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I processi di apprendimento informale nel tragitto casa-scuola

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Academic year: 2021

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TESI DI BACHELOR DI

ELIA LAGATTOLLA

BACHELOR OF ARTS IN PRIMARY EDUCATION

ANNO ACCADEMICO 2017/2018

I PROCESSI DI APPRENDIMENTO INFORMALE

NEL TRAGITTO CASA-SCUOLA

RELATORE

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Ringrazio Spartaco per la sua disponibilità.

Ringrazio mia sorella per il sostegno che mi ha dato.

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Elia Lagattolla

Bachelor of Arts in Primary Education

I processi di apprendimento informale nel tragitto casa-scuola

Relatore: Spartaco Calvo.

Il tragitto casa-scuola rappresenta un momento importante e prezioso per lo sviluppo dei bambini. La ricerca non si è però quasi mai focalizzata sui processi di apprendimento informale che avvengono in un simile contesto. Lo scopo di questa tesi di bachelor è approfondire tale fenomeno particolarmente complesso e poco indagato. Grazie alla partecipazione di 10 bambini provenienti da una prima elementare, si è potuto osservare cosa e come i bambini apprendono durante il tragitto casa-scuola e i fattori coinvolti. La ricerca è stata di tipo qualitativo. Si è deciso di adottare metodi di ricerca misti e puerocentrici ancora poco conosciuti e utilizzati. I disegni, le fotografie, le interviste narrative e semi-strutturate hanno fatto emergere i seguenti dati: i bambini hanno imparato soprattutto in modo implicito. La riflessione ha tuttavia permesso ai bambini di diventare più consapevoli su cosa hanno imparato e come. L’integrazione dell’apprendimento informale e formale è una delle sfide che ci aspettano.

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i

Sommario

Abstract ... iii

Introduzione ... 1

Quadro teorico... 3

La ricerca sull’apprendimento informale ... 3

La ricerca sui legami tra l’apprendimento formale e informale ... 6

La ricerca sul tragitto casa-scuola ... 8

La ricerca sul third place e il legame con i bambini ... 10

Conclusione ... 11

Quadro metodologico ... 13

Scopo della ricerca ... 13

Domande di ricerca ... 13

Ipotesi di ricerca ... 13

Analisi del contesto ... 14

Metodologia ... 14

Metodi di ricerca puerocentrici ... 15

Cristallizzazione ... 15

Strumenti di raccolta dati ... 15

Questionario ... 15

Disegni e interviste narrative ... 16

Fotografie e interviste semi-strutturate ... 17

Le tappe principali della ricerca (il tutto è avvenuto in un mese) ... 17

Modalità di analisi dei dati ... 18

Analisi dei dati ... 19

Contesto ... 19

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Conoscere l’ambiente in cui si vive ... 24

Relazioni sociali ... 31

Motricità ... 33

Come apprendono i bambini nel tragitto casa-scuola ... 34

Non lo so ... 34 Guardando ... 34 Facendo o provando ... 35 Tramite incidenti ... 35 Da soli ... 36 Grazie a pari ... 36 Grazie ad adulti ... 36

Fattori che influenzano l’apprendimento nel tragitto casa-scuola ... 37

Fiducia e senso di sicurezza ... 37

Paura e sfida ... 38

Piacere e interessi ... 38

Supporto ... 39

Curiosità ... 39

Conclusioni ... 41

La risposta agli interrogativi di ricerca ... 41

Cosa apprendono i bambini percorrendo il tragitto casa-scuola? ... 41

Come apprendono i bambini percorrendo il tragitto casa-scuola? ... 42

Quali fattori influenzano i processi di apprendimento informale? ... 43

In che modo si può integrare l’apprendimento informale all’apprendimento formale? ... 43

Limiti, potenzialità e possibili sviluppi ... 44

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Allegato 1 ... 53 Allegato 2 ... 63 Allegato 3 ... 73 Allegato 4 ... 93 Allegato 5 ... 107 Allegato 6 ... 113

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Introduzione

“Auf jeden Fall könnte Schule durch Beobachtung und Analyse ausserschulischer

Lernprozesse eine Menge lernen.” (Lipski, 2000, p. 6)

L’idea di affrontare nel mio lavoro di tesi i processi di apprendimento informale è nata dopo aver vagliato le tematiche discusse di recente nella ricerca a livello ticinese e svizzero. Nel 2013 a Lugano si è svolta la conferenza annuale della Società Svizzera per la Ricerca in Educazione (SSRE) sul tema dell’integrazione dell’apprendimento formale e informale. Da tale conferenza è emersa la necessità di considerare l’apprendimento formale e informale come due modalità di apprendimento complementari. Non conoscendo bene il significato e la natura dell’apprendimento informale, ho deciso di approfondire questo fenomeno complesso e poco ricercato. “Interestingly, if non-formal

education is defined as a residual category (anything that is not formal education), informal learning becomes a residual category of a residual category (anything that it is neither formal nor non-formal). However, it is in this sphere, so disregarded and so under-researched, where most of the significant learnings that we apply to our everyday lives are learned.” (Schugurensky, 2000, p. 2).

La scelta del contesto in cui analizzare i processi di apprendimento informale è caduta spontaneamente sul tragitto casa-scuola, quando ho visto che la SUPSI stava prendendo parte al progetto di ricerca svizzero Via Scola, che ha l’intento di comprendere in modo olistico e interdisciplinare ciò che avviene durante il tragitto casa-scuola. Come fanno notare gli autori di tale progetto, le ricerche che sono state effettuate sul percorso casa-scuola, si focalizzano di norma sulla sicurezza e la salute dei bambini. Io ho voluto seguire la via indicata da Via Scola, e approfondire i processi di apprendimento informale nel tragitto casa-scuola, così da comprendere meglio cosa i bambini apprendono nel percorso, come apprendono e quali fattori influenzano questo tipo di apprendimento. Infine, visto che la professione che voglio esercitare è quella dell’insegnante, ho sempre mantenuto un occhio di riguardo sui possibili legami che ci possono essere tra l’apprendimento informale e formale.

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Quadro teorico

La ricerca sull’apprendimento informale

Non esiste una definizione unanime del termine apprendimento informale. Sia Overwien (2005) sia Gola (2007) fanno presente come ci sia una varietà di definizioni che rende difficile confrontare i risultati della ricerca. Di fronte a tale eterogeneità risulta necessario definire il concetto e proporre una classificazione.

Schugurensky (2000) definisce l’apprendimento informale come un apprendimento che avviene al di fuori del curricolo delle istituzioni e dei programmi di educazione formale e non-formale. Con educazione formale Schugurensky si riferisce al sistema scolastico di base altamente istituzionalizzato con un curricolo approvato dallo Stato, obiettivi espliciti, specifici meccanismi di valutazione, una gerarchia chiara e un diploma finale che certifichi il percorso svolto. L’educazione non-formale invece si riferisce a tutti quei programmi organizzati di educazione che hanno luogo al di fuori del sistema scolastico formale, come ad esempio la scuola calcio, le lezioni per imparare a suonare uno strumento musicale, i programmi per imparare una lingua seconda, ecc. L’apprendimento informale rappresenta un terzo tipo di apprendimento possibile che avviene – come già precisato – al di fuori dei curricoli previsti dalle istituzioni di educazione formale e non-formale. Ciò non significa tuttavia, secondo Schugurensky, che l’apprendimento informale non possa avvenire all’interno delle varie scuole, perché tale apprendimento può aver luogo anche all’interno delle istituzioni formali e non-formali, anche se in modo indipendente dagli obiettivi previsti dal curricolo. Dopo aver effettuato tale distinzione, Schugurensky ritiene che il concetto di apprendimento informale resti troppo ampio e dunque confusionario. Per tale motivo propone una tassonomia con l’intento di suddividere l’apprendimento informale in tre forme o tipologie più circoscritte e comprensibili. Esse sono l’apprendimento auto-diretto, l’apprendimento incidentale e l’apprendimento tacito. Le due categorie principali utilizzate da Schugurensky per effettuare tale classificazione sono l’intenzionalità e la consapevolezza.

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Forme o tipologie di

apprendimento informale Intenzionalità

Consapevolezza nel momento dell’esperienza di apprendimento Apprendimento auto-diretto Sì Sì

Apprendimento incidentale No Sì Apprendimento tacito No No

Tabella 1 - Tre forme di apprendimento informale (tratto da Schugurensky, 2000)

L’apprendimento auto-diretto, secondo Schugurensky, si riferisce a un progetto di apprendimento che gli individui (da soli o come parte di un gruppo) intraprendono senza l’assistenza di un educatore (o con una persona di riferimento che non si concepisce come educatore). Si tratta di un apprendimento sia intenzionale sia consapevole. È intenzionale perché l’individuo ha lo scopo di apprendere qualcosa prima che il processo di apprendimento inizi, ed è conscio, perché l’individuo è consapevole che ha appreso qualcosa.

