetto delle attuali politiche governative in molti Paesi.

I biocarburanti all’interno di questo contesto ricoprono un ruolo fondamentale per vari aspetti: hanno l’indubbio vantaggio che possono essere prodotti e immessi nel mercato in modo ragionevolmente veloce e inoltre riescono a diminuire le emissioni di gas ad effetto serra prodotte dal settore dei trasporti.

L’intervento in tale settore è fondamentale per la lotta contro le emissioni dei gas a effetto serra in quanto il settore dei trasporti è responsabile di circa il 90% dell’incremento delle emissioni di CO2 dal 1990 a oggi4.

1.2 L’azione normativa comunitaria nel settore delle fonti

energetiche rinnovabili

In questi ultimi anni la spinta normativa comunitaria sullo sviluppo di forme energetiche alternative è stata e lo è tuttora molto decisa, soprattutto in relazione ai temi della sicurezza degli approvvigionamenti, del sostegno alle fonti rinnovabili e del risparmio energetico. I diversi interventi sono stati riassunti nel Libro Verde della Commissione Europea del marzo del 2006 (COM 105) dal titolo “Una strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura”, che rappresenta un quadro di riferimento programmatico di lungo periodo e configura le problematiche del settore

3 COMMISSIONE EUROPEA, World energy, technology and climate policy outlook 2030 – WETO –, Lussemburgo 2003.

4 COMMISSIONE EUROPEA, Biofuels in the European Union, a vision for 2030 and beyond, Lussemburgo, 2006.

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energetico nel più ampio panorama degli obiettivi di sviluppo dell’Unione Europea. Ciò che si propone è un riesame strategico della politica energetica dell’Unione Europea al fine di promuovere la piena integrazione con obiettivi di sostenibilità ambientale e di sviluppo economico5.

In particolare, tra gli obiettivi prioritari vi è sicuramente quello della lotta al cambiamento climatico. L’incremento della produzione e dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili rappresenta uno dei punti chiave di tale programma. La Commissione prevede di presentare a breve una “Road Map dell’energia rinnovabile” per affrontare le questioni principali per una efficace politica di promozione del settore.

Per quanto riguarda la promozione delle fonti rinnovabili, numerosi sono gli interventi programmatici e normativi realizzati negli ultimi anni dall’UE. Per fare qualche esempio, nella Direttiva europea 2001/77/CE sulla “Promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili”, viene posto come traguardo il soddisfacimento, entro il 2010, di una quota pari al 12% del consumo interno lordo di energia e del 22% di quello dell’energia elettrica, attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili.

Nel maggio del 2003, l’UE ha poi pubblicato la Direttiva 2003/30/CE sulla “Promozione dell’uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti”, in cui vengono proposti degli obiettivi indicativi per assicurare la penetrazione nel mercato della distribuzione dei carburanti di una quota minima di biocombustibili. Gli Stati membri sono tenuti a utilizzare una quota minima di biocombustibili pari al 2% dell’energia contenuta nella benzina e nel diesel immesso sul mercato entro il 31 dicembre 2005 e ad aumentare tale percentuale fino a raggiungere il 5,75% entro il 31 dicembre 2010. Il dato del 2005 non è stato raggiunto, infatti la quota di biocarburanti immessa nel mercato al 31.12.2005 è stata di 1,4%.

Poco dopo è stata emanata la Direttiva 2003/96/CE, che ha l’obiettivo di fornire agli Stati Membri quegli sgravi fiscali che possono rendersi necessari per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili; per quanto riguarda i biocarburanti la normativa prevede la possibilità di ridurre parzialmente o totalmente l’accisa che grava sui carburanti in quanto tali.

Nel 2005 la Commissione ha inoltre pubblicato il “Piano d’azione per la biomassa” (COM(2005) 628), nel quale si sottolinea che nell’UE, il solo 4% del

5 COMMISSIONE DELLE COMUNITA’ EUROPEE, Libro verde. Una strategia per un’energia

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fabbisogno energetico è attualmente soddisfatto dalle biomasse, e che se si sfruttasse l’intero potenziale di tale risorsa, di qui al 2010 tale valore potrebbe più che raddoppiare; attraverso delle buone pratiche agricole, la produzione di biomassa risulterebbe sostenibile sotto il profilo ambientale e senza riflessi significativi sulla produzione interna di prodotti alimentari.

Infine nel 2006 la Commissione ha pubblicato un documento programmatico relativo alla “Strategia dell’UE per i biocarburanti” (COM(2006) 34), dove si riconosce che il sistema di incentivi e obblighi fino a ora realizzato dai singoli Stati membri non è sufficiente per raggiungere gli obiettivi previsti per il 2010 e che ulteriori specifici incentivi economici sono necessari al fine di incoraggiare e promuovere il mercato dei biocarburanti.

La Commissione Europea, come possiamo vedere, ha impostato una decisa politica di sviluppo delle fonti rinnovabili partendo dalla consapevolezza che le fonti

energetiche rinnovabili sono interne e possono quindi contribuire a ridurre la dipendenza dalle importazioni e aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento. Lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili può contribuire attivamente alla creazione di posti di lavoro, soprattutto a livello delle piccole e medie imprese che hanno un ruolo centrale nel tessuto economico della Comunità e che effettivamente costituiscono la maggioranza nei vari settori dell’energia rinnovabile6.

La Commissione è però consapevole che una politica autarchica per il soddisfacimento della domanda interna dell’UE di biocarburanti non è realizzabile e neppure auspicabile, dovendosi preferire una strategia equilibrata.

Con queste premesse la Commissione indica le sue future strategie:

• Proporre che si modifichi la norma EN 14214 per favorire l’impiego di una gamma più ampia di oli vegetali per la produzione di biodiesel,

• Studiare la possibilità di modificare la direttiva sui biocarburanti, affinché per la valutazione del conseguimento degli obiettivi fissati si tenga conto unicamente dei biocarburanti ricavati da colture conformi a requisiti minimi di sostenibilità,

6 COMMISSIONE EUROPEA, Energia per il futuro: Le fonti energetiche rinnovabili, Libro bianco per

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• Mantenere delle condizioni di accesso al mercato non meno favorevoli di quelle previste dagli accordi commerciali attualmente vigenti per il bioetanolo d’importazione,

• Adottare una strategia equilibrata nell’ambito dei negoziati per la conclusione di accordi di libero scambio in corso con Paesi/regioni produttrici di bioetanolo; l’UE deve rispettare gli interessi dei produttori nazionali e dei partner commerciali dell’Unione, a fronte della crescente domanda di biocarburanti,

• Sostenere i Paesi in via di sviluppo che desiderano produrre biocarburanti e sviluppare un mercato interno.

• Porre l’obbligatorietà dei limiti imposti dalla direttiva 2003/30/CE ai produttori di carburante; sia attraverso azioni comunitarie sia incentivando gli Stati Membri a legiferare in tal senso.7

Risulterà, quindi, strategicamente molto importante la gestione nel breve e nel medio termine dell’equilibrio tra l’aiuto alle importazioni e il sostegno alla produzione interna, per conseguire il duplice obiettivo di procurarsi il bioetanolo a un basso costo e di favorire lo sviluppo agricolo comunitario.

Fondamentale sarà anche gestire le strategie di sviluppo dell’uso dei biocarburanti. Infatti non dovranno essere adottate solo strategie che spingono al consumo di biocarburanti, ma dovranno anche essere incentivate e sviluppate strategie volte all’incremento della produzione interna di biocarburanti, attraverso, per esempio, la creazione di accordi di filiera a livello regionale.

