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Sistema chimico-meccanico per la retrazione della colecisti: studio, realizzazione e caratterizzazione del principio chimico su modello animale

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Academic year: 2021

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Capitolo 3

La colecisti e le sue caratteristiche fisiologiche

3.1 Anatomia della colecisti

La colecisti, denominata anche cistifellea, è un organo di forma piriforme che giace nella fossa cistica del solco sagittale destro, lungo 8-10 cm per 3-3,5 cm di larghezza e con una capacità di contenimento della bile di circa 30-50 ml, in condizioni di medio riempimento (I. Fazzari, 1980). Questa ghiandola, insieme al fegato e al pancreas, fa parte del sistema biliare ed è preposta al metabolismo di molte sostanze.

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Dal punto di vista anatomico, l’organo è suddiviso principalmente in tre parti come mostrato dalla Figura 3.2:

• il fondo, rivestito interamente da sierosa peritoneale;

• il corpo, adagiato sulla fossa cistica tramite una sottile striscia di tessuto connettivo e attraversato da una serie di vasi, che dalla parete cistica si portano direttamente al fegato;

• il collo, con un profilo a S, che può presentare un infundibolo (porzione estrema della colecisti che termina con il dotto cistico).

Figura 3.2: Schematizzazione delle parti in cui è suddivisa la colecisti e le principali vie biliari.

Le vie biliari, schematizzate in Figura 3.1 e 3.2, sono formate da una serie di condotti che permettono in passaggio della bile dal fegato, all’interno del quale è prodotta, alla colecisti e da quest’ultima al duodeno, all’interno del quale può esplicare il suo ruolo metabolico.

I condotti biliari sono formati da un dotto epatico destro, proveniente dal lobo destro del fegato e da un dotto epatico sinistro proveniente dal lobo sinistro dello stesso organo. Questi due dotti insieme al dotto cistico, proveniente dalla cistifellea si uniscono nel dotto biliare comune e confluiscono in un unico condotto escretore, il coledoco. Il dotto coledoco, che

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quindi raccoglie tutte le vie biliari, è un condotto di circa 4-5 cm di lunghezza e 6 mm di diametro (G. Ambrosi, 2006).

3.2 Caratteristiche istologiche della colecisti

Le caratteristiche chimiche e biologiche della parete della colecisti sono fondamentali per la comprensione dei meccanismi di adesione che coinvolgono quest’organo. In particolar modo è fondamentale conoscere in maniera appropriata la natura chimica e biologica di questo tessuto per poter ipotizzare la possibile formulazione del film polimerico oggetto di studio in questo lavoro di tesi.

Figura 3.3: Immagine dell’anatomia microscopica della colecisti (G. Gheri, http://e-learning.med.unifi.it)

La superficie interna della colecisti, del coledoco e del dotto è costituita da uno strato di mucosa caratterizzata da numerose pieghe (Figura 3.3). Quest’ultime diventano numerose soprattutto nel collo e nel dotto cistico, dove formano le cosiddette pliche spirali o valvole, come è possibile vedere dalla Figura 3.4.

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Figura 3.4: Schematizzazione delle caratteristiche istologiche della mucosa interna della colecisti. A sinistra si osservano le ripiegature tipiche di questo tessuto fino alla formazione della pliche a spirale nel collo e nel dotto cistico.

A destra si osservano gli elementi muscolari dello sfintere di Oddi che permette il deflusso della bile nel duodeno.

Nella zona subito sottostante alla mucosa sono presenti numerose fibre elastiche, vasi sanguigni e vasi linfatici. Questi ultimi permettono il riassorbimento dell’acqua durante il processo di concentrazione della bile nella colecisti (B. Young, 2000).

All’esterno della lamina propria della mucosa è presente una lamina fibro-muscolare, in cui i fascetti di fibre muscolari lisce assumono un decorso prevalentemente longitudinale negli strati più interni dell’organo e obliquo in quelli più esterni. Nel coledoco i fascetti circolari aumentano verso lo sbocco nel duodeno formando insieme agli elementi muscolari della parete duodenale lo sfintere di Oddi (I. Fazzari, 1980) come è possibile vedere dalla Figura 3.4. Lo sfintere di Oddi regola il deflusso della bile nel duodeno, impedendo il reflusso del succo pancreatico nel coledoco.

