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Analisi territoriale delle colture per il soddisfacimento del fabbisogno d

3.1 Caso specifico: la fattibilità di una filiera agroenergetica in Toscana

3.1.2 Analisi territoriale delle colture per il soddisfacimento del fabbisogno d

Una volta individuato il fabbisogno di bioetanolo per soddisfare la normativa italiana sui biocarburanti, lo studio continua con l’analisi dei terreni destinati alla coltivazione in Toscana, in particolar modo riguardo ai cereali e tra questi il mais, il frumento duro e quello tenero.

La scelta di concentrare lo studio solo su queste tipologie di colture è dettata dal fatto che la Toscana è particolarmente vocata a tali coltivazioni; d’altronde la barbabietola da zucchero, altra possibile materia prima per la produzione di bioetanolo, ha dei costi di coltivazione e di stoccaggio maggiori. Inoltre gli altri cereali che non sono stati inseriti nello studio non hanno una diffusione particolarmente importante nel territorio regionale tali da poter risultare efficaci per la produzione di bioetanolo.

Altro aspetto da non sottovalutare è il fatto che uno degli obiettivi principali dello studio è quello di non modificare l’aspetto territoriale della regione, sia per una questione paesaggistica sia per il rispetto della destinazione colturare tipica che i terreni hanno.

Per determinare l’utilizzazione dei terreni sono stati analizzati i dati dell’ISTAT delle ultime campagne agricole che vanno dal 2002 al 2006 di tutte le province della Toscana, esclusa la provincia di Massa Carrara.

Sarebbero disponibili anche altri dati che utilizzano rilevamenti satellitari, ma è stato deciso di utilizzare i dati che vengono forniti dall’ISTAT in quanto leggermente minori; siccome lo studio si propone di essere il più prudenziale possibile scegliere dei dati che sottostimano le reali quantità determinano un impatto ancora minore di quello che potrebbe avere l’attivazione della filiera, sulle coltivazioni, sul paesaggio e sull’equilibrio territoriale in genere.

Oggetto dell’analisi sono gli ettari coltivati (tab. 9), le rese produttive (tab. 10) e le produzioni totali (tab. 11); inoltre è stata fatta una media provinciale dei terreni coltivati e per quanto riguarda le produzioni totali e le rese produttive sono state effettuate due medie: una totale su tutti e 5 gli anni di riferimento e un’altra eliminando dal calcolo l’anno 2003.

Questo è stato fatto perché l’anno 2003 è stato un anno particolarmente negativo per l’agricoltura nazionale e locale, perché è stato un anno nel quale le rese produttive

sono state decisamente minori, a causa di condizioni climatiche particolarmente avverse.

Per l’analisi che andremo a condurre è necessario avere la possibilità di utilizzare il più possibile dati che siano rispondenti alle reali condizioni del territorio, quindi l’esclusione dalla media del 2003 è da leggere in quest’ottica.

Analizzando i dati possiamo vedere come sono distribuite le varie colture all’interno delle varie province, ma è anche possibile mettere in evidenza quali sono le province che sono maggiormente vocate alla coltivazione delle specie più adatte alla produzione di bioetanolo; infatti le province di Grosseto, Siena e in misura minore Pisa hanno molti ettari destinati alla coltivazione di cereali.

In generale è possibile affermare che la Toscana ha una particolare vocazione alla coltivazione del frumento duro. Se andiamo a osservare i dati aggregati regionali possiamo notare come i terreni coltivati a grano duro sono quasi il 75% del totale dei terreni coltivati a cereali, nel caso di studio che ricordiamo non comprende tutti i cereali coltivati in regione la percentuale precisa è del 73,65%.

Sempre analizzando i dati nel complesso possiamo notare come dopo il 2004 i terreni destinati alla coltivazione sono diminuiti e tale riduzione è legata essenzialmente alle riforme agricole poste in essere nella Comunità Europea che ha tagliato i contributi e ha modificato il sistema di incentivazione, passando da un regime di sussidi accoppiati al disaccoppiamento dei contributi, cioè i contributi non sono più erogati in base al tipo di coltura messa a regime e alle quantità di terreni coltivati a tali colture (accoppiamento), ma sono erogati in funzione di tabelle redatte sulla base delle serie storiche dei contributi avuti dalle singole aziende nelle campagne dal 2000 al 2002, per l’appunto disaccoppiati dalle coltivazioni stesse.