L’obiettivo primario dell’azione normativa comunitaria è quello di dare il più possibile un quadro di riferimento preciso e stabile, così da poter creare quel “terreno” favorevole allo sviluppo del settore dei biocarburanti; mettendo i vari Stati Membri nella condizione di produrre norme che vadano nella direzione auspicata dalla Commissione Europea.

7 COMMISSIONE EUROPEA, Biofuels in the European Union, a vision for 2030 and beyond, Lussemburgo, 2006.

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1.3 I vantaggi nell’utilizzo delle biomasse

Il consumo dell’energia rinnovabile tra gli anni 1990 e 2003 è cresciuto del 52,2%, rispetto a un incremento del 10,9% dei consumi totali di energia. La biomassa e i rifiuti sono le fonti rinnovabili di energia più utilizzate, con una percentuale pari al 66,5%.8

Per quanto riguarda lo sviluppo dell’utilizzo delle biomasse, la Commissione Europea propone un insieme di misure tendenti a incrementare l’uso di tale fonte rinnovabile, che rispetto alle altre offre maggiori vantaggi, in particolare: costi contenuti, promozione di strutture economiche regionali e possibilità di fonti alternative di reddito per gli agricoltori.

Il Piano d’azione per le biomasse presenta alcune misure volte a intensificare lo sviluppo di energia prodotta dalla biomassa ricavata principalmente dal legno, dai rifiuti e dalle colture agricole, mediante la creazione di incentivi basati sui meccanismi di mercato e l’abbattimento delle barriere che ostacolano lo sviluppo del mercato.

Il documento definisce alcune misure per promuovere l’impiego della biomassa per il riscaldamento, la produzione di elettricità e per i trasporti, accompagnate da misure trasversali concernenti l’approvvigionamento, il finanziamento e la ricerca nel settore della biomassa.

Si sottolinea in particolare:

Diversi studi scientifici ed economici mostrano che il maggior ricorso alla biomassa potrebbe offrire i seguenti vantaggi nel 2010:

Diversificazione dell’offerta energetica in Europa, con un aumento del 5% della quota delle fonti rinnovabili d’energia e una riduzione dal 48%-42% del livello dell’energia importata;

Riduzione delle emissioni responsabili dell’effetto serra dell’ordine di 209 milioni di tonnellate CO2 equivalenti all’anno;

Occupazione diretta di 250-300.000 addetti, principalmente nelle arre

rurali;

8 COMMISSIONE DELLE COMUNITA’ EUROPEE, Libro verde. Una strategia per un’energia

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Eventuale pressione al ribasso sul prezzo del petrolio, risultante dalla flessione della domanda9.

Sulla base delle considerazioni appena fatte i biocarburanti liquidi, unici sostituti diretti del petrolio nei trasporti, all’interno delle varie fonti energetiche rinnovabili hanno una grande priorità politica.

1.3.1 I biocarburanti10

I biocarburanti sono prodotti energetici derivati da: biomasse agricole, biomasse forestali, sottoprodotti di filiere sempre di origine vegetale o da rifiuti di origine organica urbana e industriale; che oltre ad essere utilizzati per la generazione di calore e per la produzione di energia elettrica, possono essere usati per l’autotrazione, sia in forma pura che miscelati nei carburanti tradizionali.

In questo studio verranno analizzati e affrontati i biocarburanti in forma liquida, tra questi è possibile elencare:

• Il biodiesel • Il bioetanolo

• l’ETBE (Etil Terziar-Butil Estere)

Il biodiesel è un prodotto di oli vegetali raffinati, tra i quali l’olio di colza, l’olio di girasole e l’olio di semi di soia.

I suoi principali vantaggi rispetto all’uso del Diesel tradizionale sono: - alto numero di cetani (infiammabilità superiore in cicli diesel); - assenza di zolfo (formazione di SO2 come inquinante);

- alta percentuale di ossigeno (maggiore stabilità di combustione, minor produzione di PM10, minori residui organici volatili - VOC).

In Europa il biodiesel è particolarmente sviluppato rispetto al resto del mondo e possiamo praticamente affermare che il biodiesel viene prodotto quasi esclusivamente in Europa. Analizzando i dati della produzione di biocarburanti avvenuta nel mondo nel 2003 vediamo che su una produzione globale di biodiesel di 1.600.000 t/anno, 1.504.000 t sono state prodotte in Europa.

9 COMMISSIONE DELLE COMUNITA’ EUROPEE, Piano d’azione per la biomassa, Bruxelles, 2005. 10 IEA, Biofuels for Transport, an international prospective, Parigi, 2004.

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La produzione di Biodiesel nei primi 10 paesi dell’Unione Europea è mostrata dalla seguente tabella (tab. 1):

Tabella 1Produzione di biodiesel dei primi dieci paesi UE e Totale UE 25.

Paese membro Produzione 2004 Produzione 2005 Diff. 2004-2005

Germania 1.035.000 1.669.000 + 61,2% Francia 348.000 492.000 + 41,4% Italia 320.000 396.000 + 23,8% Repubblica Ceca 60.000 133.000 + 121,7% Polonia 0 100.000 / Austria 57.000 85.000 + 49,1% Slovacchia 15.000 78.000 + 420,0% Spagna 13.000 73.000 + 461,5% Danimarca 70.000 71.000 + 1,4% Regno Unito 9.000 51.000 + 466,7% Produzione UE 25 1.933.400 3.184.000 + 62,8%

Fonte EBB (European Board Biodiesel).

Il bioetanolo è un alcool (etanolo o alcool etilico) ottenuto mediante un processo di fermentazione di diversi prodotti agricoli ricchi di carboidrati e zuccheri quali i cereali (mais, sorgo, frumento, orzo), le colture zuccherine (bietola e canna da zucchero), frutta, patata e vinacce. Ultimamente si stanno sviluppando tecnologie che permettono l’utilizzo della cellulosa come materia prima per la produzione di etanolo.

La differenza sostanziale che c’è tra l’alcol etilico utilizzato nelle industrie vinicole e quello che dovrebbe essere utilizzato come carburante è la percentuale di acqua presente. Nell’alcol etilico “classico” è presente un 5% di acqua, quantità che viene eliminata per poter essere utilizzato come carburante, infatti il bioetanolo viene anche chiamato etanolo anidro.

Le materie prime per la produzione di bioetanolo possono essere racchiuse nelle seguenti classi:

• coltivazioni ad hoc (mais, grano, orzo, sorgo, barbabietola da zucchero e canna da zucchero);

• residui di coltivazioni agricole e forestali; • eccedenze agricole temporanee e occasionali;

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• residui di lavorazioni delle industrie agrarie e agro-alimentari; • rifiuti urbani.

In campo energetico il bioetanolo può essere utilizzato direttamente come componente di benzine o per la produzione dell’ETBE (EtilTerButilEtere), un derivato alto-ottanico.

Per quanto riguarda le miscele di bioetanolo con i combustibili fossili ne troviamo sul mercato di vari tipi in relazione alla percentuale di bioetanolo presente: esistono l’E85 con l’85% di bioetanolo, l’E10 e l’E5; gli ultimi due vista la bassa percentuale di bioetanolo possono essere utilizzati nei moderni motori a combustione senza particolari problemi, invece l’E85 può essere utilizzato solo su veicoli progettati appositamente: i Flexible Fuel Vehicles (FFVs).