L’apprendimento incidentale, invece, si riferisce alle esperienze di apprendimento che avvengono quando una persona non ha intenzione di apprendere qualcosa dall’esperienza, ma dopo l’esperienza diventa consapevole che qualcosa è stato appreso. Quindi, si tratta di un apprendimento non intenzionale, ma consapevole.

L’apprendimento tacito (chiamato da Schugurensky anche apprendimento per socializzazione) si riferisce all’interiorizzazione di valori, comportamenti, attitudini, competenze, che avviene durante la vita di tutti i giorni. Non solo dunque non c’è un’intenzionalità a priori, ma non si è nemmeno consapevoli che si sta imparando qualcosa. Ciò non significa però che non si possa diventare consapevoli di un simile apprendimento in un secondo momento, grazie a un processo di ricognizione retrospettiva.

Schugurensky conclude il suo contributo facendo presente che l’apprendimento informale può avvenire in qualsiasi luogo e a qualsiasi età, può essere additivo o trasformativo (può causare un cambiamento di paradigma o meno), può essere complementare e rinforzare l’apprendimento acquisito nell’educazione formale e non-formale (ma anche contraddirlo) e può coinvolgere una varietà di fonti (la propria esperienza, gli amici, la scuola, i libri, internet, la tv, i giornali, i musei, ecc.).

Eraut (2004) propone una classificazione dell’apprendimento informale che rispecchia in parte la tassonomia di Schugurensky. Il ricercatore inglese differenzia tre livelli di intenzionalità e in tal modo

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5 suddivide l’apprendimento informale in apprendimento deliberativo, apprendimento reattivo e apprendimento implicito.

L’apprendimento deliberativo, secondo Eraut, consiste in un apprendimento intenzionale con degli obiettivi precisi, in cui si investe del tempo e si progetta qualcosa o si tenta di risolvere un problema. L’apprendimento reattivo avviene mentre si sta svolgendo un’azione, quindi si ha poco tempo per riflettere. Il grado di intenzionalità varia a seconda delle situazioni. L’apprendimento implicito è un apprendimento non consapevole e non intenzionale. Secondo Eraut, la maggior parte dell’apprendimento dall’esperienza ha aspetti impliciti.

Marsick & Watkins (2001) definiscono l’apprendimento informale chiarendo il contrasto che c’è tra apprendimento formale e informale. L’apprendimento formale, secondo loro, è solitamente sponsorizzato dalle istituzioni, avviene in classe, ed è molto strutturato. L’apprendimento informale può avvenire nelle istituzioni, ma solitamente non avviene in classe e non è molto strutturato. Il controllo dell’apprendimento resta per lo più nelle mani della persona che apprende. Marsick & Watkins non propongono una classificazione esplicita dell’apprendimento informale, ma quando si riferiscono ad esso, includono l’apprendimento auto-diretto e l’apprendimento incidentale.

L’apprendimento auto-diretto, secondo loro, è intenzionale ma non molto strutturato. L’apprendimento incidentale può essere dato per scontato, essere tacito, o non essere consapevole. È un prodotto secondario di un’altra attività, come ad esempio lo svolgimento di un compito, l’interazione interpersonale, l’apprendimento attraverso l’errore, o anche l’apprendimento formale. È una forma di apprendimento che avviene quasi sempre, anche se le persone sovente non ne sono consapevoli.

In altre parole, Marsick & Watkins affermano che l’apprendimento informale può essere caratterizzato nel seguente modo:

- è integrato nelle routine quotidiane;

- è scatenato da un impulso interno o esterno; - non è molto consapevole;

- è casuale e influenzato dalla fortuna;

- è un processo induttivo di riflessione e azione; - è legato all’apprendimento dagli altri.

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E l’apprendimento informale può essere sostenuto e agevolato tramite i seguenti provvedimenti: - creare spazio e tempo per l’apprendimento;

- esaminare le occasioni di apprendimento nei vari contesti; - porre l’attenzione sui processi di apprendimento;

- rafforzare la capacità di riflessione.

Il contributo di Marsick & Watkins fa comprendere la necessità di trovare dei modi per coinvolgere meglio l’apprendimento informale in altri contesti, come quello scolastico in cui avviene un apprendimento per lo più formale.

La ricerca sui legami tra l’apprendimento formale e informale

L’UNESCO si auspica dagli anni ’70 del secolo scorso che l’apprendimento informale venga maggiormente riconosciuto e integrato nell’apprendimento formale. Nel rapporto Faure (1972) si stima che l’apprendimento informale rappresenti circa il 70% di tutti i processi di apprendimento. Il rapporto Delors (1996) rinnova la richiesta di legare maggiormente l’apprendimento formale e informale.

Rohs (2013) fa presente come nella ricerca più recente l’apprendimento formale e l’apprendimento informale vengano considerati due parti complementari per lo sviluppo delle competenze e che si necessitano a vicenda. L’educazione formale risulta efficace se viene sostenuta e confermata dall’apprendimento informale. Rohs propone tre livelli per analizzare i legami tra l’apprendimento formale e informale. Essi sono i livelli micro, meso e macro. A livello micro troviamo i processi di apprendimento. Il riferimento alle esperienze personali rappresenta un presupposto essenziale per legare il sapere esperienziale informale ai processi di apprendimento formali. Dato che il sapere esperienziale è di norma non consapevole, la riflessione sull’esperienza rappresenta un processo ponte fondamentale per legare l’apprendimento informale con l’apprendimento formale. L’allacciamento però, fa presente Rohs, si può formare anche quando si parte dal sapere teorico e con esso si creano delle strutture di percezione della realtà che permettono di affrontare meglio l’esperienza.

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7 L’integrazione consiste dunque, secondo Rohs, nel prendere in considerazione gli esiti di un apprendimento come punto di partenza per l’altro apprendimento.

A livello meso il legame avviene tramite l’organizzazione e la creazione di una cultura di apprendimento istituzionale in grado di integrare l’apprendimento informale e la realizzazione di spazi idonei per l’apprendimento informale.

A livello macro l’integrazione è possibile grazie al riconoscimento e alla certificazione delle competenze acquisite tramite l’apprendimento informale. Ciò implica un’integrazione dell’apprendimento informale nel sistema di educazione formale.

Lipski (2001) considera la connessione tra l’apprendimento scolastico ed extrascolastico la sfida del XXI secolo e il compito futuro del nostro sistema di educazione formale. Per fare in modo che tale esigenza venga soddisfatta, Lipski reputa necessario lo sviluppo di spazi di apprendimento extrascolastici nei quali le varie forme di apprendimento possano essere integrate tra di loro. La realizzazione di tali spazi necessita il coinvolgimento non solo della scuola, ma anche di altre forze sociali, come ad esempio le famiglie, i comuni, i datori di lavoro, le organizzazioni giovanili. Questo perché, secondo Lipski, la scuola è solo uno dei tanti luoghi in cui si può apprendere. Il progetto di

Apprendimento informale Sapere esperienziale Riflessione sulle esperienze Apprendimento formale Sapere teorico Strutture di percezione

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ricerca a cui ha preso parte lo studioso tedesco ha esplorato ciò che i bambini apprendono nel loro tempo libero e il modo in cui apprendono al di fuori del contesto scolastico, con una particolare attenzione agli interessi dei bambini. Ciò ha permesso di comprendere meglio l’apprendimento informale e di dare spunti interessanti su come migliorare l’offerta dell’apprendimento formale.

La ricerca sul tragitto casa-scuola

La maggior parte della letteratura sul tragitto casa-scuola si focalizza su questioni legate alla sicurezza stradale e alla salute dei bambini (cfr. Moody et al., 2015). Tra i fattori di rischio principali ci sono la lunghezza del tragitto, il numero di strade da attraversare, l’aumento del traffico stradale, la presenza o meno dei marciapiedi, il luogo in cui si trova la fermata del bus. Per quanto concerne la salute, i risultati talvolta contraddicono il valore e l’importanza di promuovere un’attività fisica giornaliera. Hüttenmoser (2004) sostiene che il tragitto casa-scuola ha un ruolo centrale nello sviluppo del bambino, perché rappresenta un luogo in cui si apprende l’autonomia, un senso di sicurezza, le regole del traffico stradale, il comportamento da adottare sulle strisce pedonali, fenomeni legati alla natura, l’orientamento spaziale, il valore dell’amicizia, pericoli legati alle relazioni sociali. I rischi legati a possibili incidenti della circolazione, di rapimenti o abusi (eventi rari), non devono, secondo Hüttenmoser, spingere i genitori ad accompagnare i propri figli in automobile a scuola. Ciò che si può fare è creare dei percorsi casa-scuola più sicuri coinvolgendo i genitori, la polizia stradale, gli specialisti della costruzione di strade, gli insegnanti e i bambini stessi. Lo scopo è di creare dei percorsi percorribili in autonomia senza che ci siano dei rischi troppo grandi.