La superficie più esterna della colecisti, invece, è per gran parte rivestita da sierosa intraperitoneale viscerale. Quest’ultimo è analizzato nel paragrafo 3.2.1 ed è quello su cui si concentrerà l’attenzione di questo lavoro di tesi.

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3.2.1 Caratteristiche della Sierosa Intraperitoneale Viscerale

La sierosa è una membrana sottile che delimita alcuni organi del torace e la parete esterna dell’addome. Essa si suddivide in:

• pericardio; • pleura; • peritoneo; • tunica vaginale; • perimetrio.

Il peritoneo è la parte più esterna della membrana sierosa e a sua volta si suddivide in parietale, il quale ricopre la parete della cavità addominale e viscerale, che ricopre quasi tutti gli organi addominali.

Le strutture presenti nella parete addominali, sono classificate in base alla copertura effettiva da parte del peritoneo e sono suddivise, come mostrato dalla Figura 3.5, in:

• strutture retroperitoneali, chiamate così perché sono ricoperte da peritoneo solo nella superficie anteriore;

• strutture intraperitoneali, chiamate così perché, al contrario delle strutture retroperitoneali, sono avvolte interamente da peritoneo. Esso è formato da una serie di piegature per far si che gli organi non aderiscano gli uni con gli altri e non aderiscano alla parete addominale. Si distinguono 5 grandi pieghe del peritoneo: il grande omento, i legamenti falciformi, il piccolo omento, i mesenteri e il mesocolon (G. Tortora, 2011).

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Figura 3.5: Suddivisione delle strutture presenti nella cavità addominale in funzione della copertura da parte del peritoneo. A sinistra sono elencate le strutture retroperitoneali e a destra quelle intraperitoneali.

La superficie esterna della colecisti e la superficie esterna del fegato sono entrambe rivestite da sierosa intraperitoneale viscerale, come è possibile notare dalla Figura 3.5 e quindi appartengono alla seconda categoria appena descritta.

Molti studi sul tessuto peritoneale lo hanno descritto come una struttura completamente liscia, uniforme e ben lubrificata da un fluido viscoso formato principalmente da due strati cellulari: uno strato di cellule mesoteliali a sua volta supportato da uno strato di tessuto connettivo (Tortora G., 2011). Lo strato di cellule mesoteliali, il mesotelio, appare come una superficie continua di cellule ricoperta da microvilli (D. Odor, 1954), essi permettono un aumento dell’area superficiale del tessuto. Nella colecisti, l’aumento dell’area superficiale della parete cellulare mesoteliale è fondamentale per il processo di concentrazione e immagazzinamento della bile, infatti, favorisce l’assorbimento di Na!, Cl!, 𝐻𝐶𝑂

!! oltre a

facilitare lo scambio di fluidi e soluti tra le cellule. Inoltre i microvilli assieme all’essudato, che le cellule mesoteliali producono, proteggono il tessuto dalla frizione organo-organo o

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organo-parete addominale. Inoltre le giunzioni intracellulari sono molto strette e formano una barriera anatomica in grado di limitare il passaggio delle molecole relativamente piccole dei capillari nella cavità peritoneale.

3.2.2 Caratteristiche delle cellule mesoteliali

Lo strato di cellule mesoteliali che compone il peritoneo è costituito da una popolazione omogenea di cellule che presentano una morfologia prevalentemente allungata con caratteristiche appiattite e squamose. Nella Tabella 3.2 sono sintetizzati i principali componenti di tali cellule (S. Yung, 2007).

Tabella 3.1: Organuli delle cellule mesoteliali

Cellule mesoteliali Nucleo

Mitocondri

Ampio Abbondante Reticolo endoplasmatico rugoso Abbondante Apparato di Golgi Vescicole Ben sviluppato Numerosi Microfilamenti Microvilli Numerosi Abbondanti

Per quanto riguarda il nucleo delle cellule mesoteliali, esso, posto nella regione centrale, ha una forma ovale o reniforme. Le grandi dimensioni del nucleo, in associazione con l’abbondanza di reticolo endoplasmatico rugoso e un ben sviluppato apparato di Golgi, confermano l’elevata attività escretoria che caratterizza questo genere di cellule.. Esse sono in grado di sintetizzare una grande quantità di citochine, chemochine, fattori di crescita e componenti della matrice extracellulare. Quest’ultima è costituita in dettaglio acido ialuronico, glicosamminoglicani, proteoglicani e fosfolipidi, che vengono denominati comunemente glicocalice.