Il bioetanolo è il biocombustibile più usato al mondo con oltre 18,3 milioni di tonnellate consumate nel 2003. Gli Stati Uniti e il Brasile sono i maggiori produttori mondiali, rispettivamente con il 43,9% e il 47,8% della produzione globale.

In Europa invece la produzione di bioetanolo si sta sviluppando solo in questi ultimissimi anni, infatti nel 2003 la produzione europea era di 446.000 t, cresciuta nel 2005 fino ad arrivare a 720.927 t sotto l’impulso normativo. Nel corso dell’ultimo anno la produzione è continuata a crescere in tutti gli Stati Membri.

L’ETBE (Etere butilico terziario) è un prodotto che deriva dal bioetanolo, viene prodotto da una sintesi chimica dell’etanolo. Viene considerata una fonte rinnovabile di energia per il 47% del suo contenuto.

Il suo utilizzo è molto simile al bioetanolo, in quanto anche l’ETBE viene addizionato alla benzina come additivo ossigenante e antidetonante in sostituzione del piombo tetraetile o degli idrocarburi aromatici.

Anche l’ETBE è inserita nella lista di biocarburanti oggetto della direttiva 30/2003/CE, come uno di quei prodotti che possono essere sostituiti ai carburanti classici, sono considerati per il 47% de suo contenuto biocarburanti.

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1.4 I vantaggi dei biocarburanti

I biocarburanti liquidi hanno alcuni significativi vantaggi connessi al loro utilizzo, vantaggi che possono essere sintetizzati come segue.

1.4.1 Vantaggi ambientali

Uno dei vantaggi più importanti e anche più immediati dei biocarburanti è la rinnovabilità di tale fonte energetica, rinnovabilità insita nel processo di crescita degli organismi viventi. Utilizzando i biocarburanti si libera in atmosfera parte del carbonio che la pianta ha assorbito durante il suo ciclo di crescita. Per tale motivo i biocarburanti vengono definiti a impatto zero sulle emissioni di CO2 , nel senso che non vanno a

incrementare il tasso di emissioni di anidride carbonica, ma si inseriscono in un ciclo che vede da una parte la produzione di biomassa vegetale, la sua trasformazione e dall’altra parte la sua utilizzazione per scopi energetici. La condizione perché questa affermazione risulti vera è che la parte del ciclo destinata alla produzione e trasformazione consumi una frazione di energia trascurabile o almeno inferiore rispetto al contenuto energetico della biomassa prodotta. In linea teorica tale affermazione potrebbe anche risultare vera, tuttavia nella realtà non è proprio così, infatti molti studi, hanno evidenziato una riduzione nelle emissioni di CO2 rispetto ai carburanti di origine

fossile di un 35-50%. Tale rettifica è necessaria in funzione della quantità di energia e quindi di emissioni di gas clima alteranti che serve per produrre il biocarburante.

Dato questo che di per se risulta essere abbastanza efficace nella riduzione globale di emissioni per il raggiungimento degli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto.

Per fare un esempio l’utilizzo di una tonnellata di biodiesel comporta una riduzione di 2,5 tonnellate di CO2 emessa nell’atmosfera.

Oltre ai già citati benefici in termini di riduzione delle emissioni di CO2 i

biocarburanti posseggono delle caratteristiche intrinseche di indubbio vantaggio per la protezione ambientale, hanno infatti un bassissimo contenuto di zolfo (<0,001%), inoltre riducono notevolmente le emissioni di monossido di carbonio (CO) e di biossido di zolfo o anidride solforosa (SO2), possono ridurre le emissioni di polveri sottili fino al

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50%, non contengono idrocarburi aromatici, sono biodegradabili (99,6% dopo 21 giorni) e prevengono, in caso di dispersione accidentale, l’inquinamento di suoli e acque.

In generale possiamo affermare che i biocarburanti sono generalmente meno tossici dei carburanti convenzionali. Infatti riscontriamo riduzioni di emissioni di CO, di benzene, di composti organici volatili, di ozono, di idrocarburi.

Di contro va detto che in alcuni casi possono invece far aumentare le emissioni di alcune sostanze tipo gli idrocarburi evaporati e gli aldeidi.11

1.4.2 Vantaggi riscontrabili nel settore dell’agricoltura

Oltre ai sopra citati motivi ambientali, i biocarburanti hanno altri elementi che giustificano il loro sviluppo, sicuramente possono essere di aiuto per tutto il comparto agricolo. Infatti con la messa a produzione di biocarburanti e in particolare del bioetanolo si possono andare ad utilizzare, oltre ai comuni terreni utilizzati, quei terreni set-aside (terreni non coltivati) che per il rispetto delle normative europee in materia di quote di produzione rimangono per forza di cose incolti. Alcuni studi condotti dall’Unione Europea affermano e dimostrano che per soddisfare l’obiettivo del 5,75% di biocarburanti presenti nel mercato dei carburanti entro il 2010, fissato dalla direttiva 2003/30/CE, si dovrebbero occupare circa il 14% delle superfici agricole coltivabili dei 25 Stati membri, ovviamente ipotizzando che tutta la produzione avvenga nel territorio europeo12.

La possibilità di coltivare terreni da destinare per le colture energetiche permette al settore dell’agricoltura di raggiungere livelli di redditività ed efficienza produttiva che difficilmente sarebbero raggiungibili, dedicandosi esclusivamente alle colture da destinare al comparto food.

Lo sviluppo di tecnologie innovative può assicurare nuovi posti di lavoro sia nelle aree rurali che nel settore industriale. Basti pensare che studi condotti dalla Comunità Europea hanno dimostrato che nelle aree rurali ci sarebbe un aumento di

11 Atti della Tavola rotonda “Biocarburanti ed Energia da Biomasse per lo Sviluppo Sostenibile”, Perugia 12 settembre 2006, http://www.crbnet.it/File/Relazioni_12_09_06.pdf .

12 EEA, Briefing, Biocarburanti per i trasporti: Analisi dei legami con i settori dell’energia e

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impiegati nella proporzione di 16 posti di lavoro ogni ktoe13 di biocarburanti, nel complesso una percentuale del 1% di biocarburanti nel complesso dei carburanti potrebbe creare tra 45000 e 75000 nuovi posti di lavoro14.

L’Italia è particolarmente sensibile a tale aspetto; infatti, con la riforma dell’OCM zucchero che ha di fatto annullato la produzione italiana di zucchero e quindi di riflesso delle colture di barbabietole da zucchero, è di grande attualità l’esigenza di trovare un rimedio per tutti quei produttori colpiti da tale riforma. Tale problema deve essere affrontato in modo prioritario visto che, al momento tutte le coltivazioni dedicate alla produzione di zucchero sono inattive, con un evidente danno economico per i vari produttori.

Inoltre la PAC (Politica Agricola Comune) approvata dai ministri dell’agricoltura della Comunità Europea nel 2003 ha completamente riformato il settore agricolo. Analizzandola a grandi linee è possibile notare come il sistema degli incentivi agli agricoltori sia stato radicalmente modificato; infatti fino a quell’anno il contributo che l’Unione Europea erogava nei confronti degli agricoltori era in relazione alle quantità che venivano coltivate, era il così detto contributo accoppiato, che permetteva comunque alle aziende agricole di percepire degli introiti a prescindere dalle quantità prodotte.