Tonucci et al. (2002) denunciano il crollo dell’autonomia infantile nel contesto urbano a causa delle automobili. Secondo questi ricercatori, sempre più genitori reputano come probabili gli incidenti stradali e percepiscono l’ambiente urbano a rischio di aggressioni da parte di estranei. Tali timori vengono amplificati dai media, con il risultato che i bambini sono obbligati a vivere buona parte delle loro esperienze supervisionati da adulti che li guidano e istruiscono. Una simile situazione, secondo Tonucci et al., è estremamente controproducente per lo sviluppo cognitivo, fisico e sociale dei bambini. Vengono annullate quasi del tutto le possibilità dei bambini di giocare, scoprire nuove cose, compiere avventure, effettuare spostamenti (come il tragitto casa-scuola), senza la presenza costante degli adulti. Per ovviare a tale problema, Tonucci et al. propongono un progetto che permetta ai bambini di tornare a spostarsi in autonomia nel tragitto casa-scuola.

Murray (2009) offre un contributo molto interessante sul tragitto casa-scuola che permette di comprendere meglio il tema della gestione del rischio da parte dei genitori e dei bambini. Da tale

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9 ricerca emerge che i genitori reputano spesso i loro figli troppo preziosi per esporli a ogni forma di rischio, ma sono consapevoli che promuovere l’indipendenza è fondamentale per uno sviluppo sano del bambino. I media influenzano poco l’opinione dei genitori, un fattore molto più rilevante sono le esperienze personali o gli incidenti accaduti all’interno della propria rete sociale. Un altro fattore da non sottovalutare è l’influenza che possono avere gli esperti sulle decisioni dei genitori. Quasi tutte le madri sono consapevoli del concetto di paranoia genitoriale e ciò le ha spinte ad essere meno protettive e meno irrazionali. I bambini, d’altra parte, costruiscono il loro concetto di rischio nel momento in cui incontrano i pericoli nelle loro esperienze quotidiane. Le strade di norma vengono concepite come spazi pericolosi. Ciò li spinge a stabilire un livello di rischio per ogni strada e vari gradi di precauzione. Ci sono poi aspetti percepiti come rischiosi che di norma non vengono considerati nella ricerca adulto-centrica (la quale si focalizza tendenzialmente sugli incidenti stradali, il bullismo e gli incontri con estranei), come ad esempio gli escrementi dei cani, il manto stradale irregolare, i gas di scarico, cani, gatti, cicche per terra, gocce che cadono dall’alto nei sottopassaggi. Tali aspetti sono emersi grazie a un metodo di ricerca puerocentrico che ha fatto capire quanto segue: la percezione dei rischi differisce sotto vari aspetti tra gli adulti e i bambini. Murray conclude la sua ricerca facendo presente che il tragitto casa-scuola rappresenta uno spazio chiave per i bambini, dato che viene usato per sviluppare la percezione di rischio.

Ross (2007) ha effettuato una ricerca qualitativa sul significato del tragitto casa-scuola per i bambini e cosa potrebbe andar perso se i bambini non fossero più in grado di affrontare gli spazi locali nella loro routine quotidiana. Da tale studio è emerso che i bambini provano un’ampia gamma di sensazioni durante il tragitto, esplorano con piacere l’ambiente circostante, interagiscono con gli adulti, osservano aspetti naturali, instaurano relazioni con i compagni, si affezionano a luoghi particolari, prendono decisioni di vario genere, gestiscono rischi legati a più fattori. Ross fa notare come il tragitto casa-scuola può essere considerato un esercizio di autodisciplina per i bambini, in grado di stimolare uno sviluppo corretto del corpo nello spazio e nel tempo. I bambini si devono assumere responsabilità e sviluppano competenze legate alla gestione dei rischi e all’autonomia. Il tragitto si è rivelato essere anche un importante spazio di socializzazione, dove i bambini possono creare amicizie e giocare tra di loro.

Moody et al. (2015) rivelano che in Svizzera le modalità di spostamento nel tragitto casa-scuola sono rimaste invariate negli ultimi decenni. Le opzioni sono le seguenti: andare a piedi, in bicicletta, in monopattino, in automobile, con i mezzi di trasporto pubblici. I cambiamenti maggiori sono legati alla maggior complessità delle strade, e alla scelta dei genitori e della società di favorire

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l’accompagnamento dei bambini. Anche la percezione dei rischi è mutata considerevolmente (timore di incidenti stradali, sequestro di bambini, episodi di bullismo).

In generale, la ricerca sul tragitto casa-scuola si è focalizzata su vari aspetti, tra cui la sicurezza, la gestione dei rischi, la salute dei bambini, l’importanza e il significato del tragitto per i bambini, la rilevanza dell’autonomia. Mancano studi che pongono un’attenzione specifica ai processi di apprendimento informale.

La ricerca sul third place e il legame con i bambini

Il concetto di third place coniato dal sociologo Oldenburg (1999) è un concetto utile per studiare il tragitto casa-scuola. Oldenburg ha sviluppato il concetto di third place per descrivere le aree o gli spazi tra due sfere importanti nelle vite degli individui: la casa e il posto di lavoro. Secondo il ricercatore americano, un third place può assumere varie forme (strada, bar, ristorante, ecc.) e permette alle persone di aggregarsi in uno spirito gioioso e spensierato. Oldenburg evidenzia come le conversazioni siano centrali nei third places, le quali permettono di generare legami sociali, rafforzare la coesione comunitaria, livellare le differenze culturali e socio-economiche. Un third place è un posto ibrido, dove si intrecciano la sfera privata e pubblica, la sfera professionale e amatoriale, la sfera individuale e collettiva. È un luogo d’incontro dove gli scambi culturali sono resi possibili e gli individui co-creano la loro realtà.

Matthews et al. (2000) hanno effettuato una ricerca sull’importanza della strada come thirdspace per i giovani. Secondo il loro lavoro svolto sul campo, la strada è uno spazio sicuro, di inclusione per i giovani (ragazzi e ragazze in modo indistinto), dove i minorenni hanno il piacere di condividere attività informali e non supervisionate dagli adulti, come le conversazioni tra pari, due chiacchiere tra amici, partite a pallone, giri in skateboard e roller. Si tratta di un luogo denso di significato, dove i minorenni possono contestare le convenzioni sociali, affermare la propria indipendenza e il proprio senso di appartenenza al gruppo, far parte di qualcosa, essere qualcuno, sviluppare una propria identità. Essere assieme dà loro un senso di sicurezza e permette loro di affrontare paure altrimenti difficilmente superabili. La strada trasmette libertà e opportunità sociali. Matthews et al. concludono la loro ricerca, affermando che la strada è uno spazio che tuttora continua ad avere importanza per i minorenni, i quali hanno il diritto di occupare i luoghi pubblici.

I concetti di third place e thirdspace sono dei potenti concetti integrativi, che permettono di comprendere meglio la complessità del tragitto casa-scuola come luogo di costruzione di sé, di

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11 apprendimento, di creatività, di socializzazione. È un concetto che permette di legare le percezioni e le rappresentazioni dei bambini e le esperienze significative che vivono quotidianamente.

Tabella 3 - Il tragitto casa-scuola come third place (tratto da Moody et al., 2015)

Conclusione

Concepire il tragitto casa-scuola come third place, lo rende appetibile come oggetto di ricerca legato ai processi di apprendimento informale. Dal quadro teorico è inoltre emerso la complessità di un simile fenomeno, il quale merita di essere approfondito.

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Quadro metodologico

Scopo della ricerca

L’intento della mia ricerca qualitativa è di comprendere meglio i processi di apprendimento informale dei bambini nel tragitto casa-scuola. Gli studi sull’apprendimento informale sono di norma legati al mondo del lavoro, mentre quelli sul tragitto casa-scuola si focalizzano sulla sicurezza o la salute. Mancano ricerche che studiano i processi di apprendimento informale nel tragitto casa-scuola. Analizzando cosa e come i bambini apprendono percorrendo il tragitto e quali fattori influenzano tale apprendimento, si vogliono ottenere delle informazioni utili per impostare in modo più efficace l’apprendimento formale in ambito scolastico. Per poter integrare l’apprendimento informale all’apprendimento formale, bisogna prima comprendere a fondo tale fenomeno.