Tale situazione non è certo destinata a migliorare in quanto nel 2013 ci dovrebbe essere un ulteriore riforma dell’erogazione dei contributi e anche questo è un altro elemento che spinge verso l’attivazione di filiere energetiche, cosicché possano essere percepiti redditi agli agricoltori che come è stato evidenziato prima, attualmente riescono a guadagnare quasi esclusivamente grazie ai contributi erogati.

Figura 3 Mappatura delle coltivazioni di mais in Toscana. Fonte Scuola Superiore Sant'Anna.

Se andiamo ad analizzare i terreni per singola coltura ci rendiamo conto come per il mais le zone maggiormente vocate sono 2 e sono rispettivamente la zona tra Lucca e Pisa, identificabile intorno al padule di Bientina e la zona della Val di Chiana al confine tra le province di Arezzo e Siena, va inoltre evidenziato come la provincia con la maggior estensione di terre destinate alla coltivazione del mais sia Firenze.

Analizzando invece i dati sul frumento duro è possibile notare come la provincia di Grosseto sia decisamente vocata alla coltivazione di grano duro, infatti in tale provincia è concentrato quasi il 40% dei terreni regionali coltivati a frumento duro.

Altra provincia dedicata alla coltura del frumento duro è Siena, mentre la provincia di Pisa ha quasi il 75% dei propri terreni coltivati a grano duro e la provincia di Livorno, ancor più di quella pisana, è dedicata a tale coltura con oltre .l’80% dei propri terreni.

Per quanto riguarda invece i terreni destinati alla coltivazione del frumento tenero è possibile vedere come nella provincia di Siena siano concentrati quasi il 50% dei terreni coltivati a tale specie; sullo stesso piano tra di loro, ma con una superficie

che risulta essere un terzo rispetto al caso senese, ci sono le province di Arezzo, Pisa, Firenze e Grosseto.

Analizzando i dati sulle rese produttive espresse in tonnellate per ettaro, possiamo immediatamente notare come il mais abbia una produttività più che doppia rispetto ai frumenti, e che tra i due tipi di frumento le rese sono pressappoco le stesse, ma in alcuni casi le rese produttive del frumento tenero sono leggermente più alte rispetto al frumento duro.

L’analisi nel dettaglio evidenzia come la provincia di Lucca sia per quanto riguarda il mais la migliore in termini di rese produttive, infatti è possibile raggiungere rese vicine alle 10 tonnellate per ettaro, livello di resa che è stato raggiunto nel corso dell’ultima campagna; comunque anche le province di Arezzo e Siena hanno delle buone rese produttive, leggermente inferiori a quella di Pisa, ma comunque sempre abbastanza alte.

Tali dati rapportati anche alla quantità di terreni evidenziano come le zone tra Arezzo e Siena e quelle tra Lucca e Pisa siano particolarmente vocate a tale coltura, sia per la quantità di terreni destinati ma anche per la bontà dei terreni in quanto permettono rese produttive particolarmente alte e quindi quantità di mais notevoli.

La zona particolarmente vocata per il frumento duro è la provincia di Livorno, infatti oltre ad avere molti terreni dedicati ha anche buone rese produttive, superiori alle 4 tonnellate per ettaro.

La più alta resa produttiva di grano tenero in Toscana è possibile trovarla nella provincia di Prato che però presenta estensioni di coltivazioni abbastanza irrisorie e lo stesso discorso vale per la provincia di Lucca. Anche per quanto riguarda il grano tenero la provincia di Livorno ha delle discrete quantità di terreni messi a coltivazioni associate a delle rese abbastanza alte, sempre sopra le 3,5 tonnellate per ettaro.

Una volta effettuata questa analisi sugli areali destinati, sulle rese produttive e sulla produzione in generale possiamo passare allo step successivo che sarà quello di individuare la coltura migliore e la zona di riferimento per la produzione della biomassa necessaria all’attivazione del processo produttivo.

3.1.3 Individuazione della coltura migliore per l’attivazione della