Attualmente invece il sistema è completamente diverso in quanto la Comunità Europea ha redatto delle tabelle per ogni azienda, sulla base delle quali vengono erogati i contributi; tali tabelle prendono in considerazione la media dei contributi percepiti dall’azienda nel triennio 2000-2002, da questo valore viene assegnato un titolo per ettaro a ogni azienda; sulla base degli ettari presenti nell’azienda viene erogato il contributo, senza andare più a considerare i tipi di colture presenti nell’azienda. Il solo obbligo che le aziende hanno è quello di non tenerli totalmente incolti e di non cambiare la destinazione; devono mantenere l’equilibrio agroambientale15.

Tale riforma ha avuto come risultato quello di ridurre ulteriormente i terreni destinati a produzione agricola e quindi di riflesso di far diminuire anche i redditi degli agricoltori.

13 Ktoe : migliaia di tonnellate di petrolio equivalente. Questa misura definisce la quantità di petrolio necessaria per ottenere la stessa quantità di energia dati fonti energetiche diverse e poteri calorici diversi. 14 EEA, Briefing, Biocarburanti per i trasporti: Analisi dei legami con i settori dell’energia e

dell’agricoltura, Copenhagen, 2004.

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Alla luce di tali considerazioni lo sviluppo di filiere agroenergetiche ha una importante valenza politica, infatti per alcuni lo sviluppo dei biocarburanti non potrà mai sostituire totalmente l’utilizzo di carburanti di origine fossile e quindi non avrà un forte impatto dal punto di vista energetico, ma lo avrà soprattutto per quanto riguarda il comparto agricolo, il suo rilancio e il suo sviluppo futuro.

La normativa comunitaria indica come condizione necessaria allo sviluppo dei biocarburanti l’attivazione di filiere a livello locale. Tale indicazione favorisce lo sviluppo di intese e di integrazione tra i vari attori della filiera. Queste sinergie possono favorire l’economicità e la possibilità di ridurre al minimo il differenziale di costo attraverso l’ottimizzazione della filiera produttiva, ponendo allo stesso tavolo agricoltori produttori e distributori.

Affinché tali filiere si attivino e diventino operative occorre che le Autorità giochino un ruolo di prim’ordine cercando di favorire tali integrazioni attraverso gli strumenti che la Comunità Europea ha messo loro a disposizione.

1.4.3 Riduzione della dipendenza energetica da fonti fossili

Altro vantaggio che è possibile raggiungere attraverso l’uso di biocarburanti è la riduzione della dipendenza energetica da fonti fossili, risultato raggiungibile soprattutto se fosse possibile utilizzare in modo sempre più importante i biocarburanti nel trasporto. In alcuni settori si sta già provvedendo alla sostituzione dei “vecchi” sistemi energetici. Però se niente viene fatto per il trasporto che da solo è responsabile di circa il 90% dell’aumento delle emissioni di anidride carbonica, la strada verso il raggiungimento degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto sarà più difficoltosa.

Il settore comunitario dei trasporti è responsabile di oltre il 30% dei consumi totali nella Comunità. Dipende per oltre il 98% da carburanti di origine fossile e il petrolio è quasi totalmente importato16. Analizzando questi dati comprendiamo immediatamente quanto sia necessario per la Comunità Europea svincolarsi da questa dipendenza energetica. Anche se inizialmente gli obiettivi comunitari non sembrano poter risolvere questo problema, vediamo che la Comunità Europea si pone per il futuro

16 COMMISSIONE EUROPEA, World energy, technology and climate policy outlook 2030 – WETO –, Lussemburgo 2003.

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obbiettivi discretamente ambiziosi. Se già nel 2010 la percentuale di biocarburanti che verranno immessi nel mercato dovrà essere di 5,75 rispetto al totale dei carburanti, per il 2020 la Comunità Europea pone come obbiettivo quello del 10%, che cresce gradualmente fino al 20% da raggiungere nel 203017.

Ovviamente non è pensabile che la Comunità Europea pretenda di ridurre la dipendenza energetica dell’UE esclusivamente nel settore dei trasporti, poiché tale intervento costituisce un elemento che si inserisce in tutta una serie di azioni volte a ridurre tale dipendenza. Ma è anche vero che, come già è stato detto prima, il settore dei trasporti è quel settore che evidenzia una dipendenza maggiore dalle fonti fossili rispetto a tutti gli altri settori caratterizzanti la vita dell’Unione Europea; inoltre è quel settore che evidenzia maggiori tassi di crescita.

Forse qualche problema nascerà nel futuro con l’aumento dei prezzi dei prodotti che possono essere utilizzati per produrre il bioetanolo e qualche indicazione di tale tendenza si riesce già a vedere attualmente nel mercato americano, dove il prezzo del mais sta crescendo anche se non a ritmi particolarmente allarmanti.

1.4.5 Il bioetanolo come carburante per la produzione di idrogeno Lo sviluppo del bioetanolo è inoltre propedeutico per lo sviluppo dell’idrogeno. Attualmente la comunità scientifica è alquanto scettica su un reale sviluppo dell’idrogeno e su un suo utilizzo di massa perché non è facilmente risolvibile il problema legato alle tecnologie necessarie alla sua produzione, in quanto per produrre idrogeno c’è la necessità di utilizzare fonti energetiche fossili. E’ facilmente intuibile che tutto il risparmio di emissioni di gas clima alteranti, che sarebbe possibile raggiungere attraverso l’utilizzo dell’idrogeno verrebbe annullato dalle emissioni prodotte dai carburanti di origine fossile che servono per la produzione dell’idrogeno stesso.

Tuttavia se venisse utilizzato il bioetanolo come carburante per la produzione di idrogeno, si avrebbe una situazione quasi ideale, dove una fonte pulita come l’idrogeno verrebbe prodotta attraverso l’utilizzo di una fonte rinnovabile.

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Anzi va sottolineato che la comunità scientifica continua a spingere sullo sviluppo di tecnologie sempre migliori per la produzione dei biocarburanti proprio perché nel lungo periodo lo scenario possa essere quello ideale prospettato.

Sembra che il futuro dei biocarburanti possa essere principalmente questo, in quanto anche il settore dei trasporti sembra destinato nel futuro, anche se non proprio prossimo, a utilizzare l’idrogeno come carburante.

1.5 La produzione europea di bioetanolo

Per sviluppare maggiormente il settore, la Comunità Europea ha previsto nell’ambito della nuova Politica Agricola Comunitaria (PAC) specifici aiuti per le coltivazioni di colture energetiche. Il Regolamento (CE) n. 1782/2003 presenta una serie di strumenti per diffondere tali colture, in particolare la possibilità di coltivazione di colture dedicate su terreni a riposo; la coltivazione di colture energetiche su terreni “normali”, cioè dedicate al comparto food, con un premio specifico supplementare accoppiato18.

Un ulteriore strumento di incentivazione per le colture energetiche e le filiere ad esse connesse, sono i Piani di Sviluppo Rurale (PSR), che sono disciplinati dal Regolamento (CE) n. 1698/2005 per il periodo 2007-2013.

I PSR costituiscono un ambito particolarmente favorevole per lo sviluppo di filiere energetiche, hanno una durata di 7 anni e sono aggiornabili ogni anno dal singolo Paese Membro.

Nel Regolamento (CE) n. 1698/2005 sono previste delle misure di sostegno agli investimenti che hanno come finalità la diversificazione intra e extra aziendale (gli incentivi tendono a promuovere il concetto di multifunzionalità dell’azienda agricola, fortemente voluto in sede comunitaria) e tra le varie attività elencate sono presenti anche le colture energetiche. Importanti sono pure le misure di sostegno per la promozione dello sviluppo di comportamenti cooperativi tra imprese locali, essenziali per la creazione e lo sviluppo delle filiere energetiche19.