Domande di ricerca

Le domande che mi hanno guidato durante il percorso di ricerca sono le seguenti:

- Cosa apprendono i bambini percorrendo il tragitto casa-scuola? - Come apprendono i bambini percorrendo il tragitto casa-scuola? - Quali fattori influenzano i processi di apprendimento informale?

- In che modo si può integrare l’apprendimento informale all’apprendimento formale? (A questa domanda verrà risposto a livello teorico, alla luce di quanto emerso da questa ricerca).

Ipotesi di ricerca

Lavorando seguendo i principi della Grounded theory, non ho effettuato ipotesi preliminari. I dati raccolti mi hanno permesso di identificare ciò che è rilevante per le mie domande di ricerca, tramite un processo di costante e sistematico paragone delle esperienze vissute dai bambini. In tal modo sono state individuate le categorie più idonee per meglio comprendere il fenomeno osservato.

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Analisi del contesto

La ricerca è stata effettuata in una zona suburbana del bellinzonese. Sono stati coinvolti 23 allievi di 6-7 anni che svolgono la prima elementare. Di questi 23 allievi, sono stati selezionati 10 bambini (4 maschi e 6 femmine) che percorrono il tragitto casa-scuola a piedi, in monopattino o in bicicletta (e uno in scuolabus), senza essere accompagnati dagli adulti. La distanza tra le case dei bambini selezionati e la scuola varia tra i 400 e i 1600 metri. Il bambino che abita più lontano (1600 metri) prende il pulmino scolastico. Gli altri si spostano senza veicoli a motore, percorrendo strade in cui c’è un limite di velocità di 30 km/h e una strada con un limite di 50 km/h. I percorsi dei bambini non sono particolarmente trafficati: sono strade che vengono utilizzate soprattutto dai residenti. Si tratta dunque di un contesto ideale per promuovere l’indipendenza dei bambini nel tragitto casa-scuola già a partire dalla prima elementare e per analizzare i processi di apprendimento informale coinvolti. Il comune ha inoltre aderito tempo fa al progetto cantonale Meglio a piedi (cfr. meglioapiedi.ch) che ha l’obiettivo di incoraggiare la mobilità lenta nel percorso casa-scuola. Le autorità comunali si sono impegnate a rendere le strade più sicure adottando varie misure, i docenti svolgono giornate monotematiche durante l’anno scolastico legate alla mobilità lenta e alla educazione stradale, e i genitori effettuano un servizio di pattuglia presso le strisce pedonali ritenute più pericolose. Tramite questa collaborazione, si permette ai bambini di tornare a frequentare le strade.

Metodologia

La mia ricerca è avvenuta adottando metodi qualitativi misti. L’approccio qualitativo mi ha permesso di approfondire nel dettaglio e comprendere meglio un fenomeno complesso come quello dell’apprendimento informale, tentando di raccogliere più informazioni possibili. Ciò giustifica anche la scelta di un campione limitato di bambini.

La raccolta dati è stata effettuata adottando più metodi, così da includere più prospettive complementari e così da poter andare più in profondità nella comprensione dei processi di apprendimento informale.

Gli strumenti di ricerca utilizzati sono i seguenti:

- questionario preliminare per la comprensione del contesto; - disegni del tragitto casa-scuola e interviste narrative;

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Metodi di ricerca puerocentrici

La ricerca che coinvolge i bambini può avvenire in più modi. I bambini possono assumere – durante le varie fasi di ricerca (progettazione, esecuzione, interpretazione, divulgazione) – un ruolo passivo oppure attivo. In ambito angloamericano si parla di research for children, quando i bambini vengono semplicemente consultati, research led by children, quando il progetto di ricerca viene interamente condotto dai bambini, e research with children quando si adotta una via di mezzo. Adottare metodi puerocentrici non è evidente, perché costringe a cambiare prospettiva, ma permette di investigare e comprendere più a fondo le percezioni e le esperienze dei bambini, e di dare voce a chi di solito non ne ha.

Nel mio lavoro di ricerca sono i bambini che hanno disegnato il loro tragitto casa-scuola per poi dare una loro interpretazione, e sono i bambini che hanno effettuato le fotografie, commentandole in seguito.

Cristallizzazione

La cristallizzazione è una tecnica nata come risposta alle critiche effettuate dai ricercatori neopositivisti nei confronti degli approcci qualitativi (cfr. Hemming, 2007). La tesi dei neopositivisti è che tali approcci non dispongono di un’appropriata validità scientifica. La cristallizzazione consiste nell’adottare più metodi per produrre una comprensione più profonda e complessa dell’oggetto in esame. L’idea è che qualsiasi fenomeno può essere osservato e analizzato da innumerevoli prospettive. Combinare più metodi in modo complementare permette di avere una panoramica più completa e olistica di tali prospettive.

Strumenti di raccolta dati

Questionario

Il questionario preliminare si riallaccia a quanto svolto da Tonucci et al. (2002). Mi ha permesso di informarmi sulla situazione dei bambini presenti in classe, così da poter effettuare una selezione di quelli che effettuano il tragitto casa-scuola senza la supervisione degli adulti.

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Disegni e interviste narrative

Leitch (2008) parla di alcuni metodi di ricerca innovativi, che ho deciso di adottare nella mia tesi. Nel suo contributo fa presente che relativamente pochi studi hanno usato i disegni come metodo per comprendere il sapere e l’esperienza dei bambini (con l’eccezione, ad esempio, di Hüttenmoser, 2004). Ancora meno ricerche hanno invitato i bambini ad essere co-interpreti o commentatori dei propri disegni. La maggior parte dei metodi qualitativi sono orientati all’oralità. La combinazione della narrazione con la creazione di disegni è stata presa poco in considerazione sia nella ricerca sociale sia in quella educativa. Ha tuttavia i seguenti vantaggi, secondo Leitch:

- permette ai bambini di essere coinvolti in modo più olistico, creativo e pratico; - aumenta la motivazione ed è inclusivo;

- pone i bambini al centro come esperti dei propri disegni e delle proprie parole, con un focus sulle loro interpretazioni;

- può comunicare aspetti emotivi e sociali dei bambini;

- ha la capacità di far emergere aspetti latenti di esperienze interiori che diventano poi più articolate verbalmente;

- rende esperienze emotive e difficili questioni meno paurose da affrontare; - offre opportunità di ricerca più partecipatorie e democratiche.

Leitch ricorda infine alcuni aspetti importanti da tenere in considerazione nel combinare il disegno con la narrazione:

- è necessario informare in modo appropriato i bambini su ciò che viene atteso da loro;

- bisogna creare un’atmosfera di rispetto e collaborazione (“whatever they produced would be of

value and interest” [Leitch, 2008, p. 53]);

- si deve dare l’opportunità ai bambini di esprimersi e spiegarsi proponendo più interviste;

- è importante mostrare interesse genuino in ciò che esprimono i bambini (il ricercatore non deve per forza di cose determinare le domande giuste prima di svolgere le interviste);

- si può guadagnare maggior comprensione e consapevolezza di esperienze personali e aspetti profondi.

(27)

17 Per la preparazione delle interviste narrative, ho preso in considerazione anche il testo di Trautmann (2010). Lo scopo di simili interviste è di ottenere informazioni complesse e categorie tramite poche domande generali su esperienze avute dagli intervistati. Nel mio caso le domande si sono rifatte a quanto creato dai bambini nel disegno (il loro tragitto casa-scuola) con un occhio di riguardo alle mie domande di ricerca. Le interviste narrative con i bambini sono rare, precisa Trautmann, perché di norma si necessita di una persona di fiducia per svolgerle. Io ho potuto effettuare simili interviste, perché lavoro con i bambini dall’inizio dell’anno scolastico e li conosco dunque bene.

Fotografie e interviste semi-strutturate

Sia Ross (2007) sia Hemming (2007) parlano delle fotografie scattate dai bambini come metodo valido per esplorare le esperienze quotidiane dei bambini. Ross riferisce come le fotografie nella sua ricerca siano state analizzate (osservando il contenuto) e categorizzate in base al tema dominante come espresso dai bambini nei commenti. Le interviste condotte in seguito si sono allacciate a tali fotografie.