Il glicocalice rappresenta lo strato scivoloso e non adesivo che protegge la superficie sierosa da abrasioni, infezioni e diffusione di tumori (S. Yung, 2007) e facilita il movimento degli

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organi all’interno delle cavità addominale impedendo eventuali aderenze. Nella Figura 3.6 è rappresentato in maniera schematica il glicocalice delle cellule mesoteliali.

Figura 3.6: Rappresentazione schematica del glicocalice delle cellule mesoteliali.

Le cellule mesoteliali, inoltre, sintetizzano alcune delle proteine transmembrana, che forniscono un sostegno strutturale e mantengono l'architettura della membrana peritoneale, formando una sorta di scheletro della cellula. Lo studio di A. Ross (A. Ross, 1998) identifica, tramite colture primarie di cellule mesoteliali le proteine maggiormente espresse da tali cellule in condizioni fisiologiche. Quella maggiormente espressa dal mesotelio è la CD44. La CD44 è una proteina transmembrana che ha un ruolo adesivo selettivo rivolto soprattutto ai componenti della della matrice extracellulare.

Le proprietà non adesive e lubrificanti della fitta rete di fosfolipidi e glicosaminoglicani di cui è composto il tessuto mesoteliale sono state rilevate mediante un’analisi di quest’ultimo al microscopio elettronico (J. Dobbie, 1996). Tramite una ricostruzione tridimensionale della struttura del tessuto J. Dobbie ha mostrato che all’interno del glicocalice vi sono strutture,

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denominati corpi lamellari, composti da fosfolipidi e glicosamminoglicani, che sono disposti come sfere e cilindri tra la membrana cellullare e lo spazio extracellulare.

Figura 3.7: Caratteristiche meccaniche del tessuto mesoteliale. A sinistra è mostrata l’immagine al microscopio elettronico con un ingrandimento di 224100X della struttura lamellare. A destra è mostrata una ricostruzione

tridimensionale della struttura.

La Figura 3.7 mostra: a sinistra l’immagine reale al microscopio elettronico della struttura dei corpi lamellari del tessuto mesoteliale; a destra una ricostruzione schematica del modello 3D. I corpi lamellari, mostrati in figura, miscelati con il liquido sieroso secreto dalle cellule formano bolle microscopiche che da un punto di vista meccanico svolgono la stessa funzione di cuscinetti a sfera. Quando due superfici si avvicinano, i microvilli vengono trascinati l’uno contro l’altro provocando la rotazione dei cuscinetti a sfera e diminuendo le forze di attrito (J. Dobbie, 1998).

Questo meccanismo di lubrificazione spiegherebbe la difficoltà di adesione da parte di un bioadesivo al tessuto della colecisti.

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3.3 Funzioni della colecisti e caratteristiche fisiologiche

della bile

Come è stato già accennato nel paragrafo 3.1, la principale funzione della colecisti è la cooperazione nei processi digestivi, infatti, immagazzina e concentra una sostanza fondamentale per l’assorbimento dei grassi: la bile. Questa sostanza è prodotta dal fegato nel periodo interdigestivo ed è immagazzinata nella colecisti per poi svuotarsi al momento del pasto all’interno del duodeno. Questo svuotamento è influenzato dalla presenza di alcuni elementi, come i grassi, che giunti a contatto con la mucosa duodenale provocano la liberazione di un ormone, la colecistectochina, che entrando in circolo determina una contrazione della mucosa della colecisti (M. Levy, 2007).

La bile è un liquido viscoso di colore giallo secreto dal fegato, essa è composta principalmente da acidi e sali biliari (70% dei soluti), da pigmenti biliari, colesterolo, lecitine e ioni (Tabella 3.1). Poiché ha una capacità limitata, la colecisti immagazzina la bile mediante un processo di concentrazione. Durante questo processo l’acqua e gli elettroliti (Na!, Cl!,

𝐻𝐶𝑂!!), presenti nella bile epatica diluita, vengono riassorbiti attraverso la parete della

colecisti in modo da aumentare la concentrazione degli acidi biliari da 5 a 20 volte rispetto alla concentrazione di essi nella bile epatica.