18 Regolamento (CE) n°1782/2003 del Consiglio del 29 settembre 2003.

19 Regolamento (CE) n°1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale.

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L’impulso normativo comunitario ha fatto in modo che la produzione di bioetanolo nell’UE del 2005 sia aumentata del 70,5% rispetto al 2004. La produzione del 2005, pari a 720.927 t, tuttavia, contribuisce solo per il 18,5% alla produzione comunitaria di biocarburanti; decisamente più importante risulta la produzione di biodiesel20.

L’analisi delle produzioni dei singoli Paesi membri individua la Spagna come il principale produttore di bioetanolo (contributo del 33,3% alla produzione comunitaria) (tab. 2).

Tabella 2 Produzione di bioetanolo negli Stati Membri.

Paese membro Produzione 2004 Produzione 2005 Diff. 2004-2005

Spagna 202.354 240.000 + 18,6% Svezia 56.529 130.160 + 130,2% Germania 20.000 120.000 + 500,0% Francia 80.887 99.780 + 23,4% Polonia 38.270 68.000 + 77,7% Finlandia 3.768 36.800 +876,6% Ungheria 0 11.840 / Lituania 0 6.296 / Paesi Bassi 11.146 5.971 - 46,4% Repubblica Ceca 0 1.120 / Lettonia 9.800 960 - 90,2% Produzione complessiva 422.754 720.927 + 70,5%

fonte:EurObserv’ER: 6th report: state of renewable energies in Europe, Parigi, Francia, 2006.

L’osservazione dei dati produttivi evidenzia come numerosi Paesi membri abbiano fatto registrare dei forti incrementi rispetto al 2004, in qualche caso caratterizzati da fattori moltiplicativi: sei per la Germania e quasi dieci per la Finlandia.

Le materie prime utilizzate per la produzione di bioetanolo sono la barbabietola da zucchero e i cereali (soprattutto mais e grano); la scelta della materia prima più adatta è effettuata da ciascun Paese membro in base alle proprie condizioni climatiche ed economiche.

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In Francia in particolare, la SNPAA21 ha fissato per la campagna 2004-2005 in 61.360 t la produzione dalla barbabietola (pari al 61,5%) e in 38.420 t la produzione dal grano (pari al 38,5%)22.

Nei Paesi mitteleuropei prevale la produzione del bioetanolo dai cereali (grano, orzo, mais).

Analizzando la situazione nel breve periodo possiamo dire che le tendenze dell’andamento della produzione di bioetanolo dell’ultimo decennio stanno evidenziando un importante incremento a livello europeo.

Nell’UE la politica di defiscalizzazione, introdotta dalla Direttiva 96/2003/CE come misura per coprire il differenziale di costo con i prodotti petroliferi, è stata applicata largamente in molti Paesi Membri (Germania, Spagna, Svezia, Francia, Regno Unito, Polonia) e ha contribuito in misura significativa a questo incremento.

Sempre nel contesto della riforma dell’OCM zucchero, la Commissione europea ha previsto delle misure di accompagnamento, che serviranno a ristrutturare o a diversificare le attività nei Paesi interessati, sulla base delle strategia che essi hanno previsto per far fronte alle conseguenze della riforma.

I biocarburanti sebbene siano una soluzione costosa in termini di intensità della manodopera richiesta per la produzione, offrono la massima sicurezza negli approvvigionamenti per il settore dei trasporti, sia nel breve periodo, sia nelle proiezioni a lungo termine. Elemento da non sottovalutare, ma anzi, da tenere molto in considerazione è che attraverso lo sviluppo del bioetanolo e quindi delle colture dedicate ad esso connesse si può rilanciare e risolvere i problemi dell’agricoltura europea. Anzi possiamo affermare che uno dei riflessi più importanti sia proprio questo.

Il 2006 è stato un anno di grazia per la produzione comunitaria di etanolo, infatti è stata registrata un aumento di produzione abbastanza importante e deciso. Secondo i dati EBIO23, che è l’associazione europea del bioetanolo utilizzato come carburante, la produzione di bioetanolo nell’UE a 25 Paesi, è stata nel 2006 di 1.237.915 di tonnellate rispetto ai 720.927 di tonnellate del 2005, con un aumento di circa il 70%.

Inoltre sono previste in molte zone europee, salvo in Italia, la costruzione di nuovi impianti che dovrebbero aumentare la capacità produttiva fino a raggiungere un

21 SNPAA, Syndicat national des producteurs d’alcool agricole.

22 Rapport du groupe de travail sur le soutien au développement de la filière E85, Parigi, 2006. 23 EBIO: European Bioethanol fuel Association.

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totale di 3.176 milioni di litri di bioetanolo, equivalente a 2.506.816 tonnellate. I nuovi impianti dovrebbero sorgere in Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Slovacchia, Olanda, Spagna, Svezia e Regno Unito24.

Vediamo dunque come il problema stia a cuore a tutta l’Europa e come tutti gli Stati stanno in qualche modo portando avanti politiche mirate.

Solo in Italia non è possibile riuscire a sviluppare una filiera del bioetanolo che possa risultare produttiva e che possa aiutare il Paese a raggiungere gli obiettivi fissati in sede comunitaria.

1.6 Lo scenario nazionale del settore del bioetanolo: dalle

buone intenzioni ai risultati scadenti

In Italia attualmente sono in fase di avvio alcune iniziative industriali di rilevanti dimensioni per la produzione di bioetanolo e la sua trasformazione in ETBE, soprattutto dal mais e dal grano, ma anche dalla barbabietola e dal sorgo.

Riuscire a fornire una stima abbastanza attendibile per quanto riguarda l’attuale capacità produttiva di bioetanolo da parte del sistema industriale nazionale è difficile, in quanto non tutte le distillerie presenti in Italia dispongono degli impianti necessari per la produzione di etanolo anidro, utilizzabile direttamente come carburante o per la sua trasformazione in ETBE.

In sostanza, è possibile affermare che nel nostro Paese esistono infrastrutture industriali, adeguate per dimensioni e spesso all’avanguardia dal punto di viste delle tecnologie, per la trasformazione dei prodotti agricoli in bioetanolo. Il grosso problema che invece affligge il sistema è la quasi totale mancanza della parte iniziale della filiera, cioè la produzione di materie prime agricole da destinare all’energia, in quanto l’industria trova più conveniente utilizzare e ricorrere all’approvvigionamento delle materie prime di importazione rispetto a quella prodotte sul territorio nazionale; ciò perché, allo stato attuale della tecnologia, i costi di produzione della materia prima in

24 BIOFUELS RESEARCH ADVISORY COUNCIL, Biofuels in the European Union, a vision for 2030

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Italia sono ancora troppo elevati rispetto a quelli di analoghe produzioni di provenienza estera.

Sono in corso di valutazione alcune proposte per la riconversione degli impianti di produzione dello zucchero, che allo stato attuale sono dismessi, in seguito alla riforma comunitaria dell’OCM zucchero. Riconversione che dovrebbe agire su due livelli: uno industriale e l’altro colturale. Più semplicemente gli ex-zuccherifici dovrebbero diventare impianti di produzione di biocarburanti e le colture che erano dedicate alle barbabietole, circa 100.000 ha, destinarle alla produzione energetica.