Io ho provato ad adottare una metodologia analoga, facendo prima scattare ai bambini le fotografie del loro tragitto casa-scuola, per poi proporre una intervista strutturata. Le interviste semi-strutturate possono essere definite come conversazioni con uno scopo (Hemming, 2007) e generalmente partono da un numero predeterminato di domande o temi, ma poi adottano un approccio flessibile per la discussione con l’intervistato. Le interviste qualitative hanno l’intento, secondo Hemming, di comprendere la realtà dalla prospettiva del soggetto, di spiegare il significato delle esperienze delle persone, di svelare la realtà vissuta alle spiegazioni scientifiche. La conoscenza viene costruita tramite l’interazione che avviene tra l’intervistato e l’intervistatore.

Le tappe principali della ricerca (il tutto è avvenuto in un mese)

1) Somministrazione del questionario preliminare ai 23 bambini di prima elementare (45 min.). 2) Raccolta e analisi dei dati. Selezione di 10 bambini che si spostano senza adulti.

3) Disegno del tragitto casa-scuola da parte dei bambini (45 min.). 4) Confronto degli elementi emersi da parte del ricercatore.

5) Interviste narrative individuali in cui i bambini interpretano il proprio disegno (dittafono). 6) Fotografie scattate dai bambini nel tragitto casa-scuola (macchine usa e getta).

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7) Confronto degli elementi emersi da parte del ricercatore.

8) Interviste semi-strutturate individuali in cui i bambini interpretano le proprie fotografie (dittafono).

9) Raccolta e analisi dei dati da parte del ricercatore (sbobinatura manuale).

Modalità di analisi dei dati

Lavorare senza ipotesi preliminari, rende più difficile la fase di analisi dei dati. Tramite il confronto dei disegni, delle interviste e delle fotografie, ho identificato le tematiche e le categorie più rilevanti secondo i bambini e per la mia ricerca.

(29)

19

Analisi dei dati

Contesto

Il questionario preliminare è stato svolto per raccogliere informazioni sul contesto classe (cfr. Allegato 5). Da esso è emerso che nella prima elementare in questione il 57% dei bambini si sposta almeno a volte senza adulti. Il 43% non va mai da solo. Tuttavia solo il 28% reputa difficile andare a scuola senza adulti.

I motivi per cui il percorso casa-scuola viene considerato difficile da affrontare, sono i seguenti: - paura di perdersi;

- pericoli del traffico;

- possibilità di incontrare sconosciuti malintenzionati; - pericolo di cattivo tempo.

7 bambini affermano che non vogliono andare a scuola da soli, perché preferiscono stare con i genitori o perché si reputano ancora troppo piccoli.

Il 61% dei bambini si sposta a piedi, in bicicletta o in trottinette. Il 30% effettua gli spostamenti in automobile. Il 9% utilizza lo scuolabus. Chi è accompagnato da un adulto, di norma si sposta in automobile (78%). Gli altri vanno a piedi (22%). I bambini che si spostano senza adulti, vanno di solito a piedi (75%). Alcuni utilizzano la bicicletta o il trottinette (25%).

L’attraversamento delle strade viene percepito in modo variegato. Per il 48% è poco o per niente pericoloso. Per il restante 52% è abbastanza, se non molto pericoloso.

A piedi, in bicicletta o in trottinette In automobile In scuolabus

Percentuale

di bambini 61% 30% 9%

Tabella 4 - Come avvengono gli spostamenti nel tragitto casa-scuola nella prima elementare in questione.

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Nella mia ricerca ho deciso di focalizzarmi sui bambini che percorrono il tragitto casa-scuola senza adulti, perché soggetti più idonei a comprendere meglio l’apprendimento informale.

Cosa apprendono i bambini nel tragitto casa-scuola

Cosa i bambini apprendono nel tragitto casa-scuola può essere raggruppato in quattro macro-categorie: esperienze legate al traffico stradale, conoscenza dell’ambiente in cui si vive, relazioni sociali, motricità.

Esperienze legate al traffico stradale

Le esperienze legate al traffico stradale sono molteplici. Attraversare le strisce pedonali è percepito dai bambini come un momento molto rilevante. La maggior parte dei disegni creati contiene le strisce pedonali (8 su 10). Ecco due esempi al riguardo.

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21 Nelle interviste i bambini hanno esplicitato gli apprendimenti avvenuti, spiegando le regole che bisogna rispettare e seguire, i rischi a cui vanno incontro e le strategie per evitare incidenti.

“Le strisce pedonali aiutano i bambini ad attraversare la strada.” (Di.)

“Alle strisce bisogna guardare a sinistra, destra, sinistra. Se si fermano le auto, puoi passare.

Se non si fermano, non puoi passare. Qua si è fermata l’auto alla fine [cfr. Figura 4], e dopo siamo passate.” (Ce.)

“Bisogna guardare a destra e a sinistra per attraversare. E non bisogna parlare, perché se tu

ti fermi qua in mezzo […], dopo ti prende sotto una macchina. Bisogna camminare.” (An.)

“Alle strisce si va senza andare su nella bici.” (Ar.)

“Quando arrivo alle strisce, si deve scendere dal trotty.” (Da.) “Il rischio più grande è che ti schiacciano le macchine.” (Cé.)

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Nonostante la pericolosità della situazione, ci sono bambini che apprezzano questa fase del tragitto.

“Mi piace passare sulle strisce”. (Ar.)

Le fotografie hanno catturato diversi momenti in cui i bambini si sono trovati nella situazione di dover attraversare le strisce pedonali.

Figura 3 - Fotografia scattata da Sa. nei pressi delle strisce pedonali.

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23 Non sempre le strade si possono attraversare sulle strisce pedonali. Ci sono alcuni bambini che durante il loro tragitto devono affrontare un attraversamento della strada senza strisce. Queste sono le loro riflessioni in merito.

“Ascolto e guardo prima di attraversare la strada. Guardo a destra e a sinistra per vedere se

non ci sono auto e sento se arrivano.” (Di.)

“Quando attraverso la strada, ho imparato che devo prima guardare a destra e poi a sinistra,

e ancora a destra. E dopo aver guardato, posso passare.” (Ce.)

“Bisogna guardare a sinistra e a destra e controllare se ci sono macchine, perché se no ti

schiacciano.” (Cé.)

È interessante notare che la procedura è analoga a quella vista in precedenza con le strisce pedonali. Al di là dell’attraversamento della strada (con o senza strisce pedonali), alcuni bambini hanno percepito come rilevanti le situazioni in cui non c’è il marciapiede (“Quando arrivano le auto,

bisogna andare in dentro [mettersi sul bordo della strada].” [Ce.]) o quando quest’ultimo è presente,

ma solo virtualmente con delle strisce gialle per terra.

In quest’ultima situazione, nelle interviste è emerso quanto segue.

“Ho imparato di non camminare nella strada, ma sul marciapiede.” (An.)

“È un marciapiede. Ci sono alcune righe. Una dritta e certe storte. Sono gialle. Le macchine

non passano sul marciapiede. Stanno in strada.” (Ni.)

“È importante non andare in mezzo alla strada.” (Ni.)

“Qua bisogna stare in dentro quando arriva un’auto [cfr. Figura 5], perché qua […] di solito

arriva già una macchina. E così siamo in dentro a questo muro. In dentro, in dentro. Se non stai fermo e non sta in dentro, è molto pericoloso, perché le auto lì vanno un po’ velocine. E se ti fermi e stai contro il muro è tutto a posto. Le macchine vanno a 30 all’ora, perché per terra sulla strada c’è una striscia e pitturano un 3 con uno 0. Quindi le automobili sanno che bisogna andare a 30. Se vanno sparati, fanno la foto.” (Ce.)

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“Dobbiamo fare attenzione anche qui [dopo la casa], perché se esce un’auto dopo siamo

investite”. (Ce.)

“Questa è la strada. Se saluti un amico e vai nella strada, la macchina ti schiaccia. C’è il

marciapiede. Se sbagli ad andare e vai nella strada, ti schiaccia una macchina. Sul marciapiede vanno le persone e le bici. Le macchine vanno sulla strada.” (Ar.)

Il tratto di strada in cui è presente il marciapiede dipinto di giallo è stato fotografato da diversi bambini. Ecco una fotografia al riguardo.

Conoscere l’ambiente in cui si vive

Percorrere il tragitto casa-scuola permette ai bambini di conoscere e scoprire tanti aspetti legati al mondo reale e a orientarsi meglio nello spazio e nel tempo. I bambini hanno disegnato (cfr. Allegato 1), fotografato (cfr. Allegato 3) e parlato di animali, piante, cartelli, cestini, container, pali, lampioni, bucalettere, bandiere, veicoli, case, chiesa, casa comunale, enti di primo soccorso, militari, parco giochi, prati, montagne, torrenti, scritte, numeri (cfr. Allegati 2 e 4). Qui di seguito riporterò solo alcuni temi ritenuti particolarmente rilevanti dai bambini.