Tabella 3.2: Composizione della bile umana e confronto tra bile epatica e cistica (dopo il processo di concentrazione)

Componenti Bile epatica (%) Bile cistica (%) 𝑯𝟐𝑶 Solidi Totali Sali Biliari Pigmenti biliari Colesterolo Sali inorganici pH 98,0 2,0 0,7 0,2 0,06 0,7 8,0-8,6 89,0 11,0 6,0 2,5 0,4 0,8 7,0-7,6

Il percorso della bile dalla colecisti al duodeno avviene attraverso le vie biliari, descritte nel paragrafo 3.1. Una volta raggiunto il duodeno, la bile agevola il metabolismo dei grassi in

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particolar modo del colesterolo, infatti, diminuendo la tensione superficiale nell’interfaccia grasso/acqua, ne permette l’emulsione e quindi la successiva digestione. La proprietà emulsionante della bile determina una più vasta superficie di attacco per le lipasi (enzimi in grado di effettuare l’idrolisi dei grassi). Questa proprietà è determinata dalla natura anfipatica dei sali biliari in base alla quale la porzione sterolica, lipofila, si orienta verso il lipide, mentre la parte carbossilica, idrofila, si orienta verso i liquidi dell’organismo. Oltre a facilitare i processi digestivi, la bile svolge altri due importanti processi: stimola i movimenti peristaltici dell'intestino, permettendo il rimescolamento del contenuto intestinale e quindi l'azione degli enzimi digestivi; permette la neutralizzazione del chimo proveniente dallo stomaco, favorendo l’attività nel duodeno degli enzimi pancreatici.

Infine la bile, oltre alle funzioni di facilitazione della digestione dei grassi, partecipa al processo catabolico dell’emoglobina presente nei globuli rossi, tramite l’immagazzinamento della bilirubina. La bilirubina è un prodotto di rifiuto derivante dal catabolismo dei globuli rossi invecchiati. Essa prodotta dal fegato, viene convogliata nella bile e immagazzinata per breve tempo all'interno della cistifellea, dopo tale periodo viene riversata nell'intestino tenue all’interno del quale viene processata tramite particolari enzimi e poi eliminata tramite le feci. I meccanismi fisici che entrano in gioco nella colecisti durante i pasti sono molteplici. Le fibre muscolari dell’organo ne permettono la contrazione e quindi l’inizio dello svuotamento della bile all’interno delle vie biliari. Oltre alla contrazione intermittente delle fibre muscolari, il deflusso della bile avviene grazie al rilassamento muscolare dello sfintere di Oddi, presente nel punto di sbocco dell’intestino tenue (M. Levy, 2007). Quando l’intestino non necessita più di un apporto di bile lo sfintere muscolare si contrae ostacolando il deflusso.

3.4 Patologie della colecisti e delle vie biliari

Le patologie che comunemente interessano la colecisti sono molteplici, esse possono interessare sia le vie biliari e sia la colecisti come organo.

3.4.1 Patologie delle vie biliari

Nel caso delle vie biliari un problema molto comune è l’ostruzione del deflusso di bile, che può avvenire a vari livelli a causa di calcolosi, stenosi e tumori.

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La calcolosi biliare, ossia la formazione di calcoli all’interno della colecisti, è una condizione molto diffusa nei paesi occidentali: negli Stati Uniti affligge dal 10% al 20% della popolazione adulta sopra i quarant’anni (Salvadè, 2011). Il processo di formazione dei calcoli biliari è indicato come colelitiasi. Questo è generalmente un processo lento e asintomatico. I calcoli sono strutture cristalline che si formano a causa della precipitazione di alcuni componenti della bile non solubili in acqua (colesterolo, pigmenti biliari, sali di calcio, proteine). Essi possono variare nel formato da pochi millimetri a diversi centimetri di diametro e possono essere di tre tipi: nell’80% dei casi sono costituiti o da colesterolo o sono misti (calcolosi colesterinica) e nel 20% dei casi sono formati da pigmenti biliari (E. Rosati, 2005).

Il colesterolo non è molto solubile per questo deve essere trasportato all'interno di cluster di sali biliari chiamati micelle. Se la quantità di colesterolo presente nella bile è superiore a quella che può essere solubilizzata nelle micelle si formano cristalli di colesterolo chiamati calcoli di colesterolo. Essi possono causare un’ostruzione a vari livelli come mostrato in Figura 3.8.