La produzione di bioetanolo da poter utilizzare come carburante registrata in Italia durante il 2006 è stata di 101.248 tonnellate che ha segnato un sostanziale aumento rispetto alla produzione del 2005 che era stata di solo 6.328 tonnellate ma che rimane insufficiente se rapportata alle medie europee.

Per quanto riguarda la produzione normativa nazionale il quadro risulta abbastanza complesso e deludente, sia per il ritardo con il quale il legislatore nazionale ha recepito le direttive comunitarie in materia di biocarburanti, sia perché questo quadro normativo non risulta chiaro e preciso. E’ da evidenziare, infatti, come gran parte delle normative che sono state emanate hanno avuto il compito di modificare normative già esistenti. Inoltre a riprova della scarsa capacità di creare chiarezza e della totale assenza normativa nel settore, il Codice dell’Ambiente25, che ha raggruppato in un testo unico tutte le norme inerenti all’ambiente, non prevede in nessuna delle sue parti discipline riguardanti la materia di biocarburanti per l’autotrazione: è stata un’occasione, persa, particolarmente importante che avrebbe potuto permettere la creazione di quella stabilità e di quella trasparenza necessarie.

Tale incertezza normativa ha avuto il solo risultato di ostacolare la produzione di biocarburanti nel territorio nazionale e di fare in modo che la competitività nazionale fosse pregiudicata rispetto agli altri Paesi Membri. In generale possiamo affermare che l’Italia è indietro rispetto a tutti, o quasi, gli altri paesi dell’Unione Europea.

Va tuttavia sottolineato come sul piano politico si sia rilevata una maggior sensibilità attraverso la produzione di documenti validi dal punto di vista programmatico; è del 1998 il “Libro Verde per la valorizzazione energetica delle fonti rinnovabili”, che ha avuto un seguito con il “Programma nazionale sull’energia

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rinnovabile da biomasse”, nel 2000 è stato redatto il “Programma nazionale sui biocombustibili”, meglio conosciuto come PROBIO. In questi documenti sono stati tracciati gli indirizzi strategici e gli obiettivi a lungo periodo, che dovrebbero essere seguiti per la valorizzazione, la diffusione e il consolidamento sul territorio nazionale delle energie rinnovabili, con particolare riguardo dei biocarburanti.

Ma a queste buone promesse non ha fatto seguito una produzione normativa tempestiva e chiara che potesse creare un ambiente favorevole allo sviluppo di un mercato delle fonti rinnovabile e che attuasse quanto dichiarato nei programmi e nei progetti redatti.

L’elemento che più fa discutere l’intera azione normativa nazionale è il fatto che è dal 2001 che vengono stanziati finanziamenti per lo sviluppo dei biocombustibili nelle rispettive leggi finanziarie, ma puntualmente ogni anno tali finanziamenti non vengono inseriti nella legge di attuazione della finanziaria. Inoltre in ogni legge finanziaria è stata variata sia la durata del regime di esenzione fiscale sia l’entità del contingente oggetto dell’esenzione.

L’art. 22 della legge 388/2000 (Finanziaria 2001) aveva dato la possibilità di incrementare l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili attraverso lo stanziamento di 45,5 milioni di euro, in termini di minori entrate per l’erario, per defiscalizzazione parzialmente il bioetanolo e l’ETBE26.

In attuazione delle disposizioni e del regime fiscale previsto nella legge 388/2000, era stato emanato il Decreto del Ministero delle Finanze 96/2004 recante agevolazioni fiscali all’etanolo di origine agricola che stabiliva le modalità di attuazione della defiscalizzazione; in particolare all’art. 1 comma 1, si approvava un progetto sperimentale della durata di 3 anni, “al fine di incrementare l’impiego di fonti energetiche che determinino un ridotto impatto ambientale” attraverso l’utilizzo come carburanti del bioetanolo e dell’ETBE27.

Attraverso la legge n°120 del 1° giugno 2002 l’Italia ha ratificato il Protocollo di Kyoto e di conseguenza si è impegnata a rispettare la riduzione di emissioni di gas ad effetto serra indicate nel Protocollo stesso.

26 Legge 23 dicembre 2000 n°388, art. 22.

27 Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 20 febbraio 2004, n°96. Bioetanolo derivato da prodotti di origine agricola ed Etere Etilbutilico derivato da alcole di origine agricola.

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Per il recepimento della direttiva 30/2003/CE, si è dovuto aspettare il decreto legislativo 128 del 2005, che aveva fissato obiettivi nazionali di immissione di biocarburanti come percentuale del totale dei carburanti di origine fossile nella misura dell’1% entro il 31 dicembre del 2005 e del 2,5% entro il 31 dicembre del 201028.

Tali limiti sono stati successivamente modificati, su richiesta della Comunità Europea, dalla legge 81/2006 che ha fissato la percentuale dell’1% di biocarburanti da immettere sul mercato durante l’anno 2007; tale percentuale crescerà di un punto percentuale ogni anno fino a raggiungere il 5% nel 201029,valore finalmente simile agli obiettivi fissati dalla Direttiva 30/2003/CE.

La legge n°81/2006 inoltre, vincola la produzione del bioetanolo, conteggiabile nelle incorporazioni per raggiungere le percentuali stabilite, alla stipula di intese di filiera o contratti quadro o contratti di programma agro-energetico con il comparto agricolo30. Il rispetto degli obiettivi fissati assoggetterebbe alla produzione agro-energetica una significativa frazione della superficie agricola utilizzata.

La Legge 311/2004 (Finanziaria 2005) ha modificato quanto previsto nella Finanziaria 2001 traslando il progetto bioetanolo al triennio 2005-2007 e allocando 219 milioni di euro per le agevolazioni fiscali. Tale stanziamento avrebbe dovuto consentire di produrre in 3 anni circa 3 milioni di ettolitri di etanolo proveniente da colture agricole, da destinare alla trasformazione in ETBE31.

Tuttavia per effetto di intralci burocratici e in ragione del fatto che il progetto di defiscalizzazione italiano non è stato ancora autorizzato dalla DG Concorrenza della Commissione europea, non si è prodotto ancora un solo litro di bioetanolo sulla base degli stanziamenti della Finanziaria 200532.

Attraverso l’emanazione della legge 81/2006, già citata precedentemente, sembra che la strada verso la produzione di bioetanolo in Italia sia stata imboccata, infatti tale legge prevede l’integrazione obbligatoria di bioetanolo nelle benzine.

Il Ministro delle Politiche Agrarie ha, in sede di Commissione Agricoltura del Senato della Repubblica, affermato che il Governo ha come priorità lo sviluppo delle agroenergie e che tale obiettivo è stato indicato come prioritario nel DPEF 2007-2011.

28 Decreto legislativo 30 maggio 2005, n°128, art. 3 comma 1. 29 Legge 11 marzo 2006, n°81 art 2-quater, comma 2.

30 Legge 11 marzo 2006, n°81 art 2-quater, comma 4. 31 Legge 30 dicembre 2004 n°311.

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Al fine di sviluppare la filiera nazionale sui biocarburanti il Ministro indica come obiettivo per il 2010 un milione di ettari dedicati alle colture energetiche per lo sviluppo delle filiere del biodiesel, bioetanolo, biogas e biomasse33.