Guardando le piante (gli alberi e i fiori) i bambini hanno notato dei cambiamenti in base alle stagioni. Si sono anche resi conto delle differenze che ci sono tra un albero e l’altro, tra una foglia e l’altra, tra un fiore e l’altro. Un bambino conosceva il nome di vari fiori. Una bambina si è posta la domanda di come crescono le piante.

(35)

25 “In inverno sugli alberi non ci sono le foglie, in estate ci sono.” (Cé.)

“Qui c’è un albero che c’ha le foglie anche se è inverno.” (Ni.)

“In inverno gli alberi non hanno le foglie. Ma non tutti gli alberi perdono le foglie quando

c’è la neve.” (An.)

“Questo è un albero normale, che gli sono cadute tante foglie. Non mi ricordo più come si

chiama. A questo albero non gli cadono mai le foglie, perché è molto duro strapparle.” (Cr.)

“Si vedono alberi verdi e marroni. I colori sono diversi.” (Da.)

“Certi alberi sono storti, certi sono in diagonale, certi in orizzontale, certi diritti.” (An.) “Vediamo delle piante, però secche. A. ha trovato delle foglie rosse. Alcune foglie rosse erano

cadute dall’albero.” (Ni.)

“Ho fotografato delle foglie che non sono foglie, ma sono delle foglie che sono in alto e sono

lunghe. Ho visto che le foglie sono diverse. Queste non sono uguali a queste.” (An.)

“C’erano le rose sull’albero. In primavera nascono i fiori.” (Cé.)

“Guardando i prati ho imparato che adesso c’è soltanto l’erba. I fiori in inverno non ci sono.

In autunno stanno sdraiati.” (Sa.)

“Si vede un fiore bianco. Ci sono dei fiori viola.” (Da.)

“Mi piacciono i tulipani, poi le mimose, i girasoli e le margherite. Li vedo nei prati.” (Sa.) “L’acqua fa crescere le piante e i semi. I semi si mettono sottoterra e dobbiamo aspettare

tanto. Mettiamo poca acqua. E aspettiamo tanto tempo.” (Da.)

Un bambino ha notato la presenza di alcuni alberi che prima non c’erano (sono stati piantati da qualche giardiniere). Gli sono rimasti impressi, perché ci sono dei pali di sostegno in legno.

“Qua [cfr. Figura 1] ci sono delle piante che prima non c’erano. Sono tenute con dei pezzi di

legno.” (Pi.)

“Si vede l’albero dove hanno messo i pali di legno, per non farlo cadere, perché è molto

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La vigna è emerso come tema in due bambini. Di., nonostante prenda lo scuolabus, dimostra di essere molto curioso e interessato alle faccende che capitano nei luoghi in cui vive.

“Qui è quando siamo quasi arrivati. Si vede la vigna. È dei vicini. Ci spruzzano su

l’insetticida. Serve per scacciare gli insetti. E poi si deve lavare l’uva dopo. L’uva verde o l’uva bianca. Con l’uva si può fare il vino, la marmellata, il succo.” (Di.)

La maggior parte dei bambini ha parlato di animali. Nelle fotografie non appaiono quasi mai (cfr. Allegato 3), nei disegni troviamo solo un cane e un uccellino (cfr. Allegato 1). Gli incontri avuti con gli animali però sono rimasti impressi nei ricordi dei bambini. Alcuni hanno avuto modo di vedere incidenti o situazioni pericolose per gli animali, altri hanno osservato i loro comportamenti, i loro bisogni fondamentali. I cani e i gatti sono gli animali più avvistati, ma si parla anche di uccelli, capre, mucche, cavalli, scoiattoli, bisce, topi, rane, coccinelle, mosche, vermi. Ecco una selezione di quanto emerso nelle interviste (cfr. Allegati 2 e 4).

“Con gli animali bisogna fare attenzione”. (Cr.)

“I cani e i gatti erano in giro a passeggiare. Il cane era con il guinzaglio e il gatto andava in

giro da solo. Il cane gira con il guinzaglio perché può essere anche pericoloso. I cani hanno la bocca grande e quindi possono morderci. I gatti se ti mordono non ti fanno male.” (Di.)

“Vedo cani con i loro padroni. Vicino alle strisce pedonali c’è un cane che è in giardino. Non

abbaia, però al cancello c’è scritto ‘attento al cane’. […] Ho imparato di non andare dai cani, perché mi morsicano.” (Sa.)

“C’è una signora con un cane [cfr. Figura 6]. Prima devo dirlo, poi me lo lascia

[accarezzare]. Vedo tanti cani e pochi gatti. I cani sono bravi. I gatti sono da soli e hanno un po’ paura.” (Ar.)

“Una volta ho visto un gatto in strada e c’era una macchina che andava veloce. Stava per

prendere il gatto sotto la macchina.” (Da.)

“Io una volta mentre salivo ho incontrato un gatto con la pancia che sanguinava. Ero un po’

triste per quel povero gatto, perché era lì, sdraiato sul bordino, e gli sanguinava tutta la pancia. Aveva un buco nella pancia. L’abbiamo lasciato lì, perché io so che dopo morirà.”

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27 “Quando venivo a casa, ho visto una rana morta, tutta spiaccicata come il vomito. Vedendo

la rana schiacciata, ho imparato che non si devono uccidere gli animali, perché gli animali vivono. E soprattutto io, quando vedo gli animali che muoiono o che c’hanno una ferita, subito mi metto a piangere, perché io tengo agli animali. E cerco di aiutarli. Un po’ come le coccinelle quando cadono dentro l’acqua d’estate nella piscina, le prendo in mano e le butto fuori e incominciano a volare. Io amo tantissimo le coccinelle.” (Ce.)

“Io quando passo a scuola e tornando a casa vedo degli animali. Sono delle capre. Stanno lì

sedute a far la cacca. Ne ho vista una che stava facendo la cacca. Poi dopo si sono alzate e stavano mangiando l’erba. Non ho mai visto nessuno con le capre. Mio fratello gli ha messo la mano davanti. Per fortuna che non è stata mangiata. Penso che hanno un pastore”. (Cr.)

“Ho visto degli uccellini che stavano mangiando l’erba, perché volevano trovare dei

vermiciattoli. Guardando gli uccellini ho imparato che possono mangiare quello che trovano nell’erba o per terra.” (An.)

“Una volta ho visto nel mio parco un uccello che io ho saputo come si lavano. Si mette l’acqua

e si lavano la faccia, se la mettono sotto.” (Da.)

“Qua si vede il bosco. È quando stiamo andando su. Nel bosco certe volte vedo gli scoiattoli.

Cercano le nocciole e le noci.” (Di.)

“Le api si avvicinano ai fiori per succhiare il polline.” (Cé.)

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Piante e animali sono due temi che sono emersi con preponderanza. Lo stesso si può dire anche per gli oggetti (cartelli, cestini, pali, lampioni, bucalettere, bandiere, cancelli, defibrillatore). I bambini hanno dimostrato di aver già riflettuto sulla loro funzione e utilità in più occasioni (cfr. Allegati 2 e 4).

“Questo cartello ti dice la velocità che puoi andare. A 30.” (Cé.) “C’è un palo con un cartello per i bus, che può fermarsi lì.” (Cé.)

“Questo è un cartello con delle frecce con su scritto, tipo, per andare, adesso invento, a

Bellinzona, per andare a Giubiasco, tipo così [cfr. Figura 8], o semai, lì stanno costruendo e lì si può passare, ma lì non si può. Servono per le auto e le persone pedonali. Per me è una scorciatoia.” (Ce.)

“È una ‘P’ per posteggiare.” (Ce.)

“Questo cartello serve quando nevica, perché ci sono le strisce. Serve alle persone pedonali.” (Ce.)

“Queste sono delle scatole dove mettere dentro PET e lattina [container]. Dopo arriva il

camion e la prende e la butta e la svuota e dopo la rimette a posto. Mette la sporcizia in un sacco gigante e dopo penso che la butta da un’altra parte nei rifiuti.” (Ce.)

“Questo è un cestino. Lo svuotano e mettono dentro i sacchi. Quando vedono che è pieno,

buttano via i rifiuti. Si utilizza per mettere le cose sporche, metà già mangiate, sporche. Ho già visto come lo svuotavano dall’altra parte. Su quel camioncino c’era una zappa grandissima di ferro, prendeva, e dopo ‘pac’. Perché schiacciavano un bottone e dopo la zampa prendeva le cose e dopo le buttava dentro.” (Ce.)