Figura 3.8: Presenza di calcolosi biliare e ostruzione delle vie biliari a livello del dotto comune della bile e del dotto pancreatico

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I calcoli di pigmenti biliari, al contrario, sono costituiti principalmente da sali di calcio di bilirubina non coniugata. La bilirubina coniugata con acido glucuronico viene prodotta all’interno del fegato e in tal modo è resa solubile per poi essere escreta dagli epatociti nella bile. In alcune patologie epatiche gli epatociti non sono in gradi di coniugare la bilirubina, per questo, la bile può contenere elevati elementi di pigmento non coniugato con l’acido glucuronico (M. Levy, “Principi di fisiologia”, 2007) provocando la formazione di calcoli a causa della sua elevata insolubilità.

La terapia medica per la calcolosi, colesterinica e bilirubinica, può controllare la sintomatologia delle forme meno complicate, talvolta riducendo il calibro dei calcoli, ma la sola vera terapia per questa patologia è quella chirurgica.

Le stenosi delle vie biliari rappresentano una serie di disordini di varia natura che hanno un’incidenza relativamente rara rispetto alla calcolosi. Esse sono contraddistinte da una riduzione anomala del calibro dei dotti biliari, come mostrato nella Figura 3.8. Questo restringimento ostacola il corretto deflusso della bile attraverso tali vie.

Figura 3.9: Rappresentazione grafica di una stenosi alle vie biliari e trattamento mediante impianto di una protesi metallica.

Le cause principali di questa anomalia risultano essere o fenomeni di cicatrizzazione derivanti da interventi chirurgici sulle vie biliari (la cicatrizzazione rappresenta il processo riparazione di un danno tissutale. Talvolta l’estendersi di questo processo di cicatrizzazione distrugge la struttura dell’organo coinvolto provocando come in questo caso restringimento del calibro dei dotti) o trauma fisico, pancreatite, colelitiasi.

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Il principale trattamento alla stenosi delle vie biliari è caratterizzato dall’impianto nel sito di interesse di stent (Mutignani M., 2012).

I colangiocarcinomi sono tumori che posso svilupparsi all’interno o all’esterno delle vie biliari in qualsiasi tratto. Essi assumono una diversa denominazione a seconda del punto di origine: tumori del dotto biliare intraepatico, tumori del dotto biliare extraepatico e tumore di Klatskin (tumori delle giunzioni dei principali dotti epatici che formano il dotto epatico comune).

Ancora una volta la chirurgia rappresenta il trattamento più efficace per la cura del tumore delle vie biliari.

3.4.2 Patologie della colecisti

Oltre alle patologie associate alle vie biliari sono presenti, in minore percentuale, alcune patologie che interessano le colecistiti come organo che possono essere acute o croniche. I disordini principali che possono manifestarsi sono: infiammazioni acute o croniche, tumori benigni o maligni e precipitazioni di calcoli interni.

Le colecistiti sono infiammazioni acute o croniche che interessano la colecisti. Solitamente sono conseguenza diretta o dell’ostruzione del dotto cistico oppure di un’infiammazione batterica (salmonella, streptococchi, stafilococchi) dell’organo. In entrambi i casi, dopo la scomparsa del quadro infiammatorio acuto, nella maggior parte dei pazienti coinvolti si procede con la resezione chirurgia dell’organo.

I tumori della colecisti si sviluppano, nella maggior parte dei casi, nelle cellule della lamina propria della mucosa interna, principalmente originati sul fondo della colecisti, provocando un ispessimento della parete dell’organo. Il tumore sviluppato può, se non è riconosciuto in tempo, invadere le strutture vicine come fegato, duodeno e coledoco. L'unico trattamento curativo è una colecistectomia d’urgenza.

Si parla di precipitazione di calcoli interni quando si ha la formazione di calcoli che rimangono incuneati all’interno della colecisti provocando colecistiti e, nei casi più gravi,

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fistole biliari in cui l’organo, pieno di calcoli ed infiammato, aderisce al duodeno o al colon e perforandosi determina la perdita di bile nella cavità addominale.

Altri disturbi che più raramente interessano posso interessare la colecisti sono dovuti a:

• un deposito di calcio nella parete colecistica con formazione della cosiddetta colecisti a porcellana;

• un accumulo di lipidi nella parete colecistica che può manifestarsi o in maniera localizzata con la formazione dei cosiddetti polipi di colesterolo o in maniera diffusa formando la cosiddetta colecisti a fragola. Questo disturbo è noto come colesterolosi; • una proliferazione epiteliale incontrollata nella parete colecistica con formazione di

strutture ghiandolari denominata adenomiomatosi;

• un aumento del volume della colecisti e una disfunzione dello sfintere di Oddi che da vita a una patologia denominata colecistopatia alitiasica.

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