Una decisa scossa è stata data sicuramente dalla Finanziaria 2007 che ha indicato, forse per la prima volta, la strada che il Paese deve seguire per sviluppare le agroenergie. Molteplici sono gli interventi indicati e di essi i più importanti sono:

• obiettivo nazionale di immissione di biocarburanti nell’ordine del 2,5% entro il 31.12.2008 e del 5,75% entro il 31.12.2010, allineando di fatto gli obiettivi nazionali con quelli comunitari (fermo restando l’obbligo del 2% per il 2008 e del 5% per il 2010);

• riduzione di accisa per il bioetanolo nel 2008 per 73 milioni di euro annui; • revisione della disciplina dei certificati verdi ed incentivazione di distretti

locali agroenergetici, contratti di coltivazione, pratiche di coltivazione a basso consumo energetico34.

Questa decisa svolta data dalla finanziaria è un occasione unica per il comparto agricolo nazionale, poiché per produrre le quantità di etanolo necessario per rispettare gli obblighi imposti dalla normativa, sarà necessario destinare notevoli quantità di terreni alla coltivazione di specie idonee alla produzione di questo biocarburante.

A livello regionale, inoltre, merita segnalare come la riforma del titolo V della Costituzione Italiana assegni competenza specifica alle Regioni per quanto riguarda la materia energetica e come inoltre la Comunità Europea all’interno invece delle politiche per lo sviluppo delle fonti energetiche alternative e dei biocarburanti in particolare, coinvolga le Regioni attraverso il Piano di Sviluppo Rurale (PSR) e il Piano Energetico Regionale (PER) affinché diventi strategico il coordinamento a livello locale tra la programmazione agricola e la pianificazione energetica attraverso un ampia concertazione e un’approfondita analisi territoriale.

Merita sottolineare peraltro che la legge 81/2006 non è ancora in vigore per quanto riguarda l’anno in corso, poiché ne è stata differita l’applicazione di un anno, così che gli obblighi di incorporazione di biocarburanti nei carburanti tradizionali

33 Resoconto stenografico della 47° riunione della Commissione Agricoltura e Politiche Agroalimentari, 6 febbraio 2007.

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entreranno in vigore dal 1° gennaio 2008, con la possibilità, per i produttori di carburanti, di mettersi in regola fino alla fine dell’anno.

E’ durante questo anno che devono essere pianificati gli interventi nel settore agricolo, con la determinazione e individuazione delle zone preposte alla produzione delle quantità necessarie di cereali, o in generale delle biomasse necessarie alla produzione di bioetanolo.

Nonostante che attualmente, come abbiamo visto, la produzione di bioetanolo in Italia non sia ancora significativa, la strada intrapresa a favore del biocarburante in oggetto appare ormai a senso unico nella direzione di un incremento sostanziale della produzione di biocarburanti attraverso una serie di politiche che possano agevolare il raggiungimento degli obiettivi. Tale sensazione è suffragata dagli ingenti capitali, che i gruppi industriali stanno investendo, anche in seguito agli indennizzi messi a disposizione dall’UE nel contesto della riforma dell’OCM zucchero.

Il peso del comparto agricolo nazionale nella nascente filiera del bioetanolo deve essere tutelato da misure, che non risultano protezionistiche e che contestualmente, siano efficaci nel contrastare la concorrenza da parte dei nuovi Paesi membri e dei Paesi terzi.

E’ in gioco il ruolo del comparto agricolo nazionale per il rifornimento delle materie prime e il presupposto per la stabilizzazione di tale ruolo è l’attivazione di una domanda stabile, che in parte è stata avvallata dalla Legge 81/2006 con lo scopo di tutelare il mercato e dare garanzie a tutti gli attori della filiera.

La speranza inoltre è che venga sottoscritto, come già stato fatto all’inizio del 2007 per il biodiesel, un contratto quadro nazionale per lo sviluppo della filiera del bioetanolo. Tale contratto unito agli incentivi messi a disposizione dalla Comunità Europea per le colture energetiche potrebbe portare l’Italia a percorrere quella strada che molti Paesi europei hanno già intrapreso, quella delle colture energetiche per la produzione di bioetanolo.

Altro elemento che spinge a un deciso intervento del nostro paese nel campo della riduzione delle emissioni e tra questi anche l’attivazione di una filiera dei biocarburanti, è stata l’approvazione parziale da parte della Commissione europea del piano nazionale per la riduzione delle emissioni nel periodo 2008-2012. La Commissione ha accolto sostanzialmente il piano di riduzione delle emissioni proposto

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dal Governo a condizione che adotti i cambiamenti proposti dalla Commissione stessa e tra i vari cambiamenti proposti c’è anche la maggior riduzione di emissioni35.

Per raggiungere tale obiettivo l’Italia dovrà operare in tutti quei settori che potenzialmente possono aiutare il rispetto di tali vincoli e i biocarburanti sono uno di questi.

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Capitolo secondo. I profili tecnico-economici del

bioetanolo

2.1 Il bioetanolo

Il bioetanolo è etanolo ricavato dalla biomassa e/o dalla parte biodegradabile dei rifiuti, destinato ad essere usato come biocombustibile per l’autotrazione.

2.1.1 Il bioetanolo come carburante

I primi utilizzi dell’etanolo come carburante per le autovetture sono da ricondurre alla nascita del settore automobilistico. Le prime macchine messe in commercio negli anni ’20 dello scorso secolo, erano state progettate per essere alimentate anche a etanolo; il famoso modello T della Ford aveva la possibilità di andare con carburanti alcolici. Inoltre l’etanolo è stato utilizzato anche durante la seconda guerra mondiale, in particolar modo dall’esercito tedesco e quello americano. Erano periodi in cui c’era un forte utilizzo di carburanti alcolici, nettamente superiore rispetto ai carburanti derivanti dal petrolio.

L’uso dell’etanolo come carburante ebbe una forte riduzione negli anni successivi la fine della seconda guerra mondiale, tale contrazione è coincisa con la decrescita abbastanza sostanziale del prezzo del petrolio, determinando nel giro di pochi anni la totale scomparsa dei carburanti alcolici dal panorama mondiale. Rientrò al centro del dibattito mondiale all’inizio dei primi anni ’70 durante la grande crisi nel mercato del petrolio e in quel periodo, memori dell’esempio di Ford, venne aggiunto al normale carburante fossile per sopperire all’insufficienza del petrolio, la benzina veniva praticamente allungata.

Quello fu un segnale che lasciò il segno e fu evidente a tutta la comunità mondiale come la dipendenza dal petrolio era pressoché totale e come non potessero essere sostenibili livelli così alti di energia importata.

Da quel momento in alcuni paesi cominciarono a nascere i primi progetti a sostegno dello sviluppo e della ricerca tecnologica per la produzione di etanolo da utilizzare come carburante, soprattutto in Brasile e negli Stati Uniti d’America, con

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sostanziali differenze nei modi di attuazione. In Brasile nel 1975 venne redatto e messo in opera il Programma Nazionale per l’Alcol, conosciuto meglio come Proalcol. Il progetto aveva come obiettivo quello di rendere indipendente il Paese dal petrolio attraverso lo sviluppo della produzione di bioetanolo da canna da zucchero, coltura particolarmente importante nel paese sudamericano.

Negli Stati Uniti, nonostante si continuasse a utilizzare esclusivamente il petrolio come carburante per l’autotrazione, cominciarono le prime sperimentazioni sull’utilizzo dei cereali come materia prima per la produzione del bioetanolo.

Negli anni ’80 il mercato dell’etanolo come carburante ebbe una forte contrazione, nonostante che cominciassero a uscire, soprattutto nel mercato brasiliano, le prime autovetture che potevano essere alimentate a etanolo e la distribuzione dell’etanolo cominciò a raggiungere livelli abbastanza alti.