“La spazzatura serve per i cani, per prendere i bisognini.” (Di.)

“I pali [della luce] servono per quando vai di fuori nel buio, questi pali si illuminano. Si

illuminano per fare guardare la gente di non andare a sbattere da qualcuna parte e non andare sulla strada.” (An.)

“C’è un palo della luce [cfr. Figura 7], così che quando fa buio le macchine vedono meglio

la strada dove vai. E se c’è uno che passa, se no lo schiacci. La luce serve anche alle persone, perché se c’è un sasso, dopo cadi.” (Cé.)

(39)

29 “Si vede una bucalettere. Il postino porta una lettera e c’è un buco dove la può mettere dentro.

Ogni tanto la vado a prendere io e la porto alla mia mamma. Quando torno da scuola, vado a vedere dentro se c’è qualcosa.” (Cé.)

“Ci sono dei pali [cfr. Figura 1]. Dopo lì le macchine non possono più passare, perché è una

zona pedonale. Nella zona pedonale si può camminare. Prima dei pali possono passare anche le macchine.” (Pi.)

“Qua si vede una bandiera svizzera, perché è rossa e bianca. La bandiera serve perché così

sai se il vento viene da sinistra o destra.” (An.)

Una bambina ha parlato di un particolare episodio legato alla chiesa e ha descritto la casa comunale. Diversi bambini hanno dimostrato di conoscere gli edifici dove abitano amici, docenti, conoscenti. Sono punti di riferimento utili per l’orientamento.

Figura 7 - Fotografia scattata da Cé. in cui si vede un cartello, un cestino e un lampione.

(40)

“In quella chiesa non ci vado mai, ma però una volta penso di aver capito che qualcuno aveva

fatto un matrimonio, o forse avevano battezzato l’A. o forse qualcun altro, perché qua non ci vado mai. A Bellinzona ci vado. Perché qua non c’è nemmeno la scuola domenicale. E così, lì ho visto le campane che si muovevano e ho scoperto che sono delle persone che tirano. Suonano le campane per l’ora.” (Ce.)

“Alla casa comunale si può andare a parlare. Tipo come mio papà, che può decidere cosa si

può fare a xxxx. Lì si può andare a chiedere qualcosa.” (Ce.)

“Io so dove abita la C. [la maestra delle elementari]. Ha una piscina grandissima. E poi c’ha

due cagnolini.” (Cr.)

“C’è la casa della maestra di asilo. Più sotto abita il mio compagno”. (Di.)

Tutti i bambini intervistati hanno saputo descrivere il percorso casa-scuola e sono consapevoli della strada da percorrere, incluso eventuali scorciatoie (cfr. Allegati 2 e 4). Una bambina ha espresso addirittura la curiosità di esplorare nuove zone.

“Ho imparato dove andare.” (Ni.)

“Uso le scorciatoie per arrivare prima.” (Pi.)

“Una volta voglio andare diritta e non fare la curva per casa mia e scoprire cosa c’è.” (Cr.) Figura 8 - La chiesa fotografata da Ce. con alcuni cartelli gialli davanti.

(41)

31 La macro-categoria “conoscere l’ambiente in cui si vive” include tanti altri aspetti di cui si potrebbe parlare, ma per motivi di spazio, mi fermerò qui.

Relazioni sociali

Sia nei disegni creati dai bambini sia nelle fotografie scattate da loro si nota la presenza di bambini (cfr. Figura 2) e adulti (cfr. Figura 9).

Alcuni bambini sono accompagnati da fratelli o sorelle, altri vanno assieme ad amici e si incontrano lungo la via o mettendosi d’accordo. C’è chi saluta sempre tutti, chi invece preferisce non salutare gli sconosciuti. I bambini parlano tra loro, ma di norma non si ricordano di cosa. I pattugliatori vengono citati da più bambini nelle interviste: aiutano i bambini ad attraversare la strada e a imparare le regole del traffico. C’è stato anche un episodio in cui un bambino ha avuto un malinteso con la pattugliatrice.

“Vedo tantissimi bambini. Vado un po’ con loro a scuola e parliamo anche un po’ di carte

Pokemon. Incontriamo anche adulti. La signora delle strisce pedonali [la pattugliatrice] e persone di passaggio. Saluto tutti. Anche quelli in macchina [con un cenno di mano].” (Sa.).

“Cammino con C., mio fratello. Si ferma a parlare con i suoi amici, sempre. E io dopo vado

da sola a casa, perché mi annoio ad aspettare mio fratello.” (Cr.)

Figura 9 - Nella fotografia scattata da Pi. si vedono la pattugliatrice, un adulto e un bambino.

(42)

“Mi piace salutare.” (Cr.)

“Vengo da solo. Ogni tanto incontro la R. con il fratello e andiamo insieme. Non parliamo di

nulla in particolare. Sono sempre gentili. Una volta ho incontrato anche l’A. e l’ho salutato.”

(Pi.)

“Mi piace andare con le mie amiche. È più bello perché ti fanno compagnia. N. parte da casa

sua e viene a casa mia. E poi partiamo, andiamo da casa mia. Li vedo dalla finestra. So quando arrivano. Poi incontriamo altri bambini. Non li salutiamo, perché non li conosco. Saluto solo chi conosco.” (An.)

“L’altro giorno la signora delle strisce ha detto che non l’ho salutata, e invece sì. È stato

brutto. Si può far la pace dando la mano o il mignolo.” (Sa.)

“Alle strisce c’è una signora che ci aiuta [la pattugliatrice]. Non so come si chiama. Ci dice

quando dobbiamo passare.” (Pi.)

“Se arrivano delle macchine, la signora [la pattugliatrice] dice ‘fermati’. E dopo quando fa

così, puoi andare. Se fa così, no. Ha un coso rotondo con la riga bianca [cfr. Figura 9]. Quando c’è il coso rosso, non si può passare. Quando c’è il verde, sì.” (An.)

Due bambine hanno parlato di possibili situazioni di bullismo e le strategie che hanno adottato per risolvere il problema.

“I. una volta voleva picchiarci, però ci siamo nascoste dietro a una macchina. Noi siamo state

dietro alla macchina quando era parcheggiata e I. era qua in bici. Noi eravamo dietro alla macchina. Dopo abbiamo corso e lui non ci ha rincorse.” (Ni.)

“Loro due sono un po’ nemici. Lo Z. è amico di G. e G. incolpa sempre i più piccoli e picchia.

A mio fratello gli è uscito sangue. E poi erano cinque contro uno. Mio fratello era in uno e i suoi nemici erano in cinque. Per fortuna il C. li ha battuti. Io non c’ero, me l’ha spiegato lui. Con me non è mai successo niente.” (Cr.)

“Una volta ho picchiato qualcuno, perché picchiava mio fratello [maggiore]. Mia mamma mi

ha detto di proteggere mio fratello, e io gli ho fatto uscire sangue, perché io gli ho dato un calcio nel naso. Adesso se la prende con mio fratello. Però adesso si sono chiesti scusa. Era il I.” (Cr.)

(43)

33

Motricità

In particolar modo i bambini che utilizzano a volte la bicicletta o il trottinette, hanno parlato di esperienze di apprendimento legate alla motricità.

“Ho imparato ad andare bene in bici. Mi piace essere da solo con la bici.” (Ar.) “So andare in bici con una mano sola.” (Cr.)

“Mai pedalare nelle ruote, perché si può cadere. E mai frenare quando si è senza una mano

e senza due mani.” (Cr.)

“La discesa è un posto pericoloso con la bici. Freno un poco e vado piano.” (Ar.)

“Ho imparato a non guardare in giù quando sono in bici, ma a guardare in su, diritto. Così

riesco a non fare incidenti.” (Ar.)

“Non è faticoso andare in bici.” (Ar.)

“Ho imparato che quando si va in trottinette in quella discesa, appena piovuto e devo frenare,

non bisogna frenare. Una volta stavo andando velocissimo e dopo non riuscivo più a frenare e sono saltata giù. Mi sono presa uno spavento.” (Ce.)

“Ho imparato di non andare con il monopattino nelle strade con mattoni, è come uno

sgambetto. Quando si va velocissimo, si cade.” (Sa.)

Chi si sposta a piedi, parla dei vari modi in cui percorre il tragitto.

“Oggi siamo andati saltellando, dopo camminando, dopo abbiamo corso.” (Ni.)

Schematicamente, ciò che i bambini apprendono durante il tragitto casa-scuola può essere riassunto in questo modo.

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Tabella 5 - Cosa apprendono i bambini nel tragitto casa-scuola.