Attualmente tali crisi è decisamente superata e a riprova di ciò c’è che in Brasile sono presenti esclusivamente autovetture alimentate a etanolo, con percentuali dell’85% e addirittura del 100%36.

Ci sono molte possibilità di impiego dell’etanolo come combustibile:

1) come componente secondario in miscela con altri combustibili (benzina), con percentuali tra il 5 (E5) e il 10 (E10)%;

2) come componente primario in miscela con altri combustibili, con percentuali ≥ 85% (E85). Questo uso implica l’adozione di particolari motori i cosiddetti FFV (Flexible Fuel Vehicles);

3) puro (95% con un denaturante al 5%), in motori dedicati. Si tratta in genere di motori diesel modificati. In Svezia si sta sperimentando tale tecnologia;

4) trasformato in ETBE;

5) in celle a combustibile con due processi: celle a membrana per scambio protonico, che utilizzano direttamente l’etanolo, e celle che utilizzano idrogeno, prodotto per steam reforming dall’etanolo.

(35)

L’impiego delle benzine ossigenate appare sempre più una soluzione attuale per rispondere a determinate esigenze, permettono di ottenere il necessario potere antidetonante delle benzine senza utilizzare composti del piombo, eliminando gli effetti tossici connessi all’uso di questi e ottenendo gas di scarico compatibili con un corretto funzionamento delle marmitte catalitiche; evitano l’utilizzo di additivi cancerogeni come i composti aromatici; migliorano in ogni caso le emissioni di alcune sostanza inquinanti, in particolare gli ossidi di carbonio (CO, CO2), i composti organici volatili

(VOCs), gli idrocarburi incombusti (HC), gli aromatici (benzene e PAH), gli ossidi di zolfo (SOx). L’eventuale aumento delle emissioni di NOx e di particolato è in genere

limitato37.

Per esempio un utilizzo del 5,5% di bioetanolo in sostituzione alla benzina fossile riduce nei gas di scarico le emissioni di CO del 10%, di benzene del 25%, dei composti organici volatili (COV) del 5% e della CO2 di oltre il 30%38. Se invece il

bioetanolo lo avessimo trasformato in ETBE e quindi lo avessimo usato come antidetonante al posto del benzene avremmo avuto riduzioni nelle emissioni di CO del 3%, di benzene del 28%, di ozono del 20% e dei COV del 7%.

2.1.2 Aspetti chimici

L’etanolo è un alcol a corta catena, la cui formula bruta è CH3CH2OH. E’

chiamato anche semplicemente alcol, o alcol etilico o spirito di vino.

A temperatura ambiente si presenta come un liquido incolore dall’odore caratteristico. E’ tendenzialmente volatile ed estremamente infiammabile.

L’alcol etilico proveniente dalla distillazione ha una percentuale di acqua del 5%, ma è comunque possibile ottenere etanolo puro al 100% rimuovendo l’acqua presente attraverso molteplici tecniche.

La densità in condizioni normali è di 0,7893 Kg/litri.

37 MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, Valutazione tecniche ed economiche

per l’uso dei biocarburanti per l’alimentazione di veicoli per il trasporto merci. Quaderno IV, Roma,

2005.

38 Riduzione di CO2 comprensiva anche della quantità di emissioni prodotte per la produzione di etanolo, considerando esclusivamente le emissioni che escono dal tubo di scarico, la riduzione sarebbe di quasi l’80%.

(36)

2.1.3 Aspetti tecnici

Per quanto riguarda le specifiche tecniche del bioetanolo, dal punto di vista normativo la Comunità Europea sta definendo una normativa che dovrebbe uscire nel corso dell’anno: il progetto si chiama prEN 15376 "Automotive fuels - Ethanol as a blending component for petrol - Requirements and test methods", e dovrebbe fornire le caratteristiche dell’etanolo utilizzato come carburante. Per stimolare l’utilizzo dei biocarburanti la CEN39 sta sviluppando gli standard dei carburanti alternativi attraverso l’istituzione di una Commissione Tecnica, composta da fabbricatori di autovetture, produttori di petrolio e produttori di biocarburanti.

Per quanto riguarda invece l’utilizzo di etanolo in piccole quantità miscelati al carburante tradizionale le normative sono quelle di riferimento dei carburanti tradizionali prodotte in applicazione alla Direttiva 17/2003/CE che modifica le specifiche tecniche dei carburanti tradizionali. Le norme CEN di riferimento sono: EN 228:2004, Automotive fuels − Unlead petrol − Requirements and test methods; EN 590:2004, Automotive fuels − Diesel − Requirements and test methods40.

La determinazione di standard qualitativi si rende necessaria anche in un ottica di sviluppo del mercato e del settore in genere. Attraverso la fissazione di specifiche tecniche e qualitative è possibile rendere il mercato stabile e tracciare la strada da percorrere a livello produttivo, mentre senza di esse risulta difficile anche la commercializzazione del prodotto in regime di libero mercato, tale sensazione è suffragata anche dallo sviluppo in Europa del biodiesel; infatti per tale prodotto esistono le specifiche tecniche già da qualche anno41.

Il Ministero del Lavoro e dell’Economia ha diramato un regolamento nel quale specifica i requisiti qualitativi del bioetanolo e qui di seguito viene riprodotta la tabella riassuntiva di tali requisiti42:

39 CEN: European Commitee for Standardization.

40 CEN: Cen and Innovation, position paper, Bruxelles, 2007.

41 Le normative inerenti il biodiesel sono: EN 14213:2003 e la EN 13214:2003. 42 Regolamento del ministro dell’Economia e del Lavoro del 22.06.2005. Allegato n°1.

(37)

Tabella 3 Requisiti qualitativi del bioetanolo.

Rif. Caratteristiche Unità di

misura Valore 1. Gradazione a temperatura di 20°C, non inferiore a % (V/V) 99,6 2. Contenuto di acqua, non superiore a % (m/m)

%/(V/V)

0,40 0,32 3. Contenuto di ioni di cloruro,non superiore a g/kg

g/l

0,040 0,032 4. Contenuto di acidi in acido acetico, non superiore a % (m/m) 0,007 5. Contenuto di composti di carbonile in aldeide

acetica, non superiore a g/l 0,2

6. Contenuto di metanolo, non superiore a % (V/V) g/100 ml

0,2 0,16 7. Contenuto di rame, non superiore a mg/kg

Mg/l

0,1 0,079 8. Residuo secco dopo evaporazione,non superiore a g/l 0,02 9. Contenuto di alcoli superiori non superiore a %(V/V) 2

Fonte: Ministero del Lavoro e dell'Economia.

2.1.4 Aspetti “politici”

Il bioetanolo oltre a essere un prodotto energetico e un carburante, può anche essere considerato a tutti gli effetti un prodotto politico. Proprio per le sue caratteristiche e per la particolare filiera, il bioetanolo è un prodotto che ha bisogno di essere inserito all’interno di pianificazioni politiche ed essere supportato da un sistema di incentivazioni a livello fiscale che possa aiutarlo ad affacciarsi all’interno del mercato, superando quelle barriere che sono presenti sia in relazione al costo di

Figura

Tabella 1Produzione di biodiesel dei primi dieci paesi UE e Totale UE 25.
Tabella 2 Produzione di bioetanolo negli Stati Membri.
Tabella 3 Requisiti qualitativi del bioetanolo.
Figura 1: Schema del processo dry milling (fonte  www.enea.it ).
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