Come apprendono i bambini nel tragitto casa-scuola

Dai dati raccolti sono emersi 7 modi differenti di apprendere nel tragitto casa-scuola (cfr. Allegati 2 e 4). I bambini possono apprendere senza rendersene conto, guardando, facendo, tramite incidenti, da soli, grazie agli adulti, o grazie ai pari.

Non lo so

La maggior parte dei bambini si è trovata in difficoltà nel rispondere alla domanda “come impari?”. Alcuni hanno avuto difficoltà anche ad esplicitare cosa si impara. È solo grazie a un momento di riflessione che si sono resi conto di quante cose imparano.

“Ho imparato che… No, niente. Non ho imparato niente. Non lo so.” (Sa.) “Non lo so.” (Ni., Da., Ce., An., Cé.)

“Non mi viene in mente niente. Penso che si impari poco.” (Pi.)

Guardando

Tutti i bambini mi hanno riferito quanto visto e osservato durante il tragitto casa-scuola. Alcuni hanno risposto che imparano guardando. Il modello che viene offerto dagli adulti gioca un certo ruolo.

Traffico stradale:

strisce pedonali, marciapiedi, strade,

veicoli, rischi.

Conoscenza dell'ambiente in cui si

vive:

piante, animali, oggetti, edifici,

orientamento spazio-temporale.

Relazioni sociali:

amici, fratelli, adulti, sconosciuti,

attitudini, saluti, conversazioni,

attività ludiche.

Motricità:

piedi, bicicletta, trottinette.

Cosa si apprende nel

(45)

35 “[Imparo] guardando. Guardando i cartelli stradali. Guardando le persone adulte come

fanno ad attraversare. Guardando G. cosa fa mentre guida [lo scuolabus].” (Di.)

“Ho visto che non toglievano i pali in legno [dall’albero].” (Pi.)

“Guardando la costruzione della casa, ho imparato che bisogna lavorare in gruppo, ma non

diversi.” (An.)

Facendo o provando

Provando a percorrere il tragitto casa-scuola, i bambini hanno imparato a svolgerlo senza adulti. Un contributo originale su questo modo di apprendere l’ha dato la seguente bambina.

“Non so se è potabile o meno [l’acqua della fontana]. Scopro se è potabile, se c’ho mal di

pancia.” (Ce.)

Tramite incidenti

Questo modo di apprendere è emerso soprattutto nei bambini che hanno imparato ad andare in bicicletta o in trottinette. È molto affine all’apprendimento legato al fare.

“Quando stavo andando in monopattino, ho fatto una stradina di mattoni e poi sono caduto

con il ginocchio. È uscito un po’ di sangue, ma poi si è fermato subitissimo. Ho imparato di non andare con il monopattino nelle strade con i mattoni”. (Sa.)

“Qui c’è la discesa che ho fatto l’incidente. Qui scendo dalla bicicletta e vado a piedi, perché

forse cado. Se voglio andare in bici, posso frenare, così va piano. Adesso non ho più paura.”

(Ar.)

“Vicino al marciapiede ci sono delle piante. Sono andata lì e mi sono legata per sbaglio e poi

sono caduta. Mi sono fatta male.” (Cr.)

“Una volta sono caduta in trotty e ho picchiato la testa. Ho pianto. Poi ho imparato a non

(46)

Da soli

Più di un bambino ha risposto alla domanda “come impari?” affermando “da solo”. Guardare è un’attività che si fa individualmente, quindi si riallaccia in parte a questa categoria. Può anche includere un momento di riflessione.

“Imparo da solo.” (Sa.)

“Ho capito da solo che dopo i paletti non arrivavano più le macchine [cfr. Figura 1].” (Pi.) “Imparo da solo. Penso a come si fa.” (Ar.)

Grazie a pari

Chi svolge il tragitto casa-scuola con i fratelli, impara molto anche grazie a loro. Una bambina ha riportato un episodio particolare in cui ha ricevuto un consiglio pratico da una compagna di viaggio.

“Mi aiuta mia sorella.” (Ni.)

“Quando tagliavano gli alberi veniva una specie di polverina. Dovevi chiudere gli occhi e se

ti entrava ti bruciava tutto l’occhio. Ho imparato di chiudere gli occhi. Me l’ha detto la sorella della G.” (An.)

Grazie ad adulti

Diversi bambini hanno riferito che imparano dai genitori o da altri adulti (pattugliatori).

“Una volta mia mamma mi ha spiegato che qua c’erano le macchine e che dovevo guardare.” (Pi.)

“Imparo dalla mia mamma e dal mio papà.” (Ar.)

“Alle strisce [pedonali] c’è una signora che ci aiuta [la pattugliatrice]. Ci dice quando

(47)

37 Schematicamente, come i bambini apprendono nel tragitto casa-scuola, può essere riassunto nel seguente modo.

Fattori che influenzano l’apprendimento nel tragitto casa-scuola

I fattori che influenzano l’apprendimento nel tragitto casa-scuola sono innumerevoli. Dai dati raccolti sono emersi in particolar modo la fiducia, il senso di sicurezza, la paura, il piacere, gli interessi, il supporto, la sfida, la curiosità (cfr. Allegati 2 e 4).

Fiducia e senso di sicurezza

I bambini che percorrono il tragitto casa-scuola dimostrano di avere fiducia in sé stessi e nei propri mezzi. Una bambina ha parlato del momento in cui ha iniziato ad avere fiducia in sé stessa. Tutti hanno espresso di sentirsi sicuri, anche quelli che hanno avuti incidenti o vissuto situazioni di pericolo. La sensazione di sicurezza può essere anche dovuta al riconoscere luoghi o veicoli noti.

Come si apprende nel tragitto casa-scuola In modo tacito o implicito Guardando Facendo o provando Tramite incidenti Da soli Grazie a pari Grazie ad adulti

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“Quando mi sentivo pronta, andavo da sola.” (An.)

“Non ci sono posti che mi fanno paura. Mi sento sicuro.” (Di.) “È sempre andato tutto bene.” (Pi.)

“Il percorso è tranquillo. Mi sento sicura.” (Ni.)

“Riconosco il posto dove sono andata a giocare a tombola. E riconosco tutte le auto che sono

posteggiate qua.” (Ce.)

Paura e sfida

La paura ha permesso ad alcuni bambini di apprendere durante il tragitto casa-scuola e di trovare strategie per superare tale emozione ed eventuali incidenti o situazioni di pericolo. Sono sfide che i bambini sono stati in grado di affrontare.

“Mi fa un po’ paura quando passano vicino vicino le auto. […] Quando ti ho raccontato che

avevo paura, adesso non ne ho più. Adesso ho imparato che bisogna stare un po’ più in dentro quando arriva l’auto e camminare molto piano, perché le ruote dell’auto ti possono pestare i piedi.” (Ce.)

“Adesso non mi fa più paura [andare in bici nel tragitto casa-scuola]. Solo qui mi fa un po’

di paura, nella discesa.” (Ar.)

Piacere e interessi

Ciò che piace ai bambini e dunque interessa, stimola e aiuta l’apprendimento. La tendenza è di approfondire gli aspetti che interessano, diventare più competenti e/o performanti in quegli ambiti.

“Mi piace andare con le mie amiche. È più bello perché ti fanno compagnia.” (An.) “Mi piace salutare.” (Cr.)

“Mi piace essere da solo con la bici. Fare questa piccola discesa e prendere l’aria fresca.” (Ar.)

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39 “Sono delle piante che ho scattato vicino a una casa di un mio amico che non è proprio un

mio amico. Mi piacevano molto. Erano bellissime”. (Sa.)

“Qui c’è una casa che è bella.” (Cé.)

Supporto

La presenza di fratelli e sorelle, come anche di amici e pattugliatori, aiuta i bambini ad affrontare al meglio il tragitto casa-scuola e a imparare a gestire i rischi e a orientarsi, a socializzare e a trovare interessi in comune. Anche nei momenti delicati, avere qualcuno accanto può servire ed essere un prezioso momento di apprendimento.

“Una volta a mia sorella le è capitato una spina sotto i piedi e si è messa a piangere.

L’abbiamo tolta con una pinzetta e dopo averla tolta ha smesso di piangere.” (An.)

Curiosità

La curiosità spinge i bambini ad esplorare l’ambiente in cui vivono e a effettuare nuove scoperte e nuovi apprendimenti.

“Una volta voglio andare diritto e non fare la curva per casa mia e scoprire cosa c’è.” (Cr.) “Quando torno da scuola, vado a vedere dentro [la bucalettere] se c’è qualcosa.” (Cé.)

Schematicamente, i fattori che influenzano l’apprendimento nel tragitto-casa scuola possono essere riassunti in questo modo.

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